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Il commercio a Salerno nella seconda metà del Quattrocento

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A L F O N S O SI LVESTRI

IL COMMERCIO A SALERNO

NELLA SECONDA METÀ DEL QUATTROCEN TO

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3 cura di V. PA N EBIAN CO

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COLLANA STORICO ECO N O M ICA

DEL SALERNITANO

pubblicate dalla

C A M E R A D I C O M M E R C I O

I NDUS TRI A E A G R I C O L T U R A

DI SALERNO

e cura della S O C I E T À S A L E R N I T A N A D I S T O R I A P A T R I A

con la collaborazione della

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A L F O N S O SILVESTRI

IL COMMERCIO A SALERNO

NELLA SECONDA METÀ DEL QU ATTROCENTO

1 9 5 2 SISTEMA BIBLIOTECARIO DI ATENEO - SALERNO

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CAPITOLO I.

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Non ultima tra le calamità apportate al Regno di Napoli dalla prima congiura dei baroni fu la contrazione dei traf­ fici con Testerò, della quale non poco risentì il commercio marittimo dell’ intero Stato. Fu merito del re Ferrante, a pacificazione avvenuta, incrementare e stimolare un’attiva ripresa degli scambi nell’ interesse dell’economia pubblica e privata, come ci proponiamo di dimostrare nella presente breve esposizione.

In una relazione, che il tribunale della Regia Camera della Sommaria rimetteva al re il 17 maggio 1474, veniva affermato che le entrate della dogana di Napoli ascendevano alla enorme somma di trentamila ducati annui (1). Questa rendita che veniva annualmente a rinsanguare le esauste

N. B. - Le fonti inedite, non diversamente indicate, sono conservate nell’ Archivio di Stato di Napoli.

(1) Sommaria, Partium, voi. 6, cc. 217 v. - 219. “ . . . Advisamo la Maestà Vostra che Vostra dohana è de rendita de ducati XXX milia et più per anno, et lo renditu de quella sta in la bona et fìdele admi- nistratione de li credenceri, sballaturi et guardiani de epsa dohana... „ (ivi, c. 217 v.j. Una prova dell’ importanza che re Ferrante attribuiva, e non immeritamente, alla dogana di Napoli è data da un riflesso che si nota in un giudizio nella Sommaria nell’ anno 1501. Il “ magnificus vir Petrus Hieronimus de Palmerio de Nespoli... dice che in tempo che ipso testimonio intrò in exercicio de lo officio de li Paimeri ad quello exercitare in lo anno 1467, o vero 1468 ipso testimonio trovò in la dieta dohana che lo officio de sballature Io faceva sulo Antonio

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finanze del Regno era fratto di una ben concepita politica economica del sovrano : concedere agevolazioni al commercio con 1’ estero, incoraggiare il sorgere di industrie locali, reprimere i tentativi di frodi doganali. N ell’ anno 1465 - epoca in cui già si nota e per le une e per le altre attività una notevole ripresa - una prammatica del re denunziava un increscioso inconveniente. Rievocando le disposizioni vigenti al tempo di re Roberto e del padre Alfonso, sanciva l ’ obbligo di dichiarare il prezzo reale nelle contrattazioni mercantili allo scopo di evitare le frodi in danno dell’erario. Era infatti invalso tra i mercanti il costume di simulare il mancato contratto nella dogana di N apuli, estrarre poi per le fiere ed i mercati franchi del Regno i prodotti importati e depositati, ed “ ibique de illis tunc contrahere fingebant et eas ibidem assignabant, evitando exinde solucionem iuris dohane et aliorum iurium atque prò contracto Neapoli celebrato racionabiliter tenebantur n. E, quali pene repressive, com­ minava la confisca delle merci e 1’ assegnazione della quarta parte al rivelante (1).

A d avvalorare l ’ ipotesi che il maggiore gettito delle entrate della dogana di Napoli era costituito dal commercio estero, sta un bando dell’anno 1478 sull’ obbligo dei mercanti

Olivero, et dopo la corte non volendo stare solum a la relacione de Antonio Olivero de sballamenti, in tempo de messer Colantonio de Capua tunc locotenente de la Camera de la Summaria fecero sballatore Chimento delle Macchie et lo quondam Secretarlo, cioè messer Anto­ nello de Aversa, havea Io officio de credenzero in la banca de la do- hana fo’ posto per credenzero de sballatore et levato da la banca ad tale che in dicto officio non se facesse fraude : et cussi se exercitao per multi anni et cussi lo bave visto exercitare per quilli che haveno tenuto gradatim dicto officio fi’ al presente... „ (Processi della Pandetta

Nuovissima, fascio 1063, fascic. 26396, c. 11).

(1) Emanata dalla Sommaria il 4 novembre 1465, è in copia in

Processi della Sommaria (pand. Martullo), fascio 1, fascic. 18, cc. 71-72.

Il richiamo alle norme del periodo della dominazione di Alfonso I si riferisce, forse, al bando del 3 novembre 1457 per il commercio marit­ timo. Cfr. J. Schiappoli, La marina degli Aragonesi di Napoli, in

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di conferire in essa tutte le mercanzie dirette ai fondaci di Capua, Aversa, Somma e Nola, poiché la sua giurisdizione si estendeva “ fin al fiume Capua et a quillo di Benevento Questa norma che introduceva il principio di sballare in Napoli le merci ed ivi pagare i diritti dovuti era, purtroppo, un’ amara conseguenza della constatazione fatta dal re che lamentava : adesso quasi mercancia nisciuna de terra vene in la dohana nostra de Napoli, donde è seguita grandessema diminucione a le intrate de dieta dohana „ (1).

Nelle benemerenze di carattere interno di re Ferrante e di riflesso sul commercio, vanno senz’ altro notati 1’ istitu­ zione ed il miglioramento di industrie nel Regno. Fin dal 1465, stipulando convenzioni col veneziano Marino Cataponte e successivamente con fiorentini e genovesi, nonché con Luigi e Francesco Coppola, dava un forte impulso all’ arte della seta in Napoli col duplice scopo di avvantaggiare l ’ erario con nuove entrate e di dare lavoro al popolo (2). E, quasi contemporaneamente, lo stesso faceva per l’arte della lana, incoraggiando ed agevolando mercanti nostrani e forestieri per l’ incremento di essa (3), potenziando quelle già

esi-(1) Bando del 18 febbraio 1478 in Processi della Pandetta Nuo­

vissima, fascio 1082, fascio. 26885, cc. 67-68.

(2) Cfr. R. Pe s c iOn e, Gli statuti dell’ arte della seta in Napoli,

in Archivio Storico Napoletano, V., N. S. (1919), pp. 160 segg. ; G. Te- s c io n e, L’ arte della seta a Napoli e la colonia di S. Leucio (Napoli,

1932), p. 17.

(3) Cfr. G. Co n ig l i o, L’arte della lana a Napoli, estr. da Sam- nium, n. 1-2 (1948), p. 2. Da una relazione, rimessa al re dalia Regia

Camera della Sommaria 1’ 8 maggio 1473, appare che l’ attuazione del progetto di re Ferrante avvenisse nell’ anno precedente : “ Havendo Vo­ stra Maestà deliberato per interesse puplico et signanter de la Cita de Napoli fare exercitare la arte de la lana in le case dove se dice la Cecca vechia site in platea Sellarie Civitatis Neapolis, del mese de luglio proxime passato fo’ mandato per questa Vostra Camera ad tucti habitanti et residentino in le diete case devessero infra certo termino dalla partire, et lassare vacue epse diete case, per posserese in quelle inde exercitare la arte predicta... „ (Sommaria, Partium, yo 1. 5, c. 166). Da altra relazione del 6 giugno 1476 si rileva l’ attività dell’ industria: “ .... Essendo stata introducta in la Vostra Cità de Napoli per

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ordina-—

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stenti (1). Sovrano di non comune intelligenza, anticipatore di sistemi del capitalismo moderno, stimolò l’ impiego del risparmio privato e ne offrì del proprio (2).

