• Non ci sono risultati.

"Rischio e rendimento degli investimenti sostenibili. Un'analisi del mercato azionario europeo".

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi ""Rischio e rendimento degli investimenti sostenibili. Un'analisi del mercato azionario europeo"."

Copied!
158
0
0

Testo completo

(1)

Corso di Laurea magistrale

in

Economia e finanza

Tesi di Laurea

Rischio e rendimento degli investimenti sostenibili.

Un’analisi del mercato azionario europeo

Relatore

Ch. Prof. Ugo Rigoni Laureando

Roberto Barison Matricola 852205 Anno Accademico 2018 / 2019

(2)
(3)

Indice

Introduzione pag. 1

Capitolo I. L’investimento sostenibile: cos’è, la sua evoluzione e la situazione

attuale pag. 5

1.1 Fattori ESG-E pag. 5

1.2 Storia dell’investimento sostenibile pag. 6

1.3 Situazione Europea pag. 6

1.3.1 Unione Europea pag. 6

1.3.2 Investimenti sostenibili negli Stati europei pag. 7 1.4 Cambiamento climatico e conseguenti rischi finanziari pag. 9 Capitolo II. I motivi che portano all’investimento sostenibile e le principali

politiche di investimento utilizzate pag. 11

2.1 Motivi che portano all’investimento sostenibile pag. 11

2.2 Principali politiche di investimento pag. 12

2.2.1 Screening negativo pag. 12

2.2.2 Screening positivo pag. 13

2.2.3 Engagement pag. 14

Capitolo III. Performance finanziaria pag. 17

3.1 Rendimento corretto per il rischio degli investimenti sostenibili pag. 17 3.2 Le performance delle diverse politiche di investimento pag. 19 3.3 Le performance degli investimenti ecosostenibili pag. 21 3.4 L’investimento sostenibile e le crisi economiche pag. 22 Capitolo IV. La percentuale di investimento sostenibile ottimale per

l’investitore pag. 25

4.1 Portafogli azionari pag. 25

4.1.1 Introduzione metodologica pag. 25

4.1.2 Scelta dei titoli da inserire nel portafoglio azionario pag. 26 4.1.3 Metodologia utilizzata per la costruzione dei portafogli pag. 30

4.1.4 Risultati ottenuti pag. 34

4.2 Portafogli di fondi comuni di investimento sostenibili pag. 39

(4)

4.2.2 Scelta dei fondi comuni di investimento sostenibili pag. 40 4.2.3 Metodologia utilizzata per la costruzione dei portafogli pag. 40

4.2.4 Risultati ottenuti pag. 43

4.3 Considerazioni al 1° gennaio 2016 pag. 48

Capitolo V. Il rendimento dei portafogli azionari sostenibili pag. 49

5.1 Metodologia utilizzata pag. 49

5.2 Portafoglio sostenibile al 97,5-100% pag. 50

5.3 Portafoglio sostenibile al 92,5-97,5% pag. 53

5.4 Portafoglio sostenibile al 87,5-92,5% pag. 55

5.5 Portafoglio convenzionale sostenibile al 15,7-17,5% pag. 57

5.6 Risultati trovati pag. 58

Capitolo VI. Il rendimento dei portafogli di fondi comuni SRI pag. 63

6.1 Metodologia utilizzata pag. 63

6.2 Portafoglio sostenibile al 97,5-100% pag. 64

6.3 Portafoglio sostenibile al 92,5-97,5% pag. 65

6.4 Portafoglio sostenibile al 87,5-92,5% pag. 67

6.5 Portafoglio convenzionale sostenibile al 15,7-17,5% pag. 69

6.6 Risultati trovati pag. 71

Capitolo VII. Il rendimento del portafoglio di fondi comuni di investimento

convenzionali pag. 75

7.1 Universo di fondi comuni di investimento convenzionali pag. 75 7.2 Metodologia di scelta dei fondi comuni convenzionali pag. 75

7.3 La composizione del portafoglio pag. 76

7.4 Confronto del portafoglio di fondi comuni di investimento convenzionali con l’investimento in ETF replicanti il mercato europeo pag. 78 Capitolo VIII. Confronto tra i portafogli azionari sostenibili, i portafogli di fondi

SRI e il portafoglio di fondi convenzionali pag. 83

8.1 Confronto dei portafogli azionari sostenibili con il portafoglio

di fondi comuni convenzionali pag. 83

8.2 Confronto dei portafogli di fondi comuni sostenibili con il portafoglio

di fondi comuni convenzionali pag. 86

8.3 Confronto dei portafogli azionari sostenibili con i portafogli di

fondi comuni sostenibili pag. 89

(5)

Bibliografia pag. 99

Sitografia pag. 105

Appendice A: universo investibile dei portafogli azionari sostenibili pag. 109 Appendice B: universo investibile dei portafogli composti da

fondi sostenibili pag. 117

Appendice C: i risultati ottenuti nella ricerca della percentuale ottimale di

investimento sostenibile pag. 119

Appendice D: universo investibile del portafoglio composto da fondi

convenzionali pag. 143

Elenco dei grafici pag. 147

(6)

1

Introduzione

L’investimento sostenibile è in costante crescita in tutta Europa, in questa tesi si è voluto confrontare l’investimento responsabile con l’investimento convenzionale, per vedere se per l’investitore vi è un vantaggio finanziario.

Innanzitutto occorre definire a cosa ci si riferisca quando si parla di investimento sostenibile visto che, mancando una tassonomia unificata, vi è molta confusione sul tema. Prima di chiarire cosa si intenda per investimento sostenibile è importante precisare che investimento sostenibile, investimento responsabile e investimento SRI verranno utilizzati come sinonimi. In questa tesi quando ci si riferirà all’investimento sostenibile, o ai suoi sinonimi, si intenderà l’investimento che integri nella scelta degli strumenti finanziari la considerazione degli aspetti ESG-E. L’acronimo ESG-E racchiude tutti gli aspetti relativi alla sfera ambientale, sociale, gestionale ed etica della società cui è riferibile lo strumento finanziario preso in considerazione, tra cui l’utilizzo di energie rinnovabili, le pratiche di riduzione degli sprechi, la sicurezza sul lavoro, l’assenza di discriminazioni in azienda, la trasparenza delle politiche retributive, il contrasto alla corruzione, l’eticità dei prodotti e servizi offerti.

Le metodologie di investimento sostenibile sono essenzialmente raggruppabili in tre categorie: screening negativo, screening positivo ed engagament. La pratica dello screening negativo consiste nell’esclusione delle società ritenute non sostenibili per singole condotte, comportamento complessivo o appartenenza settoriale. Con screening positivo ci si riferisce all’investimento in titoli di aziende ritenute responsabili, tra cui la strategia di scegliere solamente le imprese con le performance di sostenibilità migliori all’interno di un paniere, la cosiddetta strategia best-in-class. Con il termine engagement invece si intende lo spronare dall’interno la società all’adozione di comportamenti maggiormente sostenibili, soprattutto mediante l’utilizzo dei diritti partecipativi e l’aumento della trasparenza verso l’esterno. In quasi tutti i paesi europei prevale l’utilizzo dello screening negativo, solamente nel Regno Unito prevale l’engagement. In questa tesi ci si focalizzerà sulle strategie di screening negativo e positivo.

Svariate possono essere le motivazioni che portano l’investitore ad essere interessato all’acquisto di strumenti finanziari di imprese responsabili. Tra le motivazioni economiche vi è l’obiettivo di evitare perdite finanziarie dovute a sanzioni e risarcimenti di danni cui

(7)

2

potrebbero essere chiamate le società non responsabili, per esempio in seguito al disastro ecologico del 20 aprile 2010 nel Golfo del Messico le azioni di British Petroleum persero più del 50%, con conseguenze disastrose per i portafogli degli azionisti. Inoltre, le società responsabili si troveranno in una situazione competitiva privilegiata quando anche le concorrenti meno sensibili dovranno adeguarsi alle normative che, in ottemperanza all’Accordo di Parigi, dovranno diventare più stringenti. Alcuni studiosi hanno investigato le motivazioni non economiche, tra queste spicca l’attitudine pro-sociale e la percezione di aver contribuito alla soluzione del problema ambientale o sociale. Gli stessi hanno scoperto che il rendimento corretto per il rischio è un fattore sicuramente importante, perché all’aumentare di questo aumentano le probabilità di investire in modo sostenibile, ma non essenziale, visto che quasi la metà degli intervistati si è detta disposta ad investire in modo responsabile accettando anche una performance inferiore alle alternative. In questa tesi si vuole capire se per un investitore vi può essere un vantaggio economico, in termini di maggior rendimento corretto per il rischio, conseguibile investendo in modo sostenibile rispetto alle alternative. Questo perché si ritiene che l’investitore medio possa essere maggiormente interessato all’investimento sostenibile, se questo permette di ottenere extra-rendimenti.

