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I movimenti del Vescovo di Luni e la georeferenziazione dei luoghi del Codice Pelavicino

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI FILOLOGIA, LETTERATURA

E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN INFORMATICA

UMANISTICA

TESI DI LAUREA

I movimenti del vescovo di Luni

e la georeferenziazione dei luoghi del Codice Pelavicino

CANDIDATO Alberto Guaita

RELATORE

Prof.ssa Enrica Salvatori

CONTRORELATORE Prof. Angelo Del Grosso

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Sommario

1. RIASSUNTO 4

2. PREFAZIONE 5

3. INTRODUZIONE 7

4. STORIA DELLA LUNIGIANA 8

4.1. Geografia e storia della Lunigiana 8

4.2. Storia della diocesi di Luni 10

La nascita della diocesi 10

La suddivisione della diocesi 14

La diocesi di Luni dal Codice Pelavicino ad oggi 17

5. IL CODICE PELAVICINO 21

5.1. Introduzione al codice 21

5.2. Storia del codice 22

5.3. L’edizione digitale del codice 24

6. LA CODIFICA DEL CODICE 26

6.1. Codifica TEI 26

6.2. I file di codifica utilizzati per la mappatura 27

Le variabili del Codice Pelavicino 29

Le variabili della mappa interattiva 29

7. LA MAPPATURA DIGITALE 32

7.1. Scelta dello sviluppo della mappa 32

7.2. Google maps platform 32

Le API di Google maps 32

Inizializzazione della mappa 33

Lo stile della mappa 34

Gli indicatori 35

Le InfoWindow 37

Le linee, i poligoni, i cerchi e i rettangoli 38

8. GLI ELEMENTI DELLA MAPPA 41

8.1. La barra superiore 41

8.2. Mappa e sezione centrale 44

8.3. Barra inferiore 45

9. IL FUNZIONAMENTO DEL PROGRAMMA 46

9.1. Le persone 46

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La codifica dei vescovi 46

Le funzioni relative ai vescovi 47

9.2. I documenti e gli eventi 50

La codifica dei documenti 50

L’inserimento degli eventi 52

Le funzioni relative ai documenti 54

9.3. I luoghi 57

La scelta dello stile della mappa 57

La nomenclatura del luogo 57

La geolocalizzazione del luogo 57

La tipologia di luogo 58

Le pievi 60

Le funzioni per i luoghi 61

9.4. Gli spostamenti 64

Le fasi di realizzazione 65

Gli esperimenti per gli spostamenti (DirectionsService) 66

Le funzioni per gli spostamenti 70

9.5. Le informazioni e le note 73

La card del vescovo 73

Legenda e finestre di informazione 74

10. POSSIBILI SVILUPPI E IMPLEMENTAZIONI 75

10.1. Miglioramenti alla mappa 77

11. CONCLUSIONE 79

12. RINGRAZIAMENTI 80

13. INDICE DELLE FIGURE 81

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1.

RIASSUNTO

La tesi ha lo scopo di riprodurre su una cartina geografica interattiva i documenti presenti nel Codice Pelavicino collegandoli ai diversi vescovi che li hanno redatti ed ai loro spostamenti.

L’operazione di mappatura è stata realizzata utilizzando la piattaforma di Google Maps, in quanto permette una notevole personalizzazione nella predisposizione delle proprie cartine geografiche.

Partendo dal lavoro di codifica già svolto dai miei colleghi del progetto “Codice Pelavicino Digitale”, ho collegato i dati presenti nella codifica TEI per il codice digitale alle funzioni offerte da Google, rappresentando in modo chiaro e di immediata comprensione tutte le variabili presenti in tale modifica: i vescovi, i documenti, i luoghi e le date ed i relativi metadati già presenti nella relativa piattaforma digitale.

In considerazione della natura collegiale del progetto, il lavoro è stato pensato e realizzato per consentire di rendere automatico e semplice l’inserimento di nuovi dati e di nuove codifiche che potranno essere introdotti per l’implementazione del codice digitale; con questa impostazione del programma in futuro la mappa potrà essere facilmente aggiornata, anche senza la necessità che gli operatori siano in possesso di grandi competenze di programmazione.

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2. PREFAZIONE

Da sempre storia e geografia sono unite fra loro da un legame speciale. In effetti è sufficiente pensare agli innumerevoli atlanti prodotti nel corso della storia.

È di facile comprensione realizzare che, quando si lavora su un’edizione critica di una fonte storica, avere a disposizione una rappresentazione visiva della localizzazione fisica delle fonti permette allo studioso una più immediata comprensione del contesto, requisito questo fondamentale per poter analizzare al meglio la fonte stessa.

Con l’avvento del digitale la relazione che unisce storia e geografia si fa ancora più marcata, poiché l’interattività permette di esplorare nuove dimensioni che superano quelle presenti nel formato analogico, dove era possibile inserire e far interagire solo un limitato numero di dati.

Nel caso del Codice Pelavicino questa correlazione è ancora più marcata, in quanto l’elevato numero di documenti renderebbe molto faticoso l’orientamento: la presenza quindi di una esaustiva rappresentazione cartografica risulta utile per aumentare la prospettiva di analisi.

È proprio con la finalità di agevolare il collegamento e l’orientamento tra le fonti, fra i loro diversi autori e fra tutti i dati ad essi collegati, che è stato concepito il progetto di questa tesi, che ha l’obiettivo principale di trasformare le variabili scritte in dimensioni spazio-temporali.

La tesi si prefigge quindi lo scopo di fornire un supporto alla piattaforma digitale relativa al più vasto progetto che opera sul Codice Pelavicino: le finalità principali sono quindi quelle da un lato di aiutare l’utente che entra in contatto con l’edizione digitale del codice a comprendere più facilmente la sua struttura e dall’altro lato di agevolare il lavoro di coloro che ne stanno curando l’edizione, permettendo nel contempo anche

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la possibilità di scoprire nuovi nessi e nuove letture dei diversi documenti.

Infine, va rilevato come la versatilità della mappa garantisce un suo utilizzo anche per altri progetti analoghi. Basata sullo standard TEI e sulle funzionalità di Google Maps, fornisce la possibilità di adattarsi ad altre situazioni dove è vantaggioso visualizzare i big data in maniera rapida e precisa.

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3. INTRODUZIONE

L’idea di base per la stesura di questa tesi nasce dall’esigenza di voler rappresentare su una mappa interattiva gli spostamenti che fecero i diversi vescovi descritti all’interno del Codice Pelavicino.

Per dare una risposta a questa esigenza, si è dovuto necessariamente operare in maniera trasversale su più settori disciplinari; il progetto di digitalizzazione si fonda infatti su tre aspetti principali: il lavoro storiografico, la codifica dei testi e la programmazione web. L’equilibrio tra queste discipline garantisce il corretto esito del progetto e, per evitare di alterare questa sinergia creata dai miei colleghi durante gli anni precedenti, ho lavorato operando contemporaneamente sui tre percorsi.

Il percorso storiografico mi ha portato a studiare la realtà della Lunigiana e della sua diocesi durante il medioevo. Inoltre ho dovuto approfondire anche la storia secolare del Codice Pelavicino, da quando è stato redatto a quando è giunto alla sua edizione digitale. Studiare poi come questo insieme di documenti sono stati codificati, quali informazioni sono state analizzate e come poter ottenere da queste codifiche i dati che servivano alla stesura del progetto è stato il secondo sentiero intrapreso.

Infine, per la realizzazione della mappa interattiva servivano diversi linguaggi di programmazione ed una conoscenza approfondita delle funzionalità che Google Maps poteva offrire.

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4. STORIA DELLA LUNIGIANA

4.1.

Geografia e storia della Lunigiana

La Lunigiana è una regione storica che originariamente comprendeva i territori tra la Liguria orientale, la Toscana settentrionale ed una parte dell’Emilia meridionale. La sua esistenza era direttamente collegata alla nascita e all’evoluzione della Diocesi di Luni, mentre nei nostri giorni è slegata dalle divisioni amministrative e viene generalmente identificata nella regione geografica corrispondente al bacino fluviale del fiume Magra e dei suoi affluenti.

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Il nome della Lunigiana risale al secolo XII quando veniva indicata come territorio di appartenenza della città Luni (provincia Lunisanae) che, ospitando la sede del Vescovo e trovandosi in una posizione geograficamente forte alle foci del fiume Magra, risultava essere la città principale della regione. Questa, conosciuta oggi come Lunigiana Storica, comprendeva 35 pievi sparse in tutta la valle della Magra, una parte della valle del Serchio e il litorale compreso a nord del fiume Versilia fino a Levanto.

