• Non ci sono risultati.

Time-Frequency Packing in Sistemi Ottici Low-cost per Reti di Accesso Radio Centralizzate

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Time-Frequency Packing in Sistemi Ottici Low-cost per Reti di Accesso Radio Centralizzate"

Copied!
151
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA‟ DI PISA

Ingegneria delle Telecomunicazioni

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Time-frequency packing in sistemi ottici low-cost per reti

di accesso radio centralizzate

Candidato:

Davide Damiano

Relatori:

Prof. Filippo Giannetti Prof. Marco Luise

Dott. Ing. Antonio Malacarne Dott. Ing. Tommaso Foggi

Pisa

(2)
(3)

A Marzia e

Alla mia famiglia

(4)
(5)

Indice

Introduzione ... 1

1

Elementi di reti ottiche passive ... 5

1.1 Introduzione alle Reti ottiche passive ... 5

1.2 Radio Access Network ... 13

1.3 Requisiti di progetto ... 17

2

Tecniche e dispositivi costituenti il sistema ... 19

2.1 Intensity Modulation/Direct Detection (IM/DD) ... 19

2.2 Coherent Detection ... 25

2.3 Wavelength Division Multiplexing e Sub Carrier Multiplexing ... 29

2.4 Time Frequency Packing ... 32

2.4.1 Filtro equalizzatore fisso e compensazione Group Velocity Dispersion ... 36

2.4.2 Algoritmo di Rife-Boorstyn e compensazione offset di frequenza ... 37

2.4.3 Feed Forward Equalizer e compensazione Polarization Mode Dispersion ... 39

2.4.4 Decodifica per mezzo di algoritmi BCJR e decoder LDPC ... 45

2.5 Vertical-cavity surface-emitting laser ... 54

2.6 Microring resonator ... 59

2.7 Reflective semiconductor optical amplifier ... 63

3

Setup del sistema ... 69

3.1 Introduzione ... 69

3.2 Architettura del sistema con modulazione di intensità OOK ... 74

3.2.1 Trasmettitore Digital Unit ... 74

3.2.2 Filtro di add & drop ... 76

(6)

3.2.4 Ricevitore Remote Radio Unit ... 78

3.2.5 Ricevitore Digital Unit ... 79

3.3 Architettura del sistema con modulazione di fase BPSK ... 80

3.3.1 Trasmettitore Digital Unit ... 80

3.3.2 Ricevitore Remote Radio Unit ... 81

3.4 Considerazioni sul sistema ... 82

3.5 Caratterizzazione dei dispositivi ... 84

3.5.1 VCSEL veloce ... 84

3.5.2 VCSEL lenti ... 89

3.5.3 RSOA ... 93

4

Modifiche al Digital Signal Processing e simulazioni ... 96

4.1 Introduzione ... 96

4.2 Modifiche al Digital Signal Processing ... 96

4.3 Risultati delle simulazioni ... 101

5

Esperimenti e risultati ... 110

5.1 Introduzione ... 110

5.2 Misure per il sistema con modulazione BPSK ... 111

5.2.1 Setup dell‟esperimento in configurazione “self-homodyne” e risultati ... 111

5.2.2 Setup dell‟ esperimento in modalità “ intradyne” e risultati ... 117

5.3 Misure per il sistema con modulazione OOK ... 120

6

Conclusioni ... 123

Bibliografia ... 129

Lista delle figure ... 133

Glossario ... 139

(7)
(8)
(9)

Introduzione

La diffusione di servizi di telecomunicazione ad alta qualità per l‟utente mobile ha reso necessario il potenziamento delle infrastrutture delle reti di accesso radio (Radio Access Network-RAN) per poter far fronte all‟esosa richiesta di banda da parte di questi servizi. La soluzione adottata dagli operatori va verso una progressiva e totale conversione delle tecnologie in rame in tecnologia ottica con particolare attenzione alle reti ottiche passive (Passive Optical Network-PON) che grazie all‟assenza di elementi ottici attivi lungo la tratta di collegamento rappresentano la soluzione più affidabile ed economica per le reti di accesso ottiche.

Per le reti di accesso radio una soluzione che garantirebbe un vantaggio sia in termini economici che in termini prestazionali è rappresentata dall‟adozione di una architettura centralizzata, in cui diversi terminali che erogano il servizio agli utenti (rappresentati dalle stazioni radio base-RBS) fanno capo ad un‟unica unità centrale di elaborazione dati.

Una rete di accesso radio centralizzata prevede quindi una Remote Radio Unit (RRU o Remote Radio Head-RRH) collocata presso ogni singola cella per la raccolta e l‟inoltro dei dati verso un‟unità centrale, la Digital Unit (DU o Baseband Unit-BBU) , che si occupa del processing dei dati provenienti da tutte le RRUs ad essa collegate e li inoltra verso la Backhaul network o viceversa preleva i dati dalla Backhaul li elabora e li inoltra oppotunamente alle RRUs.

La struttura centralizzata della RAN consente la riduzione dei costi grazie ad una struttura ed una tecnologia meno complessa e ingombrante dei terminali RRU (presenti in ogni cella e installabili a ridosso delle antenne) rispetto alle classiche RBS. Qesta caratteristica rende le RRU più robuste e di facile alimentazione. Dall‟altro lato la condivisione da parte dei terminali RRU di un‟unica unità di controllo (la DU) consente di allocare dinamicamente le risorse destinate alle varie celle in modo che rispondano alle reali esigenze del momento, con un notevole risparmio di energia, di banda e una generale ottimizzazione delle risorse.

Infine una struttura centralizzata consente l‟impiego di tecniche di nuova concezione denominate Cooperative multipoint (o Coordinated multipoint-COMP) che sfruttano la

(10)

coordinazione fra le antenne e il processing centrallizzato per ridurre le interferenze ed aumentare il throughput.

Questa struttura è adoperabile ed è in grado di garantire i vantaggi appena enunciati a patto che il sistema di trasmissione ideato per mettere in comunicazione DU e RRUs soddisfi una serie di requisiti stringenti, definiti dal protocollo Common Public Radio Interface (CPRI) adottato per la comunicazione, ed al contempo utilizzi tecniche ed architetture di trasmissione tali da garantire elevate prestazioni a costi contenuti.

A tale scopo l‟architettura del sistema di trasmissione ottico qui riproposta presenta una serie di accorgimenti per raggiungere questi obbiettivi tra cui :

 l‟utilizzo di un‟architettura Wavelength Division Multiplexing in ambito PON in cui viene riservato un canale spettrale per la comunicazione fra la DU ed ognuna delle RRUs al fine di massimizzare la capacità del collegamento; inoltre l‟assenza di elementi attivi al di fuori dei terminali della rete garantisce affidabilità, facilità di manutenzione ed in generale minori costi di realizzazione e mantenimento del sistema.  L‟utilizzo di terminali RRUs colorless, cioè funzionanti su diverse lunghezze d‟onda entro una certa finestra ottica, la cui lunghezza d‟onda di emissione può essere controllata esternamente tramite la DU e che quindi non necessitano di una preconfigurazione hardware, favorendo la serializzazione ed abbattendo i costi di produzione.

 Utilizzo di dispositivi low-cost a basso consumo energetico e facilmente integrabili su silicio come i Vertical Cavity Surface Emitting Laser (VCSEL) ed i Reflective Semiconductor Optical Amplifier (RSOA), le cui basse prestazioni in termini di banda di modulazione non rappresentano un limite stringente alla velocità di trasmissione grazie all‟ ausilio di tecniche di trasmissione apposite che fanno largo uso di Digital Signal Processing (DSP).

In particolare per garantire velocità di trasmissione elevate impiegando al minimo le risorse spettrali disponibili (la banda è una risorsa molto costosa) si rinuncia alla tradizionale segnalazione ortogonale. Questo consente inoltre di utilizzare trasmettitori alla DU e alle RRU a basso costo con bande di modulazione molto limitate.

La tecnica adottata in tal senso in questa sede è il Time-frequency Packing (TFP) che consiste nell'invio di treni di impulsi che si sovrappongono nel tempo o in frequenza o in entrambi i domini e permette, introducendo interferenza intersimbolica (ISI) e inter-carrier (ICI) intenzionale, di raggiungere elevate efficienze spettrali anche con formati di modulazione relativamente semplici .

(11)

L‟uso del TFP non pone particolari vincoli sulla configurazione hardware del sistema di trasmissione ma necessita dell‟utilizzo di codici e del digital signal processing opportuno implementato al ricevitore per poter compensare i disturbi e l‟interferenza elevata prodotta da una segnalazione non ortogonale.