Molteplici sono gli studi effettuati sul tema della performance finanziaria degli investimenti sostenibili e nella tesi vi sarà modo di presentare i risultati di alcuni dei principali. Sintetizzando, in quasi tutti gli articoli scientifici considerati viene riportato che tenere in considerazione i temi della sostenibilità nel processo d’investimento migliora il rendimento corretto per il rischio, sia dei portafogli azionari, sia dei portafogli di fondi comuni d’investimento. È stato tuttavia dimostrato che la pratica dello screening negativo, attuata dalla maggior parte dei fondi, permette di ottenere performance inferiori rispetto a quelle ottenibili utilizzando lo screening positivo e, alcune volte, anche rispetto all’investimento convenzionale. Al pari dell’investimento sostenibile, anche l’investimento focalizzato sul tema ambientale permetterebbe di raggiungere rendimenti corretti per il rischio almeno pari all’investimento tradizionale.

Ricapitolando, lo scopo della tesi è confrontare l’investimento sostenibile con l’investimento convenzionale per vedere se vi è un vantaggio finanziario per l’investitore. Per fare ciò verranno considerate quattro alternative: l’investimento azionario sostenibile, l’investimento in fondi comuni SRI, l’investimento in fondi comuni convenzionali e l’investimento in ETF replicanti il mercato europeo. Il confronto verrà fatto sul mercato azionario europeo nel periodo 2016 – 2018.

(8)

3

Gli ETF che verranno utilizzati come proxy dell’investimento convenzionale passivo e per la creazione di portafogli con intervalli di sostenibilità predefiniti sono Invesco Stoxx Europe 600 e Xtrackers Stoxx Europe 600.

Inizialmente verranno creati 18 portafogli, con percentuali di sostenibilità decrescenti, sia per i portafogli azionari responsabili, sia per i portafogli di fondi comuni SRI, per individuare se vi sono percentuali di sostenibilità ottimali per l’investitore. A questo scopo verranno considerati i rendimenti settimanali di un triennio precedente alla creazione del primo portafoglio utilizzato per il confronto, ossia gli anni 2013, 2014 e 2015, cercando di creare il portafoglio d’investimento che minimizzi il rischio, rappresentato in questa tesi dall’Expected Shortfall al 90%. Per fare sì che la percentuale di sostenibilità del portafoglio sia compresa in uno specifico intervallo si è deciso di investire una parte del capitale negli strumenti finanziari sostenibili e una parte nei due ETF replicanti il mercato europeo. Successivamente, una volta individuati i portafogli considerati ottimali per l’investitore, questi verranno rivisti semestralmente, tenendo in considerazione i rendimenti settimanali dal 1° gennaio 2013 alla data di revisione del portafoglio, cercando sempre di minimizzare l’Expected Shortfall al 90%.

Verranno introdotti alcuni vincoli, sia nella fase di individuazione delle percentuali di investimento sostenibile ottimali, sia in quella successiva, relativi alla liquidità da detenere nel portafoglio e all’investimento minimo e massimo in ciascun strumento finanziario acquistato, in modo da rappresentare una politica d’investimento il più possibile realistica. La scelta delle azioni da inserire nell’universo investibile, cui poter attingere per la creazione del portafoglio, è stata attuata prendendo a riferimento due parametri. Il primo è la presenza della società nell’indice SRI NYSE Euronext Vigeo Eurozone 120, che è un indice costituito da società sostenibili creato dalla società Vigeo Eiris, provider internazionale specializzata nei temi ESG. Il secondo è la presenza nell’indice Stoxx Europe 600, preso come riferimento per poter effettuare un confronto con l’investimento convenzionale, rappresentato dall’acquisto di due ETF replicanti il suddetto indice europeo.

La scelta dei fondi comuni sostenibili che l’investitore avrà la possibilità teorica di acquistare verrà attuata considerando alcuni vincoli: i fondi dovranno aver indicato, nella politica di investimento dichiarata nel prospetto informativo, di tenere in considerazione gli aspetti della sostenibilità, di investire in azioni del mercato europeo, dovranno inoltre prevedere la capitalizzazione dei rendimenti, essere sorti prima dell’inizio del 2013 e la

(9)

4

quota minima sottoscrivibile dovrà essere coerente con il vincolo all’investimento minimo in ogni fondo sottoscritto e con il capitale da allocare nel portafoglio.

In una fase successiva verrà presentata un’alternativa attuabile dall’investitore, ossia l’investimento in un portafoglio di fondi comuni tradizionali. Anche in questo caso, il portafoglio verrà creato cercando di minimizzare l’Expected Shortfall al 90%, considerando gli stessi vincoli utilizzati nella selezione degli altri portafogli, ossia il vincolo all’investimento minimo e massimo in ciascun fondo sottoscritto e il vincolo alla liquidità da detenere. Il portafoglio verrà creato il 1° gennaio 2016 e successivamente rimodulato semestralmente, prendendo a riferimento i rendimenti settimanali dal 1° gennaio 2013 alla data di revisione del portafoglio.

L’universo investibile dei fondi comuni convenzionali verrà costituito selezionando i fondi comuni che investono in azioni di società europee, che prevedono la capitalizzazione dei rendimenti, che sono sorti prima del 1° gennaio 2013, che prevedono una quota minima sottoscrivibile coerente con gli altri vincoli del processo di creazione del portafoglio e che nel prospetto informativo abbiano evitato di indicare di seguire un approccio responsabile nella scelta degli strumenti finanziari in cui investire. Tra tutti questi fondi verranno poi selezionati, mediante processo di campionatura casuale, 100 fondi che andranno a costituire l’effettivo universo investibile.

Per finire verrà effettuato un confronto, in termini di rendimento e di rischio, tra le varie alternative d’investimento considerate, ossia investire in un portafoglio azionario sostenibile, in un portafoglio di fondi comuni SRI, in un portafoglio di fondi comuni convenzionali o in ETF replicanti il mercato europeo.

(10)

5

I L’investimento sostenibile:

cos’è, la sua evoluzione e la situazione attuale

1. Fattori ESG-E

L’investimento sostenibile tiene conto nel processo di allocazione delle risorse, oltre agli aspetti finanziari, dei fattori ESG-E dei titoli oggetto di selezione. I fattori ESG-E, Environment Social Governance and Ethics, sono misurati con vari indicatori, che prendono a riferimento un insieme molto ampio di aspetti, i cui confini sono molto incerti a causa della mancanza di una tassonomia universale. A titolo esemplificativo è possibile indicare alcuni degli elementi che possono essere presi in considerazione per individuare i titoli SRI:

- Sfera ambientale: utilizzo di energie rinnovabili, impegno nella riduzione degli sprechi, impegno nella riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, esclusione dall’investimento di società che possiedono o gestiscono una centrale nucleare; - Sfera sociale: rispetto delle convenzioni internazionali per i diritti umani, esclusione

dall’universo investibile delle aziende che discriminano i lavoratori (per luogo d’origine, per sesso o per altro), che sfruttano i lavoratori o che usufruiscono del lavoro minorile o del lavoro forzato, che non tutelano la salute e la sicurezza dei lavoratori; - Sfera del buon governo: numero di amministratori indipendenti nel consiglio di

amministrazione, trasparenza nelle politiche di remunerazione e collegamento di una parte rilevante dei premi al raggiungimento di obiettivi di lungo periodo, impegno per il contrasto della corruzione;

- Sfera etica: esclusione delle imprese che producono o commerciano alcolici, tabacco, armi, pellicce o organismi geneticamente modificati, che traggono profitti dal gioco d’azzardo o dalla pornografia, che sperimentano cosmetici sugli animali.

Le metodologie per tenere conto di questi elementi nel processo decisionale sono molteplici, si va dall’esclusione di interi settori o singole società, all’aumento del peso delle aziende responsabili nel portafoglio di investimento, dal disinvestimento all’engagement. Per una disamina delle principali metodologie utilizzabili per investire in modo sostenibile si veda il capitolo 2 paragrafo 2.

