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Spettro Bipolare e Disturbo Borderline di Personalita

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Academic year: 2021

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RIASSUNTO

La diagnosi di disturbo borderline di personalità (DBP) per molto tempo non è stata presa in seria considerazione dagli psichiatri, a causa di un nome ingannevole e di una reputazione pessima dovuta ad un’oscura provenienza psicoanalitica. Stern (1938) fu il primo a descrivere quadri psicopatologici “borderline”, considerandoli come condizioni al “limite” fra la nevrosi e la psicosi. Il termine borderline non è particolarmente fortunato; se non si condivide l’idea che tutte le malattie mentali siano collocate lungo un continuum, il termine non ha molto senso. In alternativa è stata proposta per il DSM-III, la terminologia più descrittiva di “disturbo instabile di personalità”; tuttavia, gli estensori del Manuale sono giunti alla conclusione che fosse preferibile conservare il termine borderline più familiare agli psichiatri americani.

Perché potesse rappresentare una diagnosi testabile empiricamente, il DBP è stato definito con criteri operativi. Un gruppo di ricercatori del Mclean Hospital del Massachusetts (Gunderson, Singer, 1975) sono stati pionieri in questo campo e negli anni successivi il DBP è divenuto oggetto di una notevole quantità di ricerche empiriche (Paris, 1994). Ad esempio, la Diagnostic Interview for Borderline, sia nella sua versione originale

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(Gunderson, Kolb, 1978) sia nelle successive versioni (Zanarini et al, 1989), ricorre a criteri osservabili, che consentono diagnosi affidabili, distinte sia dalla depressione, sia dalla schizofrenia, sia dagli altri disturbi della personalità.

La definizione del DBP nel DSM-IV richiede la presenza di almeno cinque dei seguenti nove criteri: paure di abbandono croniche, disturbi dell’identità, impulsività, tentativi di suicidio ricorrenti, instabilità affettiva, sentimenti cronici di vuoto, rabbia immotivata ed intensa e transitoria ideazione paranoide o sintomi dissociativi.

I critici del concetto di personalità borderline (ad esempio Clarkin et al, 1983) hanno sottolineato il fatto che i pazienti con tale diagnosi sono molto diversi tra loro e hanno così proposto dei modelli nosologici alternativi. Fra le varie ipotesi interpretative per esempio vi è quella che considera il DBP come una forma di disturbo post-traumatico da stress (sviluppare con gli studi sul trauma infantile).

Akiskal e coll., ritengono che la personalità borderline sia legata ai disturbi dell’umore e vada inserita all’interno dello spettro bipolare. Il confine tra il disturbo borderline di personalità (DBP) e il disturbo bipolare (DP), soprattutto il tipo II, è oggetto di dibattito nella comunità scientifica. Clinicamente la diagnosi differenziale tra i due disturbi non è sempre

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agevole, a causa di alcune caratteristiche psicopatologiche in comune, quali l’impulsività e la notevole instabilità dell’umore (Magill CA). Molti studi riportano un tasso di comorbidità più elevato tra questi due disturbi che non tra il disturbo bipolare ed altri disturbi di Asse II (Schiavone et al, 2004). Altri studi (Perugi et al., 2002) suggeriscono come DBP e ciclotimia sembrino descrivere lo stesso paziente da punti di vista differenti e che molti pazienti diagnosticati come “borderline” siano meglio descritti come affetti da disturbo bipolare. Tuttavia, alcuni autori ritengono che la validità diagnostica del costrutto di DBP sia buona ed la sindrome sia indipendente dai disturbi dello spettro bipolare.

Al fine di studiare i rapporti tra DBP e disturbi dello spettro bipolare, viene pianificata una ricerca clinico-epidemiologico di tipo osservazionale, su una casistica di pazienti con “disturbo borderline di personalità” secondo i criteri del DSM IV.

Per la ricerca è stato reclutato un campione di 50 pazienti afferenti ai servizi ambulatoriali della Unità Operativa di Psichiatria 1 e dell´Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana in un periodo di circa 1 anno. Il campione comprende 38 (76%) soggetti di sesso femminile e 12 (24%) soggetti di sesso maschile che soddisfano i criteri DSM-IV-TR per un Disturbo Bordeline di Personalità.

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La totalità dei soggetti (n=50) ha fornito il consenso informato scritto a partecipare allo studio e hanno partecipato a una sessione di valutazione, effettuata da medici specializzandi in psichiatria supervisionati da specialisti in psichiatria appartenenti al gruppo di ricerca in cui si è proceduto all’inquadramento diagnostico del Disturbo Borderline di Personalità e alla valutazione di specifiche comorbidità. Tutti i soggetti inclusi nello studio sono stati sottoposti ad una valutazione diagnostica mediante un’intervista semistrutturata (DIB=Diagnostic Interview for Borderline Patients, Gunderson 1992) che permette di porre diagnosi per i Disturbi di Asse I e Asse II secondo il DSM-IV.

Un'ulteriore valutazione diagnostica è stata effettuata utilizzando la Mini Neuropsychiatric Interview (MINI) un’intervista breve strutturata utilizzata per formulare la diagnosi delle principali sindromi cliniche di Asse I, sulla base dei criteri previsti dal DSM-III-R per le specifiche entità nosografiche. La valutazione sintomatologica è stata inoltre effettuata attraverso la somministrazione di test in etero e autovalutazione come: la Clinical Global Impression Severity and Improvement (CGI), la Global Assessment of Functioning (GAF),la Self-Report Symptom Inventory-Revised (SCL-90-R), la Interpersonal Sensitivity Symptoms Inventory (ISSI), la Brief TEMPS M , la Separation Anxiety Symptoms Inventory (SASI), la Hypomania Check List (HCL-32), la Affective Lability Scale short-form

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measure (ALS-SF), la Child Trauma Questionnaire. I soggetti selezionati avevano un’ eta’ media di 36 anni (sd=12.3) ed erano rappresentati per circa il 76% dal sesso femminile (tabella 1). La maggior parte aveva una cultura media (44% con diploma di scuola media superiore); tuttavia circa un terzo della casistica risultava disoccupato al momento della prima osservazione, mentre un circa un quarto era impiegato nel settore terziario. Oltre la meta’ (58%) non era impegnata in una relazione di coppia stabile. Secondo i criteri diagnostici del DSM-IV, ben il 94% dei soggetti risultava affetto da Disturbo Bipolare, per la maggior parte di tipo II (n=33, 66%). L’84 % dei pazienti riportava un punteggio all’HSRS superiore a 14, indicativo di una storia di episodi espansivi pregressi. Al momento dell’osservazione, nessun soggetto era in fase maniacale, 2 soddisfacevano i criteri per l’ipomania, e 11 per la depressione, di cui 2 con caratteristiche atipiche e 9 con caratteristiche malinconiche. Tuttavia, oltre il 90% aveva una storia di precedenti episodi depressivi maggiori. A questo proposito va sottolineato come la polarita’ del primo episodio era di tipo depressivo nel 74% dei soggetti. In 20% dei casi veniva obiettivata una condizione di rapida ciclicita’; tentativi di suicidio erano riportati in anamnesi da oltre la meta’ della casistica. La comorbidita’ con disturbo da panico era evidenziata nel 72% della casistica, mentre il 38% riferiva un abuso di sostanze. I vari criteri per Disturbo Borderline di Personalita’ contemplati dal DSM-IV erano ampiamente

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rappresentati nella maggior parte dei pazienti; solo l’ideazione paranoide e gli stati dissociativi transitori venivano riferiti solo da poco piu’ di un terzo dei soggetti. Confontando pazienti che riportavano punteggi sopra (n=24) e sotto (n=26) la mediana al CTQ , non emergevano differenze sull’eta’ di esordio del disturbo, sulla diagnosi, sul numero di precedenti episodi di malattia, di tentativi di suicidio, sulla comorbidita’ con disturbo da panico o uso di sostanze e in generale su nessuna altra caratteristica clinica indagata (tabelle 4, 14). Anche per quanto riguarda i criteri per Disturbo Borderline di Personalita’ e i punteggi all’HSRS e all’ALS-SF non emergeva alcuna differenza tra i sottogruppi distinti sulla base di punteggi elevati e ridotti al CTQ (tabella 7 e 8). Il confronto tra pazienti con punteggi sopra (n=23) e sotto (n=27) la mediana della ALS non mostrava alcuna differenza su eta’ di esordio, numero di precedenti episodi di malattia, caratteristiche di decorso o di comorbidita’, tentativi di suicidio (tabelle 5, 9, 10, 11). Solo nell’ambito dei criteri per Disturbo Borderline di Personalita’, i sentimenti cronici di vuoto erano maggiormente rappresentati nei soggetti con labilita’ affettiva marcata (55% vs 45%, p.01). Inoltre, i pazienti con elevata labilita’ affettiva in maggiore percentuale riportavano esperienze traumatiche durante l’infanzia (63.8% vs 58%, p=.02), punteggi maggiori nella sezione del DIB riguardante l'affettività (48.5 vs 42.4, p=.03) e le relazioni interpersonali (46 vs 39.3, p=.01). Infine i pazienti con marcata instabilità riportavano punteggi più

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elevati nei fattori della SCL 90 “somatizzazioni”, “ossessivo-compulsivo”, “depressione”, “ansia”, “rabbia-ostilità” e al fattore “ideazione paranoide” (10.6 vs 7.3, p=.04).