La tesi proposta è articolata nel seguente modo:

Nel Capitolo 1 dopo una breve panoramica sulle reti PON vengono presentate alcune architetture di sistemi WDM-PON e ricetrasmettitori colorless, presenti in letteratura, da cui si è tratta inspirazione per la progettazione del sistema illustrato nel Capitolo 3 che costituisce l‟infrastruttura di collegamento in una RAN. Successivamente viene descritta la struttura tipica di una Radio Access Network e vengono messi in evidenza i requisiti del protocollo CPRI usato per la comunicazione a cui il sistema deve rispondere per garantire il buon funzionamento della comunicazione.

Nel Capitolo 2 vengono inizialmente richiamati schemi basati sia su detection diretta che coerente, con particolare attenzione alle tecniche di multiplazione Wavelength Division Multiplexing e Subcarrier Multiplexing. Viene poi descrittala la tecnica del Time-Frequency-Packing e gli elementi principali del Digital Signal Processing utilizzato in tali ambiti. Successivamente vengono introdotti i dispositivi chiave utilizzati nell‟ architettura del sistema di trasmissione: VCSEL, RSOA e microring resonator.

Nel Capitolo 3 dopo aver presentato i requisiti cui deve soddisfare il sistema di trasmissione, viene presentato il sistema dapprima in generale ponendo l‟enfasi nelle caratteristiche chiave che gli permettono di soddisfare i requisiti enunciati, poi più nel dettaglio analizzando singolarmente trasmettitore e ricevitore della DU e delle RRUs.

Nel Capitolo 4 viene presentato il lavoro effettuato su un software, precedentemente ideato dai ricercatori si Scuola Superiore Sant'Anna e CNIT per simulare un sistema che implementasse la tecnica TFP in una architettura adatta all‟impiego nelle core network, per permettere di adattarlo all‟utilizzo in una rete di accesso ed in particolare in una RAN, illustrando al contempo i risultati delle simulazioni ottenute col software.

Nel Capitolo 5 vengono presentati gli schemi utilizzati per le misure sperimentali che hanno permesso di comprovare la validità della soluzione proposta per la trasmissione in downlink da DU a RRU sia per un‟architettura del sistema che implementa un modulazione di fase BPSK, sia per un‟architettura del sistema che implementa un modulazione di intensita OOK. Sono quindi mostrati i risultati degli esperimenti che hanno permesso di verificare l‟efficacia della soluzione proposta.

(12)

Infine nel Capitolo 6 vengono analizzati i dati delle misure già illustrate nei capitoli 5 e 6 e si traggono le dovute conclusioni in merito al lavoro svolto.

(13)

1

Elementi di reti ottiche passive

1.1

Introduzione alle Reti ottiche passive

Negli ultimi anni, il crescente sviluppo di internet e la continua nascita di nuove applicazioni e servizi multimediali (come l‟e-commerce, servizi di teleconferenza e streaming video) che richiedono grandi quantità di risorse di trasmissione, hanno spinto l„industria delle telecomunicazioni ad evolversi ed espandersi per poter soddisfare tali richieste.

Negli anni aumenta sempre di più la consapevolezza del fatto che il modo migliore (con le attuali conoscenze) per sostenere questa continua crescita di richiesta di risorse è rappresentato dall‟impiego di tecnologia ottica nelle telecomunicazioni.

A tale scopo nel recente passato è stato necessario aggiornare la precedente rete in rame ormai obsoleta con una più avanzata rete ottica, con le relative conseguenze in termini di Capital Expediture (Capex, o costi di creazione) ed Operating Expediture (Opex, o costi di gestione/mantenimento).

Un primo passo è rappresentato dalla sostituzione dell'infrastruttura di rete core (o backbone, che rappresenta la rete a grande distanza) in rame con quella ottica in fibra, un'operazione sicuramente molto onerosa ma resa sostenibile dalla bassa capillarità e dall'alto grado di condivisione delle risorse della rete core.

Il passo successivo riguarda la sostituzione delle reti metropolitane (metro access network, rete di raccordo tra access e backbone) e delle reti di accesso (access network, il livello più basso della rete che trasporta l‟informazione da e verso l‟utente) per evitare che esse rappresentino un collo di bottiglia per la trasmissione dei dati. In questo modo esse saranno in grado di supportare varie tipologie di traffico per diverse applicazioni, in tempo reale e non, e con opportune architetture sarà possibile convogliare in un'unica infrastruttura traffico di reti mobile e fissa.

E‟ evidente che la sostituzione delle reti di accesso, per via della loro alta capillarità e diffusione nel territorio, rappresenta un investimento più oneroso; tali reti hanno bisogno di architetture mirate ad aumentare la condivisione delle infrastrutture fisiche, ridurre i costi di posa e manutenzione della rete e quindi minimizzare il costo per utente servito. A tale scopo

(14)

le Passive Optical Networks (PONs) sono delle architetture impiegate nelle Access Networks che coniugano molteplici vantaggi in tal senso [1].

Per Access network, detta anche ultimo miglio ("last mile") o rete locale, si intende l‟infrastruttura di rete a livello periferico, cioè quella parte della rete che collega l‟ultima centrale di commutazione all‟utente finale. Ad un capo dell‟ultimo miglio è presente il Central Office, dove si collegano i cavi che raggiungono i vari utenti, in cui sono presenti gli apparati di switching e di routing che concentrano e dirigono i dati verso la rete pubblica, mentre al capo opposto è presente l‟utente finale, che può essere situato in una casa, in un edificio, in un campus ecc.. La access network si distingue dalla rete backbone per le distanze brevi e le velocità limitate dei molteplici collegamenti. Inoltre, frequenti sono le riconfigurazioni della rete, difficilmente ottenibili invece nelle reti backbone.

Una PON è una Access network che utilizza tecnologia ottica ed è caratterizzata dall‟assenza di elementi attivi al di fuori delle sedi dove sono collocate le OLT (Optical Line Termination) − interfaccia condivisa tra tutti gli utenti connessi e la rete backbone − e le ONU (Optical Network Unit), terminazioni da cui l‟ utente accede ai servizi della rete. In particolare, nelle PON si tende a minimizzare quanto più possibile il consumo energetico delle ONU, evitando ad esempio di includere in tali unità delle sorgenti laser ad alto consumo [2]-[3].

Una PON è in genere basata su topologie di rete ad albero, realizzate mediante l‟uso di ripartitori ottici di tipo passivo. La struttura generale di una rete PON è rappresentata in Fig. 1-1.

(15)

OLT ed ONU sono collegate fra loro da una rete di distribuzione ottica (Optical Distribution Network, ODN) attraverso delle configurazioni punto-multiplunto che possono essere realizzate con uno o più livelli di diramazione e con i diramatori ottici disposti più o meno vicini alla OLT o alle sedi cliente, a seconda della disponibilità di fibra e delle strategie del gestore di rete.

A tal proposito, in base alle strategie adottate dal gestore della rete per quanto riguarda il grado di penetrazione del segmento di fibra verso l'utente (prevedendo cioè che una porzione del trasporto dati avvenga su tecnologia in rame in base alla complessità e al costo della sostituzione della rete), possiamo distinguere architetture di infrastruttura differenti.

Le principali sono le seguenti:

• Fiber-To-The-Cabinet (FTTCab), in cui il punto di transizione da fibra a cavo di rame è rappresentato da un cabinet in strada che presenta elementi attivi per la conversione opto-elettronica ed elettro-ottica (OE ed EO).

• Fiber-To-The-Building / Curb (FTTB / C) in cui la conversione opto-elettronica avviene dentro l‟edificio degli utenti.

• Fiber-To-The-Home (FTTH), in cui la tecnologia è tutta ottica e la fibra arriva fino all'abitazione dell'utente finale.

(16)

Le architetture punto-multipunto di tipo PON per la loro caratteristica di assenza, nel lato utente, di elementi attivi, unitamente all'impiego di tecniche di multiplazione per trasportare su un'unica fibra traffico destinato a vari utenti−cosa che ben si adatta al loro utilizzo nelle reti di accesso (capillari, ma di bassa estensione) − presentano tipicamente i seguenti vantaggi [1]-[2]:

• riduzione del numero di collegamenti fisici (cavi o fibre) che provengono dalla OLT e devono essere interrati su strada − questo soprattutto grazie alle tecniche di multiplazione che consentono la condivisione di un unico mezzo fisico da parte di più utenti;

• possibilità di riconfigurare la rete agendo esclusivamente sui terminal equipment (OLT ed ONU) alle estremità della rete − in questo modo non è necessario sostituire i cavi (o le fibre) gia “stesi”, o intervenire su di essi;

• alta affidabilità e facilità di manutenzione rispetto alle architetture con elementi attivi lungo il percorso del cavo;

• bassi costi e bassi consumi energetici;

Per rendere effettive ed efficaci tali architetture è necessario sviluppare tecniche e tecnologie che rendano queste soluzioni sempre più efficienti energeticamente, oltre che affidabili ed economiche. Ad esempio, l‟utilizzo di tecniche di Wavelength Division Multiplexing su reti PON (WDM-PON), unito all‟impiego di ricetrasmettitori trasparenti alla lunghezza d'onda (colorless transceivers), come verrà chiarito in seguito, rappresenta un importante traguardo in merito a questi obbiettivi.

