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DATA ENVELOPMENT ANALYSIS: MODELLI TEORICI ED APPLICAZIONE NEL SETTORE BANCARIO

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Academic year: 2021

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Indice

INTRODUZIONE………11

PARTE PRIMA- LA DEA NELLE DECISIONI AZIENDALI

CAPITOLO 1: LE DECISIONI MANAGERIALI……….15

1.1.La valutazione della performance aziendale………...……….15

1.1a. Definire il ruolo e gli obiettivi delle unita’………18

1.1b. Definire le unita’………...………18

1.1c. Definire il ruolo delle unita’……….19

1.1d. Identificare gli obiettivi delle unita’………19

1.1e. Condurre un esercizio pilota………....19

1.1f. Scegliere gli output…….………...20

1.1g. Scegliere gli input………..21

1.1h. Raccogliere i dati………..21

1.1i. Analisi iniziale dei dati………..22

1.1l. Costruzione del modello………....22

1.1m. Interpretazione dei risultati………....22

1.1n. Azioni di breve periodo……….………...23

(4)

CAPITOLO 2: INTRODUZIONE ALLA DEA……….25

2.1.Produttivita’ ed efficienza tecnica………...25

2.2.Introduzione della Data Envelopment Analysis....………...33

2.3. Farrell e la funzione della frontiera di efficienza………34

PARTE SECONDA - DEA: I MODELLI CCR E BCC

CAPITOLO 3: IL MODELLO DI CHARNES COOPER E RHODES………..41

3.1. Data Envelopment Analysis e le sue assunzioni………..41

3.2. Modello DEA sotto l’ ipotesi di rendimenti di scala costanti……….43

CAPITOLO 4: IL MODELLO DI BANKER, CHARNES E COOPER………..54

4.1. Modello Dea sotto rendimenti di scala variabili………..54

4.2. Misura dell’efficienza tecnica nel modello BCC………..57

(5)

RISOLUZIONE DELL’ESEMPIO DEL CAPITOLO 3

CON IL PROGRAMMA MAPLE (9.5.)………..…73 RISOLUZIONE DELL’ESEMPIO 4a………...76 RISOLUZIONE DELL’ESEMPIO 4b………79

PARTE TERZA- LA DEA APPLICATA AL

SETTORE BANCARIO

III.1. L’EFFICIENZA NELLE BANCHE……….…..…85

III.2. ANALISI DEI DATI DI UNA BANCA………..86

III.2.1. Risoluzione in base al modello CCR:

rendimenti costanti di scala…….………..90

III.2.2. Applicazione del modello BCC :

rendimenti variabili di scala……….97

APPENDICE ALLA PARTE TERZA

• Risoluzione del modello CCR……….109 • Risoluzione del modello BCC……….115 • Ricerca delle soluzioni ottime per le unità inefficienti

secondo il modello CCR...121

(6)

secondo il modello BCC….………..………...…..127

BIBLIOGRAFIA……….133

Indice delle figure:

Figura 1. Efficienza tecnica output –oriented………..…28

Figura 2. Efficienza tecnica input-oriented……….29

Figura 3. Efficienza tecnica sotto ipotesi CRS………31

Figura 4. Farrell: efficienza tecnica ed allocativa………35

Figura 5. Funzione di produzione lineare a tratti……….37

Figura 6. Funzione di produzione sotto ipotesi di rendimenti variabili di scala………...56

Figura 7. Determinazione della dimensione ottima e dell’efficienza di scala………..63

Figura 8. Frontiera efficiente con ipotesi di rendimenti costanti di scala………...93

Figura 9. Individuazione della unità ottima A*……….…...94

Figura10. Individuazione delle differenti tecniche produttive……….…….102

(7)

Tabella 1:dati assoluti……….…………87

Tabella 2: numeri puri……….89

Tabella 3: risultati del modello CCR………..……….91

Tabella 4: riassunto dei dati del modello CCR………96

Tabella 5: risultati del modello BCC.………..……….…...98

Tabella 6: riassunto dei dati del modello BCC..…….……….…….…...99

(8)
(9)

INTRODUZIONE

La Data Envelopment Analysis è una metodologia non parametrica1 che misura

l’efficienza di una unità decisionale (ad esempio un’azienda) utilizzando la tecnica della programmazione matematica (in particolare della programmazione lineare e della programmazione frazionaria).

