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Corporate Social Responsibility e Corporate Political Activity: Analisi empirica sulla relazione tra le due principali non-market strategies

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea magistrale di

Marketing e Ricerche di Mercato

TESI DI LAUREA:

Corporate Social Responsibility e Corporate

Political Activity: Analisi empirica sulla relazione

tra le due principali non-market strategies

ANNO ACCADEMICO 2019-2020

Relatore

:

Candidata:

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A mia sorella e alla mia famiglia per la smisurata pazienza, per l’incondizionato sostegno e per lo sconfinato amore. Grazie di essere al mio fianco, e di aver sempre creduto in me, anche quando io stessa ho vacillato.

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SOMMARIO

CAPITOLO 1 - Introduzione ... 5

CAPITOLO 2 - Teorie di riferimento ... 9

2.1 Corporate Political Activities (CPA) ... 10

2.2 Corporate Social Responsibility (CSR) ... 11

2.3 Complementarità e attriti tra market strategies e non-market strategies ... 14

2.4 Relazione tra Corporate Social Responsibility, Corporate Political Activity e Performance Finanziaria d’impresa ... 15

2.5 I modelli di riferimento esistenti ... 17

2.6 Il nostro modello ... 33

CAPITOLO 3 – Metodologia... 49

3.1 Modelli di regressione: la regressione lineare semplice ... 49

3.2 Regressione moderata: uno sguardo alla teoria ... 50

3.3 Data collection ... 52

3.4 Il database: campione, variabili e fonti ... 53

CAPITOLO 4 - Risultati ... 57

CAPITOLO 5 – Conclusioni ... 108

5.1 Riepilogo dei risultati e implicazioni teoriche ... 108

5.2 Implicazioni manageriali ... 115

5.3 Limiti e sviluppi futuri ... 115

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CAPITOLO 1 - Introduzione

Al giorno d’oggi le imprese, che siano di piccole o grandi dimensioni, che operino in un contesto locale oppure globale, sono sempre più chiamate a manifestare il proprio impegno verso la gestione efficace delle problematiche d’impatto sociale ed etico, al loro interno e nelle aree in cui operano. Questo impegno costante che porta le imprese ad andare oltre il semplice rispetto della legge vigente, investendo di più nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessate, prende il nome di Corporate Social Responsibility.

Sebbene, a primo impatto, il concetto di Corporate Social Responsibility sembri di facile comprensione e attuazione, in realtà quest’ultima è legata al concetto di longevità dell’impresa, al suo rapporto con tutti i soggetti economici (e non), con i quali interagisce e che possono condizionare la sua sopravvivenza: gli stakeholder. Per un’impresa, la CSR non rappresenta solamente un impegno economico ma una vera e propria strategia che tiene conto, nelle scelte aziendali quotidiane, di considerazioni etiche, sociali ed ambientali. Queste azioni le permetteranno di poter essere accreditata nella società civile dimostrando di essere una “buona cittadina”, di ottenere maggior fiducia e di essere considerata una partner affidabile nelle relazioni commerciali.

L’attenzione degli stakeholder è ormai altissima e le imprese lo sanno bene: non c’è business senza etica e creazione di valore condiviso. La CSR è diventata più importante che mai e i CEO, attraverso le numerose iniziative congiunte, sono i portabandiera del nuovo paradigma del business.

La responsabilità sociale d’impresa è diventata così rilevante negli ultimi decenni da essere sbandierata come priorità nelle strategie delle principali corporation globali. Solo per fare un esempio, il 19 agosto 2019 i CEO delle 181 imprese nordamericane più influenti del Pianeta, riuniti a Washington nella Business Roundtable presieduta da Jamie Dimon di Jp Morgan Chase (la più grande delle quattro banche americane), hanno elaborato un manifesto d’intenti in cui hanno dichiarato solennemente la fine del profitto come unico scopo delle imprese, ed il loro impegno a

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migliorare il mondo, a “investire nei loro dipendenti, proteggere l’ambiente, comportarsi correttamente ed eticamente con i fornitori, creare valore di lungo termine per gli azionisti”.

“L’impostazione classica, alla Milton Friedman, che definisce la ragion d’essere di un’impresa nella capacità di generare guadagno, è oggi capovolta a favore di una visione orientata a condividere il valore generato dal business con la società civile, gli individui e l’ambiente. I CEO di aziende come Cisco Systems, Ibm, Apple, Amazon, Walmart, JP Morgan Chase, General Motors, Boeing hanno deciso di togliersi d’impaccio programmaticamente, con una dichiarazione pubblica d’intenti che cancelli ogni dubbio: non si fa business se non c’è etica, il valore prodotto non può rimanere solo agli azionisti, deve permeare chiunque contribuisca a produrlo, dipendenti e clienti insieme a tutta la società e al territorio che abita, ovvero tutti gli stakeholder. È giunto il tempo della creazione di valore condiviso.”1

Le attività legate alla Corporate Social Responsibility fanno parte delle non-market strategies delle imprese, ovvero quelle strategie inerenti problematiche politiche, sociali, ambientali e legali, messe in atto allo scopo di influenzare le regole del gioco nel contesto istituzionale. L’ambiente non-market in cui si trovano ad operare le imprese è formato da una serie di attori - come il governo – che definiscono il contesto istituzionale e che hanno estrema importanza ed influenza nei confronti della performance finanziaria delle organizzazioni. Per tale motivo, i manager e gli studiosi si sono sempre più impegnati a capire come interagire positivamente con questi attori.

Oltre alla CSR, nelle non-market strategies, rientra anche un’altra importante leva per le imprese odierne, ovvero la Corporate Political Activity (o CPA). La CPA può essere definita come l’insieme di azioni portate avanti da un’impresa e attuate al fine di ottenere consenso da parte delle autorità politico-governative nonché influenzare le decisioni politiche e legislative a proprio favore.

1 B. Trigari, “Corporate Social Responsibility (CSR): cos'è e perché è strategica per le aziende oggi” 17 settembre 2019,

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Per dare un’idea al lettore dell’importanza e dell’interesse dimostrato da parte delle organizzazioni verso questa tipologia di strategie, riportiamo una serie di dati: secondo OpenSecrets da aprile a giugno 2019 le imprese americane hanno investito 860 milioni di dollari in attività di lobbying2 mentre secondo il Financial Times, le imprese statunitensi e britanniche che fanno parte del ranking Fortune 500 spendono annualmente circa 15.2 miliardi di dollari in attività legate alla Corporate Social Responsibility.3

Sebbene la letteratura abbia studiato per molti anni le due non-market strategies in modo singolo, ovvero andando a vedere come ciascuna delle due strategie impattasse sulla performance finanziaria dell’impresa, negli ultimi anni si è iniziato a cercare di capire come, allineando le due strategie si riesca, o meno, a migliorare la performance finanziaria d’impresa e nello specifico, alcuni autori hanno scoperto che combinando le due non-market strategies in maniera integrata si riesce ad aumentare la performance finanziaria (Den Hond ed altri 2014; Mellahi ed altri 2016).

Il presente studio seguirà questa strada, ovvero cercherà di indagare e capire se tra le due non-market strategies esista o meno una complementarità e se questa porti o meno ad un miglioramento della performance finanziaria delle imprese.

A tal fine, nel capitolo 2, passeremo in rassegna la letteratura esistente in materia, inoltre analizzeremo quattro studi realizzati dall’Università di Amsterdam e spiegheremo nel dettaglio cosa sono la Corporate Social Responsibility e la Corporate Political Activity, nonché come queste possano creare sinergie oppure attriti.

Nel capitolo 3 illustreremo la metodologia, ovvero quali dati abbiamo utilizzato e quali tipologie di analisi statistiche abbiamo effettuato e nel quarto capitolo esporremo i risultati ottenuti.

2 R. Barbin, “Come vanno gli affari delle società di lobbying negli Stati Uniti” 23 agosto 2020, Start Magazine. 3 A. Smith, “Fortune 500 companies spend more than $15bn on corporate responsibility” 12 ottobre 2014, Financial

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Il capitolo conclusivo riepilogherà i risultati ottenuti, metterà a confronto le ipotesi formulate nel capitolo 2 con i risultati ottenuti nel capitolo 4 e, da questo confronto, saranno forniti suggerimenti in merito alle implicazioni manageriali e teoriche anche per l’impostazione di studi futuri.