Nella realizzazione di un sistema di ricetrasmissione efficiente nell‟ambito delle Radio Access Network (RAN) oggetto di questa tesi, devono essere affrontate molte delle problematiche già considerate nel contesto delle WDM-PON, vale a dire:

• realizzazione di un sistema WDM per mettere in comunicazione OLT ed ONUs, creando canali virtuali separati per ciascuna ONU ma condividendo lo stesso mezzo fisico − questo senza utilizzare tecniche TDMA e CDMA che aumenterebbero il carico computazionale e la latenza;

• realizzazione di una trasmissione bidirezionale (comunicazione full-duplex) su un singolo canale (intervallo spettrale), utilizzando tecniche come la sub-carrier multiplexing, che consente di allocare una sottoportante alla trasmissione da OLT ad ONU (downstream) ed un‟ altra sottoportante alla trasmissione da ONU ad OLT (upstream);

• Realizzazione di un trasmettitore sintonizzabile per l'ONU, che sia in grado di sintonizzarsi alla stessa lunghezza d'onda utilizzata dall'OLT impiegata per comunicare

(17)

esclusivamente con quella ONU − in questo modo è possibile riservare un canale WDM ad ogni ONU.

Di fatto, per la realizzazione di un trasmettitore nella ONU (che nelle RAN viene denomoniata remote radio unit − RRU) che si sintonizzi alla lunghezza d'onda utilizzata dalla OLT (nelle RAN, digital unit − DU), è stato dimostrato che l'amplificatore ottico a semiconduttore riflettente (Reflective Semiconductor Optical Amplifier, RSOA) rappresenta un'ottimo espediente per garantire buone prestazioni a costi e consumi energetici molto bassi [4]-[5].

Infatti l‟RSOA può essere utilizzato nelle WDM-PON come modulatore elettro-ottico colorless (dipendenza trascurabile rispetto alla lunghezza d'onda d'utilizzo, a patto di restare nella sua banda operazionale − finestra II (~1310nm) o III (~1550nm)) all‟ ONU; la caratteristica di questo dispositivo è quella di utilizzare una sorgente laser esterna chiamata "seed", la cui emissione viene riflessa, ri-amplificata e ri-modulata in intensità dall'RSOA grazie alla variazione del suo guadagno che viene modulato sulla base del segnale dati upstream.

Con lo scopo di utilizzare come sorgente laser esterna una porzione spettrale del segnale trasmesso in downstream dall‟ OLT, viene impiegata la tecnica del sub-carrier multiplexing che consiste nel produrre dapprima un segnale Frequency Division Multiplexing (FDM) elettrico modulando N portanti nella banda delle microonde con modulatori elettrici e successivamente utilizzare tale segnale elettrico FDM per modulare in intensità una portante ottica. Questa tecnica consente di trasmettere, in un range spettrale di occupazione prestabilito, due componenti frequenziali separate: una sideband che consiste nel segnale downstream informativo da inviare al ricevitore dell ONU, e la portante ottica vera e propria che rappresenta il “seed” usato per alimentare l„RSOA e consentire la trasmissione dall‟ ONU all'OLT. La portante ottica trasmessa in downlink verrà modulata in upstream per trasmettere il segnale informativo proveniente dall‟ONU. Questa architettura consente di ridurre notevolmente il crosstalk (o interferenza fra canali spettrali adiacenti, che nel caso di trasmissioni full-duplex è generalmente rappresentato dal fenomeno di backscattering di Rayleigh) ed allo stesso tempo consente di determinare tramite l‟OLT un canale WDM adibito alla comunicazione full-duplex OLT-ONU, senza una presintonizzazione del trasmettitore dell'ONU .

Poiché la lunghezza d‟onda di trasmissione di ciascuna ONU è determinata esternamente dalla lunghezza d‟onda della luce in ingresso, tutte le ONU possono essere preconfezionate con un'identica configurazione del trasmettitore, riducendo così i costi di produzione.

(18)

Esistono in letteratura già molteplici configurazioni di transceiver che implementano l‟RSOA come trasmettitore colorless.

In questa configurazione (Fig. 1-2) viene ad esempio utilizzata la tecnica Feed-Forward-Current-Injection (FFCI) per eliminare la modulazione dalla trasmissione downstream e rimodulare la medesima portante ottica così ottenuta da utilizzare per il segnale in upstream [6].

Quest'architettura permette di eliminare il differential delay (differenza fra ritardo di propagazione della trasmissione downstream ed upstream e vincolo del protocollo CPRI, come verrà chiarito in seguito) utilizzando la stessa fibra e la stessa lunghezza d'onda portante per la trasmissione downlink e uplink. Lo svantaggio di tale soluzione consiste nei problemi di backscattering causando interferenze fra i segnali downstream ed upstream che di fatto hanno identica occupazione spettrale ottica.

Per eliminare il problema del backscattering e mantenere comunque il differential delay tollerabile per l'applicazione di interesse in questa tesi, una possibile soluzione è rappresentata dall'utilizzo di intervalli frequenziali per la trasmissione uplink (UL) e downlink (DL) vicini ma disgiunti.

(19)

Proseguendo con altri esempi di configurazione per reti PON, in Fig. 1-3 è riportato un caso in cui è stato usato un "passive reflective path" tra ONU e remote node (RN) per riflettere una porzione spettrale della emissione spontanea amplificata a banda larga emessa da ogni RSOA (uno per ogni ONU) [5].

Questo stabilisce un self-seed di ogni RSOA che è collocato in ogni ONU, poiché la lunghezza d'onda del seed, e quindi, la lunghezza d'onda di trasmissione da ciascun RSOA, è determinata dalle caratteristiche spettrali dell'Arrayed Waveguide Grating (AWG) multiplexer/demultiplexer (ogni uscita dell'AWG è collegata ad una ONU). Questa configurazione elimina la necessità di una seeding light esterna ed evita il crosstalk indotto dal Rayleigh backscattering ma, tuttavia, richiede un percorso riflettente passivo, aumenta leggermente il differential delay e soffre di OSNR insufficiente quando la potenza del seed iniziale è bassa. Come verrà esposto in seguito nel Capitolo III, nell'architettura impiegata in questa tesi, la seeding light è ottenuta mediante lo stesso segnale trasmesso in downstream dall‟ OLT.

Fig. 1-3.Architettura di una WDM-PON con self-seeded RSOA modulato direttamente come trasmettitore upstream [5]

(20)

Prendiamo ora come riferimento lo schema in Fig. 1-4 [7].

In questo caso, lo spettro ottico inviato dal Central Office verso l'ONU consiste in una portante a frequenza ottica ed un segnale di informazione centrato alla frequenza ottica . A tal fine è quindi necessario modulare la portante ottica emessa dal laser con un

segnale elettrico modulato in single side band (SSB), avente cioè la portante distanziata in termini frequenziali dallo spettro del segnale di informazione. In questo modo, all'ONU, il seed ed il segnale informativo possono essere separati tramite un filtro ottico, come in figura. Questa tecnica comporta diversi vantaggi, quali l'utilizzo della banda di ricezione del fotodiodo uguale al bit rate del segnale di informazione (infatti il filtro ottico garantisce una down-conversione ottica senza la necessità di un mixer elettrico), l'uso di una singola fibra per la trasmissione downsream ed upstream con limitato crosstalk causato da backreflection (consistente nelle sole riflessioni della portante in downstream sul segnale di upstream), e l‟utilizzo di lunghezze d'onda per downstream ed upstream molto vicine tra loro, limitando così il differential delay e la totale occupazione dello spettro ottico. Nella configurazione del sistema di trasmissione impiegata in questa tesi utilizzeremo, come filtro ottico che separi i suddetti spettri ottici all'ONU, un microring resonator che avrà la duplice funzione di filtro di drop (estrazione del segnale downstream da ricevere) e selezione della portante che verrà poi modulata nell'RSOA generando il segnale di upstream che verrà poi riflesso verso la DU. La scelta di un microring resonator è dettata dalla possibilità di tale dispositivo di essere integrato su Silicio, cosa che lo rende adatto sia per motivi di costo che di compattezza, nella visione di una ONU completamente integrata.

