Indice
Introduzione………pag. 2
Capitolo 1 Profili generali e sfera di applicazione della mediazione tributaria
1.1 Introduzione del nuovo istituto mediativo………..pag. 7 1.2 Ambito di applicazione della mediazione tributaria………pag. 12 1.2.1 Breve sguardo ai rapporti con altri strumenti deflativi………...pag. 25 1.3 Efficacia deflattiva……….…………pag. 31
Capitolo 2 Problemi di ordine costituzionale
2.1 Problematiche antecedenti alle ordinanze di rimessione……….…pag. 34 2.2 Questioni di legittimità sollevate dalle ordinanze di rimessione….…pag. 57
2.2.1 Questioni giudicate inammissibili………...pag. 65 2.2.2 Questioni dichiarate infondate……….pag. 71 2.2.3 Questioni dichiarate fondate………..pag. 76
Capitolo 3 Conseguenze ed esiti definitivi alla luce delle ultime modifiche
3.1 Legge di stabilità 2014: ulteriori modifiche all’impianto strutturale
dell’istituto……….…………pag. 78 3.1.1 La presentazione del reclamo all’Agenzia delle Entrate quale
condizione di procedibilità e non più di ammissibilità………...pag. 82 3.1.2 La sospensione ex lege del pagamento e della riscossione delle
somme dovute all’ erario in relazione all’atto reclamato…...pag. 85 3.1.3 L’applicazione delle disposizioni sui termini processuali…….pag. 87 3.1.4 L’estensione dell’ambito applicativo della mediazione anche ai
contributi previdenziali e assistenziali……….pag. 89 3.2 Cambiamenti apportati dalla sentenza 16 aprile 2014 n.98 della Corte
Costituzionale………..…………pag. 91 3.3 Considerazioni conclusive e scenari futuri………..…..pag. 96
Bibliografia e sitografia………....pag. 99
Introduzione
Come ormai noto il 2012 è stato l’anno di introduzione nel nostro ordinamento di un istituto volto, nelle sue più rosee aspettative a raggiungere due fondamentali obiettivi. Il principale traguardo della mediazione tributaria è infatti quello di deflazionare il carico di lavoro delle Commissioni Tributarie Provinciali, da un po di tempo ormai completamente sommerse dai ricorsi dei contribuenti e, secondariamente, quello di avvicinare il cittadino ad una Pubblica Amministrazione ultimamente avvertita non come un’entità al servizio del benessere comune, ma come un ingegnoso macchinario avido di soldi. Il rischio nell’intraprendere questa strada è, come vedremo, quello di voler elaborare ed inserire nel nostro ordinamento un istituto in maniera forse troppo frettolosa, non considerando con il giusto peso le dovute interazioni e intersezioni con altri strumenti deflativi presenti nel nostro ordinamento, tralasciando aspetti che all’occhio della stessa autorità emanante risulteranno, poco più avanti, tremendamente fondamentali.
In questo elaborato si cercherà di descrivere la storia di tale istituto in maniera obiettiva, ripercorrendo passo per passo le varie e difficoltose tappe intraprese dalla mediazione tributaria, fornendo anche dati statistici circa l’applicazione e il funzionamento della mediazione tributaria nel suo primo anno di vita.
Partendo naturalmente dall’introduzione dell’art. 17-bis nel D.lgs 546 del 1992, ad opera dell’art 39, comma 9 del D.L 6 luglio 2011, n.98 convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 e da una sua puntuale
descrizione, si esamineranno brevemente i rapporti tra il nuovo istituto e gli altri istituti deflativi presenti nel nostro ordinamento. L’esame si incentrerà poi sui notevoli problemi sollevati inizialmente dalla dottrina e poco dopo dalle stesse Commissioni Tributarie Provinciali attraverso sei ordinanze di rimessione, in ordine ai diversi punti di contrasto del nuovo istituto con la nostra Costituzione, per poi passare ad una analisi delle questioni introdotte da tali ordinanze e di come gli autorevoli ragionamenti della Corte Costituzionale abbiano infine portato all’emanazione della sentenza 16 aprile 2014, n. 98. Nell’ultima parte dell’elaborato infine verranno descritte le modificazioni introdotte dal legislatore con la legge di Stabilità 2014, rese necessarie dalle continue critiche dottrinarie e il coordinaento di tali modificazioni con la già citata sentenza Costituzionale 16 aprile 2014, n. 98.
Ringraziamenti.
Ringraziamenti. La parte più facile per molti ma più difficile per altri. Personalmente è la più difficile. Tante sono le persone che mi hanno accompagnato in questo percorso, fatto di soddisfazioni, gioie, intoppi e cospicue delusioni. Ho sofferto e gioito. Ho riso e pianto, ma per fortuna le risate sono state il condimento principale.
È bello poter scrivere senza formalismi dettati dal linguaggio tecnico, potersi esprimere in maniera del tutto libera, lasciare andare i pensieri.
Il primo tra tutti va a mia mamma. Donna e madre fuori dal comune. A lei devo tutto quello che sono. Fortunato ad averla è riduttivo. Non basterebbero cento pagine per poter raccontare tutto quello che per me ha fatto. Mi ha sempre sostenuto, arrabbiandosi e incoraggiandomi. Sempre lì, pronta ad essere il mio punto di riferimento. La mia mamma. Grazie.
In seconda battuta c’è mia nonna, anzi la mia seconda madre. Un faro per tutte le persone prive di vita interiore. Per tutte le persone che oltre una certa età pensano che non si possa vivere bene. Per tutte le persone che pensano di non essere in grado di superare degli ostacoli. Mia nonna è un faro nel buio. Una donna dalla forza eccezionale. Grazie nonna, quella forza la trasmetti.
Un grazie speciale anche a mia zia Chiara, sola e unica, che intercedendo con mia madre mi ha spesso evitato pesanti litigate.
Ringrazio anche il mio miglior amico e socio, Davide. Sei stato, sei e sarai il miglior amico che si possa desiderare. Mi hai sopportato fino adesso, spero che tu possa continuare a farlo.
Un ringraziamento va anche al mio amico Filù. Insieme a Davide siete stati e sarete i migliori compagni di vita, qualunque strada noi si decida di prendere. Ringrazio anche le mitiche Sare, una con l’acca e una non, coinquiline per una anno ma amiche per la vita.
Oltre lui ringrazio anche il mio nuovo socio e amico Ignazio che ha avuto la pazienza e il carattere di mettersi in società con me.
Un altro pensiero a due persone che nella mia vita non ci sono più ma nel mio cuore sopravvivono. Mio nonno e mio padre. Grazie anche a voi.