(11)

6

2. Storia dell’investimento sostenibile

La prima pratica di investimento SRI utilizzata è stata lo screening negativo, l’esclusione dall’universo investibile, da parte di gruppi religiosi, delle compagnie che danneggiavano l’ambiente o che sfruttavano i lavoratori, come le aziende che utilizzavano schiavi al posto di operai salariati, o li facevano lavorare in condizioni pericolose, come le concerie o le imprese chimiche. Questo movimento ebbe inizio verso la metà del diciottesimo secolo ad opera dei metodisti e dei quaccheri. Successivamente, in concomitanza della guerra del Vietnam, alcuni gruppi di studenti e professori universitari riuscirono ad ottenere che le dotazioni finanziarie, delle Università statunitensi e dei fondi pensione del personale, non fossero investite nelle società produttrici di armamenti o fornitrici del Dipartimento della difesa. L’investimento sostenibile ebbe un ruolo importante anche nella lotta contro l’Apartheid, questo movimento capeggiato dal reverendo Leon Sullivan si avvalse dello strumento dell’azionariato attivo per spingere le multinazionali americane operanti in Sudafrica ad applicare le stesse regole e diritti a tutti i lavoratori, senza alcuna discriminazione.

Solo a partire dagli anni novanta del Novecento iniziarono ad essere utilizzate politiche di investimento più complesse, come lo screening positivo.

Ancora oggi la pratica di esclusione delle società, in base al settore di appartenenza, è quella più utilizzata, anche se in lieve calo, da quasi tutti i fondi SRI europei, forse per l’elevata semplicità di realizzazione. In fortissima crescita, invece, vi sono le metodologie di screening positivo, in particolare l’integrazione degli aspetti ESG nei processi di selezione delle imprese.

3. Situazione Europea 3.1 Unione Europea

In Europa l’attenzione all’investimento responsabile è molto forte: a conferma di ciò la Commissione Europea, tramite un comitato delegato a questo specifico compito, all’inizio del 20181 ha diffuso un piano di dieci azioni necessarie per uniformare la comunicazione, le metodologie e i requisiti nell’ambito degli investimenti SRI. I principali punti chiave individuati dal gruppo di esperti sono stati:

- Orientare i capitali verso investimenti responsabili, per creare una crescita sostenibile ed inclusiva;

1 Per approfondimenti si rimanda a: Commissione Europea (2018), Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile, Bruxelles 8 marzo 2018

(12)

7

- Gestire i rischi finanziari derivanti dai cambiamenti climatici, dall’esaurimento delle risorse, dal degrado ambientale e dai problemi sociali;

- Consolidare la stabilità finanziaria integrando i fattori ESG nel processo di investimento.

Come sostenuto autorevolmente da più parti, e confermato dalla Commissione Europea, il presupposto necessario per lo sviluppo degli investimenti responsabili è una tassonomia unificata per aumentare la chiarezza sulla sostenibilità delle scelte finanziarie.

3.2 Investimenti sostenibili negli Stati europei

Come è possibile notare nella tabella riportata in seguito, in Europa gli Stati più attenti all’investimento responsabile sono la Gran Bretagna, con oltre 7 miliardi di euro investiti, pari al 30,4% dell’intero investimento sostenibile europeo, e la Francia, con poco meno di 4 miliardi di euro investiti, pari a circa il 16,5% del totale degli investimenti SRI europei. Ad esclusione del Regno Unito la politica di investimento prevalente negli altri principali Stati europei è lo screening negativo, invece sul suolo inglese l’approccio principale è l’engagement. Le metodologie al secondo e terzo posto, utilizzate nei vari Stati, sono molto variabili, in Italia alla pratica di esclusione segue l’approccio selettivo positivo e per ultimo l’engagement.

(13)

8

Tabella 1. Investimenti sostenibili anno 2017 in Europa

Fonte dati: Eurosif (2018), European SRI 2018 Study, disponibile a http://www.eurosif.org/eurosif-2018-sri-studylaunch-event/, pag. 83 Milioni di euro investiti % sul tot categoria Milioni di euro investiti % sul tot categoria Milioni di euro investiti % sul tot categoria Austria 86.414 0,64% 19.740 0,39% 12.358 0,25% % strategia sul totale investito nello Stato Belgio 280.668 2,07% 122.250 2,41% 18.502 0,38% % strategia sul totale investito nello Stato Danimarca 261.128 1,93% 16.692 0,33% 23.820 0,49% % strategia sul totale investito nello Stato Francia 2.613.807 19,28% 1.237.747 24,36% 23.897 0,49% % strategia sul totale investito nello Stato Germania 1.537.950 11,34% 86.096 1,69% 92.084 1,90% % strategia sul totale investito nello Stato Italia 1.555.396 11,47% 233.383 4,59% 135.729 2,80% % strategia sul totale investito nello Stato Paesi Bassi 1.356.425 10,01% 719.442 14,16% 724.809 14,93% % strategia sul totale investito nello Stato Polonia 14.022 0,10% 2.500 0,05% 5.431 0,11% % strategia sul totale investito nello Stato Spagna 188.069 1,39% 100.195 1,97% 11.750 0,24% % strategia sul totale investito nello Stato Svezia 1.026.125 7,57% 330.989 6,51% 874.724 18,02% % strategia sul totale investito nello Stato Svizzera 2.413.232 17,80% 151.774 2,99% 77.925 1,60% % strategia sul totale investito nello Stato Regno Unito 2.223.785 16,40% 2.060.130 40,55% 2.854.400 58,79% % strategia sul totale investito nello Stato 5% 5% 90% 26% 7% 26% 12% 48% 81% 4% 33% 63% 25% 11% 64% 67% 10% 17% 73% 8% 6% 87% 4% 29% 67% 32% 1% 40% 29% 31% 3% 6% 91% 39% 15% 46% 2.800.676 11,92% 21.953 0,09% 7.138.315 30,38% 300.014 1,28% 2.231.838 9,50% 2.642.931 11,25% 3.875.451 16,50% 1.716.130 7,30% 1.924.508 8,19% 118.512 0,50% 421.420 1,79% 301.640 1,28%

Screening negativo Screening positivo Engagement Totale investimenti

SRI Stato

Peso Stato sul totale investimenti

(14)

9

4. Cambiamento climatico e conseguenti rischi finanziari

Il 12 dicembre 2015 195 Governi hanno firmato l’Accordo di Parigi, un impegno al mantenimento dell’incremento della temperatura mondiale al di sotto di 2° centigradi, con l’obiettivo di riuscire a limitare l’aumento a 1,5°. Questo accordo è stato sottoscritto prendendo consapevolezza dei rischi e dei danni che si verificherebbero in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi. Gli eventi catastrofici che potrebbero realizzarsi stanno già mostrando le avvisaglie con ingenti danni economici e soprattutto sociali in tutto il mondo. Tra il 2007 e il 2016 le perdite economiche a livello mondiale dovute ad eventi meteorologi estremi, sono aumentate dell’86% raggiungendo l’importo record di 117 miliardi di euro nel solo anno 2016, anno che tra l’altro è stato il più caldo da quando si è iniziato a tener conto delle temperature terresti nel 1880. Guardando all’Italia nel solo anno 2015 i costi per le ricostruzioni dovute alle inondazioni sono stati superiori a tre miliardi di euro, di cui gran parte pagati direttamente dai privati, essendo privi di assicurazione. Occorre un intervento rapido e deciso, le perdite stimate derivanti dal cambiamento climatico sono superiori al 5% del PIL mondiale, mentre il costo per evitare queste catastrofi è stato valutato inferiore all’1%. Tra l’altro, secondo molteplici studi, tra cui quello del New Climate Institute e quello di Greenpeace Energy [r]evolution, la migrazione verso un’economia più pulita permetterebbe di creare posti di lavoro aggiuntivi, rispetto alla forza lavoro impiegata dall’industria dell’energia tradizionale. Quindi l’ecosostenibilità, oltre a permetterci di evitare le perdite economiche e sociali, ci aiuterebbe a crescere economicamente.

Queste considerazioni devono essere tenute presenti durante le scelte finanziarie: investire in aziende non sensibili al tema ambientale rischia di tradursi in pesanti perdite finanziarie. L’aumento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare, la maggior frequenza ed intensità dei fenomeni atmosferici comporterebbero, tra le altre conseguenze, danneggiamenti ai beni delle imprese, minor produttività dei terreni e difficoltà di reperimento delle materie prime. Tutto ciò avrebbe ricadute sui profitti delle società e quindi sul rendimento corretto per il rischio per l’investitore. È immaginabile inoltre che nel prossimo futuro vi sia l’introduzione di nuovi metodi di produzione e di nuovi prodotti, con l’obiettivo di ridurre l’impatto sul cambiamento climatico e/o di adattarsi ai cambiamenti già verificatesi. Investire in compagnie che non colgono queste opportunità, rimanendo ancorate agli attuali standard produttivi, comporterebbe sicuramente perdite finanziarie o quantomeno performance inferiori rispetto all’investimento in aziende innovative, che si troverebbero con un vantaggio competitivo

(15)

10

sui concorrenti. Inoltre, le regolamentazioni dovranno diventare sempre più stringenti, se si vorranno mantenere gli impegni presi con l’Accordo di Parigi, questo creerà per le società anticipatrici, che già oggi adattano a standard ambientali più avanzati la produzione, la distribuzione e il portafoglio prodotti, un vantaggio competitivo sui competitors. All’aumentare della sensibilizzazione ai problemi dell’ecosostenibilità, le imprese poco rispettose dell’ambiente rischieranno di subire sempre maggiori perdite economiche, dovute a pesanti sanzioni, e finanziarie, causate dal tracollo dei prezzi di mercato delle azioni, qualora fossero al centro di uno scandalo ambientale. Già oggi le conseguenze, almeno per quanto riguarda i prezzi di Borsa, dei disastri naturali sono molto pesanti, basti pensare al crollo di oltre il cinquanta percento del valore delle azioni di British Petroleum dopo il tragico sversamento nel Golfo del Messico di milioni di litri di petrolio. Come se non bastasse è stato calcolato che entro il 2050 vi saranno oltre duecento milioni di profughi ambientali, costretti ad emigrare a causa del deterioramento dell’habitat di provenienza. Oltre a tutto ciò, il crescente inquinamento comporterà maggiori costi socio-sanitari, derivanti dall’aumento delle malattie.