Fig. 1-4. Setup WDM-PON full-duplex simmetrico con modulazione OSSB per il downlink e down-conversion ottica al ricevitore [7]

(21)

1.2

Radio Access Network

Il traffico mobile sta diventando sempre più impressionante e le tecnologie impiegate devono evolversi con esso. A questo scopo un nuovo modello basato sull'elaborazione centralizzata dei dati, alternativa alla distribuzione di base station (BS) convenzionale, sta attirando molto interesse. Questo perché la centralizzazione dell‟elaborazione riduce sia le capital che le operational expeditures. Infatti consente sia la condivisione di risorse in termini di elaborazione centralizzata, che una più efficace riduzione delle interferenze, correlando le informazioni provenienti da celle adiacenti e garantendo un aumento del throughput [8]. Nelle distribuzioni convenzionali di BS, un'unità di elaborazione dati è dedicata e collocata su ogni antenna.

In un modello centralizzato invece, un insieme di semplici unità radio remote (Remote Radio Units − RRUs), situate vicino alle antenne che realizzano la copertura radio cellulare, sono collegate ad una unità centrale di elaborazione (Digital Unit − DU), che recupera i dati dalle RRU, li elabora e ritrasmette i dati già elaborati alle RRU, in modo tale che il sito di elaborazione dati sia quindi condiviso (Fig. 1-5) [9].

Il principale protocollo utilizzato in questo tipo di architettura è il protocollo common public radio interface (CPRI) [10].

(22)

Questo protocollo utilizzato per connettere una DU ad una RRU in una configurazione BS centralizzata è un protocollo bidirezionale master-slave ad alta velocità e bit rate costante, che richiede un'accurata sincronizzazione, un controllo di latenza rigoroso e severi requisiti di elevata capacità, basso ritardo di propagazione ( round-trip delay) e bassa variazione di ritardo (differential delay) che il CPRI impone su qualsiasi mezzo che lo utilizza. Tali esigenze possono essere soddisfatte solo con un uso sapiente della tecnologia di trasmissione ottica. Il primo dei requisiti imposti dall'utilizzo del protocollo CPRI consiste nel fatto che esso preveda diverse configurazioni con diverse velocita di linea, partendo dall‟opzione 1 a 614.4 Mb/s fino all‟ opzione 7 a 9830.4 Mb/s. Il CPRI presenta basse tolleranze in merito al differential delay, cioè la differenza fra il ritardo di propagazione per la tratta uplink (UL) e la tratta downlink (DL); tale ritardo può quindi essere dovuto ad eventuali differenze nella lunghezza del percorso per la tratta UL e la tratta DL, o, nel caso di un'unica fibra condivisa con trasmissione full-fuplex, alla spaziatura fra la lunghezza d‟onda usata in UL e quella usata in DL (visto che segnali a lunghezze d‟onda differenti si propagano a velocità diverse in un mezzo dispersivo coma la fibra singolo modo).

L‟espressione del differential delay è la seguente:

Eq. 1-1

Dove è la dispersione cromatica, è la spaziatura tra le lunghezze d‟onda, ed è la lunghezza della tratta di fibra ottica nel caso in cui si utilizzi un unico percorso per UL e DL. I ritardi differenziali devono essere mantenuti entro poche decine di nanosecondi [CPRI Specifiche. 5.0 www.cpri.info]; quindi non è accettabile utilizzare diversi percorsi ottici per il traffico uplink e downlink, poiché la fibra ha un ritardo di propagazione di circa 5 ns/m. Considerando quindi un'unica lunghezza del collegamento (distanza DU-RRU) sotto i 20 km e un coefficiente di dispersione costante di 17 [ps/(nm * km)], tipico per le bande C ed L (usate per il CPRI), questo effetto diventa rilevante solo se la spaziatura tra le lunghezze d'onda è superiore a qualche decina di nanometri (Fig. 1-6).

I requisiti CPRI in termini di latenza limitano la distanza tra DU e RRU (cosi come è limitata dal differential delay); inoltre il 'framing addizionale' non necessario o il buffering devono essere evitati o devono essere tenuti sotto stretto controllo per non incrementare ulteriormente la latenza.

(23)

Nonostante questo, i requisiti di ritardo di andata e ritorno sono più rilassati rispetto al ritardo differenziale, ma comunque dell'ordine di alcune centinaia di microsecondi; in questo modo distanze di 20 km o minori potrebbero essere sostenute con buoni margini.

Per le distribuzioni con poche BS e distanza tra DU e RRU di non più di qualche centinaio di metri, i classici collegamenti punto-punto (P2P) ottici rappresentano una buona scelta, grazie al loro basso costo.

Tuttavia, se vogliamo estendere la centralizzazione a piccole aree metropolitane, sono molte le celle a dover essere servite, e la necessità di una fibra dedicata per ogni collegamento CPRI rende il P2P una soluzione sconveniente, perché non fa un uso efficiente dello spettro disponibile in fibra e delle reti in fibra già distribuite.

Molto più efficiente, sia in termini di sfruttamento delle risorse spettrali che in termini di convergenza e di riutilizzo di reti in fibra già posizionate e disponibili, è la realizzazione, attraverso tecniche WDM, di collegamento virtuale P2P [9].

Questa tecnica permette, riservando determinate lunghezze d'onda ai collegamenti CPRI, di sfruttare le reti WDM-PON esistenti, permettendo di trasmettere sulla stessa rete fisica traffico CPRI e altre tipologie di traffico, utilizzando diverse porzioni di banda messe a disposizione dal collegamento in fibra.

(24)

L'architettura WDM-PON rappresenta la soluzione migliore sotto molti aspetti:

• Elevato bit rate per lunghezza d'onda; così decine di link CPRI, anche alla massima velocità (10 Gb/s), possono essere trasmessi su una singola fibra, riducendo i costi.

• Trasparenza ai protocolli, che consente la trasmissione indipendente di link CPRI a differenti bit rate e di altre tipologie di traffico sullo stesso mezzo fisico consentendo convergenza ed elevata flessibilità della rete.

• L‟architettura PON basata sull'assenza di elementi attivi tra la OLT ( rappresentata dal DU) e l‟ONU (rappresentata dal RRU), accoppiato all'uso di transceiver colorless ed elementi integrati su silicio, riduce Capital e Operational Expediture.

• Utilizzando tecnologie WDM e potendo operare a livello fisico per rilevare errori di collegamento o selezionare il corretto insieme di lunghezze d'onda per accogliere qualsiasi fonte di traffico CPRI, è possibile evitare framing e buffering inutili e quindi soddisfare i requisiti di latenza e ritardo differenziale imposti dall'utilizzo del protocollo CPRI.

Un possibile scenario di evoluzione, con alcune DU situate in alcuni nodi della rete metropolitana in grado di servire molteplici celle, è mostrato in Fig. 1-7.

Ogni DU è indicata come main unit (MU). Una prima evoluzione di un BS cluster ( centralizzazione RBS in figura) mostra la MU situata nei nodi di accesso con una combinazione di fibre P2P convenzionale e collegamenti WDM CPRI. Un ulteriore possibile passo è la disposizione delle DU in nodi di aggregazione o metro. Per garantire la coesistenza di collegamenti CPRI, questo scenario richiede l'utilizzo di tecnologia WDM per il trasporto CPRI fino alle RRU con traffico della rete metropolitana già presente sulla stessa fibra. Fig. 1-7. Evoluzione della distribuzione RAN centralizzata in uno scenario metropolitano [9].

(25)

Ovviamente, alcuni nodi metro dovrebbero essere in grado di accettare il traffico CPRI (nodi di rete CPRI-compliant in figura), e quindi soddisfare i requisiti CPRI in termini di latenza e differential delay.

1.3

Requisiti di progetto

I requisiti dettati dalle specifiche del protocollo di comunizazione CPRI utilizzato nelle RAN possono essere sintetizzate nei seguenti punti:

 Differenza fra ritardo di propagazione della trasmissione downstream (da DU verso RRU) ed upstream (da RRU verso DU) di poche decine di nanosecondi o inferiore, ottenuto con la simmetria del collegamento ottico (DL e UL sono contropropaganti sullo stesso tratto di fibra) e con lunghezze d'onda centrali del segnale downstream ed upstream molto vicine fra loro.

 Latenza di trasmissione di poche centinaia di microsecondi o inferiore, caratteristica che limita la lunghezza della tratta DU-RRU a poche decine di chilometri. Inoltre operazioni di framing e buffering non strettamente necessarie che incrementerebbero la latenza devono essere evitate o limitate al minimo, per questo sono da evitare tecniche TDMA e CDMA.