La DEA è una recente evoluzione degli studi che hanno sviluppato, nel corso degli anni, numerosi metodi di analisi dell’efficienza aziendale.

Un primo approccio analitico alla misurazione dell’efficienza di un processo produttivo

risale alle opere “seminali” di Koopmans2 (1951), Debreu (1951) e Farrell (1957).

A Koopmans può essere associata una prima definizione di efficienza tecnica: data una funzione di produzione che, per una data tecnologia, trasforma un vettore di input in un vettore di output, un vettore input-output è tecnicamente efficiente se e solo se è possibile incrementare l’output ottenuto (o diminuire l’input utilizzato), solo mediante la riduzione di un altro output (o l’aumento di un altro input). In vista della sua similarità con la condizione di ottimalità di Pareto, questa definizione è conosciuta come la condizione Pareto-Koopmans di efficienza tecnica.

Debreu offre la prima misura radiale di efficienza produttiva data dal “coefficiente di risorse utilizzate” per unità di output. Ogni deviazione di questa misura dall’unità è interpretata come perdita lorda sofferta dalla società dovuta all’inefficiente utilizzazione delle risorse.

A Farrell risale, invece, una misura di efficienza globale (o economica) come prodotto del punteggio dell’efficienza tecnica e dell’efficienza allocativa.

Queste semplici misure di efficienza presuppongono che la funzione di produzione dell’impresa pienamente efficiente sia nota. In realtà questo non sempre si verifica e la funzione di produzione deve essere stimata da un campione di dati attraverso tecniche statistiche come la regressione multipla che costruisce una funzione di produzione “media” che meglio si adatta ai dati. In questo modo però, non tutti i dati osservati si dispongono lungo la curva delineata ma alcuni si troveranno al di sopra, altri, al di sotto

1

Si definisce non parametrica una metodologia che non identifica la frontiera d’efficienza attraverso la stima dei parametri di un’equazione.

2

(10)

di essa. Per ovviare a questi problemi Farrell ha introdotto un metodo non parametrico per costruire la funzione di produzione.

Nel 1978 Charnes, Cooper e Rhodes3 (CCR) partendo dal lavoro di Farrell hanno ideato

il primo modello della DEA applicato a tecnologie caratterizzate da economie di scala costanti.

Nel 1984 Bancher, Cooper e Rhodes hanno esteso il modello originale per adeguarlo alle tecnologie con economie di scala variabili.

Ci sono tuttavia alcuni motivi di scetticismo sulla DEA da parte degli economisti:

y La DEA è un metodo non parametrico; nessuna funzione di costo, profitto o produzione viene stimata dai dati. Questo preclude la valutazione dei costi marginali, dell’elasticità parziale o di sostituzione a partire da un modello fissato. Non si possono derivare le stesse conclusioni sulla tecnologia che si ottengono da una forma funzionale parametrica.

y La DEA impiega, di solito, il metodo della programmazione lineare (PL) invece della più familiare regressione.

y Alla fine e più importante di tutti, essendo non statistica in natura , la soluzione PL di un problema DEA non produce errori standard ed ogni deviazione dalla frontiera è trattata come inefficiente e non c’è previsione di shock casuali.

Negli anni successivi al 1978 i contributi metodologici di un gran numero di ricercatori e il parallelo sviluppo dei software di computer per la risoluzione di problemi di programmazione lineare, l’approccio della DEA è emerso come una valida alternativa all’analisi della regressione per la misura dell’efficienza.

3

(11)

Parte Prima

LA DEA NELLE

(12)
(13)

CAPITOLO 1:

LE DECISIONI MANAGERIALI

1.1. La valutazione della performance aziendale.

I compiti del management possono essere riassunti in due parole: decisione e controllo. Per entrambi, l’informazione è vitale e gran parte di essa riguarda il giudizio sulla performance delle persone e dei processi.

L’azienda è un sistema complesso dove ogni parte influenza le altre e perciò necessita di verifiche e controlli integrati e adeguati strumenti di gestione sia a livello strategico (come pianificazione di lungo periodo), sia a livello quotidiano.

A loro volta, questi strumenti di gestione richiedono la raccolta e l’analisi di dati che forniscano informazioni rilevanti per i decision makers. In certe situazioni, dove la performance di un gruppo di unità necessita di essere valutata, la DEA può giocare una ruolo importante. Il valore del suo contributo dipenderà da come sarà pianificata l’analisi e da come i risultati verranno integrati con gli altri elementi dell’informazione di gestione.

