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Industrializzazione e validazione di un dispositivo medico per auto-iniezione, mediante tecnologia Six Sigma-DMAIC

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione

Tesi di Laurea magistrale in

Ingegneria Biomedica

Industrializzazione e validazione di un

dispositivo medico per auto-iniezione, mediante

tecnologia Six Sigma-DMAIC

I Relatore:

Prof. Giovanni Vozzi

II Relatore: Candidato:

Ing. Marco Mantovani Eva Friggi

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Indice

Introduzione

Capitolo 1: Il dispositivo auto-iniettore

1.1 Applicazioni

1.1.1 Auto-iniettore di epinefrina 1.1.2 Auto-iniettore di insulina 1.1.3 Auto-iniettore di copaxone 1.1.4 Altre tipologie di auto-iniettori 1.2 Stato dell’arte

1.3 L’obiettivo del lavoro di tesi 1.4 L’azienda Elcam Medical

Capitolo 2: La metodologia Six Sigma

2.1 Cos’è e com’è nata 2.2 Six Sigma 2.3 Metodologia DMAIC 2.3.1 Define 2.3.2 Measure 2.3.3 Analyze 2.3.4 Improve 2.3.5 Control

2.3.6 DMADV, il Design for Six Sigma 2.4 Variabilità nei processi produttivi

2.5 Metodi statistici per il miglioramento della qualità nei processi produttivi 2.5.1 Test delle ipotesi

2.5.1.1 Errori campionari 2.5.1.2 Test sulla media

2.5.1.2.1 Z-test 2.5.1.2.2 T-test 2.5.1.2.3 ANOVA 2.5.1.3 Test sulla varianza

2.5.1.3.1 Chi quadro test (χ²) 2.5.1.3.2 F-test

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Capitolo 3: Validazione dei processi produttivi

3.1 Tipologie di validazione

3.2 V-diagram: fasi della validazione di processo 3.2.1 Protocollo di validazione (VP)

3.2.2 Qualifica di installazione e funzionamento (IQ) 3.2.3 Qualifica Operativa (OQ)

3.2.4 Qualifica delle Prestazioni (PQ) 3.3 Il Design of Experiment (DoE)

3.3.1 Gli esperimenti programmati 3.3.2 Lo scopo della sperimentazione 3.3.3 I piani fattoriali

3.3.3.1 Piano fattoriale completo 3.3.3.2 Piano fattoriale frazionario 3.3.4 Le fasi principali del DoE

3.4 Il software Minitab

3.5 Indice di Capability di un processo

Capitolo 4: Materiali e metodi

4.1 I polimeri 4.1.1 Generalità 4.1.2 I polimeri termoplastici 4.1.2.1 Policarbonato (PC) 4.1.2.2 Acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS) 4.1.2.3 Poliossimetilene (POM)

4.1.2.4 Gli elastomeri termoplastici (TPE) 4.2 I processi di lavorazione

4.2.1 Lo stampaggio a iniezione

4.2.1.1 La pressa per stampaggio a iniezione 4.2.1.2 I parametri di processo

4.2.1.3 Il ciclo di funzionamento 4.3 L’assemblaggio del dispositivo

4.4 Metodi di misura e raccolta dati 4.4.1 Tomografia computerizzata 4.4.2 Gage R&R

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Capitolo 5: Validazione del componente Finestra

5.1 Lo stampo

5.2 Moldflow: simulazione del processo di stampaggio 5.3 Protocollo di validazione (VMP & PFMEA) 5.4 Molding IQ (Installation Qualification)

5.4.1 Full-layout del componente 5.5 Il Design of Experiments

5.6 Molding OQ (Operational Qualification)

5.6.1 Analisi della variabilità e calcolo della Capability “short term” 5.7 Molding PQ (Performance Qualification)

5.7.1 Analisi dei dati e calcolo della Capability “long term”

Capitolo 6: Conclusione e sviluppi futuri

Ringraziamenti

Bibliografia

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Introduzione

Il presente lavoro di tesi si inserisce all’interno di un progetto di sviluppo, industrializzazione e validazione di un dispositivo medico per auto-iniezione ed è stato svolto in collaborazione con l’azienda Elcam Medical Italy S.p.a., all’interno dello stabilimento produttivo di Carpi (MO). Il dispositivo che verrà presentato è un auto-iniettore multiuso, dispositivo medico che consente l’auto-somministrazione di farmaci adatti a vari tipi di terapie, come ad esempio in caso di pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente, pazienti affetti da diabete o pazienti allergici che presentino una reazione anafilattica.

Il dispositivo è il risultato dell’assemblaggio di più componenti, ognuno dei quali segue un particolare progetto di validazione. Il lavoro svolto in questa tesi riguarda in particolare la validazione del processo di stampaggio di uno dei componenti finalizzati all’assemblaggio del dispositivo finale. L’intero lavoro di tesi è stato svolto all’interno dello stabilimento produttivo dell’azienda. I processi produttivi che ho avuto modo di seguire in questa esperienza si avvalgono di tecniche statistiche per il controllo del processo, con l’esigenza di implementare metodi di miglioramento continuo: il processo produttivo deve tenere sotto controllo fattori determinanti, quali la rapidità di produzione, la qualità del prodotto finito, le modalità di consegna, per ottenere elevati standard di produzione e per determinare il successo dell’azienda stessa.

In quest’ottica, la metodologia Six Sigma risponde perfettamente all’esigenza di miglioramento del processo, e viene utilizzata e descritta in questo lavoro di tesi. In particolare, nel corso di questa esperienza ho avuto modo di applicare gli strumenti del Six Sigma, e in particolare il Design of

Experiments (DOE) per l’ottimizzazione dei parametri di macchina relativamente al processo di

stampaggio a iniezione utilizzato per la lavorazione delle materie plastiche. Il lavoro di tesi è strutturato in 6 capitoli:

- Capitolo 1: panoramica sulle applicazioni del dispositivo medico per auto-iniezione, sulla tipologia dei pazienti a cui è destinato, sullo stato dell’arte e sull’azienda Elcam Medical Italy;

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- Capitolo 2: descrizione della metodologia Six Sigma, dei cicli del DMAIC (Define, Measure,

Analyse, Improve, Control) e del DMADV (Define, Measure, Analyse, Design, Verify) su cui

si basa, e panoramica sui metodi statistici utilizzati per il controllo dei processi produttivi; - Capitolo 3: presentazione della metodologia di validazione dei processi produttivi;

- Capitolo 4: materiali e metodi produttivi impiegati per lo svolgimento dello studio, in particolare descrizione dei polimeri termoplastici, presentazione della tecnologia produttiva dello stampaggio a iniezione, panoramica sull’assemblaggio del dispositivo e analisi metrologia svolta con tomografo industriale;

- Capitolo 5: presentazione del lavoro svolto su uno dei componenti finalizzati alla realizzazione del dispositivo finale, in particolare descrizione delle fasi di validazione del componente e analisi dei risultati mediante il software Minitab®;

- Capitolo 6: conclusioni e sviluppi futuri.

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Capitolo 1

Il dispositivo auto-iniettore

1.1. Applicazioni

Il dispositivo medico per auto-iniezione presentato in questo lavoro di tesi consente l’auto-somministrazione intramuscolare di una vasta gamma di farmaci, adatti a diverse tipologie di pazienti. Il dispositivo è multiuso, riutilizzabile grazie alla “cassetta” interna contenente la siringa monouso.

Fig. 1.1: Esempio di auto-iniettore attualmente in commercio.

Le applicazioni del dispositivo sono diverse in base alle esigenze del cliente, rappresentato dall’azienda farmaceutica, la quale si occuperà di mettere in commercio il dispositivo con il farmaco specifico in base alla tipologia di pazienti a cui sarà destinato.

Le tipologie maggiormente utilizzate sono le seguenti:

 auto-iniettore di epinefrina, utilizzato da soggetti allergici che presentano reazioni anafilattiche;

 auto-iniettore di insulina, utilizzabile da parte di pazienti affetti da diabete;

 auto-iniettore di copaxone, utilizzato da pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente, specie se allo stadio iniziale.

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1.1.1. Auto-iniettore di epinefrina

L’auto-iniettore di epinefrina è uno strumento medico utilizzato per fornire una dose misurata di epinefrina (conosciuta anche come adrenalina), più frequentemente per il trattamento dell'anafilassi (o shock anafilattico).