Chi fossero Luigi e Francesco Coppola è superfluo ricor­ dare. La tragedia dell’ infelice conte di Sarno ha immortalato

cione de Vostra Maestà la arte de la lana, accade in dieta Cita essere stati facti et de continuo farse panni de diverse qualitate et sorte de li quali per li patruni de quilli parte sende vendono et contractano in la dieta Cita, et parte sende mandano per lo Vostro Regno... „ (Ivi, voi. 10, c. 185 v.). Nel 1480 re ferrante accordò privilegi a spagnuoli, genovesi, ragusei, milanesi, bolognesi, fiorentini ed altri perché venis­ sero a stabilirsi nel Regno ad impiantarvi manifatture di panni, Cfr. L. Bia n c h in i, Storia delle finanze del Regno di Napoli (Napoli, Stamp.

Reale, 1859), p. 166.

(1) A Campii, in Abruzzo, già nel 1473 l’ industria della lavora­ zione dei panni era in efficiente sviluppo. Davano incremento a questa attività numerosi ascolani profughi, i quali esercitavano anche l’ arte della tintoria. In quell’ anno un certo Pietro Marino di Ruggiero, di Ascoli, chiede di potersi stabilire in quelle parti ed avvalora la sua richiesta dicendo che “ ipso ancho intende farence dieta arte de lana jentile et farence panni tinti in lana et in peza de tucti coluri perfec- tissimi, et farence venire maistri de tenta de arte maiore et de arte de guado, et maistri de purgare et maistri da conzare et texere et de tucte cose che sarà bisongnio ad la arte predicta et portare in dieta terra bon capitale E la Sommaria, che rimetteva al re l’ istanza col suo parere (15 ottobre 1473), concludeva che “ se degia admectere sua supplicacione et de ciaschuno che in vostro regno vorrà venire ad fare dieta arte, azochè tanto più in vostro regno se hagia ad ampliare et crescere perochè la utilità de quella vene ad restare in lo regno de le manufacture et de altre cose ad tale arte conveniente, et tanto più ne cresceno vostre terre et vostri populi in homini et facultate, in che se deve studiare lo pren- cepe quod in multitudine populi dignitas regia, et in paucitate plebis ignominia principia, et interest principia subiectos habere locupletos, quia inde imperium et fiscus augetur... „ (Sommaria, Partium, voi 8, cc. 19-20). Cfr. Bia n c h i n i, op. cit., p. 166.

(2) A Marino Cataponte, nel 1465, offrì un prestito di mille du­ cati ( Pe s c io n e, op. cit., p. 176). Nel 1467, secondo il convenuto, ne

chiedeva la restituzione ; ne dà notizia un documento del 14 aprile di quell’ anno, nel quale è, tra 1* altro, detto : “ Magnifico Viro Pascasio Diaz Garlon etc. Significamus vobis quod habito hijs diebus tractatu et concordia inter Regiam Maiestatem et magistrum Marinum de Cada- ponte de faciendo vellutos et alios pannos serici in hac civitate

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Nea-nella storia le vicende di questa famiglia di mercanti che per oltre un ventennio, nella seconda metà del Quattrocento, sia in virtù del proprio acume come per regia protezione, detenne il primato del commercio tra i nazionali (1). Accanto ad essi, regnicoli e sudditi di diverse nazionalità - catalani,

polis fuit sibi per dictam Regiam Maiestatem promissum mutuare cer. tam pecunie quantitatem prò faciendo pannos prefatos ut in capitulie propterea firmatis inter ipsam Regiam Maiestatem et dictum Marinum continetur ab quam causam tam dictus magister Marinus quam Leonus Fontanarosa de Neapoli, Dominicus Muczinicus de Venecijs et quondam Damianus Zozus qui fidejubserunt prò dicto magistro Marino quolibet videlicet eorum prò tercia parte ut in capitulis ipsis continetur rece- perunt et babuerunt cerlarn aluminis quantitatem a Regia Curia que fuit per eos vendita diversis precijs prò ut per informacionem per nos habitam ab officialibus dohane maioris civitatis Neapoli... “ (Sommaria,

Significatoriarum, voi. 1, c. 181 v.). Con bando del 4 agosto 1478 ga­

rantiva l’ impiego del capitale privato nelle industrie della seta e della lana : „... et più si fusse nissuna persona signori o gentilbuomini, o vero mercante, cittadino o forastiero, che volesse mettere danari nel guadagno di dett’ arte del loro danaro, sarà data buona securtà et pleg- giaria a detto di Banchi... “ (G. Te s c i o n e, Statuti dell’ arte della seta a Napoli. Napoli, 1933, p. 23).

(1) Per tutti i lavori storici elaborati sull’ argomento, valga il ricco studio di J. Sc h i a p p o l i, Il conte di Sarno, estr. dall’ Archivio Storico Napoletano, a. XL1 (1936); per gli elementi sul commercio vedere an­

che, della stessa, l’ incompiuta indagine su La Marina cit. (voli. X X V I- XXVII, N. S., 1940-41, dell’ Archivio Storico Napoletano), passim.

Non nella sola attività commerciale, come la non disprezzabile fran­ chigia totale per tutto il Regno (Sommaria, Partium, voli. 14, cc. 196 v. -9 7 ; 107, c. 33 v.), bensì anche nelle vicende familiari i Coppola beneficiarono della protezione di re Ferrante. Allorché nel settembre del 1478 il Sacro Regio Consiglio - presso il quale era in corso la vertenza — informava il re che il ritardato matrimonio tra Antonio de Ventura e Francesca Coppola, figlia di Luigi, era dovuto al tergiversare del barone di Palmarico, il sovrano non esitava a pronunziarsi in fa­ vore del suo protetto, e scriveva ai magistrati:

Rex Sicilie etc.

Illustres et magnifici viri consiliarii nostri fideles dilecti. Havendo visto et bene inteso quanto ne havite scripto de la differentia verte tra Loysi Coppula et Roberto de Ventura, per causa de la arra che isso Loysi pretende iustamente devere consequire dal dicto Roberto per non

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fiorentini, francesi, genovesi e veneziani - dettero vita agli scambi commerciali, esportando granaglie, olio e seta ed importando principalmente panni, ferro, cuoio ed altri pro­ dotti rifiniti in un volume tale da eguagliare, se non supe­ rare, i limiti del traffico così fiorente ai tempi di A l­ fonso I (1).

A l commercio partecipava, e con danaro e con navi, lo stesso sovrano (2).

havere lui observate le promissione facte per lo matrimonio che se havea ad contrahere tra Antonio suo figlio, et la figliola del dicto Loysi. ve respondimo che simo de parere et iudicamo essere iusto che la dieta arra sia aguadagnata ad Loysi per la inobservantia del dicto Koberto, Et ad questa opinione cossi corno adherimo nui volimo adberiate vui anchora, perchè altramente seria uno dare causa de tirare la cosa in exemplo, che secundo el iudicio nostro non seria laudabile per le maliti- de li homini. Et però ordinarite che cossi se exequisca per omne modo. Datum in castello novo Neapolis die XII Septembris MCCCCLXXVIII.

A. Secretarius Rex Fe r d in a n d u s

(Processi della Pandetta Corrente, fascio 1682, fascio. 10822-3, c. 50).

Il risultato dimostrò l’ efficacia dell’ intervento dei re : in luogo di pa­ gare i 900 ducati di caparra, qualche mese dopo Roberto de Ventura faceva contrarre il matrimonio. Cfr. L. Vo l p i c e l l a, Regis Ferdinandi primi instiuclionum liber (Napoli, Pierro, 1916), p. 325.