E’ importante mostrare come un’organizzazione deve sviluppare l’uso della tecnica DEA all’interno della propria struttura decisionale.

Guardiamo ora il processo di introduzione della DEA (figura nella pagina successiva) nel ciclo di vita delle informazioni manageriali.

E’ essenziale tenere a mente:

• I ruoli e gli obiettivi dell’organizzazione; • I ruoli e gli obiettivi delle unità;

• Gli obiettivi dell’esercizio di valutazione della performance.

E’ anche importante evitare che l’analisi diventi un esercizio teorico. A tale scopo, il management locale dovrebbe essere coinvolto in tutte le fasi del lavoro dalla definizione dei fattori all’interpretazione dei risultati.

(14)

Ciò garantirà la rilevanza dei risultati sia per le singole unità che per il management centrale.

Alcuni dei maggiori benefici che derivano dall’introduzione della misura della performance sono i seguenti:

• Una migliore comprensione dei processi eseguiti all’interno delle unità dell’organizzazione;

• Un controllo migliore;

• La conoscenza del modo e del luogo in cui l’azione del management è necessaria per migliorare la performance.

(15)
(16)

1.1a. Definire il ruolo e gli obiettivi delle unita’.

I dirigenti riconoscono la necessità di migliorare la performance ma la difficoltà sta nel trovare un modo per misurare tale miglioramento. Chiaramente ci deve essere uno standard base di riferimento della performance contro cui misurare i miglioramenti. Prima di intraprendere la costruzione di un sistema di misurazione della performance, il management deve conoscere gli obiettivi che si prefigge di raggiungere.

Tra questi, ad esempio:

• incrementare le vendite; • ridurre i costi;

• migliorare l’efficacia;

• identificare i migliori performers; • identificare i peggiori performers; • esaminare le strutture organizzative.

Il metodo della DEA produce misure di efficienza comparativa e ciò è utile nelle situazioni in cui c’è un numero comparabile di unità come:

banche/società di credito immobiliare;

negozi di vendita al dettaglio che fanno parte di una catena; ospedali, aziende di pubblica utilità ecc.

1.1b. Definire le unita’.

Questo richiede l’identificazione di:

• come è distribuita l’autorità (ed i suoi limiti);

• come è distribuita la responsabilità (ed i suoi limiti); • le risorse (staff ed altro) utilizzate dalle unità.

(17)

1.1c. Definire il ruolo delle unita’

Il ruolo deve essere determinato nel contesto del ruolo di tutta l’organizzazione; questo sarà definito nella mission statement. Sia a livello dell’intera organizzazione sia a livello delle singole unità ci si deve porre le seguenti domande:

• perché è stata avviata l’organizzazione/l’unità ? • cosa produce?

• Chi serve?

La definizione del ruolo dell’unità all’interno dell’organizzazione comporta, di conseguenza, l’identificazione degli obiettivi che devono essere raggiunti.

Quindi il passo successivo è proprio

1.1d. Identificare gli obiettivi delle unita’

Gli obiettivi dell’unità dipendono innanzitutto dal ruolo che essa svolge. Ad esempio le unità di una catena di negozi avranno come scopo :

• Offrire una vasta gamma di prodotti; • realizzare profitto per l’organizzazione.

L’obiettivo di fondo è sostanzialmente il secondo ma, può essere difficile, e talvolta impossibile, attribuire profitto a livello di singole unità. Quindi bisogna indagare in modo più approfondito per identificare gli obiettivi strettamente correlati all’unità considerata. Si distingue, allora, tra “obiettivi primari” e “obiettivi secondari”.

Ad esempio, il servizio sanitario avrà come obiettivo primario incrementare il livello generale di salute nel distretto e, secondario, prevenire le malattie.

1.1e. Condurre un esercizio pilota

In tutte le organizzazioni il management dispone di sistemi informativi nei quali la misura comparativa della performance prodotta dalla DEA deve inserirsi in modo

(18)

adeguato così da diventare parte integrante del processo decisionale. Poiché questa integrazione non è semplice da realizzare, molte organizzazioni preferiscono condurre un esercizio pilota per indagare sia sull’approccio della DEA, sia su come i suoi risultati possono essere utilizzati. Laddove l’organizzazione si espande per l’intera o per una parte sostanziale di un paese, sono le stesse regioni a ricoprire il ruolo di singole unità. E’ logico, quindi, condurre l’esercizio pilota in una di queste regioni.

