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CoVid-19 e potenziali approcci di "drug repurposing"

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Farmacia

Corso di Laurea in Farmacia

COVID-19 E POTENZIALI APPROCCI DI

“DRUG REPURPOSING”

Relatori Laureanda

Prof. Simone Brogi Rachele Sorce

Prof. Vincenzo Calderone

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INDICE

Introduzione

1

CAPITOLO 1: SARS-CoV-2

1.1 Generalità

3

1.2 Dati geoepidemiologici

4

1.3 Ipotesi sulla trasmissione animale - uomo

7

1.4 Diffusione e metodi affermati di contagio tra esseri umani

8

1.5 Fattori di rischio

10

CAPITOLO 2: CARATTERISTICHE DEL SARS-CoV-2

2.1 Caratteristiche strutturali

11

2.2 Biologia e targets molecolari

12

- Proteine non strutturali

13

- Proteine strutturali

2.3 Proteina Spike S

14

CAPITOLO 3: IL RUOLO DI ACE2 NELL’INFEZIONE DA SARS-CoV-2

3.1 Recettore ACE2

18

- Caratteristiche in fisiologia umana

19

- Localizzazione

21

3.2 Ruolo di ACE2 come organo protettore

23

3.3 TMPRSS2: ruolo e meccanismo d’azione

24

(3)

- Età e sesso 26

- Obesità

27

- Comorbidità

3.5 Patofisiologia da CoVid-19: organi coinvolti e presentazione patologica

28

- Vie Respiratorie

- Sistema circolatorio

30

- Rischio tromboembolico

- Tratto gastrointestinale

31

- Coinvolgimento renale

3.6 Tempesta citochinica da CoVid-19: aspetti fondamentali nell’infezione

32

3.7 Ruolo degli estrogeni nella regolazione delle citochine, una possibile terapia

contro la tempesta citochinica da CoVid-19

34

CAPITOLO 4: FARMACI UTILIZZATI CONTRO L’INFEZIONE

4.1 Patogenesi e possibili strategie terapeutiche

35

- Interferire con le dinamiche virus\ospite

- Inibizione del recettore ACE 36

- Somministrazione di ACE2 solubile

4.2 Inibitori del RAS

37

4.3 Potenziali candidati

- ACE2 come target della clorochina fosfato

40

4.4 Altre soluzioni terapeutiche per il quadro clinico proposto in merito

alla “tempesta citochinica”

41

CAPITOLO 5: REPURPOSING

5.1 Cos’è il repurposing e su cosa si basa

43

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5.3 Farmaci potenzialmente “riutilizzabili” per il trattamento con CoVid-19

45

- Lopinavir in combinazione con ritonavir e arbidol

47

- Remdesivir

48

- Camostat mesilato

- Desametasone

- Interferone

49

- Tocilizumab

CONCLUSIONI

50

BIBLIOGRAFIA

51

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INTRODUZIONE

La presente tesi ha lo scopo di illustrare e analizzare i recenti studi e le ricerche in merito alla relazione tra il recettore ACE2 (Angiotensin-Converting Enzyme 2) e il virus SARS-CoV-2, descrivendo come tale recettore sia fondamentale per l’ingresso del virus all’interno dell’organismo ospite. Inoltre saranno presi in considerazione anche i vari farmaci già approvati che potenzialmente potrebbero essere utilizzati per contrastare questa fase del ciclo vitale del virus e la sua proliferazione nell’organismo ospite. Questo tipo di approccio nel drug discovery è definito repurposing e sarà descritto nel dettaglio evidenziando le metodologie e le potenzialità di questa strategia proprio nella lotta al CoVid-19.

Il SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome – Coronavirus 2) è un virus della famiglia dei β-coronavirus. Tale famiglia era già nota agli scienziati di tutto il mondo, visto che comprende altri virus scoperti negli ultimi anni come il MERS-CoV (Middle-East Respiratory Syndrome) e il SARS-CoV (Severe Acute Respiratory Syndrome - Coronavirus). Sfortunatamente il SARS-CoV-2 si è differenziato dai suoi “famigliari” per alcuni aspetti, che lo hanno reso un “avversario” così temibile e incontrollabile, tanto che, l’11 Marzo 2020, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato il virus pandemico visto che la malattia associata (CoVid-19) interessa tutti i continenti. La veloce e facile diffusione di questo virus ha messo diverse nazioni, tra cui la nostra, in condizione di dover intraprendere scelte difficili per fronteggiare l’emergenza. A tale proposito, gli specialisti del settore sono stati chiamati in causa per poter trovare metodi efficaci per arginare la diffusione del virus, nonché trovare delle cure adeguate per i pazienti maggiormente colpiti da questa forma virale. Il primo approccio nel cercare terapie valide in un modo efficiente e in maniera rapida è rappresentato dal repurposing di farmaci già approvati trovando altre indicazioni terapeutiche per un farmaco già esistente. Grazie appunto al repurposing e viste le somiglianze più o meno spiccate con i suoi “predecessori” sono state suggerite delle alternative emergenziali per le diverse manifestazioni cliniche a cui questo virus può portare. La ricerca scientifica in questi mesi ha portato alla luce diverse opzioni terapeutiche che sono ad oggi in corso di sperimentazione. Fra le più letali complicanze dell’infezione da CoVid-19 troviamo: l’insufficienza cardiaca acuta e l’ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome), la cui caratteristica principale è la cosiddetta “tempesta citochinica”.

Quindi uno degli obbiettivi di questa tesi è quello di esaminare la correlazione tra l'enzima ACE2 e i fattori di rischio gravi per la malattia da SARS-CoV-2 e i loro meccanismi di interazione.

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L'enzima ACE2 è un componente cruciale del sistema renina-angiotensina (RAS, conosciuto anche come sistema renina-angiotensina-aldosterone, RAAS), il classico asse di regolazione RAS-ACE-AngII (angiotensina II)-AT1R (Angiotensin Receptor Type I) e l'asse di contro-regolazione ACE2-Ang1-7-MasR (angiotensina 1-7-Mas Receptor) svolgono un ruolo essenziale nel mantenimento dell'omeostasi cardiovascolare negli esseri umani. ACE2 è ampiamente distribuito nel cuore, nei reni, nei polmoni e nei testicoli ed il suo ruolo è quello di antagonizzare l'attivazione del classico sistema RAS e protegge gli organi da danni provocati da diverse patologie quali ipertensione, diabete e malattie cardiovascolari. Negli ultimi mesi sono emerse delle evidenze che confermano il ruolo stabilito dall’espressione e dall’attività di ACE2 nella patogenesi della malattia da CoVid-19; in particolare, una delle molteplici localizzazioni di ACE2, ovvero nelle cellule epiteliali alveolari umane, spiegherebbe la “predilezione” di SARS-CoV-2 per questo tessuto come via di ingresso principale nel nostro organismo e come esito devastante (e più letale) dell’infezione un danno polmonare acuto, come l’ARDS.

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CAPITOLO 1: SARS-CoV 2

1.1 Generalità

I coronavirus (CoV) appartengono alla grande famiglia dei virus che ha infettato, nel corso dei secoli, sia l'uomo che gli animali, provocando quindi varie malattie. Le precedenti epidemie di CoV hanno colpito le vie respiratorie come la SARS e la MERS; questi focolai hanno causato gravi problemi di salute in diverse regioni del mondo (Raoult D. et al 2020; Kabir T. et al 2020). Alla fine di Dicembre 2019, negli ospedali di Wuhan, un gruppo di individui è stato ricoverato con una diagnosi primaria di polmonite dovuta a una causa sconosciuta (Bogoch I. et al 2020; LuH. et al 2020; Kabir T. et al 2020). Lo scoppio della nuova malattia da coronavirus, CoVid-19, causato dal nuovo coronavirus 2019-nCoV, che ora è ufficialmente designato come coronavirus correlato alla sindrome respiratoria acuta grave SARS-CoV-2, si è trasformato in una reale minaccia pandemica per la popolazione globale nel giro di pochi mesi. Il virus che causa questa sindrome respiratoria acuta grave, il SARS-CoV-2, può essere trasmesso per via aerea, ed un paziente infetto può trasmetterlo attraverso il rilascio nelle goccioline di fluidi biologici (e.g. saliva), a persone con cui entra in stretto contatto. È stato riscontrato che le persone anziane e gli individui con malattie croniche o comorbidità sono le popolazioni particolarmente ad alto rischio di sviluppare severe complicazioni in relazione all’infezione del virus (Li H. et al 2020; Kabir T. et al 2020). È stato però appurato che le persone con malattie pregresse e comorbidità non sono le uniche a sviluppare complicazioni serie dovute all’infezione. I sintomi del CoVid-19 si presentano diversamente da persona a persona, possono esordire tutti contemporaneamente o solo alcuni di essi; tra i più frequenti e caratteristici troviamo i sintomi simil-influenzali (dato che il SARS-CoV-2 è della stessa famiglia di alcuni virus influenzali), tra cui: tosse (68%), febbre (88%), diarrea (3,7%) e vomito (5%) (Mungroo M.R. et al 2020), ma anche perdita dell’olfatto e del gusto. Si suppone che la modalità di trasmissione del virus SARS-CoV-2 da essere umano a essere umano possa avvenire attraverso la respirazione, ingestione o contatto con le secrezioni rilasciate dalle persone infette quando starnutiscono e tossiscono (Mungroo M.R. et al 2020). Le persone infette da CoVid-19 possono anche essere asintomatiche, perciò non presentano alcun sintomo precedentemente elencato, e quindi il controllo della trasmissione risulta particolarmente difficile (Gao Z. et al 2020).