(1) Bia n c h i n i, op. cit., p. 171. Un sommario excursus sulle diverse

nazionalità stabilitesi nel Regno nei seco. XV e precedenti è in L. Ge- n u a r d) , Commercio e diritto marinino in Napoli nei secoli XIII, XIV e X V , in Studi di storia napoletana in onore di M. Schipa (Napoli,

I. T. E. A., 1926), pp. 114-15.

(2) Sulla società commerciale di re Ferrante con i Coppola e sulle navi all’uopo costruite ed impiegate forniscono ampi ragguagli i lavori della Sc h ia p p o l i (Il conte di Sarno cit., pp. 27 segg., e La Marina, passim), Ulteriori notizie saranno date più innanzi, nel trattare il profilo bio- grafico-mercantile di Anello Pirozzo. Qui aggiungiamo solo che fin dal 1458 appaiono rendiconti sul commercio del re (“ super vendicione duarum navium frumenti Regie Curie... venditi in partibus Candie et Roddi de partibus orientalibus de ordinacione Regie Curie „ , in Sommaria, Signi-

ficatoriarum, voi. 1, cc. 96-97), ed ancora nel 1495 si esaminavano quelli

dell’ “ administratoris frumenti regie curie in partibus Barbarie „ (ivi, voi. 10, c. 77 v.). Cfr., inoltre, il Bia n c h i n i, op. cit., p. 171.

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Premesso che il periodo che intercorre dalla pacifica­ zione del Regno alla congiura del 1486 costituisce il più importante capitolo della storia economica della seconda metà del secolo X V , accenniamo ai privilegi di notevole interesse ottenuti, per riconferma o nuova concessione, da città e terre baronali (1), nonché da collettività o singoli mercanti stranieri.

Dopo l’ isola di Lipari, che può attribuirsi un titolo di priorità (2), sono i cittadini di Mazzara ad avvantaggiarsi fin dal 1461 di una totale franchigia doganale. Infatti il 15 aprile di quell’ anno, sottoponendo all’ approvazione del re capitoli di grazie, la città otteneva “ che omne uuo et tucti citatini incoli et habitanti de la dieta nostra cità de Mazara habitanti et commoranti in la dieta cità presenti et futuri siano et essere debiano inmuni, franchi, liberi et exempti in tucte Vostre citate, terre, lochi et castelle de li Vostri regni de Napole et insule coadiacenti de omne et tucti deridi et pagamenti de dohane et qualsevoglia altre cabelle sive diricti de tucte loro mercancie, mercibus, rebus et bonis apportandis, intrandis quam extrahendis per eos tam per mare quam per terram, tam in emendo quam in vendendo, tanto regale quanto universale et specialiter secuudo la forma de lo Vostro privilegio regio per la Vostra S. R. Maestà concesso a li citatini de la cità de Lipari... „ (3).

Nel 1467 erano i ragusei a beneficiare di altra sovrana concessione che, in meno di un ventennio dopo, veniva più volte riconfermata e migliorata (4).

(1) Schiappoli, La Marina cit., (1941), pp. 17-18.

(2) Già Alfonso I, nel 1442 e particolarmente perchè ne riceves­ sero i vantaggi nella città di Salerno, aveva riconfermato ai liparoti un suo privilegio, col quale convalidava le concessioni dei predecessori (E’ riportato in J. Mazzoleni, Regesto della Cancelleria Aragonese di Napoli. Napoli, L’ arte tipografica, 1951, pp. X V II-X IX , n. 1).

(3) Sommaria, Partium, voi. 107, c. 51.

(4) Cfr. Mazzoleni, op. cit., pp. 31, 32, 51 e 261-63. L’ anno dopo, perchè fossero esenti anche dal diritto della nuova gabella delle 6 grana per oncia, a Giacobuccio de Alessandro e Leone de Gennaro — suoi

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Frattanto agevolazioni doganali venivano fatte a m er­ canti stranieri : fin dal 1463 tariffe particolari regolavano il commercio che i veneti esercitavano in Puglia e particolar­ mente in Trani, Bisceglie e Molfetta (1), tariffe che poi nel 1475 estendeva a Lorenzo de’ Medici e so c i; altre conces­ sioni, di contenuto più o meno simile, venivano approvate

a richiesta dei milanesi nel 1465 e successivamente nel 1480, riconfermate poi e più estese (2). Ai navigatori catalani,

consiglieri e commissari per l’esazione di detta tassa - inviava la seguente lettera :

Rex Sicilie etc.

Magnifici Viri nostri Consiliarij fideles dilecti. Perochè in lo anno passato de proximo de la XVa indictione MCCCCLXVII0 donajmo libe­ ramente ad ragusei et loro subditi lo dericto de la nova cabella da sei grana per unza, cioè da quello fossero exempti per tucte mercancie mectesseno et extrahesseno dal regno et d’esso ciascuna provintia, vide- licet dal fiume de Tronto fin ad Regio inclusive annullando ogne con­ cessione, provisione, capituli, privilegi et altra scriptura concessa sopra dieta rasone et dericto in tucto o in parte ad qualsevoglia persona, etiam si ad nostra corte toccasse, corno per lo privilegio ad ipsi concesso dato in lo nostro castello novo de Napoli a XXIIIJ de febraru indictione et anno ut supra apertamente se mostra. Et nostra intencione et firma voluntà è dicti ragusei et subditi gaudeno quella grafia et exemptione. Et dicto privilegio iuxta el suo tenore li sia sensa alcuna diminutione ad unguem observato, ve decimo et expresse comandamo che da dicti ragusei et loro subditi non debiate per alcuno modo exigere dicto derictu observandoli integramente dicto privilegio iuxta sua continentia et tenore. Et si da la data ut supra de dicto privilegio li bavete exacto cosa alcuna contra el tenore de quello de continente ad ongne instantia de Michele de Nicolò de Reste da Ragosa in nome et parte de dicti ragusei et subditi ad chi exacto havessate debiate restituire ad epso Michele et questa è nostra firma voluntà. Non facciate lo contrario sopto nostra disgrafia et pena de unze cento. La presente restituirite al presentante. Datum in Civitate Noie die XIII martij anno MCCCCLXVI1J0.

A. Secretarius. Rex Fe r d in a n d u s. (Sommaria, PaTtium, voi. 3, c. 124 v.)

(1) Schiappoli, La marina cit. (1041), p. 18, n. 7.

(2) G. M. Monti, Dagli Aragonesi agli Austriaci (Trani, Vecchi, 1936), pp. 19-21.

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veneti e fiorentini, negli anni 1 469-70, erano elargiti privi­ legi per il loro approdo nei porti del Regno (1). A tutti i cittadini stranieri, in genere, qualora contraessero matrimonio in Napoli e vi stabilissero la loro dimora, fu concessa la cittadinanza napoletana col beneficio dei relativi privilegi nel 1469 (2). Nel quale anno una intera serie di provve­ dimenti ebbe di mira le agevelazioni commerciali : la legge del 4 giugno prescriveva che il ju s fundaci, una volta pa­ gato, non potesse essere nuovamente applicato in tutto il Regno per le merci contrattate (3), e 1’ altra del 20 dello stesso mese riduceva all’ 1 °/„ il dazio sulle merci d’ im- portazione per mare, consentendone la libera uscita (4). Il 1° dicembre un bando di re Ferrante, a somiglianza di altro che nel 1457 aveva emanato Alfonso I, reprimeva le frodi doganali nel ducato di Calabria (5). Infine, un prov­ vedimento di eccezionale importanza veniva ad aggiungersi alle non poche agevolazioni vigenti : la legge del 20 gennaio 1471 con la quale si stabiliva l’ abolizione di ogni dazio o gabella su tutte le merci che si estraevano dal Regno (6).

Non estraneo all’ incremento del commercio era il de­ creto del 14 luglio 1472 col quale il re, volendo dare im­ pulso alla navigazione, concedeva la franchigia dei diritti

(1) Sc h i a p p o l i, La marina cit. (1941), p p . 17-18.

(2) Bia n c h i n i, op. cit„ p. 170. Alla dogana di Napoli, nel 1482 la Sommaria ricordava : “ Como sapete per pragmatica del signore re è statuto et ordinato che tucti foresteri li quali togliessero mogliere na­ politano et comparassero casa in la Cità de Napoli debiano essere tractati corno citatini in quessa dohana „ (Sommaria, Partium, voi. 18, c. 243 v.). Ed assimilati ai napoletani erano anche gli amalfitani : „... tucti quilli de la Costa per privilegi] et antiqua consuetudine son tractati in questa cità de Napoli corno citatini napolitani habitando in quella... “ {ivi, voi. 35, c. 103).

(3) Bi a n c h in i, op. cit., p. 141. (4) Bianchini, op. cit., p. 141.

(5) Sc h ia p p o l i, La marina cit. (1941), p. 13.

