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Il finanziamento alle imprese: l'impulso dal FinTech

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale

in Strategia, Management e Controllo

Tesi di Laurea

IL FINANZIAMENTO ALLE IMPRESE:

L’IMPULSO DAL FINTECH

Relatore:

Prof.ssa Paola FERRETTI

Candidato

:

Daniele NELLI

(2)

2

INDICE

Introduzione ………..5

1 - Il FinTech: un fenomeno disruptive

………...…….8

1.1

La digitalizzazione dell’economia e il sistema finanziario……….8

1.2

La complessità definitoria del FinTech………15

1.3

La tassonomia delle attività FinTech………20

1.4

I rischi derivanti dal FinTech………25

1.5

Il ruolo della regolamentazione………31

1.6

Il panorama globale………..35

2 – Nuovi canali di finanziamento per start-up e PMI

…………..39

2.1

I caratteri generali del crowdfunding………...39

2.2

Il crowdfunding all’estero e in Italia………44

2.3

Le tipologie di crowdfunding………...49

2.4

Le opportunità dell’equity crowdfunding………52

2.5

La normativa italiana sull’equity crowdfunding………..58

2.6

Le tipologie di imprese protagoniste dell’equity crowdfunding……..64

2.6.1 Le start-up innovative………...64

2.6.2 le piccole e medie imprese innovative………..74

2.7

Le piattaforme equity-based italiane………77

2.7.1 Il Business Plan nelle raccolte on-line………..86

(3)

3

3 – StartupItalia!, il record italiano nell’equity crowdfunding.

95

3.1.

Le origini………..95

3.2.

Il progetto di raccolta su Mamacrowd………..98

3.2.1 Le persone……….98

3.2.2 Le strategie comunicative………...107

3.2.3 La raccolta………...110

3.2.4 Il post raccolta……….112

Conclusioni

……….125

Bibliografia e Sitografia

………...127

(4)
(5)

5

Introduzione

Il FinTech è un fenomeno che nell’ultimo decennio ha originato una serie di innovazioni dirompenti nel sistema finanziario dando la possibilità di creare principalmente nuovi business model, strutture organizzative più leggere e flessibili, servizi innovativi con alto grado di personalizzazione, canali di vendita online attraverso dei marketplace e nuove modalità di interazione con gli stakeholders.

Oltre a questi benefici di indiscusso valore, la versatilità che contraddistingue il FinTech lo ha reso in grado di occuparsi di un’attività svolta tipicamente dagli intermediari finanziari tradizionali: quella del finanziamento. Infatti, ormai da diversi anni anche in Italia, le tecnologie finanziarie hanno permesso alle imprese di poter ricorrere a canali alternativi per soddisfare il loro fabbisogno finanziario, attingendo al lending crowdfunding per ottenere finanziamenti a titolo di capitale di debito e all’equity-based crowdfunding per ottenerne a titolo di capitale di rischio.

Nell’elaborato sarà effettuato un approfondimento sulla variante equity-based crowdfunding alla ricerca della possibilità che in Italia questo relativamente nuovo canale rappresenti effettivamente un’alternativa soddisfacente al credito bancario per l’ottenimento delle risorse finanziarie da parte delle imprese di dimensione più ridotta.

La scelta della trattazione di tale tematica deriva dalla personale volontà di indagare sulle modalità attraverso le quali è possibile supportare la crescita delle PMI italiane che costituiscono la spina dorsale della nostra economia e che svolgono un ruolo importante per la crescita economica e per l’occupazione. Poiché da diversi anni a questa parte, soprattutto le aziende più piccole stanno riscontrando un peggioramento delle condizioni di accesso al credito in ragione dell’elevata selettività degli intermediari (indirizzano maggiormente le concessioni del debito bancario nei confronti di quelle imprese finanziariamente più solide e a quelle di maggiore dimensione), ho ritenuto opportuno approfondire la modalità innovativa costituita dall’equity crowdfunding che in Italia è riservato, ad oggi, alle startup innovative e alle piccole e medie imprese.

Nel primo capitolo dell’elaborato viene analizzato il grado di digitalizzazione dell’Italia in comparazione con gli altri Paesi europei, per indagarne lo sviluppo e la diffusione dei servizi e delle conoscenze digitali nonché della digitalizzazione delle imprese. Grazie all’adozione delle innovazioni digitali, le aziende FinTech sono oggi in grado di offrire a prezzi

(6)

6 competitivi una vasta gamma di servizi ad alto contenuto tecnologico, che però sono in grado di originare una serie di rischi che devono essere gestiti sia a livello aziendale, sia a livello legislativo prevedendo una normativa in grado di proteggere i soggetti più deboli e di far espandere il Fintech e le sue opportunità.

Il secondo capitolo prende in esame il crowdfunding osservandone la diffusione in Italia e nel resto del mondo di questa attività composita. Infatti il crowdfunding può essere declinato in svariati modelli a seconda delle finalità che hanno i promotori e delle ricompense che si danno a coloro che investono. Tra questi modelli viene dato risalto a quello dell’equity crowdfunding, il quale è stato oggetto, in Italia, di uno specifico iter normativo iniziato nel 2012 che ha dato la possibilità di ricorrere a questo canale prima alle startup innovative, poi alle PMI innovative, per arrivare all’estensione a tutte le PMI andando ad attribuire loro significative agevolazioni e semplificazioni. Tale contesto ha contribuito dunque allo sviluppo dell’equity crowdfunding e delle relative piattaforme, in termini di fondi raccolti, numero di investitori e campagne concluse con successo, permettendo a centinaia di imprese di ottenere i finanziamenti necessari per crescere.

Per concludere, nel terzo ed ultimo capitolo viene trattato del successo della raccolta in equity crowdfunding da parte di StartupItalia! che ha raggiunto la cifra record di 2,67 milioni di euro sulla più grande piattaforma italiana Mamacrowd ottenendo quindi il primato italiano sia in termini di capitali raccolti sia in termini di investitori partecipanti. Nell’esame delle caratteristiche che hanno portato al conseguimento di questo risultato vengono fatti degli specifici focus sul progetto proposto, sulle persone che hanno apportato a vario titolo il loro contributo, sulle strategie comunicative utili ad attrarre il maggior numero di investitori, dunque sullo svolgimento della raccolta e l’inizio della realizzazione del progetto di sviluppo proposto.

(7)
(8)

8

CAPITOLO 1

IL FINTECH: UN FENOMENO DISRUPTIVE

1.1 La digitalizzazione dell’economia e il sistema finanziario

Il mondo come lo conosciamo cambia continuamente e senza che ce ne rendiamo realmente conto ci lasciamo facilmente trascinare. Se ci pensiamo, nell’ultimo decennio le nostre abitudini e i nostri comportamenti quotidiani sono cambiati notevolmente: ogni giorno chattiamo con decine di persone attraverso varie app sul nostro telefono, condividiamo le nostre esperienze sui social media, compriamo online in Paesi come gli Stati Uniti o la Cina, cerchiamo dove poter mangiare qualcosa, teniamo sotto controllo il saldo delle carte di credito e facciamo anche investimenti. Tutto questo è divenuto possibile farlo anche all’interno della nostra casa comodamente seduto sul divano.

Tutto questo è riconducibile ad un fenomeno: la digital transformation. La trasformazione digitale ha avuto un particolare impulso dalla crisi finanziaria del 2008 in quanto era in grado di permettere una generale semplificazione dei processi, riducendo le ripetizioni e gli errori legate ad ricorso eccessivo delle attività manuali non strategiche1, dunque ha permesso alle molte aziende entrate in crisi di poter abbattere i costi attraverso l’implementazione di economie di scala, di modelli organizzativi più leggeri e flessibili, di soluzioni di razionalizzazione delle risorse ottenendo un efficientamento della gestione.