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CAPITOLO 2 - Teorie di riferimento

Nel seguente capitolo forniamo una revisione della letteratura economica circa le cosiddette

non-market strategies, ovvero le strategie d’impresa che “si riferiscono all’impegno prestabilito di

un’azienda allo scopo di implementare la sua performance agendo sul contesto istituzionale o sociale della competizione economica”4. Seppur si parli da decenni di non-market strategy5, la loro importanza è aumentata nel corso degli ultimi anni6, dando vita a due filoni di studio distinti: quello relativo alla Corporate Political Activity (CPA) e quello della Corporate Social Responsibility (CSR). La CSR, in particolare, è legata all’aspetto sociale della strategia di un’impresa, mentre la CPA è legata a quello politico. Come sostenuto da Mellahi (2016), numerose ricerche dimostrano che un’efficiente non-market strategy può essere cruciale per la longevità, la performance e il mantenimento del vantaggio competitivo di un’azienda.

I meccanismi legati all’ambiente esterno delle non-market strategies possono essere suddivise in due gruppi: le buffering activities e le bridging activities. Le bridging activities servono, nello specifico, a adattare le attività organizzative dell’impresa secondo le aspettative dell’ambiente esterno.7 Dal punto di vista della teoria istituzionale, queste attività portano ad un senso di legittimazione che aumenta la performance aziendale. Osservandole da un punto di vista di resource-based view (RBV), le bridging activities sono considerate risorse specifiche aziendali e capacità in grado di adattarsi all’ambiente non-market.8 Le buffering activities sono, invece, adottate dall’impresa come meccanismo di protezione, dal momento che l’organizzazione cerca di preservarsi dalle interferenze con l’ambiente esterno, pur cercando lei stessa di influenzarlo.9 Seguendo ancora l’approccio RBV,

4 Trad. mia da Baron (1995), pag. 47; Lux, Crook & Woehr (2011) pag. 225 5 Aguinis & Glavas (2012); Hillman, Keim & Schuler (2004)

6 Doh, Lawton, & Rajwani (2012); Doh, McGuire & Ozaki (2015) 7 Meznar & Nigh (1995) p. 976.

8 Hart (1995)

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le buffering activities possono essere interpretate come risorse e capacità usate per modellare a suo vantaggio l’ambiente non-market.10

Nel prossimo paragrafo analizzeremo nel dettaglio le due principali attività di non-market.

2.1 Corporate Political Activities (CPA)

Le Corporate Political Activities (o Attività Politiche d’Impresa) sono definibili come il tentativo da parte di un’impresa di influenzare le politiche e i processi governativi attraverso le proprie politiche, pratiche e processi traendone un vantaggio.11 Utilizzando la RBV, Frynas, Mellahi, & Pigman12 hanno definito le Corporate Political Activities come “qualsiasi attributo, bene aziendale, risorsa umana o altro tipo di risorsa che permette all’azienda di influenzare il processo politico aumentato la propria profittabilità e efficienza”. Secondo Hillman ed altri studiosi (2004), queste attività riguardano principalmente i contributi delle aziende per i comitati di azione politica (PACs) e le attività di lobbying.

Le attività di lobbying possono essere definite come le attività condotte da un’impresa al fine di raggiungere i propri obiettivi andando ad influenzare il sistema politico a proprio vantaggio.13 Le spese per le lobbying possono essere misurate in modi differenti, come il numero di lobbysti o il totale delle spese in lobbying. La stragrande maggioranza delle spese di lobbying riguardano il compenso per i lobbysti stessi, ovvero quegli individui che hanno un potenziale accesso nell’influenzare i politici; alcuni di loro possono essere ex-politici oppure avere dei legami con il mondo politico.14

10 Mellahi et al. (2016)

11 den Hond et al. (2014); Hillman et al. (2004)

12 Trad. mia da Frynas, J. G., Mellahi, K., & Pigman, G. A. (2006) 13 Chen, Parsley & Yang (2015)

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I comitati di azione politica (PACs) sono invece dei comitati creati al fine di raccogliere fondi monetari allo scopo di influenzare le elezioni.15 Fino al 1971, negli USA, era considerato illecito il finanziamento da parte di un’impresa di soggetti eletti come cariche federali, ecco perché queste azioni venivano svolte in modo indiretto e segreto. Ad oggi resta illegale questo tipo di finanziamento se fatto in modo diretto, ecco perché le imprese decidono di creare organizzazioni indipendenti al fine di elargire denaro indirettamente. Tuttavia, il legislatore statunitense ha posto sotto controllo tali elargizioni assoggettandole a regole rigide e limitazioni16, e tutt’ora l’efficacia delle PACs resta dubbia.17 Per quest’ultimi motivi, le imprese preferiscono destinare fondi alle attività di lobbying piuttosto che alle attività PACs; secondo alcune ricerche empiriche, ogni 10 dollari spesi per le prime, solo un dollaro è speso per le seconde.18

2.2 Corporate Social Responsibility (CSR)

La Corporate Social Responsibility (Responsabilità Sociale d’Impresa) ha assunto sempre più importanza con il passare degli anni, a seguito soprattutto dell’evoluzione del ruolo delle imprese all’interno della società: produrre prodotti e/o servizi di alta qualità non è più sufficiente. “Gli individui si aspettano che le organizzazioni veicolino problemi ambientali e sociali attraverso qualsiasi prodotto esse vendano e qualsiasi modo in cui conducano il proprio business. La Responsabilità Sociale d’Impresa si riferisce, dunque, alle azioni volontarie -ovvero non richieste dalla legislazione- che tentano di promuovere beni sociali, contrastare avversità sociali o indirizzare le esternalità prodotte dal loro stesso operare nel mondo. La natura volontaria delle attività CSR ci porta a poterle considerare, in modo ampio, come un dono alla comunità.”19 L’importanza sempre più marcata nel tempo delle attività relative alla Responsabilità Sociale d’Impresa ha portato i manager ad allocare risorse preziose non solo per l’organizzazione ma anche per la società20, e le

15 Burris (1987) 16 Brown (2018) 17 Claessens et al (2008)

18 Croci, Pantzalis, Park & Petmezas (2017) 19 Steenkamp JB. (2017)

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ricerche hanno dimostrato che questi stanziamenti non danno beneficio solo alla società ma possono migliorare la performance finanziarie dell’impresa stessa.21

La Responsabilità Sociale d’impresa può essere immaginata come un costrutto formato da tre dimensioni differenti: la dimensione sociale, quella ambientale e quella economica.22 La prima dimensione menzionata pocanzi, riguarda il rapporto che l’impresa intrattiene con la società23, che a livello interno si riflette sulla sua attenzione verso i propri lavoratori e a livello esterno si riflette sulla sua attenzione verso la comunità; la seconda dimensione è legata al tentativo dell’impresa di ridurre la sua impronta ecologica;24l’ultima dimensione, invece, si riferisce all’impatto economico diretto ed indiretto delle operazioni dell’impresa sulla comunità e gli stakeholders.25

Secondo Carroll (1991) la Corporate Social Responsibility è composta da quattro livelli di responsabilità: economica, etica, legale e filantropica. La piramide costruita da Carroll mostra la responsabilità economica al vertice: sorregge tutte le altre e, essendo redditizia, ne è loro fondamento. Scendendo verso la base della piramide, troviamo la responsabilità legale poiché ogni impresa ha l’obbligo di rispettare le leggi. Al terzo livello incontriamo invece la responsabilità etica, che guida l’azienda verso le decisioni giuste dal punto di vista etico. Infine, alla base della piramide, troviamo la responsabilità filantropica, consistente nell’essere un’ “impresa-cittadino” che contribuisce alle risorse finanziarie ed umane della comunità, trasferendo benessere e risorse dall’impresa verso organizzazioni esterne. La responsabilità etica e quella filantropica non si fermano al rispetto della legislazione ma includono le aspettative della società nei confronti dell’organizzazione.26

Gli investimenti in CSR possono portare due tipologie di benefici: benefici esterni ed interni. I benefici esterni riguardano l’aumento della reputazione e l’affidabilità aziendale. Una buona

21 Bhattacharya & Sen (2004)

22 Torugsa, O’Donohue & Hecker (2012) 23 Dahlsrud (2008)

24 Williamson, Lynch-Wood & Ramsay (2006) 25 Udin, Hassan & Tarique (2008)

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reputazione aziendale porta l’organizzazione a intrattenere rapporti migliori nei confronti di diverse tipologie di stakeholders, quali il governo, gli investitori, i banchieri, i fornitori, i competitors e i clienti; oltre a ciò, una migliore reputazione potrebbe risultare fondamentale per attrarre forza lavoro più qualificata o aumentare la motivazione, l’impegno e la lealtà dei lavoratori impiegati in azienda, portando ad un miglioramento generale della performance finanziaria.27 Infine, la divulgazione dei comportamenti e risultati positivi in merito alla responsabilità sociale possono aiutare a costruire un’immagine positiva dell’azienda nei confronti degli stakeholder.28 È importante ricordare che la corporate reputation è una risorsa difficile da creare, infatti lo “sviluppo di una reputazione positiva richiede molto tempo e dipende da investimenti aziendali stabili e consistenti negli anni”29, tuttavia le difficoltà riscontrate nella sua creazione, imitazione o “commercio” spiegano la sua importanza strategica per le imprese.

