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Il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni in materia di tutela della concorrenza

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Rivista elettronica di diritto e pratica delle amministrazioni pubbliche www.amministrativamente.it

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Anticipazione al

Numero 12 – Dicembre 2009

Il riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni in materia di tutela

della concorrenza (Nota a Corte Costituzionale 6 novembre 2009, n. 283).

DI FEDERICA BARONE

SOMMARIO:1. La normativa regionale oggetto del giudizio di legittimità costituzionale. 2.

La sentenza della Corte Costituzionale 6 novembre 2009, n. 283. 3. Dalla materia “lavori pubblici di interesse regionale” alla materia non materia “tutela della concorrenza”: i passaggi dell’evoluzione ed il Codice dei Contratti pubblici. 4. Quale spazio per una disciplina regionale degli appalti pubblici con effetti pro – concorrenziali?

1. La normativa regionale oggetto del giudizio di legittimità costituzionale.

La normativa regionale incisa dalla pronuncia in commento della Corte

Costituzionale è la legge della Regione Puglia 10 giugno 2008, n. 14, recante

“Misure a sostegno della qualità delle opere di architettura e di trasformazione del

territorio”

1

.

In particolare, sono stati colpiti dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale

l’articolo 5, comma 2, e gli articoli 6, 7, 8 e 16 della L. R. n. 14/2008, per contrasto

con gli articoli 114 e 117, comma 2, lettere e) ed l) della Costituzione.

Esaminando brevemente le disposizioni in oggetto emerge quanto segue.

La L.R. n. 14/2008 “…disciplina le modalità di espletamento dei concorsi di idee e

dei concorsi di progettazione per l’affidamento di incarichi il cui importo stimato sia

inferiore al limite posto dalla legislazione statale per l’affidamento fiduciario”

(articolo 5, comma 2), con l’obiettivo di migliorare la qualità urbana, la bellezza

degli insediamenti e la salvaguardia e valorizzazione dei paesaggi. A tal fine,

vengono disciplinati diversi aspetti dei concorsi di idee (articolo 6) e dei concorsi di

progettazione (articolo 7), tra i quali assumono particolare rilevanza:

- i requisiti soggettivi di partecipazione;

- le modalità di presentazione della proposta ed i relativi termini;

- i criteri di valutazione della proposta;

- i contenuti necessari del bando;

- l’articolazione della procedura.

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Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha quindi proposto in via principale una prima

questione di legittimità costituzionale, poiché la materia, diversamente regolata

dagli articoli 4, comma 3, e 99 e seguenti del D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice

dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive

2004/17/CE e 2004/18/CE), sarebbe riconducibile all’ambito “tutela della

concorrenza”, nella quale spetta in via esclusiva allo Stato adottare le relative

disposizioni legislative.

La seconda questione di legittimità ha invece investito l’articolo 8 della L. R. n.

14/2008, rubricato “Concorsi di progettazione banditi da privati”, che assoggetta i

concorsi banditi da privati, o comunque da soggetti non tenuti al rispetto della

legislazione statale in materia di contratti pubblici di lavori e servizi, oltre che alle

disposizioni di cui agli articoli 5 e 6, ad una serie di prescrizioni dettate dallo stesso

articolo. Questa previsione, a parere del Presidente del Consiglio dei Ministri,

obbligando soggetti privati esclusi dall’applicazione del Codice dei contratti pubblici

a seguire la procedura concernente i concorsi di progettazione, sconfinerebbe

nell’area «esclusa dalle prerogative legislative regionali caratterizzata dagli “aspetti

afferenti a rapporti che presentano prevalentemente natura privatistica”», la quale

va ricondotta all’ambito materiale dell’ordinamento civile (articolo 117, comma 2,

lettera l) della Costituzione).