Oltre a questo, l’innovazione tecnologica che ha spinto la diffusione innanzitutto di Internet e successivamente quella della tecnologia mobile, ha permesso alle imprese di poter ottenere una quantità enorme di informazioni sui gusti, sugli interessi e sulle opinioni delle persone permettendo loro di elaborare nuove strategie di sviluppo per il futuro dell’azienda, come ad esempio apportare modifiche al proprio prodotto o servizio, avviare un nuovo processo produttivo, creare un marketplace sul quale vendere i propri prodotti, mirando in ogni caso

1 Digital4E.Guide e Teamsystem, Digital transformation: linee guida e strategie per innovare il business,

(https://www.digital4.biz/whitepapers/digital-transformation-come-diventare-fornitori-digitali-e- capitalizzare-linnovazione/?utm_campaign=Lead&utm_source=digital_transformation_304&utm_medium=Bottone&__hs tc=186056054.07da00414b260df441ca2eeca47a2700.1575312246887.1575312246887.1575312246887.1&_ _hssc=186056054.2.1575312246889&__hsfp=3262533687&_ga=2.175352482.1025949010.1575312242-885760045.1575312242)

(9)

9 ad affermare la propria presenza cercando di ampliare la propria quota di mercato o aggredirne di nuove.

Il cambiamento apportato dalla digitalizzazione, e dalle innovazioni tecnologiche in genere, all’interno del sistema economico è stato fondamentale affinché il tessuto industriale riuscisse a creare quegli anticorpi necessari per porre le basi per una ripresa economica. Dunque non pare eccessivo affermare che l’accesso massivo alla Rete, la diffusione di tecnologie mobili e di apparati “intelligenti”, la conseguente disponibilità di un enorme quantitativo di informazioni, l’economia della condivisione (dal trasporto al crowdfunding), la dematerializzazione dei processi (anche di quelli produttivi con la stampa tridimensionale) le soluzioni in cloud, sono alla base di una rapida e continua ridefinizione delle mappe produttive e distributive, resa possibile dall’abbattimento delle barriere d’ingresso sui mercati, geografiche e imprenditoriali, e dalla nascita di nuovi ecosistemi di collaborazione e innovazione2, rappresentano oggi una parte sostanziale della nostra economia andando a rappresentare la spina dorsale della stessa.

In realtà una vera e propria ripresa economica non c’è stata, piuttosto possiamo parlare di timide fasi di espansione alternate ad altre di contrazione. È questa la situazione in cui si è ritrovata in modo particolare l’Italia, anche se in questo periodo l’intera Europa si trova in una situazione di forte rallentamento della crescita.

Dato che la digitalizzazione è un processo divenuto fondamentale tanto per le imprese quanto per le economie dei paesi in cui esse risiedono, la Commissione Europea ha creato nel 2015 l’Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società (noto come DESI)3 per monitorare la competitività digitale degli Stati membri. Le relazioni nazionali DESI raccolgono prove quantitative derivanti dagli indicatori DESI sotto cinque diverse dimensioni, con approfondimenti specifici per paese riguardanti le politiche e le migliori prassi. Le dimensioni prese in considerazione nelle relazioni di ciascun Stato membro afferiscono al tema della Connettività a Banda larga, delle Competenze Digitali del capitale umano, dell’Uso di Internet, della Digitalizzazione delle imprese e dei Servizi pubblici digitali.

2 ACCENTURE, La trasformazione digitale, Aggiungere tecnologia al business per ottenere l’Effetto

Moltiplicatore, 2014 (https://www.accenture.com/_acnmedia/accenture/conversion-assets/dotcom/ documents/local/it-it/pdf_2/

accenture-report-cover-new2-pdf/pdf_3/accenture-looking-forward-trasformazione-digitale.pdf50).

3 European Commission, Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), Relazione nazionale

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10 Come è possibile vedere dalla Figura 1.1, l’Italia si colloca al 24° posto fra i 28 paesi dell’Unione nell’Indice DESI per il 2019, davanti solo a Polonia, Grecia, Romania e Bulgaria, ma alle spalle di diversi paesi dell’Europa orientale quali Ungheria, Cipro, Slovacchia, Croazia, Repubblica Ceca, Lettonia e Slovenia.

L’Italia, andando a ricoprire una posizione verso la fine della classifica risulta possedere un indice di digitalizzazione inferiore alla media europea. Nonostante questo, fa ben sperare il trend crescente che registra dal 2014, soprattutto il rinnovato vigore che ha avuto a partire dal 2018. Tuttavia tali miglioramenti non risultano essere sufficienti a scalare la classifica. Si ritiene che l’indice di digitalizzazione sia, in parte, in grado di dimostrare l’andamento del PIL italiano conseguito negli ultimi anni. Infatti se guardiamo gli andamenti del PIL tra il 2005 e il 2019 nei principali Paesi europei, riportati nella Figura 1.2, spicca l’andamento “titubante” del PIL italiano che si mostra ancora incerto sulla sua evoluzione ed ancora lontano da raggiungere i livelli pre-crisi. Il trend italiano continua a mantenersi molto al di sotto del PIL medio europeo, rappresentando un vero contrasto rispetto ai trend evidenziati da quelli degli altri Paesi della Figura (Francia, Germania e Spagna), i quali manifestano una crescita assai più convinta4. Se andiamo ad accostare i trend riportati da Banca di Italia agli indici di digitalizzazione dell’economia e della società degli stessi Paesi è possibile vedere che quasi ricoprano, anche qui, posizioni maggiori rispetto a quella dell’Italia, la quale

4 BANCA DI ITALIA, Relazione annuale 2019, Roma, 31/05/2019 (https://www.bancaditalia.it/

pubblicazioni/relazione-annuale/2018/rel_2018.pdf), pag. 22.

Figura 1.1 : Livello di digitalizzazione dell’economia e della società in Europa

Fonte: European Commission, Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), Relazione nazionale per il 2019, European Commission-Digital Single Market

(11)

11 ricopre la quint’ultima posizione. Pertanto non pare errato affermare che il livello di digitalizzazione influisce in modo significativo sulla ricchezza e sullo sviluppo di un Paese.

Se andiamo ad analizzare le dimensioni che compongono il DESI italiano possiamo vedere a cosa possa essere ricondotto il trend del PIL. Alcune delle dimensioni sono quasi in linea con la media europea. È questo il caso della “connettività”: il nostro Paese ha registrato un miglioramento sostanziale ottenendo un risultato (57,6) che ha permesso di eguagliare quasi la media europea (59,3) conseguendo la 19° posizione, così come dei ‘Servizi pubblici digitali’ vicini a raggiungere la media europea (58,7 rispetto a 62,9) conseguendo il 18° posto nella classifica. Per quanto riguarda le dimensioni del capitale umano (32,6) e l’uso dei servizi Internet (40,4), siamo ancora lontani dal raggiungere la media europea (rispettivamente 48 e 53,4).

Fonte: Banca di Italia, Relazione annuale 2019, 31/05/2019 (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/ relazione-annuale/2018/rel_2018.pdf), pag. 22.

Figura 1.3: Performance dell’Italia nelle dimensioni del DESI

Fonte: European Commission, Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), Relazione nazionale per il 2019, European Commission-Digital Single Market

(https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/scoreboard/italy), pag. 4.

(12)

12 L’indice che più desta interesse ai fini di questo elaborato è rappresentato da “integrazione delle tecnologie digitali” che misura la digitalizzazione delle imprese e dell’e-commerce. L’interesse verso questo indice è riconducibile a quanto già detto in precedenza ossia che con l’adozione delle tecnologie digitali, le aziende possono migliorare l’efficienza, ridurre i costi e meglio coinvolgere i clienti e partner commerciali; inoltre Internet, quale punto vendita, offre l’accesso a mercati più ampi e un potenziale di crescita immenso. Dalla Figura 1.4 possiamo vedere come questa dimensione sia caratterizzato da una modesta crescita che lo porta a raggiungere per il 2019 un punteggio pari a 32,3 appena sufficiente a permettere all’Italia di mantenere il 23° posto, con un gap sostanziale dalla media europea (41,1), pari a 9,2 punti.

Per meglio comprendere questo indicatore è necessario osservare le voci che lo compongono: Scambio di informazioni elettroniche, Social Media, Big Data, Cloud, Attività di vendita online da parte delle PMI, fatturato e-commerce delle PMI, vendite online transnazionali da parte delle PMI.