I benefici interni, invece, riguardano il rafforzamento della cultura aziendale e del suo know-how. Queste risorse e capacità che l’azienda acquisisce internamente la porteranno a sfruttarle in maniera più efficiente. Per esempio, le pratiche socialmente responsabili rivolte ai lavoratori come “un salario equo, un ambiente di lavoro pulito e sicuro, opportunità di formazione, benefici in termini di salute, educazione per i lavorati e le loro famiglie, fornitura di strutture per l’infanzia, orari di lavoro flessibili e condivisione del lavoro, può portare benefici diretti all’azienda incrementando il morale e la produttività dei lavoratori e contemporaneamente ridurre fenomeni come assenteismo e rotazione del personale. Oltre ai precedenti benefici citati pocanzi, le imprese possono risparmiare su costi per il reclutamento e la formazione dei nuovi impiegati.” 30

27 Branco & Rodrigues (2006) 28 Orlitzky et al. (2003)

29 Trad. mia da Roberts & Dowling (2002) 30 Trad. mia da Branco & Rodrigues (2006)

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2.3 Complementarità e attriti tra market strategies e non-market strategies

Baron (1995) definisce gli ambienti market come “ l’insieme di interazioni, intermediate dal mercato o da accordi privati, che intercorrono tra un’impresa e le altre organizzazioni” e gli ambienti non-market come “l’insieme di interazioni che sono intermediate dal pubblico, dagli stakeholder, dal governo, dai media e dalle istituzioni pubbliche”31. L’ambiente in cui opera ogni impresa è quindi composto sia da componenti market che da componenti non-market e qualsiasi approccio alla formulazione di una strategia deve integrare entrambi.32

La moderna teoria sulle strategie competitive afferma che le strategie d’impresa devono essere improntate sulla struttura dell’azienda e sulle dinamiche dell’ambiente di mercato e le competenze dell’organizzazione stessa, e in modo similare la non-market strategy deve anch’essa essere improntata sulle competenze dell’azienda in ambito non-market e sulle caratteristiche degli ambienti market e non-market.33

La complementarità tra market e non-market strategies è più evidente in specifici sottocampi, come ad esempio le iniziative ambientali. La gestione degli strumenti, dei metodi e delle pratiche (come ad esempio la gestione della qualità o della performance) si adattano meglio al miglioramento dell’ambiente (rispetto allo sviluppo della comunità o ad iniziative sui diritti umani) perché sono approcci simili da implementare e sono strettamente legati alle core competencies possedute dalle imprese manifatturiere e di ingegneria. Tali complementarità possono aiutarci a spiegare l’elevata associazione positiva tra iniziative ambientali e performance aziendali.34 Inoltre, gli studi empirici riguardanti la relazione tra market e non-market strategies risultano essere molto meno sviluppati in ambito delle CPA. Infatti, uno studio recente sull’industria dei servizi elettrici statunitense ha rivelato come le aziende tendano ad usare i finanziamenti politici in modo strategico in prossimità di azioni

31 Trad. mia da Baron (1995) pag. 47 32 Baron (1995) pag. 47

33 Baron (1995) 34 Mellahi et al (2016)

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di fusione o acquisizione in modo da influenzare il regolatore nell’approvazione della manovra. Tale fenomeno è più evidente in quei Paesi nei quali la competizione politica è più accentuata.35

In verso opposto, alcune ricerche hanno rivelato tensioni intrinseche o interazioni negative tra market e non-market strategies. Li, Zhou, and Shao (2009) hanno provato che l’effetto positivo sulla performance della strategia di differenziazione adottata dalle MNEs (Multinational Enterprises) in Cina era stata indebolita dalle connessioni manageriali con la politica cinese.

In linea con questo filone teorico, Sun ed altri studiosi (2010) hanno condotto uno studio longitudinale sulle MNE del settore automobilistico cinese, che ha messo in evidenza l’impatto negativo delle non-market strategies passate sulle capacità competitive non-market-based evolutesi nel tempo.

2.4 Relazione tra Corporate Social Responsibility, Corporate Political Activity e Performance Finanziaria d’impresa

Come messo in evidenza da numerosi studiosi, le non-market strategies, così come le market strategies, influiscono sulla performance finanziaria dell’impresa. Per esplorare in modo approfondito la tematica sono stati utilizzati principalmente quattro approcci: l’institutional theory, la stakeholder

theory, l’approccio RBV e l’approccio RDT (Resource Dependence Theory). L’institutional theory

pone l’accento sull’impegno delle imprese nel migliorare le proprie pratiche al fine di aumentare la legittimazione all’interno dell’ambiente in cui operano36. Secondo Liedong ed altri studiosi37, da un lato la CSR (che raramente viene percepita come un’abilità politica) crea un accesso verso il sistema di governo ma non influenza la politica mentre la CPA (che raramente viene percepita come attività filantropica) crea un accesso verso il sistema di governo ma influenza solamente questioni politiche di poca rilevanza e di ristretto raggio. La combinazione di CSR e CPA crea, non solo un accesso verso

35 Holburn & Vanden Bergh (2014) 36 DiMaggio & Powell, 1983

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il mondo della politica ma, oltre a questo, riduce la resistenza degli elettori nei confronti dell’impegno politico dell’azienda e influenza problematiche politiche di alto rilievo e di ampia portata.

Secondo altri autori, invece,38 la complementarità tra CSR e CPA è una scelta obbligata per le imprese che operano in mercati esteri, dove vi sono istituzioni deboli e incomplete al fine di ottenere legittimazione all’interno della società e creare un rapporto di fiducia tra l’impresa e l’ambiente politico. Un’intervista ad un manager di un’azienda estera operante nel mercato ucraino sintetizza questa concezione:

“We understand the rules of the political game now. We need to pay some informal taxes and also, we need to fund some social programmes. We benefit from improving our reputation as a foreign business interested in local issues.

For the state officials, it is a ‘win–win’ too. They manage to receive some monies and also show to the local population how they have attracted international

business to the region”.39

La stakeholder theory assume un’ottica esterna e pone l’accento sulla creazione di valore da parte di un’impresa per i suoi stakeholder.40 In quest’ottica il CSR ha il ruolo di aumentare il grado di visibilità esterna dell’impresa e la percezione positiva da parte degli stakeholder.41 Considerando che le attività di CSR possano essere usate e indirizzate allo scopo di rendere informato il mondo politico circa il contributo dell’impresa verso la società, si capisce come queste aumentino l’effettività delle CPA.42 L’approccio RBV assume un’ottica interna: infatti, analizza e interpreta le risorse interne dell’impresa ed enfatizza l’importanza delle risorse e delle capacità nella formulazione di una strategia in grado di raggiungere un vantaggio competitivo sostenibile.43 Le non-market strategies possono produrre

38 Rodgers, Stokes, Tarba & Khan (2019)

39 Rodgers, Stokes, Tarba, & Khan (2019) pag. 531 40 Freeman, Wicks & Parmar (2004)

41 Porter, Kramer (2002) 42 Rasche (2015) 43 Madhani (2010)

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risorse intangibili, come l’informazione, i contatti o la reputazione positiva nei confronti di specifici stakeholder. Sia le attività di CSR che quelle di CPA inviano segnali circa il carattere e le capacità dell’impresa che aiutano gli stakeholder a valutare la performance attuale e futura dell’organizzazione.44

Per concludere, l’approccio RDT vede l’impresa come un sistema aperto influenzato dalle eventualità dell’ambiente esterno che provocano incertezza e dipendenza.45 Baron (1995) mette in evidenza l’importanza delle non-market strategies all’interno degli ambienti in cui sono il governo e la politica ad avere il controllo della situazione, piuttosto che il mercato. Da uno studio empirico sull’industria aeronautica condotto da Shaffer ed altri studiosi (2000)46 sulla base delle asserzioni di Baron, è emerso che più un’impresa si impegna nelle azioni non-market e più questa riesce ad implementare la sua performance finanziaria o di mercato.