L'anafilassi è definita come una grave reazione allergica a rapida comparsa, nelle forme più gravi si parla di shock anafilattico e può causare la morte. È causata da una particolare forma di ipersensibilità (allergia) verso una sostanza antigenica (allergene).

L'anafilassi può verificarsi come risposta a quasi tutte le sostanze estranee che entrano in contatto con l'organismo. Tra le cause più comuni vi sono le punture di insetti, l'assunzione di alcuni alimenti o di farmaci. Fattori fisici, come l'attività fisica (nella cosiddetta "anafilassi indotta dall'esercizio") o variazioni di temperatura (sia verso il caldo che verso il freddo) possono inoltre agire come innesco attraverso i loro effetti diretti sui mastociti. Gli eventi scatenati dall'attività fisica sono però frequentemente associati all'ingestione di alcuni alimenti. Anestesia, somministrazione di farmaci miorilassanti o antibiotici e utilizzo di presidi in lattice sembrano essere tra le cause più comuni di reazione anafilattica. Nel 32%-50% dei casi, la causa scatenante rimane sconosciuta e la condizione viene denominata «anafilassi idiopatica».

Fig. 1.2: Principali cause di anafilassi.

Il meccanismo e la sintomatologia dello shock anafilattico sono causati dalle immunoglobuline E (IgE) e da altre anafilatossine che inducono la liberazione di grandi quantità di istamina e di altre sostanze.

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L'anafilassi si presenta tipicamente con molti sintomi diversi che emergono in pochi minuti o nelle ore successive al contatto, con un esordio medio da 5 a 30 minuti se l'esposizione è per via endovenosa e 2 ore per i prodotti alimentari. Le aree più comunemente colpite sono:

 pelle (80-90%), attraverso la comparsa di orticaria, prurito, rossore, gonfiore, cianosi, angioedema della faccia e della gola;

 vie respiratorie (70%), attraverso spasmi della muscolatura bronchiale, ostruzione delle vie aeree superiori dovuta allo stato infiammatorio, attacchi di asma, tosse;

 apparato gastrointestinale (30-45%), attraverso la comparsa di nausea, crampi addominali, diarrea;

 cuore e vasi (10-45%), attraverso un rapido calo della pressione arteriosa sistemica, spasmi coronarici che possono causare la comparsa di aritmie e conseguenze come l’infarto del miocardio o l’arresto cardiaco;

 sistema nervoso centrale (10-15%), attraverso la dilatazione dei vasi sanguigni del cervello con conseguente stato confusionale, mal di testa, stato d’ansia, perdita di conoscenza. Possono essere coinvolti anche più apparati contemporaneamente.

Fig. 1.3: Sintomi dell’anafilassi.

A livello fisiopatologico, l'anafilassi è una reazione di ipersensibilità del I tipo, dovuta al rilascio di mediatori infiammatori e di citochine da parte di alcuni tipi di globuli bianchi (mastociti e granulociti basofili).

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Solitamente ciò avviene a causa di una reazione immunologica, ma a volte il meccanismo è di tipo non immunologico:

 Meccanismi immunologici  nel meccanismo immunologico più frequente, le immunoglobuline E (IgE) si legano all'antigene responsabile dell'inizio della reazione allergica. Questo attiva i recettori FcεRI nei mastociti e basofili portandoli a rilasciare mediatori infiammatori, come l'istamina. Questi mediatori successivamente aumentano la contrazione della muscolatura liscia bronchiale, provocano vasodilatazione, aumentano le perdite di liquidi dai vasi sanguigni e riducono la forza di contrazione del muscolo cardiaco. Esistono poi reazioni anafilattiche di tipo immunologico non IgE-mediate, come quelle causate da Infliximab, da destrani o che si osservano in occasione di esami radiologici con mezzi di contrasto. Si ritiene che in questi casi la reazione anafilattica sia a partire dalla formazione di complessi immuni.

 Meccanismi non-immunologici  coinvolgono sostanze o fattori che in casi rari causano direttamente la degranulazione dei mastociti e dei basofili. Tra questi agenti si trovano i mezzi di contrasto utilizzati in radiologia, gli oppioidi, la vancomicina, la temperatura e le vibrazioni. Viene diagnosticata sulla base dei sintomi e dei segni che si presentano. L'esposizione alla sostanza può avvenire per inalazione, ingestione, contatto o inoculazione dell'allergene.

La somministrazione di adrenalina è il trattamento primario per l'anafilassi, e in questi casi può essere utilizzato l’auto-iniettore. Le linee guida consigliano un’auto-iniezione di adrenalina per via intramuscolare, nella metà anterolaterale della coscia, non appena si sospetta il verificarsi di una reazione anafilattica. La via intramuscolare viene preferita rispetto alla somministrazione sottocutanea, poiché quest'ultima può ritardare l'assorbimento.

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Si può effettuare un’auto-iniezione ripetuta ogni 5/15 minuti, in caso di una risposta insufficiente (una seconda dose diviene necessaria nel 16-35% degli eventi, ma la somministrazione di più di due dosi è raramente necessaria). Effetti minori indesiderati dalla somministrazione di adrenalina includono: tremori, stato ansioso, mal di testa e palpitazioni.

Generalmente esistono due tipi di auto-iniettori di epinefrina: uno per adulti o bambini che abbiano un peso di almeno 25 kg e uno per i bambini di peso compreso tra i 10 e i 25 kg.

L’auto-iniettore di epinefrina è usato quindi in questi casi di emergenza e può salvare la vita di una persona allergica.

1.1.2. Auto-iniettore di insulina

L’auto-iniettore di insulina è uno strumento medico utilizzato per fornire una dose misurata di insulina per il trattamento di pazienti affetti da diabete.

Il diabete è una malattia in cui c’è aumento nel sangue dei livelli di glucosio (la glicemia) per un deficit della quantità e, spesso, nell’efficacia biologica dell’insulina, l’ormone che controlla la glicemia nel sangue e che viene prodotto dal pancreas. Il diabete è una malattia molto complessa in quanto è un contenitore di molteplici sindromi cliniche.

Le principali varietà di diabete sono le seguenti:

 diabete tipo 1 (detto anche insulino-dipendente);  diabete tipo 2 (detto anche non-insulino-dipendente);  diabete gestazionale;

 diabete monogenico (es. MODY, Maturity-Onset Diabetes of the Young);

 diabete secondario ad altra patologia (es. malattia del pancreas) o farmaci (es cortisone). Diabete tipo 1 e diabete tipo 2, le varietà più note e più frequenti, sono due malattie completamente diverse dal punto di vista eziologico e patogenetico.

Il diabete tipo 1 è di origine autoimmune ed è la conseguenza di una distruzione, relativamente rapida, delle cellule del pancreas che producono insulina. La distruzione è operata da sostanze (anticorpi, citochine) prodotti dalle cellule del sistema immunitario dell’organismo probabilmente in risposta ad

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un virus o a uno o più tossici presenti nell’ambiente. Per questo tipo di diabete è assolutamente necessaria la terapia con le iniezioni di insulina perché in poco tempo l’organismo non produce più insulina (carenza assoluta di insulina). Il diabete tipo 1 compare soprattutto in bambini, adolescenti, giovani adulti e raramente inizia dopo i 40 anni. Esiste una variante del diabete tipo 1 che si chiama LADA (Latent Autoimmune Diabetes of the Adult) in cui l’attacco autoimmune alle cellule che producono insulina è lento e meno imponente e la malattia si sviluppa nell’arco di anni, comparendo in età più avanzata rispetto al classico diabete tipo 1, e in cui sono presenti alcuni caratteri clinici del diabete tipo 2 (ad esempio la possibilità di cura con farmaci orali per molto tempo).

Il diabete tipo 2 si sviluppa, nell’arco di molti anni, per un deficit di produzione di insulina che però non è mai tanto grave come quello presente nel diabete tipo 1 e non dipende dall’autoimmunità. Multiple alterazioni genetiche e fattori acquisiti (ambientali) sono responsabili di un deficit di insulina che in genere si associa ad una minore efficacia dell’insulina. Anche quest’ultima (insulino-resistenza) è causata da multiple alterazioni genetiche che interagiscono con fattori acquisiti. In questo tipo di diabete non c’è abbastanza insulina per far fronte alle necessità dell’organismo (carenza relativa di insulina). Il diabete tipo 2 compare soprattutto dopo i 40 anni ma l’età di insorgenza si sta abbassando per la sempre maggiore diffusione dell’obesità anche fra i più giovani. In questo tipo di diabete un ruolo importante è esercitato dall’eccesso di peso corporeo che determina insulino-resistenza e influisce negativamente anche sulla secrezione dell’ormone. Gran parte dei soggetti con diabete tipo 2 ha eccesso di peso.