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doganali sui materiali da impiegarsi nella costruzione e riparazione delle navi (1).

Non ebbe pratica attuazione un tentativo fatto in questo periodo per abolire i passi del Regno, allo scopo di agevo­ lare il commercio interno e di privare i baroni di un sistema vessatorio (2).

Di notevole efficacia furono però i privilegi giurisdi­ zionali concessi o confermati da re Ferrante alle diverse nazionalità. Con essi volle garentire ai sudditi stranieri il diritto del proprio foro presso i rispettivi consolati, sottraen­ doli così alla normale procedura (3). Riconosceva in essi — i mercanti stranieri, nelle cui mani era il vero grande com­ mercio (4) — , la pratica utilità dei loro traffici ed

affer-(1) Sc h ia p p o l i, La marina cit. (1910), pp. 41-42. Con i capitoli

“ De et super galeatijs de novo costruendis et faciendis,,, stipulati nel 1474 con Giacomo della Piccola e Nardo de Mercogliano, estese la me­ desima esenzione alla costruzione delle galeazze. Le quali ultime si co­ struivano al largo di castelnuovo in Napoli (Sommaria, Partium, voi. 7, c. 138 v.). E, per stimolare la costruzione di naviglio di grande tonnel­ laggio, giunse persino a concedere un premio. Nel 1488 gli eredi del consigliere Giacomo Calataiut, in una richiesta di crediti ad essi dovuti dal re, aggiungevano : „... item ducati mille ducento per la rasone de 10 ducato per botte per la constructione de la dieta nave secondo lo tenore de una pragmatica de la Maestà Vostra la quale vole che ad quilli construeranno nave in questa cita da bucte cincocento in su se 11 paghe ducato uno per bocte, lo quale Vostra Maestà have facto pa­ gare a li altri che haveno facto fare nave in dieta Cità de Napoli... “ (Sommaria, Partium, voi. 39, cc. 236 V.-37).

(2) G. I. Ca s s a n d r o, Lineamenti del diritto pubblico del Regno di Sicilia citra forum sotto gli Aragonesi (Bari, Cressati, 1934),

pp. 106-07, 151-53.

(3) Ca s s a n d r o, op. cit., pp. 108-10. Riportiamo in appendico tre

privilegi inediti, della cui importanza è superfluo trattare. Il primo di essi conferma ed accresce i poteri sui sudditi francesi tedeschi ed in ­ glesi a Giovanni Duramont, cui Alfonso I aveva convalidato nel 1453 la nomina a console ( Ma z z o l e n i, op. cit., pp. 210-11): il secondo detta

norme di procedura per la corte del consolato dei catalani ; il terzo, infine, é di esclusivo interesse dei mercanti genovesi, verso i quali il re non poco era obbligato.

(4) E. Po n t i e r i, Per la storia del Regno di Ferrante I d’ Aragona re di Napoli (Napoli, Morano, 1946), pp. 266-72.

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mava : “ si aliter quam sic faceremus esset comercium in nostro regno prohibere et interdicere, quod in dampnum evidens puplicum privatum nostrorum cederet „ (1). Ed altrove ancora dichiarava che la tutela degli interessi degli stranieri nasceva dalla necessità “ ut ipsi exteri et incole in Regnum confluentes salvi sint et in eodem vivere possint sine aliqua molestia et impedimento, et precipue mercatores quippe cum ipsorum comitiva et negocia ad nostra vectiga- lia atque opes augendas plurimum pertinere videantur,, (2).

Erano questi i motivi, non disgiunti da quelli politici, che nel 1484 gli consigliavano di concedere grandi agevola­ zioni ai mercanti fiorentini (3), così come a costoro e ad altri le concedevano o confermavano i suoi successori. Se durante il regno di Ferrante le continue esigenze dello Stato avevano costretto la corte a ricorrere a continui prestiti dai mercanti, alla fine del secolo essa fu ancora maggiormente vincolata, mentre guerre ed invasioni ne scalzavano la già precaria esistenza (4).

Non pochi nè indifferenti furono i vantaggi che deriva­ rono al Regno dalla politica economica di re Ferrante. Le più potenti società commerciali e bancarie fiorentine, senesi, genovesi e d’ altre nazionalità impiegarono i loro

(1) Nel privilegio per i genovesi, 28 maggio 1480, in appendice n. 3 (2) Salvacondotto per Bernardo Alcagnisio, mercante valenciano, 6 gennaio 1488, in cod• X. B. 58, ce. 43 v. - 44, della Biblioteca Na­ zionale di Napoli. Cfr. Mazzolejni, op. cit,, p. 163.

(3) “ Grazie „ ai mercanti fiorentini, 8 giugno 1484, in Mazzoleni,

op. cit., pp. 46-47, 256-59; Monti, op. cit., pp. 15-17

(4) “ Benignus Franciscij de Egidijs mercator ,„ che nel 1499 reg­ geva il banco degli Spannocchi, affermava che “ dall’ anno 1494 la regia Corte cominciò ad declinare del credito per respecto de la venuta de re de Francza, et per li bisogni et necessità de la guerra lo signor Conte de Alifi et altre che erano in li exercitij de dieta Corte preavano li mercanti che dovessero coutractare et fare contractare da altri per sub- venimento de epsa Corte et che che ad tale effecto dovessero prestare el nome ad terze persune che non havessero voluto demonstrarse al contractar (Processi della Pandetta Nuovissima, fascio 3274, fascic. 84115, cc. 169 v. - 71).

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capitali in acquisti e prestiti, e dalle loro esportazioni notevoli somme andarono al fisco per i relativi diritti. Prosperarono le industrie, le arti e le scienze che dal contatto con altri popoli, a cagione del commercio, trassero motivi di ispira­ zione e di perfezionamento.

Con la conquista turca dei Balcani, preclusi al commercio i mercati del Levante e reso insicuro il Mediterraneo, lan­ guirono i traffici e cessò la prosperità.

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CAPITOLO II.

FONTI DI P R O D U ZIO N E , V IT A ECONO M ICA E CO M M ERCIO NELLA PR O VIN CIA DI PR IN C IPATO C1TRA

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La provincia di Principato Citra, di gran lunga più vasta, nel secolo X V , di quella attuale, contava nel 1478 - secondo la tassazione del cedolario del 1474 - nelle sue 128 terre ed università un numero complessivo di 25519

fuochi e rendeva allo Stato, per i soli diritti ordinari di tassa relativa, la non indifferente somma di circa 28.000 ducati. Di essi però ben più di 4.0 0 0 , per munificenza del re medesimo, erano devoluti a favore di feudatari e di qualche ente religioso (1).

Ma non erano questi i fattori economici che la rende­ vano una delle più redditizie del Regno, bensì le sue nume­ rose industrie ed il suo attivo commercio, a cui partecipa­ vano regnicoli e stranieri.

Amalfi aveva le sue fabbriche di panni, le tintorie e le cartiere: le une e le altre ormai di secolare istituzione (2). Nella seconda metà del secolo X V troviamo colà in esercizio

(1) I dati sono desunti dal conto per l’ anno della l l . a indizione (1478), redatto dal sostituto del regio commissario di Principato Citra

(Percettori Provinciali di Principato Citra e Basilicata, fascio 20, fa ­

scicolo 1).

(2) M. Camera. Memorie storico-diplomatico dell’ antica città e

ducato di Amalfi (Salerno, 1876-81), I, p. 545; II, p. 708-09.

Uno sguardo generale, ma con sostanzioso contributo documentario, sul graduale sviluppo delle industrie e del commercio amalfitano è in G. Coniglio, Documenti vaticani di storia napoletana (Napoli, Loffredo, 1944), pp. 9-25.