È giunto il momento di ringraziare la persona che in poco tempo mi ha stravolto la vita e me l‘ha rimessa a posto allo stesso tempo. Io non so se ce l’avrei fatta senza di te. Non so se sarei riuscito ad arrivare alla fine di questo percorso senza di te. Ero bloccato. Ero fermo. Mi hai dato le giuste motivazioni per muovermi. Mi sono mosso ed eccoci qui. Mi ricordo i ringraziamenti che tu mi hai scritto nella tua tesi. Sono ineguagliabili. Abbiamo tutto il tempo del mondo per viverci la nostra vita. Abbiamo tutto il tempo per costruirci il nostro mondo. Io posso fare solo una cosa per stupirti, chiederti di sposarmi tramite tesi. Ti amo Linda. Grazie di esistere.
CAPITOLO 1
Profili generali e sfera di applicazione della mediazione tributaria
1.1 Introduzione del nuovo istituto mediativo
“L’articolo 39, comma 9, del decreto-legge 6 Luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 Luglio 2011, n. 111, ha inserito nel decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, l’articolo 17-bis, rubricato “il reclamo e la mediazione”1.
Viene introdotto, così, all’interno del nostro ordinamento un metodo di risoluzione delle cd. piccole controversie (di valore fino a 20.000 euro), notificate a decorrere dal primo aprile 2012, che si pone in maniera preliminare ma non ostativa al normale ricorso giudiziale davanti alle Commissioni Tributarie Provinciali. Obiettivo supremo è naturalmente la sua natura deflattiva del contenzioso innanzi alle già oberate commissioni, le quali, solo nel 2011, si trovavano a fronteggiare un numero impressionante di ricorsi
1 Cit. Circolare n.9/E del 19 Marzo 2012. Agenzia delle Entrate-‐ Dir. Centrale Affari Legali e Contenzioso-‐ Mediazione Tributaria-‐ Chiarimenti e istruzioni
operative, pag. 5 in
http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Docume nti/Norme%20e%20Tributi/2012/03/CIRC_AGEN_9E_2012.pdf?uuid=344802c c-‐74cb-‐11e1-‐996c-‐b66c8fedc3f4
pari a 170.4032. Si è inteso, quindi, estendere analogicamente alla materia fiscale del contendere, le linee guida espresse dalla Comunità Europea3 pochi anni prima in materia di Mediazione Civile4 anche se, lo si fa notare, non vi è piena sovrapponibilità tra la mediazione tributaria e quella disciplinata in ambito civile5.
Come di norma accade, a seguito dell’introduzione di un nuovo istituto all’interno di un ordinamento complesso, tra la sua promulgazione e la sua contestuale fase applicativa sorgono, da parte della dottrina più autorevole6 e da parte della giurisprudenza, critiche ed obiezioni.
Una delle critiche più frequenti ha riguardato il suo ricalcare in maniera profonda i tratti caratteristici di altri strumenti deflativi e di definizione consensuale dell’imposta, già presenti all’interno del nostro ordinamento quali l’accertamento con adesione, la conciliazione giudiziale e altre diverse forme di adesione preesistenti.7 Parte della dottrina8 ha ritenuto e ritiene tuttora superfluo l’inserimento della mediazione in un panorama già di per se
2 Dati Agenzia delle Entrate. Mediazione tributaria: slide per incontri informative in materia di mediazione.
3 Direttiva CE del Consiglio 21 Maggio 2008, n. 2008/52/CE. 4 d.lgs 4 Marzo 2010, n. 28.
5 Come sostiene Giuseppe Corasaniti, Il Reclamo e la Mediazione nel sistema tributario, Padova, 2013 p.52. Per ulteriori informazioni circa le differenze tra i due istituti si rinvia sempre a G. Corasaniti, Il Reclamo e la Mediazione nel sistema tributario, Padova, 2013, pp. 54 ss.
6 Il riferimento è Maurizio Logozzo, Profili critici del reclamo e della mediazione tributaria, Boll. Trib., 2012, pag. 1508.
7 Tale vicinanza di funzioni tra i diversi istituti e la loro possible alternatività è stata constatata da Alessandro Giovannini, Reclamo e mediazione tributaria: per una riflessione sistematica, Rass. Trib. 2013, pag; M. Logozzo, Profili critici… cit. pag 1509.
8 Cfr. B. Bellè, Reclamo e mediazione: due istituti inutili, Riv. Dir. Trib., 2012, pag. 873.
complesso, ritenendo possibile e soprattutto molto probabile, l’ottenimento dei medesimi risultati ricercati da siffatto istituto, attraverso il miglioramento e il potenziamento degli altri strumenti di definizione consensuale dell’imposta già esistenti.
Non solo la dottrina ma come accennato anche parte della giurisprudenza più autorevole, si è espressa in tal senso definendo duramente la mediazione fiscale come “un inutile e oneroso appesantimento procedurale” e prospettando, solo per fare un esempio, come una delle possibili soluzioni alternative “un obbligo generale ed effettivo di autotutela a carico dell’amministrazione, anche in caso di errore del contribuente, con l’unico limite del giudicato e senza onerose formalità a carico dell’interessato”.9
L’obiettivo di per sè lodevole del legislatore di voler catapultare il nostro paese in una visione europeistica della gestione del contenzioso tributario, portandoci al pari di paesi quali Francia, Germania e Spagna e Regno Unito10 veniva supportato da alcuni rappresentanti di vertice della Pubblica Amministrazione che definirono il nuovo istituto come ”…una novità da non sottovalutare che, se correttamente gestita, contribuirà a superare tanti elementi negativi del giudizio tributario e ad avvicinare il nostro sistema fiscale alla maggior parte
9 Così il Presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri nel corso dell’ Audizione 12 marzo 2014 in sede di Commissione parlamentare per la
semplificazione, in
http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/chi_siamo/audiz ioni/audizione_12_3_2014.pdf; dello stesso avviso è F. Pistolesi, Ambito applicativo della mediazione tributaria e sospensione della riscossione, Corr. Trib., 2012, pag. 1429.