INTRODUZIONE

1. Disturbo Borderline di Personalità

Il termine “borderline” rappresenta l'interfaccia tra la tradizione psichiatrica e la psicoanalisi. Usato per la prima volta nel tardo ottocento per indicare condizioni difficilmente collocabili tra psicosi, da un lato, e i meno impegnativi disturbi nevrotici, dall’altro, (1), fu poi utilizzato (intorno agli anni ’20), quando la psicanalisi iniziava a divenire popolare, per indicare condizioni non facilmente trattabili con la terapia psicanalitica, ma neppure chiaramente refrattarie, come comunemente venivano considerate le psicosi. In altri termini queste condizioni furono considerate “borderline” ovvero “marginali” in relazione alle psicosi, ed, in particolare, in relazione alla schizofrenia, che, al tempo, veniva definita nella letteratura nord-Americana in modo assai estensivo (2). Tra le prime caratteristiche descritte del disturbo ritroviamo l’ipersensibilità alla critica, la tendenza alla depressione, la debolezza dell’io, l’infantilismo, gli scoppi d’ira, l’impulsività ed una certa tendenza alla

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rivendicazione (3). Alcuni autori hanno parlato di nevrosi, altri di stato, condizione, oppure di sindrome borderline vera e propria (3-4).

Il termine personalità è stato infine introdotto da Kernberg (5) con l’espressione “organizzazione di personalità borderline” (BPO). Nel contesto della descrizione di organizzazione borderline egli intese il termine personalità non tanto nell’accezione usuale di insieme di tratti stabili del comportamento ma, piuttosto, come peculiare organizzazione della vita psichica o del Sé. Egli proponeva, infatti, una distinzione tra un livello di organizzazione mentale più elevato o di tipo “nevrotico”, nel quale il sentimento di identità di sé e l’esame di realtà fossero conservati, ed uno più basso o “psicotico”, in cui entrambi fossero grossolanamente compromessi. Secondo questa distinzione l’organizzazione di personalità borderline si caratterizzerebbe da un lato per la conservazione dell’esame di realtà, fatta eccezione per una certa tendenza a sopravvalutare i giudizi maturati in relazione a taluni ambiti particolarmente carichi di significati emotivi (“idee sopravvalutate o prevalenti”), mentre dall’altro per un indebolimento del sentimento di identità di sè.

In seguito, il termine “borderline” ha guadagnato via via credito ed è stato, pertanto, utilizzato in molteplici accezioni:

a) per indicare una manifestazione secondaria ad un arresto dello sviluppo nella fase di separazione-individuazione (6-7);

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b) per indicare semplicemente un paziente “difficile” (8); c) per farvi confluire almeno quattro tipologie di pazienti, in un range che comprendesse da un lato i pazienti con caratteri prossimi alle psicosi fino alle depressioni anaclitiche con ottimo livello di funzionamento (7);

d) per suggerire un peculiare insulto narcisistico (9);

e) ed infine come un disturbo di personalità definito attraverso criteri più facilmente obiettivabili e misurabili rispetto ai precedenti (10).

Quest’ultima interpretazione, che concettualizza l’esistenza di un disturbo di personalità borderline, è divenuta una delle due matrici (l’altra era rappresentata dall’organizzazione borderline di personalità di Kernberg) da cui si attinse per inserire ufficialmente, nel 1980, il Disturbo di Personalità Borderline nell’Asse II del DSM III.

L’influenza di Kernberg, e più tardi di Gunderson (10), rendono ragione del perché sia stato definitivamente introdotto il termine “personalità” nella denominazione del disturbo borderline e del motivo per cui esso sia stato inserito in Asse II, piuttosto che in Asse I, nonostante i suoi criteri diagnostici facciano riferimento più a sintomi che a tratti.

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altri disturbi di personalità: basti pensare alla letteratura ad esso dedicata, alla quantità di tempo che impegna nell’attività professionale degli operatori della salute mentale ed alla prevalenza elevata che si riscontra in ambito clinico. Dei 363 disturbi elencati nel DSM-IV, fatta eccezione per pochi eponimi (disturbo di Asperger, Rett, Tourette), il borderline è l’unico a suggerire poco o nulla del tipo di condizione sottesa. Il nome di tutti gli altri disturbi, pur obbligando a ricorrere talvolta al significato etimologico, riesce spesso ad esemplificare la natura del disturbo designato (ad es. anoressia, demenza, disturbo da attacchi di panico, etc).

Un altra peculiarità del disturbo riguarda la sua definizione diagnostica, almeno per come essa è codificata nei 9 criteri del DSM-IV (uno in più rispetto al DSM-III del 1980) (19). Se ammettiamo che un tratto di personalità rappresenti una modalità di funzionamento psicologico abituale, che prende forma in età evolutiva (11) e si stabilizza in quella adulta (12), occorre notare che soltanto 3 dei 9 criteri del DSM sono considerabili tali ovvero l’impulsività, l’instabilità affettiva e la rabbia. Anche questi tratti sono comunque definiti in modo da descrivere comportamenti fortemente sintomatici. In questo, il DPB differisce dagli altri disturbi di personalità. I criteri diagnostici di questi ultimi, infatti, sono rappresentati da tratti di personalità propriamente detti: sospettosità, distacco emotivo, freddezza, falsità, superficialità, etc. Una delle

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conseguenze della scelta di definire un disturbo di personalità attraverso dei sintomi piuttosto che dei tratti è quella di esporlo ad una certa variabilità, a seconda dello specifico contesto culturale nel quale viene diagnosticato; variabilità interculturale che risulta maggiore di quella, ad esempio, osservabile per un disturbo schizoide o compulsivo di personalità poiché, senza dubbio, le diversità transculturali hanno la loro importanza nel determinare ciò che viene considerato “borderline” in certi luoghi piuttosto che in altri.

L'evoluzione e le implicazioni del concetto di borderline, fin qui brevemente accennate, contribuiscono a delineare il quadro di un disturbo (di personalità) non solo definitivamente distinto e indipendente dallo spettro schizofrenico ma, soprattutto, caratterizzato da una serie di specifiche peculiarità: stile di vita burrascoso, comportamenti impulsivi, minacce di suicidio, rabbia immotivata e intensa, instabilità dell’umore, brevi episodi psicotici sviluppati su sfondo depressivo o paranoideo, non tipicamente schizofrenici (13).

Questo modello concettuale contribuisce a determinare un’altra tra le caratteristiche essenziali del disturbo: a causa della dipendenza da criteri diagnostici abbastanza aspecifici e cioè in assenza, in altri termini, di una definizione diagnostica che faccia riferimento a tratti esclusivi e specifici, vengono diagnosticati come affetti da disturbo borderline pazienti che presentano quadri clinici estremamente multiformi ed eterogenei.

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Un'altra peculiarità del disturbo borderline è rappresentata dalla frequenzaelevata con cui esso si presenta in associazione con altri disturbi psichiatrici: con molti disturbi di “asse I” (14) e con quasi tutti quelli di “asse II” (15, 16), (sebbene più raramente con il disturbo di personalità schizoide (17). Tra i disturbi di Asse I quelli che si ritrovano più frequentemente in comorbidità sono la depressione maggiore (2), il disturbo bipolare II (92, 18-94), i disturbi della condotta alimentare (95), i disturbi d’ansia (disturbo di panico, fobia sociale, disturbo ossessivo compulsivo) (19), i disturbi da abuso di sostanze (20), i disturbi dissociativi (96, 101), il disturbo post traumatico da stress (PTSD) (21), l’erotomania (22) e altre forme deliranti (22), l’aggressività impulsiva (23).

Il DPB è più frequente nelle donne (dove peraltro si sovrappone con disturbi dello spettro affettivo (19)) rispetto agli uomini. Questi ultimi, quando affetti, tendono a mostrare una combinazione di tratti antisociali e una certa tendenza a comportamenti violenti. Tratti antisociali e comportamenti violenti sono invece meno frequenti nelle donne; quando presenti si ritrovano, solitamente, in occasione di fallimenti di storie sentimentali, reali o immaginate, (22, 24) o in un contesto di gelosia patologica (25). Il grande numero di disturbi mentali e le svariate strutture di personalità che frequentemente si associano al DPB, contribuiscono a determinarne lo straordinario polimorfismo sul piano clinico.