Il diabete gestazionale compare durante la gravidanza e in genere scompare dopo il parto. Le donne che hanno avuto diabete gestazionale sono a rischio di sviluppare ancora diabete gestazionale nelle gravidanze successive e diabete tipo 2 durante la vita.

Il diabete monogenico è una varietà in cui esiste un difetto genetico singolo capace di determinare iperglicemia. E’ un diabete che si trasmette da una generazione all’altra (ne sono affetti un nonno, un genitore e un figlio) e compare più precocemente del diabete tipo 2 anche se ne condivide molte caratteristiche. L’esempio tipico è il MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young) di cui esistono molte varianti a seconda del gene coinvolto. In questa categoria rientrano anche il rarissimo diabete neonatale e altre varianti altrettanto rare.

Nel diabete secondario e nel diabete da farmaci altre malattie o farmaci determinano alterazioni della secrezione o dell’efficacia dell’insulina. Fra le malattie che possono causare diabete vanno ricordate

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le pancreatiti croniche, la cirrosi epatica, l’insufficienza renale cronica, l’acromegalia, la sindrome di Cushing. Il diabete si sviluppa anche quando viene asportato chirurgicamente il pancreas. Il diabete, soprattutto nelle persone predisposte, si può sviluppare in caso di terapia prolungata con cortisone o altri farmaci.

Il diabete è una malattia molto comune. In Italia circa 3 milioni di persone hanno avuto una diagnosi di diabete e accanto a questi si stima che un altro milione e mezzo abbia la malattia senza saperlo. Il diabete, tranne casi particolari, è una malattia cronica che va curata per tutta la vita. Le basi della cura del diabete sono l’educazione terapeutica, la dieta, l’attività fisica e i farmaci (i farmaci orali e alcuni farmaci iniettabili diversi dall’insulina - analoghi di GLP-1 - sono in grado di aumentare la secrezione e/o la sensibilità insulinica). Soprattutto in caso di diabete di tipo 1, è assolutamente necessaria la terapia insulinica tramite iniezioni, in sostituzione dell’insulina mancante nell’organismo. Le iniezioni si effettuano più volte al giorno (in genere circa 15 minuti prima dei pasti). In questi casi, l’auto-iniettore di insulina permette di rendere più semplice la terapia per il paziente e può salvarne la vita in casi estremi.

Fig. 1.5: Possibili aree di iniezione per pazienti diabetici.

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La cura è essenziale non solo per eliminare i disturbi legati all’iperglicemia, spesso assenti, ma per minimizzare il rischio di complicanze croniche (ad esempio malattie cardiovascolari, nefropatia, retinopatia, neuropatia, piede diabetico, etc..).

Grazie alla facilità di utilizzo dell’auto-iniettore, il paziente acquisisce maggiore autonomia e aumenta la sua aderenza alla terapia.

1.1.3. Auto-iniettore di copaxone

L’auto-iniettore di copaxone è uno strumento medico utilizzato per fornire una dose misurata di copaxone, per il trattamento di pazienti affetti da sclerosi multipla.

Il glatiramer acetato o copaxone (copolimero-1) è un farmaco immunomodulatore, ovvero in grado di regolare l'attività immunitaria senza diminuirla, somministrato per iniezione sottocutanea e utilizzato per il trattamento di pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente, specie se allo stadio iniziale.

La sclerosi multipla (SM) è una malattia immuno-mediata neurodegenerativa demielinizzante caratterizzata dalla formazione di lesioni (placche di demielinizzazione) a carico della sostanza bianca con interessamento anche della sostanza grigia del sistema nervoso centrale (SNC). La malattia può evolvere da una fase infiammatoria iniziale a una fase cronica con formazione di un tessuto cicatriziale, da cui deriva il termine “sclerosi”. Si dice “multipla” in quanto le placche, che hanno grandezza variabile, si manifestano in diversi punti del SNC. La perdita di mielina avviene in modo irregolare e causa la perdita dell’isolamento elettrico e metabolico che essa assicura fisiologicamente, causando un rallentamento o un’interruzione della trasmissione degli impulsi nervosi (che normalmente hanno una velocità di 100 m/s). Tale perdita avviene con differenze significative tra le persone colpite, ma si localizza prevalentemente nel corpo calloso, nel cervelletto, nel chiasma ottico e a livello peri ventricolare. Il meccanismo di mimetismo molecolare alla base della errata risposta immunitaria, nella quale principale bersaglio dei linfociti T diventa la proteina di base della mielina (MBP), può essere ricondotto alla somiglianza tra la sequenza amminoacidica della MBP e quella di diversi virus, come il virus dell’influenza di tipo A, il papilloma virus umano e il virus di Epstein

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Barr. I linfociti T raggiungono il SNC, dove causano infiammazione e perdita di mielina, superando la barriera emato-encefalica grazie a una variazione locale di permeabilità: nei vasi sanguigni in corrispondenza delle placche, infatti, sono state spesso osservate modifiche della permeabilità con successivo ispessimento parietale.

Il glatiramer acetato utilizzato per la terapia è una miscela di peptidi di dimensioni casuali composti dai quattro aminoacidi presenti nella proteina basica della mielina, ossia l'acido glutammico, la lisina, l'alanina e la tirosina. La proteina basica della mielina è l'antigene nelle guaine mieliniche dei neuroni che stimola una reazione autoimmune in persone con SM, quindi il peptide può funzionare come esca per le cellule immunitarie attaccanti. Una revisione Cochrane del 2010 ha concluso che glatiramer acetato ha avuto una parziale efficacia in "esiti clinici correlati alla recidiva" ma nessun effetto sulla progressione della malattia. Di conseguenza, è approvato dalla FDA (Food and Drug Administration) per ridurre la frequenza delle recidive, ma non per ridurre la progressione della disabilità.

I sintomi della Sclerosi Multipla variano a seconda della localizzazione e dell’espansione delle lesioni mieliniche e delle infiammazioni. Di solito si manifestano uno o più sintomi variamente associati tra loro. Tra i sintomi più frequenti della sclerosi multipla, i più comuni sono:

 disturbi motori, della coordinazione e dell’equilibrio, con debolezza e rigidità muscolare soprattutto degli arti inferiori, spasticità, atassia, tremori e spasmi muscolari, stanchezza e affaticamento che può impedire lo svolgimento delle abituali attività quotidiane e lavorative (si presentano in circa l’80% delle persone con sclerosi multipla);

 disturbi della sensibilità, quali formicolii, alterazioni della sensibilità (parestesie), perdita di sensibilità al tatto, difficoltà a percepire il caldo e il freddo, dolore (anche intenso), bruciore, prurito;

 disturbi vescicali e intestinali;  disturbi della visione;

 disturbi del linguaggio parlato e scritto, soprattutto nella fase avanzata della malattia;  capogiri e vertigini;

 disturbi cognitivi e depressione;  cefalea.

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La ricerca delle cause e dei meccanismi che scatenano la SM è ancora in corso. Si ritiene che la malattia sia scatenata da una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali e che si sviluppi in persone con predisposizione genetica a fornire ad alcuni agenti ambientali la risposta immunitaria anomala che colpisce il sistema nervoso centrale. La SM avrebbe, quindi, un’origine multifattoriale. Le varianti cliniche della malattia sono le seguenti:

 Sclerosi multipla a decorso recidivante-remittente: è caratterizzata da attacchi acuti o ricadute (recidive) che si alternano a periodi di remissione con assenza di sintomi (recupero totale) o con sintomi residui lievi (recupero parziale dell’attacco). La recidiva può riguardare sintomi già esistenti o manifestarsi con l’esordio di nuovi sintomi. Questa forma può evolvere verso la forma secondariamente progressiva.

 Sclerosi multipla secondariamente progressiva: inizia con un decorso recidivante-remittente seguito da un peggioramento progressivo dei sintomi anche nei periodi che intercorrono tra una recidiva e l’altra. Tipicamente, la sclerosi multipla secondariamente progressiva è caratterizzata da una minore frequenza (fino alla scomparsa) degli attacchi acuti e da un peggioramento funzionale continuo. Molti dei pazienti con sclerosi multipla recidivante remittente sviluppano la forma secondariamente progressiva.