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Dal mese di Febbraio 2020, sono stati eseguiti rigorosi approcci di controllo delle infezioni dal Centers for Disease Control (CDC) negli Stati Uniti, al fine di limitare la diffusione del virus SARS-CoV-2, vista la facilità con cui questo virus è in grado di infettare le persone.

Sebbene l’epicentro dell'epidemia di CoVid-19 si trovasse a Wuhan (Cina), in data Dicembre 2019, questa malattia si è diffusa in più di 231 Paesi con oltre 67 milioni di casi confermati e oltre 1,54 milioni di decessi confermati in tutto il mondo alla data 8 Dicembre 2020 (nella Figura 1 viene mostrato l’andamento globale dei casi di CoVid-19, mentre nella Figura 2 la situazione in Italia). Per arginare l’avanzata dell’infezione molte nazioni tra cui l’Italia sono ricorsi a dei lock-down totali di diversa durata. A causa di ciò, milioni di persone sono state colpite dalle ripercussioni che questa pandemia ha causato, ovvero gli isolamenti obbligatori\quarantene e conseguenti disagi, fisici ed emotivi, che ne sono seguiti. L'effetto a catena dell'epidemia di CoVid-19 potrebbe portare i sistemi sanitari mondiali a grandi sfide e avere conseguenze di vasta portata sull'economia globale se la diffusione del virus non sarà controllata efficacemente.

1.2 Dati geoepidemiologici

Il virus SARS-CoV-2 è una nuova forma di β-coronavirus che è stata recentemente scoperta come responsabile della pandemia da CoVid-19. Il primo caso certo è stato fatto risalire ad un cittadino della provincia di Hunei, in Cina, il 17 Novembre 2019, anche se inizialmente era stato trattato come caso di polmonite sospetto. Soltanto dal 13 Gennaio 2020, la notizia della scoperta di un nuovo coronavirus è stata divulgata in tutto il mondo. Ma il periodo trascorso tra l’identificazione dei primi casi e la comunicazione che questi casi sospetti erano imputabili ad un nuovo virus, è stato sufficiente a far sì che il virus si diffondesse dall’epicentro della città di Wuhan in tutto il mondo (Bhattacharya S et al. 2020).

Dopo un continuo scambio di informazioni tra l’OMS e i centri operativi di Wuhan, il 9 gennaio 2020, l’OMS ha riferito che le autorità cinesi avevano stabilito che l'epidemia era stata causata da un nuovo coronavirus; al che, l’indomani, è stato creato un network di esperti di tutto il mondo, chiamato Clinical Network, con l’intento di poter far luce su questo nuovo virus. Le autorità cinesi confermarono di aver isolato un nuovo virus, appartenente alla famiglia dei coronavirus, la quale include quello del

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Il 30 gennaio 2020 il direttore generale dell’OMS ha dichiarato il nuovo focolaio di coronavirus un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale (PHEIC, Public Health Emergency of International Concern), il più alto livello di allarme dell’OMS (Interactive timeline, WHO.it). Come riportato nella Figura 1 l’infezione è dilagata in pochissimo tempo nei diversi continenti, quasi a livelli esponenziali, per cui si sono mostrati necessari dei sistemi di “contenimento”, in assenza di una terapia efficace, per poter arginare il rischio di contagio.

Figura 1. Distribuzione globale dei casi COVID-19 confermati, data 8\12\2020. Dati ottenuti dal sito dell’OMS:

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1.3 Ipotesi sulla trasmissione animale – uomo

Come riportato nel paragrafo precedente, tutto ciò è apparentemente nato a partire da un caso di polmonite di eziologia ignota a cui hanno fatto seguito altri casi simili, ed almeno alcuni di questi collegati al mercato umido di Wuhan (con il termine “mercato umido”, utilizzato in diversi Paesi asiatici, vengono identificati dei mercati forniti di merci deperibili e il nome deriva dalla frequenza con cui vengono lavati i pavimenti, in contrapposizione con i “mercati secchi”). Tale mercato, per motivi di sicurezza è stato chiuso in data 3 Gennaio 2020, da parte delle autorità cinesi, per la comparsa di un “nuovo focolaio virale”. Questo perché inizialmente l’ipotesi più plausibile era che in questo luogo ci fosse una qualche specie animale attraverso cui si verificava il contagio da animale a uomo, ma quando i casi continuarono a presentarsi, pur avendo chiuso il presunto epicentro, significava che il vettore adesso era lo stesso essere umano.

Questo rapido cambiamento non è così insolito nei virus, perché sono tra gli organismi che mutano più velocemente di tutti; infatti il virus dell’influenza muta fino a tre volte più spesso dei coronavirus, un ritmo che gli permette di evolversi rapidamente per far fronte alla pressione selettiva a cui e sottoposto, e che mette i ricercatori e le case farmaceutiche ogni anno in condizioni di dover ottimizzare i vaccini anti-influenzali per la forma mutata del virus. La caratteristica peculiare dei coronavirus, che li porta ad essere ancora più “subdoli” e difficili da contrastare, è che sono in grado di ricombinare il loro materiale genetico scambiando pezzi del loro RNA con quello di altri coronavirus. Questo micidiale dinamismo, come è facilmente intuibile, può portare a nuove “versioni” del virus che riescono ad infettare cellule diverse dalle precedenti e quindi possono anche ”muoversi” da specie a specie. Una delle specie in cui la ricombinazione dei virus avviene più frequentemente è quella dei pipistrelli, essi trasportano fino a 60 virus che infettano gli esseri umani; nella maggior parte dei casi i pipistrelli sono soltanto vettori del virus e quindi non vengono infettati da esso\i (Luis A.D. et al 2013; Cyranoski D. 2020). È stato stimato che la comparsa del primo coronavirus si possa aggirare tra i 10.000 e 300 milioni di anni fa e ad oggi, gli scienziati hanno stimano che esistano dozzine di ceppi, sette dei quali infettano gli esseri umani. Tra questi ceppi troviamo: quelli che causano il comune raffreddore (OC43 e HKU1), provenienti dai roditori, altri due (229E e NL63) dai pipistrelli, e gli ultimi tre (SARS-CoV, MERS e SARS-CoV-2) provengono anch’essi dai pipistrelli ma sono ben più letali dei precedenti.

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Anche se alcuni studiosi hanno ritenuto plausibile l’esistenza di un ospite intermedio, che ha permesso la trasmissione del virus dai pipistrelli all’uomo, come lo zibetto o il pangolino visto che entrambi vengono venduti nei vari mercati di animali vivi in Cina (Cyranoski D. 2020), al momento non vi è una ipotesi definitiva. Restano comunque ancora da chiarire alcuni punti su come il SARS-CoV-2 sia passato per varie specie così velocemente; infatti i virus RaTG13 e RmYN02 ritrovati in un pipistrello in una grotta nello Yunnan (Cina) condividono il 96% del materiale genetico con l’attuale SARS-CoV-2 (Zhou P. et al 2020; Cyranoski D. 2020), ma le sue proteine S, necessarie per infettare le cellule umane differiscono in modo sostanziale tra loro. Perciò i virus isolati in quel pipistrello nello Yunnan sembrerebbero non infettare le persone (Zhang T. et al. 2020; Cyranoski D. 2020). D’altra parte, è stato trovato un coronavirus nel pangolino, GD410721, avente un dominio di legame al recettore (RBD), necessario per l’interazione con proteine delle cellule umane e quindi per il suo ingresso in una cellula ospite, che è geneticamente identico a quello del SARS-CoV-2 per un 90%. È anche per questo che alcuni studiosi considerino il pangolino come un possibile vettore intermedio nella trasmissione del virus da animale ad essere umano (Zhang T. et al 2020; Cyranoski D. 2020). Resta però ancora oscura la vera origine di questo nuovo coronavirus, perché nonostante ci siano delle somiglianze con i coronavirus rinvenuti nei pipistrelli e nei pangolini, ci sono anche delle significative divergenze probabilmente imputabili alla notevole capacità di mutare velocemente. Sebbene ancora non sia totalmente certa la scala evolutiva del SARS-CoV-2 appare evidente una stretta correlazione con i coronavirus precedentemente citati (Wang H. et al 2020; Cyranoski D. 2020).