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fabbriche di panni, seta e tintorie a cura di mercanti fore­ stieri: almeno dal 1473 vi erano state impiantate quelle di Bartolomeo de Gizzis di Siena, e vi impiegavano operai no­ strani o condotti da altre parti d’ Italia (1). Altra industria amalfitana, ed genere di tutti i paesi della costiera, era quella della carne salata ehe veniva largamente esportata (2). Una conceria era in Maiori ed una calandra per panni in Ravello (3). Nel 1470 il principe di Bisignano faceva estrarre dalla Calabria zucchero di sua produzione ed, espor­ tandolo nel ducato di Amalfi, lo discaricava nella marina di Maiori ; nello stesso ducato “ piscaturi de Prayano „ im­ portavano nel 1478 “ barili de sarde salate,, della Calabria (4). La città di Cava, che fin dal 1460 vantava il privilegio di essere esente da dazi, gabelle e dogane per tutto il Regno per le merci che esportava ed importava (5), aveva le sue

(1) Processi della Pandetta Nuovissima, (N. S.), fascicolo 70054. Tra gli operai locali si notano: Minichello de Mecula, tintore di Ra' vello dimorante in Amalfi; Basile Stendarlo di Amalfi, lavorante nella “ tenta de Amalfe „. Nel 1478 1’ operaio cremonese Sebastiano de Chiù- sano affermava : “ Da circa anni cinco in acqua che lo dicto Bartholo- meo have facta fare la tentoria in Amalfe, è stato et anco al presente sta a li servici] de lo dicto Bartolomeo, zoè in ne la sua tentoria „

(ivi, c. 15 v.). Ed un senese, Antonio di Francesco, aggiungeva che

“ da circa anni cinque in qua per parte de altri have facto tingere et facta fare l'arte de la lana in Amalfe, corno ancho allo presente ncella fa fare..; che per non haver guado lo dicto Bartholomeo facea fare panni bianchi... “ (ivi, c. 25). Cfr. Camera, op. cit., I, p. 545 ; li , p. 219.

(2) 11 Camera, op. cit. II, pp. 42-43, riporta un acquisto di carne salata fatto dal genovese Bernardino Scaglia nel 1476; ed altro di carne salata e sugna fatto nel 1485 in Amalfi dai genovesi Francesco e Batti­ sta Lomellino per mezzo di Gabriele d’ Afflitto e del figlio Nardo An­ tonio, mercanti di Castellammare di Stabia. Abbiamo inoltre notizia che il d’ Afflitto, padre, nel 1479 otteneva dalla Sommaria l’ autorizza­ zione a poter “ fare cantare cinquecento de carne salata et assogna „ (Sommaria, Partium, voi. 14, c. 245).

(3) Camera, op. cit. Il, pp. 501 e 322.

(4) Sommaria, Partium, voli. 2, cc. 161 v. -62, e 107, c. 149 v. Per il grano importato nel ducato vedi Appendice, doc. n. VI.

(5) Il 22-11-1496 re Federico, “ in castris nostris felicibus prope Cayetam „, nel confermare le concessioni già fatte da re Ferrante il

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industrie di panni e di seta, e per il commercio si avvan­ taggiava del mercato locale, ove convenivano d’ ogni parte regnicoli e forestieri, e dei suoi provetti mercanti (1).

Le industrie di panni, le gualchiere, le tintorie e le cartiere di Sarno sono merito di Francesco Coppola che seppe valorizzare, con suo non poco profitto, una zona ab­ bondante di risorse naturali. Le attività sarnensi, con la fine del ricco feudatario, perderono la loro importanza e decaddero (2).

Centro non meno florido di attività era Sanseverino con i suoi casali: vi prosperavano gualchiere, tintorie e fab­ briche di panni. Per la loro perizia, operai di Acquamela

-22-9-1460, accordava privilegi in materia giurisdizionale ai cittadini di Cava (Processi degli Attuali Diversi, fascio 1193, fascicolo 1, cc. 20-26 ; cfr., inoltre, fascio 1131, fascicolo 7, c. 6, e Processi della Pandetta

Nuova 4a, fascio 208, fascicolo 1, cc. 2-3).

(1) C. Carucci. Un comune del nostro Mezzogiorno nel Medio

Evo: Salerno (Subiaco, 1945), p. 251. Anche in Cava era praticata

l’ industria della carne salata. Cfr. Sommaria, Partium, voi. 30, c. 226 v ..

(2) Schiappoli. Il conte cit., pp. 26, 55-56. La cartiera, che so­ pravvisse e poi rifiorì nel secolo XVI con Mariano Abignente, era già in pieno esercizio nel 1479, quando il Coppola, in esenzione da ogni diritto - per effetto del privilegio reale - vi faceva condurre “ certa quantità de cordelle per uso de la cartera „ ^Sommaria, Partium, voi. 16, c. 4). Nel 1487, dopo la tragedia, ne era arrendatore Sigismondo de Manso che otteneva patente di esenzione per i “ delatores peciarum veterarum et funium ac aliarum strazamentarum prò confectione et usu diete carterie „ (ivi, voi. 26, c. 29). Ma fin da quell’ anno cominciò ad essere passiva; infatti in Sommaria nel 1492 furono “ liquidati prò non exapti prò arrendamento carteriarum Sarni anni VI e indictionis ex quo Sigismundus de Manso arrendator dictarum carteriarum in dicto anno docuit et fidem fecit in dieta camera non potuìsse laborare dictas carterias propter ipsarum actacionem a principio mensis septembris dicti anni videlicet: pilas tres ipsarum carteriarum per totum 24 mensis octobris et aliam pilam restantem que de novo fuit constructa per totum mensem decembris eiusdem anni,, (Sommaria. Significatoriarum, voi. 8, cc. 98 v. -99). Nel 1484 il conte aveva arrendato le balchere della città di Sarno al fiorentino Melchiorre de Marino (ivi, voi. 7, c. 145 v.).

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purgatori, tintori ecc. - , venivano impiegati nelle fabbriche amalfitane (1).

Le medesime industrie avevano Giffoni, i suoi casali e tutto il Picentino (2), nonché la valle dell’ Irno, adiacente il capoluogo, nella quale fin dal secolo precedente esiste­ vano concerie di pelli (3). E finalmente il Cilento, con la sua pregiata produzione di seta, con l’ olio e con il frumento, rendeva famosa nel Regno ed all’estero la provincia di Prin­ cipato Citra (4).

Per il capoluogo, circondato - come s’è visto - da una così vasta fioritura di manifatture, poco si conosce : oltre l ’industria della tintoria, la cui gabella era tenuta dalla

fa-(1) Ca m e r a, op. cit. II, p. 501. Il 28—1—1476 “ apud casale aque

malorum pertinentiarum baronie sancti Severini ,„ i mercanti napole­ tani Giovanni Folliero, Berardino e Luca de Avitabile regolavano con Luigi Coppola loro interessi dipendenti da commercio di panni di lana

(Processi della Pandetta Corrente, fascio 1682, fascicolo 10823-2, c. .13).

(2) V. de Caro. Commentari sopra l’ antico e moderno stato di

Giffoni, in Bibl. Naz. Napoli, ms. XIV.H.47, pp. 62-66. Molte notizie

su quelle industrie e sul commercio relativo con fiorentini, senesi ecc., residenti in Napoli, si rilevano dai protocolli dei notori giffonesi An­

tonello de Dario (1487-90), Bernardino Scalzo (1493-95) ed Arcangelo Falivene (1499-1501) in Archivio di Stato di Salerno. Nel 1501 vi abi­

tava il mercante fiorentino Nicolò Bossolino; nel 1507-08 l’ altro con­ nazionale Filippo Bartoli che, unitamente ai fratelli, vi esercitava la mercatura di panni (ivi, protocolli notar Falivene, a. 1500-01 e 1507-08).

(3) Carucci, op. cit., p. 250.