L’investitore, se non tenesse conto di questi fattori nelle scelte di investimento, si ritroverebbe a dover subire perdite crescenti derivanti dal realizzarsi degli eventi negativi preannunciati. Potrebbe però approfittare di tutto ciò per ottenere performance interessanti, se investisse con una logica di lungo periodo in aziende sensibili a questi temi. Infatti, nel momento in cui tutte le altre società dovranno adeguarsi, le first movers avranno un notevole vantaggio competitivo.

(16)

11

II I motivi che portano all’investimento sostenibile e le principali

politiche di investimento utilizzate

1. Motivi che portano all’investimento sostenibile

I mercati della finanza sostenibile variano dimensionalmente in modo considerevole da uno Stato ad un altro. Le motivazioni di queste differenze sono state studiate da numerosi accademici e professionisti. Scholtens e Sievanen (2013) analizzando le differenze del movimento SRI in quattro Stati molto simili tra loro, ma diversi nell’oggetto della ricerca, quali Danimarca, Finlandia, Norvegia e Svezia, hanno scoperto che alcuni fattori determinanti per l’incremento degli investimenti responsabili sono la diffusione dei fondi pensione e del risparmio gestito, l’apertura e lo sviluppo dell’economia, in particolare la disponibilità di capitali e lo sviluppo dei mercati regolamentati, l’avversione al rischio media della popolazione e il grado di femminismo della società. Borges, Derwall, Koedijk, Ter Horst (2015) hanno trovato che anche i fondi convenzionali, se la clientela di riferimento è sensibile al tema, evitano di investire in azioni controverse, al pari dei fondi SRI. Hanno anche riscontrato che, a differenza di quanto si potrebbe ritenere, la religiosità della comunità di riferimento non è un fattore determinante nell’allocazione delle risorse da parte dei fondi tradizionali, al contrario i fondi domiciliati in Stati fortemente religiosi sembrano investire in modo maggiore in titoli di imprese ritenute controverse.

Molteplici studi hanno focalizzato l’attenzione sul singolo risparmiatore ossia, basandosi su questionari inviati agli investitori, hanno investigato i motivi delle scelte finanziarie sostenibili. Bauer, Rouf e Smeets (2018) hanno condotto un’indagine su oltre duemilacinquecento investitori tedeschi e Nilsson (2018) ha formulato un sondaggio analogo su oltre duemila svedesi. I risultati riportati negli articoli mostrano che, a differenza delle scelte di allocazione di capitali su titoli convenzionali, l’investimento SRI non è guidato dall’aspettativa di rendimenti finanziari corretti per il rischio superiori alle alternative. È stato riscontrato invece che più della metà dei soggetti intervistati non è interessata ad una performance migliore e oltre il 40% del campione si è detto disponibile ad investire in modo responsabile anche se questo dovesse comportare un rendimento inferiore all’investimento non sostenibile. La componente finanziaria comunque gioca un ruolo, anche se secondario, infatti all’aumentare della performance attesa aumenta la probabilità che l’investitore investa in modo sostenibile e al ridursi del rendimento atteso la probabilità diminuisce. A simili risultati sono giunti anche Riedl e Smeets (2017),

(17)

12

elaborando i dati provenienti da un campione di investitori olandesi, aggiungendo che costoro sono disposti a pagare costi superiori pur di investire in fondi SRI al posto di fondi tradizionali. Tutti gli studiosi hanno trovato che la motivazione che spinge maggiormente all’investimento sostenibile è l’attitudine prosociale, ossia la propensione al miglioramento del benessere del prossimo, per ragioni non solo altruistiche. Riedl e Smeets (2017) hanno cercato di capire se gli investitori vedano questa tipologia di allocazione dei capitali come un atto di carità. Il risultato è che coloro che detengono fondi SRI donano mediamente il 41% in più, rispetto agli investitori non sensibili al tema, quindi sembra che questo tipo di investimento non venga visto come un’alternativa alla donazione caritatevole, ma come una metodologia differente rispetto a quella classica, che considera solo la componente finanziaria e non anche l’impatto ambientale e/o sociale delle scelte. Collegata a questa motivazione vi è quella di aumentare la propria reputazione sociale attraverso un investimento che rispetta i principi ESG-E, gli studiosi hanno evidenziato che questo fattore è presente ma non è determinante, inoltre Riedl e Smeets (2017) hanno riscontrato che i soggetti che sono spinti da questo obiettivo tendono ad investire una parte limitata del loro portafoglio in fondi e azioni sostenibili, il minimo per poter incrementare il proprio status sociale. Un’altra motivazione rilevante per detenere quote di fondi responsabili è la percezione dell’efficacia dell’investimento nella soluzione al problema ambientale e/o sociale indicato dalla società di gestione. Riedl e Smeets (2017) hanno portato alla luce che anche l’orizzonte temporale influisce nella scelta, infatti gli investitori con un periodo di investimento più lungo tendono ad investire maggiormente nei fondi SRI e, in modo biunivoco, coloro che detengono quote di fondi sostenibili hanno un orizzonte di investimento maggiore. Un ulteriore fattore per detenere titoli di aziende responsabili è la dimensione del portafoglio di investimento: all’aumentare di questa cresce la probabilità che il soggetto detenga azioni di imprese sostenibili, anche se non cresce proporzionalmente anche la percentuale investita. Infine, Nilsson (2008) ha notato che gli investitori sensibili al tema è più probabile che siano giovani, donne e con una elevata cultura, anche finanziaria.

2. Principali politiche di investimento 2.1 Screening negativo

Lo screening negativo è l’approccio all’investimento SRI più comune e più semplice da attuare, in quanto consiste nell’esclusione dall’universo investibile dei titoli di società ritenute non responsabili, perché non rispettose di determinati requisiti minimi o perché

(18)

13

operanti in settori controversi. Gli standard minimi possono essere individuati dal singolo investitore o dal gestore del patrimonio investito, come per esempio l’esclusione di un’impresa che ha commesso atti deplorevoli, come lo sfruttamento del lavoro minorile ad opera di Nike tra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000, oppure si può far riferimento a regole o norme internazionali relative all’ambiente e/o ai diritti umani, come l’UN Global Compact, le linee guida dell’OECD e le Convenzioni ILO. In alternativa è comune l’esclusione di interi settori industriali: a livello europeo le aziende più frequentemente escluse sono quelle i cui profitti provengono parzialmente o totalmente dal gioco d’azzardo, dalle armi, dal tabacco, dalla pornografia, dalla produzione di energia nucleare, dall’alcol, dagli organismi geneticamente modificati e dai cosmetici testati sugli animali. Il principale problema di questa politica di investimento è che l’esclusione dall’investimento di interi settori non aiuta il progresso verso un mondo più sostenibile in quanto alcuni beni, pur essendo potenzialmente controversi, sono necessari e non smetteranno di essere prodotti. Un esempio potrebbe essere quello della produzione di armamenti che, anche se troppo spesso utilizzati per colpire vittime innocenti, sono indispensabili per la nostra sicurezza, se usati dalle nostre forze armate. L’esclusione a priori dei produttori di armi comporta che anche le imprese più avanzate, dal punto di vista della sostenibilità, vengano comunque escluse; un’impresa che voglia produrre armi sempre rintracciabili, che quindi non potrebbero finire nel mercato nero ed essere utilizzate da criminali successivamente non individuabili, non verrebbe premiata per la scelta innovativa. Sarebbe opportuno, ma è una scelta non generalizzabile, utilizzare lo screening negativo solo per le compagnie che hanno violato norme minime imperative, mentre negli altri casi l’utilizzo dello screening positivo sarebbe da preferire, per spingere le aziende e i settori al miglioramento.

