• Non ci sono risultati.

Metafore del corpo postumanista: Michel Serres

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Metafore del corpo postumanista: Michel Serres"

Copied!
112
0
0

Testo completo

(1)

N. ???

Collana diretta da Salvo Vaccaro e Pierre Dalla Vigna

comitatoscientifico

Pierandrea Amato (Università degli Studi di Messina), Stefano G. Azzarà (Uni-versità di Urbino), Pierre Dalla Vigna (Uni(Uni-versità degli Studi “Insubria”, Varese), Giuseppe Di Giacomo (Sapienza Università di Roma), Raffaele Federici (Univer-sità degli Studi di Perugia), Maurizio Guerri (Accademia di Belle Arti di Brera), Salvo Vaccaro (Università degli Studi di Palermo), José Luis Villacañas Berlanga (Universidad Complutense de Madrid), Valentina Tirloni (Université Nice Sophia Antipolis), Jean-Jacques Wunenburger (Université Jean-Moulin Lyon 3), Micaela Latini (Università degli Studi di Cassino), Luca Marchetti (Sapienza Università di Roma)

I testi pubblicati sono sottoposti a un processo di peer-review

MIMESIS / ETEROTOPIE

(2)
(3)

MIMESIS

O

rsOla

r

ignani

“METAFORE” DEL CORPO

“POST-UMANISTA”:

(4)

MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine) www.mimesisedizioni.it mimesis@mimesisedizioni.it Collana: Eterotopie, n. ?? Isbn: 97888575xxxxx © 2018 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI)

(5)

INDICE

1. LaviadeLLe “metafore”: emergenze “post-umaniste”

deLcorpo, atto ii xxx

2. L’aLga, ibatteLLi, Laprua: “metafore” acquatiche

deLcorpoin micheL serres xxx

a. Come un’alga sul fondo dell’acqua xxx b. I battellini che galleggiano senza affondare e la prua

della storia exo-darwiniana xxx

3. iLtronco: una “metafora” vegetaLedeLcorpo

in micheL serres xxx

a. Il nostro tronco senza rami dalle ramaglie culturali xxx

b. Metaforica-mente xxx

4. iLcorpo “post-umanista” (eiL “post-umanismo”)

(6)
(7)

mio padre, da là, mi guarda; mia madre e Carlo mi tengono saldamente la mano; Elisabetta con-divide la mia randonnée: A TUTTI LORO

(8)
(9)

L’homme ne peut plus se concevoir comme un être dont la position est acquise.

M. Serres, Pantopie Nous espérons sans cesse que penser compensera notre claudication.

M. Serres, Le Gaucher boiteux Bâtir des ponts en dur, premier travail; penser des ponts doux, deuxième œvre. En lancer entre les seconds et les premiers, ouvrage final. Ponter, en général, devient une activité si large qu’elle recouvre, peut-être, le projet humain, en ce que notre corps même ponte la chair et le verbe. Homo pontifex.

(10)
(11)

1.

LA VIA DELLE “METAFORE”:

EMERGENZE “POST-UMANISTE” DEL

CORPO, ATTO II

In un libro del 20161 individuavo, tramite l’assunzione della

ri-flessione di Michel Serres sul corpo quale “piano orizzontale” di verifica/approfondimento, il corpo in neutralizzazione sul piano dell’essere e in riattivazione sul piano dei modi2, nell’ambito di

un “post-umanismo” (filosofico) che emergeva complessivamente come cambiamento oggettivo della condizione umana, percezione di questo cambiamento, mutamento della percezione della stessa condizione umana, tematizzazione/gestione di tali cambiamenti3, 1 O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi

“orizzontale” via Michel Serres, Mimesis, Milano 2016. 2 Sulla logica dei modi in Serres si veda infra il presente Capitolo. 3 Sono giunta a raccogliere queste “emergenze” generali del

“post-umani-smo” attraverso la constatazione della sua “problematicità” (generata in gran parte dall’intrinseca eterogeneità), della sua “problematizzazione” (riflessione critica e/o messa in discussione), della sua non esastività, del-la sua incompiutezza. Una carica di “ambiguità” peraltro che ho potuto riscontrare già solo nella varietà delle grafie e delle denominazioni utiliz-zate: ho trovato scritto post-umanismo, post/umanismo, post umanismo o postumanismo; così come mi sono imbattuta in post-umanesimo, post/ umanesimo, post umanesimo o postumanesimo e quindi in post-uomo, post/uomo, post uomo, postuomo o in post-umano, post/umano, post umano, postumano; epifenomeni, tutti, evidentemente, di molteplici e differenti sfumature interpretative e torsioni concettuali riferibili appun-to a una prospettiva composita ed eterogenea. Nel collegamenappun-to, con un trattino, del prefisso con il sostantivo o l’aggettivo ho ravvisato l’intento di istituire tra i due un nesso di contiguità e di comparazione pur man-tenendoli distinti; distinzione che mi è sembrata parzialmente bypassa-ta nella grafia che introduce una barratura tra il prefisso e il sosbypassa-tantivo o l’aggettivo, completamente bypassata nella grafia unita, e che invece mi è parsa enfatizzata nella grafia separata. Scelte concettuali e

(12)

inter-12 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres oltre che come confluenza, per così dire, di “post-umano” quale condizione e dimensione e di “post-umanismo” quale approccio filosofico4. Un “post-umanismo” di cui peraltro lo stesso corpo si pretative diverse spesso mi sono apparse implicate anche nell’impiego dei termini umanesimo o umanismo – abbinati al prefisso post- –: nel primo caso mi è sembrata prevalere la volontà di stabilire un paragone/ nesso specificamente con l’antropologia umanista, mentre nel secondo il riferimento comparativo mi è apparso o storicamente più dilatato oppu-re costituito dalla parabola della “modernità” in senso lato. Parimenti la scelta dell’uso di post-uomo (post/uomo, post uomo, postuomo) e quella invece dell’uso di post-umano (post/umano, post umano, postumano) mi sono parse orientate ad assumere come focus di riflessione, la prima, la specie biologica – cioè appunto il post-uomo – che, ibridandosi con le tecnologie, andrebbe a succedere a homo sapiens, la seconda, piuttosto i processi antropo-poietici presenti/futuri e passati. Non mi sembra qui comunque il caso di richiamare esempi di utilizzo delle diverse grafie, poiché sono facilmente riscontrabili nella letteratura più diffusa e nota sull’argomento. Per quanto riguarda la presente ricerca, il tipo di grafia che impiego – “post-umanismo” – è quello che ho utilizzato in preceden-za, poiché il presupposto teorico che mi guida è il medesimo e cioè che le prospettive di comprensione dell’uomo messe in campo dal dibattito cosiddetto “post-umanista” presentano a livello generale “discontinuità/ cambiamenti” rispetto a una considerazione dell’uomo stesso come forza normativa immanente, forse anche perché qualcosa, di fatto, è cambiato. E quindi: le virgolette, per restituire la problematicità di qualsiasi defini-zione perentoria, che potrebbe rivelarsi riduttiva; il trattino tra il prefisso e il sostantivo, per rendere un nesso di contiguità – al momento secondo me ineliminabile – tra i due, pur preservandone la distinguibilità, cioè per esprimere una relazione di “differenza” e/o “analogia”; umanismo – dopo il post- –, per non circoscrivere il “riferimento” al solo Umanesimo storico. Per una valenza di post-umanesimo e post-umanismo in certo modo differente da quella con cui impiego questi stessi termini si veda M. Andreozzi, Dall’antispecismo al post-umanesimo: verso un paradigma morale non-antropocentrico, in B. Accarino (a cura di), Antropocentrismo e post-umano. Una gerarchia in bilico, Mimesis, Milano 2015, pp. 43-60. Sulle possibili valenze del post- in “post-umano” si veda R. Bonito Oliva, Il post-umano tra aspettative e resistenze dell’umano, in B. Accarino (a cura di), op. cit., pp. 157-175.