(4) Un contratto mercantile del 1455 è in Processi della Pandetta

Corrente, fascio 1683, fascicolo 10826/2, cc. 5-8. Si costituiva con esso

una società tra Pietro de Giaquinto, Ciovanni Starnella e Turco de Gualdo, di Castellabate, con Giuliano Concio ed il figlio Nardo, mer­ canti napoletani, per esportare olio da Eboli “ in insulam Sicilie cum sagictia patroniczata per dictum Turcbum ibique vendere seu baractare „. Da un notamento presentato in Sacro Regio Consiglio, ove gli eredi dei soci difendevano i rispettivi interessi negli anni 1516-25, si rilevano alcuni aspetti del commercio nel Salernitano. Costa c. 38: “ Itemaliud instrumentum mutui per quod Andreas de Galardo de Rocba de Aspero confexus fuit se debitorem esse Juliano Concio de Neapoli in uncijs undecim et tarenis quinque ex predo certe quantitatis pannorum prò ut patet per dictum instrumentum confectum Salerei sub anno 1459

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miglia Guarna (1) e per i cui prodotti lavorati un apposito ordine di re Ferrante in data 11 giugno 1471 aveva ridotto a due tari il dazio su ogni su ogni cento canne di tessuti colorati in Salerno (2), risulta l’esistenza di una vetreria che certo Bolognino de Baccis e fratelli, di Bologna, avevano in esercizio colà, come in Napoli ed in Nola, intorno al 1480 (3).

La seta ed il frumento occupavano un posto preemi­ nente nell’ economia del Salernitano. “ Seta tracta „ o “ cac­ ciata ad ferro „ o “ a lo manganello ” , dalla fiera di S. Pietro di Aquara (giugno) a quelle di S. Pietro di Agropoli, di S. Giacomo di Gioi, del Cilento e di S. Maria della Croce di Gioi - che era F ultima e si effettuava P 8 settembre - , veniva venduta a mercanti, in modo precipuo a genovesi e fiorentini, od ai loro fattori in una gara di qualità e quan­ tità (4).

die XXIIII scptembris V ili indictionis per manus notarij Juliani de Barbareto de Salerno. Item aliud instrumentum mutui per quod Fran- ciscinus Ilugius de Salerno confexus fuit se debitorem es9e Galocco de Gisulfis de Janua in uncijs duabus et tarenÌ9 viginti ex precio certe quantitatÌ9 pannorum prò ut patet per dictum instrumentum confectum Salerni sub anno 1453 die XII mensis maij prime indictionia per manus notarij Napolionis Cicalensis de Salerno

(1) Nell’elenco dei feudatari, tenuti al pagamento dell’arfoa per il 1478, la “ mogliere de Jobanne Guarna,, figura tassata per la gabella della “ tenta de Salerno „ (Percettori Provinciali cit., fascicolo 1, c. 59 v.).

(2) Bianchini, op. cit., p. 144.

(3) Processi della Pandetta Corrente, fascio 1619 fascicolo 10592/7. (4) Gli elementi sul commercio serico del Cilento, sui prezzi cor­ renti nelle diverse piazze e per le diverse qualità, si rilevano dal fa­ scicolo 10852-6, contenuto nel fascio 1694 dei Processi della Pandetta

Corrente. Il giudizio verteva, negli anni 1488-89, tra i fratelli Giovan

Francesco e Simone Peruzzi, mercanti fiorentini dimoranti in Napoli, e Gabriele Lembo, mercante del Cilento, per mancata consegna di seta contrattata e pagata nel 1488 per mezzo di Lorenzo Viviani, socio e fattore dei Peruzzi. La proibizione di quell’ anno aveva fatto sì che gli Strozzi, Tommaso Ginori ed altri fiorentini e genovesi, dimoranti in Napoli, ne facessero grande incetta. Il presidente della Sommaria - cui, oltre che ai commissari delegati, era devoluta la facoltà di conce­ dere le licenze di estrazione a favore dei mercanti con i quali la regia

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Su di e89a, “ a Silere asque ad Policastrum ” , godeva il diritto di gabella il principe di Salerno (1).

Nel 1488 un ordine della regia corte ne requisiva tutta la produzione di Principato di Citra e della Calabria. Eccone il rozzo ma severo bando emanato in tutta la provincia :

“ Bando et commandamento da parte de illustrissimo prencepe don Ferrando de Rahona per la gracia de Dio Re de Sicilia, Hyerusalem etc. Et de li nobili et honorabili homini Tbomasi Casaburi de la Cava, et Theseo Vapa de Napoli per la dieta Maestà commissarij ordinato allo infra- scripto.

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corte aveva stipulato una delle tante convenzioni per l’ ammortamento di debiti -, aveva rilevato 1’ acquisto dei Peruzzi, come ne informa la seguente lettera diretta al suo “ caro corno fratre Grabiele de Lemmo de Cilento „ :

Grabiele de Lemmo corno fratre carissimo salutem. La presente se è per farevi intendere corno le libre trecento de seta quale vui avite contractate et vendute vui et vostri fratelli ad Johanni Francisco Pe- ruezi mercante fiorentino, dicto Johanni Francisco li ave contractate co’ micho et cesomi omne contracto che ave con vui. Perhò vui avite da respondere ad me de dieta seta quale io ho pillato dicto partito per la Regia corte. Pe’ la presente vi dono lecencia che si alchuna quantità de dieta seta vi manchasse che la possati comparare, et fati che presto mi mandati qua in Napoli dicti 300 libre de seta perchè io vi farò el dovere de quello che siti restato ad avere da dicto Johanni Francisco et fati supra ad tucto de comparare bona roba iusto lo tenore de lo contracto. Et questo fati seneza perdere tempo, perchè ho beso- gnio subito de la seta et si in questo cometissivo delacione de tempo no’ seria seneza danno et interesso vostro. Una co’ la presente sera una lettera de dicto Johanni Francisco per la quale vi sclive che de dieta seta fati la volutà mia et quello che supra de czò io vi hordeno, però fati subito secundo de supra vi ho dicto. Neapoli a di XXV agusti 1488.

Co l a n t o n io Ga g l ia r d o

presidente de la Regia Camera de la Sumaria {tot, c. 87J. (1) Sommaria, Partium, voi. 10, cc. 205 v. -07. E’ una relazione della Sommaria, rimessa al re nel 1476 circa i diritti del principe su quella gabella. In quello stesso anno l’ università di Gioì soccombeva in un giudizio mosso contro Antonello Sanseverino, al quale veniva confermato così il “ ius serici et cuculli „ concesso a suo padre da re Ferrante (Processi della Pandetta Corrente, fascio 1693, fascicolo 10850-4).

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In primis che non sia persone alcuna de quale si voglya stato, grado et condecione ni regnicolo ni extere chi debia comparare seta et follichyi ne la provincia de prencepato citra nè in le citate, terre, castelle et lochi de essa provin­ cia senza expressa licencia de li sopradicti Thomasi et Theseo sopta pena de milli docati di carlini, et de perdere le sete et follichyi che comparasse, applicanda a la Regia corte.

Item che omni persone tanto regnicolo quanto extero chi havesse comparate o facte comparare sete et follichyi ne la dieta provincia de prencepato o in citate, castelle, terre et lochi de essa provincia diete sete et follichyi debia presentare davanti a li dicti Thomasi et Teseo a li octo del presente mese di sectenbre ne la fera de Sancta Maria de la Croce de la dieta provincia et de dieta seta et follichyi fare et exequire quanto per ipsi Theseo et Thomasi loro è ordenato et commandato socto pena de milli docati et de confiscacione de li beni loro et de perdere le sete chi haves- sero comparate, applicanda a la dieta Regia Corte. Omni homo se guarde de la mala ventura „ (1).

La produzione serica cavense trovava smercio in Napoli e nello stesso mercato locale del borgo Scacciaventi, ove i mercanti paesani affiancavano i forestieri o ne erano i fattori. Anche per la seta, come per gli altri prodotti, i cittadini godevano l ’esenzione della gabella (2).