Infine, l’ultima questione di legittimità costituzionale ha riguardato l’articolo 16 della

L. R. n. 14/2008, laddove si stabilisce che con apposito regolamento, da emanarsi

entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle legge, sono dettate le relative

modalità di attuazione; il che, consentendo alla Regione Puglia di regolamentare

una materia ricadente nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, contrasterebbe

con l’articolo 4, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, ovvero, con l’articolo

117, comma 2, lettere e) ed l) della Costituzione.

La Regione Puglia, costituendosi in giudizio, ha sostenuto la legittimità delle norme

impugnate, spiegando i seguenti argomenti:

- la disciplina di cui agli articoli 5, 6 e 7 della legge non si pone in contrasto

con il Codice dei contratti pubblici, poiché si limita “ad estendere talune

regole previste da questo per gli appalti sopra soglia (art. 99-109 del d.lgs.

n. 163 del 2006) agli appalti sotto soglia (ai quali la disciplina statale dedica

soltanto l’art. 110 e, per rinvio, l’art. 57, comma 6, del citato codice)”; e, ciò

che più conta, nella materia “tutela della concorrenza”, attribuita alla

competenza legislativa esclusiva dello Stato, residuerebbero margini di

operatività in favore di una normativa regionale che produca effetti

“pro-concorrenziali”;

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- la disciplina di cui all’articolo 8, dedicato ai concorsi di progettazione banditi

da privati, andrebbe invece interpretata alla luce del successivo articolo 10,

che introduce un meccanismo premiale (ovvero, la riduzione degli oneri di

urbanizzazione) per le opere da realizzarsi in esito a tali concorsi. La norma,

quindi, si limiterebbe “a prevedere incentivi per la volontaria adozione del

modulo concorsuale da parte di soggetti che non vi sarebbero obbligati”, e,

d’altro canto, andrebbe “ricondotta alla materia del governo del territorio e

non a quella dell’ordinamento civile”;

- analogamente, quanto all’articolo 16 - che demanda all’adozione di un

successivo regolamento la disciplina attuativa della L. R. n. 14/2008 - la

legittimità della previsione discenderebbe dagli effetti “pro-concorrenziali”

che la normativa di dettaglio spiegherebbe, e dalla titolarità della potestà

regolamentare in materia di governo del territorio.

2. La sentenza della Corte Costituzionale 6 novembre 2009, n. 283.

Gli argomenti spesi dalla difesa regionale, tuttavia, non hanno persuaso i giudici di

Palazzo Spada, e le prime due questioni di legittimità costituzionale proposte dal

Presidente del Consiglio dei Ministri sono state ritenute fondate.

È necessario, peraltro, procedere con ordine.

Posto che l'intera disciplina delle procedure ad evidenza pubblica è riconducibile alla

tutela della concorrenza, nella quale lo Stato gode di una potestà legislativa in via

esclusiva, la Corte Costituzionale, operando una felice sintesi della giurisprudenza

formatasi sulla materia, ha precisato come, in tale materia, non abbia rilievo la

distinzione tra contratti sopra-soglia e sotto-soglia, sicché “anche un appalto che si

pone al di sotto della rilevanza comunitaria può giustificare un intervento unitario

da parte del legislatore statale”

2

. Né, procede la Consulta, si può sostenere che la

Regione sia legittimata ad adottare disposizioni legislative con effetti

pro-concorrenziali, volte, cioè ad accrescere la tutela della concorrenza.

Il legislatore regionale, infatti, può legittimamente adottare, in ordine alle

procedure ad evidenza pubblica, disposizioni con effetti pro-concorrenziali

esclusivamente nelle ipotesi – diverse dal caso in esame – in cui esso possa vantare

un autonomo titolo di legittimazione

3

e “tali effetti siano indiretti e marginali e non

si pongano in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e

2 Corte Costituzionale, sentenza 22 maggio 2009, n. 160 e sentenza 23 novembre 2007, n. 401 (vd.

nota 16).