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Studi realizzati con l’obiettivo di esplorare la comorbidità di Asse II hanno confermato alcune differenze di genere nei pattern di presentazione clinica: gli uomini tendono infatti a mostrare più frequentemente tratti antisociali, passivo-aggressivi, sadici e narcisistici, mentre i tratti evitanti e dipendenti sembrerebbero equamente rappresentati in entrambi i sessi (26, 27). Diversi autori si sono proposti di valutare l’associazione con sintomi dissociativi (depersonalizzazione, derealizzazione) frequentemente osservata nei pazienti borderline. Questa associazione è stata infatti sottolineata da numerosi autori (28, 29) statunitensi ed europei, e sembra essere particolarmente frequente in Turchia (30). Zanarini et al (31) hanno valutato, in particolare, l’interazione tra fattori traumatici specifici e disturbo di personalità borderline nel predisporre la comparsa di fenomeni dissociativi , individuando quattro fattori predittivi per tali fenomeni: un accudimento inadeguato da parte di “caretaker” poco affidabili, l’abuso sessuale da parte delle figure di attaccamento, l’esser stato testimone, in l’infanzia, di episodi di violenza sessuale, o aver subito violenza da adulti. Appare stretta la relazione tra l’abuso (quello sessuale in particolare) e le differenze di genere nel DPB. L’entità degli abusi subiti durante l’infanzia sembra inoltre condizionare la gravità dei sintomi presentati dai pazienti borderline in particolare per quanto riguarda le donne (32). Queste ultime sembrano avere una maggior predisposizione per i disturbi affettivi, e

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sicuramente sono a maggior rischio per abusi di tipo sessuale, sia all’interno del contesto familiare che al di fuori della famiglia.

La tendenza a sviluppare disturbi di tipo dissociativo è probabilmente correlata a differenze sul piano neurobiologico, che rendono alcuni individui più vulnerabili nei confronti di questi fenomeni. Negli ultimi anni sono stati pubblicati alcuni lavori nei quali, per indagare questi aspetti, sono state utilizzate la tomografia a emissione di positroni (PET) (110) e la risonanza magnetica funzionale (f-MRI) (33). Bremner et al. (112) hanno osservato che donne che avevano subito abusi sessuali e che erano affette da disturbo post-traumatico da stress mostravano minor attivazione ippocampale e una riduzione del volume globale dell’ippocampo, se confrontate con i controlli. Sia gli episodi depressivi che l’abuso di sostanze erano frequenti nella casistica esaminata. Non è chiaro quante pazienti potessero anche essere considerate “borderline”, sebbene il quadro iniziale e gli elementi sintomatologici fossero simili a quelli di molti pazienti affetti da DPB (34).

Il polimorfismo clinico del disturbo di personalità borderline ha determinato un sostanziale disaccordo tra i clinici su quesiti circa la natura effettiva del DPB oppure (e di conseguenza) sugli approcci terapeutici più indicati. Vale la pena sottolineare che questo polimorfismo, insieme al complesso pattern di elementi in associazione, può, inoltre, avere influenza anche nel momento diagnostico:

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clinici con un interesse primario per il DPB possono considerare pazienti con spiccati tratti narcisistici come “borderline con caratteri narcisistici”, o, viceversa, clinici primariamente interessati al disturbo di personalità narcisistico possono considerare gli stessi pazienti come “narcisistici con tratti borderline”.

Pertanto numero di modelli eziologici proposti rappresenta inevitabilmente un'altra variabile disorientante. Sono stati chiamati in causa fattori genetici, costituzionali e ambientali (17) ed è difficile riuscire ad identificare quelli che, tra gli altri, possano esercitare una maggiore influenza nel determinare il quadro: la maggior parte dei pazienti sembra infatti mostrare una combinazione di questi fattori. Autori diversi hanno dato via via maggior importanza ad un fattore eziologico piuttosto che ad un altro anche in relazione alle specifiche aree di ricerca e di interesse: anche in questo caso, ad esempio, un clinico che lavora in un centro dove la maggior parte dei pazienti borderline ha subito relazioni incestuose, potrà essere indotto a considerare particolarmente rilevanti i “fattori traumatici” (21). Altri ricercatori hanno invece dato particolare rilevanza al disturbo bipolare II considerandolo il fattore sottostante più significativo (19) e sollevando la questione della relazione esistente tra DPB e disturbi dello spettro affettivo.

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e istrionico secondo il DSM III e IV si evidenzia come queste siano condizioni caratterizzate da una permanente “instabilità emozionale” e da una eccessiva “reattività dell’umore” che ne suggeriscono, come Michel Stone ha descritto nella sua review, la correlazione con i disturbi affettivi ed in particolare con il disturbo bipolare II e le depressioni ciclotimiche associate (related cyclothymic depressions). Sembra pertanto significativo andare a sviluppare quelle prospettive che ipotizzano che il temperamento ciclotimico e i disturbi di personalità istrionico e borderline possano “fotografare”, da diverse prospettive, quadri clinici che si sovrappongono ampiamente. E' quindi necessario introdurre Il concetto di "temperamento affettivo" al fine di poter meglio comprendere quale tipo di correlazione vi sia tra temperamento ciclotimico e Disturbo Borderline di Personalità. Il termine “temperamento affettivo” deriva dalla tradizione psichiatrica Greco-romana ed Europea continentale e sta ad indicare specifiche disposizioni affettive su base costituzionale: il melancolico-distimico, il collerico-irritabile, il sanguigno-ipertimico e il ciclotimico. Si tratta di costrutti di tipo dimensionale che soltanto nelle epressioni estreme possono essere cosiderati “anomali” in senso statistico e, forse, clinico. Kraepelin (35) pensò la disposizione temperamentale ciclotimica come uno dei substrati costituzionali sul quale si sviluppa la malattia maniaco-depressiva. Kretschmer (36) si spinse più avanti e la propose

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come elemento nucleare (core characteristic) del disturbo, sostenendo che «le psicosi endogene non sono altro che una marcata accentuazione di tipi di temperamento normali». I criteri per il temperamento ciclotimico, operazionalizzati da Hagop Akiskal (37) e accettati dalla letteratura psichiatrica attuale, richiedono la presenza, durante gran parte della vita dell’individuo, di un repentino alternarsi di umori e condizioni opposte quali ad esempio: 1) l’ ipersonnia vs ridotto bisogno di sonno 2) l’ntroversione alternata a ricerca disinibita di compagnia; 3) l’essere taciturno vs loquace; 4) un’inspiegata tendenza al pianto alternata a giocosità; 5) l’inerzia psicomotoria alternata a ricerca di attività frenetica; 6) la letargia e disturbi somatici alternati a eutonia; 7) l’ottundimento delle sensazioni alternato a percezioni chiare; 8) rallentamento cognitivo alternato a ideazione perspicace; 9) un’autostima variabile tra bassa e eccessiva fiducia in sé stessi; 10) una certa tendenza alla rimuginazione pessimistica alternata a ottimismo e spensieratezza. Quando le oscillazioni nell’affettività diventano estreme e si associano a conflitti interpersonali, molti soggetti ciclotimici possono soddisfare anche i criteri per i disturbi di personalità borderline and other erratic personality disorders. In alcuni studi su gruppi di pazienti borderline si è notato come sia elevata la prevalenza di ciclotimia (40) e/o di disturbi dello spettro bipolare attenuato (41). In uno studio tedesco (42) in cui sono stati valutati rigorosamente “i disturbi di

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personalità sub-affettivi”, le condizioni borderline e quelle ciclotimico-irritabili si sovrapponevano sensibilmente. Nei pazienti con temperamento ciclotimico e affetti da disturbo bipolare II la positività per comorbidità lifetime con i disturbi d’ansia (in particolare il disturbo da attacchi di panico- agorafobia), la bulimia nervosa, il disturbo da dimorfismo corporeo, l’abuso di alcol e sostanze e i disturbi di personalità sia del cluster B “drammatico” che C “eccentrico” rappresenta non l’eccezione, bensì la regola (43). Buona parte di questi pazienti soddisfa anche i criteri del DSM per il disturbo di personalità borderline (BPD) (44, 45).

I pazienti bipolari II-bordeline-ciclotimici presentano una “stabile” e di lunga durata ipereattività affettiva (attivazione?!) nei confronti di svariati stimoli di natura psicologica (ad esempio rifiuto, separazione) o fisica (cibo, luce, droghe). Questa marcata reattività affettiva può inoltre rendere ragione della frequente concomitanza di disturbi del controllo degli impulsi e di abuso di alcol e sostanze. Una analisi del potere predittivo dei temperamenti affettivi e dei

disturbi di personalità per ognuno dei criteri diagnostici del disturbo di personalità borderline (47) ha mostrato come la presenza di temperamento ciclotimico giustifichi la maggior parte delle sovrapposizioni tra disturbo bipolare II e disturbo borderline di personalità. La diagnosi di BPD in questi pazienti è probabilmente favorita dalla coesistenza di una disregolazione

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temperamentale di tipo ciclotimico e di tratti di tipo ansioso-dipendenti.