(1) Processi della Pandetta Corrente, fascio 1694, fase. 10852-6, c. 80. (2) Il borgo Scacciaventi della città di Cava, rinomato per la bel­ lezza del sito e la magnificenza dei suoi edifici, era il centro della vita cittadina e commerciale. Cfr. A. Po l v e r in o, Descrizione istorica della città fedelissima della Cava. Parte prima (Napoli, Roselli. 1716), pp. 51

e 124. Un ordine della Sommaria, nel 1491, ricordava al doganiere di Salerno : “ ...corno sapite quelli de la Cava non so’ stati soliti pagare la cabella de la seta quale se fa in dieta Cita et suo districto...,, (Somma­ ria, Partium, voi. 33, c. 77 v .).I l mercante fiorentino Filippo Vecchietti, dimorante in Napoli, nell’ aprile del 1489 dice che negli anni precedenti ha visto in Napoli “ multe quantitate de sete della provincia de pren- cepato et have auduto dire ancho in Napoli che Hieronimo et Franci­ sco Casaburi della Cava ne haveno vendute et che ne haveno da ven­ dere multe quantitate de diete sete... „ (Processi della Pandetta Cor­

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Il commercio del grano, che pur in una quantità non in­ differente usciva dalla provincia, non appare dalle fonti docu­ mentarie, almeno fino al 1486 (1). E’ da tener presente però che i vasti possedimenti dei feudatari — il principe di Salerno, il duca di Amalfi, i conti di Capaccio, Conza, Montorio ed altri — producevano in massima parte granaglie di cui alla regia corte, che vi aveva pure il suo demanio, nessun conto veniva reso (2). Confiscati a favore dello Stato i beni dei baroni ribelli, viene fatto dal re, fin dal 1487,

partito con mercanti fiorentini per 1’ estrazione delle tratte, per le quali nell’ interesse degli stessi contraenti viene no­ minato credenziere di Principato Citra il mercante Giovanni Salutati (3). E dalla stessa Provincia veniva esportato il grano, il vino e la frutta che Briotto Spinola, Bernardino Scaglia e compagni, mercanti genovesi, per altro partito estraevano dal Regno a partire dal 1“ giugno del 1488, dal porto di Castellammare di Stabia per la Barberìa (4). Altre grandi quantità di vettovaglie “ a maritima Pestarum ” , da Agropoli, Policastro ed altri porti del Salernitano, nonché da Terra di Lavoro e dalla Calabria, estraeva “ per extra regnum prò partibus-Barbarie „ la società di Colantonio Ga­ gliardo, Raimondo de Perets, Giovanni Vidal e compagni negli anni 1489-90 (5). Anche negli stessi anni dal porto di

(1) La distruzione delle Cedole di Tesoreria, delle Pergamene della Regia Camera e della Cancelleria Aragonese in genere - costi­ tuenti un tempo il materiale storico per l’economia del Regno -, uni­ tamente alla mancanza dei registri dei maestri portolani, non consente di stabilire i luoghi di produzione e le quantità esportate.

(2) Il Cassandro, op. cit., p. 116, giustamente nota che la proprietà immobiliare era quasi interamente nelle mani dei feudatari.

(3) Sommaria, Partium, voi. 28, c. 59.

(4) Ivi, voli. 29, cc. 129 v. e 218; 30, c. 198. Di estrazioni di 40 e 30 botti di vino da Salerno per Roma fatte dal mercante fiorentino Damiano Litterio si ha notizia per luglio-agosto del 1466 in Protocollo

notar Petruccio Pisano di Napoli (1465-66), cc. 156 e 172.

(5) Sommaria, Significatoriarum, voi. 8, cc. 130 v.-31 e 239 v.-40. Una convenzione, tra questa società ed il re per il nolo della regia nave Cappella, per portare da Napoli a Tunisi 17.000 tomoli di grano, era stata stipulata nel 1491. Cfr. Codice Aragonese, voi. 3, p. 37.

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Salerno Troiano Sciabica, salernitano, esportava grano per

extra regnutn „ con una nave del re (1). E di che altro, se non di grano, poteva mai essere carica quella “ galeacza „ di Francesco Coppola, diretta da Salerno ad Alessandria nell’ estate del 1478 e che il re consentiva potesse approdare nel porlo di Napoli con particolari facilitazioni per com ple­ tarla con altre mercanzie ? (2).

(1) Sommaria, Partium, voi. 40, c. 229 v. Anche allora il porto della città doveva essere di basso fondo, poiché “ Io navilio con lo quale se conducea dicto grano se annegò prima che se conducesse in dieta nave, per poco spacio dal porto de Salerno».

(2) Ivi, voi. 107, cc. 165 e 178. La Sommaria dirigeva “ domino Secretano,, la seguente lettera:

“ Magnifice domine Regie Consiliarie socie et amice noster caris­ sime. E’ stato ì d questa Camera lo magnifico Francisco Coppula et ex- posto che havendo ipso facto carricare ad Salerno la sua galeacza per Alexandria et essendo in procintu de spaczarese, per expediente et utele de merchanti che havessero ad carrichare certe merchancie in la cita de Napoli in dieta galiacza vorrìa quella fare venire in quisto porto. Et dubitando che per la dohana non li fosse dato inpaczo ad le robbe carrichate in Salerno et farli pagare altra volta li deridi che là have pagati, non vorrìa havere per la venuta de quella in quisto porto per comodità et beneficio de marchanti haverene ad substinere magiore danno, intendendo pagare li diricti debiti per le mercancie che se car- ricano in la cità de Napoli. Et che quando non li si permictesse lo su- pradicto non intende fare venire dieta galiacza in lo porto de Napoli. Et inteso per questa Camera le cose predicte et parendone expediente per la corte dieta galiacza venire in quisto porto per non perdetesi li deridi de le merchancie che venendo equa dieta galiacza in quella se carricariano, niente de meno ad nui ha parso che la S. V. ne haia ad parlare con la Maestà del Signor Re che cossi corno dicono l’ anno pas­ sato fo’ per sua Maestà concessa Iicencia a le galiacze fiorentine sia contenta concedetela a la dieta sua galiacza che non è dubio, che non venendo in quisto porto la corte haverrà danno de le robbe che in essa non se carricaranno. Sichè piacza a la S. V. parlarene con dieta Maestà. Et essendo contenta la S. V. ne porrà fare spaczare lictere a lo dicto Francisco secundo ve parerà necessario. Neapoli in eadem Ca­ mera X Junij MCCCCLXXVIIJ0 „ (ivi, c. 165). Qualche giorno dopo il de Petrucci informava i * magnifici signuri de la Summaria „ che “ la Maestà del Signor Re è stata contenta che intre in Io porto de Napole et vole che de le cose have portate non paghe nente et che solum paghe per le cose carricharà et extraherà da Napole,, (ivi, c. 178).

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Anche il re per gli usi della sua mensa acquistava prodotti del Salernitano (1 ).

Non era raro però che la pirateria molestasse il com ­ mercio. Una lettera del re, nel giugno del 1478, ordinava al commissario provinciale di incaricare persona “ per andare ad intimare ad tucte le marine de principato citra che le galee de Nombellino (Lom ellino) so’ insute in curso, che loro se guardeno de non haver dampno „ (2).

* * *

Le industrie ed il commercio non erano le sole attività che davano vita allo stato economico della provincia di Principato Citra : vi contribuivano anche gli ebrei che, non a caso, nei centri dove fiorivano manifatture e traffici ge­ stivano i loro banchi di pegnorazione “ more hebreorum ,,, o si dedicavano al commercio.

Re Ferrante mostrava gratitudine verso Guglielmo di Nola, Aron, Buonomo e mastro Elia, ebrei di Salerno, quando nel 1476, unitamente al duca di Calabria, sollecitava la loro liberazione dal carcere di Firenze. Li giudicava “ persune honeste et da bene „ e si interessava della loro sorte per “ bavere recevuti multi servitii da loro „ (3). Evidentemente

(1) Con lettera del 13-10-1478 re Ferrante ordina a Luigi Capasso, sostituto commissario, “ quod emere debeat de vino Policastri vegetes 100 et de vino Salerni vegetes decem, quod vinum conduci faciat ad civitatem Neapolis citius quam potitur prò usu sue domus „ (Percettori

cit., fascio 20, fascicolo 1, c. 82).

(2) Percettori cit., fascio 20, fascicolo 1, c. 77 : “ Sua Maiestas intellexit quod propter discessum illustris ducis Calabrie cum triremi- bus nonnulli predones exierunt maria infestancium et quod propter hoc dedit operam illico armari duas triremes prò securitate dicti regni quod interim vigilent ne damnum eia inferatur per dictos predones maxime per triremem Lomellini „.