2.5 I modelli di riferimento esistenti

Passiamo adesso all’analisi di quattro modelli elaborati in funzione di quanto esposto sopra, seguendo diverse impostazioni teoriche.

Il primo modello che prendiamo in considerazione è stato elaborato da R. de Regt47 (2020) ed è stato costruito partendo dall’impostazione teorica che segue. La letteratura dimostra che entrambe le non-market strategies sono formate da differenti dimensioni, ognuna delle quali ha un’influenza differente sulla Performance Finanziaria dell’impresa (CFP) e possono attivarsi in modo complementare. Il modello separa quindi la CPA dalla CSR e sostiene che differenti elementi siano complementari: riguardo la CPA, si sostiene che le spese per lobbying e le spese PACs siano complementari e, riguardo la CSR, si sostiene che le attività ambientali e quelle sociali siano complementari.

44 Den Hond, Rehbein, de Bakker & Kooijmans van Lankveld (2014) 45 Pfeffer & Salancik (1978)

46 Shaffer, Quasney & Grimm (2000) “Firm level performance implications of nonmarket actions”

47 “The alignment effect of corporate political activity and corporate social responsibility on corporate financial

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Infine, il modello analizza l’influenza della tipologia di industria nella relazione tra non-market strategies e CFP. Alcuni studi sembrano infatti confermare la connessione tra non-market strategies, tipologia di industria e performance d’impresa (Hoejmose et al, 2012), tuttavia non vi sono ancora evidenze empiriche sul suo effetto moderante (Shaffer, Quasney & Grimm, 2000; Hoejmose et al., 2012; Faisal, Tower & Rusmin, 2012).

Lo studio si concentra in particolare sulle buffering strategies. Le spese di lobbying e le donazioni PACs sono le componenti principali delle buffering strategies48. La letteratura sostiene in proposito che le spese di lobbying abbiano un’influenza positiva sulla performance finanziaria d’impresa49. Nel 2007, alcuni studiosi hanno dato supporto empirico all’influenza positiva delle attività di lobbying sulla performance finanziaria e in particolare hanno dimostrato che le connessioni politiche e le lobbying rivolte a più policymaker - piuttosto che ad un particolare singolo policymaker - hanno un effetto positivo sulla CFP.50

Considerando quanto appena detto, l’ipotesi di partenza è stata la seguente:

H1A: alti livelli di spese in lobbying aumentano la performance finanziaria d’impresa.

Per quanto riguarda i contributi PACs, vi è una minore evidenza sul loro effetto positivo sulla CFP principalmente perché sono minori le ricerche in materia. Brown (2016, 2018) suggerisce che le donazioni PACs possano influenzare positivamente il ROIC (returns on invested capital), mentre Hadani e Schuler (2013), attraverso una ricerca fondata su più di 1500 imprese (periodo 1998-2008), dimostrano l’influenza positiva delle PACs sulla CFP per le imprese attive in settori regolamentati. Da questo ne è derivata la seguente ipotesi:

H1B: alti livelli di donazioni PACs aumentano la CFP.

48 Blumentritt (2003)

49 Hui, David & Yang (2010); Alexander, Mazza & Scholz (2009); Hutchens, Rego & Sheneman (2016); Brown (2016,2018) 50 Ridge, Ingram & Hill (2017)

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L’argomentazione chiave usata per testare la complementarità tra spese di lobbying e donazioni PACs risiede nel fatto che queste due si focalizzano sui policymaker in stadi differenti: le lobbying si focalizzano sui politici in carica, mentre le donazioni PACs si focalizzano sui politici in corso di candidatura. Ne consegue che le spese di lobbying sono utilizzate per recuperare informazioni dal politico e influenzare il processo politico51 a favore dell’impresa, mentre le donazioni PACs sono usate per ottenere il contatto con i politici.

Allora:

H1C: La combinazione delle CPA, ovvero spese di lobbying e donazioni PACs, hanno un effetto maggiore sulla CFP rispetto alle CPA singole.

Passando poi al rapporto tra CSR e CFP, il modello si focalizza sulla dimensione sociale e ambientale della CSR. Prendendo come base teorica lo studio empirico condotto da Qi, Zen, Shi, Meng, Lin and Yang (2014), secondo il quale esiste una forte relazione positiva tra dimensione ambientale della CSR e performance finanziaria d’impresa, si è ipotizzato che:

H2A: un elevato livello di CSR ambientale aumenta la CFP.

La spiegazione a questo è che l’impresa può migliorare le relazioni con gli stakeholder grazie alla CSR ambientale e che le pratiche proattive rivolte all’ambiente possano ridurre i costi relativi alle complicazioni della regolamentazione ambientale e implementare la produttività dei dipendenti.

In modo analogo, prendendo come base lo studio empirico di Sing, Sethuraman e Lam (2017), che evidenzia l’effetto positivo della dimensione sociale (qualità ambienti di lavoro e community building) della CSR sulla quotazione di Borsa, si è ipotizzato che:

H2B: un elevato livello di CSR sociale aumenta la CFP.

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Infine, considerando che le attività di CSR che sono legate tra loro e sfruttano un set di risorse complementari sono capaci di produrre sinergie che incrementano l’utilizzo delle risorse organizzative in un’ottica di efficienza dei costi,52si è ipotizzato che:

H2C: la complementarità tra CSR ambientale e CSR sociale ha un effetto positivo sulla CFP.

Riguardo le relazioni tra le non-market strategies combinate e la CFP, il modello ha preso come riferimento lo studio di Hadani e Coombes (2012) che, come altri studiosi, affermano che la complementarità tra CPA e CSR può portare alla costruzione di un vantaggio competitivo ed un miglioramento della performance finanziaria. Quindi:

H3: L’allineamento delle non-market strategies ha una maggiore influenza sulla CFP rispetto alla loro influenza singola.

Per concludere, il modello considera la tipologia di industria (B2B e B2C) per spiegare come questa possa influenzare l’effetto delle non-market strategies sulla performance finanziaria d’impresa.

Per le CPA, assume rilevanza la visibilità: grazie ai più elevati momenti di contatto e ad una maggiore attenzione da parte dei media, le imprese B2C sono viste in modo più attento dai consumatori e della società rispetto alle imprese B2B53. Il modello considera dunque la tipologia d’industria come variabile moderatrice in senso negativo della relazione tra CPA e CFP. Infatti, come suggerisce la teoria dell’equilibrio cognitivo54, i consumatori tendono ad essere coerenti con i loro comportamenti e, se non si trovano in accordo con l’attività politica dell’impresa, non acquisteranno i prodotti dell’azienda e matureranno una visione negativa nei suoi confronti. Questo si tradurrà nel decremento della performance finanziaria dell’organizzazione e l’effetto sarà maggiore nelle imprese B2C piuttosto che nelle imprese B2B (data la loro maggior visibilità).

52 Basu & Pallazo (2008) 53 Bowen (2000) 54 Heider (1946)

(21)

21

A conferma di ciò, i dati55 confermano un minor impegno da parte delle imprese B2C rispetto alle B2B nelle attività di CPA, proprio per evitare il loro effetto negativo sulle performance.

Si può dunque ipotizzare che

H4A: La tipologia d’impresa modera in senso negativo la relazione tra CPA e CFP e l’effetto è più accentuato per le imprese B2C piuttosto che per le imprese B2B

Riguardo invece la CSR, si è ipotizzato che le strategie CSR abbiano un effetto positivo maggiore nelle imprese B2C piuttosto che in quelle B2B. Questo è spiegato dalla maggiore visibilità delle imprese B2C che le porta ad avere una reputazione più forte rispetto alle B2B56:

H4B: La tipologia d’impresa modera in senso positivo la relazione tra CSR e CFP e l’effetto è più accentuato per imprese B2C piuttosto che per le imprese B2B.