Come è possibile vedere dalla Figura 1.5 ci sono stati progressi nell’uso dei servizi cloud ed e-commerce, tuttavia le piccole e medie imprese non riescono ancora a sfruttare appieno le opportunità offerte dal commercio online. Solo il 10% delle PMI vende online (mentre in UE sono in media il 17%), solo l’8% del fatturato proviene dall’e-commerce, mentre le vendite online transnazionali vengono effettuate solo dal 6% delle PMI. Tra le voci positive di questo indice spicca quello relativo allo scambio di informazioni elettroniche che registra una percentuale maggiore alla media europea e che fa da motrice alla crescita.

Figura 1.4: Integrazione delle tecnologie digitali in Italia

Fonte: European Commission, Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), Relazione nazionale per il 2019, European Commission-Digital Single Market

(13)

13 DESI 2017 valore Italia DESI 2018 valore DESI valore 2019 classifica UE DESI 2019 valore Scambio delle informazioni elettroniche

% di imprese 36% 37% 37% 13 34% Social Media % di imprese 16% 17% 17% 16 21% Big Data % di imprese 9% 9% 7% 24 12% Cloud % di imprese 12% • 15% 18 18%

Attività di vendita online da parte di pmi

% di pmi 7% 8% 10% 26 17%

Fatturato e-commerce

% fatturato e-commerce 6% 6% 8% 19 10%

Vendite online transnazionali

%pmi 5% 6% 6% 22 8%

Da questi dati appare evidente di come l’Italia abbia ottenuto una chiara bocciatura da parte dell’Europa in merito a livello di sviluppo digitale, sebbene in questi anni nel nostro Paese si sia provveduto a legiferare in tal senso proprio per cercare di intraprendere seriamente una vera e propria digital transformation. Infatti l’Italia ha provveduto ad istituire con il D.L. n. 83 del 2012 l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) con il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda Digitale italiana e contribuire alla diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, favorendo l’innovazione; ha adottato la strategia per la crescita digitale 2024-2020 nonché il Piano Strategico per la Banda Ultra Larga nel marzo 2015, che sembra pure procedere abbastanza speditamente; nel settembre 2016 ha sviluppato la Strategia Industria 4.0 conosciuta con il nome di “Piano nazionale Impresa 4.0”5 che mira a favorire gli investimenti innovativi da parte delle imprese e alla costruzione di infrastrutture di rete.

C’è da dire però, che la trasformazione digitale con le sue innovazioni tecnologiche non riguarda solamente il sistema economico. Anche il sistema finanziario risulta essere ampiamente coinvolto da questo tipo di “cambiamento tech”, forse anche in modo più incisivo il recente aumento degli investimenti nelle tecnologie digitali e la considerevole

5 MiSE, Piano nazionale impresa 4.0, (https://www.mise.gov.it/index.php/it/industria40)

Figura 1.5: Componenti la dimensione Integrazione delle tecnologie digitali

Fonte: Digital Economy and Society Index (DESI), 2019 (https://ec.europa.eu/digital-single-market/en/scoreboard/italy)

(14)

14 accelerazione del ritmo di innovazione, hanno dato vita ad un fenomeno controverso, da molti definito rivoluzionario6, noto come FinTech.

Questo fenomeno aumenta la sua affermazione in concomitanza con la crisi finanziaria del 2008. È possibile individuare diversi fattori7 che hanno contribuito all’entrata nel mercato dei servizi finanziari e bancari di nuovi player in grado di fornire servizi veloci, personalizzati e facilmente gestibili dal proprio smartphone, con costi nettamente più bassi:

1. La perdita di fiducia da parte dei consumatori: la crisi finanziaria del 2008 e le importanti conseguenze che ne sono derivate, hanno avuto un impatto negativo sulla fiducia nei confronti delle banche e dell’intero sistema;

2. Normativa rigida e pesante: a seguito della crisi, le banche devono sottostare a rigidi vincoli e seguire un set di norme volte a garantire massima trasparenza per i consumatori;

3. Apertura del settore bancario: si abbassano le barriere di entrata del settore finanziario dando la possibilità a numerose piattaforme e società FinTech di posizionarsi sul mercato, offrendo una gamma di servizi più smart dotati di procedure più veloci, costi bassi, più facilità nell’ottenere un finanziamento;

4. Difficoltà ad innovare da parte delle banche tradizionali: data la normativa stretta e pesante, le banche riescono con più difficoltà e in modo più lento a seguire l’ondata di innovazione, accumulando ritardi nell’adeguamento della propria struttura organizzativa e il proprio sistema IT alle nuove condizioni presenti sul mercato, dando luogo ad ulteriori problemi in termini di costi, di inefficienza e di lentezza; 5. Cambiamento delle abitudini dei consumatori: in primis, la crescente diffusione di

apparecchiature digitali, ha distrutto i vantaggi che le banche potevano ottenere attraverso la distribuzione fisica dei servizi. In secondo luogo, l’avvento di tecnologie digitali ha radicalmente cambiato le nostre abitudini e quelle delle future generazioni. Lo smartphone e altri strumenti digitali ne prediligono l’utilizzo nell’ottica dell’anytime, anywhere.

6 CHISHTI S., BARBERIS J., The Fintech Book. Chichester, West Sussex, United Kingdom: Wiley, 2016;

FERRARI R., L’era del Fintech. La rivoluzione digitale nei servizi finanziari, Milano: FrancoAngeli, 2016; WORLD ECONOMIC FORUM (WEF), Beyond Fintech: A Pragmatic Assessment Of Disruptive Potential In

Financial Services, World Economic Forum, 2017.

7 MC KINSEY & COMPANY- Financial Services, Cutting through the noise around financial technology,

(www.mckinsey.com/industries/financial-services/our-insights/cutting-through-the-noise-aroundfinancial-technology).

(15)

15 L’era FinTech, dunque, porta un insieme di tecnologie disruptive per tutti gli intermediari finanziari tradizionali, da una parte determinano la loro trasformazione, dall’altra, sono in grado di attrarre investitori.

1.2 La complessità definitoria del FinTech

Il FinTech è diventato una parte importante del nuovo ecosistema caratterizzato da una veloce diffusione delle tecnologie innovative, da un’organizzazione digitale dei fattori produttivi, dove la tempestiva circolazione di informazioni coadiuvata dalla nascita di sempre maggiori servizi da parte di nuovi operatori determina un processo di learning continuo, attraverso anche il coinvolgimento degli incumbent, delle imprese, delle istituzioni, delle università e degli individui in genere.

Andando ad analizzare il termine con cui è stato denominato questo recente fenomeno, è evidente che esso costituisce la crasi tra le parole “finanza” e “tecnologia”, quindi una possibile traduzione italiana di FinTech potrebbe essere “tecnologia applicata alla finanza”. Dal momento che ancora oggi il FinTech non beneficia di una definizione univoca e ampiamente condivisa, varie Autorità, Istituzioni, Organizzazione o semplici studiosi che si occupano di tale fenomeno hanno cercato di qualificarlo in conseguenza ai sempre più vari ambiti operativi e settoriali in cui viene viene impiegato.

Il Dottor Thomas Puschmann, direttore dello Swiss FinTech Innovation Lab, definisce il FinTech come “incremental or disruptive innovations in or in the context of the financial

services industry induced by IT developments resulting in new intra- or inter- organizational business models, products and services, organizations, processes and systems”8. Mentre, Gomber et altri hanno, a loro volta, definito il FinTech “as initiatives in the financial sector

that are challenging established roles, business models and service offerings by introducing technology-based innovations”9.

8 Putri W., Nurwiyanta N., Sungkono S., Wahyuningsih T., The emerging fintech and financial slack on

corporate financial performance, 27/06/2019,

(https://www.researchgate.net/publication/334076861_The_emerging_fintech_and_financial_slack_on_corpo rate_financial_performance), pagg. 349-350.

9 Gomber, P., Koch, J. A., & Siering, M. (2017). Digital Finance and FinTech: current research and future

research directions. Journal of Business Economics, 87, https://doi.org/10.1007/ s11573-017-0852-x15, pagg. 537-580.