10 Per una approfondimento sulle differenze tra il “facilitatore fiscale” inglese e la nostra mediazione tributaria si rinvia a F. Verini, La mediazione tributaria. Manuale pratico di tutela del contribuente e dell’ufficio, Santarcangelo di Romagna, 2012, pag. 51.
degli Stati UE”11. Le parole “correttamente gestita” sono la chiave di questa affermazione poiché, è opinione comune, che la troppa fretta del legislatore abbia fatto sì che venissero tralasciati, o meglio, poco approfonditi, vari aspetti della sua disciplina e che quindi l’istituto così come disciplinato dall’art. 17-bis, sia probabilmente rimasto lontano dalla visione d’insieme del legislatore.12 A riprova di questa sua inadeguatezza normativa, la mediazione tributaria è stata oggetto di pesanti critiche riguardo diversi profili di ordine costituzionale. Si rilevava, infatti, come in relazione a vari articoli della Costituzione, questo nuovo istituto manifestasse apertamente seri dubbi di costituzionalità. Non si è dovuto attendere molto prima di vedere rimandate le varie questioni alla Suprema Corte, chiamata in causa da varie ordinanze di rimessione provenienti dalle Commissioni Tributarie Provinciali di Ravenna, Campobasso, Perugia e Benevento le quali hanno rappresentato alla Corte Costituzionale buona parte delle criticità dell’istituto. La maggior parte delle incertezze concernenti la mediazione venivano colte sotto il profilo degli artt. 3, 24, 25, 111, 113 Cost. La risposta della Suprema Corte non si è fatta attendere e con sentenza del 16 aprile 2014 n. 9813, ha sciolto alcuni dei nodi posti. Anche il legislatore, ormai conscio delle problematiche sorte in relazione alla funzionalità e alla legittimità
11 Parole pronunciate da Vincenzo Busa, in una intervista di Crescione A. e Del Bo J. M. ne Il Sole 24 Ore del 10 Luglio 2011, allora Direttore del contenzioso dell’Agenzia delle entrate e attuale Presidente di Equitalia S.p.A., in
http://www.adrmaremma.it/news69.pdf
12 Cfr. Carmine Maiorano, La mediazione fiscale tra intuizione e realtà, in Boll. Trib. , 2012, pag. 85
13 Sent. 16 aprile 2014, n. 98 in http://www.cortecostituzionale.it/actionScheda
della mediazione fiscale, ha tentato di sopperire ad alcune sue gravi mancanze, modificando alcuni punti dell’istituto attraverso la legge di stabilità 201414.
14 Modifiche apportate dall’articolo 1, comma 611, legge 27 Dicembre 2013, n. 147.
1.2 Ambito di applicazione della mediazione tributaria
L’evoluzione legislativa degli ultimi vent’anni che ha caratterizzato il nostro paese in materia fiscale, ha registrato la creazione e uno sviluppo costante di metodi alternativi di risoluzione delle controversie. La mediazione fiscale è, infatti, solo l’ultimo degli strumenti in ordine cronologico, messo a disposizione del contribuente per ovviare alle lungaggini di un processo davanti alle Commissioni Tributarie Provinciali. Affinché sia possibile accedere a quest’ulteriore strumento deflativo del contenzioso è necessario che vengano soddisfatti determinati requisiti degli atti oggetto di contestazione in relazione soprattutto alla data di notifica degli stessi, alla loro tipologia e natura, al valore nominale della controversia e all’ente emittente. La contestuale compresenza dei requisiti appena accennati impone a chi intenda proporre ricorso di esperire preventivamente ed obbligatoriamente la nuova procedura.
In primo luogo, quindi, occorre accertarsi di essere nella casistica prospettata dall’art. 39, comma 11, d.l. 98/2011, e dall’art. 21, comma 2, DLgs. 546/1992 i quali offrono una chiara visione circa l’entrata in vigore della mediazione dichiarando, infatti, che tale disciplina debba essere applicata agli “…atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1º aprile 2012” ed anche alle ipotesi di rifiuto tacito per le quali, alla data del 1º aprile 2012, non siano decorsi 90 gg. dalla data di presentazione dell’istanza di rimborso. In secondo luogo bisogna constatare se si sia di fronte o meno a un atto emesso dalla
Agenzia delle Entrate, così come prevede l’art 17-bis, comma 1, oppure che non si versi in una delle ipotesi di atti espressamente esclusi dalla mediazione, art. 17-bis, comma 415, poiché in tal caso saremo in presenza di un atto definito non mediabile e non sarà quindi possibile attivare il procedimento di mediazione. All’art. 19 DLgs 546/192, rubricato “atti impugnabili e oggetto del ricorso”, vengono così elencati tutta una serie di provvedimenti avverso i quali è possibile proporre ricorso, ma proprio per la loro diversa provenienza non tutti possono essere oggetto della procedura di mediazione16.
Ultimo dei tre requisiti necessari affinché possa essere messo in moto il procedimento della mediazione, è l’appartenenza della controversia alla categoria delle cd. piccole liti; esse, infatti, devono essere di valore non superiore ai € 20.000. Nel determinare il valore della controversia l’art 17-bis comma 3, DLgs 546/1992 rinvia all’art. 12, comma 5 del medesimo DLgs il quale definisce il valore della lite come “…l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”. Da tale previsione normativa si evince, pertanto, che il valore finale della controversia va determinato “con riferimento a ciascun atto impugnato ed è dato dall’importo del tributo contestato dal
15 Il riferimento è alle controversie aventi ad oggetto il recupero di aiuti di Stato illegittimi, le sanzioni e gli interessi maturati.
16 Non sono mediabili il fermo di beni mobili registrati, l’iscrizione di ipoteca sugli immobili e la cartella di pagamento, solo però per vizi propri inerenti ad essa, poichè atti tutti provenienti dall’Agente di riscossione, oppure tutti gli altri atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 3 poichè provenienti questi da altre Agenzie fiscali. Sono, al contrario, mediabili tutti gli altri provvedimenti elencati nell’art 19 perchè provvedimenti questi emessi direttamente dall’Agenzia.
contribuente con il ricorso, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate. In caso di atto di irrogazione delle sanzioni ovvero di impugnazione delle sole sanzioni, il valore della controversia è, invece, costituito dalla somma delle sanzioni contestate”17. Si evince quindi, dall’articolo 17-bis, la stretta necessità di ricondurre ogni singola controversia a un valore determinabile, venendo escluse a priori dall’ambito di applicazione della mediazione tutte quelle liti il cui valore non sia immediatamente riconoscibile o calcolabile. Tra questi atti, a titolo esemplificativo, possono essere ricondotti: le risposte seguite a seguito di interpelli, i provvedimenti di diniego di iscrizione all’anagrafe delle ONLUS, l’atto di revoca delle partite IVA inattive. Per poter proseguire nell’analisi dell’istituto della mediazione tributaria è necessario soffermarci un attimo su un altro istituto, introdotto insieme e contemporaneamente all’istituto in esame e legato a doppio nodo con esso: il reclamo. La stessa Agenzia delle Entrate, illustrando nelle varie circolari il funzionamento del nuovo istituto, lo definisce come “mediazione tributaria”, ingenerando in molti confusione poiché, come vedremo, la “mediazione” è solo una possibile alternativa concessa ai contribuenti per raggiungere una definizione della lite sorta; l’esperimento del reclamo invece non è lasciato alla discrezionalità del contribuente, ma è obbligatorio e costituisce già in prima
17 Cit. Circolare N 9/E, 19 marzo 2012, Agenzia delle Entrate-‐ Direzione Centrale
Affari Legali e Contenzioso, in
http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Docume nti/Norme%20e%20Tributi/2012/03/CIRC_AGEN_9E_2012.pdf?uuid=344802c c-‐74cb-‐11e1-‐996c-‐b66c8fedc3f4.