Alcuni dei fattori che influenzano la scelta della regione pilota sono: • il management coinvolto;

• le unità che ricoprono l’intera gamma dalle performance cioè dalle peggiori alla migliori;

• le unità sufficienti a rendere comprensiva l’analisi.

L’ultimo punto necessita di una ulteriore spiegazione. Gli studiosi hanno osservato che, per ottenere una certa varietà nei risultati dell’analisi di un campione (soprattutto quando si considera un numero elevato di fattori), è necessario che il numero delle unità esaminate non sia esiguo. Alcuni ritengono che il numero minimo di unità da sottoporre ad analisi sia venti.

1.1f . Scegliere gli output

Una volta scelte le unità di cui si vuole misurare la performance, il loro ruolo ed i loro obiettivi, si passa alla scelta dei fattori di output. Gli output sono il risultato dell’attività svolta da ciascuna unità. Devono essere quantità misurabili e riferirsi ad aspetti di successo. Ad esempio:

• numero di conti aperti;

• risultati degli investimenti fatti; • numero di lavori eseguiti.

Qualsiasi sia il tipo di organizzazione, la regola fondamentale è scegliere quei fattori che rappresentano l’intera gamma delle attività svolte. Talvolta può risultare difficile identificare gli output in particolare quando si tratta di servizi. Per questo motivo si è proposto di individuare prima i consumatori e gli utenti (pazienti, studenti, clienti delle

(19)

banche, ecc). Basta rispondere alle domande: • chi riceve i prodotti/servizi delle unità?

• Come questi prodotti/servizi possono essere misurati?

In certi casi, invece, è importante considerare alcuni output che vanno a beneficio dell’intero gruppo e solo in modo indiretto della singola unità. Per esempio permettere al cliente di cambiare il prodotto acquistato in un altro negozio della catena.

Gli output, allora, sono manifestazioni tangibili del lavoro che le unità conducono.

Spesso, in aggiunta alle misure quantitative è necessario includere alcuni fattori qualitativi. Questi ultimi sono usualmente connessi alla customer satisfaction e possono essere misurati attraverso metodi d’indagine appositamente costruiti

1.1g. Scegliere gli input

Si includono tra gli input i fattori interni all’unità, fattori esterni ed ‘ambientali’.

Tra i fattori interni troviamo lo staff, i macchinari ecc. Poi, abbiamo i fattori esterni: lo stato dell’input che entra nel processo produttivo dell’azienda influenzerà lo stato dell’output finale. Allora si cerca di conoscere i fattori che influenzano questo stato. Un esempio è lo stato di salute del paziente che entra in ospedale oppure il grado di istruzione dell’alunno che entra nella scuola.

Infine, i fattori ambientali quali il contesto socio-economico del consumatore/paziente/cliente, la competizione con le altre aziende del settore ma anche la collocazione geografica dell’unità.

Durante la scelta di questi fattori è importante coinvolgere il maggior numero possibile di dipendenti in modo che non venga tralasciato alcun fattore.

1.1h. Raccogliere i dati

Questo passo non è semplice come può apparire perché spesso per alcuni fattori non ci sono dati o sono poco numerosi. Allora, si cerca di eliminare i fattori per i quali è difficile la raccolta dei dati e di sostituirli con altri che hanno stesso significato.

(20)

Inoltre, si eliminano anche quei fattori per i quali la raccolta dati può essere costosa.

1.1i. Analisi iniziale dei dati

Dopo esser stati raccolti in un archivio, i dati vengono sottoposti ad analisi riguardo la loro consistenza prima di diventare oggetto dell’analisi DEA. Ci saranno, ad esempio, fattori che presenteranno una diversa scala temporale ossia una diversa unità di misura. Quindi si elimineranno i fattori i cui dati sono incompleti e si stabilirà un base comune dove si hanno diverse unità di misura. Inoltre, vengono calcolate le correlazioni tra gli input e gli output.

1.1l. Costruzione del modello

Questa fase include la scelta dei fattori e l’analisi dei dati. Infatti, durante la costruzione del modello, alcuni fattori possono ancora essere eliminati e, se sorgono problemi riguardo la costruzione del modello si cercano modelli alternativi cambiando il mix di fattori finché si ottiene una valutazione chiara e comprensiva della performance.