La regione, grazie alla sua posizione strategica, fu abitata fin dalla preistoria e da sempre funse da tramite tra le grandi vie di comunicazione tra la valle del Po, la parte peninsulare d’Italia e i paesi d’oltralpe. Si documentano stanziamenti umani dal Paleolitico a Fivizzano, a Magdaleniano, nella Grotta dei Colombi e all’Isola Palmaria (Golfo della Spezia).

La fondazione della colonia di Luni, datata al 177 a. C., sancì la definitiva romanizzazione del territorio, che fino ad allora era diviso tra i liguri apuani, i galli e gli etruschi.

Durante il periodo di dominazione romana non avvennero grandi stravolgimenti politici della regione e fu solo con l’avvento delle invasioni barbare che la Lunigiana iniziò ad avere una funzione cardine nella difesa del limes, almeno finché le sue difese furono debellate da Rotari verso il 640. Durante l’alto medioevo la regione passò dalla dominazione bizantina a quella longobarda, rientrando nei territori di Lucca, e infine a quella franca del Sacro Romano Impero.

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4.2.

Storia della diocesi di Luni

La nascita della diocesi

Le origini del Cristianesimo nella Lunigiana non sono facilmente databili, ma si possono far risalire verso gli inizi del III secolo, mentre per quanto riguarda la fondazione, formazione ed organizzazione territoriale è ragionevole supporre che la diocesi si sia formata successivamente, intorno agli inizi del V secolo.

La diocesi inizia a consolidare il proprio potere nella zona dopo la caduta delle precedenti suddivisioni amministrative e le ripetute invasioni di diversi popoli che destabilizzarono l’unità politica risalente all’epoca romana.

Il fondamento giuridico del dominio della diocesi risale al 24 maggio del 900 d.C. quando l’imperatore Berengario I, confermando un trattato precedente, concesse al vescovo Odelberto1 alcuni benefici sul territorio, tra cui il divieto dei pubblici uffici di

intervenire nelle terre della Chiesa per tenere il placito, di riscuotere le fideiussioni giudiziarie o arrestarne gli abitanti; infine si trasferivano alla Chiesa stessa i diritti fiscali e le annesse entrate che, anche se non elevate, posero la base per le successive espansioni.

Il 19 maggio 963 l’imperatore Ottone I concesse alla Chiesa nuovi mercati e castelli, che implicavano anche diritti economico-amministrativi sugli abitanti della zona2. In

questa concessione vengono elencate le curtis, i castelli e i mercati affidati al Vescovo3.

1L. Schiaparelli, I diplomi di Berengario I, FSI, Roma, 1903, p. 93, n. XXXI; in Regesto del Codice Pelavicino, a cura di M. Lupo Gentile, in Atti della Società Ligure di Storia Patria, XLIV, (1912), p. 21, n. 17.

2M.G.H., Diplomatum regum et imperatorum Germaniae tomus I. Conradi T. Heinrici I. et Ottonis I. diplomata, Hannover, 1879 - 1884, p. 363, n. 254; in Il Regesto del Codice Pelavicino cit., p. 24, n. 18.

3Essi comprendevano la curtis di Luni con il mercato, le curtes de Cama, de Cliva, de Seroiliano (presso Massa), di Lavacchio, di Massa, di Brunengo, i castelli di Ameglia, de Ilaulo e di Sarzana, le curtes de Pedegaiano, di Carrara, de Niblone, de Curoasano, de Bardamno lll, di Vezzano con annesso castello e

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Nel successivo diploma del 18 luglio 9814 venivano precisati i diritti del Vescovo, in

quanto in linea teorica possedeva solo il potere esecutivo e coercitivo nella regione, laddove il potere giudiziario doveva essere gestito dai marchesi-conti della dinastia degli Obertenghi. L’ambigua situazione politica dell’epoca, tuttavia, lasciava immaginare che il Vescovo, sia per contrasti con i conti che per politica di dominio, avesse de facto più poteri di quelli a lui attribuiti e cercasse quando possibile di affrancarsi dal potere temporale degli Obertenghi.

Questa ambiguità, comune in molte altre situazioni italiane, si risolveva a volte in un reciproco supporto (o almeno in una tolleranza di ingerenze), mentre altre volte in scontri armati.

Nella seconda metà del X secolo i possessi vescovili erano dunque concentrati (anche se intersecati con le terre comitali) nella bassa Val di Vara, nella bassa Val di Magra e sui confini meridionali del Comitato Lunense.

Gli scontri-incontri tra potere vescovile e potere comitale proseguirono con un parallelo percorso di incastellamento della zona, che consentì alla chiesa un più stretto controllo sul territorio grazie a propri delegati che, possedendo anche una certa capacità militare, erano incaricati di supervisionare il castrum.

Il 5 maggio 1055, in un placito tenuto a Roncaglia, l’imperatore Enrico III concesse al vescovo Guido altri diritti sul castello di Aginulfo5 e contemporaneamente si cercò di

estendere tramite un’alleanza con Rodolfo di Casola il dominio della diocesi anche sulla valle Aulella, probabilmente ai danni del marchese Adalberto degli Obertenghi. Il consolidamento del potere nella valle si fortificò il 19 gennaio del 1066 con nuove

Onitiano, di Ceparana con il mercato e il castello, le curtes de Cuscagnano (presso Aulla), di Bazano e Tivegna, di Bracelli, i castelli di Sant’Andrea di Montedivalli e di Trebiano, la curtis de Celato, la curtis de Porto con la chiesa di Santa Giuliana e la curtis di Piacenza.

4M.G.H., Diplomatum regum et imperatorum Germaniae tomi II. pars prior: Ottonis II. diplomata, Hannover, 1888, p. 287, n. 253; in II Regesto del Codice Pelavicino cit., p. 26, n. 19.

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donazioni alla chiesa, volute da Guiterno di Regnano, del castello di Regnano e annessi territori.

La lotta per le investiture nel XI-XII secolo aiutò la Lunigiana, in quanto l’Impero era disposto a nuove concessioni pur di assicurarsi il controllo della via Francigena che permetteva i collegamenti tra Roma, l’Italia centrale e le regioni cisalpine. Il 4 novembre 1163 l’imperatore Federico I offrì al borgo di Sarzana la sua protezione e garantì anche alcuni vantaggi economici6. L’anno successivo, il 29 settembre, lo stesso imperatore

confermò i diritti e i possessi a Obizzo Malaspina discendente degli Obertenghi7. Tra

il primo febbraio 1167 e il 21 agosto 1175 anche il comune di Pontremoli e i signori di Vezzano ebbero le loro concessioni. Infine il 30 giugno 1183 Federico I diede il Comitato ai vescovi di Luni.

Il controllo delle vie di comunicazione ed in particolare della via Francigena fu al centro delle attività della diocesi per tutto il XII-XIII secolo.

A questo fine mirava l’accordo stipulato nel gennaio del 1160 dal vescovo Andrea, imperiale, con i signori di Burcione e di Buggiano per la costruzione di una fortezza sul poggio di Castiglione, presso la Brina. L’11 febbraio del 1174 i cittadini del borgo di Aulla si impegnarono a giurare fedeltà e a prestare l’albergaria al vescovo Pipino, ai suoi emissari e ai legati del papa e dell’imperatore, cosicché l’Episcopato si presentava garante della sicurezza delle strade nella Bassa Magra8.

Nel novembre del 1197 Bernardino di Herberia giurò al vescovo Gualtiero di non attaccare le persone che percorrevano la via Francigena e nel contempo non impedì la costruzione

6M.G.H., Diplomatum regum et imperatorum Germaniae tomus X, pars II. Friderici I. diplomata inde ab a. MCLVIII usque ad a. MCLXVII, Hannover, 1979, p. 283, n. 405.

7Il Regesto del Codice Pelavicino cit., p. 371, n. 463. 8 Ibidem, p. 596, n.533

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di una castrum a difesa della stessa. Questo giuramento è indicativo della politica di espansione nella vallata del vescovo che già dal 1184 era entrato nel consorzio dei signori di Fosdinovo9. Qualche decennio dopo, una nuova disputa tra gli uomini della villa di San

Terenzo e i signori di Fosdinovo portò il 5 agosto 1211 ad un accordo con il vescovo Gualtiero in cui alla diocesi venivano concesse nuove garanzie di sicurezza e la possibilità di incastellare il monte Lunium.

Alla fine del XII secolo, il vescovo di Luni era il legittimo titolare dell’ufficio comitale e, nonostante la sua autorità si espandesse a macchia di leopardo, il vasto dominio feudale gli garantì un peso determinante negli equilibri politici della regione e di conseguenza dell’intero Regno. La prova di questo potere arrivò quando i Malaspina tentarono di rivendicare i diritti degli Estensi nel nord della Lunigiana, dove alimentarono una resistenza al monastero di Aulla e incastellarono Podenzana.