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promuovono la concorrenza”

4

. L'art. 117, secondo comma, lettera e), della

Costituzione, ha conferito allo Stato, in via esclusiva, il compito di regolare la

concorrenza al fine di assicurare una disciplina uniforme su tutto il territorio

nazionale. L'uniformità rappresenta un valore in sé perché differenti normative

regionali sono suscettibili di creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere

territoriali. La tutela della concorrenza non può essere fatta per zone: essa, “per

sua natura, non può tollerare differenziazioni territoriali, che finirebbero per

limitare, o addirittura neutralizzare, gli effetti delle norme di garanzia”

5

.

Del tutto coerentemente con le premesse, quindi, la Corte conclude nel senso che

alle Regioni non è consentito adottare una disciplina relativa alle procedure ad

evidenza pubblica, neppure quando essa miri a garantire un livello di concorrenza

più elevato rispetto a quello statale.

Parimenti, in relazione alla seconda denuncia, relativa ai concorsi di progettazione

banditi da privati, la questione di legittimità è stata ritenuta fondata: la Corte non

ha mostrato di aderire alla tesi secondo la quale la disciplina dettata dall'articolo 8

della L. R. n. 14/2008 avrebbe carattere premiale ed incentivante e non

investirebbe la materia dell'ordinamento civile, poiché la disposizione impugnata

“non incentiva, ma obbliga”. I privati, infatti, “non hanno la possibilità di aderire

volontariamente alla procedura prevista, ma sono obbligati a far uso della stessa,

nel rispetto di tutte le prescrizioni poste dalla disposizione censurata. Né vi è un

collegamento tra la procedura di cui all'articolo 8 della legge regionale ed il

meccanismo premiale di cui al successivo articolo 10. Ne consegue che tale

normativa introduce una limitazione dell'autonomia privata”, provocando l’effetto di

invadere la competenza legislativa esclusiva statale nell'ambito materiale

dell'ordinamento civile.

Infine, rispetto alla terza questione, la Consulta ha statuito che la Regione Puglia

può procedere ad esercitare la potestà regolamentare per attuare le disposizioni

della propria legge, seppure dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale

dell'articolo 5, comma 2, e degli articoli 6, 7 e 8.

4 Corte Costituzionale, sentenza 14 dicembre 2007, n. 431, in www.giurisprudenzacostituzionale.it, con

nota di G. FARES, Appalti pubblici e misure pro- concorrenziali: ancora da decifrare gli spazi per

l’intervento normativo delle regioni.

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3. Dalla materia “lavori pubblici di interesse regionale” alla materia non materia

“tutela della concorrenza”: i passaggi dell’evoluzione ed il Codice dei Contratti

pubblici.

La sentenza in commento, ponendosi in armonia con la precedente giurisprudenza,

rappresenta un’occasione per ricostruire i termini del riparto di competenze

normative tra Stato e Regioni alla luce dell’articolo 117 della Costituzione, novellato

con la riforma del titolo V, parte seconda, della Costituzione

6

, ed anche alla luce

dell’articolo 4 del Codice dei contratti pubblici, rubricato “Competenze legislative di

Stato, Regioni e Province autonome”.

Nel testo “ante riforma” dell’articolo 117 della Costituzione, la materia degli appalti

pubblici era presente sotto la dizione “lavori pubblici di interesse regionale”, e

rientrava tra le materie oggetto di competenza legislativa concorrente: allo Stato

spettava il compito di determinare i principi fondamentali, mediante leggi – quadro

o cornice, nel rispetto delle quali le Regioni potevano operare con norme di

dettaglio. E’ utile ricordare che l’articolo 1 della legge n. 109/1994 (c.d. legge

Merloni), delineava il riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni

fondandosi sull’articolo 117 della Costituzione nel testo anteriore alla riforma del

2001; alla luce di tale quadro costituzionale, la Corte aveva dichiarato illegittimo

l’articolo 1, legge n. 109/1994 (versione originaria), nella parte in cui imponeva alle

Regioni il rispetto di tutte le norme contenute nella legge, e non solo dei principi da

essa desumibili

7

. La nozione di “lavori pubblici di interesse regionale” aveva dato

luogo a diverse interpretazioni. Secondo una prima lettura, erano tali solo i lavori

soggettivamente regionali o infra-regionali (per la fonte del finanziamento, per

l’identità del committente, o per la destinazione dell’opera). Secondo altro punto di

vista, erano tali tutti i lavori che si eseguivano nell’ambito territoriale della Regione.

