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L'ESERCIZIO FISICO COME PREVENZIONE DELLE COMPLICAZIONI PRE E POST OPERATORIE NELLE ARTROPROTESI D'ANCA IN PAZIENTI OBESI

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE DELLE

ATTIVITA' MOTORIE PREVENTIVE E ADATTATE

“L’ESERCIZIO FISICO COME PREVENZIONE DELLE

COMPLICAZIONI PRE E POST OPERATORIE NELLE

ARTROPROTESI D’ANCA IN PAZIENTI OBESI”

CANDIDATO

Simone Pardini

Matr. 494687

(2)

INDICE

INTRODUZIONE………..4

CAPITOLO 1 PROTESI D’ANCA………5

1.1 DEFINIZIONE………....5

1.2 TIPI DI PROTESI………...5

1.3 COMPLICAZIONI………6

1.4 COMPLICAZIONI A BREVE TERMINE………6

1.5 COMPLICAZIONI A LUNGO TERMINE………7

CAPITOLO 2 L’ OBESITÀ……….9

2.1 DEFINIZIONE………9

2.2 CRITERI PER LA DEFINIZIONE DELL’OBESITÀ………..10

2.3 PATOLOGIE ASSOCIATE ALL'OBESITA'………12

CAPITOLO 3 RAPPORTI FRA OBESITÀ ED ARTROPROTESI

D’ANCA……….13

3.1 INFLUENZA DELL’OBESITÀ NELLA THA………14

3.2 IL CALO PONDERALE NELL’OBESO……….16

3.3 TIPOLOGIA DI ESERCIZIO PER IL CALO PONDERALE………18

CAPITOLO 4

CONCLUSIONI……….22

(3)

BIBLIOGRAFIA……….22

(4)

INTRODUZIONE

L’obesità è uno dei fattori di rischio primari per la salute dell’uomo, in quanto permette a patologie ad essa associate di manifestarsi e conseguentemente aumentare il rischio di mortalità. L'obesità ha avuto modo di diffondersi e radicarsi nella società moderna grazie allo sviluppo socio-economico che ha portato ad un aumento della disponibilità di cibo e della sedentarietà (lavori sempre più d’ufficio e digitalizzati) con un aumento preoccupante nelle fasce d’età più basse (1). Nell’ultimo ventennio abbiamo assistito ad un incremento progressivo e in Italia tra il 2001 e il 2017 l’incidenza di persone obese ha registrato un incremento medio annuo del 1,3% (2).

Fra le patologie associate all’obesità abbiamo l’osteoartrosi (OA) è una delle più frequenti. Si tratta di una malattia articolare cronica, caratterizzata da lesioni degenerative a carico dei tessuti cartilagineo e osseo che sfocia in disfunzione articolare e disabilità (3). Studi su animali rivelano che l'OA è correlata all'obesità provocando in particolare uno stress meccanico sulle cartilagini coxo-femorale tibio-femorale, oltre a una maggiore incidenza di OA nelle aree non portanti (4). Questa condizione invalidante conduce spesso alla necessità di ricorrere ad artroplastica, sia di ginocchio (total knee arthroplasty,TKA) che di anca ( total hip arthroplasty, THA). Changulani et al. hanno dimostrato che i pazienti obesi che si sottopenevano a THA erano più giovani al momento dell’intervento, mediamente di 13 anni, rispetto ai pazienti non obesi (5). Ciò avviene per un decorso più rapido ed una presentazione precoce dell’osteoartrosi nei pazienti con eccesso ponderale (6), associata ad un aumento del tasso di complicazioni peri-operatorie (7).

La tesi si pone l’obiettivo di revisionare la letteratura disponibile riguardante soggetti obesi che si sottopongono ad artroplastica di anca, allo scopo di valutare l’effettiva riduzione delle complicazione peri-operatorie dopo calo ponderale conseguito mediante un protocollo di esercizio fisico adattato.