4 Se è ormai per così dire invalsa la “distinzione” tra “post-umano” come condizione e dimensione e “post-umanismo” come approccio/teoria filo-sofica (ma si parla anche, oltre a ciò, di “post-umanismo” critico, culturale ecc.) che più si addice a studiare/pensare l’antropocene, ora, in questa sede, pur nel riconoscimento della piena validità di tali differenziazioni

(13)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 13

rivelava elemento nevralgico, (s)nodo, suscettibile perciò di

ulte-e/o specificazioni, mi sento di considerare “post-umano” e “post-umani-smo” per così dire in convergenza – faccio sempre comunque riferimento al “post-umanismo” (in senso) filosofico –. Su tali questioni si vedano, tra gli altri, i recenti R. Marchesini, Possiamo parlare di una filosofia postumanista?, in “Lo Sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 27-50 e F. Ferrando, Postumanesimo, transumanesimo, antiu-manesimo, metaumanesimo e nuovo materialismo: relazioni e differenze, in “Lo Sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 51-61. Osservo inoltre, come ho fatto d’altra parte anche nel lavoro del 2016, che “post-umano”/“post-umanismo” e “post-umanista” sono termini con una lunga storia alle spalle, che sembra abbiano però ricevuto attenzione solo in tempi abbastanza recenti in particolar modo nell’ambito filosofico dell’ultimo ventennio che li ha fatti oggetto di nuove e variegate teorizza-zioni. Tra le pubblicazioni, oggi molto numerose, che presentano il tema sotto svariate angolature, vale dunque la pena di citare per lo meno: N.K. Hayles, How We Became Posthuman. Virtual Bodies in Cybernetics, Li-terature, and Informatics, University of Chicago Press, Chicago 1999; N. Badmington, Posthumanism, Palgrave MacMillan, London-New York 2000; Id. (a cura di), Theorizing Posthumanism, in “Cultural Critique”, n. 53, 2003, pp. 10-27; E.L. Graham, Representations of the Post/Human: Monsters, Aliens and Others in Popular Culture, Manchester University Press, Manchester 2002; F. Fukuyama, Posthuman Future. Consequen-ces of Biotechnology Revolution, Picador, New York 2002; tr. it. di G. Della Fontana, L’uomo oltre l’uomo. Le conseguenze della rivoluzione biotecnologica, Mondadori, Milano 2002; C. Wolfe, What Is Posthuma-nism?, Minnesota University Press, Minneapolis 2010; S. Herbrechter, Posthumanism: A Critical Analysis, Bloomsbury Academic, London-New York-Sidney 2013; R. Terrosi, La filosofia del postumano, Costa&Nolan, Genova 1997; G.O. Longo, Homo technologicus, Meltemi, Roma 2001; Id., Il Simbionte. Prove di umanità futura, Meltemi, Roma 2003; R. Brai-dotti, Metamorphoses: Towards a Materialist Theory of Becoming, Polity Press, Cambridge 2002; tr. it. di M. Nadotti, In metamorfosi. Verso una teoria materialistica del divenire, Feltrinelli, Milano 2002; Ead., The Pos-thuman, Polity Press, Cambridge 2013; tr. it. di A. Balzano, Il postumano: la vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, DeriveApprodi, Roma 2014; M. Farisco, Ancora uomo. Natura umana e postumanesimo, Vita e Pensiero, Milano 2011; L. Grion (a cura di), La sfida postumanista. Colloqui sul significato della tecnica, il Mulino, Bologna 2012; Id., Persi nel labirinto. Etica e antropologia alla prova del naturalismo, Mimesis, Milano 2012; “aut aut”, n. 361, 2014, La condizione postumana, a cura di G. Leghissa; Id., Postumani per scelta. Verso un’ecosofia dei collettivi,

(14)

14 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres riori incursioni di indagine (“l’avénement d’un nouveau corps est

Milano, Mimesis 2015; “Lo sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di Id., C. Molinar Min, C. Sal-zani; P.A. Masullo, L’umano in transito. Saggio di antropologia filosofica, Edizioni di pagina, Bari 2008; F. Gambardella, L’animale autopoietico. Antropologia e biologia alla luce del postumano, Mimesis, Milano 2010; P.K. Nayar, Posthumanism, Polity Press, Cambridge 2014; F. Ferrando, Il Postumanesimo filosofico e le sue Alterità, ETS, Pisa 2016; Ead., Phi-losophical Posthumanism: A Critical Appraisal, Bloomsbury Academic, London-New York-Sidney 2019; A. Lucci, Umano Post Umano. Imma-gini della fine della storia, Inschibboleth, Roma 2016; A. Pieretti, Il tra-monto dell’umano? La sfida delle nuove tecnologie, Morlacchi, Perugia 2016; T. Macho, Animali, uomini, macchine, in “Lo Sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 27-50; C. Salzani, From Post-Human to Post-Animal: Posthumanism and the ‘Animal Turn’, in “Lo Sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salazani, pp. 97-109; F. Cimatti, Posthumanism and Animality, in “Lo Sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 111-123; I. De Dominicis, L’in-teriorizzazione della tecnica: dal protesico all’estetico, in “Lo Sguardo. net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 127-141; B. Sax, Going Back and Starting Over: The Posthumanism of Shepard, Derrida, Braidotti, and Marchesini, in “Lo Sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 177-184; V. Cavedagna, B. Poccia, Licheni, felci, baobab. Contributo per un’ontologia sympoietica, in “Lo Sguardo. net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 185-200; R. Braidot-ti, H. Hlavajova (a cura di), Posthuman Glossary, Bloomsbury Academic, London-New York-Sidney 2017; L. Caffo, Fragile umanità. Il postumano contemporaneo, Einaudi, Torino 2017; U. Fadini, La vita eccentrica. Sog-getti e saperi nel mondo della rete, edizioni Dedalo, Bari 2009; Id., Dive-nire corpo. Soggetti, ecologie, micropolitiche, ombre corte, Verona 2015. In quest’ultimo volume, che ritengo degno di particolare nota, Fadini, ri-guardo alla questione del rapporto tra l’uomo (corpo) e la tecnica, avanza una proposta che va oltre quella che egli rileva come “polarizzazione” delle attuali posizioni tra l’idea di un declino antropologico e l’idea della possibilità di ripensare, attraverso la presa d’atto delle cause della scissio-ne, modalità differenti di ricomposizione delle due dimensioni che si sono separate (ossia l’idea della necessità dell’attuazione di dinamiche di ibri-dazione sempre più sofisticata), spostando l’attenzione, attraverso un’idea

(15)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 15

quelque chose qu’il faut continuer à scruter, dont nous n’avons pas encore mesuré toutes les conséquences”5); tanto che intendo il

lavo-di “post-umanismo” come “campo lavo-di forze”, sull’“identità” dell’attuale soggetto-di-lavoro. Tale idea del “post-umanismo” come “campo di for-ze”, mutevole, che vede come soggetti necessari la presenza di fattori quali modalità di soggettivazione (forme cangianti di soggettivazione), pratiche di bio-potere, di intervento, dispositivi politici, dispositivi ammi-nistrativi, dispositivi di governance, instabilità del mercato, progressioni tecnologiche (nuovi modi di comunicazione), ossia come molteplicità di fattori di cambiamento della condizione umana, porta l’attenzione a piani di riflessione come appunto quello del soggetto-di-lavoro, con la conseguente individuazione dell’“introduzione” di funzioni produttive e significative all’interno del corpo vivente di quest’ultimo con i connessi effetti sulle qualificazioni anche sociali e politiche di tale soggettività. 5 M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, Le Pommier, Paris

2014, p. 206. Tengo a osservare, anche in questa sede, che nell’orbita del “post-umanismo” gravitano, per così dire, orientamenti “iper-umanisti” e “trans-umanisti”, che, pur condividendone il fronte generale del “ripen-samento” dell’uomo, in certo qual modo se ne distaccano, soprattutto per la loro considerazione (strumentale) del corpo. Dal dibattito “trans-uma-nista” aggetta, infatti, in particolare, l’esaltazione della tensione umana all’auto-superamento, che approda a esiti di “disincarnazione” (mente uploadata nel computer ecc.), per cui il corpo biologico viene a essere considerato come un fardello di cui liberarsi, o in senso concreto emanci-pandosi dalla condizione biologica, o in senso filogenetico emanciemanci-pandosi dall’appartenenza a Homo sapiens. Il corpo, pertanto, assume una funzio-ne meramente strumentale di “traghettatore” della soggettività dalla di-mensione biologica a quella meta-biologica, funzione per adempiere alla quale deve poter contare su un “equilibrio” e su una “stabilità” che può acquisire tramite una riprogettazione tecno-scientifica che lo sottragga alle minacce della vecchiaia e della morte. Questa idea della riprogetta-zione corporea informa del resto anche la prospettiva “iper-umanista”, la cui finalità precipua appare però la ricerca della purezza del corpo stesso, non il suo abbandono. In questo senso, infatti, la tecnologia è chiamata a intervenire sul corpo per procedere a una ri-stilizzazione che lo man-tenga all’interno di una cornice assunta come prototipo, potenziandolo e salvaguardandone al contempo l’integrità rispetto al mondo esterno. Al di là delle articolazioni specifiche, “trans-umanismo” e “iper-umanismo” portano avanti, dunque, complessivamente, l’idea del corpo strumento, in divergenza appunto rispetto alla valenza dimensionale che il “post-uma-nismo” va attribuendo a esso. Non essendo peraltro questa la sede per una ricostruzione né tantomeno per un approfondimento di tali “biforcazioni” dello stesso “post-umanismo”, mi limito a brevissimi cenni storici e a