2. Lo spettro bipolare

La classificazione dei vari Disturbi Psichiatrici, rispetto ad altre diagnosi medico-cliniche, risulta obiettivamente più problematica poichè la diagnosi non si basa sulla comprensione dei meccanismi eziologici e patogenetici, ma su segni e sintomi osservabili. Quasi nessuno dei disturbi diagnosticati dagli psichiatri sono correlati a marcatori biologici (48, 49). In medicina, sintomi analoghi possono derivare da cause completamente diverse. Cluster di sintomi descrivono una sindrome, non un processo di malattia. In assenza di esami di laboratorio precisi e specifici, tutte le categorie nel DSM, tra cui il disturbo bipolare, non possono che essere considerate provvisorie.

Recenti ricerche indicano di estendere i confini del disturbo bipolare ad un più ampio spettro (50, 51) portando ad una concezione radicalmente diversa della bipolarità. Il presupposto che le oscillazioni dell'umore, caratterizzate più dall' irritabilità che dall' euforia, possano giustificare una diagnosi bipolare, si dovrebbero basare sulla presenza di un costrutto di"soft" bipolarità, cioè una variante o una forma sub-clinica del disturbo bipolare classico (52).

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somiglianze fenomenologiche, e non sull'eziologia e sulla patogenesi.

Fu Emil Kraepelin (53) che definì“ la malattia maniaco-depressiva, più tardi rinominata disturbo bipolare. Da allora gli episodi maniacali hanno sempre richiesto per la diagnosi una triade classica di sintomi: euforia, eccitazione psicomotoria ed accelerazione ideica.

Classicamente, gli psichiatri non dovrebbero diagnosticare la mania o l'ipomania, in assenza di euforia.

Il concetto di spettro bipolare è simile a quello di spettro schizofrenico (9), in cui la psicopatologia può variare da una grave malattia invalidante ad aspetti che possono essere "caratteriali". La prima persona a suggerire che esisteva uno spettro bipolare fu Kraepelin (53), che ha descritto i casi sub-clinici in parenti di primo grado di pazienti affetti. Ma Kraepelin sarebbe probabilmente stato sorpreso nel vedere come è cambiato il concetto di massima, con alcuni studi che suggeriscono che fino al 30% di tutti i pazienti psichiatrici hanno una forma di soft bipolarità (55).La variante maggiormente riconosciuta è il disturbo bipolare-II (56): questa diagnosi descrive oscillazioni dell'umore che variano dalla depressione all' ipomania, piuttosto che alla mania piena.

Alcuni casi di disturbo bipolare-II soddisfano anche i criteri per i disturbi di personalità (58). Tuttavia questa sovrapposizione potrebbe non essere una vera comorbidità, ma un bias diagnostico. I criteri per la bipolarità possono essere

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molto ampi, e gli studi epidemiologici (59) hanno talvolta considerato tutti i casi in cui si sono osservati cambiamenti d'umore sia come bipolare II sia come disturbi dello spettro bipolare.

La questione chiave consiste nella valutazione dell' ipomania. Nel DSM-IV-TR (60), questa sindrome viene definita come "un periodo distinto di umore persistentemente elevato,espanso o irritabile, che dura in tutto almeno 4 giorni, che risulta chiaramente diverso dallo stato d'animo abituale non depresso ". I pazienti devono quindi avere almeno 3 delle seguenti (quattro se l'umore è irritabile e non euforico): autostima ipertrofica o grandiosità, diminuito bisogno di sonno, maggiore loquacità del solito o spinta a parlare, fuga delle idee o esperienza soggettiva che i pensieri si succedano velocemente, distraibilità, aumento dell'attività finalizzata (sociale, al lavoro o a scuola, o sessuale) oppure agitazione psicomotoria ed eccessivo coinvolgimento in attività piacevoli che hanno conseguenze potenzialmente pericolose.

Infine e soprattutto, un episodio ipomaniacale deve essere associato a un cambiamento inequivocabile nel funzionamento che non è caratteristico della persona, quando non è sintomatica, e dovrebbe essere osservabile da altre persone. In contrasto con la mania piena, l'ipomania non deve essere tanto grave da causare una compromissione marcata nel funzionamento sociale o lavorativo, richiede raramente il ricovero, e non è associata a sintomi psicotici.

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In breve, gli episodi ipomaniacali hanno requisiti definiti di gravità, di tempo e persistenza. Se si seguono rigorosamente i criteri del DSM, non si potrebbe fare una diagnosi di disturbo bipolare-II in quei pazienti in cui le oscillazioni dell'umore durano meno di 4 giorni, o in cui l'umore non rimane alterato per l'intero periodo. E' stato suggerito che la regola dei 4 giorni sia arbitraria (61), e un periodo di 2 giorni possa essere accettabile per il DSM-5 (61). Ma questo escluderebbe ancora quei pazienti che soffrono di oscillazioni timiche quotidiane o su base oraria.

Un'altra variante del disturbo bipolare nel DSM-IV-TR è rappresentato dallo "stato misto", definito come un'alterazione dell'umore che persiste per almeno una settimana in cui un paziente soddisfa sia i criteri per la depressione che per la mania. La ricerca su questa categoria è piuttosto scarsa, e anche se alcuni casi possono essere bipolari (62), questa categoria può essere utilizzata per descrivere un gruppo eterogeneo di pazienti disforici e / o agitati.

Il DSM-IV-TR consente anche una diagnosi di disturbo bipolare non altrimenti specificata (NAS). Come altri gruppi nel manuale, la categoria NAS descrive i pazienti con alcune ma non tutte le caratteristiche del disturbo. In pratica, potrebbe essere utilizzata per diagnosticare quasi tutti i pazienti con oscillazioni dell'umore.

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bipolarità può assumere quattro forme di base: bipolare di tipo I, il classico disturbo maniaco-depressivo descritto da Kraepelin; bipolare II, la depressione accompagnata da episodi ipomaniacali; bipolare III, in cui gli episodi ipomaniacali si sono verificati soltanto dopo che assunzione di antidepressivi, e bipolare IV, un disturbo con cicli ultra-veloci. L'ultima categoria comprende molti disturbi di personalità. Un altro studio (64) descrive altre forme di disturbo bipolare: bipolare I: mania conclamata; Bipolare I: la depressione con Ipomania protratta; bipolare II: la depressione con episodi ipomaniacali; Bipolare II: disturbo ciclotimico; bipolare III: ipomania iatrogena (farmaci antidepressivi); bipolare III: ipomania e / o depressione associata all'uso di sostanze; bipolare IV: depressione associata al temperamento ipertimico (Moody ie) ; bipolare V: depressioni ricorrenti alternate all'ipomania disforica; bipolare VI: depressione ad esordio tardivo con caratteristiche miste e progressione verso una sindrome simil-demenziale. Queste definizioni portano inevitabilmente ad un ampliamento delle stime di prevalenza. Queste definizioni portano inevitabilmente ad un ampliamento delle stime di prevalenza.

Nessuna di queste proposte si basa su un gold standard per la bipolarità o su marcatori biologici (che, in ogni caso, non esistono). Invece, studi epidemiologici e clinici hanno esaminato la prevalenza di spettro usando le

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scale per valutare i sintomi di soft bipolarità, identificando casi attraverso la presenza di sintomi sottosoglia (59). Ma è altrettanto possibile che il malumore possa riflette un fenomeno diverso, non collegato al classico disturbo dell'umore.

Come si può convalidare lo spettro bipolare, se non sono noti marcatori biologici specifici? La definizione originale di Kraepelin di depressione maniacale si è basata su risultati a lungo termine, ma gli studi non dimostrano che le condizioni putative di spettro hanno una qualche somiglianza con il concetto originale di episodi dell'umore di Kraepelin. Un'altra possibilità è quella di effettuare una "dissezione farmacologica" (65), in cui le risposte simili al trattamento suggeriscono la presenza di comuni endofenotipi.

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3. Disturbo borderline di personalità e spettro bipolare

Ad oggi rimane aperta la questione del rapporto tra il DPB e spettro bipolare. Alcuni dei criteri diagnostici per il DPB hanno, in effetti, una forte connotazione affettiva: rabbia immotivata, instabilità affettiva, tendenze suicidarie, relazioni instabili. Studi di follow-up a lungo termine volti a confermare l’estraneità tra DPB e spettro schizofrenico hanno suggerito una parentela quantomeno parziale del DPB con i disturbi affettivi, considerando il numero di giovani pazienti borderline che sviluppavano, 10 o 25 anni più tardi, un franco disturbo bipolare I oppure, più frequentemente, un disturbo bipolare II o anche una depressione unipolare (66, 67).