1.1m. Interpretazione dei risultati

Il risultato dell’analisi è una lista delle unità elencate secondo un ordine decrescente di efficienza relativa. Quindi, avremo in cima le unità più efficienti, le migliori performance, e man mano che si scende quelle meno efficienti cioè le peggiori.

Avremo quattro gruppi principali:

a. Unità pienamente efficienti.

(21)

efficienti anche in futuro a meno di grandi cambiamenti delle loro sorti.

b. Unità scarsamente efficienti.

Queste appaiono solo in uno o due set di riferimento (incluso il loro) ed è sufficiente una piccola riduzione del valore di un output per far cadere la loro efficienza al di sotto di 1.

c. Unità scarsamente inefficienti.

Queste unità hanno un punteggio di efficienza di poco al di sotto di 1 ( ad es. 0,9) e possono ancora raggiungerlo.

d. Unità totalmente inefficienti.

Hanno un punteggio di efficienza inferiore allo 0,9 e perciò possono avere difficoltà a raggiungere la piena efficienza nel breve periodo.

Le unità del gruppo a possono essere considerate esempi di buona condotta. Quelle del gruppo d, al contrario, non hanno alcun successo in questa area.

Le unità del gruppo b, invece, non compaiono in nessun set di riferimento se non il loro. Ciò significa che hanno un set di dati differente dalle altre unità e pertanto è necessario indagare sulle cause di tale diversità.

1.1n. Azioni di breve periodo

Una volta che i risultati dell’analisi DEA sono stati resi noti, il management e lo staff coinvolto effettuano un’indagine dettagliata dell’unità che è risultata inefficiente. Quindi, bisogna scoprire quali fattori hanno influito sulla performance dell’unità riducendone l’efficienza. Inoltre, si può effettuare un confronto tra questa e le altre unità.

Se il modello DEA ha valutato le unità in funzione della massimizzazione dell’output, l’obiettivo delle unità inefficienti sarà quello di raggiungere tali valori per migliorare la propria performance. A questo punto è necessario l’intervento diretto del management.

(22)

Dopo aver condotto un esercizio pilota il management può decidere di estendere l’analisi a tutta l’organizzazione e la DEA entra a far parte del sistema informativo della direzione aziendale.

1.1o. Azioni di lungo periodo

Una volta che la DEA è entrata a far parte del sistema informativo generale del management, un ulteriore passo è quello di testarne la solidità. Se nel breve periodo raramente si possono verificare grandi variazioni dell’efficienza, nel lungo periodo si può, invece, verificare un incremento o decremento del livello generale di efficienza. Riguardo la struttura del modello è necessario assicurasi che i risultati rispecchino fedelmente una valutazione della performance che rimane coerente ai cambiamenti delle circostanze in cui l’organizzazione opera. Questo richiederà una nuova analisi delle relazioni che intercorrono tra ognuno dei fattori del modello in particolare tra i principali output ed i loro input. Comunque, anche se il modello cambia nel lungo periodo, è utile continuare ad utilizzare il modello originale almeno nelle analisi tra un periodo e l’altro.

L’aspetto positivo dell’introduzione della DEA come strumento analitico di valutazione è che le procedure finora descritte possono portare anche ad una considerazione circa l’efficacia della struttura organizzativa delle unità analizzate. L’identificazione dei principali input e degli output ad essi correlati permette di individuare i processi che usano questi input per produrre questi output. Di conseguenza, vengono anche messe in luce le responsabilità del management e come queste sono distribuite.

Il modello DEA può, inoltre, essere usato per fare previsioni sul futuro andamento aziendale in base ad una stima fatta sui precedenti risultati.

(23)

CAPITOLO 2 : INTRODUZIONE ALLA DEA.

2.1. Produttivita’ ed efficienza tecnica

L’azienda ha come principale obiettivo quello di creare valore attraverso la trasformazione degli inputs in outputs. Per poter utilizzare in modo efficiente le risorse, l’azienda, deve produrre quanto più output è possibile data la quantità di input a disposizione, ovvero, produrre una specifica quantità di output usando la minore quantità di input possibile. Una combinazione input-output è un piano di produzione possibile solo se quella data quantità di output può essere prodotta dalla quantità di input ad essa associata. La tecnologia di cui l’azienda dispone in un certo momento definisce le combinazioni input-output possibili.

Due concetti comunemente utilizzati per descrivere la performance di un’azienda nell’uso delle risorse sono : produttività ed efficienza. Spesso questi due concetti vengono trattati come equivalenti ma non è sempre vero che l’azienda più produttiva è anche la più efficiente.