2.2 Screening positivo

Lo screening positivo si sostanzia nell’investimento in titoli di società con elevati standard di responsabilità ambientale, sociale e/o con un elevato livello di governance. Questo approccio ha l’obiettivo di spronare le imprese al miglioramento della loro sostenibilità, in modo da poter essere finanziate dagli investitori responsabili. L’attenzione del prestatore di capitali può essere focalizzata su un singolo aspetto della sostenibilità, ma è più frequente la valutazione congiunta dei tre componenti ESG. Rispetto allo screening negativo questa pratica è più complessa perché occorre valutare la responsabilità di tutte le aziende, per poter individuare le migliori cui prestare le risorse finanziarie. Questo

(19)

14

sforzo, come teorizzato da Tobias Moskowitz, viene ripagato in quanto considerare gli aspetti ESG delle società in cui si intende investire permette di compiere scelte finanziarie migliori, perché se da un lato la limitazione dell’universo investibile riduce la potenziale diversificazione del rischio, dall’altro permette di considerare informazioni aggiuntive e di maggiore qualità, che permettono di raggiungere performance almeno in linea, se non migliori, rispetto al rendimento corretto per il rischio ottenibile con un investimento convenzionale.

Nemmeno questa politica di investimento è priva di lati negativi, si rischia infatti di investire in società che comparate con le altre imprese del settore sono più sostenibili, ma che non lo sono in termini assoluti, il fatto che una condotta sia migliore della media non implica però che questa sia accettabile. Per di più, una volta che un’impresa ha raggiunto elevati standard rispetto ai concorrenti non sarà più incentivata al miglioramento.

La principale metodologia di screening positivo è il best-in-class, che si concretizza nella selezione delle compagnie con i punteggi più alti di responsabilità di ogni settore industriale. Un ulteriore approccio è l’investimento tematico, ossia la selezione di titoli di imprese legate ad un determinato argomento, in modo da spingere al miglioramento quello specifico settore. Esempi potrebbero essere l’investimento nel settore delle energie rinnovabili, del trasporto sostenibile, dell’efficienza energetica, dell’utilizzo delle risorse naturali in modo responsabile, del miglioramento nella gestione delle risorse idriche e/o in generale l’investimento in aziende che si impegnano per il contrasto al cambiamento climatico. L’investimento tematico, pur rimanendo secondario, ha avuto un incremento esponenziale negli ultimi anni in Europa e soprattutto in Italia. Può essere ricondotto allo screening positivo anche l’investimento d’impatto, che mira ad un ritorno dal punto di vista ambientale e/o sociale e solo secondariamente finanziario, esempi sono il crowdfunding, il microcredito, i green bond, i social bond e i social impact bond.

2.3 Engagement

L’engagement è una tecnica di pressione sulla compagnia di cui si detengono quote del capitale sociale affinché migliori la sostenibilità. Vari sono i modi che possono essere seguiti per spingere l’impresa al miglioramento: frequenti incontri con il management dell’impresa per fornire pareri e suggerimenti sui temi della responsabilità, l’azionariato attivo, ossia l’esercizio dei diritti partecipativi durante le assemblee dei soci per incrementare la sostenibilità dell’azienda, la comunicazione all’esterno del comportamento dell’impresa, in modo da influenzare le scelte degli altri portatori di interesse, come i clienti

(20)

15

e i finanziatori, ed indirettamente spronare la società al miglioramento. L’obiettivo di questa metodologia di investimento è influenzare, e auspicabilmente modificare, le scelte dell’impresa affinché siano maggiormente responsabili o aumentare la trasparenza sul comportamento dell’azienda affinché altri stakeholder, come i consumatori, possano prendere decisioni informate. Molto frequentemente questa pratica viene realizzata da azionisti riuniti in gruppi di pressione, questo perché all’aumentare del pacchetto azionario detenuto da tali soci aumenta la sollecitazione al miglioramento percepita dall’impresa. Spesso a questo approccio viene affiancato quello del disinvestimento, ossia se l’impresa non migliora i propri comportamenti gli azionisti iniziano a minacciare e poi a vendere le quote detenute. La dismissione, affinché abbia maggior successo, dovrebbe essere graduale, in modo da spronare l’impresa all’avanzamento, ma al tempo stesso mantenere un certo numero di azioni in modo da poter esprimere il proprio pensiero durante le assemblee dei soci.

(21)
(22)

17

III Performance finanziaria

1. Rendimento corretto per il rischio degli investimenti sostenibili

Investire in modo sostenibile potrebbe da una parte rappresentare un costo, dovuto alla riduzione dell’universo investibile con il conseguente affievolimento del potere di diversificare il rischio, dall’altra potrebbe permettere un incremento del rendimento corretto per il rischio, perché le aziende responsabili hanno un vantaggio competitivo sui loro concorrenti. Come documentato da Orlitzky, Schmidt e Rynes (2003) prendendo in esame cinquantadue studi, contenenti quasi trentaquattromila osservazioni, a livello di singola impresa essere sostenibili permette di aumentare gli utili, questo perché le società responsabili riescono ad incrementare la loro reputazione, con effetto positivo sulla capacità di attirare dipendenti e manager di talento, investitori, banche e consumatori sensibili al tema SRI, le imprese sostenibili possiedono inoltre una migliore conoscenza del mercato, dell’ambiente di riferimento e delle tecnologie esistenti, infine possono, focalizzando l’attenzione anche sull’efficienza, migliorare i processi produttivi e distributivi. Lo studio condotto ha scoperto che vi è una relazione positiva e biunivoca tra corporate sustainable performance e corporate financial performance, vi è un circolo virtuoso dove la sostenibilità permette di aumentare i margini e maggiori utili danno la possibilità di effettuare nuovi investimenti per l’incremento della responsabilità sociale e/o ambientale. Per di più un’impresa avanzata dal punto di vista sociale e/o ambientale avrà un vantaggio competitivo sui competitors nel momento in cui le regolamentazioni diventeranno più stringenti, perché queste aziende innovatrici saranno già adeguate alle nuove norme. Auer (2016) ha verificato, su un campione di quasi novecento società europee, di cui oltre cinquecento con rating ESG, se un portafoglio sostenibile permette di ottenere una performance migliore di un portafoglio che non lo è, trovando che già la semplice esclusione delle imprese senza rating fa ottenere all’investitore un vantaggio in termini di maggiore rendimento aggiustato per il rischio. L’autore ha trovato che tenere in considerazione i temi ambientali, sociali e del buon governo permette di aumentare la performance finanziaria, oltre al conseguimento di soddisfazioni non economiche. Per finire ha messo in luce che l’aumento dell’intensità della selezione, riducendo i titoli acquistabili e quindi il potenziale di diversificazione, oltre un certo livello fa diminuire il rendimento del portafoglio, quindi per ottenere le migliori performance bisognerebbe tenere conto dei rating ESG, ma non ridurre eccessivamente l’universo investibile. Come

(23)

18

provato da Gil-Bazo, Ruiz-Verdù e Santos (2010), su un campione di ottantasei fondi SRI e quasi milleottocento fondi tradizionali domiciliati negli Stati Uniti, nel periodo 1997-2005, i fondi sostenibili hanno ottenuto performance migliori, soprattutto se gestiti da società specializzate in fondi responsabili, e hanno caricato mediamente un costo inferiore rispetto ai fondi non SRI. Un simile risultato è stato trovato anche da Brzeszczynski e McIntosh (2014) guardando ai fondi inglesi sostenibili, che hanno sovraperformato il mercato, anche tenendo conto di una stima ragionevole dei costi di transazione. Gli studiosi hanno messo in luce inoltre che i fondi responsabili tendono a performare meglio durante i periodi di recessione, rispetto ai periodi di espansione. Laurel-Fois (2018) ha concentrato l’attenzione sul rischio di un portafoglio di imprese SRI ed è giunto ad una interessante spiegazione: escludere le aziende non responsabili inizialmente comporta un aumento del rischio, dovuto a una minore diversificazione, ma successivamente il rischio inizia a decrescere, per effetto delle maggiori e migliori informazioni a disposizione del gestore del portafoglio, che ha la possibilità di selezionare le società più stabili. Per di più ha scoperto che l’aumento dell’intensità dello screening dei fondi SRI permette di diminuire la volatilità dei cash flow: gli investitori tendono a ridurre la loro propensione ad uscire dal fondo, in caso di rendimenti inferiori alle aspettative o negativi, rispetto a quanto accade nei fondi convenzionali. Questo effetto interviene solo da un certo livello di selezione in poi, inizialmente gli aderenti al fondo tendono a vendere con maggiore facilità le quote detenute, aumentando la volatilità dei cash flow, ciò è ragionevole perché questi fondi non hanno ancora una chiara e dichiarata idea di sostenibilità, però d’altra parte vi è una riduzione della diversificazione. Raggiungendo livelli di sostenibilità maggiori gli investitori non vedono più l’investimento solamente dal punto di vista finanziario, ma cominciano a prendere coscienza della possibilità di migliorare il mondo attraverso l’allocazione dei loro risparmi.