La figura 1 riassume quanto esposto fino ad ora.

55 www.opensecrets.org 56 Meznar & Night (1995)

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Dai risultati ottenuti, l’ ipotesi H1A è stata confermata, quindi l’attività di lobbying aumenta la performance finanziaria d’impresa, mentre l’ipotesi H1B è stata rigettata poiché le donazioni PACs aumentano la performance finanziaria solo se attuate senza combinarle con le spese di lobbying. In modo analogo non può essere confermata l’ipotesi H1C poiché l’effetto combinato dell’attività di lobbying e delle donazioni PACs è minore rispetto all’effetto delle due singole variabili sommate tra loro.

A riguardo la CSR viene accetta l’ipotesi H2A, la CSR ambientale aumenta la performance finanziaria ma viene rifiutata l’ipotesi H2B, la CSR sociale non aumenta la performance finanziaria. Inoltre, risulta che l’allineamento tra le due non-market strategies non riesce a far ottenere una performance finanziaria maggiore rispetto a quella ottenuta dalle due variabili singolarmente, quindi viene rifiutata anche l’ipotesi H3.

Per concludere, la quarta ipotesi circa la moderazione della tipologia d’impresa sulla relazione tra non-market strategies e performance finanziaria ha fornito dei risultati misti; per la CPA si è scoperto che la tipologia d’impresa modera in senso negativo la relazione tra CPA e CFP e – all’opposto di quanto ipotizzato – l’effetto negativo è amplificato per le imprese B2B piuttosto che per le B2C. A riguardo la CSR, invece, non è stata trovata alcuna evidenza circa l’effetto moderatore della tipologia d’impresa nell’ influenza tra CSR e CFP e quindi viene rigettata l’ipotesi H4B.

Il secondo modello che analizziamo è quello elaborato da L. de Korte.57Questo modello distingue le CPA strategies in informative e di incentivo finanziario e, basandosi sulla stakeholder theory e la RBV, ipotizza che le due tipologie di CPA (informativa e finanziaria) abbiano una differente influenza sulla CFP e che questa relazione sia moderata dalla strategia CSR dell’azienda.

57 “Exploring the relationship between corporate political activity and corporate financial performance, influenced by

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Per quanto riguarda la CPA informativa, questa può essere ricollegata sia alle buffering che alle bridging activities dato che aiuta l’azienda a adattarsi e influenzare l’ordine pubblico.

La strategia informativa garantisce all’azienda un accesso al mondo politico – come ad esempio notizie rapide ed aggiornate sui cambiamenti in atto nel panorama politico nonché la possibilità di plasmarlo a proprio favore – quando l’impresa risulta avere un vantaggio competitivo rispetto ai competitors nel fornire informazioni al politico che gli permette di essere eletto e ri-eletto.58 Come si intuisce, i decision makers faranno maggior affidamento sulle informazioni ricevute dalle organizzazioni con le quali hanno stretto un rapporto di fiducia e hanno avuto un maggior numero di interazioni.

Come dimostrato da numerosi studiosi59, l’accesso politico guadagnato attraverso le relazioni e le connessioni è una risorsa che garantisce all’azienda un vantaggio competitivo duraturo che porta ad una performance migliore. Da questo ne deriva la prima ipotesi del modello:

H1: la strategia informativa ha un effetto positivo sulla CFP.

Per quanto riguarda, invece, la CPA di incentivo finanziario, questa viene considerata come un’estensione della strategia informativa. Infatti, gli incentivi finanziari influenzano il tempo e l’attenzione che i decision maker danno all’impresa ma non garantiscono il diretto accesso al mondo politico con la stessa intensità delle strategie informative.60

Ne consegue che:

H2: La strategia di incentivo finanziario ha un effetto positivo sulla CFP, ma con intensità minore rispetto alla strategia informativa.

Passiamo adesso alla CSR che viene distinta in attività esterna ed interna.

58 Schuler et al. (2002)

59 Barney, 1991; Baron, 1995; Chen et al., 2015; Eisenhardt & Martin, 2000; Frynas et al., 2006; Richter et al., 2009;

Schuler et al., 2002)

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La CSR esterna serve ad implementare e mantenere l’accesso al mondo della politica e guadagnarsi il supporto di stakeholder critici attraverso il rinforzo della reputazione aziendale e della legittimazione socio-politica.61 In quest’ottica – dato che l’influenza positiva della CPA sulla CFP si basa sulle relazioni tra impresa e stakeholder esterni – il modello assume che le attività di CSR esterna rafforzino ulteriormente e moderino il rapporto tra CPA e CFP.

Ma che rapporto esiste tra la strategia informativa e la CSR esterna e la strategia di incentivo finanziario e la CSR esterna?

Strategia informativa e CSR esterna servono entrambe per incrementare la reputazione e la legittimazione con il fine di ottenere un accesso migliore alla politica e questo si riflette su una maggiore performance finanziaria62. In particolare, secondo alcuni autori63, i decision maker fanno maggior affidamento sulle informazioni provenienti da imprese con le quali hanno un miglior rapporto di fiducia e quindi la relazione fiduciaria che le imprese instaurano attraverso la CSR esterna amplifica l’effetto della strategia informativa. Da questo ne consegue l’ipotesi H3:

H3: La CSR esterna modera in senso positivo la relazione tra strategia informativa e CFP

Riguardo la strategia di incentivo finanziario, il beneficio che questa dà all’impresa riguarda essenzialmente il maggior tempo e la maggior attenzione da parte dei decision maker nei confronti dell’organizzazione e, di per sé, non porta ad un miglioramento della performance. 64 Tuttavia, date le considerazioni fatte rispetto alla CSR esterna, ci aspettiamo che una sinergia tra la strategia informativa e la strategia di incentivo finanziario, conduca ad un maggior tempo e attenzione sull’organizzazione rispetto alle relazioni che stringe con il mondo politico, che a sua volta si traducono in una performance finanziaria maggiore:

61 Gao & Hafsi (2017); Kim (2010); Liedong et al. (2015); McWilliams et al. (2002); Mellahi et al. (2016); Wang & Qian

(2011)

62 Baron (1995); Frynas et al. (2006) 63 Schuler et al. (2002)

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H4: La CSR esterna modera in senso positivo tra la strategia di incentivo finanziario e la CFP.

Per concludere, consideriamo la CSR intera. Mentre la CSR esterna si concentra sull’ottenimento di consenso da parte degli stakeholder esterni col fine di un miglioramento in termini di performance, la CSR interna si concentra sui cambiamenti interni all’organizzazione. In altre parole, la CSR interna è collegata alla performance dell’impresa sotto l’aspetto delle risorse intangibili, come l’innovazione e la cultura, che non vanno a rafforzare o indebolire l’effetto della CPA sulla CFP. Il modello, dunque, ipotizza quanto segue:

H5: La CSR interna non ha un effetto moderatore sulla relazione tra strategia informativa e CFP

H6: La CSR interna non ha un effetto moderatore sulla relazione tra strategia di incentivo finanziario e CFP

Il modello sopra esposto è rappresentato nella figura 2.

I risultati ottenuti hanno portato ad accettare solamente l’ipotesi H1 circa l’effetto positivo della strategia informativa sulla CFP. Le altre ipotesi sono tutte rifiutate, infatti non ci sono evidenze per potere accettare l’ipotesi H2 circa l’effetto positivo - ma minore rispetto all’effetto della strategia

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informativa - della strategia d’incentivo finanziario sulla CFP. In modo analogo vengono rifiutate le ipotesi sull’effetto moderatore della CSR sull’ effetto della CPA sulla CFP, poiché i risultati mostrano non esserci alcun effetto di entrambe – CSR interna ed esterna – su nessuna delle due strategie – informative e di incentivo finanziario- e nemmeno sulla loro relazione con la CFP.

Il terzo modello65 che andiamo ad analizzare è stato ideato da R. M. Basmaci ed esplora l’influenza della CPA sulla CFP moderata dalla CSR filantropica e dalla tipologia d’industria. Anche in questo modello la CPA viene scomposta in informativa e di incentivo finanziario.