D’altro lato, poiché è abbastanza frequente riscontrare in molti pazienti con disturbi di Asse II sintomi depressivi di vario tipo, alcuni autori hanno suggerito che la correlazione tra DPB e disturbi affettivi sia debole e poco specifica (68). Altri, senza chiamare direttamente in causa alcuna ipotesi di correlazione tra DPB e disturbi affettivi, hanno tuttavia notato come, da un punto di vista fenomenologico, adolescenti che presentavano sia depressione maggiore che abuso di sostanze, confrontati con chi ne presentasse soltanto una delle due, venissero molto frequentemente diagnosticati come affetti da

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Recentemente uno studio controllato ha messo a confronto pazienti borderline senza concomitanti disturbi dello spettro affettivo e pazienti affetti da disturbi dell’umore evidenziando come la storia familiare per disturbi psichiatrici fosse simile in entrambi i gruppi; i parenti dei pazienti borderline mostravano alta prevalenza di disturbi dell’umore, analogamente ai familiari dei pazienti affettivi. Questo fa pensare alla presenza di fattori eziologici comuni tra i due disturbi (70), come per altro già segnalato da uno studio su pazienti borderline e loro familiari di primo grado (71). L'instabilità affettiva è una caratteristica comune dei disturbi di personalità, in particolare del disturbo borderline (72, 73). Studi di pazienti con diagnosi di disturbo borderline documentano oscillazioni dell'umore qualitativamente diverse da quelle trovate nel disturbo bipolare-II (74, 75).

Secondo una recente Review (Future Medicine, june 2011) la ricerca sull'instabilità affettiva sebbene sia ancora agli albori, può essere misurata e separata dall' intensità umore (76), essere distinta dal nevroticismo (77), e sembra inoltre essere una caratteristica ereditabile (78).

Fondamentalmente, l'instabilità affettiva risulta molto sensibile agli stimoli ambientali e a fattori di stress interpersonale (77). Infine, studi familiari su pazienti con disturbo borderline (con grave AI) hanno trovato che le diagnosi che riflettono impulsività, ad esempio l'abuso di sostanze e personalità

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antisociale, sono comuni nei parenti di primo grado, con depressione unipolare mentre sembrano essere più rari nei parenti di primo grado con diagnosi di disturbi bipolare (104). Alcune ricerche suggeriscono che l'instabilità affettiva può essere associata a un unico schema di attività nel campo dell'imaging funzionale, e con un unico schema di cambiamento nell'attività dei neurotrasmettitori (79). Questi studi suggeriscono che l'instabilità affettiva riflette un unico endofenotipo. Includere l'instabilità affettiva nella bipolarità sarebbe prematuro. Akiskal (80) ha recentemente proposto che il BPD possa rientrare all'interno dello spettro bipolare, proprio a causa della marcata instabilità affettiva che lo caratterizza. Invece tutti gli altri sintomi sarebbero secondari all'alterazione dell'umore. Questa ipotesi presenta una serie di problematiche; in primo luogo, emergono differenze importanti nella scala temporale e nella persistenza dell'umore, che possono cambiare di ora in ora, e che sono reattive alle vicende in relazionali (77). L'idea che l'instabilità affettiva in BPD rifletta oscillazioni spontanee "ultra-rapide" (81) assume, senza dubbio, che queste sono varianti di ipomania. Inoltre, l'outcome della BPD è molto diverso e molto più favorevoli del Disturbo bipolare. Considerando che il disturbo bipolare classico non migliora con l'età (e spesso peggiora), la stragrande maggioranza dei pazienti BPD migliora con il tempo, e dalla mezza età non soddisfano più i criteri per il disturbo (82). Il BPD ha una prognosi

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relativamente buona, e il suo risultato a lungo termine non assomiglia al disturbo bipolare-II.

Un'altra serie di studi retrospettivi su pazienti borderline trattati in regime di ricovero sono stati pubblicati alla fine degli anni ottanta (67, 83-84). L’estrazione sociale di questi pazienti era estremamente variegata e, al momento del ricovero, la maggior parte aveva circa vent’anni. Una tra le osservazioni più interessanti fu che circa 2/3 dei pazienti mostravano, alla rivalutazione a distanza di 10 o 25 anni, un livello di funzionamento compatibile con punteggi intorno a 60 del Global Assessment Score (82): “sintomatologia lieve con un buon funzionamento globale, alcune relazioni interpersonali significative”. Ancora interessante, considerando invece i casi che avevano avuto una evoluzione meno favorevole: dal 3 al 9% dei pazienti si era suicidato. Più era bassa l’età media del campione iniziale maggiore era il rischio di suicidio, considerando anche che i pazienti più giovani dovevano ancora attraversare tutti gli anni a maggior rischio. Dal campione più ampio (67, 85) fu inoltre possibile isolare un numero di sottogruppi sufficiente per valutare l’eventuale influenza di certe variabili. Si sono rivelati fattori prognostici positivi l’intelligenza elevata, il talento artistico, il fascino, e, nel caso di pazienti che abusavano di alcol, la capacità di seguire percorsi riabilitativi presso gli Alcolisti Anonimi. Al contrario, rappresentavano fattori prognostici negativi

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(predittivi anche del rischio di suicidio) l’abuso sessuale da parte di familiari, la brutalità dei familiari, la concomitanza di tratti antisociali e la marcata impulsività, come testimoniato dal soddisfare tutti gli otto criteri diagnostici del DSM-III. Coloro che avevano continuato ad abusare di alcol si caratterizzavano per tassi di suicidio che raggiungevano il 37%. Vale la pena sottolineare che, considerando i diversi studi, i tassi di suicidio globali dei pazienti borderline apparivano analoghi a quelli dei pazienti con disturbo bipolare o schizofrenici ad indicare perciò la severità del disturbo, fermo restando che, comunque, la maggior parte dei pazienti presentava, sul lungo periodo, una prognosi decisamente migliore rispetto agli affetti da psicosi maggiore. Molti soggetti, varcata la soglia dei trent’anni, iniziavano infatti a migliorare significativamente tanto da non soddisfare più i criteri diagnostici per il disturbo (86). In seguito, una percentuale compresa tra l’8 e il 10 % sviluppava disturbi dello spettro affettivo, disturbo bipolare II o depressione unipolare; praticamente nessuno avrebbe invece sviluppato una psicosi di tipo schizofrenico.

Un banco di prova potrebbe essere quella di determinare se BPD possa rispondere agli stessi farmaci del disturbo bipolare, vale a dire, stabilizzatori dell'umore. Solo un paio di prove cliniche hanno esaminato la questione, ma in generale, i risultati suggeriscono che l'impatto principale degli stabilizzatori dell'umore nei pazienti con disturbo borderline è sull'impulsività e non

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sull'umore. Il Litio produce solo un lieve vantaggio, soprattutto nella riduzione dei sintomi impulsivi (87), e i risultati della sperimentazione clinica su carbamazepina (88), Valproato (89), Topiramato (90) e lamotrigina (91) sono simili. La tendenza dei farmaci a controllare l'impulsività, non si limita a stabilizzatori dell'umore, litio o agli anticonvulsivanti. Studi controllati con neurolettici, come pure sugli SSRI nei pazienti con disturbo borderline, hanno evidenziato un effetto più sull'impulsività che sull'umore (105).

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4. Obiettivi dello studio

Diverse ricerche hanno focalizzato l'attenzione sui rapporti tra spettro bipolare e disturbo borderline di personalità, ma nessuna ha valutato in dettaglio da un lato la bipolarità, intesa in una accezione di spettro, e dall'altro le varie componenti della personalità borderline così come concettualizzata nel DSM-IVTR. In questa ricerca abbiamo selezionato una casistica di pazienti con Disturbo Borderline di personalità ed abbiamo valutato i possibili rapporti con disturbi dell'umore dello spettro bipolare allo scopo di delineare eventuali aree di sovrapposizione e di differenziazione.

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5. Metodo

5.1 Casistica e Diagnosi

Per la ricerca è stato reclutato un campione di 50 pazienti afferenti ai servizi ambulatoriali della Unità Operativa di Psichiatria 1 e dell´Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana in un periodo di circa 1 anno. Il campione comprende 38 (76%) soggetti di sesso femminile e 12 (24%) soggetti di sesso maschile che soddisfano i criteri DSM-IV-TR per un Disturbo Bordeline di Personalità.

La totalità dei soggetti (n=50) ha fornito il consenso informato scritto a partecipare allo studio.