(16)

16 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres

qualche indicazione bibliografica. Il termine transhuman – forma abbre-viata per transitional human – è stato coniato nel 1966 dal futurologo F.M. Esfandiary, che poi ha mutato il proprio nome in FM-2030 – Are You a Transhuman? Monitoring and Stimulating Your Personal Rate of Growth in a Rapidly Changing World, Warnerbooks, London 1989 –. Nel mondo sono attivi vari gruppi di orientamento “trans-umanista”, tra cui l’Extropy Institute, fondato nel 1992 da Max More (extropia si oppone a entropia) e la World Transhumanist Association (ora Humanity Plus) fondata nel 1998, con David Pearce, da uno dei massimi sostenitori del progetto “trans-umanista”, il filosofo svedese Nick Bostrom. Cfr. in particolare N. Bostrom, The Transhumanist FAQ. A General Introduction. Version 2.1 (2003), consultabile sui siti http://www.transhumanism.org e http:// www.nickbostrom.com; Id., In Defense of Posthuman Dignity, in “Bio-ethics”, a. XIX, n. 3, 2005, pp. 202-214, disponibile anche sul sito http:// www.nickbostrom.com. Per una ricostruzione degli antecedenti storici della prospettiva “trans-umanista” si veda sempre N. Bostrom, A History of Transhumanist Thought, in “Journal of Evolution and Technolgy”, a. XIV, n. 1, 2005, pp. 1-25, consultabile in http://www.nickbostrom.com. Cfr. anche H. Moravec, Mind Children: The Future of Robot and Human Intelligence, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 1988; Id., Robot: Mere Machine to Transcendent Mind, Oxford University Press, Oxford 1998; P.L. Capucci (a cura di), Il corpo tecnologico. L’influenza delle tecnologie sul corpo e sulle sue facoltà, Baskerville, Bologna 1994. Si vedano inoltre R. Marchesini, Dal corpo abitato al corpo dimensione, in Id., Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post-umanista, edizioni De-dalo, Bari 2009, pp. 107-134; C. Tondo, La manutenzione dell’umano. Estendere la vita e vincere la morte nella prospettiva delle tecnoscienze, in B. Bonato, C. Tondo (a cura di), Fabbricare l’uomo. Tecniche e poli-tiche della vita, Mimesis, Milano 2013, pp. 77-109; N. Bostrom, Why I Want to be a Posthuman When I Grow Up, in B. Gordijn, R. Chadwick (a cura di), Medical Enhancement and Posthumanity, Springer, Dordrecht-London 2008, pp. 107-137; M. Maestrutti, Humain, transhumain, pos-thumain. Représentations du corps entre incomplétude et amélioration, in “Journal International de Bioétique”, a. XXII, n. 3-4, 2011, pp. 51-66; Ead., Transumanisti e “bioluddisti”. Quale democrazia e quale etica per il postumano?, in B. Bonato, C. Tondo (a cura di), op. cit, pp. 29-59; R. Manzocco, Evoluzione autodiretta, tramonto della specie umana e alba degli individui post-umani, in “Lo Sguardo.net. Rivista di filosofia”, n. 24, 2017 (II), Limiti e confini del Postumano, a cura di G. Leghissa, C. Molinar Min, C. Salzani, pp. 239-248; A. Allegra, Visioni transumane. Tecnica, salvezza, ideologia, Orthotes Editrice, Nocera Inferiore (Sa) 2017. La trasformazione/riprogrammazione del corpo umano apre un am-plissimo ventaglio di questioni cruciali quali, tra i tantissimi esempi che

(17)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 17

ro che qui propongo6 come il secondo atto della mia ricognizione/te-si possono appunto portare, quella dell’interfaccia uomo/macchina – gli impianti sono percepiti come “normali” dagli interessati? Trasformano l’identità? Dove finisce questo tipo d’interfaccia e dove inizia il cyborg? Cos’è il cyborg? Qual è la percentuale di umano e quella di artificiale in esso? Fino a quando viene preservato l’uomo? I corpi post-mortali, cioè i corpi riplasmati attraverso trattamenti come la plastinazione ecc., sono ancora umani? –, con la correlata questione del ruolo della medicina in quest’interfaccia – dove finiscono le finalità terapeutiche e dove inizia-no quelle migliorative e di potenziamento umainizia-no? –. Su ciò si vedainizia-no: G. Jones, M. Whitaker, Transforming the Human Body, in Ch. Blake, C. Molloy, S. Shakespeare (a cura di), Beyond Human. From Animality to Transhumanism, Continuum, London-New York 2012, pp. 254-279; J. Clausen, Man, Machine and In Between, in “Nature”, a. CCCCLVII, n. 7233, 2009, pp. 1080-1081; G. Gillet, Cyborgs and Moral Identity, in “Journal of Medical Ethics”, a. XXXII, n. 2, 2006, pp. 79-83; K. Warwick, Cyborg Morals, Cyborg Values, Cyborg Ethics, in “Ethics and Informa-tion Technology”, n. 5, 2003, pp. 131-137; R. Kurzweil, The Singula-rity Is Near, Viking, New York 2005; D.J. Haraway, Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, Routledge, New York 1991; tr. it. di L. Borghi, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli, Milano 1995; A. Clark, Natural Born Cyborgs: Minds, Technologies and the Future of Human Intelligence, Oxford University Press, Oxford 2003; D.G. Jones, M.I. Whitaker, Speaking for the Dead: The Human Body in Biology and Medicine, Ashgate, Farnham 2009; Y.M. Barilan, Bodyworlds and the Ethics of Using Human Remains: A Pre-liminary Discussion, in “Bioethics News”, n. 20, 2006, pp. 233-247; T. Walter, Plastination for Display: A New Way To Dispose of the Dead, in “Journal for the Royal Anthropological Institute”, n. 10, 2004, pp. 603-627. Sugli orientamenti “iper-umanisti”, poi, si vedano, tra gli altri, R. Marchesini, Dal corpo abitato al corpo dimensione, in Id., Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post-umanista, cit., pp. 107-134; D. De Ker-ckhove, Brainframes. Technology, Mind and Business, Bosch & Keuning, Utrecht 1991; tr. it. di S. Emanuelli, Brainframes. Mente, tecnologia, mer-cato, Baskerville, Bologna 1993; Id., The Skin of Culture, Kogan Page, London 1995; tr. it. di B. Bassi, La pelle della cultura, Costa&Nolan, Genova 1996; P. Lévy, L’Intelligence collective. Pour un’anthropologie du cyberspace, La Decouverte, Paris 1994; tr. it. di M. Colò, D. Feroldi, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996; Id., Qu’est-ce que le virtuel?, La Decouverte, Paris 1995; tr. it. di M. Colò, M. Di Sopra, Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano 1997. 6 Una precisazione sul titolo del presente volume: “post-umanista” – e non

invece “post-umano” –, allo scopo di esprimere un cambiamento og-gettivo (della condizione) del corpo nonché la tematizzazione di questo

(18)

18 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres matizzazione del corpo nel “post-umanismo”, nonché come il terzo della mia esplorazione/focalizzazione del “post-umanismo” stesso, avviata con una ricerca del 20147.

Il lavoro del 2016 si chiudeva8, dunque, per così dire

nell’aper-tura additando l’“incoativo” generalissimo di un “post-umanismo” in costruzione, di un corpo in costruzione che indica il “post-uma-nismo” in costruzione, di studi che vanno (ri-)costruendo entrambi; cioè suggeriva più o meno implicitamente l’esigenza di conferme e/o di approfondimenti, verso cui ora appunto muovo: sempre via Michel Serres9, ma da un’angolatura differente com’è quella della

“metafora”, non a caso uno dei “tratti” clou dello stile di pensiero serresiano.

La convinzione della scarsa proficuità dell’impiego di approcci fissisti e/o sostanzialisti10 alla questione del corpo nel

“post-umani-smo”, che costituiva uno dei punti di “arrivo” del lavoro suddetto, diviene, infatti, adesso punto di (ri-)partenza, nella presa di consa-pevolezza dell’opportunità dell’assunzione di un registro altro quale può essere appunto quello della “metafora”; via Serres11.

cambiamento, nella “confluenza” di “post-umano” come “condizione” e di “post-umanismo” come “concezione”. Rimando, su questo, anche alle conclusioni di O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit., pp. 87-92.