Il novellato articolo 117, comma 2, della Costituzione, non ha mantenuto la dizione

“lavori pubblici di interesse regionale”, ma, alle lettere e) ed l) ha annoverato la

6 Articolo 3 Legge Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Sul punto, vd.: R. B

IN, Le potestà legislative regionali

dalla Bassanini ad oggi, in le fonti del diritto regionale alla ricerca di una nuova identità, Milano, 2001; B. CARAVITA DI TORITTO, La Costituzione dopo la riforma del titolo V, Torino, 2002; F. CINTIOLI, I lavori

pubblici e la riforma del titolo V della Costituzione, in Urbanistica e appalti, n. 5/2002; S. MANGIAMELI,

Riassetto dell’amministrazione locale, regionale e statale tra nuove competenze legislative, autonomia normative ed esigenze di concertazione, in Il sistema amministrativo dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione, a cura di G. BERTI – G. C.DE MARTIN, 2002; M. LIBERTINI – S. CADEDDU, La prima attuazione

della riforma costituzionale, in Urbanistica e appalti, n. 11/2003; L. A. MAZZAROLLI, Il concetto di materie

nell’art. 117, titolo V, Cost. Se i “lavori pubblici” e gli “appalti pubblici” si prestano ad esservi riportati e come si attui, per essi, il riparto di competenze tra enti, in Le Regioni, 3-4/2007.

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“tutela della concorrenza” e “l’ordinamento civile” tra le materie oggetto di

competenza legislativa esclusiva dello Stato

8

.

La determinazione degli esatti confini della “materia non materia”

9

che si indica

come “tutela della concorrenza” ha occupato diffusamente dottrina e

giurisprudenza

10

.

Come è stato efficacemente affermato

11

, “la concorrenza è una relazione tra una

pluralità di soggetti; la tutela della concorrenza, è essenzialmente, un fine pubblico,

il fine di conservare o promuovere tale relazione […]. Il fine funge da limite alla

potestà legislativa regionale (concorrente o esclusiva), anche se questa funzione di

limite non è espressamente indicata”. Il fine, con il nuovo articolo 117 – che ha

costituzionalizzato il valore della concorrenza - funge altresì da limite per la potestà

legislativa dello Stato, assoggettata ai vincoli derivanti dall’ordinamento

comunitario; tuttavia, come osservato dal Consiglio di Stato in occasione del parere

reso sullo schema del Codice dei contratti pubblici,

12

la tutela della concorrenza si

intreccia con il valore unificante della disciplina comunitaria, la quale, pur non

incidendo sulle modalità di ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni, può di

fatto richiedere una particolare articolazione del rapporto tra norme, nel senso di un

più incisivo intervento del legislatore statale.

8 Un problema, in tal senso, è rappresentato dalle Regioni ad autonomia speciale e dalle Province

autonome, alle quali, statutariamente, è attribuita in via esclusiva la materia “lavori pubblici”. La mancata revisione delle competenze statutarie di Regioni e Province autonome, genera, come ben evidenziato da R. DE NICTOLIS (La Corte Costituzionale si pronuncia sul codice dei contratti pubblici

relativi a lavori, servizi e forniture, in Urbanistica e appalti, n. 1/2008), tre ordini di questioni: gli statuti demandano alla competenza esclusiva di tali enti solo i lavori pubblici, per cui resta da comprendere a quale disciplina siano soggetti i servizi, le forniture e i contratti attivi; l’ambito dei “lavori pubblici” varia da statuto a statuto; gli statuti attribuiscono alle Regioni ad autonomia speciale la competenza legislativa esclusiva nella materia dei lavori pubblici, da esercitarsi però “in armonia con la Costituzione” o “nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato”. In realtà, come si vedrà infra, la Corte Costituzionale ha chiaramente affermato l’inesistenza di una vera e propria materia “lavori pubblici”; a conferma di ciò, la Regione Sardegna è rimasta totalmente soccombente nel giudizio di legittimità della L. R. 7 agosto 2007, n. 5, dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 411 del 17 dicembre 2008 perché sconfinante in ambiti riconducibili alle materie “tutela della concorrenza” e “ordinamento civile”.