(3) E. Po n t i e r i. La dinastia aragonese di Napoli e la Casa de’ Medici di Firenze, in Archivio Storico Napoletano, XXVI, N. S. (1940),

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li aveva trovati sempre disposti al prestito nelle sue continue occorrenze di denaro. Anche il principe di Salerno si rivol­ geva ad ebrei per prestiti e si faceva garentire dai salerni­ tani Giovan Andrea Guarna e notar Giuliano de Bar- barito (1).

11 più antico banco, a quanto risulta dai documenti, era quello che gestiva in Salerno Guglielmo de Benevento intorno al 1479. 11 figlio Manuele vi “ teneva in guadangnio „ 100 ducati (2). Altro ne gestiva nel 1484 Elia de Simone di Cascia e, quantunque di proprietà del fratello Servidio, era ancora in attività nel 1493, quando un certo “ Antonaczo mastro de scola „ pretendeva il riscatto dei suoi pegni (3). Ebrei di Salerno e banchieri erano Angelo de Mele e Ma­ nuele de Ventura che nel 1492 ottenevano di istituirne anche nei casali di Giffoni (4), ove già era quello che M a ­ nuele de Solmona ed Angelo de Salerno nel 1494 trasferi­ vano altrove (5). In quest’ anno Jsac de Bonomo, ebreo italiano, per maggiore comodità trasferiva il suo banco da Salerno a Sanseverino (6), mentre Manuele de Salerno,

cre-(1) Sommaria, Partium, voi. 29, cc. 219 e 223 v. (2) Ivi, voi. 17, c. 72.

(3) Ivi, voi. 37, c. 197.

(4) Ivi, voi. 33, c. 177 v. Dalla lettera della Sommaria al capitano di Giffoni, il 9-2-1492: “ Capitaneo. Novamente per parte de Angelo de Mele et Manuele de Ventura iudei de Salerno ce è stato cum que­ rele exposto corno havendono mandati certi loro facturi ad fare banchi et altri loro negotij in quesso casale de Prepezano de le pertinencie de la terra de Gifoni, secondo che è permesso fare ad tucti iudei del regno in tucte Citate, terre et lochi de epso per privilegio a loro con­ cesso per la Maestà del Signor Re, sono stati dicti facturi per vui et per uno Pompeo Erario prohibiti contra lo tenore et forma de dicti loro privilegi].... „ .

(5) Ivi, voi. 41, c. 84. Al vice conte di Giffoni, nel 1494: “ Magni-fice vir etc. Per parte de Manuele de Solmona et Angelo de Salerno ebrei babitanti in Salerno nce è stato exposto corno lo bancho quale baveno tenuto et teneno in un casale de quessa terra de Gifuni per stareno più securi per li pigni teneno in quillo lo volerìano levare et ponerilo in Salerno o vero in alcuno bono loco de Sanseverino.... „ .

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ditore di “ alcuni preiti ” , trascinava in giudizio, nel capo­ luogo, i suoi debitori (1).

Un banco dell’ ebreo Amodio era in Cava nel 1484 (2); altro di Gabriele de Salomone e del fratello Vitale, che godeva la protezione di Antonello Sanseverino, in Agropoli nel 1486 (3). Lo stesso Gabriele, che nel 1493 aveva aperto banco in Maiori, nel successivo anno 1494 si ritirava in Salerno (4), mentre Vitale lo ripristinava in Gioì fin dal 1492 (5).

(1) Sommaria, Partium, voi. 37, c. 287 v. (2) Ivi, voi. 22, c. 16 v.

(3) Ivi, voi. 24, c. 199. Al capitano di Agropoli : “ Capitano. Gabriele de Salamone ebreo ne ha facto cum querela intendere corno in la guerra passata tenendo ipso bancbo con suo fratello in quessa terra de Auropoli nomine Vitale de Salamone per trovarise dicto Vitale favorito de lo principe di Salerno fe’ fare instrumento de divisione ad ipso exponente in la Cita de Salerno con pacto che fra termine de deci anni non potesse più retornare in quessa terra de Augropoli ad tenere banche nè fare facende in suo dampno et interesse. Supplicandoce per questo, provi, damo a la soa indempnità. Et perchè tale instrumento cede in grandis­ simo dampno de la Begia Corte et dicto exponente allega havere quillo facto più presto forczato che voluntario, ve facimo per ciò la presente per la quale ve decimo et comandamo che debiate permectere che ipso exponente possa retornare in quessa terra de Auropoli et ponere bancbo in quella et fare soe facende corno faceva de primo ad suo arbitrio et voluntà sencza baverili a donare impaczio nè molestia alcuna per causa de lo instrumento predicto per ipso facto. Et non fate lo contrario per quanto haviti cara la grafia de lo signore re et la pena de oncze XXV etc. Datum die XIII marczij 1487.

Ju l iu s d e Sc o r c i a t i s,,. (4) Ivi, voi. 41, c. 99. Dalla lettera al viceduca di Amalfi, nel 1494: “ Per parte de Grabiele de Salamone iudio de Salerno habitatore de la terra de Mayure è stato exposto in questa camera corno è circa uno anno che posse bancho in dieta terra, lo quale per stare in loco aperto per magiore comodità se volerrìa retrahere da dieta terra et andare ad habitare in dieta cita de Salerno con tucta sua bricata et rob a ..,,.

(5) Ivi, voi. 36, c. 62. Dalla lettera al capitano di Gioi, nel 1492. Vitale de Salomone di Salerno, ebreo, “ volendo ponere banco in quessa terra de lo Ioyo et mecterece uno suo factore ad fare quillo exercitare, per alcuni homini de dieta terra non se permecte che dicto exponente possa ponere et fare exercitare dicto banco.... „ . Ma è volontà del re che gli ebrei possano tenere banchi in tutto il Regno.

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Ventura, ebreo di Salerno, nel 1490 era creditore del­ l ’università di Castellammare di Stabia in “ certe quantità de dinari per causa de imprunto, una con lo guadagno more hebreorum „ (1).

Nel 1491 Consiglio de MoÌ9es, abitante in Eboli, vende colà i pegni non riscattati (2), ed il “ banchero iudio „ Gaudo de Moise detiene presso di sè in Policastro cuoi datigli in pegno da mercanti genovesi falliti (3).

In Maiori, nel 1493, Aron Carciullo vantava molti cre­ diti con “ lo guadagno „ (4) ; nel 1494 Moise de Jannectau, per maggiore sicurezza, si trasferisce nell’ interno e porta con sè i pegni (5) ; e Manuele, ebreo di Nola, ancora nel 1496 vi teneva banco “ ad uxuras „ (6).

Un vero esodo degli ebrei dalle città costiere, o comun­ que esposte al pericolo di invasione e conseguente saccheg­ gio, si ebbe nel 1494. Aron de Jsac e Dolce, abitanti in Sanseverino, chiedono di trasferirsi in Montoro o Sarno ed intendono portare con sè “ li pigni „ (7). Un ordine di tra­ sferimento in massa di tutti i cittadini verso la zona “ terra vecchia „ di quella città fa divieto agli ebrei di seguire la popolazione cristiana (8). Angelo, ebreo di Salerno, e corn­

ili Sommaria. Parlium, voi. 32, c, 80 v. (2) Ivi, voi. 34, c.

95-(3) Ivi, voi. 33, c. 116 v. Al doganiere di Policastro, nel 1491: “ Dohanero. Per parte de Gaudo de Moise banchero iudio de quessa Cita uce è stato cum querela exposto corno essendoli stata impignata certa quantità de coyra porcine per Michele et Christofano Acheri fratri et compagni genoisi habitanti in quessa Cita per prezo de ducati trenta et havendo quelle tenute per spacio de tre misi, dicti Michele et Christofano so’ falliti remanendone diete coyra in suo potere. Et che al presente per vui so’ state sequestrate diete coyra sub pretextu che li predicti genoisi erano debituri de la regia corte in certa quantità de dinari, et non volite pagare et satisfare ad ipso exponente tanto li dicti trenta ducati per lo debito principale, corno lo guadagno de dicti di­ nari... „■

(4) Ivi, voi. 37, c. 12. (5) Ivi, voi. 38, c. 119 v.

(6) Ca m e r a, op. cit., I, pp, 348-49

(7) Sommaria, Partium, voi. 38, c. 6 v. (8) Ibidem, c. 9 v.

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