(16)

16 Il Financial Stability Board (FSB), istituito nel 2009 allo scopo di promuovere la stabilità del sistema finanziario internazionale, migliorare il funzionamento dei mercati finanziari e ridurre il rischio sistemico, il quale definisce il FinTech come “technology-enabled

innovation in financial services that could result in new business models, applications, processes or products with an associated material effect on the provision of financial services”10. La Commissione Europea, invece, fornisce una definizione più generica di FinTech, inteso come “a technology-enabled innovation in financial services, regardless of

the nature or size of the provider of the services”11.

Si tratta di definizioni appositamente vaghe, in quanto, appare prematuro il tentativo di individuare con certezza i confini di un fenomeno ancora in divenire.

Analizzando bene queste definizioni è possibile evidenziare una tendenza abbastanza unanime a qualificare il fenomeno come l’affermarsi e lo svilupparsi della tecnologia finanziaria legata alla digitalizzazione dei servizi finanziari (financial technology o FinTech), considerata da più parti come un fattore dirompente, se non anche disruptive, per il sistema finanziario tradizionale. I principali benefici che possono essere ottenuti dalle imprese che decidono di adottare le tecnologie informatiche emergenti quali l’Intelligenza artificiale, il cloud computing, l’identità digitale, la cybersecurity e Internet of Things (IoT), permette loro:

• una riduzione delle barriere all'ingresso nel mercato finanziario; • l'introduzione di nuovi modelli di business;

• di utilizzare nuovi canali online e nuove modalità di distribuzione;

• l’alleggerimento delle strutture organizzative, rendendole flessibili, snelle ed efficienti;

• una disintermediazione delle attività;

• un’offerta di una gamma più ampia di servizi specializzati, modulari;

• una riduzione dei costi di gestione, potendo ricorrere a più grandi economie di scala; • una riduzione dell’asimmetria informativa, grazie all’enorme quantità di dati che è

possibile reperire;

10 Financial Stability Board (FSB), Implications from FinTech. Supervisory and Regulatory Issues that merit

authorities’ attention, FSB, 2017, pag 7.

11 European Commission. Fintech: a more competitive and innovate European financial sector, Consultation

Document, Investment and Company Reporting, Economic Analysis and Evaluation, Bruxelles: EC, 2017., pag. 4.

(17)

17 • nuove modalità di interazione con i propri clienti che permettono il soddisfacimento

degli stessi in modo diretto e personalizzato

In conseguenza alla portata dei benefici appena citati, stanno cambiando anche i paradigmi dominanti con cui vengono prestati i servizi finanziari tradizionali, determinando una vera e propria rottura in termini di modelli di business applicabili rendendo quelli tradizionali non solo concettualmente superati ma anche in grado di erodere il vantaggio competitivo detenuto dal determinato intermediario finanziario, il quale assisterà ad una progressiva riduzione della propria quota di mercato qualora non apporti adeguati cambiamenti nella struttura e nella modalità con cui svolge il proprio business.

Alla luce di questi fatti appare evidente che la caratteristica propria del FinTech sia proprio la modularità, che lo rende applicabile trasversalmente ad una grande varietà di attività appartenenti a settori per natura anche molto distanti l’uno dall’altro. Tuttavia non è possibile, al momento, arrivare a considerarlo come una nuova industria a sè stante, in quanto rimane circoscritto all’interno del settore dei servizi finanziari. È però certo che questo rappresenti un nuovo componente dell’industria finanziaria.

Il FinTech ha permesso pure la nascita di nuovi intermediari finanziari che, col passare del tempo, hanno iniziato ad operare sempre più in competizione con gli incumbent. Proprio in merito alle imprese FinTech è necessario fare dei chiarimenti, distinguendole da altre imprese che vengono ricondotte, in modo sbagliato, a tale termine come riportato nella Figura 1.6 in modo chiaro. Il riferimento è a quella tipologia di imprese, che a causa del loro ambito operativo, vengono qualificate come financial technology companies quando, in realtà, non lo sono. È il caso questo delle aziende appartenenti al settore tecnologico, anche chiamate Tech (technology companies), le quali sviluppano servizi ed applicativi strumentali per le attività finanziarie. Le imprese Tech dunque non agiscono come competitor degli incumbent, ma costituiscono i fornitori o i partner di questi ultimi per supportarli nel loro sviluppo tecnologico-digitale. La differenza significativa tra le imprese FinTech e le imprese Tech è rappresentata dal fatto che la tecnologia per le prime è uno “strumento”, un fattore produttivo trasversale utilizzabile in diversi ambiti e settori industriali (per questo appartengono all’industria finanziaria), mentre per le seconde la tecnologia è l’oggetto della produzione (perciò rientrano nell’industria tecnologica)12.

12 Schena C., Tanda A., Arlotta C., Potenza G., Lo sviluppo del FinTech Opportunità e rischi per l’industria

(18)

18 Pari modo, costituiscono un’altra categoria le imprese tecnologicamente più avanzate che hanno intrapreso un processo di diversificazione dell’attività, aggiungendo alla loro filiera produttiva uno o più servizi finanziari digitalizzati. Tali imprese vengono chiamate TechFin. Sono, peraltro, molte le imprese nate nell’ambito del settore tecnologico e distributivo che hanno successivamente intrapreso un’espansione verso la prestazione di servizi finanziari. Le TechFin, diversamente dalle FinTech, entrano nel settore finanziario già dotate di una propria clientela, derivante dall’esercizio di attività non finanziarie precedenti ed utilizzano le expertise e il know-how fino ad allora maturato per svolgere le nuove attività di tipo finanziario13. Tali imprese, in virtù della liquidità accumulata nella precedente attività e di una capitalizzazione di Borsa che spesso eguaglia o supera quella di importanti Istituti bancari, vanno a costituire i competitor più temuti sia dagli intermediari finanziari vigilati sia per le imprese FinTech soprattutto se sono delle piccole imprese o delle start-up.

Si parla invece di BigTech, quando si fa riferimento ad imprese di recente affermazione mondiale molto evolute tecnologicamente che hanno un giro d’affari spesso superiore al PIL di numerosi Paesi. Queste sono imprese di grande dimensione operanti a livello internazionale che godono di un consolidato network con fornitori, distributori, istituzioni e clienti, dai quali ottiene una enorme mole di informazioni e dati (BigData) che costituiscono la base del loro successo in ambito finanziario. Queste particolari condizioni permettono alle BigTech di avere delle disponibilità finanziarie talmente ampie da poter arrivare ad offrire a basso costo o addirittura a titolo gratuito determinate tipologie di servizi (dal momento che potrebbero utilizzare i dati ottenuti attraverso questi servizi per una varietà di attività, utili perfino ad essere rivenduti) rendendoli quindi dei competitor molto temuti. Appartengono a questa categoria aziende molto conosciute del calibro di Alibaba, Tencent, Google, Facebook, Apple, Amazon e Microsoft14.

La presenza di queste imprese tecnologicamente più evolute e con un grande potere finanziario ed economico è in grado di alterare l’intero business anche solo incidendo sul grado di concentrazione e contendibilità nel settore finanziario, scalzando la posizione di quasi monopolio detenuta, fino ad oggi, dagli intermediari finanziari tradizionali, incidendo perciò sull’equilibrio dell’intero sistema finanziario.

13 Zetzsche, D.A., R.P. Buckley, D.W. Arner e J.N. Barberis, From FinTech to TechFin: The Regulatory Challenges

of Data-Driven Finance, EBI Working Paper Series, n. 6, 2017

14 Financial Stability Board, FinTech and market structure in financial services: Market developments and

(19)

19 Alla luce della varietà di imprese che hanno visto ampliarsi notevolmente le opportunità di business è dunque evidente che il FinTech influisce in modo significativo sulla stabilità finanziaria in quanto va a modificare la struttura del mercato dei servizi finanziari, cioè modifica l’interrelazione delle imprese in un mercato che impatta sul loro comportamento e la loro capacità di fare profitto, ma modifica anche il numero e la dimensione dei partecipanti al mercato, le barriere all’entrata e all’uscita, l’accessibilità alle informazioni e alle tecnologie. Pertanto gli elementi che è necessario attenzionare, in un’ottica di stabilità del sistema finanziario, sono la concentrazione (la misura in cui il settore è dominato da un piccolo numero di grandi imprese), la contendibilità (la misura in cui la minaccia di nuovi entranti porta ad una maggiore competitività nel settore) e la composizione (le caratteristiche del mercato)15.