battuta un atto del processo tributario18. L’istanza di reclamo presenta già alla sua nascita una doppia veste giuridica di natura amministrativa e processuale. Questa bipartizione concettuale si riflette in maniera sul piano giuridico, facendo assumere al reclamo due funzioni ben delineate. La prima, la funzione ‘amministrativa’ appunto, fa sì che venga avviata dal contribuente una fase nel corso della quale l’Agenzia delle Entrate e lo stesso contribuente possano giungere ad una rideterminazione della pretesa tributaria oppure dell’importo chiesto a rimborso. La seconda funzione è quella ‘processuale’ e fa sì che venga attivato il ricorso giurisdizionale ex artt. 18 ss., DLgs. n. 546/1992. L’istanza di reclamo si potrebbe assimilare quindi ad un’istanza di autotutela19, totale o parziale, inoltrata dal contribuente all’Agenzia, anticipatoria del ricorso giurisdizionale, al quale si aggiunge una facoltativa istanza di mediazione. Il profilo del “reclamo” è connesso in maniera forte al potere di autotutela dell’Amministrazione, come anche la mediazione trova le sue radici profonde in un altro strumento deflattivo del contenzioso,
18 Cfr. Roberto Franchini, Il reclamo e la mediazione tributaria. Non tutti gli atti sono reclamabili: ecco quando è possible presentare istanza di reclamo, 02 luglio 2012, in http://www.investireoggi.it/fisco/il-‐reclamo-‐e-‐la-‐mediazione-‐ tributaria/?refresh_ce
19Il potere di autotutela è disciplinato dall’art. 2-‐quarter del D.L. 30 settembre 1994, n. 564 e successivamente disciplinato dal DM 11 febbraio 1997 , n.37. Per autotutela si intende: “… complesso di attività con cui ogni pubblica amministrazione risolve i conflitti potenziali ed attuali, relativi ai suoi provvedimenti o alle sue pretese. In questi casi la pubblica amministrazione interviene unilateralmente con i mezzi amministrativi a sua disposizione, tutelando autonomamente la propria sfera d’azione.” Definizione tratta da un articolo on-‐line di Gianluca Sgueo, L’autotutela amministrativa, 19 Luglio 2007, http://www.diritto.it/docs/24399-‐l-‐autotutela-‐amministrativa
l’accertamento con adesione20. L’Amministrazione è chiamata, quindi, in prima battuta, a verificare la fondatezza e legittimità della pretesa fiscale e solo successivamente la presenza di condizioni in grado di condurre alla composizione della lite in maniera preventiva.21 Il punto merita di essere approfondito poiché, come anticipato, molti sono gli strumenti deflattivi del contenzioso presenti nel nostro ordinamento. Il potere di autotutela quale strumento volto all’annullamento o revoca di atti illegittimi o infondati e l’accertamento con adesione volto anch’esso ad una definizione stragiudiziale della controversia sono due di essi.
Andando con ordine si è già fatto notare come il reclamo abbia come primo effetto e obiettivo quello di stimolare una prima reazione dell’Agenzia, la quale, qualora lo ritenga necessario, potrà attivarsi tramite auotutela per l’annullamento o la revoca dell’atto illegittimo. Un legame forte, come anticipato, quello che lega questi due istituti. Per questa ragione una considerazione in merito a questa primaria funzione del reclamo è d’obbligo. In molti sostengono che la mancanza di un ”mediatore” professionale e la trattazione dell’intero procedimento mediativo da parte della stessa Agenzia che ha emanato l’atto, anche se di uffici diversi, renda il procedimento “una
20Disciplinato dall’art. 1 e seguenti del D.Lgs 218 del 1997. L’accertamento con adesione “è il procedimento mediante il quale la rettifica della base imponibile dichiarata (o la sua determinazione in caso di omessa dichiarazione) è fatta in contraddittorio tra l’ufficio e il contribuente. Si concretizza in un atto dell’ufficio sottoscritto, per adesione, anche dal contribuente. Il contribuente ottiene così la riduzione a 1/3 delle sanzione.” in http://www.fiscooggi.it/glossary/7/lettera; per una disamina generale delle caratteristiche dell’accertamento con adesione confronta anche F. Verini, La mediazione tributaria. Manuale pratico di tutela… cit, pag. 129.
sorta di abuso del diritto, formulato per vie legali”22. L’opinione, quindi, è che
non venga garantita la terzietà del mediatore, e che vengano lesi diritti di rango costituzionale. Ma il motivo della coincidenza tra mediatore e Agenzia e della scelta di non demandare a un soggetto esterno l’elaborazione e la trattazione delle controversie, sta proprio nella funzione del reclamo sopra richiamata. Se venisse chiamato un soggetto terzo, esterno per la trattazione delle mediazioni, il potere di stimolo del reclamo all’uso dell’auotutela da parte dell’Amministrazione verrebbe a mancare, poichè tale potere è unicamente e imprescindibilmente proprio della Pubblica Amministrazione e di nessun altro soggetto23. Verrebbe a mancare quella possibilità in più, di ottenere la
cessazione della materia del contendere in una fase antecedente al contenzioso. Un regime di non alternatività è quello che viene, quindi, adottato dal legistatore in relazione ai rapporti tra l’istituto del reclamo/mediazione, autotutela e accertamento con adesione24. La non alternatività presuppone addirittura la possibilità per il contribuente di contemporanea attivazione degli strumenti deflattivi, con il rischio di un oneroso dispendio di energie da parte dello stesso contribuente e da parte dell’Amministrazione. Per prima cosa basti pensare alla innaturale e ingiustificata dilatazione dei tempi di introduzione del
22 Cit. Maurizio Villani, Francesca Giorgia, Romana Sannicardo, Il reclamo tributario e gli strumenti deflattivi, 22 maggio 2012, in http://www.commercialistatelematico.com/articoli/2012/05/il-‐reclamo-‐
tributario-‐e-‐gli-‐strumenti-‐deflativi.html
23 Tali considerazioni sono state sostenute con energica eloquenza dal Prof. Francesco Pistolesi in un seminario tenutosi a Tirrenia il 07 novembre 2014 dal titolo “Gli istituti deflattivi del contenzioso: la mediazione e il reclamo”.