 Sclerosi multipla primitivamente progressiva: è caratterizzata da progressione dei sintomi sin dall’esordio e dall’assenza di veri e propri attacchi, di remissioni o stabilizzazioni. Generalmente ha un decorso graduale e lento. Delle persone con diagnosi di sclerosi multipla circa il 10% sviluppa la forma primaria progressiva. I criteri diagnostici per la forma primaria progressiva sono meno certi di quelli per la forma recidivante-remittente per cui la diagnosi viene spesso fatta molto tempo dopo l’esordio dei sintomi neurologici quando la persona ha già sviluppato una significativa disabilità.

 Sclerosi multipla a decorso progressivo con ricadute: è simile alla forma primariamente progressiva, ma, oltre a un decorso progressivo dall’esordio, presenta anche episodi acuti con sintomi che non regrediscono o regrediscono solo parzialmente. Si osserva nel 5% circa dei pazienti.

 Sclerosi multipla benigna: non mostra un’evoluzione peggiorativa. Esordisce con uno o due episodi acuti seguiti da un recupero funzionale completo, oppure viene diagnosticata quando è presente una minima disabilità che non progredisce nel tempo (si considerano 15 anni). La

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sclerosi multipla benigna tende a essere associata a sintomi sensitivi (per esempio, formicolii) o visivi (neurite ottica).

La tempestiva individuazione di una risposta subottimale al trattamento rappresenta un aspetto fondamentale della pratica clinica, perché consente di passare a farmaci alternativi quando ancora è possibile rallentare la progressione della disabilità. Un paziente si definisce aderente al trattamento se assume almeno l’80% del farmaco prescritto. La valutazione accurata e affidabile dell’adesione a una terapia è sempre cruciale per mettere in atto un piano terapeutico efficace, per essere sicuri che i risultati osservati siano attribuibili al trattamento prescritto e per ottenerne il massimo beneficio dal punto di vista clinico. Per massimizzare l’adesione al trattamento, in modo che il paziente intraprenda quanto prima la terapia, ne comprenda nella sua interezza la finalità, i rischi e i benefici e la continui nel tempo, è necessario un paziente lavoro di condivisione tra il medico e il paziente. In questo senso, il dispositivo auto-iniettore è utile per aumentare l’aderenza del paziente al trattamento, rendendo la somministrazione del farmaco autonoma e più semplice. Nella sclerosi multipla, come in altre malattie croniche che richiedono un trattamento a lungo termine, un'aderenza subottimale può, infatti, determinare il fallimento della terapia e influire sul decorso della malattia.

Fig. 1.7: Zone d’iniezione per un paziente affetto da SM.

Tramite il dispositivo auto-iniettore, pre-riempito con il farmaco, il paziente diventa più autonomo nella somministrazione e la facilità di utilizzo del dispositivo ne rende più agile la terapia, aumentando l’aderenza del paziente a questa.

Esistono “strumenti classici” che monitorano l’aderenza a una prescrizione terapeutica e altri che valutano la qualità della vita dei malati di sclerosi multipla. Non esiste un gold standard in grado di misurare l'adesione a un trattamento, perché i diversi metodi disponibili presentano tutti delle

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limitazioni che ne compromettono l’utilizzo, quindi solo un approccio combinato di vari strumenti di rilevamento è in grado di offrire buoni risultati. Sistemi indiretti come l’intervista al paziente o i diari risentono molto della soggettività, perché i pazienti sono restii ad ammettere di essere poco aderenti; analogamente l’analisi delle prescrizioni e anche il conteggio delle pillole mancati nella confezione, non forniscono informazioni certe sull’assunzione del trattamento; le misurazioni dirette (del farmaco o dei suoi metaboliti oppure del marker biologico della malattia) non sono disponibili per tutti i presidi, hanno un costo elevato e richiedono, comunque, la disponibilità del soggetto. Si usano generalmente come strumenti di misurazione dei questionari che riportano il sentire del paziente circa tali problematiche. Ne esistono di specifici che considerano la complessità e le caratteristiche peculiari della malattia, e accanto a questi ve ne sono di generici, usati anche per altre patologie, che valutano lo stato di salute in termini di benessere psicofisico, indipendentemente dalla malattia, dall’età e dal trattamento.

1.1.4. Altre tipologie di auto-iniettori

Esistono altre tipologie di dispositivi per auto-iniezione attualmente in commercio, oltre a quelle citate nei precedenti paragrafi.

Una tipologia in particolare riguarda l’auto-iniettore anti dolore, pre-riempito con farmaco antidolorifico ed utilizzato per il trattamento dell'attacco acuto di emicrania con o senza aura e della cefalea a grappolo. Un tipo di farmaco utilizzato in questo caso contiene il principio attivo del sumatriptan succinato, raccomandato in monoterapia per il trattamento di attacchi acuti di emicrania e dei sintomi associati, quali nausea, vomito o fotofobia. Il medicinale è efficace allo stesso modo in qualsiasi momento dell'attacco venga assunto. L'efficacia del sumatriptan è indipendente dal tempo intercorso fra l'insorgenza dell'attacco e l'inizio del trattamento, per cui l’auto-iniettore consente una facile somministrazione da parte del paziente.

Un’altra tipologia riguarda l’auto-iniettore di naloxone utilizzato in casi di overdose da oppiacei. Il dispositivo, pre-riempito con il farmaco, consente la somministrazione rapida di naloxone in chi ha

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smesso di respirare o ha perso conoscenza, in questo caso da parte di un familiare o di una persona vicina al paziente. Il naloxone è un farmaco di origine sintetica antagonista puro dei recettori oppioidi μ e grazie a questa sua caratteristica, viene impiegato come antidoto in caso di sovradosaggio da oppioidi (come morfina, eroina, metadone, pentazocina, codeina, ecc.). Il dispositivo usato in questo caso potrebbe salvare la vita di una persona, facilitando l'uso del farmaco in situazioni di emergenza.

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1.2. Stato dell’arte

I dispositivi auto-iniettori attualmente in commercio si propongono come strumenti che in alcuni casi puntano a migliorare l’adesione alla terapia e la qualità dello stato di salute dei pazienti (ad esempio in caso di pazienti diabetici o affetti da sclerosi multipla), in altri casi a salvare la vita di una persona (casi di emergenza come reazioni allergiche o stati di overdose).

La loro introduzione in commercio ha aperto la strada alla valutazione oggettiva dell’aderenza al trattamento di malattie come la sclerosi multipla.

Si tratta di dispositivi con cui i pazienti si auto-somministrano il farmaco, che permettono di identificare alcune barriere all’adesione al trattamento. Sono affidabili e di facile utilizzo, hanno ormai un costo contenuto, e quindi rientrano nelle politiche di rimborso dei farmaci associati.

Gli auto-iniettori hanno dimostrato di migliorare significativamente la tollerabilità delle punture, rispetto all’iniezione manuale, soprattutto tra le persone con manualità ridotta o con compromissione della vista o delle funzioni cognitive. Facilitano la somministrazione del farmaco, per cui l’iniezione è eseguita in modo semplice e veloce con pochi gesti e l’ago rimane nascosto alla vista dell’utilizzatore.

Considerando il caso particolare di pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante-remittente, giacché un’aderenza ottimale è fondamentale nel trattamento di questa malattia per identificare sin dall’inizio della terapia i possibili fattori predittivi di scarsa adesione al trattamento, negli ultimi anni si sono svolti diversi studi che hanno valutato l’aderenza, l’efficacia e la praticità del trattamento in pazienti che hanno utilizzato questi dispositivi per l’auto-iniezione dei DMD. In conclusione l’alto livello di aderenza alla terapia e il miglioramento della qualità della vita con tali mezzi auto-iniettivi sono associati ad outcome migliori, che comprendono una percentuale più alta di pazienti liberi da recidive (79,5% a un anno), un tasso medio annualizzato di recidive più basso e una minore progressione di malattia. Infine non sono stati rilevati problemi di sicurezza nell’uso dei dispositivi e i pazienti che li hanno usati li hanno giudicati pratici e di facile utilizzo.

Un limite legato all’utilizzo della maggior parte degli auto-iniettori attualmente in commercio è legato al fatto di essere monouso.