Dopo una serie di trattative di pace tra il febbraio 1201 e il 24 luglio 1203, che non andarono a buon fine, il vescovo Gualtiero radunò i propri vassalli ed espugnò il castrum di Castiglione e il borgo di Padivarma; prese Aulla e fece ribellare ai Malaspina i signori di Moregnano e gli uomini di Panicale, di Calice e di Giovagallo. I Malaspina, in difficoltà, chiesero l’intermediazione di Guglielmo VI, marchese di Monferrato, che iniziò le trattative che furono però terminate dai consoli di Lucca.

Nel trattato di pace del 22 luglio 120610 in cambio della restituzione dei castelli di

Giovagallo e di Cadice ai Malaspina e di garanzie di difesa alla città di Lucca, il vescovo Gualtiero ottenne il riconoscimento della propria supremazia sulla regione.

Negli anni successivi vennero edificati castelli a Montebello, a Selvezola e a Belvedere.

9Ibidem, p. 527, n.533.

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In Valle Aulella fu confermato, in termini favorevoli al vescovo Marzucco, il condominio con gli Herberia. Qualche anno dopo è attestato il condominio fra il vescovo Guglielmo e gli Herberia sul castello di Moncigoli. Infine, il 5 settembre 1231, il medesimo vescovo e tali consorti concessero a Vernaccio, abate di Aulla, di incastellare il locus di Rametta. Il dominio vescovile si affermò anche in Val di Vara: nel 1220-1221 il vescovo Norandino era in possesso di Tivegna; il 25 aprile 1230 si sottomisero gli Adalberti di Isola.

Nello stesso periodo, con il vassallaggio dei consorti di Fosdinovo e di quelli di Falcinello, l’Episcopato completò la conquista della catena spartiacque fra la Magra e l’Aulella. Questo periodo rappresenta l’apogeo del potere temporale del vescovo-conte di Luni.

La suddivisione della diocesi

Analogamente ad altre diocesi dell’Italia settentrionale, la diocesi di Luni aveva il suo perno in svariate chiese battesimali che dal IX secolo prenderanno il nome di pievi. All’interno di ogni circoscrizione plebana esistevano poi svariate cappelle dipendenti o da privati, o dalla pieve stessa o dal capitolo della cattedrale o dal vescovo o da un monastero extra diocesi. Solo nel XII secolo mediante bolle pontificie venne fissato il numero delle pievi, il cui numero antecedentemente era abbastanza oscillante; alle pievi così individuate bisogna aggiungere la cattedrale di Luni, o plebs civitatis, e l’abbazia di San Caprasio di Aulla, che divenne pieve pochi anni dopo.

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Nel corso dei secoli molte di queste pievi hanno subito molteplici cambiamenti: molte sono scomparse, demolite, ridotte a semplici parrocchie o sostituite da altre.

Per il loro elenco è prassi rifarsi alle bolle di Eugenio III, Anastasio IV e Innocenzo III11,

qui di seguito riportate in ordine cronologico12.

1. Pieve di San Vito di Castello Aghinolfi: 753. In rovina nel 1714, rasa al suolo per ordine di Paolina Bonaparte nel 1808

2. Pieve di San Cipriano di Codiponte: citata dal 793. Esistente

3. Pieve di San Pietro di Castello: citata dal 798. Demolita nel XVI secolo.

4. Cattedrale di Luni: costruita nel V secolo, nominata la prima volta nell’879; abbandonata nel XII secolo. Non più esistente.

5. Pieve di Santo Stefano di Versilia: nominata la prima volta nell’881. Nel 1121 alla prima

11Cfr. PR. Jaffe- A. Potthast, Regesta, cit., n. 1853 e 2161

12 Pistarino, Geo Le pievi della Diocesi di Luni Bordighera Istituto internazionale di studi liguri, Sezione lunense, 1961

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intitolazione viene aggiunta quella a S. Giovanni. Fu restaurata più volte. 6. Pieve di Marinasco: citata dal 950. Esistente.

7. Pieve di Carrara: citata dal 963. Esistente.

8. Pieve di Ameglia: citata dal 963. L'edificio attuale è un rifacimento eseguito in età moderna.

9. Pieve di Trebiano: citata dal 963 e poi nel 1085, ricostruita nel XVI secolo. Esistente 10. Pieve di Sant’Andrea di Castello: citata dal 963, ridotta ad oratorio nel XVII secolo.

Esistente.

11. Pieve di Santo Stefano di Cerreto: citata dal 981. La chiesa fu ricostruita più volte, una nel 1324 successivamente anche nel 1749. Esistente.

12. Pieve di Bagnone: citata dal 981. Esistente.

13. Pieve di San Pietro a Massa: citata dal 986. Rasa al suolo per ordine di Elisa Baciocchi Bonaparte nel 1807.

14. Pieve di San Vitale: citata dal 986, restaurata nel XVIII secolo. Si trova presso il cimitero di Massa.

15. Pieve di Soliera: citata dal 998, demolita nel 1950 e ricostruita nel 1958. 16. Pieve di Venelia: citata dal 998, rifatta nel XVIII secolo. Esistente. 17. Pieve di Vico: citata dal 998. Esistente.

18. Pieve di San Cassiano di Urceola: citata dal 998. Esistente. 19. Pieve di Arcola: citata dal 1050. Esistente.

20. Pieve di Offiano: citata dal 1066. Esistente. 21. Pieve di San Venerio: citata dal 1084. Esistente.

22. Pieve di Roggiano: citata dal 1105, rifatta nel 1718. Esistente.

23. Pieve di Santa Maria di Sarzana: citata dal 1128, cattedrale dal 1204. Esistente. 24. Pieve di Sant’Andrea di Sarzana: nominata forse la prima volta nel 1128 e con certezza

nel 1137. Esistente.

25. Pieve di Viano: citata dal 1140. Esistente.

26. Pieve di San Lorenzo di Monte Libero: citata dal 1148, fu fatta restaurare dal vescovo Enrico da Fucecchio, ma in seguito decadde. Abbandonata alla fine del XV secolo, nel 1820 se ne vedevano ancora dei ruderi. Non più esistente.

27. Pieve di Vezzano: citata dal 1148, già chiusa al culto nel 1548. Sconsacrata ed inglobata in abitazioni rurali, fienili e stalle.

28. Pieve di Cornia: citata dal 1148, ricostruita nel 1575 e nel 1617. Esistente. 29. Pieve di Santa Maria Assunta: citata dal 1148, rifatta nel 1339. Esistente.

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30. Pieve di Bolano: citata dal 1148. Esistente. 31. Pieve di San Lorenzo: citata dal 1148. Esistente. 32. Pieve di San Paolo: citata dal 1148. Esistente. 33. Pieve di Crespiano: citata dal 1148. Esistente.

34. Pieve di Sorano: citata dal 1148, nel XVIII secolo era ridotta a rudere privo di tetto e cappella cimiteriale. Restaurata e reintegrata nel 2002.

35. Pieve di Vignola: citata dal 1148. Esistente.

36. Pieve di Ceula: citata dal 1268, ristrutturata nel XVIII secolo. Esistente.

37. Il Monastero di Aulla, fondato nell’884, assunse nel XIII secolo funzioni e diritti plebani. Parzialmente distrutto durante la seconda guerra mondiale.

La situazione attuale delle pievi, con esclusione quindi del Monastero di Aulla è sostanzialmente differente rispetto al periodo medievale: infatti, diciotto appartengono alla diocesi di Massa Carrara-Pontremoli (anche se di queste le pievi di San Pietro di Castello e di San Lorenzo vi appartennero fino al 1992), una (quella di Santo Stefano di Versilia) nel 1798 è stata associata alla diocesi di Pisa, mentre le restanti fanno parte della Diocesi della Spezia, Sarzana e Brugnato. Per quanto riguarda la loro distribuzione nel territorio, va rilevata una particolarità nel fatto che tredici di queste pievi (cioè oltre ad un terzo del totale), si susseguono in un tratto costiero a sud della Spezia non più lungo di trenta chilometri: questa concentrazione è una diretta conseguenza dell’accentrarsi della popolazione intorno a Luni e lungo le principali strade dell’epoca, la via Francigena e la via Aurelia.

La diocesi di Luni dal Codice Pelavicino ad oggi

Sotto il governo del vescovo Guglielmo (1228-1273) il comitato vescovile subisce un declino quasi totale, con la sottomissione della Lunigiana, della Garfagnana e della Versilia ai vicari di Federico II.

Il vescovo Enrico (1273-1293) tuttavia, pur non riuscendo a contrastare il potere dei Genovesi, che nel frattempo erano arrivati al confine della Vara e della Magra (con l’assorbimento della signoria lunigianese dei Fieschi, costituitasi in buona parte a spese

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del vescovo), riuscì a restaurare il patrimonio e i diritti feudali del comitato a oriente della Magra, mediante la liberazione di detto territorio dai Lucchesi, a frenare le ribellioni dei feudatari e dei comuni ed a contrastare i Malaspina.