 Elevata trasparenza ai protocolli per poter ospitare sullo stesso collegamento fisico (segmento di fibra) diversi link virtuali contenenti traffico CPRI a bit rate differenti o altre tipologie di traffico. Questo si ottiene utilizzando un sistema WDM, in cui ogni link virtuale (che impegna una porzione della banda ottica) può essere indifferentemente attraversato da varie tipologie di traffico senza dover ricorrere ad inutili operazioni di framing e buffering (necessarie ad esempio con le tecniche TDMA e CDMA).

 Elevata velocità di trasmissione richiesta che a seconda della particolare applicazione può variare da circa 600 Mb/s fino a circa 10000 Mb/s vincolo soddisfatto per l‟appunto impiegando tecnologia ottica

A questi requisiti si uniscono quelli legati alla realizzazione di un buon sistema di trasmissione con elevata efficienza, alevata robustezza alle principali fonti di disturbo e basso costo, in particolare essi possono essere sintetizzati nei seguenti punti:

 elevata efficienza spettrale ottenuta utilizzando un sistema WDM, in cui diversi link virtuali riservati a diversi utenti/gruppi di utenti impegnano una diversa porzione della banda ottica messa a disposizione dal mezzo fisico di collegamento, rappresentato

(26)

dalla fibra ottica. Per incrementare ulteriormente l‟efficienza spettrale viene impiegata la tecnica denominata Time-frequency Packing (TFP) che consente di trasmettere ad elevate velocità di trasmissione con una minima richiesta di risorse spettrali.

 elevata tolleranza al problema del backscattering di Rayleigh, fenomeno di scattering elastico (o diffusione) di un'onda luminosa provocato da particelle piccole rispetto alla lunghezza d'onda dell'onda stessa presenti nel materiale vetroso costituente la fibra, che produrrebbe interferenza fra il segnale DS (o US) e il backscattering del segnale US (o DS).

 uso di componenti economiche a basse prestazioni in termini di banda sia nella DU che nella RRU per trasmissioni ad alta velocità grazie alla tecnica del TFP

 transceiver del DU e RRU progettati per l‟integrazione monolitica su forsuro di indio che consente bassi consumi e bassi costi

 Realizzazione di un trasmettitore colorless sintonizzabile per l'RRU, che sia in grado di sintonizzarsi alla lunghezza d'onda determinata dalla DU. Tale lunghezza d'onda viene impiegata per comunicare esclusivamente con quella RRU, in questo modo è possibile riservare un canale WDM ad ogni RRU. Con questo accorgimento le RRUs possono essere preconfezionate con una identica configurazione del trasmettitore riducendo così i costi di produzione.

Questi requisiti e le soluzioni impiegate per poterli soddisfare sono analizzate più nel dettaglio in 3.1, le architetture di sistema proposte per rispondere a tali requisiti sono invece illustrati in 3.2 e 3.3.

(27)

2

Tecniche e dispositivi costituenti il sistema

2.1

Intensity Modulation/Direct Detection (IM/DD)

Il metodo più semplice e diffuso per realizzare un sistema ottico di trasmissione numerica è quello di associare l‟informazione del generico bit del segnale informativo alla potenza del segnale ottico trasmesso. Tale operazione è detta modulazione di intensità è può essere ottenuta per mezzo di molteplici tecniche e dispositivi.

Esistono tipologie di laser che possono essere modulati in modo diretto, costituiti in genere da una giunzione p-n, in cui nella regione di interfaccia avviene la ricombinazione delle coppie elettrone-lacuna che consente la produzione di fotoni. Il numero di fotoni (e quindi la potenza ottica) generati dipende quasi linearmente dalla corrente di iniezione che alimenta il laser e crea la condizione di inversione di popolazione (cioè la densità di portatori iniettati nella zona attiva supera un certo valore) [11].

Come conseguenza, tali laser presentano una caratteristica Potenza ottica-Corrente di pilotaggio come quella rappresentata in Fig. 2-1 .

(28)

Questo li rende adatti a trasmissioni con modulazioni di ampiezza che sono ottenute semplicemente modulando la corrente di alimentazione con il segnale dati binario o multilivello. Appartengono a tale categoria di laser i Distributed Feedback Laser (DFB) e i Vertical Cavity Surface Emitting Laser (VCSEL). I primi presentano delle bande di modulazione piuttosto limitate, tant'è vero che quando sono richieste velocità di trasmissione elevate mantenendo comunque i costi relativamente bassi, si preferisce adoperare i secondi che consentono velocità di modulazione fino a 25 Gb/s ed oltre. Un‟altra tecnica di odulazione, contrariamente alla modulazione diretta della corrente di alimentazione, prevede l‟ utilizzo di un laser ad onda continua la cui portante ottica viene modulata, sia in fase che in ampiezza, per mezzo di un dispositivo esterno collegato all‟uscita del laser; questa di modulazione è detta modulazione esterna.

(29)

Un esempio di modulatore esterno è il modulatore elettro-ottico che sfrutta la caratteristica di alcuni materiali (come il Niobato di Litio) di far variare le sue proprietà (come l‟indice di rifrazione) in presenza di un campo elettrico.

Uno di questi è l‟interferometro Mach-Zehnder (MZ) costituito da due guide d'onda al Niobato di Litio che formano i due rami dell‟ interferometro (vedi Fig. 2-2.a). In assenza di una tensione esterna, i campi ottici nei due rami del MZ subiscono sfasamenti identici e interferiscono costruttivamente.

Lo sfasamento aggiuntivo introdotto in uno dei rami attraverso variazioni dell'indice di rifrazione indotti da una tensione (applicata tramite elettrodi alle guide) distrugge la natura costruttiva della interferenza e riduce l'intensità trasmessa. In particolare, non viene trasmessa luce quando la differenza di fase tra i due rami è uguale a π, a causa della interferenza distruttiva che si verifica in questo caso [12]-[13]. Come risultato, il flusso di bit elettrico applicato al modulatore produce una replica ottica del flusso di bit. In questo caso la caratteristica del modulatore è una caratteristica potenza ottica-tensione di alimentazione (che genera il campo elettrico) del tipo illustrato in Fig. 2-3.

Fig. 2-2.Due tipologie di modulatori esterni: modulatore Mach-Zehnder al Niobato di Litio (a), modulatore a semiconduttore basato sull’ elettroassorbimento (b) [12]

(30)

Fig. 2-3.Caratteristica potenza ottica-tensione di alimentazione modulatore Mach-Zehnder [13]

Un‟ulteriore tipologia di modulatore esterno è il modulatore ad elettro-assorbimento (Fig. 2-2.b) che basa il suo funzionamento sulla capacità del semiconduttore di assorbire i portatori in relazione allla tensione applicata. In assenza di tensione il dispositivo è completamente trasparente, altrimenti manifesta la sua capacità di assorbimento, generando così un'attenuazione proporzionale alla tensione applicata [12].

La più semplice modulazione d‟intensità è quella a due livelli, denominata per questo On-Off Keing (OOK). Impiegando un VCSEL pilotato in modulazione diretta, la OOK consiste in una variazione della corrente su due livelli fissati (alto e basso) attorno ad un valore medio di corrente non nullo, detto corrente di bias, che consente di lavorare nella regione lineare della caratteristica Potenza ottica-Corrente di pilotaggio del VCSEL. In corrispondenza del valore alto di corrente (tenuta costante durante ogni intervallo di bit T) si otterrà un valore alto di potenza ottica associato alla trasmissione del bit “1”, in corrispondenza del valore basso di corrente si otterrà un valore basso di potenza ottica associato alla trasmissione del bit “0” (Fig. 2-4).

(31)

Un segnale così fatto, la cui informazione è completamente espressa dalla sua intensità, può essere quindi ricevuto con la tecnica comunemente espressa come Direct Detection, tramite un fotodiodo (dispositivo sensibile alla potenza ottica in grado di convertire quest‟ultima in corrente elettrica) o fotoricevitore (cascata di fotodiodo e amplificatore a trans-impedenza che amplifica il segnale di corrente). Trascurando quindi gli effetti della fibra, la potenza ottica utile del segnale campo ottico incidente sul fotorivelatore al ricevitore sarà:

Eq. 2-1 ( ) ∑ ( )

dove è il generico simbolo trasmesso, è la potenza ottica di picco ricevuta e ( ) è un impulso ottico rettangolare di ampiezza unitaria e durata ; inoltre si ipotizzano i simboli essere una successione di variabili aleatorie indipendenti che assumono valori {0,1} con probabilità .