9 Secondo la felice formula coniata da A. D’A

TENA, Materie legislative e tipologia delle competenze, in

Quad. Cost. 2003, 21.

10 Sulla pluralità di significati attribuiti alla formula, vd. Corte Costituzionale, sentenza 13 gennaio 2004,

n. 14, in Giur. Cost. 2004, 259 e ss., con nota di A. PACE, Gli aiuti di Stato sono forme di “tutela” della

concorrenza?; M. Libertini, La tutela della concorrenza nella Costituzione italiana, in Giur. Cost. 2005, 1435; G. CORSO, La tutela della concorrenza come limite della potestà legislativa (delle Regioni e dello

Stato) in Dir. Pubbl., 2002, 981 e ss.

11 Corso, op. cit.

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In questo quadro, si inserisce l’articolo 4 del Codice dei contratti pubblici, che per

chiarezza espositiva si riporta integralmente di seguito:

“1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potestà

normativa nelle materie oggetto del presente codice nel rispetto dei vincoli derivanti

dall'ordinamento comunitario e delle disposizioni relative a materie di competenza

esclusiva dello Stato.

2. Relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, le regioni e le

province autonome di Trento e di Bolzano esercitano la potestà normativa nel

rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente codice, in

particolare, in tema di programmazione di lavori pubblici, approvazione dei progetti

ai fini urbanistici ed espropriativi, organizzazione amministrativa, compiti e requisiti

del responsabile del procedimento, sicurezza del lavoro.

3. Le regioni, nel rispetto dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione, non

possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice in relazione:

alla qualificazione e selezione dei concorrenti; alle procedure di affidamento, esclusi

i profili di organizzazione amministrativa; ai criteri di aggiudicazione; al subappalto;

ai poteri di vigilanza sul mercato degli appalti affidati all'Autorità per la vigilanza sui

contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; alle attività di progettazione e ai piani

di sicurezza; alla stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione

dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilità e collaudo, ad eccezione dei profili

di organizzazione e contabilità amministrative; al contenzioso. Resta ferma la

competenza esclusiva dello Stato a disciplinare i contratti relativi alla tutela dei beni

culturali, i contratti nel settore della difesa, i contratti segretati o che esigono

particolari misure di sicurezza relativi a lavori, servizi, forniture.

4. Nelle materie di competenza normativa regionale, concorrente o esclusiva, le

disposizioni del presente codice si applicano alle regioni nelle quali non sia ancora in

vigore la normativa di attuazione e perdono comunque efficacia a decorrere dalla

data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione.

5. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano

adeguano la propria legislazione secondo le disposizioni contenute negli statuti e

nelle relative norme di attuazione”.

1314

13 Nella versione originaria dello schema del Codice, approvata in via preliminare dal Governo, si era optato per la norma in bianco, ritenendo che competesse alla Corte costituzionale il compito di incasellare i singoli ambiti di legislazione sui contratti pubblici nelle molteplici materie dell’articolo 117 Cost. Tuttavia, nel testo definitivo del Codice si decise di adeguare quasi integralmente le disposizioni dell’articolo 4 alle indicazioni fornite dal Consiglio di Stato nel parere sullo schema del Codice, redigendo una norma che indicasse in dettaglio le materie di competenza statale e regionale (vd. parere reso nell’adunanza del 6 febbraio 2006, cit.).