CASO 1 : SINGOLO INPUT E SINGOLO OUTPUT Consideriamo :

L’azienda A che produce yA unità di y utilizzando xA unità dell’input x;

L’azienda B che produce yB unità dell’output y utilizzando xB unità di x.

La produttività media delle due aziende è:

( )

per l'aziendaA ; AP

( )

B per l'aziendaB; B B A A X Y X Y A AP = =

Se AP(A)>AP(B) allora A è più produttiva di B.

Possiamo anche misurare l’indice di produttività di A rispetto a B che è dato dal rapporto:

(24)

. , B B A A B A B A X Y X Y AP AP = = Π

Se Π > 1 l’azienda A è più produttiva dell’azienda B.

La produttività media descrive la performance dell’azienda e l’indice di produttività permette di confrontare le due aziende senza però considerare la tecnologia.

Supponiamo, ora, che la tecnologia sia descritta dalla funzione di produzione

y = f(x).

L’efficienza tecnica di un’azienda può essere misurata attraverso due approcci:

APPROCCIO OUTPUT -ORIENTED: L’efficienza tecnica è data dal rapporto tra l’attuale output e il massimo output producibile dato un certo input. Allora , in base alla

funzione di produzione , avremo che per l’azienda A, y*A = f(xA) è il massimo output

che può essere prodotto dall’input xA ,mentre per B, y*B = f(xB) è il massimo output

che può essere prodotto da x B :

( )

1.1 1 * ≤ = A Y A Y A O TE 1 * ≤ = B Y B Y B O TE

Se l’azienda A produce il massimo output (y*A) la sua produttività media sarà :

( )

A X A Y A AP * * =

(25)

Mentre al livello input-output osservato è :

( )

A X A Y A AP =

Ora ritornando alla (1.1) dividiamo numeratore e denominatore per xA e otteniamo :

( )

( )

A AP A AP A X A Y A X A Y A Y A Y A o TE * * * = = =

Le stesse considerazioni fatte per A valgono anche per B cosicchè avremo :

( )

( )

( )

B AP B AP B TE B X B Y B AP * 0 * * e = =

Si osserva che l’efficienza tecnica di un’azienda non è altro che il suo indice di produttività relativo ad una ipotetica azienda che produce il massimo output possibile, utilizzando la stessa quantità di input dell’azienda considerata. Quindi :

, * e * , B B B o TE A A A o TE Π = Π =

(26)

Vediamo, ora, come vengono rappresentate graficamente la produttività media e l’efficienza tecnica output-oriented .

Sull’asse delle ascisse è rappresentato l’input mentre, sull’asse delle ordinate, l’output. I

punti PA e PB rappresentano le combinazioni di input-output rispettivamente di A e B.

La produttività media di A è data dal segmento OPA e quella di B da OP B.

Figura 1.Efficienza tecnica output -oriented

L’efficienza tecnica può essere determinata solo se si conoscono i punti P*A e P*B cioè

i massimi output producibili dagli input XA e XB .

(27)

*

*

*

*

*

*

B

diOP

pendenza

B

diOP

pendenza

B

X

B

P

B

X

B

P

B

Y

B

Y

B

o

TE

A

diOP

pendenza

A

OP

i

pendenza d

A

X

A

P

A

X

A

P

A

Y

A

Y

A

o

TE

=

=

=

=

=

=

Dove i punti P*A e P*B sono le proiezioni verticali di PA e PB sulla frontiera y=f (x).

APPROCCIO INPUT-ORIENTED : in questo caso i livelli di outputs (yA e yB)

rimangono invariati mentre vengono ridotte le quantità di input in modo proporzionale fino a raggiungere la frontiera.

(28)

Qui le proiezioni input-oriented sulla frontiera sono i punti P*A e P*B dove gli output

yA e yB sono prodotti rispettivamente da x*A ex*B.

L’efficienza tecnica è la seguente :

1

*

e

1

*

=

=

B

X

B

X

B

I

TE

A

X

A

X

A

I

TE

E, come prima, :

.

*

,

*

e

*

,

*

B

B

B

diOP

pendenza

B

diOP

pendenza

B

I

TE

A

A

A

diOP

pendenza

A

diOP

pendenza

A

I

TE

Π

=

=

Π

=

=

La scelta tra una misura (dell‘efficienza tecnica) input o output oriented è determinata dalla diversa importanza che si da al mantenimento degli input e all’aumento degli outputs.