È dunque evidente che sul FinTech c’è un grande fermento a livello mondiale, infatti le imprese ivi operanti stanno sviluppando negli ultimi anni attività di finanziamento, di promozione degli investimenti, di gestione del risparmio e di consulenza, sempre più innovative mano mano che si evolvono le tecnologie disponibili. Tuttavia, nella maggior parte delle attività finanziarie maggiormente svolte dalle FinTech non richiedono l’ausilio di tecnologie particolarmente avanzate, quindi sono facilmente replicabili dagli incumbent. Ad esempio le piattaforme di equity crowdfunding, di cui sarà trattato nel capitolo seguente di questo elaborato, effettuano solamente un servizio di pubblicizzazione delle proposte di

15 Financial Stability Board, op. cit., 14/02/2019, pag. 4.

INDUSTRIA FINANZIARIA Intermed. Finanz. vigilati Mercati e servizi finanziari vigilati FinTech TechFin TECH Figura 1.6 : Operatori componenti l’industria finanziaria

(20)

20 investimento da parte delle imprese sul loro sito Web, non facendo passare dalla piattaforma né risorse finanziarie né titoli.

1.3 Tassonomia delle attività FinTech

Nel paragrafo precedente si è cercato di fornire un inquadramento generale del fenomeno cercando di rappresentare nel modo più corretto possibile le novità che sta portando con sé all’interno del sistema finanziario e di conseguenza anche nel sistema economico. Tuttavia, sebbene si parli di FinTech come se fosse un fenomeno manifestatosi solo di recente, questo è ai noveri della cronaca ormai da almeno una decina di anni. Forse questa comune tendenza può essere ricondotta al fatto che il FinTech non abbia assunto delle precise e definitive “sembianze” cristallizzandovisi, ma al contrario sia una manifestazione mutevole, dotata di un’alta versatilità di applicazione nella prestazione di servizi finanziari.

È probabile che proprio questo abbia portato ad evidenti incertezze da un punto di vista definitorio del FinTech, sul quale in molti hanno tentato di apportare un contributo ma sul quale non si è, ad oggi, ritenuto prioritario inquadrarlo scientemente. Lo stesso discorso è replicabile per le attività coinvolte dal FinTech, le quali non sono state oggetto di una precisa tipizzazione che andasse a costituire uno standard comune, bensì sono state individuate in modo empirico.

Prima di arrivare a vedere quelle che sono le classi di attività è necessario riprendere un concetto introdotto nel primo paragrafo. Le condizioni che hanno favorito lo sviluppo del fenomeno del FinTech sono costituite, oltre che dalle contingenze economiche legate alla crisi finanziaria e al ridursi dei margini di profitto delle attività di prestito e di investimento, da un background tecnologico che stava divenendo sempre più dinamico, nel quale si andavano già a sviluppare sistemi computazionali, meccanismi di apprendimento automatico, intelligenza artificiale, grande accessibilità e disponibilità di dati a livello macro e a livello individuale e si vedeva la nascita delle prime piattaforme sulle quali scambiare informazioni.

In quegli anni si è “avviato il motore” della digitalizzazione dell’economia che si è propagata a livello globale, ponendo in una posizione di primaria importanza le informazioni, in quanto costituiscono la componente fondamentale per lo sviluppo delle attività legate alla digitalizzazione della finanza.

(21)

21 Dunque le imprese FinTech per poter svolgere adeguatamente le loro attività devono possedere dati in grande quantità e di qualità, in quanto questi costituiscono non solo un fattore critico di successo ma anche il requisito di operatività.

Questa importanza dei dati ha dato origine a quella che viene chiamata data-driven economy, nella quale gli attori creano, raccolgono (BigData capture), immagazzinano (BigData Sotrage), analizzano (BigData analitics) e utilizzano (BigData utilization) ingenti quantitativi di dati e sulla base delle risultanze che ottengono, offrono varie tipologie di servizi come quelli riportati nel prosieguo.

La logica conseguenza di quanto appena visto è che tanto maggiori sono le quantità e qualità dei dati posseduti dalle imprese, quanto più queste guadagneranno un vantaggio competitivo sulle concorrenti. La rilevanza del fenomeno è sottolineata da alcune metafore utilizzate in dottrina, quali “data is the oil of the information society”16 o “data is one of the main raw

materials of contemporary economy”17.

Il FinTech strutturando le attività in base ai dati posseduti, ha pertanto rivoluzionato il modo nel quale i fornitori di servizi finanziari lavorano ed interagiscono coi loro clienti. È cambiato il paradigma dominante secondo cui i servizi finanziari venivano forniti, risultando una significante disruption.

Le difficoltà che definiscono l'esatta portata FinTech rendono impegnativo classificare in modo esauriente i servizi da questo coinvolti, per cui si è reso necessario utilizzare dei criteri a cui generalmente si ricorre per fare studi sul tema, attraverso i quali individuare le diverse classi di servizi offerti dalle imprese FinTech, tenendo di conto che molti di questi si collocano a cavallo fra settori e segmenti diversi.

I vari istituti e istituzioni a livello nazionale ed internazionali (Consob, Pwc, Commissione Economica Europea, Osservatorio FinTech italiano), seppur utilizzando una diversa terminologia, innanzitutto distinguono due macro-aree18:

• Aziende Financial Pure: in tale cluster sono contenute tutte le imprese FinTech in senso stretto, ovvero che operano in aree tipiche della catena di valore delle aziende

16 Weber RH, Studer E., Cybersecurity in the Internet of Things: Legal aspects, in Computer Law & Security

Review, vol 32, issue 5, ottobre 2016, university of Zurich, pagg. 715-728

17 Zeno-Zencovich V., Giannone Codiglione G, Ten legal perspectives in the “Big Data Revolution”, 2016,

Concorrenza e mercato, 23, 29-57

18 PWC, Osservatorio Fintech Italia 2019,

(22)

22 Finanziarie. Tale categoria corrisponde a quelle che viene anche individuata come “Attività di intermediazione finanziaria”.

• Altre Aziende: esse operano al di fuori della catena del valore strettamente bancaria ma che si propongono sul mercato con un’offerta innovativa che spesso è strumentale o funzionale all’intermediazione finanziaria.

All’interno della categoria Aziende Financial Pure sono presenti differenti aree operative: 1. Il Crowdfunding, comprende un servizio di prestiti e investimenti nel capitali di

rischio delle imprese cosiddetto lending e equity crowdfunding. Quest’ultimo comprende tutte quelle soluzioni tecnologiche in merito ai servizi di finanziamento, sia tramite prestiti (lending) o tramite investimenti nel capitale proprio (equity) indirizzati soprattutto alle PMI e start-up. Le forme moderne prevedono l’utilizzo di piattaforme sulle quali riunire un crowd composto dalle unità in surplus e dalle unità in deficit, che in questo modo si incontrano in modo più facile.

Fanno parte delle piattaforme Lending ed Equity: P2P consumer lending, P2P business lending, equity-base crowdfunding, reward-based crowdfunding, donation-based crowdfunding, debt-donation-based securities, mini-bonds, profit sharing.

2. Payments, Transfers & Forex, comprende soluzioni innovative di trasferimenti di pagamento e di denaro, nonché le strettamente correlati sistemi di cambio delle valute estere. Vi sono compresi anche servizi a valore aggiunto come quello delle collette e pagamento delle bollette, quello di mobile wallet. I servizi più diffusi sono: mobile wallets, P2P mobile payments, scambi di valuta estera, pagamenti in tempo reale. 3. Digital Currencies, valute digitali, noti anche come 'monete virtuali' o 'crypto

currencies' può essere definito come 'una rappresentazione digitale del valore, non emesso da una banca centrale, istituto di credito o istituto di moneta, che in alcune circostanze può essere usato come alternativa a money'. Il loro valore è determinato dalla legge della domanda e dell'offerta, basandosi su possibili scambi per gli altri beni o valute sovrane. La fornitura (creazione di nuove unità) è spesso gestito da algoritmi informatici, che contribuiscono a creare la scarsità di mantenere value. La caratteristica comune delle diverse valute digitali è l'uso di DLT per gestire gli scambi di valore. Gestione valute digitali comprende servizi come pagamenti cripto valuta, portafogli cripto valuta, scambio e soluzioni di trading per cripto valute.