7 O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, Mimesis, Milano 2014.

8 O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit., p. 92.

9 Nei due volumi sopra citati, di cui questo è, come detto, un’ideale “pro-secuzione”, ho dubitato, e anche in questa sede pertanto continuo a far-lo, della proficuità sul piano euristico del tentativo d’appurare se Michel Serres sia tout court “post-umanista”. Il mio sforzo è stato, ed è, piuttosto quello di vagliare, attraverso una ricognizione delle riflessioni serresia-ne, la portata, la significatività (e il significato), le declinazioni delle idee “cruciali” – ossia emergenti in modo (apparentemente) significativo dall’attuale dibattito “post-umanista” – del “post-umanismo”, per guada-gnare appunto di quest’ultimo una più nitida focalizzazione.

10 Michel Serres, come si avrà modo di vedere specificamente nel Capitolo 2, “sostituisce” la sostanza con la sostituzione.

11 Ripeto che ho lasciato, e lascio, da parte l’appuramento del “post-umani-smo” o meno di Serres stesso, dal momento che lo ritengo un’operazione

(19)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 19

“Metafora” che peraltro metto tra virgolette, intendendola come un grande ombrello aperto su simbolo, similitudine, analogia, al-legoria; un campo di forze, un congegno. Qui non mi propongo di fare una ricostruzione/rassegna del suo uso filosofico né tantomeno di analizzarla “filologicamente”, ma mi limito a considerarla e a im-piegarla semplicemente come traslocatrice di senso, trasferimento di significato, sostituzione12, modo di esprimere una cosa

parago-nandola a un’altra, passaggio dal noto all’ignoto13.

euristicamente poco proficua. Se è difficile, infatti, assodare l’adesione e/o l’appartenenza di un autore a un movimento quando non sia lui stesso a manifestarla o addirittura si ponga come “fondatore” di esso, tanto più lo è nel caso del “post-umanismo”, a motivo della sua “fluidità”. E lo è di più ancora in relazione a Serres che ha sempre riconosciuto il proprio “isolamento” intellettuale nonché la propria “indipendenza”. Ciò che ho cercato, e cerco, di mettere in atto è invece un effetto di reazione tra idee/ emergenze della costellazione “post-umanista”, (in apparenza) significa-tive, e idee/emergenze (apparentemente) “affini” di una voce, quale ap-punto quella serresiana, indubbiamente rilevante nel dibattito filosofico (antropologico) contemporaneo. L’intento, come già detto, è quello di guadagnare una migliore focalizzazione di queste idee/emergenze nonché dello stesso “post-umanismo” nel suo complesso. Sul pensiero di Ser-res ricordo in particolare: A. Crahay, La mutation du Cogito. Genèse du transcendantal objectif, De Boeck, Bruxelles 1988; G. Polizzi, Michel Serres. Per una filosofia dei corpi miscelati, Liguori, Napoli 1990; Id., Tra Bachelard e Serres. Aspetti dell’epistemologia francese del Novecento, Armando Siciliano Editore, Messina 2003; M.L. Assad, Reading with Mi-chel Serres. An Encounter with Time, State University of New York Press, Albany 1999; N. Abbas (a cura di), Mapping Michel Serres, University of Michigan Press, Ann Arbor 2005; O. Rignani, Multidimensionalità e dia-logo… Oltre i “confini”, in Ead., Filosofia, scienza e multidimensionalità. I silenzi urlati delle intersezioni, Mattioli 1885, Fidenza (Pr) 2007, pp. 24-63; Ead., Pagine di paesaggi. Su Michel Serres “paesaggista”, Mattioli 1885, Fidenza (Pr) 2009; Ead., Michel Serres: emergenze e “umanismo incoativo”, in Ead., Umano? Una domanda per Italo Calvino e Michel Serres, Mattioli 1885, Fidenza (Pr) 2012, pp. 109-148; Ead., Michel Ser-res e l’emergenza dell’ominescenza, in Ead., Emergenze “post-umaniste” dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, cit., pp. 19-42; Ead., Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit.

12 Su sostanza e sostituzione cfr. infra.

13 Cfr. F. Rigotti, Metafore del silenzio, Mimesis, Milano 2013, pp. 9-11. È inutile dire che sulle metafore nelle loro “relazioni” con la filosofia le

(20)

po-20 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres E in ciò “utilizzo” la riflessione serresiana, non a caso appunto: perché la “metafora” stricto sensu e lato/metaphorico sensu assu-me, come detto, un ruolo primario, testimoniato tra l’altro dalla sua ricorsività, in un pensiero, qual è quello di Serres, dei passaggi, che “lancia ponti”.

Tanto che il ponte è un simbolo, ma soprattutto il simbolo è un ponte (tra concreto e “astratto” ecc.14); come d’altra parte lo è la

“metafora”, la similitudine, l’analogia, l’allegoria; come lo è l’e-sempio, il personaggio15: per “penser de façon concrète, individuelle

sizioni, le torsioni concettuali ecc. sono sterminate, per cui, qui, mi limito a rimandare solo, a mo’ di esempio, a: H. Blumenberg, Paradigmen zu einer Metaphorologie, in “Archiv für Begriffsgeschichte”, n. 6, 1960, pp. 7-142; tr. it., Paradigmi per una metaforologia, Raffaello Cortina, Milano 2009; A. Borsari (a cura di), Hans Blumenberg. Mito, metafora, moder-nità, il Mulino, Bologna 1999; F. Cossutta, Éléments pour la lecture des textes philosophiques, Bordas, Paris 1989; tr. it., Elementi per la lettura dei testi filosofici, Calderini, Bologna 1999.

14 In un essai de gloserres dell’opera di Serres, P. Rödel, Michel Serres, la sage-femme du monde, Le Pommier, Paris 2016, pp. 156-157, indica pontife come un mot-carrefour, ossia come una parola del linguaggio or-dinario, che nel pensiero serresiano gioca un ruolo cruciale, assume un significato del tutto singolare e costituisce un incrocio di più piste temati-che. Pontife, la cui etimologia rinvia ai termini latini pons e facere, è chi “construit des ponts, c’est-à-dire des relations” (M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 69); anche se poi la Chiesa cattolica ha utilizzato questa parola per designare il Papa, e inoltre, in senso traslato, si dice che pontifica di uno che “sputa sentenze”. È comunque il senso “originario” che Serres privilegia e “utilizza”, al punto da proporre se stesso come colui che cerca di edificare ponti (tra contesti estranei o vicini ecc.). Cfr. in particolare M. Serres, L’art des ponts. Homo pontifex, Le Pommier [Poche], Paris 2013, pp. 8-9 (faccio presente che le mie citazioni sono tratte da quest’edizione tascabile dell’opera, la quale, però, è uscita per la prima volta nel 2008, sempre da Le Pommier, in un’edizione con figure): “Agen, ma ville natale, vit entre deux ponts: le pont-canal, célèbre jadis pour sa voie rare du transport, et le pont de pierre le long duquel je naquis. Un frêle passerelle tierce rythme entre eux, variant sur le thème du passage, puisqu’elle ne porte que le piétons comme sous et sur le premier ne passe que l’eau. Agen n’a qu’un pont en trois personnes. Oubliant ma détestation des pontifes, j’ai toujours voulu bâtir des ponts.”.