Queste misure coincidono solo nel caso di rendimenti costanti di scala dove la funzione di produzione è del tipo

f(x) = kx, k>0

(29)

Lungo la frontiera la produttività media è la costante k. Mentre l’efficienza tecnica è :

(output-oriented)

*

A

diOQ

pendenza

A

diOP

pendenza

A

Y

A

Y

A

o

TE

=

=

(input-oriented)

*

A

diOR

pendenza

A

diOP

pendenza

A

X

A

X

A

I

TE

=

=

(ouput-oriented)

*

B

diOQ

pendenza

B

diOP

pendenza

B

Y

B

Y

B

o

TE

=

=

(input-oriented)

*

B

diOR

pendenza

B

diOP

pendenza

B

X

B

X

B

I

TE

=

=

(30)

Poiché i punti RA , QA , RB , QB sono tutti sullo stesso raggio che parte dall’origine

,allora : B I TE B o TE A I TE A o TE = e =

E il rapporto tra la produttività media di A e quella di B è uguale al rapporto delle loro efficienze tecniche : (1.2) B I TE A I TE B o TE A o TE B AP A AP = =

Osserviamo, inoltre, che in presenza di rendimenti costanti di scala, l’azienda con maggiore produttività media è anche quella con maggiore efficienza tecnica. Infatti,

dovendo rimanere costanti i rapporti indicati dalla (1.2), se APA > APB, allora anche

TEA > TEB per entrambi gli approcci.

CASO 2 : PLURALITA’ DI INPUT E DI OTPUT :

In questo caso le misure di produttività ed efficienza devono tener conto della pluralità

di input ed output. Un approccio pratico usa i prezzi di mercato per aggregare gli input e

gli output.

XA = r1x1A + r2x2A YA= p1y1A +p2y2A

XB = r1x1B + r2x2B YB= p1y1B +p2y2B

Dove XA e XB rappresentano gli input rispettivamente di A e B aggregati in base ai loro

prezzi (r1 , r2)e lo stesso accade con gli output YA e YB(i cui prezzi sono p1 , p2).

(31)

B B B B B B B A A A A A A A y r x r y p y p X Y AP y r x r y p y p X Y AP 2 2 1 1 2 2 1 1 2 2 1 1 2 2 1 1 e + + = = + + = =

È facile notare che supponendo rendimenti costanti di scala, avremo, come sopra, che il tasso di produttività di ciascuna azienda è uguale al rapporto delle efficienze tecniche. Osserviamo, inoltre, i numeratori della produttività sono i ricavi totali e i denominatori sono i costi totali per l’acquisto dei fattori.

Però non sempre i prezzi degli input e degli output sono disponibili e questo è vero soprattutto nel settore dei servizi (come l’istruzione e la sanità pubblica) e nel monopolio dove tali prezzi potrebbero essere distorti.

2.2. Introduzione della Data Envelopment Analysis.

L’approccio sopra illustrato, quindi, non può essere utilizzato se i prezzi di mercato non sono disponibili. Inoltre, anche quando i prezzi di mercato ci sono, questi non sono pesi idonei all’aggregazione di inputs ed outputs perché rispecchiano il potere di mercato della singola azienda. Infatti, un’azienda con forte potere di mercato ha sicuramente prezzi dei prodotti più alti rispetto ad un’azienda senza potere di mercato. Per cui, risulterà che la prima azienda avrà maggiore produttività ed efficienza.

In sostituzione ai prezzi di mercato costruiamo i cosiddetti “prezzi ombra”. Come è noto, dalla massimizzazione del profitto rispetto al fattore produttivo, si ottiene:

Π = p * q - w * x

dove : p = prezzo del prodotto ; q = quantità di prodotto venduta w = prezzo del fattore produttivo ; x = q.tà di fattore

Deriviamo il profitto rispetto ad x e lo poniamo uguale a zero per la prima condizione di massimo:

(32)

( )

( )

p w PM p w w p x x f x ∂ = x = ∂ = − ∂ ∂ = ∂ Π ∂ ; x x f ; 0 PMx è la produttività marginale di x.

Noi useremo le produttività marginali come prezzi ombra.