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22

1.3. L’obiettivo del lavoro di tesi

In malattie come diabete e sclerosi multipla la scarsa aderenza al regime terapeutico è un problema che colpisce gran parte dei pazienti ed è un comportamento che si riflette negativamente su efficacia della terapia, qualità di vita e costi della malattia. In particolare, nelle patologie ad andamento cronico ed evolutivo come la sclerosi multipla, l’aderenza alla terapia risulta fondamentale: l’ansia legata all’iniezione e la necessità di ricorrere all’aiuto di altri possono rappresentare quindi un ostacolo al corretto mantenimento della frequenza di somministrazione e il percorso terapeutico rischia di diventare incostante.

In questo lavoro di tesi è stato studiato un dispositivo auto-iniettore multiuso, adatto all’auto-somministrazione sottocutanea di una vasta gamma di farmaci. L’uso previsto del dispositivo (intended use) è quello di essere utilizzato dal paziente stesso, e di essere riutilizzabile, grazie a un caricatore interno intercambiabile, che contiene una siringa pre-caricata con il farmaco.

L’auto-iniettore è totalmente integrato con la siringa, è di facile utilizzo e comodo da impugnare. Diventa più semplice così l’assunzione del farmaco da parte dei pazienti, poiché questa procedura di somministrazione riduce il dolore e l’ansia da iniezione (fattore importante, perché si stima che l’agofobia colpisca il 22% dei soggetti affetti da sclerosi multipla sottoposti a terapie iniettive).

Uno dei vantaggi del dispositivo è quello di essere multiuso, tramite il cambiamento della siringa interna pre-caricata con il farmaco, la quale è monouso.

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Il dispositivo ha anche il vantaggio di ridurre le reazioni nel sito d’iniezione, che si verificano invece più frequentemente nelle terapie sottocutanee, e inoltre migliora l’indipendenza del paziente riducendo l’ansia legata all’iniezione e la necessità di ricorrere all’aiuto di altri. Nei casi specifici elencati in precedenza, come diabete e sclerosi multipla recidivante-remittente, il dispositivo aiuta ad aumentare l’aderenza del paziente alla terapia.

Il dispositivo è destinato ad essere venduto in kit all’azienda farmaceutica specifica, che si occuperà dell’inserimento della siringa pre-riempita con il farmaco, in base alla tipologia di pazienti a cui sarà destinato.

Vantaggi per il cliente (compagnia farmaceutica):  Differenziazione

o Unità di guida riutilizzabile e cassetta monouso da utilizzare con la siringa pre-riempita;

o La cassetta monouso fornisce protezione e sicurezza alla siringa di vetro pre-riempita; o Inserimento automatico dell'ago con profondità di penetrazione pre-impostata dell'ago

(profondità esatta da determinare);

o Iniezione automatica con velocità di iniezione pre-impostata (tempo di iniezione da determinare);

o Volumi di consegna fissi (1,0 ml o da determinare);

o Finestra per l'ispezione visiva del contenuto della siringa lungo tutta la lunghezza della canna;

 Scelta di opzioni personalizzabili della cassetta usa e getta

o Design unico della cassetta che incorpora una siringa pre-riempita in vetro standard di diversi produttori;

o Titolazione farmacologica;

o Ricostituzione e miscelazione di farmaci da una fiala utilizzando un adattatore per flaconcino;

o Ricostituzione e miscelazione di farmaci mediante siringa pre-riempita a doppia camera.

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24 Benefici per il paziente:

 Facilità d'uso: migliore compliance del paziente

o Riduce la fobia dell'ago - nascondendo l'ago durante l'intero processo di iniezione; o Interfaccia utente semplice, senza complicate operazioni di smontaggio o svitamento; o L'operazione silenziosa riduce l'ansia e il dolore percepito dei pazienti;

o Velocità di iniezione controllata per un maggiore comfort;  La sicurezza del paziente

o Consegna dell'intera dose - stesso spazio morto come con la tecnica manuale;

o Reazioni cutanee ridotte: l'iniezione inizia solo dopo la completa penetrazione dell'ago;

o Le funzioni di sicurezza incorporate forniscono protezione dell'ago prima e dopo l'iniezione, prevenendo lesioni da puntine.

Questo prodotto è in fase di sviluppo. Come verrà descritto nei capitoli successivi, il prodotto finito presentato è il risultato dell’assemblaggio di diversi componenti stampati, ognuno dei quali fa parte di un particolare progetto di validazione.

L’obiettivo del lavoro di tesi è l’industrializzazione dei componenti e la definizione della procedura di validazione adatta a validarli. A tale scopo è stato validato interamente uno dei componenti che contribuiscono alla realizzazione del dispositivo, il componente Finestra (Capitolo 5), che assemblato nel dispositivo finale consente l’ispezione visiva della siringa e del suo contenuto lungo tutta la lunghezza della cassetta interna.

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1.4. L’azienda Elcam Medical

Elcam Medical Italy nasce nel dicembre 2010 a seguito dell’acquisizione del gruppo Lucomed S.p.a da parte della multinazionale israeliana Elcam Medical.

Lucomed prodotti Medicali è stata fondata a Carpi (Mo) nel 1993, quale azienda indipendente specializzata nella formatura e nell’assemblaggio di componenti per dispositivi medici e prodotti personalizzati su specifiche del cliente.

Elcam Medical è un’azienda di proprietà del Kibbutz Bar’Am in Israele, leader mondiale nel comparto della componentistica in materiale plastico utilizzata in campo biomedicale per il controllo dei flussi nei dispositivi per infusione.

L’azienda Elcam Medical è specializzata in quattro grandi aree cliniche:

1) terapia IV (intravenosa) e anestesia;

2) monitoraggio del paziente;

3) cardiologia e radiologia;

4) sistemi per l’iniezione e il rilascio di farmaci.

La produzione aziendale comprende una vasta gamma di componenti monouso per emodialisi, terapia IV (intravenosa), trasfusione, cardiochirurgia, anestesia e rianimazione.

In particolare le attività svolte sono:

• produzione di componenti stampati e pre-assemblati per la fabbricazione di dispositivi medici, anche su specifiche ed esclusive del cliente;

• produzione e distribuzione di dispositivi medici monouso in forma di: - sistemi di drenaggio post-operatorio e accessori;

- cateteri di drenaggio post-operatorio e accessori; - cannule e tubi di aspirazione intraoperatoria; - linee emodialisi e accessori;

- I.V. sets e accessori; - sistemi tubolari;

- prodotti monouso per dialisi, infusione, trasfusione, drenaggio; • produzione di dispositivi medici e di semilavorati, su specifiche del cliente.

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26

Figura 1.9 - L’azienda Elcam Medical Italy Figura 1.10 – Camera bianca nello stabilimento Ege

Gli ambienti di produzione Elcam Medical Italy sono costituiti da quattro clean rooms, aree asettiche all’interno delle quali viene monitorata elettronicamente sia la sovrapressione che la temperatura e l'umidità, e tenuto costantemente sotto controllo il grado di pulizia e il livello di contaminazione microbiologica.

Le clean rooms sono tutte classificate, in accordo con la normativa EN ISO 14644-1, “ISO Class 8”, progettate e realizzate secondo le più moderne tecniche costruttive e in grado di soddisfare le esigenze qualitative e quantitative della propria clientela.

All’interno dei tre stabilimenti che si trovano a Carpi, che insistono su un’unica area di 18.000 m², si svolgono le seguenti attività:

- 1° stabilimento (Lucomed P1):

 Uffici direzionali, amministrativi, commerciali;  Controllo qualità;

 Assemblaggio automatico e saldatura R.F. di componenti, destinati alla fabbricazione di dispositivi medici ed assemblaggio di semilavorati e di dispositivi medici, in una camera bianca di classe ISO 8 di 500 m²;

 Stoccaggio e spedizione dei prodotti, nel Magazzino di 1.000 m². - 2° stabilimento (Queen P2):

 Stampaggio a iniezione e saldatura a ultrasuoni di componenti in materiale termoplastico, destinati alla fabbricazione di dispositivi medici, in una camera bianca di oltre 1.500 m²:

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27  Ricerca, Progettazione & Sviluppo;

 Progettazione, sviluppo e manutenzione stampi;  Controllo Qualità;

 Stoccaggio dei materiali, nel magazzino materie prime di 1.000 m²;

 Stoccaggio dei componenti stampati/saldati, nel magazzino dei prodotti finiti di 1.000 m².