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23 4. Wealth & Asset Management, la ricchezza e la gestione delle risorse coinvolge quei servizi volti ad aiutare i clienti ad ottimizzare il rendimento delle loro attività. Di solito combinano consulenza finanziaria e di investimento, così come altri servizi quali la consulenza fiscale o pianificazione della pensione. I servizi FinTech in questo campo sono focalizzati sulla fornitura di consulenza automatizzata basata (robo-advisor) basata quindi su algoritmi.

5. Personal Finance Management, comprende servizi di consulenza e strumenti per una gestione autonoma delle finanze delle piccole imprese o per comprendere meglio le condizioni sottostanti le diverse modalità di impiego delle stesse.

La seconda macro-area è riferita alle attività svolte dalle imprese Tech che hanno un’offerta innovativa, di interesse per il mondo finanziario, ma che non svolgono attività di intermediazione bancaria. Tali servizi sono spesso fondamentali per lo sviluppo delle attività svolte sia da FinTech, sia da intermediari e mercati finanziari, per cui analizzare significa cercare di comprendere l’evoluzione del mercato e le prospettive di sviluppo delle attività finanziarie. Questo cluster contiene le seguenti aree operative:

1. Aziende Technology Enabler, che posseggono un’offerta puramente tecnologica in grado di fornire soluzioni che possono essere integrate nei modelli di business delle imprese finanziarie. Forniscono servizi di BigData, rating o scoring, chatbot, digitalizzazione dei processi, blockchain o DLT (Distributed Ledger Technology).

ALTRE

AZIENDE

Tech Enabler

Cyber

Security

RegTech InsurTech

Figura 1.7: I servizi offerti dalle imprese FinTech

Fonte: PWC, Osservatorio FinTech Italia, 2019

AZIENDE

FINANCIA

L PURE

Crowd

funding

Payments

Transfers

& Forex

Digital

Currencies

Wealth

&

Assets

Manag.

PFM

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24 2. Cyber security, aziende che lavorano nell’ambito dell’antifrode bancaria, nei servizi di security delle applicazioni web e mobile, nella compliance e protezione dei dati personali. Le imprese che operano in tale categoria possono offrire anche servizi di predictive intelligence, artificial intelligence.

3. InsurTech, piattaforme che offrono alle imprese soluzioni tecnologiche utili allo sviluppo delle loro attività come ad esempio app per l’acquisto di polizze, sistemi informatici per la valutazione di rischi e danni, possibilità di fornitore un alto grado di customizzazione delle polizze o fornire delle micro-polizze istantanee. Tra le principali attività si hanno: le piattaforme di comparazione dei servizi assicurativi, assicurazioni P2P, assicurazioni in base all’utilizzo, assicurazioni on-demand. 4. RegTech, sono tutte quello società la cui innovazione mira ad aiutare le imprese ad

essere in regola con le diverse normative e a comprendere come le regolamentazioni possano essere usate per rendere più efficienti le stesse organizzazioni. Posseggono delle applicazioni che consentono agli intermediari finanziari vigilati e alle imprese FinTech di verificare in tempo quasi reale l’impatto della regolamentazione sulla propria attività, coi rischi ed opportunità che ne possono conseguire.

Per concludere, nella figura 1.8 possiamo osservare una classificazione dei servizi FinTech in base all’ammontare di investimenti che ricevono a livello mondiale. In testa alla classifica ci sono i servizi bancari (che comprendono depositi e le piattaforme di Lending e Equity) che raccolgono circa $20 miliardi. La categoria dei pagamenti e dei trasferimenti di moneta, nonostante costituiscano la primaria attività in cui il FinTech si è affermato, ricopre la seconda posizione della classifica con un sostanzioso gap in termini di finanziamenti ricevuti. $20,1 $8,0 $7,7 $6,0 $3,6 $2,8 $2,0 $1,7 $0,0 $5,0 $10,0 $15,0 $20,0 $25,0 Cro wdfu n d in g P aym en ts , Tran se rs & Fo rex Enab ler We alth & In ve stme nt M an ag . P erso n al Fi n an ce M an ag . In su rTec h O th er Cu rren cy

Figura 1.8: Investimenti totali nel settore FinTech per categoria di servizio ($B)

(25)

25

1.4 I rischi derivanti dal FinTech

Si è appena concluso un excursus delle tipologie di attività finanziarie coinvolte dal FinTech che vengono svolte tanto dalle imprese FinTech pure quanto dagli altri Ifv. È stato un modo per vedere quanto la tecnologia è riuscita modificare il sistema finanziario.

A fianco dei grandi benefici, via via riportati precedentemente nel presente elaborato, apportati dall’applicazione della tecnologia digitale alla finanza sono inevitabilmente molti i rischi in cui incorrono le imprese che intraprendono tali tipologie di attività attraverso i nuovi canali. I rischi fanno parte della natura delle attività finanziarie e l’applicazione dell’innovazione tecnologica in tale ambito ne porta con sé di ulteriori e anche di più intensi, soprattutto di tipo operativo e strategico. Dunque la prestazione di servizi finanziari ad alto contenuto di tecnologia da parte delle imprese FinTech fa sì che i rischi afferenti alle attività finanziarie e quelli relativi alla innovazione tecnologica vadano a sommarsi tra loro.

Ovviamente non è detto che ogni impresa che si occupa di FinTech sia colpita da ognuno dei rischi in cui potenzialmente può incorrere. L’esposizione ai rischi dipenderà dalla tipologia e dal numero di attività svolte, dal tipo di tecnologia adottata, dalle protezioni adottate soprattutto in tema di rischi informatici (cyber risks quali attacchi hacker, virus, blackout server, ...) da parte dei vari operatori.

È tuttavia necessario che il settore FinTech abbia un approccio sistemico del rischio, che vada a costituire una vera e propria filosofia che prevede il governo dei rischi di impresa secondo una logica integrata. Il risk management è individuato come il processo di continua identificazione, misurazione, controllo e mitigazione delle fonti di rischio finalizzato alla loro gestione ottimale, allo scopo ultimo di massimizzare il valore economico dell’azienda. Il corretto governo dei rischi, promuove innanzitutto la continua individuazione delle nuove sorgenti di rischio che possono sottendere all’operatività dell’impresa, in quanto l’evoluzione dei mercati e del business della stessa è suscettibile di modificare le fonti dei rischi che possono condurre alla generazione di potenziali perdite (identificazione). In secondo luogo deve essere promossa l’adozione di un criterio di misurazione dei rischi che sia trasversale all’interno dell’azienda; i criteri adottati dovranno essere coerenti alla natura dei rischi gestiti, in quanto devono fornire una stima esaustiva degli stessi per poi garantire una comparabilità temporale (misurazione). L’adozione di un criterio di misurazione condiviso agevola il meccanismo di controllo dei rischi: tale processo si estrinseca attraverso

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26 la continua verifica che il livello di esposizione al rischio raggiunto dall’impresa sia compatibile coi livello di propensione al rischio definiti dall’alta direzione. Infine, qualora l’esposizione al rischio sia ritenuta eccessiva è necessario intraprendere delle adeguate strategie di mitigazione finalizzate ad una riduzione dei livelli di esposizione, modificazione alcuni assetti strategici dell’impresa oppure negoziando dei contratti di esternalizzazione dei rischi attraverso delle polizze assicurative. Su questo aspetto si auspica un più veloce sviluppo dell’InsurTech, in quanto potrebbe notevolmente aiutare nello sviluppo gli attori del mercato più fragili e rischiosi come le PMI e le start-up, anche permettendo loro di accedere a condizioni migliori al mercato del credito.

Nell’ambito FinTech, le imprese devono tenere in considerazione della presenza di due categorie di rischi19:

• la prima relativa ai rischi trasversali che possono manifestarsi nella generalità delle attività delle tecnologie finanziare. Fanno parte di questa categoria il rischio operativo, di compliance, strategico, reputazionale e sistemico.