24 Alternatività prevista invece ex lege per l’altro strumento di definizione delle controversie: la conciliazione. È lo stesso art. 17-‐bis, comma1, a sbarrare la strada alla via della conciliazione, con la dicitura “… è esclusa la conciliazione giudiziale ex articolo 48”.
processo, qualora, il contribuente, decidesse di intraprendere la via dell’accertamento con adesione prima della proposizione del reclamo25. Si potrebbe addirittura arrivare, nel peggiore dei casi, tra la notifica dell’atto impugnabile e l’instaurazione del processo davanti al giudice, ad una dilatazione temporale di nove mesi e mezzo circa, aggiungendo, infatti, ai canonici 150 giorni per la procedura di mediazione, altri 90 giorni per il procedimento di adesione e altri 46 per l’eventuale sospensione feriale.26 Il più
ampio ambito di applicazione della mediazione rispetto all’adesione fa sì che si possa passare da una preliminare istanza di accertamento con adesione e, in caso di mancata definizione o di definizione parziale, ad una istanza di reclamo, ma non viceversa, sempre naturalemente che si versi nelle condizioni previste dall’art 17-bis. Adesione e mediazione sono dunque due istituti differenti ed autonomi legati, come anticipato, da un nesso funzionale e dalla loro natura deflattiva. L’analisi dei due istituti se messi uno di fronte all’altro ci porta a formulare determinate considerazioni:
• Il contenuto del reclamo, come ormai ampiamente sottolineato, ricalca in tutto e per tutto il contenuto del ricorso giurisdizionale, dovendo inserire il contribuente, già in prima battuta, tutta la documentazione che intenda far pervenire in una ipotetica e successiva fase contenziosa, mettendo, quindi, già in evidenza la propria tesi difensiva. Nell’accertamento con adesione questa
25 Cfr. F. Pistolesi, Ambito applicati della mediazione tributaria… cit., pag. 1430. 26 Cfr. F. Pistolesi, Coordinare lo strumento con le altre opportunità, 20 marzo 2012, in http://www.ilsole24ore.com/art/norme-‐e-‐tributi/2012-‐03-‐ 20/coordinare-‐strumento-‐altre-‐opportunita-‐064345.shtml?uuid=Ab1EY7AF
anticipazione della documentazione non è richiesta, poichè potrebbe limitare oppure precludere, in una eventuale fase contenziosa, una fondata strategia difensiva del contribuente;
• Entrambi gli istituti sono di stampo premiale, sia pure in percentuali diverse, consentendo una riduzione delle sanzioni pari ad un terzo del minimo edittale nell’adesione e al 40% nella mediazione;
• Altra differenza non di poco conto tra i due istituti riguarda l’individuazione della controparte chiamata in causa dal contribuente, nella trattazione della controversia. In entrambi i casi sarà l’Agenzia delle Entrate a valutare e a portare avanti il procedimento ma mentre nell’accertamento con adesione l’ufficio competente sarà lo stesso che ha emanato l’atto, nel caso del reclamo/mediazione l’ufficio adibito alla trattazione della controversia sarà l’ufficio legale27.
Tornando alla duplice funzione che il reclamo viene ad assumere, è soprattutto con riguardo alla sua funzione amministrativa, che la mediazione trova la propria ragione d’essere in quanto, come prevede l’art. 17-bis comma 7, è attraverso tale istituto che il contribuente ha la possibilità di proporre un’istanza di mediazione fiscale. L’art. 17-bis, comma 6, possiamo dire che rifletta, invece, la funzione definita ‘processuale’ del reclamo, rinviando per quanto concerne il suo procedimento ed il suo contenuto, alle disposizioni
27 Così prevede il comma 5 dell’art. 17-‐bis che individua nelle Direzioni proviciali e regionali gli organi adibiti ad accogliere il reclamo “…le quail poi provvedono attraverso apposite strutture diverse ed autonome da quelle che curano l’istruttoria degli atti reclamabili.”
disciplinanti il ricorso giudiziale28. È infatti ormai palese che il reclamo ricalchi in tutto e per tutto il ricorso giurisdizionale, necessitando per la sua validità di tutti gli elementi formali caratterizzanti lo stesso, con una differenza sostanziale che qui è bene ricordare: al reclamo, anche se non a pena di inammissibilità, devono essere allegati tutti i documenti che il contribuente intende far esaminare dall’Amministrazione finanziaria29. Le ragioni di questa differenza sono sia di carattere pratico sia di carattere processuale e queste ultime, si ravvedono nel caso in cui il processo di mediazione non andasse a buon fine. Per quanto riguarda le prime si fa riferimento alle tempistiche di decorrenza dei termini, poiché se l’Amministrazione entro novanta giorni deve decidere se accogliere o meno il reclamo, se accoglierlo in tutto o in parte e verificare eventualmente se ci siano gli estremi per una proposta di mediazione, inevitabilmente per rientrare nei tempi deve avere a disposizione tutti i documenti necessari per effettuare tali valutazioni. Per quanto riguarda la ragione prettamente processuale, nel caso in cui le ragioni di dissenso espresse nell’istanza dal contribuente non venissero accolte dall’Agenzia e che quindi prendesse piede la via del procedimento giurisdizionale davanti alle commissioni, i contenuti dell’istanza ormai presentata si cristallizzerebbero, rendendo impossibile al contribuente una sia pur minima integrazione dei motivi di contestazione successivamente all’introduzione del giudizio.
28 Il comma in questione rinvia infatti agli artt. 18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’art. 22, tutti riguardanti la disciplina del ricorso.
29 Cfr. M. Basilavecchia, Instaurazione del giudizio von il ricorso/reclamo, Corr. Trib., 2012, pag. 1456.
Abbiamo visto, quindi, come una richiesta motivata di mediazione possa essere autonomamente esperita dal contribuente attraverso l’istituto del reclamo, veicolo quest’ultimo reso necessario e obbligatorio, pena l’inammissibilità del ricorso30. La mediazione è, quindi, parte eventuale di un processo ampio e abbastanza lineare, dove la parte in gioco contribuente, non è la sola però ad avere la possibilità di attivare il meccanismo della mediazione: è prevista al comma 8, con una espressione che alcuni non hanno avuto paura a definire fuorviante31, la possibilità da parte dell’Agenzia di formulare d’ufficio una proposta di mediazione. Proprio l’espressione “d’ufficio” farebbe pensare, infatti, ad un obbligo generale e meccanico dell’Amministrazione ad intavolare una proposta di mediazione, qualora il procedimento attivato con il reclamo dal contribuente non sia andato a buon fine. È necessario affermare fin da adesso come anche la sola possibilità di una tale previsione metterebbe in serio dubbio il principio di legalità, imparzialità, trasparenza e di capacità contributiva alla base di un sistema costituzionale. È, infatti, non contestabile che se una simile normativa venisse introdotta all’interno del nostro ordinamento, verrebbe favorita senza ombra di dubbio l’evasione. Ogni contribuente sarebbe tentato (anzi incentivato) all’evasione poiché in sede di “contenzioso” con l’Agenzia questa avrebbe l’obbligo di mediare con il contribuente. La previsione del
30 Come vedremo più avanti il principio dell’inammissibilità è stato additato dalla Corte Costituzionale come illegittimo e di conseguenza corretto col principio dell’improcedibilità dal legislatore.