Tuttavia, i Malaspina non desistettero dai loro propositi espansionistici e condussero nuovi assalti condotti dai dinasti dello “Spino Secco”, facendo crollare, durante la reggenza del vescovo Antonio (1296-1311), le basi territoriali della sovranità ecclesiastica, che tramontò definitivamente con la pace procurata da Dante a Castelnuovo13.

La pace di Castelnuovo fu siglata nel castello vescovile di Castelnuovo Magra in val di Magra, il 6 ottobre del 1306, tra i marchesi Malaspina e il vescovo-conte di Luni. I documenti furono rinvenuti fortunosamente nel 1765, nel corso di ricerche d’archivio commissionate dall’ultimo Malaspina del ramo di Terrarossa, che rivendicava alcuni diritti sul feudo di Treschietto. Dall’analisi di questi documenti emerse che nell’antica piazza della Calcandola di Sarzana, nel corso della prima mattina del 6 ottobre del 1306, Dante ricevette da Franceschino Malaspina, Marchese di Mulazzo, la procura generale valida per concludere, in nome e per conto dell’intero ramo ghibellino dei Malaspina, detto dello Spino Secco, la pace con Antonio Nuvolone da Camilla, vescovo-conte di Luni. L’accordo fu concluso nell’arco della stessa mattinata presso il palazzo vescovile in Castelnuovo Magra e segnò, di fatto, la fine del potere temporale della Chiesa in Lunigiana.

Con il dissolversi del comitato vescovile ed in assenza di eredi politici, la storia della Lunigiana perde ogni carattere unitario, se si escludono i tentativi di Spinetta Malaspina ed il costituirsi di una transitoria signoria lunigianese, sotto Castruccio degli Antelminelli, che assunse il doppio titolo di vicariato imperiale e di viscontado vescovile (1322-1328).

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In seguito, con la scomparsa delle autonomie comunali e resistendo solo delle minuscole signorie indigene dei Malaspina, in Lunigiana si avvicendarono Genovesi, Lucchesi, Pisani, Fiorentini, Parmigiani e Milanesi.

Una notevole stabilità, oltre al governo milanese a Sarzana (1369-1407), si ebbe soprattutto a Pontremoli che, acquistata nel 1339 da Luchino Visconti, rimase, anche se non in modo continuo, sotto il governo della Signoria milanese fino al 1647.

Agli inizi del XV secolo i Genovesi superarono il confine della Magra verso oriente, anche se il loro dominio del Sarzanese fu soggetto a frequenti alternative, a causa soprattutto di ripetute guerre con Firenze; solo nel 1572 Sarzana e il suo territorio furono unite formalmente alla repubblica, dopo una lunga gestione esercitata dal Banco di San Giorgio (1496-1572).

I Fiorentini invece non riuscirono mai a mantenere una presenza stabile nella Lunigiana marittima, ma riuscirono ad ottenere continui progressi nella Val di Magra inferiore: impadronitisi nel 1429 della podesteria lucchese di Casola, ai confini della Garfagnana, riuscirono ad ingrandire, nel corso del secolo, attraverso accomandigie e dedizioni spontanee, il loro dominio nella Lunigiana orientale, costituendovi l’ampio vicariato di Fivizzano; nel contempo acquistavano Albiano e Caprigliola e, nell’alta Val di Magra, fondavano, a spese dei feudatari imperiali, il capitanato del Terziere. Nel 1650 lo stato granducale si ampliò con l’acquisto di Pontremoli e del suo contado.

In tutto questo periodo, l’unico stato autonomo lunigianese, oltre ai piccoli feudi rimasti sotto la diretta sovranità del Sacro Romano Impero, fu il principato, poi ducato, di Massa e Carrara.

Con la rivoluzione francese e l’impero, il territorio della Lunigiana fu oggetto di ulteriori successive suddivisioni, le quali tuttavia non ristabilirono in nessun modo l’antica unità territoriale: nel 1806 il ducato di Massa e Carrara fu unito a Lucca e a Piombino sotto la sovranità di Elisa Bonaparte e Felice Baciocchi.

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con l’abolizione però dei feudi imperiali che furono assegnati a Maria Beatrice di Massa, e da questa ceduti al figlio Francesco IV di Modena; successivi passaggi ereditari e reversioni previste dal congresso fecero transitare Pontremoli, con l’alta Lunigiana granducale ed alcuni ex-feudi imperiali, sotto i Borboni di Parma (1847). Nella suddivisione degli stati preunitari, la Lunigiana rimase così ripartita fra il Regno Sardo (in luogo dell’ex-repubblica genovese) il ducato di Modena ed il ducato di Parma. Con il regno d’Italia, la Lunigiana genovese mantenne la sua unione con la provincia di Genova, mentre il restante territorio, con la Garfagnana, formò la provincia di Massa e Carrara.

Agli inizi del XX secolo, con la formazione della Spezia a grande centro urbano, trovò nuovo fervore il sentimento regionale unitario lunigianese; il governo fascista, nel 1923, staccando da Genova il circondario della Spezia e istituendolo in provincia, intese appagare queste aspirazioni; poco dopo, con la separazione della Garfagnana da Massa e Carrara, ridusse anche questa provincia nei limiti dell’antica Lunigiana.

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5. IL CODICE PELAVICINO

5.1.

Introduzione al codice

Il Codice Pelavicino è un volume costituito da 426 carte numerate e da altre 20 pagine prive di numerazione. Su detti documenti vengono elencati e descritti i possedimenti e i diritti della Chiesa di Luni nell’arco di temporale che si colloca fra la metà del X secolo e la fine del XIII secolo.

Il primo documento presente nel codice risale infatti al gennaio 950, mentre l’ultimo è stato redatto nell’anno 1289.

Il principale promotore per la redazione del codice fu il vescovo della diocesi di Luni Enrico da Fucecchio (vescovo dal 1273 al 1297), il quale, volendo tutelare e conoscere con maggiore precisione i beni ed i diritti della propria Chiesa, provvide a riorganizzare gli uffici della curia, fece compilare un inventario generale dell’archivio ecclesiastico ed attivò uno scrittorio che produsse gran parte dei contenuti del codice.

La sua nomenclatura invece proviene dal nome del vicario dell’imperatore Federico II

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in Lunigiana, Umberto Pelavicino, che nel 1241 d.C. fece compilare solo una parte del codice stesso chiamata Liber Magister, ossia un elenco di beni, diritti, censi in denaro o in natura spettanti al vescovo di Luni. Per sineddoche successivamente l’intero codice venne chiamato Codice Pelavicino e tuttora è conosciuto con questa denominazione.

5.2.

Storia del codice

Il codice è in realtà formato da un insieme eterogeneo di 4 parti, che originariamente formavano unità distinte e che solo in età moderna (intorno al 1487) iniziarono ad essere rilegate insieme.

Per arrivare al risultato odierno l’evoluzione del volume richiese diversi secoli; infatti se la prima delle parti, contenente l’Indice e una Memoria, è facilmente databile all’epoca di Enrico da Fucecchio (seconda metà del XIII secolo), già nella seconda parte, al Liber Magister si aggiungono 3 carte contenenti la trascrizione di un documento14del secolo

XV nel quale vengono descritte le cause e alcune tappe legate alla sua rilegatura. In quel periodo il vescovo di Luni, Tommaso Benetti, risiedeva presso la chiesa di S. Colombano a Pontremoli, a causa della Guerra di Serrazzana tra Genova e Firenze, originata proprio per il dominio sul territorio della Lunigiana. Dalla sua residenza provvisoria il vescovo inviò una richiesta a papa Innocenzo VIII affinché attribuisse ai documenti trascritti nel codice valore di prova nelle contestazioni giudiziarie e politiche. Il 9 agosto 1487 dietro mandato papale il giureconsulto Tomaso Amadeo di Ferrara, autenticò a Modena il liber, che già all’epoca era conosciuto come Pelavicinus. In quest’epoca il codice conteneva 408 carte, che iniziano con l’indice15e terminano con

14Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014, CP cc. 54v-56v, n. 26,

<https://pelavicino.labcd.unipi.it/il-codice/storia/> [consultato in 2019/04/01]; ISBN 978-88-902289-0-2; DOI 10.13131/978-88-902289-0-2

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un documento del 128916: questo significa che nel 1487 mancavano ancora dal volume

i fascicoli dal XVII al XX.

Qualche anno più tardi, mentre l’esercito francese di Carlo VIII percorreva la via Francigena, il codice era conservato presso il monastero di Santa Croce alla foce del Magra (vicino a Sarzana), dove venne consultato dall’allora vescovo di Luni Giovanni Montino il 21 gennaio del 1495.