Una particolare strategia di investimento è stata testata da Kempf e Osthoff (2007): andare lunghi su un portafoglio con elevati rating ESG e andare corti su un portafoglio con bassi livelli di sostenibilità. Questa strategia ha permesso di ottenere elevati extra-rendimenti rispetto al mercato, anche tenendo conto dei costi di transazione. La massima performance che sono riusciti ad ottenere la hanno avuta utilizzando due approcci: screening negativo, per escludere le società che producono o commerciano alcol, tabacco, armamenti o che traggono profitti dal gioco d’azzardo o dalla produzione di energia nucleare, e best-in-class, per selezionare le imprese con rating di sostenibilità più elevati. Un rendimento molto alto è stato trovato anche con una strategia long-short, basata sulla qualità della

(24)

19

relazione con la comunità e con i lavoratori, vendendo corto i titoli delle aziende con bassi livelli qualitativi e comprando quelli delle imprese più responsabili.

Quindi in generale sembra che gli investimenti sostenibili performino abbastanza bene, tuttavia è opportuno analizzare le performance derivanti da diverse metodologie di investimento responsabile.

2. Le performance delle diverse politiche di investimento

Adottare un approccio all’investimento SRI, al posto di un altro, comporta rendimenti finanziari decisamente diversi: questo è quanto è stato dimostrato da molteplici studi sulle performance dei fondi comuni SRI. Trinks e Scholtens (2017) hanno trovato che lo screening negativo ha ingenti effetti sfavorevoli sulla performance, hanno spiegato questo fenomeno guardando alla capitalizzazione mondiale delle società legate a settori controversi: queste rappresentano il 12% della capitalizzazione di mercato, quindi escluderle dal portafoglio comporta una rilevante riduzione della possibilità di diversificare il rischio. I settori considerati controversi, che pesano maggiormente a livello di capitalizzazione, sono alcol ed energia nucleare. Inoltre hanno scoperto che le sin stocks hanno generato extra-rendimenti rispetto al mercato nel periodo 1991-2012, in particolare le imprese produttrici o venditrici di alcolici e tabacco. Analogamente Hong e Kacperczyk (2009) hanno messo in luce che i titoli delle società controverse americane, legate alla produzione e commercializzazione di alcolici, tabacco o che traggono profitti dal gioco d’azzardo, nel periodo 1980-2003, hanno sovraperformato il mercato. Gli studiosi hanno attribuito la causa di questa over-performance al fatto che spesso questi titoli vengono esclusi dagli investitori istituzionali, modificando di conseguenza il prezzo di equilibrio di mercato, dato che vi è una minore domanda di queste azioni. Revelli e Viviani (2015) hanno messo a confronto gli studi sul rendimento dei fondi SRI americani ed europei, inerenti al periodo 1972-2012, trovando che i fondi domiciliati negli Stati Uniti usano prevalentemente screening negativi e l’azionariato attivo, mentre i fondi europei usano maggiormente screening positivi e best-in-class. Guardando all’insieme degli studi, hanno trovato che solo nel 26% di questi l’investimento SRI ha provocato una performance negativa, nel 21% dei casi ha dato all’investitore un rendimento superiore e nel 53% ha fornito una performance in linea con l’investimento tradizionale. Oltre a ciò, hanno trovato che i fondi che misuravano la performance su un orizzonte temporale breve tendevano ad avere un rendimento inferiore e negativo, ma all’aumentare del periodo di investimento la selezione di azioni sostenibili aveva permesso di ottenere performance più stabili. La

(25)

20

spiegazione trovata è che le società scelte avevano un minor rischio di fallimento, soprattutto dovuto al rischio inferiore di incorrere in problemi ambientali e/o sociali. Per finire hanno riscontrato che l’integrazione della considerazione degli aspetti ESG nel processo di scelta dei titoli permette di beneficiare degli aspetti non finanziari, senza comportare un costo per l’investitore, perché il mercato SRI è sufficientemente ampio e liquido, quindi non vi è una sostanziale limitazione della diversificazione. Capelle-Blancard e Monjon (2014), studiando un campione di centosedici fondi SRI francesi, hanno notato che all’aumentare del numero di screen utilizzati la performance inizialmente diminuisce, ma successivamente comincia ad aumentare nuovamente, in particolare sembra che il numero di filtri da utilizzare debba essere superiore a cinque/sette. Preferibilmente è da evitare la pratica di esclusione di interi settori economici ritenuti controversi, in quanto questa riduce il rendimento del portafoglio. D’altra parte utilizzare una metodologia di selezione più complessa, per esempio evitare società che non rispettano i diritti dei lavoratori o hanno standard ambientali molto bassi, sembra non influire negativamente sul rendimento. Dei centosedici fondi SRI però meno della metà coniuga una politica di esclusione ad una best-in-class. La maggioranza dei fondi che filtra le imprese lo fa sulla base del settore industriale. A differenza di quanto riscontrato dagli studiosi, meno del dieci percento dei fondi esclude imprese che non rispettano la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo o la convenzione OIL sui diritti dei lavoratori. Barnett e Salomon (2006) sono giunti ad una considerazione simile: lo screening negativo, soprattutto se limita in modo importante l’universo investibile, provoca un danno per l’investitore, mentre tecniche più complesse, come la best-in-class, hanno una relazione positiva con le performance.

Riassumendo, la limitazione delle azioni detenibili, sulla base dell’appartenenza settoriale, seppur molto semplice da attuare, sembra portare ad una riduzione del rendimento, forse dovuto ad una restrizione delle possibilità di diversificazione, senza una proficua valutazione delle aziende. Metodologie di investimento più complesse, d’altra parte, forniscono un vantaggio tangibile per l’investitore, permettendo di aumentare la performance finanziaria e dando la possibilità di conseguire vantaggi non finanziari, come il sapere di aver contribuito al miglioramento del comportamento delle imprese.

A questo punto può essere interessante capire se gli investitori sono interessati ad una politica di investimento più complessa, che guardi al comportamento nella sua interezza, oppure all’esclusione di determinati settori a prescindere, perché considerati contrari alle proprie convinzioni morali. Berry e Junkus (2013), intervistando oltre cinquemila

(26)

21

americani, hanno cercato di rispondere a questa domanda. Sembra che gli investitori abbiano una concezione dell’investimento SRI olistica, nel senso che ritengono una società responsabile, oppure no, sulla base del comportamento complessivo, piuttosto che di uno specifico prodotto venduto o di una singola condotta aziendale considerabile controversa. I rispondenti sembrano preferire una tecnica di inclusione degli aspetti ESG nella selezione delle aziende, al posto di un approccio di esclusione. Focalizzando l’attenzione sulle risposte ai quesiti di ecosostenibilità, gli intervistati sembrano maggiormente interessati alla performance ambientale complessiva e sull’impatto dei prodotti, mentre, ad esempio, meno del 10% ritiene importante l’esclusione delle centrali nucleari dal portafoglio. Un altro aspetto rilevante per gli intervistati è la condotta dell’impresa dal punto di vista legale e della buona gestione. Tra l’altro la maggioranza dei fondi, quando esclude le imprese o i settori, non concentra sufficientemente l’attenzione sui prodotti che gli investitori effettivamente vorrebbero escludere dal portafoglio, che sono: società legate al mondo della pornografia, del tabacco e del gioco d’azzardo. Solamente meno della metà degli intervistati ha risposto che non vorrebbe investire in compagnie legate alla produzione di alcolici, ritenendo opportuno che alcuni di questi, come birra e vino, vadano bene in determinate circostanze e non in altre, ma che non siano da escludere a priori. Molti rispondenti hanno sollecitato l’attenzione alle buone e sicure pratiche lavorative, al rispetto dei diritti umani e alla sicurezza dei prodotti. Da questo studio è emerso che le tecniche utilizzate più frequentemente dai fondi SRI non sono richieste dagli investitori e, come se non bastasse, determinano una riduzione del rendimento.