31 Il riferimento è F. Pistolesi, che in un seminario tenutosi a Tirrenia il 07/11/2014 dal titolo “Gli istituti deflattivi del contenzioso: la mediazione e il reclamo”, ha afforontato, tra le altre cose, il tema dell’impossibile previsione di un obbligo a carico dell’ Amministrazione all’esperimento di una procedura di mediazione, commentando il comma 8 dell’art. 17-‐bis e il comma 9 nella sua prima formulazione.
comma 8 deve dunque essere intesa non come una obbligatorietà a carico dell’Amministrazione, ma come una discrezionalità offerta all’Agenzia. Tale configurazione viene chiarita in maniera deduttiva nel successivo comma 9, modificato, poi, dalla recente legge n.147 del 27 dicembre 2013.
Procedendo con ordine bisogna osservare quali fossero i possibili scenari che si aprivano a fronte di una proposizione di reclamo prima delle modifiche apportate al comma 9:
• primo tra tutti era il caso in cui l’Amministrazione, a fronte di un reclamo propostogli, restasse inerme. In questo caso il contribuente avrebbe dovuto costituirsi in giudizio entro trenta giorni decorrenti dallo spirare del novantesimo giorno di svolgimento del procedimento;
• altra opzione era quella in cui l’Agenzia respingesse in tutto o in parte l’istanza di reclamo e che al contempo non riformulasse nessuna mediazione. In questo caso i trenta giorni concessi per la costituzione in giudizio decorrevano, secondo la vecchia formulazione, dal giorno in cui si riceveva il diniego;
• ulteriore ipotesi era quella in cui il contribuente vedendosi respinta l’istanza di reclamo, si vedeva raggiungere da una proposta di mediazione promossa dalla stessa Agenzia delle entrate. In questo caso gli esiti potevano essere due: la mediazione poteva andare a buon fine e si perfezionava oppure, in caso contrario, il ricorso
doveva essere depositato nei trenta giorni successivi dallo spirare del novantesimo giorno dalla proposizione del reclamo.
La non obbligatorietà della proposta di mediazione promossa dall’Agenzia la si evinceva quindi dal comma 9, laddove veniva prevista la decorrenza dei termini per la costituzione in giudizio del contribuente al ricevimento del diniego, palesando la possibilità dell’Amministrazione di respingere il reclamo senza dover avanzare in alcun modo una proposta di mediazione.32
È possibile definire il comma 9 come la disposizione di cerniera tra il procedimento di mediazione e l’instaurazione del giudizio davanti alle commissioni laddove prevede, infatti, che “Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso….”. Si apre a questo punto la vera e propria fase contenziosa per la quale viene prevista, al comma 1033, una speciale disciplina di condanna della parte soccombente alle spese di
32 Le modifiche apportate dall’art. 1, comma 611, lett)a, della legge 27 dicembre 2013, n 147 ( legge di stabilità 2014), applicabili dal sessantesimo giorno successivo alla sua all’entrata in vigore, hanno eliminato il terzo e quarto periodo del comma 9, in sostituzione dei quali hanno inserito tale dicitura :”… Ai fini del computo del termine di novanta giorni, si applicano le disposizioni sui termini processuali”. Ciò significa che al procedimento di mediazione così modificato, si applica la disciplina prevista per il computo dei termini di cui all’art. 155 c.p.c. e per la sospensione feriale la legge 7 ottobre 1969, n.742. inoltre, qualora il diniego da parte degli uffici dell Agenzia venga comunicato entro i novanta giorni canonici, si dovrà attendere comunque lo scadere degli stessi al fine del computo dei trenta giorni per la successiva ed eventuale costituzione in giudizio.
33 Il comma 10 recita infatti: “ … la parte soccombente è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una soma pari al 50 per cento delle spese del procedimento disciplinato dal presente articolo. Nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria, può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono
giudizio e della mediazione. Tale previsione per come impostata dovrebbe rappresentare una sorta di deterrente volta ad evitare l’instaurazione del giudizio. Parafrasando la previsione del comma 10, in sede di pronuncia della sentenza, “la Commissione tributaria provinciale:
- condanna la parte soccombente a versare all’altra parte una somma a titolo di rimborso delle spese del procedimento di mediazione, normativamente fissata ne cinquanta per centro delle spese di giudizio; data la precisazione che tale somma è ‘in aggiunta alle spese di giudizio’, la condanna al rimborso non trova applicazione nei casi di compensazione delle spese di lite;
- fuori dei casi di soccombenza reciproca, i Giudici possono compensare, parzialmente o per intero, le spese di lite solo se ricorrono giusti motivi, da indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza.”34
giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione.”
34 Cit. Adriana Capozzoli, In vigore la mediazione tributaria, 28 marzo 2012, in http://www.altalex.com/index.php?idnot=56622
1.2.1 Breve sguardo ai rapporti con altri strumenti deflativi
È stato anticipato nel paragrafo precedente come la mediazione sia solo uno dei tanti strumenti di natura deflativa presenti nel nostro ordinamento. Andando in ordine di introduzione, sono stati nominati come strumenti deflativi strettamente collegati al procedimento di reclamo-mediazione lo strumento dell’autotutela e lo strumento dell’accertamento con adesione. Questi due istituti, di cui ora verranno analizzati gli aspetti di analogia e quelli distintivi rispetto al reclamo-mediazione, non sono però gli unici che convivono con l’istituto in esame, nell’ordinamento legislativo tributario. Devono essere ricompresi all’interno del novero degli istituti deflativi del contenzioso anche due altri istituti quali: l’acquiescenza tributaria e la conciliazione giudiziale. L’autotutela viene definita come “un’attività discrezionale dell’Amministrazione finanziaria, la quale, esercitando il proprio potere di annullamento in autotutela, riconosce, con valutazione ex post, la totale o parziale illegittimità dell’atto impositivo notificato al contribuente e da questi impugnato”35. La disciplina di tale istituto è racchiusa nel d.l. n. 564 del 1994
convertito con legge n. 656 del 1994 e dal D. Min. Fin. N. 37 del 1997 dove viene infatti specificato che al fine di evitare un contenzioso destinato con molte probabilità a risultare negativo per la stessa Amministrazione finanziaria “gli uffici dell’Amministrazione finanziaria possono procedere
all’annullamento, totale o parziale, dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati con provvedimento motivato notificato al contribuente”. Come anticipato nel paragrafo precedente l’autotutela e il reclamo sono volti in tutto e per tutto a richiedere e ad ottenere un riesame dell’atto dal contribuente impugnato, chiedendone contemporaneamente l’annullamento per vizi di legittimità o di infondatezza. Ecco spiegato il motivo per cui si ritengono i due istituti, nonostate alcune differenze sostanziali, analoghi tra loro. C’è anche infatti chi riteneva che sarebbe bastato rendere obbligatoria la richiesta di riesame in autotutela senza creare alcuna interferenza sul processo36.