Nel 1546 a Sarzana vengono redatti nel palazzo episcopale due documenti estratti dal codice presente nell’archivio del vescovo17. È probabilmente in questo periodo o poco

più tardi che venne fatta una terza rilegatura contenente i fogli di carta della guardia anteriore e posteriore.

Successivamente in data sconosciuta il codice venne trasferito all’archivio capitolare a Sarzana, dove ancora oggi è conservato.

16Ibidem attuale c. 408v., fascicolo 35

17 E. Salvatori, E. Riccardini, Storia <http://pelavicino.labcd.unipi.it/il-codice/storia/>, in Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014, ISBN 978-88-902289-0-2; DOI 10.13131/978- 88-902289-0-2 [consultato in 2019/04/01]

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5.3.

L’edizione digitale del codice

La prima trascrizione del codice fu effettuata da Lupo Gentile agli inizi del 190018, ma

i diversi errori, le lacune e le imperfezioni nei criteri di edizione critica di una fonte medievale spinsero il vescovo della Spezia Mons. Giovanni Costantini a chiedere aiuto all’allora Presidente dell’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, Pietro Fedele. Questi, negli anni 1939-1940, incaricò Geo Pistarino, all’epoca studente di Lettere dell’Università di Roma, di predisporre una nuova edizione del codice. Questo venne quindi trasferito ed affidato all’istituto di Roma dove Pistarino iniziò a studiarlo; purtroppo l’inizio della Guerra impedì il progredire dell’edizione.

Fu solo nel 1987, durante un convegno organizzato per l’anniversario del codice19 che

il Vescovo della Spezia Mons. Siro Silvestri rinnovò al Pistarino e all’Accademia

18M. Lupo Gentile, Il regesto del Codice Pelavicino, in «Atti della Società Ligure di Storia Patria», XLIV, 1912. 19Alle origini della Lunigiana moderna – 1987 – Settimo Centenario della redazione del Codice Pelavicino

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Capellini l’incarico di continuare nella trascrizione dei documenti del codice.

Il professore tenne una relazione dal titolo “Per una nuova edizione del Codice Pelavicino”, dove viene esposta la lunga storia dell’edizione e dove vengono presentate alcune proposte per gli indici onomastici.

A seguito di nuove richieste dal 2000 al 2012 Pistarino riprese l’incarico, ma ormai anziano chiese la collaborazione ai professori Laura Balletto, Edilio Riccardini e Franco Mariano che terminarono le parti non ancora trascritte.

Nel 2012 Massimo D’Este, informatico dell’Accademia Capellini, riuscì a fotografare tutte le pagine del codice e a condividerle on-line, facilitando il lavoro di trascrizione che fino ad allora doveva essere svolto esclusivamente a Sarzana. Nel frattempo all’equipe si aggiunsero Romeo Pavoni (Università di Genova), Enrica Salvatori (Università di Pisa) e Franco Bonatti (Accademia Capellini).

Nel 2014, nasce su volontà di Enrica Salvatori, divenuta responsabile scientifico, il progetto Codice Pelavicino Digitale tuttora in corso, che si pone l’obiettivo di valorizzare il codice grazie agli strumenti che le nuove tecnologie e le nuove codifiche offrono. Grazie al software EVT, sviluppato da Roberto Rosselli Del Turco, sono infatti offerte indagini impossibili da realizzare con un’edizione cartacea, come l’evidenziazione dei dettagli, i riferimenti temporali, gli ingrandimenti e la possibilità di effettuare ricerche testuali o di filtrare il testo secondo parole chiave. Attualmente 145 documenti del Liber Iurum sono disponibili nel sito20.

20Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014 <http://pelavicino.labcd. unipi.it>

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6. LA CODIFICA DEL CODICE

6.1.

Codifica TEI

Il progetto al quale mi sono dedicato, che rappresenta la parte di programmazione di questa tesi, si inserisce nel più complesso percorso di digitalizzazione del Codice Pelavicino. Ha il duplice scopo di mappare gli spostamenti e le azioni che i diversi vescovi presenti nel codice hanno compiuto e di geolocalizzare in ordine cronologico i documenti rogati dagli stessi vescovi, nonché rintracciare i documenti prodotti in una determinata sede.

Per creare l’edizione digitale del Codice Pelavicino si è utilizzato un linguaggio di markup in XML basato sulle linee guida fornite dal consorzio TEI21. Grazie agli

elementi offerti da queste linee guida è possibile personalizzare il proprio schema di codifica affinché si adatti alle necessità della codifica del testo.

Il lavoro di codifica svolto finora dall’equipe coordinata da R. Rosselli Del Turco, prevede un file principale a cui sono collegati 145 file XML che codificano ognuno un singolo documento del codice.

La struttura del file principale, chiamato “Codice Pelavicino.xml” prevede due suddivisioni. La prima all’interno dell’elemento <teiHeader> contiene tutti i metadati relativi alla provenienza, alla pubblicazione e alla descrizione del volume e una sottosezione con le liste di tutte le persone, i luoghi e gli enti a cui si fa riferimento. La seconda suddivisione codificata in <text> contiene invece tutti i collegamenti ai singoli documenti XML codificati.

In ogni singolo documento invece è presente la trascrizione del testo codificato e un elemento <front> in cui sono stati inseriti tutte le informazioni e gli attributi utili per

(27)

definire il documento e agevolare la navigazione nonché i collegamenti ipertestuali.

6.2.

I file di codifica utilizzati per la mappatura

Per definire e collegare le variabili tra di loro sono stati estrapolati da ogni codifica tutte quelle informazioni utili alla mappatura e inseriti successivamente in un nuovo file XML

basato sullo stesso schema di codifica. Questo documento, chiamato “Vescovi_lista. xml” è stato creato ex novo per evitare di intervenire nella struttura del file principale e stravolgere quindi gli elementi con marcatori e attributi che, anziché agevolare il lavoro del progetto, l’avrebbero complicato ulteriormente. In questo file sono stati inseriti i diversi vescovi con al loro interno una lista di eventi, ognuno corrispondente ad un documento prodotto. All’interno di questo file c’è una lista di persone <listPerson> in cui ogni persona <person> identifica un vescovo, con le sue informazioni e gli eventi di cui è stato protagonista.

Dal file di codifica principale “Codice Pelavicino.xml” sono state prese in considerazione la lista delle persone <person> e quella dei luoghi <place>.

In ogni singolo documento codificato, nel quale sono presenti tutti i dati e metadati che lo possono descrivere, a me interessavano il luogo e la data in cui il documento è stato rogato, l’eventuale vescovo che ha voluto produrre tale atto e il regesto che descrive l’evento.

In questo modo ho potuto lavorare avendo un’unica lista nella quale gestire i dati che mi servivano per la mappatura.

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(29)

Le variabili del Codice Pelavicino

Dal file di codifica del codice in Codice Pelavicino.xml si possono ricavare tre liste contenenti le classi principali, su cui basarsi per costruire la mappa. Esse sono:

1. I luoghi: tutte le località, le regioni, i fiumi, le città e castelli presenti all’interno del codice. In questa lista sono presenti sia luoghi tuttora esistenti sia luoghi scomparsi o di difficile collocazione. Sono codificati all’interno della lista <listPlace> come

<place>.

2. Le persone: tutti quegli attori presenti o citati nel codice. Sono codificati all’interno della lista

<listPerson> come <person>.

3. I documenti: tutte le fonti collegate ad un determinato soggetto dal lavoro di codifica precedentemente svolto. Al loro interno sono presenti anche le date di rogazione, ossia quando il vescovo ha prodotto quel determinato documento. Ogni documento ha la propria codifica, contente tutti i metadati e le informazioni ad esso collegati, ed è poi legato alla codifica principale da un target che lo unisce ai luoghi o alle persone.

Le variabili della mappa interattiva

Partendo dalle liste ricavate dalla codifica, ho cercato di rappresentare, nel modo migliore, le molteplici combinazioni e connessioni tra le variabili. Per farlo ho preso in considerazione quei valori che rispondevano al meglio alla cosiddetta regola delle 5W del giornalismo anglosassone.

 Chi? (who): la prima variabile è il soggetto del percorso, in questo caso il Vescovo. È stato necessario quindi estrapolare dalla lista di persone solo quei soggetti che venivano descritti come vescovi di Luni dalla marcatura

(30)

 Che cosa? (what): la seconda variabile è l’oggetto di rogazione, ossia il documento stesso. Il metodo di codifica effettuato finora, tuttavia, non mi permetteva di avere una lista precisa dei documenti prodotti da ciascun Vescovo, in quanto i documenti indicano tutte le persone citate al loro interno, ma non evidenziano chi li ha stipulati. Ho perciò dovuto aggiungere una marcatura per ogni soggetto con una propria lista di atti rogati sotto il tag <listEvent>, associando ad ogni evento uno o più documenti che ne descrivessero l’azione.