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Come è agevole notare, l’articolo 4 indica, in dettaglio, le materie di competenza

legislativa statale esclusiva e concorrente; ammonisce sul necessario rispetto dei

vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dalle disposizioni relative a materie

di competenza esclusiva dello Stato; introduce la c.d. clausola di cedevolezza.

Il successivo articolo 5 disciplina il riparto della potestà regolamentare in materia di

contratti pubblici tra Stato e Regioni, e, in coerenza con l’articolo 117, comma 6,

della Costituzione, demanda ad un generale regolamento statale:

- la disciplina esecutiva ed attuativa del Codice in relazione ai contratti

pubblici di amministrazioni ed enti statali;

- la disciplina esecutiva ed attuativa del Codice in relazione ai contratti

pubblici di ogni altra amministrazione o soggetto equiparato, limitatamente

alle materie di competenza legislativa statale esclusiva.

15

L’impianto normativo appena descritto in ordine al riparto di competenze legislative

e regolamentari tra Stato e Regioni è stato fatto salvo, prima fra tutte, dalla

fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale n. 401 del 23 novembre 2007

16

.

E’ opportuno, di seguito, dare sinteticamente conto degli approdi raggiunti dalla

Corte Costituzionale nella materia de qua, anche precedenti all’emanazione del D.

Lgs. 12 aprile 2006, n. 163.:

14 Per approfondimenti: A. B

ARDUSCO, Competenze legislative di Stato, regioni e province autonome (art. 4), in AA. VV., Codice dei contratti pubblici – Commento al D. Lvo. 12 aprile 2006, n. 163, Milano, 2006; A. CELOTTO, Gli appalti pubblici tra competenze statali e competenze regionali. Primi spunti, in www.giustamm.it, 2006; V. SCALAMBRIERI, Competenze legislative di Stato, Regioni e Province autonome, in AA. VV., Il Codice dei contratti pubblici - Commento al D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, a cura di C. GIURDANELLA, Napoli, 2006; L. VARRONE, Riparto di competenze Stato – Regioni nel codice degli appalti /artt. 4 e 5), in AA. VV., Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, a cura di M. Sanino, Torino, 2006; G. FARES, L’assetto delle competenze normative Stato/Regioni nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in Urbanistica e appalti, n. 10/2006; I. PANTELLINI, Competenze legislative di Stato, regioni e province autonome (art. 4), in AA. VV., La disciplina dei contratti pubblici. Commentario al codice degli appalti, a cura di M. Baldi – R. TOMEI, Milano, 2007; F. Cintioli, Le forme interne di disciplina, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di M. A. SANDULLI –R. DE NICTOLIS – R. GAROFOLI, Milano, 2008.

15 L’esame delle implicazioni discendenti da questo “doppio livello di vincolatività del regolamento” è ben

affrontato da R. DE NICTOLIS, La Corte Costituzionale si pronuncia sul codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, in Urbanistica e appalti, n. 1/2008 cit.

16 In www.giurisprudenzacostituzionale.it, con note di R. DE NICTOLIS, I principi espressi dalla Corte

costituzionale nella sentenza n. 401/2007, A. CELOTTO, La “legge di Kirschmann” non si applica al codice

degli appalti (in margine alla sent. n. 401 del 2007 della Corte costituzionale), R. BIN, Alla ricerca della materia perduta, A. VENTURI, La “tutela della concorrenza”: da “valore-materia” a “materia-valore”. La Corte conferma il riparto Stato-Regioni operato dal codice De Lise. Vd. anche C. LACAVA, I contratti pubblici tra Stato e Regioni e la tutela della concorrenza, in Giorn. Dir. Amm., n. 6/2008.