Tra le differenze che possono essere riscontrate tra questi due istituti quelle che risaltano in maniera più netta riguardano le fasi, o meglio, i momenti in cui questi procedimenti trovano applicazione e soprattutto il carattere discrezionale e obbligatorio che rispettivamente assumono l’autotutela e il reclamo. Per quanto riguarda il primo punto, mentre l’autotutela trova la sua ragione d’essere in una fase prettamente amministrativa dell’attività giurisdizionale, il reclamo, nonostante sia anch’esso attivabile in una fase amministrativa, è caratterizzato da una accezione più processuale proprio perchè riassume al suo interno tutti i contenuti, ed inoltre la struttura, del ricorso giurisdizionale. Per quanto riguarda invece il loro carattere discrezionale e obbligatorio, mentre l’autotutela, o meglio, il riesame dell’atto effettuato in autotutela è considerato
36 Cfr. A. Gargani, La mediazionee tributaria, in http://www.giustizia-‐
tributaria.it/documenti/seminari_corsi_formazione/ROMA_LUISS-‐ 19DIC2012/mediazione%20tributaria.pdf
in tutto e per tutto come una facoltà attivabile dall’Ufficio37, il reclamo, come
si evince dai commi 5 e 8 dell’art. 17-bis del D.lgs n. 546 del 1992, con il quale il contribuente impugna l’atto contestato deve essere obbigatoriamente esaminato. Arrivati a questo punto è possibile ravvisare anche una ulteriore differenza tra i due istituti in relazione alla struttura normativamente competente ad esaminare l’atto. Infatti mentre per l’autotutela è previsto il riesame dell’atto dal medesimo Ufficio dal quale l’atto è stato emanato, per il reclamo questo non accade. Viene infatti previsto al comma 5 dell’art 17-bis, che il riesame dell’atto impugnato tramite reclamo venga gestito e istruito da una struttura appartenente all’Agenzia delle Entrate ma “diversa e autonoma” rispetto a quella che ha emanato l’atto.
Come ampiamente fatto notare in precedenza, il rapporto che si è venuto ad instaurare tra l’istituto del reclamo-mediazione e l’istituto dell’accertamento con adesione è un rapporto tutt’altro che alternativo. Tale fatto ha in molti generato perplessità in merito ad una migliore e più attenta gestione dei rapporti intercorrenti tra i due istituti. Si è infatti fatto notare come l’attivazione dell’accertamento con adesione, prima, e del reclamo-mediazione, poi, possa comportare una dilatazione dei tempi fin troppo elevata per poter adire al giudice tributario. Questa non alternatività tra i due istituti, che è alla base della potenziale dilatazione dei tempi per l’instaurazione del giudizio, non la si ritrova se a confronto con la mediazione tributaria viene messa la conciliazione
giudiziale38. È infatti lo stesso comma 1 dell’art. 17-bis del D.lgs 546 del 1992
che esclude a priori una possibile attivazione di entrambi gli istituti deflativi. In effetti tali procedimenti deflativi palesano un certo numero di differenze sostanziali. Partendo dall’ambito applicativo, mentre come ormai noto la mediazione tributaria si applica a tutte le controversie di valore inferiore a 20.000 €, la conciliazione giudiziale ha un ambito applicativo estremamente più ampio, potendola impiegare in qualsiasi controversia senza limite di valore. Le differenze si riscontrano anche in relazione alle tempistiche di proposizione della proposta, ai soggetti abilitati ad attivare il procedimento e ai relativi contenuti della proposta. Per quanto riguarda la conciliazione giudiziale, infatti, essa è proponibile non solo dal contribuente ma anche dall’Ufficio stesso, una volta avvenuta la costituzione in giudizio delle parti e proprio per questo motivo si rivolge diettamente al Giudice tributario competente. Anche per quanto riguarda i contenuti la proposta di conciliazione giudiziale può essere definita nettamente più libera e meno formale e le motivazioni esposte al suo interno potranno essere liberamente modificate. L’istituto reclamo-mediazione invece prevede l’attivazione dello stesso solo da parte del contribuente, e in una fase che è solo l’anticamera della fase prettamente giurisdizionale. Inoltre la procedura di mediazione tributaria non è assolutamente rivolta al Giudice
38 La disciplina della conciliazione giudiziale è contenuta nell’art. 48 del d.lgs n. 546 del 1992. L’Agenzia delle Entrate alla pagina web
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Documentazione/C ontenzioso/Conciliazione+giudiziale, definisce la conciliazione giudiziale come “… il mezzo attraverso il quale si può chiudere un contenzioso aperto con il fisco. Applicabile a tutte le controversie per le quali hanno giurisdizione le
commissioni tributarie provinciali e non oltre la prima udienza”. Per una più attenta disamina delle condizioni di applicabilità e per uno sguardo al
tributario competente, ma è rivolta alla Direzione provinciale o regionale dell’Agennzia delle Entrate. Anche per quanto riguarda i contenuti del reclamo vi è una differenza sostanziale netta, in quanto nel caso del reclamo, come anticipato in precedenza, le motivazioni alla base di esso devono essere ampiamente dettagliate proprio a causa della sua duplice natura di reclamo-ricorso. Se si da uno sguardo anche alla disciplina della decorrenza dei termini dei due istituti è possibile notare un’ulteriore differenza. Il comma 4 dell’art. 48 del D.lgs n. 546 del 1992 prevede che qualora non venisse conclusa la conciliazione giudiziale nella prima udienza, il Giudice tributario assegni un ulteriore termine di 60 giorni per riformulare una nuova proposta. Nel reclamo-mediazione invece il comma 9 dell’art’ 17-bis prevede un termine perentorio di 90 giorni per concludere la procedura prevista, al termnie del quale “il reclamo produce gli effetti del ricorso”.