- 3° stabilimento (Ege P3):

 Stampaggio a iniezione e saldatura a ultrasuoni di componenti in materiale termoplastico, destinati alla fabbricazione di dispositivi medici, in una camera bianca di oltre 1.500 m²:  Linee di Estrusione, per la produzione del tubo in plastica flessibile;

 Controllo qualità;

 Stoccaggio dei componenti stampati/estrusi, nel magazzino di 1.000 m²;

 Manutenzione stampi.

All’interno dello stabilimento di Mirandola, realizzato nel 1996 e che copre una superficie di 1.500 m², si svolgono le attività seguenti:

 Assemblaggio di componenti e semilavorati e fabbricazione di dispositivi medici, in una camera bianca di di 500 m²;

 Controllo Qualità;

 Stoccaggio dei prodotti, nel Magazzino di 900 m².

Dopo l’acquisizione, la multinazionale israeliana introduce diverse migliorie nel gruppo Lucomed, sia dal punto di vista organizzativo che del sistema qualità. Una fonte di innovazione arriva con l’introduzione di una metodologia di miglioramento della qualità quale è il Six Sigma.

Elcam Medical Italy vuole sempre più imporsi nel mercato mondiale e ha chiaro l’obiettivo da perseguire: Zero difetti.

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28

Capitolo 2

La metodologia Six Sigma

2.1. Cos’è e com’è nata

La metodologia Six Sigma (o Sei Sigma o 6σ) è una metodologia di miglioramento della qualità aziendale: è una sorta di filosofia che permette di trasformare un’azienda in leader del proprio settore attraverso una riduzione sistematica delle cause di difetto, che mira al miglioramento continuo dei processi aziendali nella ricerca del processo senza difetti. La base di questa metodologia è che tutte le decisioni devono essere prese dopo un’analisi statistica, considerando i rischi associati a certe scelte. L’esperienza non è più la base sulla quale possono essere prese le decisioni, bensì costituisce un patrimonio sul quale costruire l’analisi statistica con cui affrontare i problemi.

La sigma (σ), indicata anche come scarto quadratico medio, è una misura di variabilità di una popolazione. Il cuore della strategia Six Sigma è il miglioramento della performance di processo attraverso il controllo della variabilità nei processi al fine di ridurre costi e inefficienze, partendo dall’individuare gli elementi di criticità per il cliente nelle caratteristiche di qualità, per minimizzare la variabilità e le eventuali dispersioni nei processi aziendali.

2.2. Six Sigma

L’approccio Six Sigma ha l’obiettivo di migliorare la soddisfazione del cliente, attraverso il miglioramento della capacità dei processi. Per capacità di processo (process capability) si intende la potenzialità di un processo di non produrre difetti e di soddisfare nel tempo le aspettative del cliente. In pratica, calcolare la capacità di un processo significa considerare quanti eventi sono al di fuori del limite inferiore e superiore posti dal cliente.

Le indicazioni del cliente dovranno essere il riferimento costante per evidenziare quelle caratteristiche che sono definite critiche per la qualità (CTQ - critical to quality) in modo che esse vengano a costituire l’obiettivo verso il quale rivolgere le azioni per il miglioramento della propria prestazione.

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29

La distribuzione di probabilità normale è adottata come modello di una caratteristica di qualità ed è alla base delle ipotesi statistiche del modello Six Sigma. Se si considera una distribuzione normale e dei limiti di specifica corrispondenti a tre volte lo scarto quadratico medio su entrambi i lati della media si avrà un’area esterna ai limiti di specifica pari a 0,9973, corrispondente a una difettosità di 2700 ppm (parti per milione):

Fig. 2.1: distribuzione normale centrata sul target

Tale situazione viene indicata come una performance di qualità 3σ che rappresenta un buon risultato in generale, ma in alcuni casi non è accettabile (ad esempio nel caso in cui un prodotto sia il risultato di un assemblaggio di numerosi componenti la probabilità di ottenere un prodotto difettoso risulta troppo alta).

Il Six Sigma mira a ridurre la variabilità naturale di ogni singolo componente in modo tale che i limiti di specifica risultino a una distanza pari a sei volte lo scarto quadratico medio (6σ, da cui il nome della metodologia).

Un determinato processo si dice essere a “Sei Sigma” quando il valore della deviazione standard, che rappresenta un indice della variabilità del processo, è contenuto sei volte in metà specifica.

Ammettendo uno shift tra media della distribuzione e il target di 1,5σ, dovuto al fatto che nel lungo termine il processo tende a cambiare, si ha un processo virtualmente perfetto, che produce solo 3,4 difetti ogni milione di opportunità, con un rendimento del 99,9997%.

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Figura 2.2 - Grafico della distribuzione normale, che è alla base delle ipotesi statistiche del modello Six Sigma. La lettera greca σ segna la distanza sull'asse orizzontale tra la media, μ, e il punto di flesso della curva: maggiore è questa distanza, maggiore è la dispersione dei valori riscontrati. Per la curva in nero, i limiti di specifica superiore e inferiore (USL e LSL, rispettivamente) sono a una distanza di 6σ dalla media. A causa delle proprietà della distribuzione normale, valori più distanti dalla media sono estremamente improbabili. Anche se la media dovesse spostarsi a destra o a sinistra di 1.5σ in futuro (curva in verde), vi è ancora un buon margine di sicurezza. Ecco perché il Six Sigma mira ad avere processi in cui la media è almeno 6σ di distanza dal limite di specifica più vicino.

In altre parole, la produzione deve avere una deviazione standard non superiore a un dodicesimo della larghezza delle specifiche. Pertanto operare secondo la metodologia Six Sigma significa ridurre la difettosità con l’obiettivo finale di portarla al valore di 3,4 ppm.

2.3. Metodologia DMAIC

Il metodo Six Sigma si basa sullo sviluppo di progetti mirati che vengono portati avanti seguendo un approccio strutturato; tale approccio prevede delle fasi specifiche di raccolta e analisi dei dati e sviluppo delle azioni di miglioramento.

Le fasi per sviluppare tali progetti sono cinque, solitamente sintetizzate con l’acronimo DMAIC: 1) Define (definizione del progetto);

2) Measure (misurazione del processo); 3) Analyze (analisi dei dati raccolti);

4) Improve (implementazione delle decisioni prese per il miglioramento del processo); 5) Control (controllo nel tempo del processo migliorato).

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31

Figura 2.3 - Il ciclo DMAIC

Gli obiettivi generali delle varie fasi sono elencati nei paragrafi seguenti.

2.3.1. Define

Lo scopo della fase di Define e è stabilire quale debba essere l’obiettivo del progetto Six Sigma intrapreso basandosi su un monitoraggio economico e anche sulla soddisfazione del cliente. In questa fase vengono definiti i processi che presentano delle criticità per l’azienda, le quali possono riguardare ambiti relativi al prodotto, al servizio o appartenere ad aree transazionali. Inoltre, la fase di Define si concentra sulla realizzazione di una prima mappa di processo che mostri tutte le fasi e le figure coinvolte, per chiarire in linea di massima quelle che sono le aspettative e le necessità per portare a termine il Progetto. Tale mappa schematizza anche il flusso di dati necessari per realizzare un processo, sottolineando la loro influenza in termini di output. Nella definizione delle attività si deve tener conto del tempo di realizzazione della fase e del tempo relativo all’attesa, allo scopo di poter analizzare anche il lead time del processo oggetto dell’analisi.

I principali strumenti utilizzati in questa fase sono il diagramma di flusso e il diagramma di Gantt.

2.3.2 Measure

La fase di Measure è caratterizzata dalla misurazione ed ha lo scopo di valutare l’efficacia del processo. Tramite i dati raccolti in questa fase si evidenziano i legami tra le informazioni, si definisce il problema alla base del progetto e le possibili soluzioni e decisioni che saranno prese per ottimizzare il processo studiato.

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32

Il processo, individuato nella fase precedente, ha come input le variabili dipendenti (x), le quali influenzano gli output, variabili dipendenti (y – critical to quality attributes). Le “𝑥” critiche sono generalmente, ma non solamente, delle variabili connesse con il processo produttivo e possono rappresentare sia delle specifiche dei materiali, sia delle caratteristiche del processo.

Definite le misurazioni necessarie, si passa quindi alla stesura del piano di raccolta dati in cui sono indicati:

 la caratteristica da misurare;

 il tipo di misure (se una 𝑥 oppure una 𝑦, per variabili o per attributi);  la descrizione delle modalità di esecuzione della misura;

 il metodo di misura (automatico o manuale);  il metodo di raccolta dati;

 la frequenza della raccolta dati;  il numero di dati da raccogliere.