1.4 Diffusione e metodi affermati di contagio tra esseri umani

Come discusso in precedenza, sono presenti delle evidenze per cui è probabile un passaggio da animale a uomo data l’esistenza di vari animali che sono vettori di alcuni coronavirus e che la possibilità di un salto di specie sia una cosa acclarata da decenni. Probabilmente il salto di specie ha permesso al nuovo coronavirus di adattarsi all’uomo e di potersi replicare in esso causando così la trasmissione da uomo a uomo. Al momento vari studi tentano di far luce su come sia potuto avvenire il passaggio, individuando le mutazioni essenziali che hanno portato alla comparsa del coronavirus SARS-CoV-2 così come lo conosciamo. Tuttavia è quasi del tutto certo ed appurato che, in modo analogo a MERS, SARS e altri

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Detto ciò possiamo considerare due possibili modalità di diffusione:  diretta (per contatto stretto)

 indiretta

La modalità di trasmissione diretta prevede il contatto fisico con una persona infetta o con i suoi escreti, in questo caso muco e saliva. Mentre, per quanto riguarda il contatto stretto, si verifica quando un soggetto entra a stretto contatto (1 metro o meno di distanza) con una o più persone infette, aumentando il rischio di entrare a contatto con le secrezioni di bocca e naso degli individui contagiosi (dalla saliva alle secrezioni respiratorie o goccioline droplet). Nella modalità indiretta di contagio, una persona potrebbe contagiarsi tramite il contatto con oggetti o superfici contaminate ed il successivo contatto delle mani con occhi, bocca o naso. L’infezione può anche non avvenire se la persona infetta non ha una carica virale tale da poter essere contagiosa. Però per evitare qualsiasi contatto con tali secreti, dovrebbero essere rispettate la distanza di sicurezza di più di 1,5 metri di distanza, lavare frequentemente le mani e starnutire e tossire nella piega del gomito o in un fazzoletto e come ulteriore protezione è necessario indossare dei DPI o PPE (Dispositivi di Protezione Individuale o Personal Protective Equipment) come le mascherine medico – chirurgiche (salute.gov) (Figura 3).

Figura 3. Buone pratiche di comportamento per la prevenzione del contagio: coprirsi sempre il naso e bocca

quando si starnutisce e si tossisce, meglio se con la piega del gomito; usare un igienizzante per le mani; usare la mascherina o altri DPI; lavarsi spesso le mani; evitare posti affollati; chiamare il dottore quando si presentano i sintomi tipici dell’infezione da CoVid-19.

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((https://www.freepik.com/free-vector/coronavirus-prevention-1.5 Fattori che aumentano il rischio di infezione

Oltre ai vari tipi di vie attraverso cui si può venire in contatto con il virus ci sono ulteriori fattori, già evidenziati in molti studi, che possono influire sul contagio e sono: la temperatura (Wang M. et al 2020; Kabir T. et al 2020), l’umidità (Jaakola K. et al 2014; Kudo E. et al 2019; Kabir T. et al 2020), la latitudine (Bao J. et al 2016; Kabir T. et al 2020) e l’inquinamento atmosferico (Cai Q.C. et al 2007; Kabir T. et al 2020). A proposito dell’inquinamento atmosferico, molti ricercatori si sono concentrati nel valutare la possibile relazione tra l’esposizione a particolati di diverso tipo e l’incidenza del CoVid-19; Delnevo G. e collaboratori (Delnevo G. et al 2020) hanno appunto condotto un’analisi statistica che confermerebbe, in una prospettiva di causalità Granger, l’esistenza di una correlazione causale tra inquinamento e CoVid-19, in Emilia-Romagna.

Questi fattori erano stati precedentemente considerati negli studi su MERS e SARS, ma anche per il virus dell’influenza; infatti è stato riscontrato un aumento dei contagi in determinate condizioni climatiche. Inoltre, è stato condotto uno studio che metteva in evidenza la correlazione tra le basse temperature e l’aumento di casi di CoVid-19 in 429 città della Cina (Wang M. et al 2020) proprio seguendo l’andamento dei contagi nei mesi di Gennaio e Febbraio; mentre gli altri studi eseguiti sugli altri fattori si basano su una considerazione generale, basandosi sui dati ottenuti monitorando il comportamento di altri virus e vedendo che anche il SARS-CoV-2 aveva un andamento analogo. Oltre a riscontrare una correlazione tra questi fattori e l’aumento di rischio di contagio da SARS-CoV-2, è stato osservato che i coronavirus possono sopravvivere su superfici e oggetti inanimati di metallo, plastica e vetro anche per 9 giorni (Kampf G. et al 2020).

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CAPITOLO 2: CARATTERISTICHE DEL SARS-CoV-2

2.1 Caratteristiche strutturali

I coronavirus appartengono alla famiglia dei Coronoviridae che è composta da quattro generi:

Alphacoronavirus, Betacoronavirus, Gammacoronavirus e Deltacoronavirus; il SARS-CoV-2

appartiene al genere Betacoronavirus (Bung N. et al 2020; Joshi S. et al 2020). I virus di questa famiglia, incluso il SARS-CoV-2, hanno una forma sferica con diametri compresi tra 65 e 125 nm (Shereen M.A. et al 2020; Joshi S. et al 2020), in particolare, il SARS-CoV-2 ha una forma sferica e pleomorfa (Cascella M. et al 2020) e lo vediamo rappresentato in modo semplificato nella Figura 4; la sua famiglia è caratterizzata da possedere un patrimonio genetico composto da RNA a singolo filamento a senso positivo non segmentato, con una “testa” 5’ e una “coda” 3’-poli-A (Chen J. 2020; Vellingiri B. et al 2020) e numerosi quadri di lettura aperta (ORF, Open Reading Frames), due dei quali sono necessari per la replicazione, OFR1a e ORF1b (Spyridoula A. et al 2020). Il suo genoma varia da 27 a 32 kb ( ~ 125 nm o 0,125 µm) (Vellingiri B. et al 2020); per i suoi due terzi è composto dal gene della replicasi, che codifica per 16 proteine non strutturali, chiamate nsp (non structural proteins), fondamentali per la replicazione dell’RNA virale e la sua trascrizione. Il resto del genoma codifica per proteine strutturali (sp, structural proteins) (Guo Y.R. et al 2020; Fehr A.R. et al 2015; Joshi S. et al 2020). I virus appartenenti a questa famiglia hanno alcune caratteristiche comuni, per esempio le quattro proteine strutturali importanti, quali: la proteina dell’involucro (E per envelope), quella di membrana (M), la proteina spike (S) e quella del nucloecapside (N), sono necessarie per regolare la funzionalità e la struttura virale (Schoeman D. et al 2019; Vellingiri B. et al 2020).

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Figura 4. Varie proteine associate al SARS- CoV-2 (Joshi S. et al 2020).

Tra queste, le proteine più importanti sono N e S, dove la prima aiuta il virus a sviluppare il capside e l’intera struttura virale, l’altra invece aiuta il virus ad attaccare e penetrare nelle cellule ospiti (Siu Y. L. et al 2008; Walls A. C. et al 2020; Gil C. et al 2020). Invece, tra le proteine non strutturali troviamo: proteasi simile alla 3-chimotripsina (3CLpro conosciuta anche come Mpro), proteasi simile alla papaina (PLpro), elicasi e RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRp).

2.2 Biologia e targets molecolari

Nome della proteina virale Funzioni Proteine strutturali (sp)

Nucleocapside (N) Contiene il genoma virale Envelope (E) Avvolge il nucleocapside e crea un involucro virale completo assieme alla proteina M Glicoproteina di membrana (M) M ed E insieme completano l’envelope virale Glicoproteina spike (S) Si trova sulla superficie del virus, necessaria per l’ancoraggio del virus al recettore dell’ospite tramite il dominio di legame (RBD). La serina proteasi cellulare (TMPRSS2\Catepsina B) scinde la proteina S nelle sue sub-unità

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Nome della proteina virale Funzioni Proteine non strutturali (nps)

Mpro Chiamata anche proteasi simile alla 3-chimotripsina (3CLpro), scinde le poliproteine virali pp1a e pp1b in 11 siti per convertire nsp4 in nsp6 Plpro Scinde le proteine nel frammento N terminale per convertire nsp1 in nsp3 nsp12 RNA polimerasi dipendente dall’RNA (RdRp), implicata nella replicazione virale ed ha come cofattori nsp7 e nsp8 nsp13 Elicasi che facilita l’operato della RNA polimerasi dipendente dall’RNA (RdRp, nsp12) durante la replicazione dell’RNA virale nsp1, nsp2e Open reading frame (ORF) 7a Inibiscono la risposta immunitaria dell’ospite - Proteine non strutturali

Come abbiamo già precedentemente elencato, tra le proteine non strutturali fondamentali troviamo: la 3CLpro, PLpro e RdRp. Le due proteasi 3CLpro e PLpro sono coinvolte nella elaborazione delle poliproteine virali; in particolare la 3CLpro è stata studiata precedentemente come target per le terapie contro il SARS-CoV ed è stata riscontrata una somiglianza del 96% nella sequenza amminoacidica con quella del SARS-CoV-2. (Domling A. e Li G. 2020). Perciò sono stati presi in considerazione alcuni inibitori della 3CLpro del SARS-CoV come possibili punti di inizio per trovarne uno adatto ad inibire totalmente la proteasi del virus SARS-CoV-2; tra questi sono stati considerati farmaci che possano creare un legame covalente con il residuo di cisteina del sito attivo della proteasi, oppure altre molecole che non si legano covalentemente al sito catalitico, come alcuni flavonoidi o inibitori della proteasi di HIV (Jo S. et al 2019, Jo S. et al 2020; Vellingiri B. et al 2020). Anche per quanto riguarda la PLpro ci sono stati dei tentativi per trovare un inibitore specifico capace di inibire le sue principali funzioni: quella di mediare la replicazione del virus e di rimuovere l’ubiquitina e l’ISG15 dalle proteine delle cellule ospiti per aiutare il CoV ad eludere la risposta immunitaria dell’ospite. Uno dei farmaci che ha riscontrato un discreto successo come inibitore della PLpro in MERS e SARS-CoV è il disulfiram, farmaco approvato per il trattamento della dipendenza cronica da alcool (Lin H. et al 2018; Vellingiri B. et al 2020).