15 Serres immagina personaggi nei quali gli avvenimenti cruciali della con-temporaneità e le esperienze nuove dell’umanità prendono forma, corpo e fisionomia. Personaggi che, quindi, nella stragrande maggioranza, non sono

(21)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 21

et singulière”16. “Si je m’interroge sur le corps, je ne considère pas

le concept du corps, mais l’exemple du gardien de but qui attend la balle et se met en état de plonger dans toutes les directions”17: non

tanto e/o solo la via del concetto, quanto l’esempio; non tanto e/o solo, nel caso specifico, il concetto di corpo, quanto il campo di forze, il congegno ponte18 verso il corpo. Non tanto e/o solo dunque suoi “pseudonimi” quanto appunto incarnazioni del divenire del mondo, esseri, al contempo singolari (individui che rappresentano una specie) e universali (sono ovunque attorno a noi), che condensano in sé le meta-morfosi della condizione umana (Hermes, per esempio, è l’uomo dei tempi nuovi nei quali il paradigma della comunicazione rimpiazza quello della produzione), mediatori, luogo-tenenti, inviati a conoscere il mondo (Tiers-Instruit, Anges, Hominescent, Petite Poucette, Thanatocrate, Grand Fétiche ecc.). Forse gli unici personaggi che possono essere considerati alter ego serresiani sono Pantope e il Gaucher boiteux. Il primo, che trae il nome da pan e da topos, incarna, infatti, l’intento/volontà di Serres di esplora-re tutti i luoghi, di faesplora-re il giro del mondo, dei saperi, delle cultuesplora-re, e, per estensione, dà il nome alla “pantopia”, l’utopia di domani che consiste non più nell’immaginare dei luoghi “altri” ma nell’esplorare tutte le possibilità che contiene, potenzialmente, il nostro mondo. Il secondo, mancino come Serres e claudicante com’è lui ora, esprime verisimilmente l’attitudine ser-resiana alla deviazione dai tracciati, alla rottura delle simmetrie alla volta dell’invenzione, della novità, dell’esplorazione del segreto di ciò che avver-rà in futuro. Su questi temi si vedano in particolare M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit. e Id., Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, Le Pommier, Paris 2015; tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, Bollati Boringhieri, Torino 2016. A proposito di quest’ultimo testo, pur nella consapevolezza di “derogare” alle “regole” e senza volere togliere nulla all’ottima traduzione italiana e alla sua importan-za nel veicolare il pensiero di Serres in Italia dove, tutto sommato, è ancora troppo poco conosciuto, preciso che, allo scopo di “far parlare” l’Autore, cito direttamente dall’originale francese, sempre però con il rimando alle pagine corrispondenti dell’edizione italiana.

16 M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 84. 17 Ibid.

18 Per Serres il ponte, per il suo passare attraverso, simbolizza e realizza un metodo, che letteralmente sta, a sua volta, per una strada che passa attra-verso, una traversata: “Or le mot méthode désigne une route qui passe à travers, exactement une traversée. Partie d’un lieu familier, elle conduit vers un autre, inconnu; elle ponte le problème avec sa solution, le savoir à l’ignorance, la recherche et l’invention. Par sa traversée, le pont, inver-sement, symbolise et réalise une méthode. Même paradoxe de blancheur, même simplicité universelle, pour l’une, douce, que pour l’autre, dur. Ils

(22)

22 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres una filosofia “nominative sans déclinaison, infinitive sans conjugai-son, substantive sans substitution, prépositive sans préposition”19,

quanto una filosofia delle proposizioni20, che si gioca in gran parte

negli aggettivi (“jetés à côté du nom”21), nell’avverbio (“placé à côté

du verbe”22), nelle preposizioni (“posées avant”23). Una filosofia che

declina24 i nomi, coniuga i verbi, introduce preposizioni nelle frasi,

ossia inventa dei personaggi, mette in scena dei racconti, cala i con-cetti in avvenimenti o in circostanze25. Una filosofia che raccoglie

demeurent tous deux homogènes, de part et d’autre, à droite et à gauche, alors qu’ils connectent deux lieux sans rapport, l’une par des signes ou des équations, et l’autre par câbles, pierres ou béton.” (M. Serres, L’art des ponts. Homo pontifex, cit., p. 41). Ma il ponte è anche per così dire oggetto del metodo: “Penser le pontage consiste à contempler le monde en son détail et à déployer, dans la globalité, toutes les fonctions de l’uni-vers.”. (Ivi, p. 43).

19 M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 93.

20 P. Rödel, op. cit., pp. 157-158, a giusto titolo considera préposition un mot-carrefour dell’opera serresiana. “Posta prima”, essa ha, infatti, per Serres la funzione cruciale di mettere dinamicamente, “flessibilmente” e inventivamente in relazione – prendendo, in lingue come il francese o l’i-taliano, il posto per così dire della declinazione – elementi che fanno parte di uno spazio multi-dimensionale e che non si escludono reciprocamente. Cfr. anche M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., pp. 93-94; Id., Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., pp. 173-177; tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., pp. 195-199.

21 M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 93. 22 Ibid.

23 Ibid.

24 Come osserva P. Rödel, op. cit., pp. 147-148, déclinaison è in Serres un mot-carrefour derivante dal latino declinare, che indica il deviare, l’allon-tanare, lo scartare, ma anche il derivare, il coniugare. All’origine di decli-nare sta clidecli-nare, inclidecli-nare, pendere, da cui derivano parole quali declino, inclinare, ma soprattutto il clinamen, ossia la deviazione spontanea che, in Epicuro e Lucrezio, consente agli atomi in caduta nel vuoto di incontrarsi e di aggregarsi, dando origine a un mondo. Decisivo è il ruolo che nel pensiero serresiano il clinamen stesso gioca, “facendo sistema” con altri termini quali écart, bifurcation, déclinaison, inclinaison nell’indicare la rottura con la ripetizione monotona e quindi la creazione e l’invenzione. Cfr. anche infra.

25 Della circostanza Serres afferma che “c’est tout ce qui est autour de la stance. ‘Circon-’, ‘-stance’: tout autour de la substance.” (M. Serres,

(23)

Pan-La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 23

cioè quell’intorno che la tradizione filosofica, concentrata sulle so-stanze e sui verbi all’infinito, ha gettato nei rifiuti.

I concetti, la logica binaria, dichiarativa sono poco adeguati a pensare il reale, ma in special modo i fenomeni vitali e storici e soprattutto l’uomo, su cui si può, invece, costruire un discorso nel dinamismo dei passaggi26, delle comunicazioni, così come nella

ne-gazione di attributi definitori/definitivi.

Non però nei termini di un pensiero tout court per negazione, ma di una riflessione, che, rilevando l’obsolescenza e l’inadegua-tezza del repertorio degli attrezzi logici, metodologici, linguistici “tradizionali” (umanistici in senso ampissimo), addita/inaugura una nuova boule d’outils (“metafora”, preposizioni, personaggi ecc.27):

“flexibile et modale, la philosophie épouse enfin réel et vivant”28.

topie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 94) e più specificamente che essa “dit excellement trois choses: l’entourage flou des sujets, objets ou substances, plus éloigné encore que l’accidentel; des aléas très fortement imprévisibles; une histoire délicate de repos et d’équilibres, d’inquiétudes et retours à l’état, d’écarts vers l’environnement fluctuant.” (M. Serres, Les Cinq Sens. Philosophie des corps mêlés-1, Grasset, Paris 1985, p. 326).

26 Passage è un altro dei mots-carrefours serresiani (P. Rödel, op. cit., pp. 154-155): un termine del lessico marinaresco indicante il percorso cercato dall’imbarcazione tra gli scogli o tra le correnti contrarie; un termine che Serres utilizza primariamente nel senso di cammino periglioso di avvi-cinamento tra scienze umane ed esatte, tra domini che la filosofia tradi-zionalmente considera separati e inconciliabili. M. Serres, Hermès V. Le Passage du Nord-Ouest, Les Éditions de Minuit, Paris 1980; tr. it. di E. Pasini, M. Porro, Passaggio a Nord-Ovest, Pratiche, Parma 1985. 27 Cfr. M. Serres, L’Incandescent, Le Pommier, Paris 2003, pp. 151-153. 28 Ivi, p. 318. La logica binaria è valida per certi sistemi dimostrativi, ma

non può essere applicata alla vita, al tempo, all’apprendimento ecc., i quali fluttuano piuttosto appunto in una logica modale a quattro valori: possibile, impossibile, necessario, contingente. “Ce possible, plastique et, d’une certaine manière, totipotent, plonge dans un environnement où il rencontre de l’impossible et du nécessaire pour s’épanouir en contin-gent. Quand l’impossible trie dans le bouquet des possibilités, nous ne surgissons jamais que comme une contingence sculptée de nécessité. Le temps et la vie coulent du et vers le possible, en passant par des couloirs percolants d’impossibilités; le passé y devient tout aussitôt nécessaire, le futur restant possible et le présent contingent. […] La philosophie se délivre ainsi de la logique à deux valeurs.” (Ivi, pp. 152-153). Cfr., tra gli

(24)

24 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres Si tratta pertanto di implementare una riflessione nuova per, lato

sensu, una nuova condizione umana: hominescence in Serres, lo

ricordo, è un incoativo inquieto, che apre un altrove e/o un

altri-menti, che dice cambiamento e “novità” di cui “nous n’avons pas

encore mesuré toutes les conséquences”29; percezione del

cambia-mento oggettivo della condizione umana, ma anche mutacambia-mento della percezione di quest’ultima e tematizzazione/gestione di que-sti cambiamenti30.

Un cambiamento peraltro che, nel riguardare l’umano e l’“interfaccia” uomo/mondo, aggetta significativamente a livello di corpo: percezione del mutamento corporeo oggettivo, così come

altri luoghi su ciò, anche M. Serres, Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., pp. 179-180; tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., pp. 202-203.