La strategia informativa viene definita come una tattica – come le lobbying – attraverso la quale un’impresa si impegna nella politica al fine di influenzare i politici.66 Facendo riferimento ai dati relativi alle spese in lobbying delle imprese nel periodo 1998-2019 si nota come queste nel giro di circa 20 anni siano più che raddoppiate (da $ 1,45 miliardi a $ 3,46 miliardi);67 questo fa intuire che le spese di lobbying siano considerate alla stregua di un investimento e che quindi creino un ritorno per le imprese.68 Si può dunque ipotizzare che:

H1a: l’utilizzo delle strategie informative (lobbying) ha un effetto positivo sulla CFP.

La strategia di incentivo finanziario viene invece definita come una tattica – come le donazioni PACs – che ha una pressione più diretta sui politici e che è utilizzata dalle aziende per ripartire del capitale nel sistema pubblico69 mentre i media la associano alla corruzione.70 In modo analogo a quanto visto in precedenza, il modello prende per riferimento le contribuzioni PACs delle imprese nel periodo 1998-2019, mettendo in evidenza come queste siano incrementate di circa sei volte (da $519.1 milioni

65 “A study on the relationship between CPA and CFP moderated by philanthropic CSR and industry type” 66 Chen et al. (2015)

67 www.OpenSecrets.org

68 Anderson et al. (2018); Ansolabehere, de Figueiredo & Snyder (2003) 69 Ard, Garcia & Kelly (2017)

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a $3.1 miliardi).71Analogamente a prima, possiamo concludere che anche le PACs sono considerate dalle imprese come una sorta di investimento che dà un ritorno e quindi si ipotizza che:

H1b: l’utilizzo delle strategie di incentivo finanziario (donazioni PACs) ha un effetto positivo sulla CFP.

Infine, dato che anche la quota di spesa dedicata dalle imprese ad entrambe le strategie è cresciuta nel tempo72, si ipotizza che:

H1c: l’utilizzo delle CPA ha un’influenza positiva sulla CFP.

Passiamo adesso all’analisi della CSR filantropica. Il modello la descrive come un fenomeno per far avanzare la società e che è rappresentato sia da contribuzioni monetarie che da contribuzioni non monetarie.73 Attraverso la CSR filantropica le imprese cercano di migliorare il benessere della società – considerata uno stakeholder esterno all’azienda74 – e questo si riflette su un miglioramento della reputazione aziendale e su una creazione di un accesso privilegiato nei confronti dei politici.75 Dato che, attraverso la strategia informativa l’impresa riesce ad ottenere un contatto diretto con i politici fornendo loro informazioni circa vantaggi e svantaggi di una certa manovra politica,76 e considerato quanto affermato in precedenza, il modello ipotizza che:

H2a: La CSR filantropica modera in senso positivo la relazione tra la strategia informativa (lobbying) e la CFP.

In modo analogo, dato che la strategia di incentivo finanziario è utilizzata dalle imprese per influenzare la politica in loro favore e la CSR filantropica permette loro di ottenere un miglior accesso

71 www.OpenSecrets.org 72 www.OpenSecrets.org

73 Park et al. (2014); Wang & Qian (2011); Saiia, et al. (2003); Gautier & Pache (2015) 74 Orlitzky et al. (2003); Hadani & Coombes (2015)

75 Werner (2015); Wang & Qian (2011) 76 Hillman & Hitt (1999)

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ai politici77, possiamo dedurre che gli agenti politici siano positivamente influenzati dalle aziende impegnate attivamente con la CSR filantropica. Dunque:

H2b: La CSR filantropica modera in senso positivo la relazione tra la strategia di incentivo finanziario (donazioni PACs) e la CFP.

Per concludere, il modello considera l’effetto moderatore della tipologia di industria, andando a considerare le imprese B2B e quelle B2C.

Le imprese B2C hanno maggior visibilità nei confronti dei consumatori finali e dei governanti e questo, se da una parte crea una certa brand recognition, dall’altra crea una maggior pressione da parte degli stakeholder (es. consumatori, governo ecc.).78

Nel caso delle strategie informative, le imprese sono in diretto contatto con i politici al fine di trarne un vantaggio e nel caso delle B2C queste si sentiranno in dovere di fare del bene alla società (es. attraverso la CSR filantropica) data la loro alta brand recognition e la pressione esterna esercitata sia dai consumatori finali sia dai governanti stessi.79 Quindi viene testato che:

H3a: La tipologia di impresa B2C modera in senso positivo la relazione tra strategia informativa (lobbying) e CFP, mentre la tipologia B2B non modera la relazione.

Nel caso invece delle strategie di incentivo finanziario, anche in questa circostanza le imprese sono in contatto diretto con i politici ma invece di concedere loro informazioni, elargiscono incentivi finanziari. Tuttavia, il fine è sempre lo stesso: ottenere il favore del governante.

Per le motivazioni esposte in precedenza, possiamo dunque ipotizzare che:

H3b: la tipologia di impresa B2C modera in senso positivo la relazione tra strategia di incentivo finanziario (donazioni PAC2) e CFP, mentre la tipologia B2B non modera la relazione.

77 Werner, 2015; Wang & Qian (2011) 78 McWilliams & Siegel (2001)

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La figura 3 rappresenta in forma grafica quanto appena esposto.

I risultati ottenuti non hanno confermato l’ipotesi di influenza positiva della CPA sulla CFP, né la strategia d’incentivo finanziario (contribuzioni PACs) né la combinazione delle due strategie hanno un’influenza positiva sulla CFP. Invece, le strategie informative (spese di lobbying) mostrano un effetto leggermente negativo significativo. Questo ha portato a rifiutare le ipotesi H1a, H1b e H1c. A riguardo l’effetto di moderazione della CSR filantropica, i risultati mostrano che la CSR filantropica ha un influenza positiva significativa sulla relazione tra strategie di incentivo finanziario e CFP - confermando l’ipotesi H2b – ma contrariamente, non si può supportare l’ipotesi H2a circa l’effetto moderatore positivo della CSR filantropica nella relazione tra strategie informative e CFP. Infine, circa l’ipotesi dell’effetto moderatore della tipologia d’impresa nella relazione tra CPA e CFP, risulta che la tipologia B2C influenza positivamente la relazione tra strategie informative e CFP, mentre la tipologia B2B no e questo conferma l’ ipotesi H3a. In senso opposto, non è stato confermato che la tipologia d’impresa B2C influenza in modo positivo la relazione tra strategie di incentivo finanziario e CFP, mentre la tipologia d’impresa B2B no e questo porta a rifiutare l’ipotesi H3b.

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L’ultimo modello80 che andremo ad analizzare - elaborato da T. Dikkers - studia l’effetto dei poteri interni ed esterni sulla relazione tra CSR (interna ed esterna) e performance d’impresa.

In primis, il modello assume l’esistenza di un’influenza positiva tra CSR e CFP81 e poi distingue tra CSR interna ed esterna.

Per quanto riguarda la CSR interna, possiamo affermare che le imprese etiche riescono a raggiungere un alto livello di soddisfazione degli stakeholder, che influenza in maniera positiva il valore per gli azionisti e la performance finanziaria dell’impresa.82 I manager in grado di gestire l’ambiente sociale in maniera ottimale ottengono maggior fiducia da parte dei dipendenti e dei clienti dell’azienda83 e, per esser giudicati “bravi manager”, è necessario saper allineare gli interessi degli stakeholder (lavoratori, clienti e comunità) con gli obiettivi sociali dell’impresa, “guidando” la performance finanziaria d’impresa. Infatti, i diritti umani, la sicurezza degli ambienti di lavoro e altre policies di CSR interna sono in grado di influenzare positivamente la produttività d’impresa e di conseguenza la performance finanziaria.

Allora possiamo ipotizzare che:

H1a: Esiste una relazione positiva diretta tra CSR interna e CFP.

Riguardo la CSR esterna, definita filantropica - ovvero un insieme di contribuzioni e doni fatti dalle imprese per cause caritatevoli riguardanti la società - anche questa influenza positivamente la CFP come confermato da alcuni studi empirici su alcune aziende cinesi nel periodo tra il 2001 ed il 2006.84

H1b:Esiste una relazione positiva diretta tra CSR esterna e CFP.