5.2 Raccolta dei dati clinici

Tutti i soggetti che hanno fornito il loro consenso informato a prendere parte allo studio hanno partecipato a una sessione di valutazione, effettuata da medici specializzandi in psichiatria supervisionati da specialisti in psichiatria appartenenti al gruppo di ricerca in cui si è proceduto all’inquadramento diagnostico del Disturbo Borderline di Personalità e alla valutazione di specifiche comorbidità. Tutti i soggetti inclusi nello studio sono stati sottoposti ad una valutazione diagnostica mediante un’intervista semistrutturata (DIB=Diagnostic Interview for Borderline Patients, Gunderson 1992) che

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permette di porre diagnosi per i Disturbi di Asse I e Asse II secondo il DSM-IV. Un'ulteriore valutazione diagnostica è stata effettuata utilizzando la Mini Neuropsychiatric Interview (MINI) un’intervista breve strutturata utilizzata per formulare la diagnosi delle principali sindromi cliniche di Asse I, sulla base dei criteri previsti dal DSM-III-R per le specifiche entità nosografiche.

5.3 Strumenti di valutazione utilizzati

Il Clinical Global Impression Severity and Improvement (CGI) è, probabilmente, la scala più frequentemente utilizzata per la valutazione globale della psicopatologia che consente la formulazione di un giudizio globale della psicopatologia in 3 aree: la gravità della malattia, il miglioramento globale e l'indice di efficacia terapeutica. La versione utilizzata per il nostro studio è quella modificata del 1970, che limita il giudizio all'esperienza con i pazienti

appartenenti allo stesso raggruppamento diagnostico del paziente in esame e abbiamo preso in considerazione il primo item (CGI-Severity), che esplora, attraverso una scala di 7 punti, la gravità della sintomatologia globale.

Il Global Assessment of Functioning (GAF), che deriva dalla Health-Sickness Scale (HSRS) di Lubosky (1962), con un passaggio intermedio, la Global Assessment Scale- GAS (Endicott et al., 1976). La versione attuale utilizzata è

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quella degli stessi autori della GAS e risale al 1987, quando la scala entrò a far parte del DSM-III-R (e del DSM-IV nel 1994) come asse V per la valutazione globale del funzionamento psico-sociale e lavorativo del soggetto,

indipendentemente dalla natura del disturbo psichiatrico. La GAF prevede 10 anchor point (ognuno dei quali è ulteriormente suddiviso in 10 punti), che prendono in considerazione il funzionamento psico-sociale e lavorativo del soggetto, collocandolo in un ipotetico continuum che va dalla salute mentale (100) al disturbo psichico gravissimo con rischio di morte (1). Il clinico deve individuare l'intervallo che meglio esprime la realtà attuale del soggetto in

esame, facendo riferimento alla settimana precedente l'intervista (o ad un diverso periodo di tempo in studi particolari), per poi assegnare il punteggio intermedio più appropriato.

La Self-Report Symptom Inventory-Revised (SCL-90-R), Clark A Friedman MJ, 1983, è una scala per l'autovalutazione della sintomatologia psichiatrica in generale. E' composta da 90 item ( valutati su una scala da 0 a 4 ), che riflettono le 9 dimensioni che sottendono la maggior parte dei sintomi che si osservano nei pazienti psichiatrici : somatizzazioni, ossessivo-compulsività, sensitività, depressione, ansia, collera-ostilità, ansia fobica, ideazione paranoide, psicoticismo. La SCL-90-R viene di solito presentata come uno strumento per

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aiutare il medico a capire meglio i problemi del paziente e misura la sintomatologia dell'ultima settimana fino al momento della valutazione.

La Interpersonal Sensitivity Symptoms Inventory (ISSI), Davidson J, Zisook S, Giller E, Helms M., 1989, è una scheda di autovalutazione composta da 36 items che indaga la sensibilità al giudizio e alla critica del soggetto e il modo di relazionarsi con gli altri; La gravità è valutata in ordine decrescente per cui punteggi bassi della ISSI, sono sinonimo, di una ridotta sensibilità al giudizio e alla critica del soggetto.

La S.I.M.D. (Structured Interview for Mood Disorders-R, Akiskal e coll., 2002), è un'intervista semistrutturata per la diagnosi dei disturbi dell’umore secondo i criteri del DSM-IV rappresenta il frutto della collaborazione tra

l'Istituto di Clinica Psichiatrica dell'Università di Pisa e della sezione dei disturbi affettivi dell'Università del Sud della California a San Diego, USA. Essa consente, oltre alla valutazione diagnostica, la raccolta sistematica di dati anamnestici riguardo il numero e la durata degli episodi affettivi, la risposta ai precedenti trattamenti, la presenza di caratteristiche psicotiche congrue ed incongrue e di eventuale comorbidità psichiatrica. La storia familiare è raccolta secondo il metodo di Winokur incorporato nei Research Diagnostic Criteria (Andreasen e

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coll., 1977). Le caratteristiche di validità, attendibilità e riproducibilità si sono rivelate ottime e sono state esaminate e discusse in varie ricerche (Cassano e coll., 1989). La SIMD sarà somministrata alla valutazione basale, che dovrà essere effettuata con il paziente e possibilmente con l’aiuto di un familiare convivente.

La Diagnostic Interview for Borderline Patients (DIB) è un’intervista clinica semistrutturata costituita da 132 unità di informazione che sono usate per valutare 29 affermazioni riassuntive che alla fine sono utilizzate per valutare 5 aree di funzionamento teorizzate per essere discriminanti nella diagnosi del DBP. Le cinque are di funzionamento sono l’Adattamento Sociale, i patterns di Azione Impulsiva, l’Affettività, la Psicosi e le Relazioni Interpersonali. Viene somministrata in 50-90 minuti da un clinico esperto. La reliability della DIB risulta veramente buona (joint realiability>0.70 von un coefficiente di intraclass correlation >0.80). La terst-retest reliability è risultata anch’essa buona

(kappa=0.71; r=0.71). Anche la consistenza interna valutata con il coefficiente di Kuder-Rchardson (=0.75) era elevata quando si considerava tutta la scala nel suo insieme. La validità è risultata modesta se veniva confrontaqta questa scala con altri strumenti (per esempio con le diagnosi del DSM il kappa variava tra –0.33 e 0.69; mentre la correlazione tra il numero di criteri del DBP del DSM e il

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La Brief TEMPS M (Andreas Erfurth e coll., 2000). E’ una scheda di autovalutazione che permette l’inquadramento delle caratteristiche

temperamentali affettive ed ansiose secondo i criteri di Akiskal e Mallya (1978).

La Separation Anxiety Symptoms Inventory (SASI), Silove D e coll., 1993, è una scheda di autovalutazione composta da 15 items che esplora i sintomi di ansia di separazione presenti nei primi diciotto anni di età.

la Hypomania Check List (HCL-32)Angst J, Adolfsson R, Benazzi F, Gamma A, Hantouche E, Meyer TD, et al., 2005, un questionario in

autosomministrazione, tradotto in diverse lingue, che comprende una lista di sintomi di tipo maniacale che il soggetto deve contrassegnare come “presenti” (o tipici) oppure “assenti“ (o non tipici). Il questionario comprende inoltre altri otto items che valutano la gravità e l’impatto dei sintomi di tipo eccitativo su diverse aree del funzionamento. Il punteggio totale viene ottenuto sommando i sintomi contrassegnati. Il questionario è stato sviluppato nell’ambito della ricerca di strumenti psicometrici per lo screening delle condizioni cliniche appartenenti allo spettro bipolare Twiss J, Jones S, Anderson I.,2008. In particolare, il questionario è stato sviluppato come strumento di screening per l’ipomania, particolarmente

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cruciale per la distinzione tra disturbo depressivo maggiore ricorrente e disturbo bipolare di tipo II. In quest’ottica, un punteggio superiore a 14 è risultato avere una buona sensibilità (0.8) e una discreta specificità (0.51) per differenziare i soggetti risultati affetti, una volta sottoposti a valutazione diagnostica standardizzata, da disturbi dell’umore di tipo unipolare o bipolare. Il

questionario non appare in grado di differenziare tra sottotipi clinici (disturbo bipolare di tipo I o II) Vieta E, Sánchez-Moreno J, Bulbena A, Chamorro L, Ramos JL, Artal J, et al., tuttavia presenta un’interessante indipendenza dalla fase

affettiva del soggetto al momento della valutazione, rendendolo uno strumento utilizzabile anche in pazienti sintomatici (79).

La Affective Lability Scale short-form measure (ALS-SF): costituita da 18 item nella forma breve, ottenuta da una precedente scala di valutazione invece costruita su 54 item sviluppati al fine di valutare le varie alterazioni dell'umore (Harvey et al., 1989). Questa scala è formata da item che riescono a descrivere cambiamenti dell' umore dalla normalità all'euforia, depressione, rabbia, ansia(114). Tre studi in particolare hanno dimostrato la validità della ALS-SF short form confrontando i punteggi total score della scala in forma breve e della ALS classica. E' stata infatti dimostrata una convergenza e similarità di punteggio total score tra le due scale, per cui sarebbe preferita la forma sintetica a quella

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estesa.