- Proteine strutturali

Tra le proteine strutturali, al momento una delle più studiate è la proteina S-spike, essa è una proteina transmembrana di tipo I e consiste: in un grande ectodominio, un singolo dominio transmembrana per il suo ancoraggio e una coda corta intracellulare C-terminale. Il ruolo di questa proteina è ben definito, infatti essa è fondamentale per l’aderenza cellulare e l’ingresso della cellula virale in quella ospite.

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Tuttavia il trimero che si forma tra le proteine S del SARS-CoV-2 necessita di una proteasi accessoria (individuata nell’uomo TMPRSS2, transmembrane protease serine 2) per scindere la proteina S nelle sue sub-unità funzionali S1, S2 ed S’. Mentre la proteina E dell’envelope virale è una piccola proteina transmembrana coinvolta nel ciclo vitale del virus; queste proteine sono in grado di assemblarsi in canali ionici oligomerici o pori nella membrana della cellula ospite, dette viroporine, e sono in grado di facilitare l’uscita dei virioni dalle cellule. La proteina M è una glicoproteina che supporta l’involucro virale ed è la componente proteica più abbondante. Tale proteina è composta da tre domini transmembrana e può adottare due conformazioni, giocando un ruolo fondamentale nella forma e nella dimensione del virione, ma anche nell’organizzazione delle altre proteine strutturali (Schoemand D. et al 2019; Neuman B.W. et al 2011; Spyridoula A. et al 2020). Per quanto riguarda la proteina N, essa si lega all’RNA formando il nucleocapside elicoidale tramite la fosforilazione di residui proteici, grazie all’azione della glicogeno sintasi 3 chinasi (GSK3).

2.3 Proteina spike S

La glicoproteina S è una proteina strutturale transmembrana di circa 1200-1400 residui di amino acidici per ciascun monomero, situati sull’involucro esterno del virione; il riconoscimento della cellula ospite è molto specifico e la specificità e selettività di questo processo determina sia il tropismo virale che la patogenesi (Ou X. et al 2020; Walls A. C. et al 2020; Gil C. et al 2020). Nella sua forma funzionale la proteina S si trova organizzata come un omotrimero, e ciascuno dei tre monomeri è costituito da unità, formate da due gruppi funzionali: la unità S1, responsabile del riconoscimento dell’ospite, e la sub-unità S2, che guida la fusione della membrana ospite (Walls A. C. et al 2020). La sub-sub-unità S1 è caratterizzata da un dominio N-terminale (NTD) e uno C-terminale (CTD) Il dominio CTD, che si trova nella sub-unità S2 (nella Figura 5 è la parte in rosso), collega la proteina S del virus alla sua membrana.

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Figura 5. Struttura delle glicoproteine Spike S del SARS-CoV-2 sotto forma di diagramma.

FP: fusion peptide; HR: heptad repeat 1 e 2; RDB: dominio di legame del recettore (receptor binding domain) (Gil C. et al 2020).

Il NTD, riconosce porzioni di carboidrati ed è considerato una derivazione del dominio di riconoscimento ancestrale, che era basato su una struttura zuccherina, mentre il secondo dominio noto anche come RBD (Receptor Binding Domain) è il principale mediatore dell’interazione tra ospite e virus e promuove l’ingresso di quest’ultimo nell’organismo infettato, tramite il riconoscimento dei suoi recettori; in particolare la regione direttamente coinvolta nel processo di riconoscimento è definita come il motivo di legame del recettore (RBM) o Receptor Binding Motif.

Esistono diversi stati conformazionali di S in un equilibrio dinamico: il segmento non tagliato S0, quello tagliato, il pre-fusogeno S1\S2 e le restanti forme post-fusogene. Generalmente la proteina S è biosintetizzata nella forma inattiva S0, per poi venire attivata per scissione dalle proteasi; le proterine S del CoV sono quini inizialmente esposte nella forma inattiva e “non separata” (S0), sulla superficie membranale del virus e la loro attivazione è successivamente promossa dalle proteasi dell’ospite. Al contrario, le proteine S del SARS-CoV-2 sono attivate, cioè scisse, già durante il processo di esposizione sulla membrana virale, quindi già trovandosi nella loro forma attiva S1\S2 (Coutard B. et al 2020; Gil C. et al 2020). Nella forma S1\S2 troviamo un equilibrio dinamico tra le forme aperta (Up) e chiusa (Down), che caratterizza i tre domini RBD della proteina S (Figura 6); il sito di legame col recettore è solitamente occluso quando il RBD é in conformazione “down” perché stringe un contatto con il NTD di S1.

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Figura 6. Rappresentazione delle conformazioni “up” e “down” in 3D delle sub-unità S1/S2 della glicoproteina

S del SARS- CoV-2 (Gil C. et al 2020).

In uno studio precedente (Kirchdoerfer R. N. et al 2018) è stato suggerito che il recettore ACE2 non partecipa direttamente alla conversione up-down della proteina S-RDB, più probabilmente è ACE2 che lega un S-RDB già in conformazione “up” (Figura 6); questo studio sulle conformazioni della proteina S del SARS-CoV ha portato a studiare nuovi farmaci focalizzati ad inibire l’interazione tra S-RDB e il target dell’ospite ACE2 per il SARS-CoV-2 (Wrapp D. et al 2020; Gil C. et al 2020). Come spiegato in questi studi, ci sono delle similitudini tra la proteina S del SARS-CoV-2 e di SARS-CoV, infatti sono state riscontrate delle mutazioni nell’RBD, che riportano quanto segue: Val404 — Lys417, Tyr442 — Leu455 e Leu443 — Phe456 (Yan R. et al 2020; Wu D. et al 2020) (Figura 7). Questi cambiamenti stabilizzano il legame RBD – ACE2, soprattutto nel SARS-CoV-2, diminuendo l’energia di legame e aumentando l’affinità per la proteina S al recettore ACE2. Queste differenze sia strutturali che funzionali potrebbero spiegare la velocità di trasmissione e la contagiosità del SARS-CoV-2 rispetto al SARS-CoV (Shang J. et al 2020; Wu D. et al 2020).

In uno studio condotto da Wang Q. et al (Wang Q et al 2020; Wu D. et al 2020) sono state riscontrate delle interazioni tra residui di hACE2 e altri del CTD della proteina S di SARS-CoV-2, contribuendo all’interazione proteina S-ACE2 attraverso la formazione di legami più o meno forti, come: legami polari, ionici e interazioni idrofobiche.

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Figura 7. Rappresentazione schematica dell’allineamento della sequenza di amminoacidi del dominio di legame

del recettore (RBD) delle glicoproteine Spike di SARS-CoV e SARS-CoV-2. Le regioni evidenziate sono responsabili della modifica strutturale con i seguenti codici di colore: rosso, residui identificati precedentemente che hanno un elevata affinità nel legame con ACE2; blu, residui RBM che differiscono tra SARS-CoV-2 wild type RBD e SARS-CoV; giallo, un’arginina “critica” sull’anello laterale del RBM SARS-CoV che forma un ponte salino molto forte con ACE2; verde, i residui sull’anello variabile che formano legami disolfuro nella cresta legante ACE2 (Wu D. et al 2020).

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CAPITOLO 3: IL RUOLO DI ACE2 NELL’INFEZIONE DA SARS-CoV-2

3.1 Recettore ACE2

L’enzima ACE2 è un enzima che si trova sulla superficie delle membrane cellulari di diverse cellule del nostro organismo ed il suo ruolo è quello di catalizzare la conversione dell’AngII in Ang1-7, substrato facente parte del sistema RAS.Recentemente è stata confermata una relazione tra il ruolo nell’espressione e nell’attività di ACE2 e il manifestarsi della sindrome respiratoria acuta grave causata dal virus SARS-CoV-2, infatti si ritiene che questo enzima possa essere la chiave per l’ingresso del virus nella cellula. Sebbene ACE2 sia espresso in molti tessuti, questi non partecipano allo stesso modo nell’infezione da CoVid-19, la fisiopatologia cambia perché sono implicati diversi meccanismi che “orchestrano” l’infezione cellulare con conseguente danno tissutale. Studi condotti da Yan e collaboratori (Yan R. et al 2020) hanno evidenziato come il PD (peptidase domain, dominio peptidasico) di ACE2 sia coinvolto in un legame ad alta affinità con il dominio RBD della proteina S di SARS-CoV-2 (Figura 8).