29 M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 206.

30 Hominescence esprime/tematizza l’“émergence de liens sans équivalents connus au corps, au monde et aux autres” (M. Serres, Hominescence, Le Pommier, Paris 2001, p. 21). Dice, cioè, sul piano soggettivo, l’emergen-za di una liberazione del/dal corpo: nuove aspettative di vita, un nuovo rapporto col dolore e con la morte che inaugurano “morali della salute” e dell’“immortalità” e pertanto nuove forme di responsabilità nei confronti della durata della vita e della sua qualità. E soprattutto venuta a galla di nuove relazioni con il corpo stesso e di nuovi ruoli della corporeità, per cui l’ambiente prodotto dall’uomo e su cui questi, in un processo di oggettivazione tecnica dei propri organi e delle proprie funzioni, ha per così dire esternalizzato l’evoluzione dello stesso corpo influenza quest’ul-timo per spingerlo verso un’altra evoluzione (su queste tematiche, che costituiscono uno dei fuochi del presente lavoro, si veda infra e passim). Sul piano oggettivo, poi, hominescence dice l’emergenza di un’emanci-pazione dalla dipendenza dalle cose, per cui l’uomo diventa “naturante”, facendo nascere una nuova natura da lui prodotta e peraltro su di lui re-troagente. Infine, sul piano collettivo, hominescence dice l’emergenza di uno svincolamento delle relazioni e delle comunicazioni dalle condizioni spaziali, per cui si abita uno spazio “senza distanza”, qualitativo, topolo-gico, in cui la “concentrazione” (di risorse, informazione ecc.) va cedendo il passo alla “distribuzione” e in cui, con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, il “connettivo” va sostituendo il collettivo. Cfr. an-che O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, cit. ed Ead., Emer-genze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit.

(25)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 25

cambiamento della percezione del corpo e nuovi ruoli di esso, non-ché declinazione/gestione di questi cambiamenti.

Se allora, com’è emerso nella mia ricerca del 201631, la

rifles-sione antropologica serresiana, che appunto “ha a che fare” in gran parte con l’ominescenza, addita/tematizza il virtuel32 come virtù

“essenziale” dell’uomo – il quale per parte sua lo massimizza –, è giocoforza che la domanda sul corpo non consideri (solo) il con-cetto di corpo, cioè che si “emancipi” dal concon-cetto, dall’“astratto” per rivolgersi al personaggio, al concreto, al racconto nelle sue con-tingenze e nei suoi colpi di teatro33, al congegno della “metafora”. 31 Cfr. O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di

analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit., in particolare pp. 88-89. 32 Se virtuel nella riflessione serresiana è un termine “elastico”, che copre un

ampio spettro di sfumature di significato – inter-connesse/inter-implicate –, va comunque tenuto presente ciò che Serres ne dice ne Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., pp. 180-181; tr. it. di C. Tartari-ni, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., p. 203: “À ce mot virtuel, potentiel ou possible, les langues latines associent la cause ou la qualité, les principes en vertu desquels, en effet, certains effets se produisent.”.

33 Come nota P. Rödel, op. cit., p. 62, Serres è un homme du récit che del récit conosce la capacità di esprimere il “senso”; sia che si tratti dei gran-di racconti all’origine delle nostre culture che gran-di quello che, a loro volta, raccontano le scienze contemporanee, da quando hanno incluso nel loro discorso la dimensione temporale, ignorata dalle loro “antenate”. A questo proposito Serres appunto sostiene che nell’epoca dell’ominescenza, per la prima volta, tutte le scienze abbiano imparato a datare il loro oggetto, il che significa che il tempo le “unifica” in un Grande Racconto che va dall’ori-gine alla fine dei tempi. Un Racconto scritto nel linguaggio enciclopedico di tutte le discipline, che va di circostanze imprevedibili in contingenze impreviste, privo di linearità e di finalismo. Un Racconto che biforca e “esplode” in miriadi di contingenze, cioè che segue le regole di ogni nar-razione che si rispetti: rotture, colpi di teatro, ritorni all’indietro; per cui a ogni rottura ha luogo una biforcazione nuova che corrisponde a una nuova scienza. Un Grande Racconto che, quindi, fa del tempo l’elemento uni-ficatore del mondo e del sapere. “Hors de saison – plus de tableau fixe, moins de système à la rigueur –, le projet encyclopédique laissa place à la projection, à la fois temporelle, contingente et inachevée, fluctuante, de ce nouveau Grand Récit qui, jeté sous toutes choses, raconte la naissance de l’Univers et de ses éléments, la formation des galaxies, étoiles et planètes, la genèse des vivants et des espèces, la paléoanthropologie et, à la dernière brève seconde, l’histoire partielle et quelques personnages.” (M. Serres, Le

(26)

26 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres In altre parole, è giocoforza che la domanda sul corpo dislochi la pensabilità del corpo stesso nello spazio di traslocazione di senso del congegno “metaforico”.

Congegno, quest’ultimo, del resto, che interrompe il percor-so dimostrativo; dimensione chiaroscurale, percor-sostituzione, trasfe-rimento di significato, collegamento intuitivo, biforcante34 che

apre al possibile, e quindi per così dire all’invenzione35, aderendo

quanto più a un reale in cui “la contingence fluctuante perce des lacunes d’aléas dans le principe de raison, au moins de la raison exclusive, pleine et entière”36. La “metafora” (piuttosto che

ap-punto – solo – il concetto), nei suoi scarti37, perciò verisimilmente

favorisce la comprensione/“rappresentazione” del corpo nella sua

puissance blanche38: pensare in Serres è appunto inventare,

immer-gersi nelle biforcazioni e nelle ramificazioni del Grande Racconto dell’Universo39, non perdendo mai di vista il possibile.

Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., p. 51; tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., p. 65). Cfr. anche Id., Hominescence, cit.; Id., L’Incandescent, cit.; Id., Rameaux, Le Pom-mier, Paris 2004; Id., Récits d’humanisme, Le PomPom-mier, Paris 2006; Id., Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit; Id., Darwin, Bonaparte et le samaritain. Une philosophie de l’histoire, Le Pommier, Paris 2016; tr. it. di C. Tartarini, Darwin, Napoleone e il samaritano. Una filosofia della storia, Bollati Boringhieri, Torino 2017. A proposito di quest’ultimo testo, come nel caso de Le Gaucher boiteux, allo scopo di “dare la parola” a Serres, cito direttamente dall’originale francese, però sempre con il rimando alle pagine corrispondenti dell’edizione italiana.

34 Bifurcation è un mot-carrefour che “fa sistema” con clinamen, déclinaison, écart, inclinaison indicando la deviazione stocastica da un tracciato che apre al nuovo e all’invenzione; è impiegato con riferimento al tempo (non più inteso in senso lineare), all’evoluzione, all’Universo, alla vita, al pensiero inventivo ecc. Cfr. P. Rödel, op. cit., pp. 144-145 e anche infra il Capitolo 3. 35 M. Serres, Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit.; tr. it. di C.

Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit. 36 Ivi, p. 178 e ivi, p. 202.

37 Sull’écart in Serres cfr. supra, ma anche infra.

38 Cfr. M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 84, O. Ri-gnani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “oriz-zontale” via Michel Serres, cit. e infra.

39 M. Serres, Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., pp. 11-12; tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., pp. 19-20. Sul Grande Racconto si veda anche supra.

(27)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 27

Se il lavoro del 2016 in definitiva coglieva, nell’orizzonte dell’e-mergenza40 della percezione d’un corpo oggettivamente nuovo, di

modi nuovi di percepirlo/concepirlo, d’inediti ruoli di esso e dell’e-spressione/tematizzazione/gestione di queste novità, (l’emergenza di) un corpo in costruzione nel possibile, condizione/fulcro di sape-re, di conoscenza, d’invenzione, dimensione dell’umano, ecceden-te41 la concettualizzazione, la definizione definitiva, la fissità, la

pre-visione, è appunto l’aggettare di questa virtualità corporea in senso lato a chiamare in gioco la “metafora”.

Ossia, se non è proprio che non se ne possa parlare che per “metafore”42, tuttavia la messa in campo di queste ultime appare

uti-le per pensare il corpo nei suddetti “caratteri” e soprattutto per gua-dagnare conferme e/o altri scorci su di esso nel “post-umanismo”, e anche sul “post-umanismo” di cui il corpo stesso è appunto (s) nodo nevralgico. Partendo dall’emergenza del corpo in tali “tratti”, le “metafore” quindi possono confermare, focalizzare, dettagliare questi stessi “tratti”.