<listEvent>

<event>EVENTO 1</event> <event>[...]</event>

</listEvent>

 Dove? (where): la terza variabile è la sede dove il documento è stato rogato dal Vescovo. Questo dato è presente all’interno di ciascun documento sotto la marcatura:

<placeName>nomeSede</placeName>

 Quando? (when): la quarta variabile è la data di rogazione del documento. Anche questa informazione si trova all’interno della codifica del documento come valore

all’attributo when

<date when=”dataDocumento[AAAA-MM-GG]”></date>

 Perché? (why): ultima variabile è il motivo per cui il documento è stato prodotto. La risposta a questa domanda potrebbe essere trovata nel regesto del documento in

<div type=”regesto” xml:id=”LXXX_regesto”></div>.

Ciononostante ai fini del progetto è importante sapere anche dove trovare il collegamento diretto al documento stesso all’interno del codice digitale. È quindi stato inserito un attributo ref contente l’indirizzo (url) del codice nel sito e inserito un paragrafo <p> con i contenuti del regesto all’interno dell’evento.

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<person xml:id=”identificatore del Vescovo”> <persName>Nome del Vescovo</persName> <note> Note del Vescovo</note>

<listEvent>

<event when=”data” where=”luogo” ref=”url al documento digitale”> <head>Nome del Documento associato all’evento</head>

<p>Regesto che descrive l’evento</p> </event>

<event> [...] </event> </listEvent>

(32)

7. LA MAPPATURA DIGITALE

7.1.

Scelta dello sviluppo della mappa

Quando iniziai a sviluppare la mia mappa interattiva dovetti come prima cosa decidere quale fosse il metodo migliore per realizzarla. I vincoli principali che mi furono imposti sono stati l’indipendenza da altre piattaforme che avrebbero potuto influenzare l’efficienza del progetto, la necessità di inserire e aggiornare i dati anche nel futuro e la possibilità di modificare il mio lavoro con una certa semplicità. Per questi motivi non era possibile affidarsi ad aziende come la Esri o ad piattaforme di editor delle mappe, né creare mappe video o in SVG che impedivano nuovi aggiornamenti.

La soluzione più semplice ed efficace era quindi quella di personalizzare la mappa utilizzando la piattaforma e le funzionalità di Google Maps, le quali permettevano da un lato una certa libertà per lo sviluppo e dall’altro una garanzia sulla proprietà del progetto; infine, essendo uno dei servizi più conosciuti permetteva anche ad altri programmatori di orientarsi senza sforzi eccessivi.

7.2.

Google maps platform

Le API di Google maps

Con il termine API (Application Programming Interface) si indicano quelle interfacce di programmazione che vengono rese disponibili dai produttori di software (in questo caso Google) e che gli sviluppatori possono utilizzare per ampliare le funzionalità di programmi, applicazioni e piattaforme di diversi generi.

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georeferenziati o integrare le mappe all’interno di applicazioni mobile, Google mette a disposizione le proprie API di Google Maps a chiunque ne richieda l’utilizzo.

Se all’inizio la concessione era gratuita e automatica, a partire dal 22 giugno 2016 le regole per l’utilizzo di queste API sono cambiate e, per il loro impiego, si è reso necessario ottenere una chiave di autenticazione, che consente di continuare a visualizzare correttamente le Mappe di Google. Infine dal 16 luglio 2018 sono state apportate delle modifiche anche ai prezzi, rendendo obbligatorio attivare la fatturazione con carta di credito alla quale associare una chiave API valida per tutti i progetti. Una volta ottenuta la chiave è sufficiente inserire lo script nel proprio codice per avere accesso al servizio e poter personalizzare la propria mappa.

Inizializzazione della mappa

La visualizzazione della mappa su una pagina web necessita di riservare una collocazione all’interno del proprio codice. Generalmente è identificata da un elemento

<div id=“mappa”> al quale si associano due opzioni obbligatorie per ogni mappa: il centro di partenza dato da coordinate specifiche e il valore zoom della mappa.

Nel caso di questo progetto il centro è dato dalle coordinate della città di Sarzana, mentre lo zoom è impostato per visualizzare l’intera regione della Lunigiana.

<script async defer src=”https://maps.googleapis.com/maps/api/ js?key=YOUR_API_KEY&callback=initMap” type=”text/javascript”> </script>

(34)

Lo stile della mappa

Lo stile della mappa definisce il tema e tutti quegli elementi che possono comparire all’interno di una mappa di Google. Se non viene specificato, lo stile risulterà quello standard di Google Maps, altrimenti se si volesse personalizzarlo sarebbe sufficiente inserire la proprietà styles nella variabile di inizializzazione (nell’esempio precedente in var map).

Questi elementi (features) possono essere divisi per categorie:

 elementi amministrativi (administrative): sono quelle etichette che mostrano sulla mappa le aree amministrative come gli stati, le regioni o le province.

 elementi paesaggistici (landscape): sono le caratteristiche che riportano la copertura del suolo (landcover), le montagne, i parchi naturali e altre caratteristiche naturali.

 punti d’interesse (poi): comprendono tutti quegli indicatori di elementi artificiali come chiese, scuole, ospedali o edifici in genere che hanno un qualche valore di interesse.

 Strade (road): strade, autostrade, sentieri percorribili su ruote

 linee di comunicazione (transit): sono quegli elementi che riportano i trasporti pubblici, come linee e stazioni ferroviarie, stazioni degli autobus o aeroporti

var map = new google.maps.Map(document.getElementById(‘mappa’), {

center: {lat: 44.112518, lng: 9.959700}, zoom: 12;

styles: stile della mappa; });

(35)

 acque (water): selezionano ogni raffigurazione di acque (mari, laghi, fiumi etc) Anche se è possibile personalizzare la propria mappa manualmente inserendo per ogni feature la descrizione dello stile, è tuttavia consigliabile sfruttare lo Styling Wizard di Maps Platform, che trasforma automaticamente in un codice Json, tutte le personalizzazioni grafiche volute, senza dover necessariamente saper programmare.

Gli indicatori

L’inserimento di un indicatore (marker) su Google Maps prevede questa formula base:

Le due classi fondamentali senza le quali l’indicatore non può essere visualizzato sono

map e position.

Map indica su quale mappa si vuole inserire l’elemento, ossia la variabile inizializzata precedentemente var map (il problema di omonimia non sussiste in quanto una è una proprietà e l’altra una variabile).

Qualora non si sia specificata in fase di inizializzazione la mappa di destinazione, l’inserimento può avvenire anche con il comando .setMap(mappa). Grazie a questo metodo è più semplice e flessibile organizzare l’aggiunta e l’eventuale eliminazione degli indicatori; infatti se si ha un gran numero di markers da visualizzare, è preferibile non indicare il valore in fase di inizializzazione, ma inserire i marcatori in un array e

var marker = new google.maps.marker({ position: coordinate geografiche, map: nome della mappa,

title: nome del luogo, icon: immagine dell’icona, label: etichetta dell’icona });

(36)

utilizzare questo metodo collegato ad un ciclo for che per ogni elemento imposta la proprietà.

Al contrario il metodo per eliminare un indicatore dalla mappa, consiste nel fornire un parametro null al comando di inserimento:

marker.setMap(null).

Position indica le coordinate geografiche dove apparirà l’indicatore sulla mappa. Queste possono essere inizializzate in tre maniere:

1. tra parentesi graffe:

var posizione_Sarzana = {lat: 44.112518,lng: 9.959700};

2. tramite il metodo .LatLng di Google dove il primo valore riporta la latitudine e il secondo la longitudine:

var posizione_Sarzana = new google.maps.LatLng(44.112518, 9.959700);

3. come nel caso della variabile mappa, utilizzando il metodo .setPosition()

In secondo piano ci sono le classi title, label e icon.

 title identifica grazie ad una stringa il nome dell’indicatore come tooltip, ossia come riquadro informativo che apparirà passando il mouse sopra l’icona.

 label mostra una stringa che comparirà direttamente sopra l’indicatore nella mappa.

function inserisciIndicatori (arrayDegliIndicatori, mappa) { for (var i = 0; i < arrayDegliIndicatori.length; i++) {

arrayDegliIndicatori[i].setMap(mappa); }

(37)

La stringa è personalizzabile anche per dimensioni, colore e tipo carattere.

 icon mostra l’icona del marker, che di base è impostata su quella di Google Maps. L’icona può contenere diverse proprietà come le dimensioni, il punto di ancoraggio, la posizione del label e l’url dell’immagine di riferimento.