La Child Trauma Questionnaire, (David Bernstein et al., 1997), è un questionario formato da 28-item self-report, che fornisce notizie brevi ed uno screening affidabile e valido per storie di abusi e di abbandono. Si indaga su cinque tipi di maltrattamento: emotivi, abusi fisici, sessuali e di abbandono emotivo e fisico (113).

5.4 Analisi statistica

• L’analisi comparata per le caratteristiche familiari, epidemiologiche, cliniche e di decorso dei diversi sottogruppi, è stata condotta utilizzando il t-test di Student per le variabili dimensionali (Mann-Withney U-test, quando appropriato) e il chi-quadro per le variabili categoriali (Fisher exact-test, quando appropriato). I confronti a tre gruppi sono stati condotti mediante analisi di varianza (ANOVA) ad una via per le variabili dimensionali e le tavole di contingenza per quelle categoriali. Abbiamo inoltre utilizzato per le analisi di correlazione il metodo di Pearson. In considerazione del numero di soggetti e della natura confirmatoria del nostro lavoro, abbiamo considerato in maniera conservativa livelli di significatività a doppia coda con soglia a p < 0.05.

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6. Risultati

I soggetti selezionati avevano un’età media di 36 anni (sd=12.3) ed erano rappresentati per circa il 76% dal sesso femminile (tabella 1). La maggior parte aveva una cultura media (44% con diploma di scuola media superiore); tuttavia circa un terzo della casistica risultava disoccupato al momento della prima osservazione, mentre un circa un quarto era impiegato nel settore terziario (tabella 1). Oltre la meta’ (58%) non era impegnata in una relazione di coppia stabile.

Secondo i criteri diagnostici del DSM-IV, ben il 94% dei soggetti risultava affetto da Disturbo Bipolare, per la maggior parte di tipo II (n=33, 66%). L’84 % dei pazienti riportava un punteggio all’HSRS superiore a 14, indicativo di una storia di episodi espansivi pregressi.

Al momento dell’osservazione, nessun soggetto era in fase maniacale, 2 soddisfacevano i criteri per l’ipomania, e 11 per la depressione, di cui 2 con caratteristiche atipiche e 9 con caratteristiche malinconiche. Tuttavia, oltre il 90% aveva una storia di precedenti episodi depressivi maggiori (tabella 2). A questo proposito va sottolineato come la polarita’ del primo episodio era di tipo depressivo nel 74% dei soggetti (tabella 2).

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In 20% dei casi veniva obiettivata una condizione di rapida ciclicita’; tentativi di suicidio erano riportati in anamnesi da oltre la meta’ della casistica (tabella 2). La comorbidita’ con disturbo da panico era evidenziata nel 72% della casistica, mentre il 38% riferiva un abuso di sostanze.

I vari criteri per Disturbo Borderline di Personalita’ contemplati dal DSM-IV erano ampiamente rappresentati nella maggior parte dei pazienti; solo l’ideazione paranoide e gli stati dissociativi transitori venivano riferiti solo da poco piu’ di un terzo dei soggetti (tabella 3).

Confontando pazienti che riportavano punteggi sopra (n=24) e sotto (n=26) la mediana al CTQ , non emergevano differenze sull’eta’ di esordio del disturbo, sulla diagnosi, sul numero di precedenti episodi di malattia, di tentativi di suicidio, sulla comorbidita’ con disturbo da panico o uso di sostanze e in generale su nessuna altra caratteristica clinica indagata (tabelle 4, 14). Anche per quanto riguarda i criteri per Disturbo Borderline di Personalita’ e i punteggi all’HSRS e all’ALS-SF non emergeva alcuna differenza tra i sottogruppi distinti sulla base di punteggi elevati e ridotti al CTQ (tabella 7 e 8).

Il confronto tra pazienti con punteggi sopra (n=23) e sotto (n=27) la mediana della ALS non mostrava alcuna differenza su eta’ di esordio, numero di

precedenti episodi di malattia, caratteristiche di decorso o di comorbidita’, tentativi di suicidio (tabelle 5, 9, 10, 11). Solo nell’ambito dei criteri per Disturbo

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Borderline di Personalita’, i sentimenti cronici di vuoto erano maggiormente rappresentati nei soggetti con labilita’ affettiva marcata (55% vs 45%, p.01).

Inoltre, i pazienti con elevata labilita’ affettiva in maggiore percentuale riportavano esperienze traumatiche durante l’infanzia (63.8% vs 58%, p=.02), punteggi maggiori nella sezione del DIB riguardante l'affettività (48.5 vs 42.4, p=.03) e le relazioni interpersonali (46 vs 39.3, p=.01). Infine i pazienti con marcata instabilità riportavano punteggi più elevati nei fattori della SCL 90 “somatizzazioni”, “ossessivo-compulsivo”, “depressione”, “ansia”, “rabbia-ostilità” e al fattore “ideazione paranoide” (10.6 vs 7.3, p=.04).

7. Discussione

Sul piano delle caratteristiche demografiche e cliniche la nostra casistica presenta caratteristiche simili a quelle selezionate in ambiti clinici analoghi. L’eta’ media era piuttosto giovane, intorno a 35 anni, 76% dei pazienti erano di sesso femminile, per la maggior parte non coniugati. Dal punto di vista dell’istruzione circa la metà erano diplomati e, circa un terzo risultava disoccupato al momento dell’osservazione. Quest’ultimo dato è, verosimilmente, da porre in relazione con l’interferenza del quadro psicopatologico sul funzionamento dei pazienti.

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affetto da Disturbo Bipolare, Secondo i criteri diagnostici del DSM-IV, per la maggior parte di tipo II (n=33, 66%). A conforto di ciò più dell’80% dei pazienti riportava un punteggio all’HSRS superiore a 14; questo punteggio si è rivelato altamente indicativo di una storia di episodi espansivi pregressi in diverse ricerche condotte su pazienti con disturbi dell’umore in diverse fasi di malattia. Questo dato contrasta con quanto riportato in altre ricerche su casistiche di pazienti con disturbo borderline di personalità. Le correlazioni tra disturbi di personalità (e in particolare il DPB) da un lato ed disturbi dell’umore, d’ansia e disturbi correlati all’impulsività dall’altro, sono state recentemente indagate da Zanarini et al. (32) in un'ampia popolazione di pazienti affetti da gravi disturbi di personalità. In effetti, articolati pattern di associazione lifetime tra disturbi d’ansia e dell’umore e disturbi correlati all’impulsività (abuso di alcol, sostanze, disturbi della condotta alimentare) sembrano avere un forte valore predittivo per la diagnosi di disturbo borderline. Sfortunatamente questi autori non si sono proposti di includere e di indagare, con strumenti specificamente designati, i disturbi dello spettro bipolare. Si tratta di una “omissione” abbastanza comune tra i ricercatori che si occupano di borderline, probabilmente indotta dalle convenzioni in uso nel DSM-IV (19). Secondo il DSM-IV, è proprio l’instabilità dell’umore che distingue il disturbo di personalità borderline dal disturbo bipolare II. Si tratta però di una affermazione quantomeno opinabile se si

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considera che in un ampio campione di pazienti affetti da depressione maggiore, valutati prospettivamente nello studio NIMH sulla depressione, l’instabilità dell’umore è risultata essere il fattore predittivo più specifico per la modificazione di decorso verso il bipolare II (52). E' stata infatti proposta (115, 116), la nozione di “disturbo da carattere emotivamente instabile” (EUCD) per indicare l’espressione estrema della patologia caratteriale che viene considerata fuori dall’ambito del disturbo bipolare. Secondo questa prospettiva, i pazienti con questo tipo di disturbo si caratterizzerebbero per una “consapevolezza scarsamente sviluppata”, e per esibire comportamenti manipolanti e irresponsabili. Indubbiamente sono necessari studi prospettici con ottimo profilo metodologico per chiarire la correlazione tra spettro bipolare e le variabili evolutive che portano allo sviluppo degli articolati pattern affettivi. Inoltre Ciò che sembra affliggere i pazienti borderline è proprio il loro periodico comportamento espansivamente estroverso che li spinge a pieno titolo sulla scena delle relazioni umane, scena alla quale essi poi rispondono con una valanga di reazioni emozionali difficilmente gestibili – originandone un percorso esistenziale ricco di drammaticità e opere tragiche (103). E' quindi importante stabilire se un paziente ha o non ha avuto episodi ipomaniacali. Ciò che racconta il paziente potrebbe non essere sufficiente per rispondere a questa domanda (46). Non è sufficiente effettuare una breve anamnesi dei pazienti che spesso possono

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essere vaghi sull'intensità e sul tempo. Poichè sia i falsi negativi che i falsi positivi sono possibili, può essere utile ascoltare anche i membri della famiglia per determinare la coerenza dei sintomi, la scala di tempo, e se i cambiamenti d'umore hanno portato a particolari comportamenti o a conseguenze, e se sono evidenti agli altri. Accorciare la lunghezza temporale dell'ipomania, come si può verificare nel DSM-5, porterebbe ad un aumento della diagnosi di bipolare-II. Tuttavia, un'attenta valutazione, sostenuta dalla letteratura (26), mostra che i pazienti BPD raramente hanno costantemente un umore elevato (o irritabile) per tutte le 48 ore. Inoltre anche la difficoltà di una diagnosi differenziale accurata riflette la popolarità della diagnosi bipolare. La maggior parte dei casi di BPD non sono riconosciuti e molti pazienti sono chiamati bipolari, anche se non soddisfano i criteri DSM (47).