Ultimo ma non per importanza vi è l’istituto dell’acquiescenza. Essa può essere definita in via del tutto semplificativa come una rinuncia tacita al diritto spettante al contribuene ad opporsi ad un atto della Pubblica Amministrazione. L’art. 15 del D.lgs. n 218 del 1997 prevede infatti che “Le sanzioni irrogate per le violazioni (…) sono ridotte a un terzo se il contribuente rinuncia ad impugnare l’avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi
relativi a ciascun tributo”. La prima cosa che deve essere chiarita è l’alternatività o meno di questo istituto con il reclamo-mediazione. La Circolare n. 9/E del 19 marzo 2012 è stata chiara nel stabilire la netta alternatività dei due istituti. In altre parole in caso di notifica di un avviso di accertamento o di liquidazione, unici atti per i quali l’aquiescenza è prevista a differenza del procedimento di reclamo-mediazione, il contribuente ha due strade alternative: prestare acquiescenza e quindi rinunciare alla strada della mediazione tributaria oppure attivare il procedimento di reclamo mediazione. Il contribuente si troverebbe dunque a scegliere anche tra due diversi gradi di riduzione delle sanzioni in quanto, mentre per la mediazione la riduzione delle sanzioni è pari al 40%, nel caso dell’acquiescenza la riduzione sarebbe pari ad un terzo delle sanzioni.
1.3 Efficacia deflattiva della mediazione
Nonostante le molte criticità dell’istituto ed i molti dubbi di costituzionalità in relazione ad aspetti che verranno esaminati in maniera approfondita successivamente, nonostante i vari punti di contatto e di interferenza con altri strumenti deflativi del contenzioso sopra richiamati, si ritiene necessario un breve accenno all’esame dei dati relazionati al funzionamento della “mediazione” nei suoi primi anni di vita. Lo scopo è quello di capire se un istituto così ampiamente criticato e ampiamente modificato sia riuscito, anche in minima parte, a ottenere alcuni dei risultati posti alla base della sua introduzione. Una valutazione complessiva del suddetto istituto, deve avvenire tenendo conto non solo delle opportune critiche e apprezzamenti rivoltegli, ma anche attraverso una disamina degli effettivi risultati ottenuti nel corso dei primi anni di applicazione.
L’istituto del reclamo-mediazione, secondo le prime stime che vanno dalla data della sua introduzione (il primo aprile 2012) al 31 dicembre 2012, ha fatto riscontrare un andamento tutt’altro che deludente in termini di indici di definizione delle controversie39 e in termini di ricorsi pervenuti alle commissioni. Per quanto riguarda il primo aspetto a fronte di 47.740 istanze presentate, in questi primi nove mesi di funzionamento, ne sono state esaminate nel merito circa la metà, con un indice di definizione del 49,8%40.
39 Per indice di definizione si intende il rapporto tra le istanze esaminate nel merito e le istanze già definite.
40 Dati ottenuti da un articolo on line di Giovanni Francescone, dal titolo Mediazione tributaria: obiettivo centrato, 09 febbraio 2013, www.fiscooggi.it.
Tale rapporto è inoltre destinato a crescere se si tengono in considerazione anche “…le istanze interessate da proposte di mediazione in corso e i provvedimenti di diniego per i quali i contribuenti ometteranno di costituirsi in giudizio”41. La tabella 1 mostra in maniera dettagliata, regione per regione, l’andamento della mediazione nel lasso di tempo sopra indicato.
Tabella1: Esiti delle istanze esaminate suddivisi per Direzione regionale
Fonte: banca dati Agenzia delle Entrate, da
www.fiscooggi.it/files/u26/articoli/mediazione.pdf
Nello stesso arco di tempo un altro dato assume rilevanza, ossia il flusso di nuove controversie pervenute tramite ricorsi alle commissioni tributarie
provinciali. Le statistiche dimostrano, infatti, come, rispetto al 2011, il numero totale dei ricorsi arrivati alle commissioni nel 2012 sia inferiore del 30%42. L’analisi, poi, di un periodo ancora più ampio, permette di cogliere l’ulteriore crescita dell’istituto. Nel periodo che va dal 1° aprile 2012 al 2 ottobre 2013, l’indice di definizione delle controversie, fermo al 49,8% a fine dicembre 2012, compie un ulteriore balzo in avanti portandosi al 57%. Anche il tasso di “litigiosità”, ossia il numero di controversie arrivate all’attenzione delle commissioni, è passato da un buon 30% in meno rispetto al periodo precedente, ad un 39% in soli dieci mesi43.
Come si è potuto osservare l’intero ragionamento seguito dal legislatore, a partire dalla prima introduzione fino alle ultime modifiche dell’art. 17-bis, è tutto proiettato ad una considerevole riduzione del carico di lavoro delle Commissioni tributarie provinciali. Nonostante i vari intoppi che l’istituto del reclamo-mediazione ha incontrato durante i suoi primi anni d’applicazione, si è osservato come tramite il suo utilizzo si sia in gran parte fatto fronte a questa principale problematica, continuando però a permanere numerosi interrogativi di ordine costituzionale.
42 Ibidem.
43 Dati ottenuti da un Comunicato Stampa dell’Agenzia delle Entrate del 14
marzo 2014 consultabile al link
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/file/nsilib/nsi/agenzia/agenzia+comuni ca/comunicati+stampa/tutti+i+comunicati+del+2014/cs+marzo+2014/cs+1403 2014+mediazione/033_Com++st++Mediazione+14+03+14.pdf
CAPITOLO 2
Problemi di ordine costituzionale
2.1 Problematiche antecedenti alle ordinanze di rimessione
Fin dalla sua immediata introduzione, la mediazione tributaria ha presentato varie criticità di ordine costituzionale. Le colonne portanti dell’istituto palesavano secondo l’opinione di molti, diversi punti di contrasto con quelli che sono i principi fondanti il nostro ordinamento costituzionale. Opinione comune, infatti, era che venissero compressi, nel nome di evanescenti esigenze di ordine generale e superiori finalità di giustizia, diritti fondamentali quali quello di uguaglianza e ragionevolezza, il diritto ad un accesso rapido ed incondizionato alla tutela giurisdizionale, il diritto ad un processo davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Le preoccupazioni non riguardavano solo ed esclusivamente la compressione di diritti, parzialmente motivate da blande giustificazioni, ma anche il distaccarsi della disciplina della mediazione da quelli che sono i principi cardine che regolano il naturale funzionamento della Pubblica Amministrazione e in relazione ai quali il suo operato viene valutato. Per fare un esempio si ritenevano del tutto incerte ed aleatorie le regole con cui il pubblico ufficio avrebbe dovuto cogliere e valutare, rimanendo in linea col