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Figura 8. Interazioni tra SARS-CoV-2- RBD e ACE2. Il PD (peptidase domain, dominio peptidasico) di ACE2

innesca il riconoscimento del RBD tramite l’elica α1 e il linker tra β3 e β4, che contribuisce anch’esso contribuisce all'interazione (Yan R. et al 2020).

-Caratteristiche in fisiologia umana

L’enzima ACE2 è un omologo dell’enzima per la conversione dell’angiotensina (ACE) e svolge un ruolo fondamentale nel sistema RAS, che è coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna e omeostasi degli elettroliti (Figura 9, Bourgonje A. R. et al 2020). L’angiotensinogeno, prodotto dal fegato, è scisso dalla renina, con conseguente formazione di AngI; successivamente ACE catalizza la conversione di AngI in AngII (Voors A. A. et al 1998; Bourgonje A. R. et al 2020).

L’AngII è il principale componente attivo del sistema RAS ed esercita i suoi effetti tramite i recettori AT1R.

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Principali effetti dell’AngII

- vasocostrizione

- aumento del riassorbimento renale del sodio - aumento della sintesi di aldosterone

- aumento della pressione sanguigna

- induzione di attività infiammatorie e pro-fibrotiche

Per contro-bilanciare questi effetti troviamo ACE2 che scinde l’AngII in Ang1-7 -e l’AngI in Ang1-9, peptidi che risultano essere biologicamente significativi e attivi nell’asse controregolatorio di questo sistema.

Principali effetti dell’Ang1-7

- vasodilatazione

- aumento delle attività antinfiammatorie - effetti antifibrotici

In questo modo ACE2 contrasta il ruolo fisiologico di ACE e gli eventuali effetti dell’attivazione di RAS da parte di ACE, creando così un equilibrio tra le azioni di ACE\ACE2 nel tessuto; però questo equilibrio può essere influenzato da molti fattori, tra cui il blocco farmacologico di RAS in molteplici condizioni patologiche, ma anche metaboliche, come conseguenza di un elevato apporto di sodio, grassi o di fruttosio. Oltre però alle sue funzioni in RAS, ACE2 dirige anche il metabolismo della bradichinina nei polmoni, inattivando la des – bradichina Arg9, un potente ligando del recettore della bradichinina di tipo 1 (B1); in questo modo inibisce gli effetti vasodilatanti e l’aumento della permeabilità vascolare. Mentre, nel tratto gastrointestinale, ACE2 è stato descritto come un regolatore dell’omeostasi degli amminoacidi alimentari (cioè quelli assunti nella dieta), regola l’espressione di peptidi antimicrobici e partecipa alla locale immunità innata nonché all’ecologia microbica intestinale (Hashimoto T. et al 2012; Bourgonje A. R. et al 2020).

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Figura 9. Struttura del sistema RAS, ruolo dell'ACE2 in questo sistema fisiologico e potenziale trattamenti

terapeutici.

-Localizzazione

Come precedentemente accennato, nell’essere umano ACE2 è espresso in diversi tipi cellulari, tra cui le cellule epiteliali alveolari e quelle epiteliali intestinali. Questo tipo di localizzazione è del tutto coerente con le potenziali via di trasmissione del SARS-CoV-2 (respiratoria e intestinale, visto che entrambe condividono interfacce con l’ambiente esterno). Ci sono però anche altri tessuti dove possiamo trovare ACE2, come le cellule endoteliali vascolari, sulla muscolatura liscia di vari organi, nel rene, dove ACE2 è espresso su alcune cellule che compongono il tubulo prossimale e in diversa percentuale anche nell’epitelio parietale, nei podociti. Troviamo ACE2 anche nell’epidermide, nello strato basale e nella mucosa orale e nasale, mentre è assente nei linfonodi e nelle strutture epatobiliari (Hamming I. et al 2004; Bourgonje A. R. et al 2020).

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Alcuni risultati tendono a confutare il coinvolgimento di ACE2 nella trasmissione virale di SARS-CoV-2, come appunto riportato in maniera semplificata nella Figura 10, con conseguenti danni ai principali organi bersaglio, ma è possibile che ci siano dei meccanismi meno importanti o sconosciuti nella fisiopatologia del CoVid-19 dovute alle diverse localizzazioni dell’enzima, non ancora del tutto chiari.

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infiltrazione di cellule infiammatorie. (C) Possibile coinvolgimento renale correlato a CoVid-19; tipici cambiamenti nei reni associati all’infezione sono: lesioni diffuse delle cellule tubulari con perdita dell’integrità del bordo della spazzola, danno endoteliale dei capillari e aggregati eritrocitari che occludono il lume capillare (Bourgonje A. R. et al 2020).

3.2 Ruolo di ACE2 come organo protettore

ACE2 assume un ruolo cruciale nel sistema RAS e vanta di molteplici funzioni, tra cui quelle di vaso protettore e organo protettore rispetto a differenti patologie quali ipertensione, diabete e altre malattie vascolari e anche ARDS (Figura 11). Questa sindrome è la più grave, simile al SARS-CoV, forma di lesione polmonare acuta, è caratterizzata principalmente da un aumento di permeabilità vascolare polmonare ed edema polmonare. È spesso indotta da sepsi, aspirazione sostanze estranee lesive e polmonite, compresa quella causata da SARS, influenza aviaria e virus influenzali umani; infatti è una tra le malattie a più alta incidenza di mortalità. In tutto ciò, ACE2, che è altamente espresso a livello polmonare, è stato confermato avere un effetto protettivo dal danno polmonare acuto (Imai Y. et al 2005; Cheng H. et al 2020), ma è anche vero che SARS-CoV-2 invade il corpo umano anche attraverso ACE2. L’attivazione del sistema RAS è un importante meccanismo fisiopatologico di ipertensione, che viene antagonizzato dall’aumento in circolo di Ang1-7, ottenuta dalla degradazione di AngII da parte di ACE2.

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Figura 11. Ruolo di ACE2 come organo protettore -ARDS, distress respiratorio acuto sindrome; ROS, specie

reattive dell'ossigeno, ARB (Angiotensin Receptor Blocker) bloccante del recettore per l’angiotensina di tipo 1 -(Cheng H. et al 2020).

3.3 TMPRSS2: ruolo e meccanismo d’azione

La TMPRSS2 sembra occupare un ruolo rilevante nell’interazione ospite-virus mediando la fusione della membrana della cellula ospite e del virus. Infatti, sulla superficie cellulare, la TMPRSS2 attiva la proteina S virale (Figura 12), presente nei coronavirus umani, quali SARS-CoV, SARS-CoV-2 e MERS-CoV, promuovendo la scissione di tale proteina virale. Questo evento sembra essere un passaggio fondamentale nell’infezione da coronavirus. Questa proteasi è espressa in gran parte degli epiteli del tratto gastrointestinale, respiratorio e urogenitale, tutti tessuti\organi bersaglio per l’ingresso del virus. Recenti ricerche hanno confermato che l’ingresso di SARS-CoV-2 è facilitato dalla TMPRSS2 e che la stessa infezione virale è attenuata dall’uso di un inibitore della proteasi, il camostat

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La presenza della TMPRSS2 in diversi tessuti, quali quello polmonare, rende più vulnerabile tale tessuto all’infezione da SARS-CoV-2, ma d’altra parte, ciò ha permesso di indirizzare la ricerca di terapie efficaci anche contro questo tipo di meccanismo, quindi proponendo e avvalendosi di diversi farmaci con attività inibitoria nei confronti della TMPRSS2 (Lukassen S. et al 2020; Gil C. et al 2020).

Figura 12. Panoramica sull’attacco e l’ingresso del virus SARS-CoV-2. Nel punto 1 si evidenzia il meccanismo

del virus, il quale richiede proteoglicani di eparan solfato (HSPG) per l’attacco; mentre nel punto 2 è evidenziato che la proteasi TMPRSS2 innesca e attiva la proteina S del SARS-CoV-2. Il virus utilizza questa proteina S per legarsi ad ACE2 (punto 3) e avviare così la fusione e poi il rilascio del suo genoma nella cellula ospite (punto 4) (Wu C. et al 2020).