Prima di iniziare le misurazioni, si dovrebbe provvedere all’analisi del sistema di misura MSA (Measurement System Analysis) allo scopo di assicurarsi della correttezza dei dati. A questo proposito viene svolto lo studio Gage R&R il quale permette di verificare la ripetibilità e la riproducibilità del sistema di misura in vigore. Altri strumenti generalmente utilizzati in questa fase, oltre al Gage R&R, sono la statistica descrittiva (istogramma, distribuzione normale, ecc..) e il campionamento dei dati.

2.3.3 Analyze

Nella fase di Analyze vengono analizzati i dati raccolti nella fase precedente. L’analisi dei dati rivela l’influenza delle singole variabili (se è presente o meno e come è possibile quantificarla) sull’output del processo, per cui lo scopo di questa fase è determinare le relazioni tra i fattori variabili del processo e valutare quali siano i fattori sui quali sia possibile agire per ottenere un miglioramento. Si cerca in particolare la correlazione fra cause (parametri del processo) ed effetti (criticità del processo). L’analisi dettagliata del processo permette anche di mettere in evidenza i limiti tecnologici intrinseci nel processo allo studio, al fine di individuare la tipologia di azioni di miglioramento necessarie (azioni più o meno drastiche nella reingegnerizzazione dello stesso o nella semplice ottimizzazione dei parametri).

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Gli strumenti utilizzati in questa fase sono numerosi, alcuni tra i più comuni sono l’analisi della varianza (ANOVA), il diagramma di Pareto, la regressione e la correlazione.

2.3.4. Improve

Nella fase di Improve viene ricercata una soluzione che vada a migliorare le caratteristiche chiave del processo. Lo scopo di questa fase è l’ottimizzazione del processo studiato, andando a migliorare i problemi riscontrati nella fase precedente. A tal fine occorre innanzitutto individuare le variabili che hanno un forte impatto sulle prestazioni del processo stesso e orientarle verso un aumento della loro efficacia. Vengono individuati dei limiti in cui devono essere contenute le variabili, con il seguente iter di identificazione:

1) definizione dell’unità di misura della CTQ;

2) identificazione delle “fasce di tolleranza” delle specifiche;

3) individuazione dei parametri da modificare e orientamento dei cambiamenti al raggiungimento degli obiettivi desiderati.

In questa fase sono utilizzati frequentemente strumenti come la FMEA (Failure Modes and Effects

Analysis) e il DOE (Design of Experiments), argomento che verrà ampiamente trattato nel capitolo 3.

2.3.5. Control

La fase di Control ha lo scopo di implementare un sistema di controllo che permetta di mantenere il livello di qualità raggiunto, una volta ottimizzato il processo nella fase precedente, e di evitare che i problemi che si sono verificati in passato non si presentino nuovamente. I processi lasciati “a se stessi” tendono, infatti, a degradare le proprie prestazioni nel tempo a causa dell’intervento di cause speciali, tali da influenzare in modo anche considerevole le caratteristiche del processo. Queste derive possono essere evitate utilizzando strumenti di monitoraggio che, in modo preventivo, mettano in mostra le cause speciali in atto prima che queste portino a un degrado del processo.

In questa fase, possono essere utilizzati i seguenti strumenti: le carte di controllo, che permettono di monitorare l’andamento dei dati provenienti dal processo, e il piano di controllo della qualità.

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2.4.2 DMADV, il Design for Six Sigma

Esiste anche una variazione della sequenza fondamentale Six Sigma DMAIC, chiamata DMADV. La metodologia DMADV differisce dalla metodologia DMAIC nelle seguenti condizioni di utilizzo:

 un prodotto o un processo non esistono nell’azienda o necessitano di essere sviluppati;  il processo/prodotto esiste in azienda ed è già ottimizzato, ma non raggiunge un livello “6

sigma”.

Nella sequenza DMADV le fasi di Improve e Control sono rimpiazzate dalle fasi di Design e Verify. Nella fase di Design si pianifica il processo per andare incontro ai bisogni dei clienti e/o mercato, si simula il funzionamento del progetto e si stabilisce il piano di controllo. Nella fase di Verify si verifica la performance del piano e dell’abilità di rispettare i criteri della fase di Design.

Le due metodologie DMAIC e DMADV differiscono perché la prima si basa sul miglioramento di processi esistenti, focalizzandosi alla riduzione dei difetti, mentre la seconda è un rigoroso approccio alla progettazione di prodotti/processi, focalizzandosi sulla prevenzione dei difetti.

Nel presente lavoro di tesi non verrà utilizzata la metodologia DMADV.

2.4. Variabilità dei processi produttivi

Il miglioramento della qualità di un prodotto è correlato alle caratteristiche che il prodotto o servizio deve possedere e può essere attuato in diversi modi, in particolare tramite:

• la riduzione della variabilità nel processo produttivo e nel prodotto o servizio;

• la riduzione della perdita, causata spesso dalla variabilità eccessiva nella prestazione del processo.

Il punto di partenza dell’analisi per minimizzare la variabilità e le eventuali dispersioni nei processi aziendali è l’individuazione degli elementi di criticità per il cliente nelle caratteristiche di qualità. La qualità in un’azienda coincide con la piena soddisfazione del cliente e quindi con il raggiungimento di tutte le sue aspettative.

Le caratteristiche critiche per la qualità di un prodotto possono essere di diversi tipi: • fisiche: dimensioni, forma, peso, viscosità, ecc.;

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35 • sensoriali: aspetto, colore, ecc.;

• di comportamento nel tempo: prestazione, funzionalità, affidabilità, durata, manutenzione, ecc..

La qualità richiede processi produttivi stabili e ripetibili, che diano prodotti conformi ai requisiti definiti. Un processo non ha mai risultati uniformi, ma contiene sempre molte fonti di variabilità. La Variabilità è un aspetto ineliminabile di ogni processo: si cerca quindi di minimizzare le cause di variabilità del processo ricorrendo a tecniche di tipo statistico.

Le cause di variabilità sono suddivise in due gruppi:

1) Cause Comuni (o casuali): sono intrinseche al processo, esistono sempre e sono indicate come la causa della naturale variazione di un processo. Provengono, generalmente, da numerosi fattori individualmente poco importanti e sono di difficile identificazione. Non possono essere eliminate totalmente. Quando la variabilità è dovuta a esse, è piccola. Un processo operante in queste condizioni è detto “sotto controllo statistico”.

Esempi di cause comuni sono la variazione intrinseca di materiali grezzi utilizzati nella linea produttiva, la vibrazione naturale delle macchine, piccole derive di parametri macchina (pressione, temperatura, voltaggio, ecc.).

2) Cause Attribuibili (o Speciali): provengono invece da fattori che contribuiscono alla variabilità in modo maggiore. Tali fattori possono essere identificati ed eliminati apportando un miglioramento al processo. Esse possono derivare, ad esempio, dall’uso di un utensile sbagliato, dall’errore di un operatore, da un materiale non conforme, da particolari condizioni ambientali, come l’illuminazione o la temperatura, ecc. L’eliminazione delle cause attribuibili riporta il processo sotto controllo.

Si può affermare che un processo è tenuto sotto controllo mediante l’eliminazione delle Cause Speciali, mentre il suo miglioramento continuo si ottiene riducendo le Cause Comuni.

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2.5. Metodi statistici per il miglioramento della qualità nei processi

produttivi

I metodi statistici hanno un ruolo importante nel miglioramento della qualità poiché costituiscono i principali strumenti con cui un prodotto o un servizio prodotto viene analizzato, verificato e valutato in modo da impiegare le informazioni così disponibili al fine di controllare e migliorare il processo di produzione.

2.5.1. Test delle ipotesi

Generalmente, a seguito di modifiche apportate ai processi, è necessario verificare se il miglioramento atteso c’è stato veramente e se questo è effettivamente significativo oppure è frutto del caso. In questi casi si parla di test sulla significatività statistica o test delle ipotesi. Le procedure di verifica delle ipotesi (o test sulla significatività statistica) hanno notevole utilità in molti problemi di controllo statistico della qualità; costituiscono inoltre la base di differenti tecniche e procedure impiegate nell’ambito del controllo statistico di processo.