In tale prospettiva mi volgo dunque di nuovo alla riflessione di Michel Serres, seleziono e prendo in esame alcune “metafore” del corpo e tento anche d’“inter-pontificarle”, di gettare ponti tra di loro facendole per così dire interagire, allo scopo di individuarne “dietro” il corpo nei suoi “tratti” emergenti nell’ambito del “post-umanismo”, e da qui il “post-umanismo” nel suo complesso. In altre parole, lo scopo è quello di mettere meglio a fuoco ciò verso cui questi ponti, “inter-pontificati”, “pontificano”43 in modo inventivo.

40 Non mi pare inutile ribadire anche in questa sede che il termine emergen-za (émergence), nodo nevralgico della presente ricerca come delle due precedenti, col significato del venire a galla di ciò che era sommerso – come inedito, rischio ecc. –, richiama il contesto dei fluidi, dei liquidi e quindi dell’acqua, del fiume, del mare, contesto che peraltro, come si vedrà, in certo modo informa il pensiero di Michel Serres. Cfr. infra. 41 Cfr. O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di

analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit., pp. 90-92. 42 F. Rigotti, op. cit., p. 30.

43 In aderenza al significato con cui Serres impiega pontife e pontifier (cfr. supra), utilizzo “pontificare” nel senso di costruire, gettare ponti e lo met-to quindi tra virgolette.

(28)

28 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres La scelta delle (tipologie di) “metafore” è orientata eminentemen-te dai “carateminentemen-teri” corporei emersi/emergenti, i quali, in una dinamica circolare, auspicabilmente virtuosa, potrebbero/dovrebbero arrivare appunto a essere confermati e/o ulteriormente illuminati e dettagliati dalle stesse “metafore”. Concentro quindi la mia attenzione su “me-tafore” acquatico-vegetali, acquatiche e vegetali a motivo, in primo luogo, della ricorsività/pregnanza del tema dell’acqua44 e anche del

vegetale nella riflessione serresiana nel suo complesso e in special modo laddove essa esprime/mappa il “passaggio epocale” da Pro-meteo a Hermes, dal “duro” al “dolce” (ossia il passaggio da una cultura e da una società dominata dalla produzione a una sempre più dominata dalla trasmissione e dalla distribuzione di messaggi45), e

perciò esprime/mappa l’ominescenza.

Ma, last but not least, mi volgo a questo tipo di “metafore” an-che appunto a motivo delle peculiarità dei “tratti” del corpo emersi/ emergenti: virtualità, (toti-)potenza ecc.46.

44 Sul rapporto di Serres con il mare si veda in particolare M. Serres L’art des ponts. Homo pontifex, cit., pp. 76-80.

45 Per inciso, faccio presente che Serres, per la sua stessa attitudine anti-ri-duzionistica/anti-dualistica, anche quando parla di “passaggio” dal “duro” al “dolce”, intende comunque per così dire la loro “miscela” – il reale è “miscela” di “duro” e “dolce”: “Cette grotte montre donc la réalité du monde, composé fondamentalement de dur et de doux, de matière et de miroirs, de choses et de réflexions – comme nous et les vivants –.” (M. Serres, Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., p. 207; tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., p. 231) –. Ne Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit.; tr. it. di C. Tarta-rini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit. e in Darwin, Bonaparte et le samaritain. Une philosophie de l’histoire, cit.; tr. it. di C. Tartarini, Darwin, Napoleone e il samaritano. Una filosofia della storia, cit. Serres estesamente parla dell’epoca attuale come dell’“età dolce”, che si lascia alle spalle la rigidità euclidea, cartesiana, metrica, la tanatocrazia – cioè il “duro” – e, in una riconfigurazione digitale dello spazio-tempo, abita la dimensione del possibile, apre alla vita, alla cura, alla negozia-zione pacifica, al liquido, al volatile. Ecco, dunque, la proliferanegozia-zione di metafore “dolci”, ossia “legate” all’acqua e all’aria – con un’attenzione comunque anche al vegetale –.

46 O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit.

(29)

La via delle “metafore”: emergenze “post-umaniste” del corpo, atto II 29

Prendo in considerazione, dunque, “metafore” appartenenti alle suddette tipologie e vado, come detto, a considerare la “pontifica-zione” da parte delle stesse “metafore” (“inter-pontificate”) verso il corpo nel “post-umanismo” e quindi verso il “post-umanismo” nel suo complesso.

L’alga sul fondo dell’acqua, i battellini che galleggiano senza af-fondare, la prua della storia exo-darwiniana e il tronco senza rami dalle ramaglie culturali sono le “metafore” di riferimento, che, tutte, traggo da scritti in cui l’ominescenza è in vario modo declinata/tema-tizzata (Les Cinq Sens47, Variations sur le corps48, L’Incandescent49),

dal momento che nel lavoro che qui presento considero appunto le riflessioni sull’ominescenza del corpo.

47 M. Serres, Les Cinq Sens. Philosophie des corps mêlés-1, cit.

48 M. Serres, Variations sur le corps, Le Pommier [Poche], Paris 2013. Pre-ciso che le mie citazioni sono tratte da quest’edizione tascabile, ma che l’opera è uscita per la prima volta nel 1999, sempre da Le Pommier, in un’edizione con figure.

(30)
(31)

2.

L’ALGA, I BATTELLI, LA PRUA:

“METAFORE” ACQUATICHE DEL CORPO

IN MICHEL SERRES

Nous avions pour horizon la mer. Nous avions pour déesse la mer. Pour maison la mer. Pour chemin, pour jardin, pour hamac et pour table, la mer. Pour amour, la mer. Tangage et roulis, danse en rythme apériodique d’amants et d’amante conjugués. Nous avions pour amie la mer.

M. Serres, L’art des ponts

a. Come un’alga sul fondo dell’acqua

Osservavo in E-mergenze “post-umaniste” del corpo1 che, se

l’espressione/declinazione serresiana della dimensione corporea dell’hominescence2 teoricamente risale agli anni Sessanta con la

tematizzazione nel ciclo di Hermès3 del “passaggio epocale”4 dal

regno di Prometeo al regno di Hermes, di fatto comunque prende

1 O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit., pp. 25-27.

2 Com’è noto, hominescence è un neologismo incoativo coniato da Serres solo agli inizi degli anni Duemila; cfr. M. Serres, Hominescence, cit. 3 M. Serres, Hermès I. La Communication, Les Éditions de Minuit, Paris

1969; Id., Hermès II. L’Interférence, Les Éditions de Minuit, Paris 1972; Id., Hermès III. La Traduction, Les Éditions de Minuit, Paris 1974; Id., Hermès IV. La Distribution, Les Éditions de Minuit, Paris 1977; Id., Hermès V. Le Passage du Nord-Ouest, cit.; tr. it. di E. Pasini, M. Porro, Passaggio a Nord-Ovest, cit.

(32)

32 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres l’abbrivio a metà anni Ottanta5, con un cammino di ritorno al

mondo e al corpo, intrapreso tornando alla pelle, al padiglione auricolare, alle lingue non verbali/verbose del gustare e del ba-ciare, all’andare a vedere il mondo6; vale a dire a quelli che

Ser-res intende come sensi.

È, infatti, Les Cinq Sens dell’’857 a veicolare l’idea della

risco-perta di essi, finiti anestetizzati dalla parola, dal linguaggio della scienza e dai codici informatici nel contesto della “svolta epocale” da Prometeo a Hermes8. La riduzione del sensibile a parola o a

codi-ce così come la perdita del mondo, ridotto, anch’esso, dagli acosmi-smi di scienza e filosofia, a parola o a rappresentazione dell’uomo9,

induce Serres appunto a un’operazione di recupero di sensi e mon-do. E ciò nel senso di una rivisitazione/rivalutazione dell’universo sensoriale verso un riequilibrio di sensibile e intellettivo così come verso il guardare all’uomo dal punto di vista del mondo, e quindi verso il reinserimento del mondo stesso nel discorso filosofico.

È dunque questa la prospettiva in cui prende forma la proposta del ritorno ai sensi, con la quale Serres, nell’intento specifico di prendere le distanze tanto dal privilegio tradizionalmente accordato dalla filo-sofia alla vista a scapito di udito, tatto e olfatto quanto dall’astrazione nel senso di sezionamento del corpo senziente (analisi) e soppressione

5 È comunque piuttosto difficile, a motivo del suo carattere per così dire multi-dimensionale e iper-testuale, individuare nell’opera serresiana “li-nee di sviluppo” d’idee in senso cronologico.

6 M. Serres, Variations sur le corps, cit., pp. 10-11: “[…] la peau, le pavil-lon de l’ouïe, les deux langues non parlières des saveurs et du baiser, la visite en mouvement des paysages du monde”.