Nel caso di Direct Detection l‟informazione presa in considerazione è solo quella legata alla potenza del segnale ottico senza considerare la sua fase. L‟impiego di un fotodiodo consente di convertire la Potenza ottica del segnale ( ) in ingresso al fotodiodo in un segnale elettrico di corrente ( ) ( ) (con responsivity, rapporto tra la fotocorrente generata e la potenza ottica incidente); sarà infine questo segnale ad essere processato prima di effettuare la decisione sul simbolo.

Il ricevitore ottimo per modulazione OOK che viene impiegato per la stima del simbolo trasmesso, nell‟ipotesi semplicistica che la banda del fotorivelatore sia molto maggiore della velocità di trasmissione, è detto ricevitore a conteggio di fotoni (Fig. 2-5) e la strategia di decisione su cui si basa è data dalla relazione :

(32)

Eq. 2-2

̂ ⇔ ∫ ( )

In cui q è la quantita di carica di un elettrone espressa in Coulomb C.

Il nome “ricevitore a conteggio di fotoni” deriva dal fatto che il valore , nel caso di efficienza quantistica η=1 (quantità di elettroni prodotti per fotone assorbito ), coincide col numero di fotoni che hanno interagito con il fotorivelatore [14].

La corrente fotorivelata per ogni intervallo di simbolo sarà composta da più contributi : Eq. 2-3 ( ) ( ) ( ) ( )

 è la corrente media generata dal fotodiodo in un intervallo di simbolo, la relazione che lega potenza ottica in ingresso alla corrente fotorivelata è essendo la responsivity del fotodiodo (con frequenza centrale dell‟onda luminosa). Questa è la corrente su cui si basa la decisione.

 ( ) è la corrente di shot, fluttuazioni della corrente fotorivelata attorno al suo valor medio dovute alla caratteristica granularità della corrente composta da elettroni; essa è un processo di Poisson di varianza essendo la banda del fotoricevitore

e la quantità di carica di un elettrone.

 ( ) è la corrente di buio, che rappresenta un contributo di corrente generato a prescindere che nel fotodiodo incida o meno un campo ottico, e quindi presente anche nel caso non ci sia trasmissione sul canale; in genere è considerata trascurabile.

 ( ) è la corrente generata dal rumore termico generato dalla resistenza di carico e dalle molteplici componenti elettriche che costituiscono il front-end elettrico del ricevitore. Un ricevitore reale presenta infatti, oltre al fotodiodo, molte componenti elettriche, alcune delle quali aggiungono rumore termico, come per esempio l‟amplificatore elettrico. ( ) è un processo gaussiano a media nulla e varianza Fig. 2-5.Ricevitore a conteggio di fotoni per OOK [14]

(33)

, in cui è la costante di Boltzmann, è la temperatura assoluta, è la resistenza di carico del circuito associato al front-end del ricevitore ottico.

2.2

Coherent Detection

Un sistema trasmissivo basato su IM/DD, pur essendo molto semplice presenta un'efficienza piuttosto limitata, permettendo infatti la trasmissione di un solo bit durante l'intervallo di segnalazione. Formati di modulazioni più efficienti, quali Phase-Shift Keying (PSK) o Quadrature Amplitude Modulation (QAM) multilivello, che permettano di trasmettere più bit per intervallo di segnalazione, grazie alla presenza di molteplici livelli di fase e/o di ampiezza del segnale trasmesso, sono tuttavia sia più complessi da generare che da ricevere. Nel caso in cui si voglia ricevere un segnale ottico che includa dell'informazione nella fase del campo ottico trasmesso, è richiesto l'utilizzo di ricevitori ottici coerenti (o differenziali).

Questo implica che in trasmissione siano impiegati laser a semiconduttore singolo-modo a basso rumore di fase ed alta coerenza temporale dell'emissione, impiegabili quindi anche con modulazione di fase. In ricezione si utilizza invece una combinazione fra il segnale ottico ricevuto ed il segnale ottico prodotto da un laser locale, prima del processo di fotorivelazione. Il fotodiodo è infatti sensibile solo alla potenza istantanea del segnale ottico ricevuto e risulterebbe quindi inefficace per modulazioni di fase, se impiegato in uno schema basato su DD [15].

Lo schema di principio della parte frontale di un ricevitore ottico coerente è quello illustrato in Fig. 2-6.

Sia ( )

(34)

Eq. 2-4 ( ) ( ) ( ( ))

il campo ottico (il vettore ha direzione che indica la direzione di polarizzazione e modulo che esprime l‟ampiezza del campo ottico) relativo al segnale ottico in uscita dalla fibra, quando il segnale trasmesso è generato da un laser singolo-modo ideale modulato in ampiezza e fase. ( ) è la modulazione di ampiezza normalizzata, ( ) è la modulazione di fase, la frequenza della portante ottica associata alla lunghezza d‟onda di emissione del LASER di trasmissione ed rappresenta il picco del vettore campo.

Sia ( )

Eq. 2-5 ( ) ( )

il campo ottico prodotto dal laser locale ideale che emette un segnale a lunghezza d‟onda , dove è la fase iniziale del segnale ottico locale, è la frequenza della portante ottica locale, è il picco del vettore campo.

I due campi vengono combinati attraverso un dispositivo ottico passivo, come ad esempio uno specchio dicroico (Fig. 2-6) o un accoppiatore costituito da due segmenti di fibra o guida accoppiati opportunamente (come ad esempio una giunzione Y), in modo da ottenere in uscita la somma dei due campi:

Eq. 2-6 ( ) ( ) ( ( )) ( )

Supponendo i due campi polarizzati linearmente con polarizzazioni allineate fra loro, la loro somma vettoriale si traduce nella seguente somma scalare:

Eq. 2-7 ( ) ( ) ( ( )) ( )

Il fotodiodo, che è un dispositivo sensibile al quadrato del modulo del segnale in ingresso, avrà quindi come uscita

(

)

(

)

()

, che sarà:

Eq. 2-8 ( ) [ ( ) ( ( )) ( )]

(35)

dove è stato considerato che i contributi a frequenza doppia o somma risultanti dalla quadratura siano largamente al di fuori della banda del fotodiodo mentre fIF è la frequenza

intermedia scelta nella banda delle microonde, e cioè nell‟ordine del GHz.

Questa relazione permette di comprendere che la modulazione di ampiezza e fase impressa sul segnale ottico viene trasposta sul segnale elettrico, ed una volta avvenuta la conversione opto-elettronica si possono adoperare i classici schemi di ricezione.

Un importante vantaggio di uno schema di ricezione coerente risiede nell‟utilizzo di una portante ottica locale che, nell'operazione di combinazione col segnale ricevuto, crea come termine risultante (il terzo termine in Eq. 2-8) una versione "amplificata" del segnale informativo, sfruttando l'ampiezza dell'oscillatore locale stesso (termine moltiplicativo EL).

Questo comporta, per tale tipologia di ricevitore, un livello si sensibilità maggiore rispetto a ricevitori basati su DD. Inoltre, essendo la potenza del laser locale (costante nel tempo) preponderante rispetto a quella del segnale utile (generalmente variabile), si può supporre nel calcolo dei disturbi che il rumore di fotorivelazione sia un processo bianco stazionario e con densità spettrale di potenza ( ) quindi indipendente dal segnale dati ricevuto. Inoltre, per ipotesi di grande intensità (P>>1), il processo è Gaussiano, ipotesi dovuta alla preponderanza del segnale ottico locale che ha potenza elevata.

L‟espressione del segnale di corrente in uscita dal fotodiodo rivela la presenza di una componente continua che deve essere eliminata prima di passare il segnale agli stadi successivi di amplificazione e conversione analogico-digitale, al fine di evitare fenomeni di saturazione ed errori di detection.

A tale scopo lo schema illustrato in Fig. 2-7 presenta una struttura tipica di ricevitore, detta bilanciata, che consente di eliminare le componenti continue di segnale elettrico all‟uscita del fotorivelatore.

(36)

In tale struttura l‟accoppiatore Ibrido Ottico divide il segnale ricevuto e il segnale generato localmente con un rapporto di potenza bilanciato (50%/50%) su due rami. I due segnali vengono quindi riaccoppiati dopo aver subito uno sfasamento che produce una inversione di fase sul segnale locale per una delle due uscite. Come risultato all‟ ingresso del fotodiodo superiore avremo la differenza dei campi ottici utile e locale mentre all‟ ingresso del fotodiodo inferiore la somma dei due campi,

Eq. 2-9

( ) , ( ) ( ( )) ( )- √

quindi cio che risulterà all‟ uscita dei fotodiodi saranno due segnali di corrente con la medesima componente continua ma componente a frequenza uguale ed opposta di segno.

Eq. 2-10

[ ( ) ( ) (

( ) )]

La differenza fra le suddette correnti di fotorivelazione produrrà quindi un segnale senza componente continua [15].