80“The Effect of Board Power (Internal & External) on the Corporate Social Responsibility-Corporate Financial

Performance (CSR-CFP) Relationship”

81 Griffin & Mahon (1997); Margolis & Walsh (2003); Orlitzky et al. (2003) 82 Berrone, Surroca, Tribó, (2007)

83 Waddock & Graves (1997) 84 Wang & Qian’s (2011)

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Rispetto ai modelli visti in precedenza, viene introdotta una nuova dimensione: il potere interno

dell’azienda, distinguibile in indipendenza del Consiglio di Amministrazione e compenso del CEO.

Il Consiglio di Amministrazione assume delle decisioni strategiche che rendono l’impresa responsabile non solo nei confronti degli shareholder ma anche verso gli stakeholder in generale ed il potere del consiglio sarà tanto più alto quanto più i dirigenti avranno potere e autorità sulle decisioni strategiche in agenda.

Il Consiglio di Amministrazione è inoltre il meccanismo primario di governance responsabile per la definizione del compenso ai manager e per il loro monitoraggio al fine di assicurare il perfetto allineamento tra le azioni manageriali e gli interessi degli stakeholder.85 Alcuni studiosi86 hanno confermato le sinergie tra CSR e Corporate Governance ed il loro impatto sulla Performance Finanziaria d’impresa.

Prendendo in considerazione che l’impresa si impegna nelle attività di CSR quando gli interessi degli amministratori sono legati con quelli degli shareholder, possiamo ipotizzare che l’effetto aggregato del potere interno (misurato attraverso l’indipendenza del CDA ed il compenso degli amministratori collegati con il valore per gli azionisti) modera positivamente la relazione tra CSR e CFP. Nello specifico, ci aspettiamo un’ influenza maggiore sulla relazione tra CSR esterna e CFP.

H2a: L’effetto cumulativo del potere interno (aggregazione delle corporate governance) modera in senso positivo il rapporto tra CSR interna e CFP (ROA).

H2b: L’effetto cumulativo del potere interno (aggregazione delle corporate governance) modera in senso positivo la relazione tra CSR esterna e CFP (ROA). L’influenza è più forte nel caso di CSR esterna.

85 Conyon e Peck (1998) 86 Jamali et al. (2008)

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Il potere esterno dell’impresa è definito dalle donazioni PACs e dalle spese di lobbying. Entrambe incrementano il potere del Consiglio di Amministrazione all’interno dell’ambiente operativo e per estensione, moderano in senso positivo la relazione tra CSR e CFP.

Il Consiglio di Amministrazione è infatti responsabile per l’allocazione delle risorse in termini di CPA e le imprese traggono potere esterno grazie alle donazioni PACs e le spese di lobbying, guadagnando l’attitudine a far fronte alle incertezze dell’ambiente esterno.87 Le strategie politiche informative e di sostegno finanziario stimolano l’influenza dell’impresa al di là dell’ambiente politico andando ad acquisire connessioni importanti con politici, istituzioni finanziarie e altre figure di rilievo per l’impresa. Le imprese che si trovano all’intero di una densa rete di collegamenti politici hanno maggiori probabilità di successo nel raggiungimento di regolamentazioni legislative favorevoli.88 Dal momento in cui, le decisioni circa l’allocazione delle risorse – tra cui le CPA – è responsabilità degli amministratori, si presuppone che questi abbiamo alto potere esterno.

Nello specifico, l’effetto moderatore del potere esterno sarà più prominente per la CSR esterna rispetto a quella interna.

H3a: L’effetto cumulato del potere esterno (aggregazione delle CPA) modera in senso positivo la relazione tra CSR interna e CFP (ROA)

H3b: L’effetto cumulato del potere esterno (aggregazione delle CPA) modera in senso positivo la relazione tra CSR esterna e CFP (ROA). L’influenza è più forte per la CSR esterna.

87 Finkelstein (1992) 88 Schuler (2008)

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La figura 4 riassume il modello appena esposto.

I risultati ottenuti hanno condotto a rifiutare l’ipotesi H1a sull’effetto diretto positivo della CSR interna sulla CFP e ad accettare l’ipotesi H1b sull’effetto diretto positivo della CSR esterna sulla CFP. In merito all’effetto moderatore del potere sulla relazione tra CSR e CFP, i risultati hanno messo in evidenza che il potere esterno modera significativamente solo la relazione tra CSR esterna e CFP, mentre l’effetto moderatore del potere interno su entrambi i tipi di CSR – interna ed esterna – è insignificante.

2.6 Il nostro modello

Mantenendo come base di partenza i modelli analizzati poc’anzi, andremo ad approfondire la relazione tra Corporate Social Responsibility (CSR) e Corporate Political Activity (CPA) ed in fase successiva il loro effetto sulla Performance Finanziaria d’Impresa (CFP). In questo paragrafo mostreremo quali ipotesi di partenza hanno guidato questo lavoro di ricerca e nel capitolo 5 andremo a verificare quali ipotesi sono state effettivamente confermate e quali invece sono state rifiutate.

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2.6.1 Corporate Social Responsibility e Corporate Political Activity: possibili relazioni tra le due non-market strategies

Quale rapporto esiste tra la Corporate Social Responsibility e la Corporate Political Activity? Possono creare delle sinergie tra loro che massimizzano la performance d’impresa? Possiamo considerarle risorse tra loro complementari? A queste domande hanno cercato di rispondere numerosi studiosi. Secondo alcuni di loro89, la Corporate Social Responsibility può essere fondamentale per attirare verso l’impresa stakeholder non tradizionali, informazioni sulle loro preferenze, conoscenze e competenze specializzate che poi possono essere utilizzate come risorse per sviluppare le attività di Corporate Political Activity. Secondo altri studiosi,90 invece, la Corporate Political Activity può portare a sviluppare determinate risorse che potrebbero essere utili all’impresa per la sua attività di Corporate Social Responsibility, come informazioni sulle preferenze circa le politiche legislative, contatti con gli agenti della politica, operazioni sofisticate sugli affari governativi e potenzialità per la costruzione di coalizioni politiche.

Dunque, se un’ impresa riesce a cogliere queste potenziali complementarità tra CSR e CPA e riesce a coordinare le due non-market strategies, potrebbe beneficiarne in termini di massimizzazione delle complementarità, aspetto che analizzeremo più in dettaglio in seguito.

Secondo den Hond F., Rehbein K.A., de Bakker F.G.A. e Lankveld H.K. (2014)91 un’ impresa può utilizzare le risorse create attraverso la sua Corporate Political Activity per supportare l’attività di Corporate Social Responsibility in tre modi: (a) aiutare l’impresa a capire quali sono le sue priorità

di Corporate Social Responsibility; (b) incrementare la redditività delle sue politiche in termini di CSR; (c) aumentare la credibilità dei suoi impegni in CSR.

89 Yaziji (2004), den Hond, Rehbein , de Bakker & Lankveld (2014)

90 Peterson & Pfitzer (2009), den Hond, Rehbein, de Bakker & Lankveld (2014)

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(a) Riguardo le priorità, per un’ impresa che spera di sviluppare un determinato impegno in CSR, è fondamentale decidere su quale tematica o su quali priorità della società vuole profilarsi. I manager dell’impresa potrebbero trovarsi in difficoltà circa questa difficile scelta e potrebbero trovarsi di fronte a più opzioni tra le quali scegliere. Attraverso i contatti politici sviluppati dall’impresa, quest’ultima potrebbe sviluppare una sensibilità ed acquisire una conoscenza maggiore sulle problematiche e sulle questioni sociali. Alcuni autori92 definiscono questa funzione della CPA “intelligenza sociale e politica”. Le informazioni scambiate tra l’azienda e i politici possono aiutarla a identificare problematiche che sono politicamente e socialmente salienti.

(b) Per quanto riguarda invece la redditività, gli sforzi dell’impresa in termini politici possono aiutarla ad incrementare la redditività delle sue strategie di CSR. I contatti politici dell’impresa possono aiutarla a rendere più efficaci i suoi investimenti in CSR fornendole informazioni cruciali sull’indirizzo della società e delle problematiche ambientali. Per esempio, Nike, dopo il tumulto scoppiato a causa delle condizioni lavorative precarie dei suoi fornitori esteri, ha imposto degli standard sugli ambienti di lavoro dei fornitori molto più stringenti chiedendo una base normativa sugli standard di gestione della catena di approvvigionamento.93

(c) Infine, per quanto concerne la credibilità, l’impresa può fornire informazioni circa le sue politiche in ambito di CSR ed esternarle a politici e regolatori motivandoli a supportarle. In questo modo, un’impresa è capace di incrementare la sua credibilità e legittimità attraverso il suo rapporto con le agenzie governative.