Quando si effettua un test sulla significatività statistica è opportuno distinguere tra:

1. l’ipotesi nulla (𝐻0)  rappresenta la logica secondo la quale la prova non ha avuto alcun effetto. Se il trattamento non ha avuto alcun effetto sulla caratteristica da migliorare, il risultato ottenuto sarà uguale a quanto ci si potrebbe mediamente attendere (MCE = mean

chance expectation) e si avrà:

𝐻0: valori osservati dovuti al caso (simili ai valori precedenti); 𝐻0: valori osservati = MCE.

2. la particolare ipotesi che si sta esaminando (𝐻1)  esempio: una differente regolazione dei

parametri di processo ha avuto un certo effetto nel miglioramento di una caratteristica del prodotto; in questo caso si avrà:

𝐻1: valori osservati non dovuti al caso (diversi dai valori precedenti); 𝐻1: valori osservati ≠

MCE.

Normalmente, l’ipotesi 𝐻0 rappresenta la situazione attuale, l’ipotesi 𝐻1 rappresenta l’ipotesi

alternativa. Il test delle ipotesi può anche essere considerato “direzionale” oppure “non direzionale”. Se il risultato atteso è espresso nella forma “ci attendiamo un valore maggiore di MCE” si avrà:

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𝐻1: valori osservati ≥ MCE (test unidirezionale)

Attestando “ci attendiamo un valore minore di MCE” si avrà ancora un test direzionale: 𝐻1: valori osservati ≤ MCE (test unidirezionale)

attestando invece “ci attendiamo un valore diverso da MCE” si avrà un test non direzionale; ci attendiamo un valore diverso da quello che potrebbe mediamente risultare, ma non sappiamo se maggiore o minore. In questo caso abbiamo:

𝐻1: valori osservati ≠ MCE (test bidirezionale).

2.5.1.1 Errori campionari

Quando si effettuano dei test si devono prelevare dei campioni, effettuare delle prove e decidere se il miglioramento è statisticamente significativo. In questa attività possono essere commessi degli errori. Gli errori tipici si distinguono in errori di primo tipo e di secondo tipo (Tabella 2.1). Ossia:

 errore di I tipo: si commette quando si rigetta l’ipotesi nulla 𝐻0 nel caso in cui essa sia vera. Il rischio/probabilità associata a questo tipo di errore si chiama 𝑅 = 𝛼; il valore 𝐶 = 1 − 𝛼 è il livello di confidenza del test. Di solito si costruisce la regione di rifiuto in modo che il livello di significatività 𝛼 sia un valore prefissato piccolo (tipicamente 𝛼 = 0,05).  errore di II tipo: si commette quando si accetta l’ipotesi 𝐻0 nel caso che sia falsa. I

rischio/probabilità associata a questo tipo di errore si chiama 𝛽; il valore 𝑃 = 1 − 𝛽 è chiamato potenza del test.

𝑯𝟎 è vera 𝑯𝟎 è falsa

Se si accetta Corretto: 𝑃 = 1 − 𝛼 Errore II tipo: 𝑃 = 𝛽 Se si rigetta Errore I tipo: 𝑃 = 𝛼 Corretto: 𝑃 = 1 − 𝛽

(38)

38

Gli errori sono definiti in termini di probabilità: dire che l’errore di I tipo deve essere inferiore al 5% significa che la probabilità di rigettare l’ipotesi quando è invece vera è del 5%. Nella tecnica di campionamento è di grande rilevanza la dimensione del campione da prelevare per effettuare il test; tale dimensione dipende:

 dal valore di 𝛽;  dal valore di 𝛼;  dal valore di 𝐻0;

 dal valore di 𝐻1.

In questo contesto, si introduce il p-value del test, definito come il più piccolo livello di significatività per cui 𝐻0 sarebbe rifiutata date le nostre misurazioni, che va confrontato con il livello di significatività α che abbiamo fissato in precedenza.

Fissati quindi ipotesi nulla e un livello di significativa α su cui condurre il test, e una volta calcolato il relativo p-value:

 se 𝑝 − 𝑣𝑎𝑙𝑢𝑒 ≥ 𝛼: l'ipotesi nulla va accettata;  se 𝑝 − 𝑣𝑎𝑙𝑢𝑒 < 𝛼: l'ipotesi nulla va rigettata.

Se fissiamo il livello di significatività del test al 5%, significa che noi siamo disposti a credere all’ipotesi nulla sino a quando non otteniamo valori della statistica test che hanno probabilità non inferiore al 5%.

(39)

39

Figura 2.4: test di ipotesi da utilizzare

2.5.1.2 I test sulla media

Il test sulla media viene effettuato per verificare se la media dei dati relativi a una caratteristica misurabile di un prodotto differisce significativamente da un valore target specificato, oppure per verificare se le medie di due lotti diversi di produzione differiscono significativamente.

Supponiamo che 𝑋1, 𝑋2, . . . , 𝑋𝑛 sia un campione casuale della distribuzione normale con media 𝜇 e varianza 𝜎2.

La procedura di test è differente a seconda che la varianza 𝜎2 sia nota o meno; per questa ragione, 𝜎 rappresenta un parametro di “disturbo” relativamente al problema del test per il valore atteso 𝜇. Gli elementi chiave nella costruzione del test sono la media campionaria 𝑥̅ e la varianza campionaria 𝑆2 che definiamo come:

𝑥̅ = 1 𝑛∑ 𝑋𝑖 𝑛 𝑖=1 𝑆2 = 1 𝑛 − 1∑(𝑋𝑖− 𝑥̅) 2 𝑛 𝑖=1

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40

2.5.1.2.1 Z-test

Consideriamo una popolazione normalmente distribuita tale che 𝑍~𝑁(𝜇, 𝜎2)

con media 𝜇 𝜖 ℜ e deviazione standard 𝜎 nota.

É necessario stabilire l’ampiezza del campione 𝑛, il livello di significatività 𝛼 e un valore 𝜇0 𝜖 ℜ da confrontare con 𝜇.

La statistica test che utilizzeremo è

𝑍0 = 𝑥̅ − 𝜇𝜎 0 √𝑛 ⁄

Si nota che la gaussiana standard 𝑍0, è la distanza della media campionaria 𝑥̅ da 𝜇0 in unità di deviazioni standard.

Pertanto, 𝑍0 dovrebbe fornire buone informazioni sulle ipotesi relative a 𝜇0.

Quello che si ottiene è il seguente schema di decisione:

𝑯𝟎 Si rifiuta 𝑯𝟎 al livello di significatività 𝜶 se

𝜇 = 𝜇0 |𝑍0| > 𝑧1−𝛼 2

𝜇 ≤ 𝜇0 𝑍0 > 𝑧1−𝛼

𝜇 ≥ 𝜇0 𝑍0 < 𝑧1−𝛼

Tabella 2.2 – Schema di decisione, Z-test a un campione

Lo Z-test è applicabile anche nel confronto di due medie di popolazioni normali, indipendenti tra loro, entrambe con varianza 𝜎2 nota.

(41)

41 𝑋~𝑁(𝜇𝑥, 𝜎𝑥2)

𝑌~𝑁(𝜇𝑦, 𝜎𝑦2)

Estraiamo due campioni di ampiezza, rispettivamente, 𝑛 𝑒 𝑚 e fissiamo un livello di significatività 𝛼 ed un valore 𝛿 𝜖 ℜ. Poniamo: 𝑍0 = 𝑥𝑛 ̅̅̅ − 𝑦̅̅̅̅ − 𝛿𝑚 √𝜎𝑥2 𝑛 + 𝜎𝑦2 𝑚

Abbiamo il seguente schema di decisione:

𝑯𝟎 Si rifiuta 𝑯𝟎 al livello di significatività 𝜶 se 𝜇𝑥= 𝜇𝑦+ 𝛿 |𝑍0| > 𝑧1−𝛼 2

𝜇𝑥≤ 𝜇𝑦+ 𝛿 𝑍0 > 𝑧1−𝛼

𝜇𝑥≥ 𝜇𝑦+ 𝛿 𝑍0 < 𝑧1−𝛼

Tabella 2.3 – Schema di decisione, Z-test a due campioni

2.5.1.2.2 t-test

Consideriamo ora il caso, ben più realistico, in cui 𝜎 e 𝜇 siano ignoti. In questo caso, lo spazio parametrico è

(𝜇, 𝜎) ∶ 𝜇 𝜖 ℜ, 𝜎2 > 0

e tutte le ipotesi definiscono sottoinsiemi di questo spazio. La statistica test di base che useremo per i test su 𝜇 è

𝑇0 =

𝑥̅ − 𝜇0 𝑆

√𝑛 ⁄

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