(37)

2.3

Wavelength Division Multiplexing e Sub Carrier Multiplexing

La tecnica di multiplazione di dati (in lunghezza d'onda) denominata Wavelength Division Multiplexing (WDM) consiste nel modulare portanti ottiche a diverse lunghezze d'onda utilizzando segnali elettrici informativi indipendenti (che possono essere a loro volta frutto di tecniche di multiplazione "temporale" denominata Time Division Multiplexing (TDM) o "frequenziale" denominata Frequency Division Multiplexing (FDM), effettuate nel dominio elettrico). Tali canali WDM vengono poi trasmessi insieme su una stessa fibra. Una volta che il segnale ottico 'multiportante' raggiunge il ricevitore (nel caso di comunicazione punto-punto), viene demultiplato (diviso) in canali separati utilizzando un dispositivo ottico passivo adatto (WDM demultiplexer). La tecnica WDM permette quindi di sfruttare maggiormente la larghezza di banda offerta dalla trasmissione su fibra ottica al fine di aumentare la capacità di canale del collegamento ottico (definita come il più stretto limite superiore alla quantità di informazione che può essere trasmessa in maniera affidabile su un canale).

La Fig. 2-8 mostra schematicamente un collegamento punto-punto (P2P) WDM. L'uscita di più trasmettitori operanti ad una propria frequenza ottica portante (o lunghezza d'onda) sono multiplati insieme. Il segnale multiplato viene quindi lanciato in fibra ottica per la trasmissione verso il ricevitore, dove un demultiplexer invia ogni canale (porzione spettrale riservata ad uno dei segnali indipendenti multiplati) al proprio ricevitore.

Quando N canali di capacità B1, B2, ... BN sono trasmessi simultaneamente su una fibra, la capacità totale è idealmente (supponendo che l‟interferenza reciproca non riduca la capacità dei singoli canali) la somma delle capacità dei singoli canali ; questo permette di aumentare la capacità complessiva del link P2P.

Fig. 2-8.Collegamento in fibra P2P multicanale. Coppie separate di trasmettitore-ricevitore sono usate per inviare e ricevere il segnale a diverse lunghezze d’onda.

(38)

La capacità di canale totale dei collegamenti WDM dipende quindi da quanto strettamente i canali possono essere disposti nel dominio della lunghezza d'onda nella finestra di trasmissione a bassa perdita (Fig. 2-9), mentre la spaziatura minima del canale è limitata dal deterioramento della trasmissione stessa, dovuto al cross-talk (interferenza cross-canale fra i vari flussi multiplati) tra i canali.

Idealmente possiamo stimare che la regione a bassa perdita per lo stato dell‟arte delle fibre asciutte (fibre con un ridotto OH-assorbimento vicino a 1,4 micron) si estenda su 300 nm nella regione di lunghezze d'onda che copre 1.3-1.6 micron.

Nella realtà, molti fattori limitano l'utilizzo dell'intera finestra a bassa perdita diminuendo l‟efficienza generale dei sistemi WDM, come la banda in cui gli amplificatori ottici possono fornire un guadagno quasi uniforme o il numero di canali multiplabili che spesso è limitato dalla stabilità e dalla sintonizzabilità dei LASER a semiconduttore. Inoltre la degradazione del segnale durante la trasmissione a causa di vari effetti lineari e non (innescati dalla potenza elevata dovuta alla multiplazione dei segnali) ed il crosstalk fra canali sono fattori limitanti che riducono la capacità complessiva del canale WDM.

In pratica collegamenti in fibra WDM ad alta capacità richiedono molti componenti ad alte prestazioni, come ad esempio trasmettitori che integrano più laser DFB, multiplexer e demultiplexer con capacità di add-drop (cioe capaci di aggiungere/rimuovere un canale spettrale dal segnale WDM multiportante preesistente), amplificatori ottici con un guadagno costante su una banda molto larga [16].

Fig. 2-9. Finestre di trasmissione a bassa perdita per fibre in silicio nelle regioni di lunghezza d'onda fra 1.3 e 1,55 µm. L'inserto mostra schematicamente la tecnica WDM [16]

(39)

La tecnica Subcarrier Multiplexing (SCM) è una tecnica di multiplazione utile per allocare su unico canale WDM più sottocanali con spaziature frequenziali molto più fitte che in un WDM.

Nel WDM diverse portanti ottiche vengono modulate da altrettanti segnali elettrici in banda base con capacità elevate ma data l‟instabilita delle sorgenti laser (soggette a shift di frequenza significativi) non sarebbe possibile multiplare molti canali a capacità medio/bassa con spaziatura fittissima.

Con la tecnica SCM i segnali in banda base da multiplare subiscono dapprima delle traslazioni elettriche in frequenza per mezzo di altrettante sottoportanti (ottenute con oscillatori elettrici molto più stabili) e successivamente il segnale FDM cosi ottenuto viene utilizzato per modulare una portante ottica WDM (Fig. 2-10). In questo modo ogni segnale occupa una porzione diversa della cella frequenziale associata al singolo canale WDM e la spaziatura fra i sottocanali può essere molto più fitta.

Un altro vantaggio di questa tecnica, oltre quello appena menzionato, risiede nell‟utilizzo di componenti elettriche per le operazioni di multiplazione e demultiplazione, il segnale che modula la portante ottica è infatti un segnale elettrico in uscita dal multiplexer, questo comporta una diminuzione dei costi ed una maggiore flessibilità del sistema.

In compenso uno svantaggio è rappresentato dalle limitate frequenze delle sottoportanti e dalle basse capacità supportate dalle componenti elettriche, per questo spesso il SCM è usato in combinazione con la tecnica WDM per sfruttare maggiormente la larghezza di banda della fibra [16]-[17].

(40)

2.4

Time Frequency Packing

La Tecnica denominata Time Frequency Packing (TFP) consiste nell'invio di treni di impulsi che si sovrappongono nel tempo o in frequenza o in entrambi i domini e permette, introducendo interferenza intersimbolica (ISI) e inter-carrier (ICI) intenzionale, di raggiungere elevate efficienze spettrali anche con formati di modulazione relativamente semplici [18].

Questa tecnica può essere una valida alternativa alle tradizionali segnalazioni ortogonali per ottenere trasmissioni spettralmente efficienti su fibra ottica, a condizione che l'interferenza sia effettivamente trattata e compensata presso l'unità di elaborazione (Digital Signal Processor − DSP) in ricezione.

In tale ambito la figura di merito principale non è più l‟information rate, ma l'efficienza spettrale, cioe l‟information rate divisa per l‟unita di tempo e di frequenza; quindi è possibile ottimizzare la larghezza di banda del filtro in trasmissione per ciascuna portante e la spaziatura tra le portanti per massimizzare l'efficienza spettrale ottenibile per un ricevitore con una complessità predeterminata.

Con questa tecnica ci si propone dunque mi massimizzare la velocità di trasmissione occupando porzioni spettrali limitate, con il duplice scopo di garantire elevate prestazioni con dispositivi a basso costo (con basse bande di modulazione) o di integrare la trasmissione in standard WDM.

Infatti a seconda dell‟applicazione in cui viene utilizzato il TFP potrebbe essere necessario occupare porzioni spettrali prestabilite dettate da standard prefissati per poter attuare multiplazioni in lunghezza d‟onda senza creare interferenze fra canali spettrali adiacenti. Una scelta comune nella letteratura è l'uso di segnalazioni ortogonali, ovvero segnalazioni in cui nel segnale trasmesso l‟intervallo temporale T fra impulsi relativi a simboli consecutivi e la spaziatura fra le portanti F in una segnalazione multiportante, sono scelti in modo tale che gli impulsi e i canali spettrali non si sovrappongono tra loro, garantendo (idealmente) l'assenza di interferenza intersimbolica (ISI) ed intercarrier (ICI).

D'altra parte è noto che rinunciando alla condizione di ortogonalità si può migliorare l'efficienza spettrale, come in varie tecniche denominate Faster-than-Nyquist (FTN), in cui viene ridotta la spaziatura nel dominio del tempo ben al di sotto del Nyquist rate (soglia al di sotto del quale non è garantita l‟ortogonalità), introducendo interferenza inter-simbolica controllata [19].

(41)

Nel FTN, tuttavia, nell'ottimizzazione della spaziatura temporale considerata, cerchiamo i valori di spaziatura T minimi che garantiscano nessuna riduzione della distanza euclidea minima fra le parole di codice rispetto al caso di Nyquist, con particolare attenzione nell‟ ottenere prestazioni in termini di BER uguali al caso di segnalazione ortogonale, questo porta la complessità del ricevitore ad essere estremamente grande e in ogni caso non produce le migliori prestazioni in termini di efficienza spettrale.