3.4 Fattori di rischio per l’infezione da SARS-CoV-2 ed espressione di ACE2

- Fattori genetici

ACE2 è codificato da un gene situato sul cromosoma Xp22 e consiste in almeno 18 esoni e 20 introni, pari a circa 40 kb di DNA genomico; il gene di ACE2 è caratterizzato da una serie di polimorfismi che

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Le variazioni nell’espressione genica e nella funzionalità di ACE2 non trovano ancora un solido fondamento a sostegno di una maggiore o minore suscettibilità all’infezione da SARS-CoV-2, né la resistenza al legame della proteina S (Cao Y. et al 2020; Bourgonje A. R. et al 2020). C’è però di fatto uno studio condotto su due varianti alleliche identificate che dimostrano una notevole variazione di affinità per la proteina S, evidenziando delle alterazioni strutturali nell’orientamento dei residui chiave di ACE2 che interagiscono con la proteina S (Hussain M. et al 2020; Bourgonje A. R. et al 2020). Queste variazioni genetiche di ACE2 possono fornire una base per la resistenza relativa o completa contro l’infezione da SARS-CoV-2.

- Età e sesso

Come per altri tipi di infezioni, tra cui anche quelle virali respiratorie, l’aumentare dell’età porta ad un aumento del rischio di contrarle perché le risposte immunitarie innate e adattive tendono a diminuire gradualmente; perciò questo potrebbe essere una plausibile spiegazione per cui i pazienti più anziani (dai 60 anni in su) sono più soggetti a contrarre il CoVid-19 e a manifestare le complicanze più gravi, essendo così la fascia con maggiore mortalità accertata (Verity R. et al 2020; Bourgonje A. R. et al 2020). Inoltre una differenza significativa riportata da diversi dati mostra come ci siano sostanziali differenze tra il sesso maschile e femminile nell’esito di diverse malattie infettive, questo insieme a fattori comportamentali e sociali. In relazione a ciò, è stato comunque ampiamente accettato che fattori genetici e fisiologici possono influenzare le differenti risposte immunitarie dell’organismo in base al sesso. In particolare, i recettori per gli ormoni sessuali sono espressi in moltissimi tipi di cellule immunitarie ed è altamente probabile che le diversità nella funzione immunitaria siano influenzate dalla circolazione degli stessi (Klein S. L. e Huber S. 2010; Calderone A. et al 2020). I dati ottenuti in merito a SARS e MERS hanno mostrato chiare differenze dipendenti dal sesso in merio alla malattia; a sostegno di questa tesi ci sono anche i dati ottenuti dai pazienti affetti da SARS-CoV-2, per cui la suscettibilità al nuovo virus era quasi simile in entrambi i sessi, ma per gravità e mortalità era nettamente superiore la percentuale di soggetti maschi (Wenham C. et al 2020; Calderone A. et al 2020). In questo può rientrare in gioco l’espressione di ACE2, visto che è stato dimostrato che la sua espressione è più alta tra gli uomini asiatici che tra le donne, con maggior frequenza tra loro di pazienti

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- Obesità

Tra i pazienti ricoverati, quelli obesi sono sicuramente più soggetti a rischio di ricovero in terapia intensiva e mortalità, perché frequentemente si presentano con ipoventilazione, il che porta a insufficienza respiratoria ipercapnica, quelli positivi a CoVid-19 con insufficienza respiratoria ipossica. Questo ha portato a diverse discussioni in merito al ruolo che il tessuto grasso ha nei confronti della patogenesi del CoVid-19, in relazione all’espressione di ACE2. Sono ovviamente stati ottenuti diversi dati a sostegno della correlazione tra obesità e rischio di infezione per CoVid-19, basati su diverse evidenze statistiche, come: il ricovero in terapia intensiva a causa di un esordio grave della malattia per pazienti con IMC (Indice di Massa Corporea) significativamente elevato, rispetto a quelli ai casi meno gravi, come anche il numero dei decessi rispetto ai sopravvissuti (Ryan D. H. et al 2020; Bougonje A. R. et al 2020). Resta il fatto che l’obesità è sicuramente correlata ad altri tipi di patologie, tra cui: aumentato rischio di distress respiratorio, infiammazioni, dislipidemia, ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari, sindrome metabolica e insufficienza respiratoria cronica. Tutto questo “stress” ovviamente non giova all’organismo che risulta più soggetto a infezioni, tra cui quelle virali anche delle vie respiratorie, per cui è stato documentato che la compromissione immunitaria dovuta dall’obesità è un possibile rischio per l’influenza H1N1 nel 2009 (Honce R. et al 2019; Bourgonje A. R. et al 2020). Rimangono comunque posizioni contrastanti all’interno della comunità scientifica rispetto a tale correlazione. Ci sono però alcune particolarità degne di nota, infatti nel tessuto adiposo viscerale è stata trovata una ricca percentuale di ACE2 (Hamming I. et al 2004; Bourgonje A. R. et al 2020), per cui si potrebbe ipotizzare una progressione dell’infezione da CoVid-19 in pazienti obesi e fortemente obesi, che sia o meno influenzata dal genere, portando anche ad un aggravamento delle reazioni pro-infiammatorie, dovuta alla “tempesta citochinica”.

- Comorbidità

Recenti rapporti hanno riferito che una coorte di pazienti diagnosticati con CoVid-19 con esito severo, era associata a malattie gravi, quali: ipertensione, malattie respiratorie croniche, diabete mellito, ipertensione e altre malattie cardiovascolari e il cancro, la maggior parte come comorbidità comuni. Molte di queste patologie sono caratterizzate da un aumento o diminuzione di ACE2, nella sua

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negli studi sugli effetti delle comorbidità in pazienti affetti da CoVid-19 sopravvengono numerosi fattori disturbanti (oltre alle alterazioni del sistema RAS dovute alla “compresenza” di più patologie) e per di più i periodi di follow-up erano ritenuti o troppo brevi o fornivano dati imprecisi o le diagnosi non erano accurate (Jordanet R. E. al 2020; Bourgonje A. R. et al 2020).

3.5 Patofisiologia da CoVid-19: organi coinvolti e quadro clinico

Come era stato precedentemente descritto, l’espressione e l’attività di ACE2 sono ubiquitarie, ma diverse sue dinamiche a livello dei tessuti sono ancora poco chiare; tuttavia, nella fisiopatologia del CoVid-19 il coinvolgimento degli organi e i danni tissutali possono essere riconducibili ad un chiaro coinvolgimento di ACE2, come fattore scatenante. Ovviamente urge uno studio dettagliato dei campioni di tessuto, necessario anche per migliorare la comprensione della “qualità” ed entità del danno. Tratteremo solo alcuni dei molteplici tessuti colpiti, come ad esempio: l’apparato respiratorio, quello cardiovascolare, il tratto gastrointestinale e i reni.

- Vie respiratorie

La presentazione clinica iniziale del CoVid-19 consiste in sintomi quali: febbre, tosse secca, mancanza di respiro, rinite, e inoltre dolore al petto, mialgia e\o affaticamento; nei casi più gravi è necessario un ricovero ospedaliero, se si sviluppa una polmonite virale, mentre nei casi clinicamente critici questo quadro è accompagnato da ulteriori complicazioni, tra cui: ARDS, patologie cardiache e infezioni secondarie. Data la somiglianza alla SARS, la patologia associata a CoVid-19 comprende dei cambiamenti sostanziali del tessuto polmonare, in particolare danni estesi agli alveoli, con edema bilaterale, essudati alveolari proteici o di fibrina e iperplasia reattiva diffusa di pneumociti di tipo II (Figura 13B, Bourgonje A.R et al 2020). Gli pneumociti di tipo II producono tensioattivo, sostanza che permette agli alveoli di non collassare e mantenere costante la tensione superficiale, ma hanno anche funzioni immunoregolatorie; in particolare sulla propria superficie ACE2 è particolarmente espresso e questo, oltre al fatto che è direttamente in contatto con l’endotelio basale capillare, è uno dei motivi principali per cui SARS-CoV-2 riesce a entrare nel nostro organismo. Recentemente è stato suggerito

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continua riparazione, dovuto alla degradazione degli stessi a causa dell’infezione e replicazione virale, che a lungo andare porta ad un danno alveolare diffuso e progressivo.

Figura 13. Cambiamenti patologici nei polmoni e nei reni ottenuti da campioni autoptici di pazienti con

CoVid-19. (A) ispessimento alveolare: si osservano setti con infiltrato linfocitico ed edema insieme a danno e rilascio di cellule epiteliali alveolari e altri detriti negli spazi alveolari. (B) Alveoli con ispessimento variabile delle pareti con fibrosi parziale del collagene (parte superiore destra) e grave danno con, oltre a detriti cellulari, edema intra-alveolare, proteine, fibrina e membrane ialine. (C) Cambiamenti patologici nei reni da un campione autoptico di un paziente con CoVid-19. I tubuli contorti prossimali mostrano una perdita dell'integrità del bordo della spazzola e una degenerazione vacuolare. Questo coincide con i detriti composti da epitelio necrotico nel lume tubolare, inoltre aggregati eritrocitari, che ostruiscono i capillari peritubulari, sono spesso presenti; in alcuni casi, sono presenti infiltrati infiammatori nei tubuli con focolai multipli di batteri. (D) Trombi di fibrina segmentale sono stati osservati nei glomeruli, con contrazione glomerulare ischemica e accumulo di perdite di plasma nello spazio di Bowman.