Quanto esposto finora ci permette di poter formulare la prima ipotesi:

H1:La Corporate Political Activity influenza in modo positivo la Corporate Social Responsibility.

92 Post et al. (1983) 93 Caulkin & Collins (2003)

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In particolare, uno studio condotto su un campione di aziende cinesi94 ha rivelato che l’attività di Corporate Political Activity ha un effetto significativamente positivo nei confronti delle attività di Corporate Social Responsibility inerenti alla dimensione della salvaguardia ambientale ed un altro studio condotto su 119 imprese statunitensi95 ha portato alla luce che le aziende con minor performance in termini di CRS tendono ad elargire più denaro in termini di Corporate Political Activity in modo da migliorare la loro immagine nei confronti degli attori politici. Questo ci porta a poter ipotizzare che

H1a: La Corporate Political Activity influenza in modo positivo la Corporate Social Responsibility inerente alla salvaguardia ambientale.

Sempre secondo lo studio di den Hond F., Rehbein K.A., de Bakker F.G.A. e Lankveld H.K. (2014), le risorse sviluppate da un’impresa attraverso il suo impegno nell’attività di CSR potrebbero supportare le sue attività politiche in tre modi diversi: (a) facilitare l’accesso al mondo politico; (b)

aumentare l’efficacia della Corporate Political Activity; (c) ridurre i costi dell’interazione con politici e regolatori.

(a) L’attività di CSR incrementa la visibilità e la reputazione dell’impresa cosicché quest’ultima possa usarle per stabilire contatti diretti nel mondo politico e guadagnarsi l’accesso alle decisioni politiche e legislative. Una buona reputazione in termini di CSR riduce le barriere all’entrata della politica (Wang e Qian, 2011)96. Schuler e Rehbein (2005)97 riportano un esempio molto esplicativo. Una banca regionale di San Francisco si è impegnata a sostenere una strategia consapevole a sostegno delle iniziative di salute pubblica importanti per la comunità, in particolar modo la lotta contro l’AIDS. La banca in questione non solo ha fatto donazioni ad un’organizzazione medica impegnata nelle ricerche sull’AIDS ma è diventata

94 Kuo & Yu (2017)

95 Cho, Patten & Roberts (2006)

96 Wang & Qian (2011) “Corporate philanthropy and corporate financial performance” 97 Schuler, Rehbein & Cramer (2002) “Pursuing strategic advantage through political Means”

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anche il maggior sponsor di un evento di sensibilizzazione che si tiene annualmente a San Francisco. La banca avrebbe invitato politici della città, rappresentanti di stato e membri locali del US Congress come ospiti o speaker e questo avrebbe dato loro un’associazione con i problemi salienti della comunità ma anche visibilità pubblica. Attraverso questi eventi, la banca è riuscita a tessere una rete di effetti in termini di reputazione e di relazioni tra CSR e CPA che sarebbe tornata utile nel caso di problematiche all’interno del settore bancario. Di conseguenza, l’attività CSR della banca è riuscita a supportare le sue attività politiche. (b) Per quanto riguarda l’efficacia, le imprese impegnate nella CSR hanno un più forte insieme

di relazioni con la comunità e con le organizzazioni non-governative rispetto alle imprese non impegnate in CSR. Questi rapporti incrementano l’efficacia delle imprese impegnate in CSR nelle arene politiche perché permette loro di sviluppare una posizioni superiore su certe tematiche ed avere una maggior influenza.

(c) Infine, i costi relativi alla trattativa con i politici ed i regolatori possono essere ridotti attraverso l’attività di CSR in due modi: in primis, la reputazione in termini di CSR può abbassare il bisogno delle imprese di fare donazioni ai politici come strategia di CPA. Alcune ricerche (Schuler and Rehbein, 200598; Wang and Qian, 201199) hanno messo l’accento su quanto siano preziose le imprese con una buona reputazione di CSR per i politici. Quest’ultimi desiderano essere associati con gli individui, le aziende e le problematiche che sono collegate con il loro stato o quartiere. Un’alta reputazione, quindi, fa sì che l’impresa abbia minor bisogno di strumenti finanziari per guadagnarsi l’accesso e l’attenzione dei politici.

In secundis, altri studiosi (Reed, 2009)100 hanno dimostrato che la CSR ha un effetto positivo sul come i regolatori valutano l’impresa e questo riduce la frequenza e l’intensità del monitoraggio da parte di questi. Questo risultato può essere compreso se consideriamo l’obiettivo dei governi di regolare l’attività economica in un contesto di globalizzazione. Per

98 Schuler, Rehbein & Cramer (2002) “Pursuing strategic advantage through political Means” 99 Wang & Qian (2011) “Corporate philanthropy and corporate financial performance”. 100 Reed (2009) “A look at firm-regulator exchanges”

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arrivare a tale obiettivo i vari governi hanno tentato di sviluppare in maniera sempre più intensa degli incentivi market-based e messo in atto meccanismi di auto-regolazione da parte delle imprese in sostituzione alla regolamentazione diretta. Ed è così che, se i segnali di impegno in CSR delle imprese sono in linea con gli obiettivi della politica governativa, allora i governi costretti a rispettare vincoli di budget, risponderanno rivolgendo meno attenzione verso queste imprese. Il tutto riduce il costo d’ interazione con i regolatori per le imprese.

Per quanto analizzato finora, ipotizziamo:

H2: La Corporate Social Responsibility influenza in modo positivo la Corporate Political Activity.

2.6.2 Proprietà statale o privata: influenza sulla Corporate Social Responsibility e sulla Corporate Political Activity

Che influenza ha la proprietà di un’impresa sulla sua attività di CSR? E ancora, che influenza ha la proprietà di un’impresa sul suo impegno in CPA?

Per quanto riguarda la CSR, la letteratura in materia ci restituisce delle risposte diverse tra loro. Da un lato, una parte della letteratura sostiene esserci un’ influenza positiva della proprietà statale sulla CSR101. Alcuni autori, infatti, hanno rimarcato il fatto che le imprese di proprietà statale ricevono supporto finanziario da parte degli enti pubblici e questo le supporta ad investire in attività di CSR.102 Altri ancora103 hanno analizzato il contesto cinese portando alla luce che le imprese statali investono maggiormente in CSR poiché sono quelle di maggiori dimensioni e che quindi riescono ad ottenere performance migliori rispetto alle imprese private.

101 Khan, Zhang, Usman, Badulescu, Sial (2019)

102

Campbell (2007)

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Esiste, però, una parte della letteratura che sostiene il contrario, ovvero che la proprietà statale abbia un’influenza negativa sulle attività di CSR delle imprese. Alcuni studi104 nel contesto economico europeo hanno evidenziato che le performance basse in termini di CSR delle imprese statali sono dovute a conflitti tra gli shareholders che sorgono per i loro differenti obiettivi. Altri studi105, nel contesto cinese, hanno rivelato che le imprese di proprietà statale hanno una performance peggiore in termini ambientali e di tutela dei lavoratori.

Ipotizziamo dunque che:

H3:La proprietà statale ha un’influenza negativa sulla Corporate Social Responsibility.

A riguardo invece la CPA, Ridge J.W. , Hill A. D. , Ingram A. (2016)106 sostengono che, all’aumentare dei politici che possiedono quote azionarie all’interno dell’impresa, la necessità di quest’ultima di impegnarsi in CPA decresce. Questo succede perché le imprese che si impegnano in attività di CPA lo fanno per persuadere i politici a prendere posizioni che sono a loro favorevoli,107e quindi ci si aspetta che i segnali indicanti che i politici prenderanno posizioni che beneficiano l’impresa susciteranno cambiamenti nella CPA. L’acquisto di quote azionarie da parte del politico fa parte di questo tipo di segnali.

Ipotizziamo dunque:

H4: La proprietà statale ha un’influenza negativa sulla Corporate Political Activity.

104 Van der Zee (2012); Dam & Scholtens (2012) 105 Chun (2009)

106 Ridge, Hill & Ingram (2018) “The Signaling Role of Politician Stock Ownership: Effects on Lobbying Intensity” 107 Hillman et al. (2004); Lux et al. (2011)

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