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1) La mancata inclusione dei “lavori pubblici” nella elencazione dell’articolo 117

della Costituzione, diversamente da quanto sostenuto in numerosi ricorsi,

non implica che essi siano oggetto di potestà legislativa residuale delle

Regioni. Al contrario, si tratta di ambiti di legislazione che non integrano una

vera e propria materia, ma si qualificano a seconda dell’oggetto al quale

afferiscono e pertanto possono essere ascritti di volta in volta a potestà

legislative esclusive dello Stato ovvero a potestà legislative concorrenti

17

;

questo principio vale ora anche per l’intera attività contrattuale della

pubblica amministrazione, ivi compresi i contratti attivi

18

.

2) La materia “tutela della concorrenza”, al pari di altre materie di competenza

statale esclusiva, ha carattere “trasversale”, ossia non presenta i caratteri di

una materia di estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui

più diversi oggetti. La tutela della concorrenza costituisce una delle leve

della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in

senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un

equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto

comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a

favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare

assetti concorrenziali. Tuttavia, per sfuggire al rischio di vanificare lo schema

di riparto dell’articolo 117 della Costituzione, che vede attribuite alla potestà

legislativa residuale e concorrente delle Regioni materie la cui disciplina

incide innegabilmente sullo sviluppo economico, occorre stabilire fino a qual

punto la riserva allo Stato della predetta competenza trasversale sia in

sintonia con l’ampliamento delle attribuzioni regionali disposto dalla

revisione del Titolo V, facendo uso del criterio sistematico. Se ne deduce che

l’inclusione di questa competenza statale nella lettera e) dell’articolo 117,

comma 2, della Costituzione, evidenzia l’intendimento del legislatore

costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica

economica che attengono allo sviluppo dell’intero Paese, strumenti che, in

definitiva, esprimono un carattere unitario e che giustificano l’intervento

statale per la sua rilevanza macroeconomica. Appartengono, invece, alla

competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni gli interventi

sintonizzati sulla realtà produttiva regionale tali comunque da non creare

ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni e da

17 Corte Costituzionale, sentenza 1 ottobre 2003, n. 303, in Foro It., 2004, I, 1004, con note di C.

VIDETTA, F. FRACCHIA, R. FERRARA.

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non limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio

nazionale (art. 120, comma 1, della Costituzione)

19

.

3) Gli interventi dello Stato a protezione e promozione della concorrenza non

possono pertanto tradursi nella ingiustificata compressione della competenza

- esclusiva o concorrente – delle Regioni, e devono essere sottoposti ad un

giudizio di proporzionalità e adeguatezza

20

, onde evitare che per la loro

natura eccessivamente dettagliata invadano ambiti riservati all’autonomia

regionale

21

.

4) Alla luce dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, sono ormai

recessivi alcuni dei criteri richiamati in passato per operare il riparto delle

competenze legislative in materia di appalti: ci si riferisce, in particolare, al

criterio del valore economico dell’appalto, non più utilizzabile ai fini

dell’individuazione dell’ambito materiale

22

, poiché anche un appalto che si

pone al di sotto della rilevanza comunitaria può giustificare un intervento

unitario da parte del legislatore statale.

5) L’attività contrattuale della pubblica amministrazione ha struttura bifasica: la

prima fase, permeata dall’evidenza pubblica, è quella relativa alla procedura

di affidamento, ed è da ricondurre alla materia “tutela della concorrenza”; la

seconda fase, di stampo privatistico, è inerente alla stipulazione e

all’esecuzione del contratto, ed è da riportare alla materia “ordinamento

civile”

23

. Anche per tale fase, infatti, sono riscontrabili esigenze di uniformità

di trattamento nell’intero territorio nazionale, residuando uno spazio per la

competenza legislativa regionale unicamente in relazione ai profili di

organizzazione e contabilità amministrative

24

.

19 Corte Costituzionale, sentenza 13 gennaio 2004, n. 14, in www.giurisprudenzacostituzionale.it, con

note di L. CASSETTI, R. CARANTA, F. PIZZETTI e M. BARBERO.

20 Corte Costituzionale, sentenza 4 maggio 2005, n. 175, in Foro It., 2005, I, 2278; Id., 27 febbraio

2004, n. 272, in Foro It., 2005, I, 2648, con nota di V. MOLASCHI.