Le InfoWindow

Una InfoWindow è costituita da un insieme di informazioni grafiche o testuali che appare in una finestra popup in un punto determinato della mappa. La finestra è composta da un’area dove si inserisce il contenuto dei dati e da una freccia che punta sulle coordinate volute. Generalmente per associare la posizione e le caratteristiche ad una infoWindow, la si associa ad un indicatore (marker), anche se è possibile generare una finestra in qualunque altra destinazione.

Per inizializzare una infowindow bisogna richiamarne il metodo:

e per far sì che compaia o scompaia si utilizzano i metodi open() e close() collegati all’evento:

var infowindow = new google.maps.InfoWindow({ content: contenuto della finestra;

});

indicatore.addListener(‘click’, function() { infowindow.open(mappa, indicatore); });

(38)

var simbolo ={

path: google.maps.SymbolPath.FORWARD_CLOSED_ARROW };

Le linee, i poligoni, i cerchi e i rettangoli

Così come l’indicatore rappresenta un punto della mappa è possibile anche con più indicatori collegare diversi punti per formare segmenti o forme geometriche. Esistono quattro classi create da Google per la creazione di queste figure composte: Polyline,

Polygon, Rectangle e Circle.

I segmenti (polylines) e i poligoni (polygons) sono formati da un path, ossia un vettore contenente tante coordinate quanti sono i punti che compongono la figura.

Nel caso si tratti di un segmento semplice i punti del percorso saranno due, che potranno essere aumentati se si volesse creare un segmento composto da più linee. I poligoni vengono definiti in maniera analoga, con la differenza che il primo e l’ultimo punto del

path sono uniti per formare una figura geometrica chiusa.

Nel segmento è anche possibile aggiungere un simbolo in qualunque posizione. Per ottenere questo risultato si utilizza la proprietà icons di Polyline nella quale si indica il simbolo da inserire. Conviene generalmente inizializzare il simbolo in precedenza e utilizzarlo come variabile da collocare successivamente. La posizione del simbolo si imposta con la proprietà offset espressa in percentuale; se questa proprietà non viene definita il simbolo di default sarà posizionato alla fine del segmento (equivalente di

offset: 100%). Per disegnare il simbolo si utilizza il linguaggio SVG, ma Google mette a disposizione dei simboli predefiniti come le frecce e i cerchi con la classe

(39)

Il rettangolo e il cerchio sono invece definiti diversamente. Per il rettangolo si utilizzano delle coordinate assolute indicando i limiti per ciascun punto cardinale. Utilizzando il costruttore LatLngBounds si impostano le coordinate latitudinari per il nord e il sud e

//crea un percorso che parte da Sarzana e arriva a Carrara passando per Pisa e Luni con una freccia in mezzo

var percorso = [ {lat: 44.112518, lng: 9.959700}, // Sarzana {lat: 43.7068074, lng: 10.3603587}, // Pisa {lat: 44.0596534, lng: 10.0027959}, // Luni {lat: 44.0640692, lng: 10.0334607} // Carrara ];

var segmento= new google.maps.Polyline({ path: percorso,

icons: [{

icon: simbolo, //una freccia chiusa offset: ‘50%’ // a metà percorso }]

});

//crea un quadrilatero che ha come vertici le quattro città var poligono= new google.maps.Polygon({

paths: percorso });

(40)

//crea un cerchio con centro a Sarzana e 1 km di raggio var cityCircle = new google.maps.Circle({

center: {lat: 44.112518, lng: 9.959700}, radius: 1000

});

quelle longitudinali per l’est e l’ovest.

Per il cerchio invece le proprietà utilizzate sono il centro (center), inserito come coordinate geografiche e il raggio (radius) inserito come un numero che riporta i metri del cerchio sulla mappa.

//crea un quadrilatero che ha come limiti le quattro coordinate var rectangle = new google.maps.Rectangle({

bounds: { north: 43.7068074, south: 44.0596534, east: 9.959700, west: 10.3603587 } });

(41)

8. GLI ELEMENTI DELLA MAPPA

Il programma è stato realizzato con linguaggio html per essere inserito in una pagina web. Esso prevede una struttura divisa in tre sezioni: la barra superiore, la sezione centrale e la barra inferiore.

Figura 6 - Immagine della mappa interattiva

8.1.

La barra superiore

La barra superiore è a sua volta divisa in due parti e contiene nella divisione di sinistra dei riferimenti testuali al vescovo, mentre in quella di destra dei pulsanti gestionali. In fase iniziale non è presente alcuna descrizione nella metà di sinistra; ogni volta però che si seleziona un vescovo apparirà il nome corrispondente e, quando si avvierà l’animazione del percorso compiuto da quest’ultimo, verrà mostrata anche la località e la data della tappa che in quel momento si sta visualizzando sulla mappa.

(42)

La metà di destra contiene tre pulsanti che aprono ciascuno uno lista contenente diversi elementi interattivi di gestione o consultazione della mappa.

 Il pulsante “Gestione percorso” contiene tre buttons interattivi grazie ai quali è possibile visualizzare l’animazione del percorso (play), fermarla (stop) o mostrare tutti gli spostamenti contemporaneamente (foward).

 Il pulsante “Lista documenti” contiene la lista di tutti i documenti prodotti dal vescovo selezionato. Ogni documento è all’interno di un pulsante che se cliccato mostra sulla mappa l’indicatore corrispondente e lo spostamento che il vescovo ha compiuto dal luogo precedente a quello del documento.

Figura 8 - Pulsante Gestione Percorso e buttons correlati

(43)

 Il pulsante “Mostra/Nascondi luoghi” permette di nascondere o visualizzare nella mappa tutti i luoghi di un determinato tipo. Nella lista oltre che i luoghi sono presenti anche le pievi.

(44)

8.2.

Mappa e sezione centrale

Nella sezione centrale è visualizzabile la mappa contenente tutti i luoghi rilevanti per il progetto del Codice Pelavicino digitale, il pulsante “Legenda” con la didascalia dei luoghi e le pievi in cui era anticamente suddivisa la diocesi di Luni. Per default la mappa mostra inizialmente la regione della Lunigiana, in particolare il golfo della Spezia e il tratto finale del fiume Magra.

A seconda delle interazioni possono anche apparire le carte informative del vescovo selezionato, gli indicatori dei luoghi in cui ha prodotto un documento e i percorsi da lui compiuti.

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8.3.

Barra inferiore

Nella sezione inferiore si trova la barra di ricerca per i luoghi, grazie alla quale è possibile trovare i documenti prodotti in una determinata località.

Il pulsante centrale invece contiene la lista di tutti i vescovi che si possono selezionare per la consultazione del percorso e dei documenti da loro prodotti, così come la possibilità di far ritornare la mappa alle sue impostazioni originarie.

Inoltre, quando si seleziona un documento dalla lista comparirà un riquadro contenente le descrizioni e le note del documento stesso.

(46)

9. IL FUNZIONAMENTO DEL PROGRAMMA

9.1.

Le persone

La scelta dei vescovi

All’interno della lista delle persone presenti nel Codice Pelavicino.xml vengono citati 19 <episcopus Lunensis>: questi vescovi dovrebbero essere le persone prese in considerazione per la mappatura digitale. In realtà tra queste ve ne sono alcune come i vescovi Alberto (1156-1160) o Rolando (1191-1193) che non hanno documenti a loro attribuiti. Viceversa il vescovo Enrico da Fucecchio, ideatore del Codice Pelavicino, non è stato codificato come episcopus, ma è stato comunque considerato sia per importanza sia per la presenza di documenti da lui rogati. La lista dei vescovi così aggiornata prevede quindi 16 attori da considerare come variabili che ho inserito nel nuovo file

Vescovi_lista.xml all’interno di una nuova <listPerson>. La codifica dei vescovi

Dai dati codificati nel Codice Pelavicino.xml sono state recuperate le informazioni utili alla visualizzazione nella mappa come l’id e le note. Altri per ovvi motivi sono stati omessi come il sesso <sex> e l’occupazione <occupation>, mentre il nome della persona è stato modificato nel nome assunto dal vescovo e dall’eventuale numero cardinale.

Ogni codifica del vescovo prevede quindi questa lista:

 un nome identificativo presente come attributo xml:id. Questo identificativo è uguale all’id dei pulsanti relativi ai vescovi creati in html. In questo modo è possibile collegare ciascun pulsante alla rispettiva persona.

(47)

 nella mappa per determinare il vescovo con il suo nome .

 alcuni dettagli cronologici e bibliografici in <note>.

 un lista di eventi in <listEvent> collegati ad uno specifico documento nel quale è stato citato il vescovo.