3. Le performance degli investimenti ecosostenibili

Viste le considerazioni sull’importanza del rispetto dell’ambiente anche nelle scelte d’investimento interessante è analizzare la performance dell’investimento ecosostenibile. Ibikunle e Steffen (2017) hanno confrontato il rendimento di tre portafogli composti da fondi comuni: il primo costituito da centosettantacinque fondi attenti all’ambiente, il secondo composto da più di duecentocinquanta fondi irrispettosi e l’ultimo contenente oltre novecento fondi convenzionali2. I fondi green inizialmente avevano avuto una

2 Sono stati confrontati dagli autori 1410 fondi, di cui 175 green e 259 black, i restanti erano fondi convenzionali. I fondi green selezionati dagli autori investivano in società che avevano dimostrato una condotta eccezionalmente amica dell’ambiente, come una produzione con un basso impatto ambientale, un’attenzione particolare alla protezione delle risorse naturali, avevano sviluppato progetti di efficientamento energetico, facevano utilizzo di energie rinnovabili oppure avevano altri meriti dal punto di vista ambientale. I fondi black invece investivano in società utilizzatrici di fonti di energia particolarmente inquinanti, come il carbone, oppure che avevano un business legato allo sfruttamento delle risorse naturali, come l’estrazione,

(27)

22

performance inferiore agli altri fondi, all’opposto quelli black avevano i rendimenti più alti, sovraperformando tutti gli altri. Passando agli anni più recenti, dopo il 2012, i fondi verdi hanno avuto un rendimento superiore a quelli neri e hanno raggiunto una performance in linea con i tradizionali. Nello stesso periodo, i fondi black, hanno iniziato ad avere rendimenti inferiori a tutti gli altri. Questo forse dimostra un cambio di paradigma: l’aumento dei rischi ambientali ha portato ad una riduzione dei rendimenti delle compagnie irrispettose dell’ambiente, mentre la crescente importanza dei temi della sostenibilità ha permesso alle aziende più avanzate di conseguire rendimenti crescenti. Per di più il numero di imprese rispettose dell’ambiente è cresciuto nel tempo, questo ha permesso ai fondi green di scegliere tra un numero maggiore di società, riducendo il costo della minore diversificazione. A considerazioni simili sono giunti anche Climent e Soriano (2011): gli investimenti verdi hanno inizialmente sottoperformato rispetto a quelli convenzionali e a quelli SRI, ma in un periodo successivo hanno ottenuto rendimenti molto simili. Anche in questo caso sembra che una delle cause dell’iniziale performance negativa sia la presenza di poche aziende green, con conseguenti possibilità di diversificazione molto scarse.

4. L’investimento sostenibile e le crisi economiche

Molteplici studi hanno focalizzato l’attenzione sulla performance dei fondi SRI durante le crisi economiche, arrivando a risultati di sicuro interesse per l’investitore. Leite e Cortez (2015) hanno verificato il rendimento dei fondi francesi durante tre crisi economiche: da gennaio 2001 a marzo 2003, causata dalla bolla tecnologica, da giugno 2007 a febbraio 2009, crisi dei mutui sub-prime, e da maggio 2011 a maggio 2012, crisi dei debiti sovrani di alcuni paesi dell’Eurozona. In tutti i periodi di crisi, i fondi sostenibili hanno avuto una performance superiore ai fondi convenzionali, mentre hanno sottoperformato durante i periodi di espansione. Anche in questo caso i rendimenti migliori sono stati registrati dai fondi che utilizzavano screening positivi, in particolare quelli che tenevano conto dell’aspetto ESG delle imprese in cui investivano. Quelli che invece avevano seguito un approccio di esclusione hanno avuto rendimenti inferiori ai fondi tradizionali durante i periodi positivi, mentre hanno ottenuto una performance in linea con questi, senza riuscire a batterli, durante i periodi negativi per l’economia. Gli studiosi hanno analizzato anche l’abilità di stock selection e di market timing, scoprendo che, per tutti i fondi, i gestori

il trasporto, lo stoccaggio, la raffinazione, la vendita e/o l’utilizzo di risorse naturali, come i minerali, il petrolio o altre materie prime. Infine, i fondi convenzionali investivano in società appartenenti a diversi settori industriali senza l’utilizzo di filtri settoriali.

(28)

23

hanno dimostrato incapacità di anticipare l’andamento futuro del mercato. Quindi la differenza di rendimento sembra essere spiegata dal diverso universo di investimento di riferimento. Analoghi risultati sono stati trovati per il mercato spagnolo da Ortas, Moneva, Burritt e Tingey-Holyoak (2014). È stato scoperto che i fondi SRI hanno una maggiore resilienza, consentono di evitare i ribassi più acuti delle crisi e permettono anche di recuperare più velocemente quanto perso. Nofsinger e Varma (2014) hanno calcolato la performance di duecentoquaranta fondi sostenibili americani, ottenendo conclusioni analoghe ai colleghi francesi e spagnoli.

(29)
(30)

25

IV La percentuale di investimento sostenibile ottimale per l’investitore

1. Portafogli azionari

1.1 Introduzione metodologica

Il primo obiettivo è stato l’individuazione della percentuale ottimale di investimento responsabile, per un portafoglio di un investitore privato molto facoltoso oppure per un piccolo investitore istituzionale3, come una Fondazione, ossia la percentuale che permettesse all’investitore di raggiungere performance finanziarie almeno in linea con l’andamento del mercato europeo, considerando altresì la sostenibilità delle scelte di investimento. Per fare ciò è stato considerato l’investimento in un portafoglio azionario, composto solamente da società responsabili, confrontandolo con l’investimento in un portafoglio convenzionale, rappresentato da due ETF replicanti l’indice europeo Stoxx 600 Europe. Sono stati creati diciotto portafogli, con percentuali di investimento sostenibile e convenzionale inversamente correlate, all’aumentare dell’investimento SRI l’investimento convenzionale decresceva. I primi portafogli che l’investitore avrebbe acquistato sarebbero stati creati il 1° gennaio 2016, per la costruzione di questi portafogli sono stati considerati i rendimenti logaritmici settimanali degli anni 2013, 2014 e 2015, sia dei titoli azionari, sia degli ETF. Per la scelta dei titoli da inserire nel portafoglio responsabile sono stati considerati due criteri: la presenza nell’indice SRI NYSE Euronext Vigeo Eurozone 120 e la presenza nell’indice Stoxx 600 Europe4. Come proxy dell’investimento convenzionale sono stati considerati due ETF con capitalizzazione dei dividendi: Invesco Stoxx Europe 600 e Xtrackers Stoxx Europe 600. La strategia utilizzata, per la selezione dei titoli e della percentuale di investimento in ciascuno di essi, è stata la minimizzazione dell’Expected

3 Si ritiene che un investitore istituzionale di piccole dimensioni, seppur con un capitale gestito necessariamente superiore (visti i maggiori costi fissi che dovrebbe supportare rispetto ad una gestione patrimoniale per un investitore privato), applicherebbe una politica di investimento molto simile, eventualmente con modifiche marginali.

4 È stato scelto l’indice Stoxx Europe 600 in quanto è un indice molto ampio, rappresentativo di gran parte della capitalizzazione di mercato europea.

<<The STOXX Europe 600 Index is derived from the STOXX Europe Total Market Index (TMI) and is a subset of the STOXX Global 1800 Index. With a fixed number of 600 components, the STOXX Europe 600 Index represents large, mid and small capitalization companies across 17 countries of the European region: Austria, Belgium, Denmark, Finland, France, Germany, Ireland, Italy, Luxembourg, the Netherlands, Norway, Poland, Portugal, Spain, Sweden, Switzerland and the United Kingdom.>> Fonte: Stoxx, disponibile a https://www.stoxx.com/index-details?symbol=SXXP.

(31)

26

Shortfall al 90%. Nei prossimi paragrafi verranno fornite maggiori informazioni sulla metodologia utilizzata.

1.2 Scelta dei titoli da inserire nel portafoglio azionario

Per la creazione dei portafogli azionari è stato preso in considerazione il mercato europeo, rappresentato dall’indice Stoxx 600 Europe, dando la possibilità di acquistare solamente le azioni delle società che fossero presenti anche nell’indice SRI NYSE Euronext Vigeo Eurozone 120, la cui composizione viene pubblicata semestralmente dalla società Vigeo Eiris.