21 Corte Costituzionale, sentenza 15 novembre 2004, n. 345, in Giur. Cost. 2004, 3839, con nota di G.

FARES. La tendenza giurisprudenziale degli ultimi anni, tuttavia, è quella di riconoscere la legittimità

dell’intervento statale a prescindere dal suo livello di dettaglio, contando esclusivamente la effettiva funzionalizzazione allo scopo e restando estranee alla tutela della concorrenza le sole misure statali che non intendono incidere sull’assetto concorrenziale dei mercati o che addirittura lo riducono o lo eliminano (Corte Costituzionale, sentenza n. 401/2007, cit.; Id., sentenze 14 dicembre 2007, n. 430 e n. 431).

22 Corte Costituzionale, sentenza n. 401/2007, cit.

23 Sono, in particolare, riconducibili all’ordinamento civile: il subappalto, la direzione dei lavori, le polizze

– tipo, le varianti in corso d’opera, il collaudo.

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Anticipazione al

Numero 12 – Dicembre 2009

4. Quale spazio per una disciplina regionale degli appalti pubblici con effetti pro –

concorrenziali?

La Corte Costituzionale, con la sentenza in commento, non si discosta dalla propria,

precedente, pronuncia resa in occasione del giudizio di legittimità su alcune

disposizioni della L. R. Campania 20 giugno n. 12, recante norme in materia di

attività contrattuale del Consiglio regionale inerenti anche al profilo della scelta del

contraente e all’esecuzione dei contratti,

25

e ribadisce che il legislatore regionale

può legittimamente adottare, in ordine alle procedure ad evidenza pubblica,

disposizioni con effetti pro-concorrenziali esclusivamente nelle ipotesi in cui “tali

effetti siano indiretti e marginali e non si pongano in contrasto con gli obiettivi posti

dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza”.

Effetti indiretti: la locuzione suona come la conferma del fatto che la Regione, in

ambito di tutela della concorrenza e ordinamento civile, non ha competenza ad

intervenire direttamente.

Effetti marginali: l’eventuale intervento delle Regioni può assumere valenza

esclusivamente secondaria e accessoria.

26

Appare difficile, tuttavia, individuare in concreto le ipotesi in cui si possano spiegare

simili interventi, soprattutto se si pone mente al monito da ultimo espresso dai

giudici di Palazzo Spada, per cui la tutela della concorrenza non può essere fatta

per zone, poiché essa, “per sua natura, non può tollerare differenziazioni territoriali,

che finirebbero per limitare, o addirittura neutralizzare, gli effetti delle norme di

garanzia”.

Uno spazio potrebbe residuare, astrattamente, per i casi di “vuoto” di disciplina

statale. La Consulta, infatti, ha in passato mostrato limitate aperture in materia di

servizi pubblici, laddove, in assenza di disciplina statale, ha consentito al legislatore

regionale di introdurre il divieto, per le società a capitale interamente pubblico

proprietarie delle reti, di partecipare alle gare per la scelta del gestore del servizio o

del socio privato della società mista

27

.

Più in generale, tuttavia, occorrerebbe soffermarsi sul pericolo insito nel considerare

la legge statale come unico parametro di valutazione della effettività della “tutela

della concorrenza”:invero, il rischio è quello di una incompatibilità tra il parametro

stesso e l’ordinamento comunitario, vera cartina di tornasole in materia

28

. Non

25 Sentenza n. 431/2007, cit. 26 G. F

ARES, nota a sentenza n. 431/2007, cit.

27 Corte Costituzionale, sentenza 1 febbraio 2006, n. 29. 28 R. C

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Numero 12 – Dicembre 2009

bisogna dimenticare, infatti, che con il novellato articolo 117 della Costituzione “la

tutela della concorrenza è stata costituzionalizzata nell’ordinamento italiano come lo

fu nel 1957 nel diritto europeo”

29

.

29 G. C

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