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- Sistema circolatorio

Sebbene il CoVid-19 si presenti come una malattia respiratoria grave, notiamo di frequente anche un danno acuto al miocardio, manifestandosi con un aumento della troponina cardiaca I (cTnI) e T (cTnT) fino al 28% dei pazienti con CoVid-19 confermati in laboratorio (Guo T. et al 2020; Bourgonje A. R. et al 2020). Il danno al miocardio è stato associato all’aumento dei tassi di mortalità, quelli più alti coincidono con livelli più elevati di cTnT, ma anche con malattie cardiovascolari preesistenti, che ovviamente predispongono a lesioni del miocardio da parte del SARS-CoV-2; mentre è ancora poco chiara la relazione tra danno miocardico (associato a infarto del miocardio, insufficienza cardiaca e aritmie ventricolari) e mortalità in risposta all’infezione da SARS-CoV-2. Tuttavia la presenza di ACE2 in diverse cellule del sistema cardio circolatorio è ormai chiara e confermata, rendendo quindi il cuore e i vasi potenzialmente soggetti all’infezione da SARS-CoV-2 con conseguenti ripercussioni a loro carico. In particolare sono i periciti che esprimono i livelli più elevati di ACE2, quindi diventando le preferenziali cellule bersaglio del virus; così andando a causare disfunzione capillare delle cellule epiteliali (dopo l’infezione), culminando nella lesione miocardica. Finora è stato pubblicato solo un caso clinico riportante la presenza di SARS-CoV-2 nel cuore (Tavazzi G. et al 2020). Probabilmente, l’infezione diretta dell’endotelio cellulare potrebbe causare danni sistemici alla funzionalità microcircolatoria, visto che il CoVid-19 è stato anche collegato a varie endoteliti in diversi organi, quali: cuore, polmone, fegato e reni e intestino (Varga Z. et al 2020; Bourgonje A.R et al 2020). Queste osservazioni, suggeriscono che l’infezione diretta all’endotelio e\o infiammazione perivascolare possono scatenare: disfunzione endoteliale, edema tissutale e portare anche ad una patologia microvascolare, in particolare in pazienti con preesistenti disfunzioni endoteliali.

- Rischio tromboembolico

I pazienti affetti da CoVid-19 sono particolarmente a rischio di sviluppo di coagulopatia simile alla coagulopatia intravascolare disseminata (DIC), probabilmente a causa sia di trombosi venosa che arteriosa. Un recente studio olandese ha dimostrato un’incidenza di tromboembolia venosa (TEV) del 27% mentre circa il 4% di quella arteriosa nei pazienti ricoverati in terapia intensiva affetti da

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CoVid-Inoltre molti studi autoptici hanno mostrato trombi nei vasi polmonari riconducibili a microtrombi, prevalentemente presenti in situazioni dove esistono marcati eventi pro infiammatori, come possono essere cellule infettate e il danno alveolare. Come nei casi negativi al CoVid-19, un parametro per la diagnosi dell’embolia polmonare, trombosi venosa profonda e coagulazione intravasale disseminata, è il D-dimero, un prodotto di degradazione della fibrina rilevabile nel sangue a seguito di episodi fibrinolitici; pazienti con livelli di D-dimero alti solitamente mostravano un esito clinico peggiore (Panigada M. et al 2020).

- Tratto gastrointestinale

Annoverati tra i sintomi del CoVid-19 troviamo quelli gastrointestinali, quelli più comuni sono: diarrea, vomito e dolore addominale. Teoricamente SARS-CoV-2 potrebbe invadere direttamente il tratto gastrointestinale tramite ACE2, visto che è particolarmente espresso nell’esofago, nel tratto superiore, e negli enterociti dell’ileo e del colon, sia sull’orletto a spazzola sia più in profondità, che nella mucosa muscolare. Inoltre ACE2 è co-espresso assieme a TMPRSS2 proprio in questi tratti, infatti alti livelli dell’enzima sono evidenziati nell’IBD (inflammatory bowel disease, malattia infiammatoria intestinale), accompagnata da elevate concentrazioni di Ang1-7. Finora comunque non ci sono prove di maggiore suscettibilità al CoVid-19 nei pazienti affetti da IBD, ma complessivamente è stato rimarcato che SARS-CoV-2 infetta attivamente e si replica all’interno del tratto gastrointestinale, implicando una possibile via di trasmissione oro-fecale.

-Coinvolgimento renale

Recenti evidenze indicano un coinvolgimento significativo del rene nel CoVid-19; sebbene in precedenza era stato riportato un danno renale acuto (AKI) relativamente modesto, successivamente è stato osservato che il tasso di incidenza di un danno renale acuto è in aumento e la sua presenza è associata ad una maggiore gravità della malattia, con ricovero in terapia intensiva ed è pure un segno prognostico avverso per la sopravvivenza dell’individuo (Durvasula R. et al 2020). L’espressione di ACE2 è stata confermata sul bordo delle cellule tubulari del tubulo prossimale e sui podociti, mentre le cellule glomerulari e del mesangio sono debolmente o negative per ACE2 (Hamming I. et al 2004). In un’analisi istopatologica dei reperti post-mortem hanno riportato una lesione tubulare acuta diffusa

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necrosi, così come eritrociti prominenti aggregati che occludono il lume capillare con conseguente danno endoteliale (Figura 13C, D). Seguendo la distribuzione tissutale di ACE2 nel rene, particelle simili al coronavirus sono state identificate nell'epitelio tubulare e nei podociti. Questi risultati potrebbero indicare che il SARS-CoV-2 abbia come ulteriore bersaglio il parenchima renale, nello specifico l'epitelio tubulare renale e i podociti, portando a danno endoteliale che può indurre AKI e condurre a proteinuria e a livelli elevati di creatinina sierica. Inoltre, le infezioni da SARS-CoV-2 sembrano essere più frequentemente associato ad AKI rispetto a quelle dovute al predecessore SARS-CoV, trovando spiegazione nell’elevata affinità di CoVid-19 per ACE2, il che contemplerebbe una maggiore infettività renale.

3.6 Tempesta citochinica da CoVid-19: aspetti fondamentali nell’infezione

Con il termine “tempesta citochinica”, o ipercitochinemia, si intende un termine generico associato al rilascio anomalo di citochine in risposta ad infezioni e altri stimoli; la patogenesi che la riguarda è complessa ma include la perdita del controllo regolatorio delle citochine proinfiammatorie e altri fattori infiammatori e la loro produzione, sia a livello locale sia sistemico. La malattia progredisce rapidamente e il livello di mortalità è molto alto; in relazione a ciò, alcune prove dimostrano che, durante l’epidemia di CoVid-2019, il grave peggioramento in alcuni pazienti fosse dovuto al rilascio sregolato ed eccessivo di citochine (nella Tabella 1 si riportano le principali citochine coinvolte nell’infezione da hCov). Una rapida risposta immunitaria innata è cruciale come prima linea di difesa contro le infezioni ed è stato a lungo ritenuto che le citochine ricoprano un ruolo importante durante le infezioni, tra cui quelle virali; però, come abbiamo già accennato, un’azione anomala ed eccessiva della risposta immunitaria è nociva per lo stesso organismo che in verità doveva proteggere e preservare. Le evidenze rilevanti ottenute grazie ai pazienti gravemente malati di coronavirus mostrano che nelle prime fasi dell’infezione il rilascio delle citochine e chemochine nell’epitelio respiratorio è ritardato, mentre, successivamente, le cellule iniziano a secernere bassi livelli di interferoni antivirali (IFN) e alti livelli proinfiammatori di citochine (interleuchina (IL)-1 β, IL-6 e fattore di necrosi tumorale (TNF) e chemochine (C-C (CCL)-2, CCL-3 e CCL-5) (Cheung C. Y. et al 2005; Ye Q. et al 2020). La produzione di IFN-I o INF-α\β è la chiave nella risposta immunitaria contro le infezioni virali e in

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con una conseguente eccessiva infiltrazione delle stesse nei tessuti interessati, quali quello polmonare, portando a lesioni del tessuto. Quindi come osservato per i precedenti coronavirus umani, anche il virus SARS-CoV-2, una volta entrato nelle cellule epiteliali respiratorie, provoca una risposta immunitaria con produzione di citochine infiammatorie accompagnato da una debole risposta di INF. Le risposte immunitarie proinfiammatorie delle cellule Th1 (Linfociti T helper) e dei monociti intermedi (CD14+ e CD16+) sono regolate dai recettori immunitari legati alle membrane cellulari e dalle vie di segnalazione a valle; questi meccanismi sono seguiti da un’infiltrazione massiccia di macrofagi e neutrofili nel tessuto polmonare che si traduce in una tempesta citochinica (Hussman J. P. et al 2020; Hu B. et al 2020). In particolare, SARS-CoV-2 può attivare rapidamente le cellule Th1 per secernere citochine proinfiammatorie, come il fattore stimolante le colonie di granulociti-macrofagi (GM-CSF) e IL-6; è proprio GM-CSF che attiva ulteriormente i monociti infiammatori CD14+ e CD16+ a produrre maggiori quantità di IL-6, TNF-α e altre citochine (Haiming W. et al 2020; Hu B. et al 2020). La tempesta citochinica nel CoVid-19 è caratterizzata da un’alta espressione di IL-6 e TNF-α e il meccanismo proposto prevede come causa scatenante l’AngII, perché è proprio con il suo aumento che si vanno ad innescare una serie di meccanismi e fattori proinfiammatori e infiammatori, caratteristici della così detta tempesta citochinica (Hirano T. e Murakami M. 2020; Hu B. et al 2020).