Sotto l’ipotesi di rendimenti costanti di scala (CRS), la funzione di produzione è

omogenea di primo grado negli input. Allora anche le quantità aggregate di input (XA e

XB) sono omogenee di primo grado. Si può notare come a differenza dei prezzi di

mercato, i prezzi ombra degli input sono diversi da azienda ad azienda poiché dipendono dall’insieme di input sui quali vengono valutate le produttività marginali. Per valutare l’efficienza tecnica abbiamo bisogno di conoscere la quantità massima di output che è possibile ottenere dato un certo input. Quindi è necessario conoscere la funzione di produzione poiché il valore che questa assume in corrispondenza dell’input considerato corrisponde al massimo output che può essere prodotto. A questo proposito è utile accennare alla teoria di Farrell (1957) che fu il primo a formulare un modello di programmazione lineare per la misura dell’efficienza tecnica di un’azienda con riferimento ad una tecnologia caratterizzata da CRS.

2.3. Farrell e la funzione della frontiera di efficienza.

Gli economisti usano il termine “efficienza produttiva” per descrivere l’utilizzo ottimale delle risorse da parte di una unità organizzativa per la produzione dell’output.

Farrell ha dimostrato che l’efficienza complessiva può essere scomposta in efficienza allocativa ed efficienza tecnica.

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Supponiamo che i fattori utilizzati per produrre l’output sono lavoro (F) e capitale (K). SS’ è l’isoquanto di produzione e la retta PP’ rappresenta il piano di minimizzazione dei costi.

L’efficienza complessiva dell’unità R è misurata dal rapporto OD/OR.

L’efficienza tecnica (T) indica la capacità dell’impresa di ottenere il massimo output a partire da un dato insieme di input . L’efficienza allocativa (A) indica, invece, l’ottimale proporzione di utilizzo degli input, dati i rispettivi prezzi. Sono tutte misure radiali prese, cioè, lungo il raggio che va dall’origine al punto considerato (R).

T = OB/OR A = OD/OB.

Allora, l’efficienza complessiva è data da:

T A OR OB OB OD E = = × = × OR OD

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Il punto di tangenza tra l’isoquanto e il piano di minimizzazione dei costi (E) è efficiente sia dal punto di vista tecnico che allocativo.

Ci sono due approcci empirici alla misura dell’efficienza basati su entrambi i concetti di efficienza tecnica ed efficienza allocativa. Il primo è parametrico: si assume che la forma della funzione di produzione sia conosciuta o stimata statisticamente. I vantaggi di questo approccio sono che ogni ipotesi può essere testata statisticamente e le relazioni tra input e output seguono forme funzionali conosciute. La forma funzionale usualmente scelta è di tipo Cobb-Douglas stimata con la tecnica statistica della regressione. La funzione costruita rappresenta solo una ‘media’ dei dati osservati per cui alcuni di essi si dispongono alla sua destra o alla sua sinistra.

Comunque in molti casi la funzione di produzione non è nota come accade per le imprese del settore pubblico (ad esempio scuole e aziende sanitarie) ma talvolta anche per il settore privato.

Il secondo approccio è non-parametrico: nessuna assunzione può essere fatta sulla forma della funzione di produzione. Una funzione di produzione efficiente può essere costruita empiricamente stimando un campione di dati. Fu proprio questa l’innovazione proposta da Farrell e accolta successivamente dai teorizzatori della Data Envelopment Analysis (Charnes, Cooper e Rhodes).

Questa funzione sarà necessariamente convessa e lineare a tratti e sarà una approssimazione della funzione reale. Si considera un campione di aziende individuate, ognuna, da una coppia di punti. Essi formano un diagramma di dispersione.

La curva SS’ è la stima dell’isoquanto efficiente,cioè il luogo geometrico dei punti su cui giacciono quelle aziende efficienti frutto di una combinazione delle aziende osservate. Ogni azienda efficiente (ipotetica) è costruita come media pesata delle aziende osservate nel senso che i suoi input ed output sono combinati secondo una media pesata di input-output delle aziende osservate. Il calcolo dell’efficienza si basa allora, su un confronto tra azienda considerata ed azienda ipotetica.

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L’isoquanto efficiente unisce le coppie di punti scelte in modo tale che nessun punto si trovi nell’area compresa tra l’isoquanto e l’origine.

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Riferimenti

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Introdotta nel 1978 dal lavoro di Charnes, Cooper e Rhodes, permette di valutare l’efficienza di un’unità di produzione (DMU – Decision Making Unit) relativamente a un dato