Le funzioni relative ai vescovi

Per utilizzare i dati inseriti relativi ai vescovi sono state utilizzate tre funzioni; una per la creazione della classe vescovo in cui inserire tutte le sue proprietà, un’altra per la gestione della classe ed un’ultima per collegare il vescovo ad un pulsante specifico.

 creaVescovi(): la funzione per creare la classe vescovo richiama il file Vescovi_ lista.xml e per ogni elemento trovato converte i dati ottenuti in variabili da utilizzare come proprietà della classe vescovo.

Ogni vescovo con le rispettive proprietà è poi stato inserito in un array ordinato alfabeticamente, chiamato vescovo_lista.

vescovo_lista.push(vescovo);

vescovo_lista.sort((a, b) => (a.vescovo_nome > b.vescovo_nome) ? 1 : ((b.vescovo_nome > a.vescovo_nome) ? -1 : 0));

vescovo = {

Vescovo_id: identificativo del vescovo, Vescovo_nome: nome episcopale, Vescovo_desc: note sul vescovo,

Vescovo_docs: lista di documenti relativi al vescovo };

(48)

 buttonsVescovi(): questa funzione serve a richiamare l’identificativo (id) dei pulsanti creati in html per la selezione del vescovo e ad impostarli come parametro per la funzione cercaVescovi(id del vescovo).

 cercaVescovi(vescovo): la funzione principale per la gestione del personaggio trasforma tutti i possibili dati ricavati dalle codifiche in informazioni multimediali sulla mappa. Se il parametro inserito in buttonsVescovi() corrisponde all’identificativo presente nella lista dei vescovi, questa funzione effettua le seguenti azioni:

1. mostra una card informativa con le note e il nome del vescovo

2. esegue un nuovo confronto tra i luoghi descritti nel documento e i titoli degli indicatori, così da recuperare la posizione nella mappa

3. conta il numero di volte che il luogo è citato nei documenti, così da poter indicare successivamente quanti documenti sono stati prodotti in quella sede

4.

documento_numerazione = vescovo_lista[i].Vescovo_docs. reduce(function (n, documento) {

return n + (documento.Documento_luogo == vescovo_lista[i].Vescovo_ docs[k].Documento_luogo); }, 0); $(“#vescovo_card”).show(); $(“#h3_nomeVescovo”).text(nomeEpiscopale); $(“#vescovo_nome”).text(nomeEpiscopale); $(“#vescovo_descrizione”).text(vescovo_lista[i].Vescovo_desc);

(49)

5. aggiunge per ogni documento una tappa al percorso

numero_tappe++;

6. posiziona gli indicatori (markers) nella mappa in base al numero di documenti prodotti per ogni luogo e nasconde le icone descrittive degli stessi. Gli indicatori creati sono inseriti in un altro array chiamato

sede_lista dalla funzione creaSedi() che permette di sfruttare le proprietà dell’indicatore come la position e il title per le animazioni del percorso.

Indicatore per i documenti

7. grazie alla funzione creaNodi() aggiunge alla lista a cascata (dropdown list) dei documenti tutti i dati contenuti in Vescovo_docs trasfomandoli in pulsanti interattivi.

luogo_lista[j].setVisible(false);

creaSedi(sede_lista, luogo_lista[j].getPosition(), luogo_lista[j]. getTitle(), documento_numerazione); numero_tappe, vescovo_lista[i].Vescovo_docs[k].Documento_note); luogo_lista[j].getPosition(), lista[i].Vescovo_docs[k].Documento_link, vescovo_ vescovo_lista[i].Vescovo_docs[k].Documento_nome, data,

creaNodi(“</br> <strong> luogo: </strong>” + vescovo_lista[i].Vescovo_ docs[k].Documento_luogo, vescovo_lista[i].Vescovo_docs[k].Documento_

(50)

9.2.

I documenti e gli eventi

La codifica dei documenti

Poiché i documenti sono le uniche fonti del codice, essi rappresentano la variabile cardine su cui ruotano tutte le altre. Per questo motivo è essenziale gestire le loro informazioni nella maniera più efficiente possibile.

Finora, il metodo utilizzato dall’equipe che lavora sul progetto digitale prevede un file codificato per ogni singolo documento, mentre i rimandi a questi sono inseriti nel file di codifica principale Codice Pelavicino.xml. Questo sistema se da un lato garantisce un legame tra codice principale e i documenti, dall’altro mi ha presentato numerosi ostacoli nell’attribuire ad un singolo vescovo i relativi documenti con i luoghi e le date in cui sono stati rogati.

Per superare queste difficoltà è stata creata una struttura di codifica che ribalta quella attuale. Questa soluzione è tuttavia sperimentale e momentanea poiché sposta il punto focale dal documento al vescovo, rivoluzionando quindi l’intero lavoro svolto finora dai miei colleghi.

Ciò che ho fatto è stato inserire una lista di eventi all’interno di ogni singolo vescovo codificato in Vescovi_lista.xml, attribuendo ad ogni evento alcuni dei dati ricavati dai singoli documenti nel cui testo è possibile intuire che ne fu l’autore ed un riferimento all’url del documento codificato.

Ad esempio il documento CCXXVII 18822 redatto a Collecchia in data 1 maggio 1189

ci dice:

22Codice Pelavicino. Edizione digitale, a cura di E. Salvatori, E. Riccardini, L. Balletto, R. Rosselli del Turco, C. Alzetta, C. Di Pietro, C. Mannari, R. Masotti, A. Miaschi, 2014, n° CCXXVII_188, <http:// pelavicino.labcd.unipi.it/evt/#doc=CCXXVII_188&page=fol_253r> [consultato in 2019/04/11]; ISBN 978- 88-902289-0-2; DOI 10.13131/978-88-902289-0-2

(51)

<event when=”1189-05-01” where=”Collecchia” ref=”http://pelavicino. labcd.unipi.it/evt/#doc=CCXXVII_188&amp;page=fol_253r “>

<head>CCXXVII 188</head>

<p>I consorti Blasio del fu Viviano di Soliera, Gerardo Verono del fu Gerardino Verono di Soliera e Albertino, figlio dello stesso Gerardino, vendono a Pietro, vescovo di Luni, e ad Arduino di Erberia, figlio del fu Giberto, e a suo figlio Gibertino tutte le terre da loro possedute in Castrum Novum de Barzi, nel luogo detto Colicclum. Il prezzo della vendita è di 8 lire di imperiali.</p>

</event>

“I consorti Blasio del fu Viviano di Soliera, Gerardo Verono del fu Gerardino Verono di Soliera e Albertino, figlio dello stesso Gerardino, vendono a Pietro, vescovo di Luni, e ad Arduino di Erberia, figlio del fu Giberto, e a suo figlio Gibertino tutte le terre da loro possedute in Castrum Novum de Barzi, nel luogo detto Colicclum. Il prezzo della vendita è di 8 lire di imperiali.”

Da questo testo ho dedotto che il vescovo Pietro si trovasse in quella sede durante la stesura, così ho inserito nella lista di eventi relativi al vescovo Pietro l’evento:

In questo modo è possibile per il programma indicare che Pietro si trovasse a Collecchia l’1 di maggio del 1189 a stilare il documento CCXXVII 188.

Voglio tuttavia ribadire che questa soluzione non può considerarsi come quella definitiva, poiché non solo aggiungerebbe una mole di lavoro eccessiva nella codifica digitale, generando dati ridondanti già presenti nei file dei documenti (data, luogo, note etc.), ma sarebbe anche inesatta dal punto di vista storiografico; infatti nulla in questi dati ci conferma che Pietro fosse l’artefice del documento, né tanto meno che egli fosse effettivamente presente a Collecchia in quel preciso giorno.

(52)

codifica dei documenti un riferimento al vescovo o al vicario che li ha redatti, assegnando poi i metadati del file alla persona.

La soluzione adottata ha però delle motivazioni plausibili, in quanto nella richiesta iniziale della mappatura veniva evidenziata la necessità di visualizzare il percorso di un vescovo in base ai documenti, ma non quella di segnalare i luoghi in cui questi documenti sono stati redatti.

Avere inoltre una lista unica nella quale inserire o eliminare gli eventi offre al sistema ed ai miei colleghi una maggiore semplicità di gestione dei dati rispetto a quella che comporta l’obbligo di operare per la consultazione o la modifica su 200 file. Pertanto, fino a quando i responsabili che lavorano a questo progetto non avranno deciso che indirizzo seguire, il programma opererà su questo sistema di codifica.

L’inserimento degli eventi

Per recuperare i dati da inserire nella lista degli eventi mi sono basato sull’indice cronologico consultabile nel sito web del “Codice Pelavicino digitale” e presente in appendice sotto ogni documento. Grazie a questo indice sono riuscito a ricavare i dati necessari per la creazione degli eventi, ossia la data, il luogo, il vescovo di riferimento, il nome e la descrizione del documento e l’url dello stesso. Questi dati sono poi stati, per comodità, inseriti in una tabella ideata con la struttura sotto riportata:

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