Nel TFP, invece fissiamo l'impulso di segnalazione p(t) e si valuta l‟information rate, ottenibile per una complessità del ricevitore fissata, in funzione dei valori di spaziatura T ed F. Si ottimizza dunque la spaziatura in modo tale da massimizzare l'efficienza spettrale ottenibile dal sistema di comunicazione (è importante notare che nonostante l‟information rate possa diminuire, l‟efficienza spettrale deve invece aumentare).

Con questa tecnica possiamo quindi ottenere un‟elevata efficienza spettrale con costellazioni di basso ordine e questo risulta vantaggioso sia perché consente di utilizzare un decisore di minore complessità sia perché queste costellazioni sono più robuste ai disturbi come il rumore di fase e gli effetti non lineari [20].

Consideriamo un sistema multicarrier che rappresenta un sistema di trasmissione che debba implementare il TFP, il cui modello equivalente in banda base è illustrato in Fig. 2-11

Tutte le portanti equispaziate vengono modulate linearmente con lo stesso formato di modulazione e la stessa sagomatura dell'impulso p(t). L'inviluppo complesso del segnale trasmesso è:

(42)

Eq. 2-11 ∑ ∑ ( ) ( )

In cui ( ) è il simbolo trasmesso sulla portante -esima al tempo , è il tempo di simbolo, la spaziatura di frequenza tra portanti adiacenti, inoltre si assume perfetta sincronizzazione di tempo e di fase fra le portanti. Il segnale complessivo trasmesso è corrotto da rumore gaussiano bianco additivo (AWGN) ( ) e demodulato da un banco di filtri adattati e campionatori che campionano al tempo di simbolo, () sono i campioni in uscita dal canale. L‟ efficienza spetrale del sistema (in bit/s/Hz) è:

Eq. 2-12

( )

Dove in questa equazione rappresenta l‟efficienza spettrale, cioe l‟information rate (in bit/utilizzo del canale) per unita di banda e di tempo a cui le informazioni possono essere trasmesse in modo affidabile attraverso il canale. In particolare il rapporto tra l‟information rate mutuo medio tra ingresso e uscita ( ) e , cioè lo slot tempo-frequenza utilizzato per la trasmissione di un simbolo, è massimizzato in base alle strategie di decisione e al rapporto segnale-rumore.

Quando scegliamo e in modo da avere segnalazione ortogonale ( ), il loro prodotto assume un valore fissato ed ISI e ICI possono considerarsi idealmente nulle. In questo caso il ricevitore ottimo è simbolo-per-simbolo, dunque, poiché il denominatore di è fissato ad un valore costante, l‟unica cosa che possiamo fare per aumentare è aumentare il numeratore ( ) aumentando la cardinalità dell'alfabeto di modulazione, con annessi vari problemi di linearità e complessità del ricevitore.

Invece, se tralasciamo la condizione di ortogonalità, non abbiamo vincoli stringenti sulla scelta di e e possiamo ridurre il denominatore al di sotto del limite di Nyquist con un possibile incremento di senza modificare il formato di modulazione.

Purtroppo, introducendo ICI e ISI, riduciamo il numeratore ( ), quindi possiamo trasmettere più simboli per unità di tempo e frequenza (denominatore), ma meno bit di informazione per simbolo (numeratore).

Quindi la scelta di e avviene in modo tale che la diminuzione della porzione di banda/tempo occupato sia maggiore della diminuzione dell‟information rate.

(43)

La strategia di decisione MAP non viene progettata sulla base del canale reale, di cui non si conoscono le statistiche, ma si provvede ad introdurre un canale ausiliario e si adotta una strategia di decisione progettata per questo canale. Il canale ausiliario è ottenuto a partire da quello reale trascurando l‟ICI e gli effetti non lineari, si considerano i disturbi lineari perfettamente compensati tramite l‟equalizzazione, mentre si considera l‟ISI dovuta ai filtri del canale reale [21].

L'information rate calcolata sulla base del particolare canale ausiliario scelto, rappresenta un lower bound dell'information rate reale (sconosciuta), che ha però la caratteristica di essere un bound raggiungibile (o achievable) dal detector scelto. Per il calcolo dell'information rate, dato il canale ausiliario scelto, può essere utilizzato il metodo in [22] che si basa sul principio della mismatched detection.

Vengono infatti considerati solo gli Lt simboli interferenti prima e dopo più vicini al simbolo di interesse invece di considerare la totalità dei simboli interferenti L>Lt ,questo permette di ridurre la complessità del detector a valori ragionevoli ed in base alle prestazioni che si intendono raggiungere, inoltre viene incrementata la varianzia del rumore per tenere in considerazione l‟ICI e l‟ISI trascurate (le cui statistiche possono essere approssimate come Gaussiane).

La scelta del canale ausiliario va operata cercando un compromesso fra prestazioni e complessità del detector, infatti più il canale ausiliario è vicino al canale reale più l‟information rate ottenibile, dipendente dal particolare tipo di ricevitore scelto, è vicino all‟ information rate massimo, più è semplice il canale ausiliario e più semplice sarà il MAP detector.

L‟implementazione del TFP non prevede particolari limitazioni nella configurazione hardware del sistema di trasmissione, ma necessita del digital signal processing opportuno implementato al ricevitore .

(44)

Fig. 2-12.Schema logico del Digital Signal Processor utilizzato nel TFP

I blocchi principali che costituiscono il digital signal processor (Fig. 2-12) sono:

• un filtro a tappi fissi per la compensazione della la group velocity dispersion(GVD). • un algoritmo per la stima e la compensazione dell‟offset di frequenza fra portante usata in trasmissione e portante locale usata in ricezione (derivato dall‟algoritmo di Rife-Boorstyn), il quale effettua una prima stima durante la fase di training con una sequenza di simboli nota e successivamente si aggiorna lentamente [23].

• un feed-forward equalizer (FFE) bidimensionale adattivo che compensi la polarization mode dispersion (PMD), separi i segnali sulle due polarizzazioni, e costituisca anche l‟implementazione del filtro adattato [24].

• Un blocco che implementi la strategia MAP di rivelazione operando per mezzo di un detector BCJR seguito da un decoder LDPC che si scambiano iterativamente le informazioni secondo il principio di decodifica turbo [26]-[27]-[28]-[29]-[30].

Verranno nel seguito illustrati più nel dettaglio gli algoritmi e lo scopo a cui sono preposti.

2.4.1

Filtro equalizzatore fisso e compensazione Group Velocity Dispersion

Il primo stadio del DSP comprende un filtro equalizzatore a tappi fissi che compensi la Group Velocity Dispersion (GVD) fenomeno dovuto alla caratteristica dispersività dei materiali vetrosi che costituiscono la fibra, il cui indice di rifrazione dipende dalla lunghezza d‟onda a cui è sottoposto. Ne consegue che i contributi a lunghezze d‟onda differenti che costituiscono un segnale modulato si propagheranno nel mezzo con velocità diverse, essendo le velocità legate all‟indice di rifrazione, causando una distorsione sul segnale. Gli effetti di una tale

Figura

Fig. 1-2.Configurazione ONU per la tecnica Feed-Forward-Current-Injection [6]
Fig. 1-3.Architettura di una WDM-PON con self-seeded RSOA modulato direttamente come trasmettitore  upstream [5]
Fig. 1-6. Differential delay in funzione dei valori di distanza e spaziatura delle lunghezze d’onda [9]
Fig. 1-7. Evoluzione della distribuzione RAN centralizzata in uno scenario metropolitano [9].
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Quest’ultimo è pilotato da un segnale sinusoidale a RF il quale determina la velocità di ripetizione degli impulsi ottici, la cui frequenza è uguale ad un multiplo della frequenza

[r]

The questions of group agency, proxy agency, corporate agency, and in general the question of collective agency, its systemic configuration, its relation and

Tanto per chiarirci le idee, supponiamo che la nostra antenna abbia captato solo due segnali (e, per ipotesi, nessun rumore): una sinusoide a frequenza f 0 , che possiamo

Analogamente il fascio di rette incidenti da sinistra e passanti per il fuoco F 1 , emerge dal sistema parallelamente all’asse XX ; in particolare la retta O’F 1 che

In quel caso, si ha una riflessione interna totale in P2 (faccia 2), ma la prima riflessione interna in P1 (faccia 1) non è più totale (l’angolo d’incidenza è inferiore

L’ottica dell’occhio come sistema lineare //l’impulso luminoso perfetto:

Il PLC si riferisce ad una varietà di servizi a banda larga forniti sopra la rete elettrica, quali Internet ad alta velocità, la telefonia, il AMR e la rete domestica.. Questi