• la seconda categoria si riferisce ai rischi che caratterizzano una determinata classe di attività.

Tra i rischi trasversali vi troviamo:

1. Il Rischio operativo, costituisce una fattispecie rilevante per il FinTech. È definito come il rischio di subire perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi tecnologici interni, oppure da eventi esogeni. Al suo interno si ritrovano rischi quali:

• il rischio legale (tra cui cross-border), nel quali rientrano anche il conflitto di interessi e la frode da parte degli utenti (clienti o terzi),

• rischio ICT (cyber risk, errori o inadeguatezza degli algoritmi, rischi operativi collegati alle terze parti che forniscono servizi).

Il rischio legale è generalmente definito come il rischio di perdite finanziarie connesso a controversie con la clientela, i fornitori ed ogni altra controparte cui l’azienda sia legata da vincoli contrattuali. Per quanto riguarda i conflitti di interesse, da una parte, sono difficilmente individuabili se non dichiarati dall’operatore, dall’altra, un investitore retail potrebbe avere una scarsa percezione e scarsa capacità di valutazione

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27 delle tutele offerte da altri ordinamenti nel caso di attività cross-border. Relativamente al solo caso dell’Equity Crowdfunding, la CONSOB ha provveduto a regolamentare in modo esplicito la formalizzazione e gestione dei conflitti di interesse, prevedendo anche sistemi di indennizzo.

In merito al rischio di frode, le nuove modalità di svolgimento delle attività finanziaria (attività telematica cross-border, utilizzo di dati sensibili sulla clientela, creazione di circuiti virtuali) per la maggior parte non regolamentate, permettono ad una FinTech di assumere comportamenti scorretti o fraudolenti a danno dei terzi. Le frodi possono essere originate dalla clientela o da terzi a danno della FinTech, come nei casi in cui le venga rilasciata una falsa identità o falsi dati di bilancio dell’imprese che ricerca dei finanziamenti oppure anche rubando delle informazioni detenute dalla stessa FinTech (questi sono anche chiamati platform risks).

Il rischio informatico assume primaria importanza con la digitalizzazione delle attività finanziarie, non intendendo solo il fallimento dei sistemi informatici, ma anche di cyber risk20. Mentre il FinTech utilizza la tecnologia per facilitare l’individuazione delle minacce cyber, c’è anche un ovvio potenziale nella nascita di nuove opportunità per i criminali informatici. L’altra accezione di tale rischio è legata alla prematura adozione delle nuove tecnologie in merito alle quali non sono state ancora effettuati sufficienti test. Ovviamente questo rischio può colpire tutte le società che utilizzano risorse/canali informatici e digitali e non solo gli operatori finanziari.

Le aziende che si occupano di attività finanziarie sono già di per sé molto soggette a potenziali attacchi informatici. L’applicazione del FinTech non va a migliorare la situazione in quanto indeboliscono ancora più le società a queste tipologie di rischio in quanto spesso i dati vengono trasferiti da un soggetto ad un altro che possono risiedere in territori dove vigono altri ordinamenti giuridici che possono prevedere un diverso trattamento e protezioni dei dati informatici.

2. Il Rischio di compliance grava su tutte le imprese, anche sulle imprese FinTech, tuttavia risulta molto più contenuto qualora la FinTech non sia assoggettata alla regolamentazione prevista per gli intermediari finanziari vigilati. Ovviamente questo non libera la FinTech dall’osservanza di tutte le altre norme presenti nel paese dove risiede (normativa fiscale, sulla privacy e sulla sicurezza dei dati personali). È

20 FSB (2017), Financial Stability Implications from FinTech, Supervisory and Regulatory Issues that Merit

(28)

28 evidente che data la recente nascita di questo fenomeno, le imprese che rientrano in tale ambito abbiano una regolamentazione molto più leggera, fatta di norme più semplici e meno onerose.

Spesso le FinTech approfittano del ritardo di adeguamento normativo di alcuni paesi per stabilirvisi pur mantenendo rapporti con la clientela situata anche i paesi più evoluti (effettuando un arbitraggio regolamentare). Questo è reso possibile dall’utilizzo di piattaforme online, agendo quindi cross-border. Proprio operando cross-border si fa più complicata la gestione del rischio di compliance.

3. Il Rischio strategico, fa riferimento alla possibilità che l’attività aziendale non sia in grado nel futuro di generare i flussi di cassa preventivati, a causa di una valutazione errata delle aspettative del mercato circa lo sviluppo dell’ambiente competitivo. Una non corretta pianificazione strategica mina alla base la capacità dell’impresa di saper cogliere delle importanti opportunità derivanti sia dal mercato sia dall’innovazione tecnologica, logorando il vantaggio competitivo detenuto21.

4. Rischio reputazionale, è quello che più spinge le FinTech a dotarsi di una autoregolamentazione nella gestione dei processi produttivi e dei rischi, nel caso in cui in Paese in cui si trovano non si dotato di una normativa evoluta. Il ricorso ad una certificazione sui processi, una automazione delle procedure interne, la presenza di presidi volti ad aumentare la trasparenza nei confronti di investitori, finanziatori, prenditori di fondi nonché autorità di vigilanza, l’adozione di presidi sempre più aggiornati per la protezione e il trattamento dei dati, possono avere un effetto di mitigazione dei rischi reputazionali e degli altri rischi operativi.

5. Rischio sistemico, può essere può essere definito come il rischio che il manifestarsi di un determinato evento possa provocare cambiamenti nella struttura di un sistema economico o finanziari. Lo sviluppo del FinTech può generare diversi rischi che possono impattare in modo tale da destabilizzare l’attuale sistema finanziario. La FSB nel suo report “FinTech and market structure in financial services”22 ha evidenziato tre punti chiave nell’analisi tra la struttura del mercato e le innovazioni tecnologiche: il rapporto tra gli incumbent e le imprese FinTech sembra essere di tipo complementare e cooperativo; l'impatto sulla concorrenza che possono avere in

21 OICV-IOSCO, IOSCO Research Report on Financial Technologies (Fintech), February 2017.

22 FSB, FinTech and market structure in financial services: Market developments and potential financial

(29)

29 misura maggiore le BigTech anziché le imprese FinTech23; affidamento a terze parti che forniscono servizi (cloud computing, financial market data).

Il FSB conclude che mentre le implicazioni derivanti dall’operare di imprese FinTech o dei fornitori di servizi nel sistema finanziario generalmente influiscono in minima parte sulla stabilità finanziaria, questo potrebbe non valere se parliamo delle BigTech, dato l’enorme potere di mercato che possono arrivare a detenere. Al momento questi tre aspetti non costituiscono un rischio nella maggior parte delle giurisdizioni, tuttavia possono divenire dei problemi per tre motivi:

• Le nuove tecnologie introdotte negli ultimi anni e l’impulso fornito dall’open banking potrebbe cambiare in fretta la dinamica della concorrenza;

• I cambiamenti nei business model possono verificarsi più rapidamente rispetto al passato, a seconda della pressione delle aziende BigTech;

• La focalizzazione della tecnologia sia dei nuovi operatori sia degli incumbent può portare ad una nuovo dimensione dei rischi operativi.

Per quanto riguarda la seconda categoria, molte delle imprese FinTech posseggono delle piattaforme digitali di intermediazione creditizia/finanziaria sia di tipo peer-to-peer sia basate su modelli di crowdfunding, nate con la finalità principale di finanziare progetti imprenditoriali creativi derivanti soprattutto da soggetti quali le PMI e le start-up che hanno un importante fabbisogno finanziario, il quale non riesce ad essere soddisfatto in modo pieno dai tradizionali canali di finanziamento (credito bancario).