Inoltre il BPD presenta comorbidità ampia e la sua vasta gamma di sintomi riflette una grave patologia della personalità. La depressione maggiore è particolarmente diffusa, e i sintomi depressivi portano i pazienti all'attenzione clinica (36). In passato, i ricercatori hanno visto (37) BPD come una forma atipica di depressione unipolare. Ma i sintomi depressivi non mostrano lo stesso modello nel BPD: sono cronici piuttosto che episodici, associati a umore fluttuante che risulta altamente reattivo agli eventi della vita interpersonale (13). Inoltre, i pazienti borderline mostrano

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livelli più elevati di impulsività rispetto ai pazienti con la sola depressione (31), e hanno sintomi caratteristici come autolesionismo e overdose ricorrenti che non sono comuni nella depressione. Infine, i sintomi depressivi mostrano un miglioramento solo marginale con antidepressivi, e mai alla remissione della malattia (33).

Abbiamo ancora pochi dati sull'eziologia, la patogenesi, il decorso e il trattamento dei disturbi dello spettro bipolare e una chiara correlazione col Disturbo Bordeline di Personalità. Molti studi sono stati pubblicati da ricercatori che sostengono la validità dello spettro, con risultati che riflettono il loro entusiasmo. Ma la ricerca non ha preso in considerazione i limiti di diagnosi fenomenologica. Vi è anche la necessità di studiare la natura dell'instabilità affettiva, per stabilire un confine chiaro tra ipomania e disregolazione delle emozioni.

E’ possibile che nella nostra ricerca la valutazione condotta da medici specialisti con vasta esperienza di disturbi dell’umore, abbia favorito una maggiore sensibilità nel riconoscimento di fasi ipomaniacali pregresse. A questo proposito l’impiego della SIMD, focalizzata sulla storia longitudinale del disturbo dell’umore può aver contribuito ad una stima più precisa degli episodi affettivi. Al momento dell’osservazione, la grande maggioranza incontrava i criteri per EDM, di cui 2 con caratteristiche atipiche e 9 con caratteristiche malinconiche,

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nessun soggetto era in fase maniacale, e solamente 2 soddisfacevano i criteri per l’ipomania. A questo proposito va sottolineato come la polarita’ del primo episodio fosse di tipo depressivo in oltre 2 terzi dei casi. Va comunque ricordato che in questi pazienti non è sempre facile ricordare la sequenza degli episodi per la marcata instabilità presente, spesso, fin dall’infanzia e per la difficoltà a definire episodi espansivi attenuati pregressi, spesso sottosoglia. E’ possibile pertanto che l’esordio depressivo sia sovrastimato.

In un paziente su 5 veniva obiettivata una condizione di rapida ciclicita’ ed i tentativi di suicidio erano riportati in anamnesi da oltre la meta’ della casistica. Queste osservazioni testimoniano la presenza di caratteristiche come instabilità umorale e suicidalità, molto comuni in pazienti con DBP.

La comorbidita’ con disturbo da panico era presente in oltre il 70% della casistica, mentre circa il 40% riferiva un abuso di sostanze.

Esaminando il profilo diagnostico, i criteri DSM-IV del Disturbo Borderline di Personalita’ erano ampiamente rappresentati nella maggior parte dei pazienti; solo l’ideazione paranoide e gli stati dissociativi transitori venivano riferiti solo da poco più di un terzo dei casi, a dimostrazione della minore correlazione del criterio 9 con il profilo descritto nei primi 8 criteri.

Confrontando pazienti che riportavano punteggi sopra e sotto la mediana al CTQ, non emergevano differenze significative in nessuna delle variabili

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demografiche e cliniche ad eccezione della comorbidità con il disturbo da panico, più comune nei pazienti con punteggi inferiori, Anche per quanto riguarda i criteri per Disturbo Borderline di Personalita’ e i punteggi delle scale per l’ipomania e l’instabilità affettiva e all’ALS-SF non emergeva alcuna differenza tra i due sottogruppi come pure per tutte le variabili sintomatologiche e di gravità.

Il confronto tra pazienti con punteggi sopra e sotto la mediana della ALS non mostrava differenze su eta’ di esordio, numero di precedenti episodi di malattia, caratteristiche di decorso, comorbidita’ e tentativi di suicidio. Nell’ambito dei criteri per Disturbo Borderline di Personalita’, i sentimenti cronici di vuoto erano maggiormente rappresentati nei soggetti con labilita’ affettiva marcata. Inoltre, questi ultimi riportavano in maggiore percentuale esperienze traumatiche durante l’infanzia, punteggi più elevati nelle sezioni del DIB riguardanti l'affettività e le relazioni interpersonali e punteggi più elevati nella sintomatologia al momento dell’osservazione come valutata dai nei fattori della SCL 90 “somatizzazioni”, “ossessivo-compulsivo”, “depressione”, “ansia”, “rabbia-ostilità” e “ideazione paranoide”.

Questi confronti indicano come da un lato le esperienze traumatiche infantili riportate dai pazienti con DBP non si riflettano sulle caratteristiche cliniche e di decorso mentre l’instabilità estrema sembra essere una caratteristiche legata alla

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Tabella1. Caratteristiche demografiche del campione.

Casi (n=50) Età, media (ds) 35.9 (12.3) Sesso femminile, n (%) 38 (76) Scolarità, n (%) ≤ 8 anni 22 (44) media superiore 22 (44) università o > 6 (12) Professione, n (%) studente 6 (12) casalinga/operaio/artigiano 8 (16) impiegato/insegnante 12 (24) imprenditore/professionista 4 (8) disoccupato 16 (32) pensionato 4 (8) Stato Civile, n (%) coniugati/conviventi 12 (24) celibi/nubili 29 (58) vedovanza/divorzio 9 (16)

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Tabella 2. Caratteristiche Cliniche del campione. Casi (n=50) EDM lifetime, n (%) 47 (94) Caratteristiche Malincoliche, n (%) 9 (18) Caratteristiche Atipiche, n (%) 2 (4)

Episodio Maniacale Attuale, n (%) 0 (0)

Episodio Ipomaniacale Attuale, n (%) 2 (4)

Episodio Misto Attuale, n (%) 15 (30)

Rapida Ciclicità, n (%) 10 (20)

Disturbo Bipolare I, n (%) 14 (28)

Disturbo Bipolare II, n (%) 33 (66)

Ciclotimia, n (%) 40 (80) Stagionalità, n (%) 4 (8) Abuso di Sostanze, n (%) 19 (38) Disturbo di Panico, n (%) 36 (72) Ipotiroidismo, n (%) 2 (4) Ipertiroidismo, n (%) 0 (0) Tireotossicosi, n (%) 2 (4) Sindrome Metabolica, n (%) 1 (2) Epilessia, n (%) 2 (4) Sindrome Premestruale, n (%) 12 (24) Depressione Post-Partum, n (%) 2 (4) Psicoterapia, n (%) 30 (60) Tentativi di Suicidio, n (%) 27 (54)

Polarità primo episodio, n (%)

Depressivo 37 (74)

Maniacale 3 (6)

Figura

Tabella 2. Caratteristiche  Cliniche del campione. Casi (n=50) EDM lifetime, n (%) 47 (94) Caratteristiche Malincoliche, n (%) 9 (18) Caratteristiche Atipiche, n (%) 2 (4)
Tabella 3. Criteri per il Disturbo Borderline di Personalità (DSM-IV) Casi (n=50) Sforzi per evitare abbandono reale o
Tabella 4. Confronto delle variabili cliniche in  soggetti con punteggi elevati e  ridotti di Trauma Infantile (CTQ)
Tabella 5. Confronto tra i criteri per il Disturbo Borderline di Personalità  in  soggetti con punteggi elevati e ridotti di Trauma Infantile (CTQ)
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