Tabella 1. Principali citochine coinvolte nella tempesta citochinica durante le infezioni di hCoV.

SARS-CoV MERS-CoV SARS-CoV-2

Citochine

^ IL-1β ^IL-15 ^IL-2

^ IL-6 ^IL-17 ^IL-4

^ IL-8 ^INF-γ ^IL-6

^ IL-12 ^TNF-α ^IL-7 ^ IP-10 ^IL-10 ^ MCP-1 ^G-CSF ^ INF-γ ^IP-10 ˅ IL-4 ^MCP-1 ^MIP1A ^TNF-α ^INF-γ

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3.7 Ruolo degli estrogeni nella regolazione delle citochine, una possibile terapia

contro la tempesta citochinica da CoVid-19

Come esaminato nei paragrafi precedenti, è ormai accertato che tra gli esiti più gravi e fatali nella malattia da SARS-CoV-2 è la “tempesta citochinica”, chiamata così per l’eccesso di produzione di citochine proinfiammatorie senza controllo, che porta a lesioni polmonari e ARDS, accompagnata da edema e insufficienza polmonare. In questi pazienti sono stati osservati elevati livelli di alcune citochine, come la IL-2, IL-7 e TNF-α, in particolare IL-7 promuove una serie di reazioni che portano all’induzione di altri fattori poinfiammatori, tra cui IL-6 (la quale è anche direttamente indotta dal virus stesso, probabilmente con un’iterazione con le componenti virali e i recettori delle cellule ospiti) che è la maggior responsabile del danno polmonare, portando all’infiltrazione interstiziale di fibroblasti e di macrofagi negli alveoli (Sun Y. et al 2020; Calderone A. et al 2020). Un fatto interessante è che i recettori degli estrogeni (ER, Estrogen Receptors) regolano l’espressione genica dell’IL-6 attraverso l’inibizione di fattori di trascrizione NF-IL-6 e NF-kB (Luo Y. e Zheng S. G. 2016; Calderone A. et al 2020) conferma della loro attività “antinfiammatoria” ci sono numerosi studi con modelli murini in cui i recettori per l’estradiolo nelle cellule infiltrate nei polmoni riducono notevolmente i marcatori proinfiammatori e anche alcuni effetti protettivi nelle infiammazioni polmonari dovute ad infezione virale (Vegeto E. et al 2010; Vermillion M. S. et al 2018; Calderone A. et al 2020). Non solo gli estrogeni endogeni hanno questo effetto protettivo, ma anche farmaci appartenenti alla classe dei SERMs (Selective Estrogen Receptor Modulators), aventi diversi effetti sugli ER, riescono a stimolare significative risposte antinfiammatorie e inibiscono molte citochine proinfiammatorie in diverse situazioni, sia localmente che sistemicamente. A comprovare quanto detto, uno studio di Channappanavar e collaboratori (Channappanavar R. et al 2017; Calderone A. et al 2020) ha dimostrato degli significativi effetti protettivi dei SERMs (tamoxifene) nei topi femmina, come pure una maggiore suscettibilità al SARS-CoV dei topi maschi o femmine aventi subito ovariectomia o trattate con antagonisti ER, aumentandone anche la mortalità, accompagnata da edema polmonare. Quindi questi dati ci suggeriscono che la modulazione di ER e l’uso di SERMs e/o “Tissue Selective Estrogen Complex” (TSEC, una combinazione di SERMs e estrogeni naturali) potrebbe essere una valida opzione farmacologica nel trattamento della “tempesta citochinica” e infiammazioni associate a

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CoVid-CAPITOLO 4: FARMACI UTILIZZATI CONTRO L’INFEZIONE

4.1 Patogenesi e possibili strategie terapeutiche

Come descritto nei capitoli precedenti, il virus SARS-CoV-2 può passare attraverso le mucose del tratto respiratorio superiore, quindi negli epiteli nasali e faringei, o direttamente entrare nel tratto respiratorio inferiore e infettare le cellule bronchiali e alveolari; perciò principali sintomi dell’infezione respiratoria sono febbre e tosse. Dai polmoni il virus può procedere tramite la circolazione sanguigna (viremia) verso altri organi, i quali esprimono anche loro ACE2, come cuore, vasi, reni e tratto gastrointestinale. Tuttavia potrebbe essere anche il tratto gastrointestinale stesso ad essere direttamente infettato per via orale. La fase clinica progredisce dalla viremia iniziale ad una fase acuta (polmonite), seguita da guarigione oppure da un peggioramento della malattia (ARDS, AKI e eventualmente insufficienza multiorgano), che richiede un ricovero in terapia intensiva; il diverso destino dipenderà o meno da diversi fattori quali: comorbidità, infiammazione persistente indotta dall’obesità, funzione immunitaria ed equilibrio ACE/ACE2. Ogni fase della malattia richiede il proprio trattamento e regime terapeutico, seguendo passo dopo passo i meccanismi innescati dal virus. Le strategie terapeutiche che sono soggette a studio e revisione prevedono alcune strategie, quali:

- Interferire con le dinamiche virus/ospite

Perciò, per quanto abbiamo visto, si tratterebbe di ostacolare l’interazione tra ACE2 e l’interfaccia S-RBD, questo è possibile utilizzando piccole molecole in grado di interrompere o influenzare negativamente qualsiasi legame proteina – proteina, quindi andando ad impedire l’ingresso del virus nella cellula ospite. A questo scopo, in un recente lavoro sono stati identificati attraverso metodologie computazionali 77 candidati dal database dell’FDA capaci di influenzare tale legame. I composti devono ad oggi essere valutati in esperimenti appropriati (Smith M. et al 2020; Gil C. et al 2020). Tra le proteine strutturali, la proteina S è stata oggetto di esami approfonditi come potenziale bersaglio farmacologico, dato il suo ruolo fondamentale nell’ingresso del virus nella cellula ospite (Figura 12). Ad oggi sono stati effettuati alcuni screening che dimostrano l’azione di alcune molecole come inibitori della proteina S ma devono essere ulteriormente convalidati, come nel caso dell’esperdina (Wu C. et al

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- Inibizione del recettore ACE2

Dal momento che una probabile causa delle lesioni al miocardio può essere l’attivazione di ACE2, potrebbero essere usati come terapia efficace degli ACE-inibitori, come una sorta di organo protettori; anche se l’impatto reale degli ACE inibitori su CoVid-19 è ancora controverso e dibattuto. Uno dei potenziali candidati presi in considerazione è il telmisartan, questo perché è ben assorbito dopo somministrazione orale, è un bloccante del recettore per l'angiotensina (ARB, angiotensin receptor blocker) con la più lunga emivita plasmatica (24 h), raggiunge le concentrazioni tissutali più elevate grazie alla sua elevata solubilità lipidica e volume di distribuzione elevato (500 L) e si dissocia più lentamente dopo essersi legato al AT1R, provocando un blocco apparentemente irreversibile (Kakuta H. et al 2005; Michel M. C. et al 2013; Rothlin R. P. et al 2020). Di recente Gurwitz D. aveva proposto l’uso del telmisartan e del losartan per il trattamento dei pazienti affetti da CoVid-19, prima dell’insorgenza dell’ARDS (Gutwitz D. 2020). Mentre ad inizio anno è stato iniziato uno studio clinico di fase II randomizzato in aperto per la valutazione del Telmisartan [Telmisartan – (NCT04355936)], condotto da Bertel®, Laboratorio Elea Phoenix S.A. (Buenos Aires, Argentina), con la collaborazione del Dott. Carlos R. Rojo (Facoltà di Medicina, Università di Buenos Aires) (clinicaltrials.gov\NCT04355936). In breve, pazienti con diagnosi confermata di SARS-CoV-2, saranno randomizzati per ricevere 80 mg/12 ore di telmisartan, più le cure standard.

Per quanto riguarda le cure standard è previsto un monitoraggio per controllare l’eventuale sviluppo di infiammazioni sistemiche e sindrome da distress respiratorio acuto; tra le altre variabili da valutare ci sono anche la funzionalità polmonare e cardiovascolare.

- Somministrazione di ACE2 solubile

È stato dimostrato che SARS-CoV-2 regola in senso negativo l’espressione di ACE2, perciò è stata proposta come opzione un composto consistente di ACE2 solubile, che potrebbe esercitare un effetto competitivo con l’ACE2 dell’ospite per il legame con la proteina S. ACE2 solubile o APN01 imita l’enzima ACE2 umano, perciò il virus andrebbe a legare APN01 piuttosto che quello umano sulla superficie cellulare, non andando più ad infettare le cellule. Questo porterebbe ad un effetto benefico

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