7 M. Serres, Les Cinq Sens. Philosophie des corps mêlés-1, cit.

8 Come si vedrà, i sensi comunque non costituiscono, per Serres, l’unica fonte della conoscenza. Cfr. infra.

9 M. Serres, Les Cinq Sens. Philosophie des corps mêlés-1, cit., pp. 37-39: “La culture s’affine quand elle déplace les regards des relations entre les hommes vers les objets innocents. […] Nos théories sont vides d’objets, elles veillent aux relations. […] Demandez donc du pain à la philosophie, elle paie de bonnes paroles et de représentations. Demandez-lui de pain, elle n’a que du circque. Elle vit de relations, de sciences humaines […]; n’a pas de monde, ne produit pas de choses, ne fournit pas de pain. […] Une philosophie prospère et productrice donnerait du pain jusqu’à satiété à quiconque passe là.”.

(33)

L’alga, i battelli, la prua: “metafore” acquatiche del corpo 33

di gusto, odorato e tatto10, addita innanzitutto uno slittamento dalla

vista verso il tatto e verso la pelle. Della quale tematizza la cruciali-tà, in primo luogo perché in essa, flessibile, adattabile nella stabilicruciali-tà, implicante, esplicante, tendente verso i liquidi e i fluidi, individua il miscelarsi inestricabile di anima e corpo; per cui l’anima, non loca-lizzata in una zona corporea, emerge nella contingenza – nel senso di

tangence commune, cioè di con-tatto – del corpo, nella pelle e per la

pelle appunto, con se stesso e col mondo11. In secondo luogo perché

la considera un sensorium commune12, vale a dire un senso comune 10 Ivi, p. 23: “Beaucoup de philosophies se réfèrent à la vue; peu à l’ouïe; moins encore donnent leur confiance au tactile, comme à l’odorat. L’ab-straction découpe le corps sentant, retranche le goût, l’odorat et le tact, ne garde que la vue et l’ouïe, intuition et entendement. Abstraire signifie moins quitter le corps que le déchirer en morceaux: analyse.”.

11 Ivi, p. 82: “[…] en elle, par elle, avec elle se touchent le mond et mon corps, le sentant et le senti, elle définit leur bord commun. Contingence veut dire tangence commune; monde et corps se coupent en elle, en elle se caressent.”. 12 Vale la pena di osservare che sul concetto di senso comune e sulle sue funzioni, così come sono state delineate originariamente da Aristotele, la storiografia ha apportato, negli ultimi anni, una serie di revisioni interpre-tative. È, infatti, emerso sempre più chiaramente che la nozione di senso comune rivela negli scritti aristotelici un’accentuata incostanza semanti-ca che ha innessemanti-cato la complessa e articolata discussione medievale sul ruolo dei sensi interni. Le ricerche storiografiche hanno appunto rivisto criticamente la cosiddetta teoria del senso comune in cui tradizionalmente si facevano confluire le tre operazioni sensibili non specifiche della perce-zione di De anima, III, cioè perceperce-zione dei sensibili comuni, apperceperce-zione, discriminazione percettiva, tendendo a identificare l’aisthesis koiné del De anima con la koiné dynamis dei Parva naturalia. È stato invece ipotizzato di recente come le due espressioni possano denotare aspetti ben differenti: la prima sarebbe una capacità posteriore alla differenziazione della perce-zione nei cinque sensi; la seconda sarebbe una capacità anteriore e radicale della percezione. Nel primo caso, dunque, si tratterebbe di una funzione, la sensazione comune, che non è specifica, ma è pur sempre una funzione dei sensi specifici; mentre solo nel secondo caso si potrebbe parlare di una facoltà, che è il senso comune, che si distingue dai cinque sensi e che sarebbe la percezione nella sua unità. Su ciò si vedano in particolare: C. Di Martino, Alle radici della percezione. Senso comune e sensazione comune in Aristotele, De anima, III, 1-2, in “Archives d’histoire doctrinale et lit-téraire du Moyen Age”, n. 68, 2001, pp. 7-26; Ead., ‘Ratio particularis’. La doctrine des sens internes d’Avicenne à Thomas d’Aquin. Contribution à l’étude de la tradition arabo-latine de la psychologie d’Aristote, Vrin,

(34)

34 “Metafore” del corpo “post-umanista”: Michel Serres a tutti i sensi, il loro denominatore comune, la loro sintesi, il ponte tra di loro, il modello sulla base del quale ciascuno di loro, in quanto

bouquet degli altri, può attuare questa sinestesia.

Nella pelle Serres13 rileva peraltro un’approssimazione allo stato

delle cose nella sua miscela; ossia a quel mélange (confluenza che fluttua, favorisce la fusione, versa nel fluido14, senza comunque che

le componenti si annullino a vicenda), che egli, prendendo le distan-ze dalla vista con la sua inclinazione all’analisi e dalle filosofie che le hanno accordato la priorità, ritiene possa essere (ri-)guadagnato appunto innanzitutto con (il ritorno al)la pelle stessa e (a)i sensi in un’interazione sinestetica. Sulla via di un pensiero della fusione, della fluidità15, della confluenza, dei corpi miscelati appunto – Les

Cinq Sens sottotitola infatti Philosophie des corps mêlés-1 –.

Serres considera dunque i sensi miscela del corpo, vie per le quali quest’ultimo esce da sé, si miscela con se stesso e col mondo; li ritiene cioè un modo di essere nel mondo che si rivela fondamen-tale per una conoscenza intesa come collocarsi da parte dell’uomo all’interno delle cose nelle loro interazioni, nella loro miscela16.

Paris 2013. Va aggiunto che il volume collettivo G. Romeyer-Dherbey, C. Viano (a cura di), Corps et âme. Sur le De anima d’Aristote, Vrin, Paris 1996 aveva già in precedenza contribuito parimenti a una revisione del concetto di senso comune unico preposto alla percezione dei sensibili co-muni, sostituendo alla nozione stessa di sensibili comuni quella di “sentiti comuni”, che verrebbero percepiti dai sensi particolari in comune con i sensibili propri. Su questi problemi si veda anche: J.D. Modrak, Aristotle. The Power of Perception, Chicago University Press, Chicago 1987. 13 Oltre alla teoria dell’informazione, organon della spiegazione serresiana

del sentire è la topologia, scienza del vicinato e degli intervalli, dell’aper-to e del chiuso; “cassetta degli attrezzi” per esprimere la varianza nell’in-varianza, la continuità e la discontinuità, il bordo, la varietà ecc. Cfr. O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” del corpo. Una prova di analisi “orizzontale” via Michel Serres, cit.

14 M. Serres, Les Cinq Sens. Philosophie des corps mêlés-1, cit., p. 83. 15 Cfr. M. Serres, Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., pp.

253-254; tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., pp. 280-281.

16 M. Serres, Les Cinq Sens. Philosophie des corps mêlés-1, cit., p. 82: “Connaître les choses demande d’abord à se placer entre elles. Non pas seulement devant pour les voir, mais dans le milieu de leur mélange, sur les chemins qui les unissent […].”.

Riferimenti

Documenti correlati

TESSUTI, SISTEMI, APPARATI Nel corpo umano le cellule sono riunite in tessuti. TESSUTO EPITELIALE - cellule appiattite funzioni

Laboratoriamo”, tenuto a Budrio nel 2005, fra febbraio e maggio, presso la sede dell’I.C. Particolarmente interessante è stata la parte di laboratorio, dove si

§  I tessuti epiteliali sono formati da cellule ravvicinate, che formano uno strato compatto.. Sono epiteliali i tessuti di rivestimento, come la pelle e le mucose, e il tessuto

delle questioni legate soprattutto all’emancipazione della donna, ente e personaggio, attante e funzione narrativa avvertita ancora oggi come disassata, caotica e scandalosa nella

nucleo indefettibile del diritto fondamentale di fronte al quale il potere discrezionale dell'Amministrazione si deve arrestare (cfr. inter alia: Corte costituzionale,

forza peso W b e' nullo perche' ha braccio nullo, il momento della reazione, N, e' nullo perche' N e' parallela all'asse, cioe' angolo tra forza e braccio e' 180 o.. Ci sono

I muscoli scheletrici (che rappresentano l'elemento attivo del movimento), inserendosi sulle ossa (che rappresentano l'elemento passivo del movimento), per mezzo

Wells P., ‘The Animated Bestiary: Animals, Cartoons, and Culture’, Rutgers University Press, 2009 Wells P., ‘The Fundamental of Animation’, AVA Publishing, 2006 Wells