Nonostante tale tema sarà oggetto del prossimo capitolo, è necessario riportare in questa sede quelli che sono i rischi nei quali possono imbattersi le FinTech basate su piattaforme on line. Innanzitutto per le piattaforme che si propongono come marketplace, quindi come luogo che facilita l’incontro tra prenditori di fondi e investitori, ma in genere possiamo parlare di domanda e offerta, si manifesta: Da una parte il rischio di una non corretta valutazione dei progetti presentati, nonché della valutazione della stessa PMI o start-up promotrice del progetto. Tali imprese, essendo in larga parte non quotate, non sono di facile valutazione e quindi risulta difficile ricavarne il giusto merito creditizio e

23 Dirk Zetzsche, Ross Buckley, Douglas Arner and Janos Barberis, From FinTech to TechFin: The Regulatory

Challenges of Data-Driven Finance, 2018, New York University Journal of Law and Business, Forthcoming; Carstens A., “Big tech in finance and new challenges for public policy,” speech at FT Banking Summit, 4/12/2018

(30)

30 le piattaforme in genere non sono dotate di strumenti di monitoring e governance adeguati. Per questo i progetti proposti agli investitori sono connotati di un rischio particolarmente elevato.

Dall’altra parte ci potrebbe essere un rischio di appropriatezza dell’investimento, che si manifesta soprattutto nel caso in cui sia la piattaforma a selezionare gli investimenti ritenuti idonei in base al profilo di rischio del cliente datore di fondi per conto del quale effettua l’investimento, il quale spesso non riceve informazioni sulla data azienda. Tali rischi possono manifestarsi maggiormente nei contesti in cui le piattaforme agiscono senza avere un quadro regolamentare adeguato. L’Italia, come sarà visto nel seguito, è un paese che possiamo definire ‘first comer’ per quanto riguarda un puntuale inquadramento normativo, di tale attività FinTech.

È evidente però che se si propagasse l’opinione che investire su tali piattaforme comporterebbe delle perdite importanti, queste non potrebbero che andare verso una veloce scomparsa. Onde evitare ciò e tutelare la propria reputazione, le piattaforme di finanziamento adottano una logica di self regulation, creando un network di competenze in ambito finanziario, aziendale ed informatico volte ad una migliore preparazione delle proposte di progetto, dei meccanismi di preselezione delle aziende e profilazione dei clienti investitori al fine di effettuare un matching.

Affianco a questi rischi connessi, magari, ad una non adeguata preparazione tecnica da parte delle imprese FinTech, ci possono essere rischi riconducibili ad un illecito comportamento che i vari attori possono tenere attraverso questo canale. Le caratteristiche alle quali il Crowdinvesting deve il proprio successo possono anche renderlo assai attrattivo per le organizzazioni criminali (soprattutto quando non solo assoggettare ad una normativa e a dei controlli): operatività a distanza, (anche cross-border); limitata o inesistente due diligenze sugli ideatori dei progetti e sugli stessi progetti; breve durata degli investimenti; possibilità di fenomeni di early redemption degli investimenti.

È possibile pure che la nascita di accordi collusivi tra ideatori del progetto e gli investitori, oppure ancora tra gestori della piattaforma e investitori, finalizzati a ‘pulire’ i fondi di provenienza illecita, possa risultare connessa all’utilizzo di piattaforme improntate al principio del cosiddetto “all-or-nothing”. Questa tipologia di piattaforma potrebbe prestarsi a schemi criminali finalizzati all’occultamento e al lavaggio di capitali illeciti, infatti può

(31)

31 capitare che i fondi di origine illecita vengano prestati in misura tale da non raggiungere il target di raccolta predefinito, in modo tale da dare avvio ad una loro pronta restituzione.

1.5 Il ruolo della regolamentazione

Il FinTech sta già producendo notevoli vantaggi ai consumatori e agli investitori, alle società di servizi finanziari e alle infrastrutture del mercato finanziario, alla stabilità finanziaria e all'inclusione finanziaria. Tuttavia, la veloce diffusione dell’utilizzo di soluzioni FinTech e tecnologie emergenti comporta rischi, sia perché la regolamentazione e la vigilanza non sempre rispondono in modo altrettanto celere, sia perché il legislatore non ritiene necessario (o ritiene dannosa) uno specifico inquadramento del fenomeno nell’ordinamento.

Ad oggi sono in atto dei processi di regolamentazione in merito ad alcune attività coinvolte in modo particolarmente innovativo dal FinTech, ne è un esempio l’attività che sta svolgendo l’Unione Europea a livello sovranazionale. Infatti risale al 2015 l’ “Action Plan on Capital Markets Union” volto alla creazione di un più robusto ed integrato Sistema finanziario a livello di Unione Europea oppure il “FinTech Action Plan: per un settore finanziario europeo più competitivo e innovativo” del 2018. Queste indicazioni di normatizzazione stanno riscontrando un’applicazione abbastanza lenta da parte degli Stati membri dell’Unione (anche se ci sono delle importanti eccezioni, come quella italiana).

Negli anni vari enti e istituti che operano tanto a livello nazionale quanto a sovranazionale che sono legati al mercato finanziario hanno condotto diversi studi ed analisi, mettendo in luce non solo che lo sviluppo di nuovi operatori non regolamentati incrementano l’intensità dei rischi, ma anche che gli interventi normativi intrapresi a livello di singolo ordinamento hanno una scarsa efficacia se si considera che spesso le imprese FinTech operano anche in modalità cross-border.

Inizialmente, a livello europeo e globale si è inteso concentrarsi sui benefici derivanti dal FinTech, tra cui la maggiore inclusione finanziaria, la diversificazione dei canali di reperimento delle risorse finanziarie, la pressione concorrenziale sugli incumbent. Dunque si è cercato di sostenere la crescita e l'adozione di nuovi approcci promossi dai nuovi operatori.

In un secondo momento ha iniziato a maturare un dibattito in merito alla necessità o meno di provvedere ad una regolamentazione per assicurare condizioni di sana, prudente, corretta

(32)

32 ed efficiente gestione, non solo degli attori coinvolti da questo fenomeno, ma anche della fondamentale stabilità sistemica. Viene sostenuto di frequente la non necessità di assoggettare ad una puntuale normativa il FinTech o comunque di prevedere regole meno stringenti di quelle imposte agli Ifv, sia col fine di non opprimere lo sviluppo, l’innovazione e la concorrenza all’interno del sistema finanziario promossa dalle start-up, sia nella convinzione della scarsa rilevanza degli effetti sistemici che possono essere determinati da crisi di imprese FinTech di tale dimensione24. Tuttavia, è ormai palesemente evidente la presenza nel contesto finanziario di operatori di medie e grandi dimensioni che possono raggiungere anche posizioni dominanti di mercato, quindi in grado di incidere sulla stabilità finanziaria attraverso il loro comportamento, a scapito degli Ifv che risultano svantaggiati dalla diversità di trattamento normativo, soprattutto se si tratta di intermediari di piccole dimensioni che applicano soluzioni tecnologiche.

Inoltre si evidenzia che la presenza di operatori finanziari che agiscono al di fuori di un ambito di controllo favorisce, come si è visto, il diffondersi di attività illecite o frodi che rischiano di danneggiare le imprese che ricercano fondi e gli investitori, rischiando di minare la fiducia che questi ripongono nei nuovi strumenti finanziari, compromettendo il sistema dei pagamenti, il funzionamento del mercato e dunque la struttura finanziaria coinvolgendo anche gli Ifv, le imprese in genere e, in ultima istanza, le famiglie.

Se già questo non bastasse a spingere le autorità competenti ad intraprendere un comune processo di inquadramento normativo del FinTech, dovremmo essere sempre memori delle cause determinanti la crisi finanziaria del 2008 proprio perché questa fu determinata in modo decisivo da operazioni finanziarie e soluzioni societarie realizzate al di fuori di presidi di controllo producendo effetti recessivi in tutto il mondo che ancora oggi permangono in molte delle economie dei paesi occidentali.

Per tutte queste motivazioni è auspicata una definizione regolamentare in grado di inquadrare in modo opportuno gli aspetti dello sviluppo che sta caratterizzando il sistema finanziario globalizzato ed interconnesso, in modo tale da beneficiare delle innovazioni tecnologiche e anche mantenere il mercato sicuro per gli investitori. In tal senso l’Autorità Europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha ribadito che “le azioni della Commissione Europea volte a rendere il quadro normativo più spinto a sostenere l'innovazione nel mercato finanziario non dovrebbero essere condotte a scapito della

24 European Commission , Consultation document - Fintech: A more competitive and innovative financial

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