Vigeo Eiris è un provider globale specializzato nei temi ESG, vanta oltre trecento clienti, tra cui investitori privati e professionali, imprese, autorità locali, Organizzazioni non Governative, e collabora con oltre centottanta analisti. Le attività che svolge sono molteplici, come la consulenza nell’integrazione dei criteri ESG nel business imprenditoriale e nell’emissione di strumenti di finanziamento sostenibili, ad esempio opera spesso come garante della trasparenza e della credibilità dell’emittente di green bond. Tra le altre funzioni, fornisce rating di sostenibilità agli investitori e struttura indici di aziende responsabili, uno dei principali è l’indice SRI NYSE Euronext Vigeo Eurozone 120, di cui pubblica semestralmente la composizione e che verrà utilizzato per la selezione delle azioni da inserire nei portafogli azionari. Questo indice integra politiche di esclusione e di inclusione: vengono escluse le società con un rating di sostenibilità complessivo o specifico inferiore ad un certo livello e/o le imprese che sono state al centro di una controversia su temi sociali e/o ambientali. Le aziende rimanenti vengono valutate, con conseguente attribuzione di un rating, seguendo trentotto criteri, divisi in sei aree di responsabilità ambientale, sociale e di governance. Gli indicatori sono:

- Ambientali: protezione, salvaguardia, prevenzione dai danni ambientali, implementazione di un’adeguata strategia manageriale, progettazione ecosostenibile, protezione della biodiversità e controllo dell’impatto sull’ambiente dell’intero ciclo di vita dei prodotti e dei servizi;

- Diritti umani: libertà sindacali, promozione della contrattazione collettiva, non discriminazione e promozione dell’uguaglianza, esclusione delle pratiche lavorative vietate, inumane o umilianti;

- Risorse umane: miglioramento continuo delle relazioni, sviluppo carrieristico, qualità delle condizioni lavorative;

(32)

27

- Relazioni con la comunità: contribuzione allo sviluppo economico e sociale dei territori e delle comunità, impegno concreto in favore del controllo dell’impatto sociale dei prodotti e dei servizi, trasparente e partecipata contribuzione a cause di interesse generale;

- Comportamento della società: tenere conto dei diritti e degli interessi dei clienti, integrazione degli standard sociali e ambientali nei processi di selezione dei fornitori e in tutta la catena di fornitura, efficace prevenzione della corruzione, rispetto delle norme sulla concorrenza;

- Governo della società: efficienza ed integrità, indipendenza ed efficacia del consiglio di amministrazione, efficacia ed efficienza del sistema di audit interna e dei controlli, tenere sotto controllo i rischi sociali e ambientali, rispetto dei diritti degli azionisti, soprattutto di quelli di minoranza, trasparenza e moderazione delle remunerazioni dei dirigenti e degli amministratori.

Le migliori 120 società vengono poi incluse nell’indice.

Sono stati presi in considerazione solamente i titoli delle società comprese sia nell’indice Stoxx Europe 600, sia nell’indice SRI NYSE Euronext Vigeo Eurozone 120 alla data:

- 31 dicembre 2012; - 30 giugno 2013; - 31 dicembre 2013; - 30 giugno 2014; - 31 dicembre 2014; - 30 giugno 2015; - 31 dicembre 2015.

Si è lasciata la possibilità di inserire nel portafoglio dell’investitore anche i titoli delle società che fossero stati esclusi dall’indice sostenibile per al massimo un semestre, per evitare che la composizione del portafoglio fosse modificata da passeggere riduzioni del rating SRI o da momentanee criticità, successivamente risolte.

I titoli così selezionati rappresentano l’universo investibile per i primi portafogli azionari, che vengono creati, seguendo la metodologia della minimizzazione dell’Expected Shortfall vincolata, al 1° gennaio 2016. Per i portafogli azionari successivi verrà effettuata la medesima selezione sempre escludendo le società non presenti nell’indice Stoxx Europe 600 o nell’indice SRI NYSE Euronext Vigeo Eurozone 120.

Analizzando brevemente i 94 titoli costituenti l’universo investibile è possibile notare che sono prevalentemente azioni di società francesi (49%), seguiti da titoli di aziende tedesche

(33)

28

(15%), italiane e olandesi (9%) e spagnole (7%). Di seguito viene riportato un grafico illustrativo della provenienza geografica dei titoli.

Grafico 1. Origine geografica dei titoli costituenti l’universo investibile al 1° gennaio 2016

Le società SRI che compongono l’universo investibile sostenibile, tra cui è possibile scegliere, appartengono prevalentemente al settore finanziario (19%), seguito dal settore dei beni di consumo ciclici (18%), dei beni industriali (15%), dei servizi di pubblica utilità (12%) e delle materie prime (10%). Di seguito viene riportato un grafico rappresentativo del settore industriale di appartenenza delle aziende.

(34)

29

Grafico 2. Settore industriale di appartenenza delle aziende costituenti l’universo investibile al 1° gennaio 2016

Le imprese responsabili individuate appartengono a segmenti di settore molto eterogenei, tra questi comunque spiccano il settore bancario, con il 9% delle aziende, il settore delle utility diversificate, con il 7%, il settore delle imprese chimiche, con il 6%, e i settori assicurativo, dell’automotive e della cosmesi, con il 5%. Nel proseguo viene presentata una tabella riassuntiva dei settori specifici cui appartengono le società.

Tabella 2. Settore di appartenenza delle aziende costituenti l’universo investibile al 1° gennaio 2016 Bancario 8 9% Utility diversificato 7 7% Specialty Chemicals 6 6% Assicurativo 5 5% Automotive 5 5% Cosmesi 5 5% Materiali costruzione 4 4% Telecomunicazioni 4 4% REIT - Office 3 3% Banks - Global 2 2% Beni di lusso 2 2% Carteria 2 2% Editoria 2 2% Gestione rifiuti 2 2% Industriale diversificato 2 2% Infrastrutture 2 2% Insurance - Reinsurance 2 2% Scarpe-accessori 2 2% Semiconduttori 2 2% Sistemi di comunicazione 2 2% Utility energia 2 2%

Aeroporti e compagnie aeree 1 1%

Aeroporti e compagnie aeree 1 1%

Aerospaziale e difesa 1 1% Agenzia pubblicitaria 1 1% Airlines 1 1% Alberghiero 1 1% Asset management 1 1% Beverages - Brewers 1 1% Catena supermercati 1 1% Cibo confezionato 1 1% Componentistica auto 1 1% Elettronica 1 1% Emittenti - Tv 1 1% Farmaceutico 1 1% Gomme e plastica 1 1% Information technology 1 1% Ingegneria-costruzione 1 1%

Oil & gas appaltatori 1 1%

Packaging & contenitori 1 1%

REIT - Diversificato 1 1%

Servizi commerciali 1 1%

Software 1 1%

Utility acqua 1 1%

(35)

30

Guardando alle asset class, cui appartengono le imprese costituenti l’universo investibile, è possibile notare che la maggior parte sono grandi società, il 70% sono large company, di cui il 38% large-value, mentre solamente un’azienda è di piccole dimensioni. Di seguito viene riportato un grafico rappresentativo delle asset class nelle quali è possibile suddividere le imprese.

Grafico 3. Asset class delle aziende costituenti l’universo investibile al 1° gennaio 2016

1.3 Metodologia utilizzata per la costruzione dei portafogli

Inizialmente sono stati creati diciotto portafogli con percentuali di titoli responsabili decrescenti: partendo da un portafoglio costituito solamente da società SRI è stato gradualmente diminuito il grado di sostenibilità fino ad arrivare ad un portafoglio convenzionale. L’universo investibile, per la scelta delle azioni sostenibili da inserire nel portafoglio, viene riportato in appendice. La scelta è stata attuata scegliendo le società che permettessero di minimizzare l’Expected Shortfall al 90%, rispettando i vincoli che verranno presentati più avanti in questo paragrafo. Come proxy dell’investimento convenzionale sono stati scelti due ampi ETF replicanti l’indice del mercato europeo Stoxx 600 Europe, ossia:

- Invesco Stoxx Europe 600; - Xtrackers Stoxx Europe 600.

Riferimenti

Documenti correlati

VANDONE D., 2003, Il mercato italiano dei fondi d’investimento socialmente responsabili, Working paper n°17.2003, Dipartimento di Economia Politica e Aziendale,

(88) Al fine di integrare e modificare alcuni elementi non essenziali del presente regolamento, si dovrebbe conferire alla Commissione il potere di adottare atti ai

accomandanti, non svolgono alcuna attività economica, giacché non possono ingerirsi nell‟amministrazione. Ciò che esclude ogni sovrapposizione tra la posizione del

ANALISI QUALI – QUANTITATIVA DEI FONDI SPECULATIVI ITALIANI NELL’AMBITO DELL’ASSET

Il Bacillus thuringiensis è un batterio sporigeno che vive nel terreno.. rendimento, aumentando la produttività. Tra il 1996 e il 2007 vennero registrati aumenti consistenti di

Come evidenziato nel paragrafo 3.1, la platea di Comuni beneficiari è stata variegata (dalle città ai comuni piccoli delle aree montane), anche se le diverse tipologie

Background/Aims/Objectives: Various nephron-sparing approaches were described as part of surgical management for Fraley’s syndrome, a rare anatomic variant of the renal