(5)

1 PROTESI D’ANCA

1.1 DEFINIZIONE

Le protesi d’anca sono dispositivi impiantabili passivi che vengono realizzati in materiali e forme diverse, con una grande varietà di costi, che consentono ai pazienti affetti da osteoartrosi di migliorare la loro qualità di vita, ripristinando la funzione articolare minimizzando la sintomatologia dolorosa. Tipicamente sono costituite da uno stelo, fissato nel canale diafisario del femore, da una testa femorale connessa allo stelo mediante accoppiamento conico e da una coppa acetabolare che si articola sulla testa femorale (8) .

1.2 TIPI DI PROTESI

In generale possiamo distinguere 3 tipi di protesi in base al metodo di fissaggio : • Cementate

• Non Cementate • Ibride

E' possibile un’altra classificazione in base alla parte di osso asportato:

• Protesi Totale o Artroprotesi :l'asportazione e la sostituzione protesica sia della testa del femore che della coppa acetabolare.

• Protesi Parziale o Endoprotesi :la sostituzione parziale della sola componente femorale e l'accoppiamento dell'impianto con l'acetabolo fisiologico del bacino.

(6)

1.3 COMPLICAZIONI

Essendo un intervento chirurgico invasivo l’artroplastica presenta delle complicazioni post-operatorie che ora andremo a descrivere.

1.4 COMPLICAZIONI A BREVE TERMINE LUSSAZIONE

Le cause principali della dislocazione includono: la scarsa adesione del paziente alle indicazioni di precauzione postoperatorie e il mal-posizionamento delle componenti protesiche, in particolare di quella acetabolare, al momento dell'operazione.

La lussazione, assieme all’allentamento, è una delle più importanti cause di revisione.

FRATTURA

Il femore rappresenta il più comune punto di frattura, , mentre fratture all'acetabolo e al ramo pubico capitano solo raramente.

Tale complicanza può essere conseguenza anche di eventi traumatici dove la differente elasticità tra osso e metallo facilita la rottura ossea.

DISMETRIA

La dismetria è una differente lunghezza degli arti che può insorgere dopo l'intervento di protesizzazione. Può essere in eccesso, ipermetria, o in difetto, ipometria.

RISENTIMENTO DEI NERVI

Durante l’interventopuò verificarsi il risentimento transitorio o permanente dei nervi. Il nervo più comunemente investito è quello sciatico.

(7)

TROMBOSI VENOSA PROFONDA E EMBOLISMO POLMONARE

Si è prestata molta attenzione alla trombosi venosa profonda e all'embolismo polmonare come cause principali di mortalità nei pazienti sottoposti ad artroplastica totale dell'anca. Per ovviare a questa problematicala Regione Toscana, con il ministero della salute e le società scientifiche ha elaborato un protocollo che prevede la valutazione e il rischio tromboembolico in relazione alle diverse situazioni del paziente (obesità, età, patologie….) e del tipo di intervento cui il paziente si deve sottoporre. In base al rischio valutato vengono consigliate le corrette strategie farmacologiche da applicarsi (9).

COMPLICAZIONI DELLE FERITE

Le complicazioni delle ferite che sono maggiormente degne di nota sono: l'ematoma e l'infezione, che può verificarsi come complicazione secondaria. L'ematoma può infatti agire come terreno di coltura per i batteri.

1.5 COMPLICAZIONI A LUNGO TERMINE USURA

Il normale uso della protesi comporta la ciclica articolazione della testa nella cavità cotiloidea ed essendo un giunto meccanico, la protesi va incontro ad usura.

L'usura, che è strettamente legata all'erosione , provoca due effetti nell'organismo, uno di tipo patologico, ovvero un'infiammazione cronica, e uno di tipo clinico, cioè una cattiva deambulazione.

ROTTURA DELLE COMPONENTI PROTESICHE

La rottura di una componente della protesi può verificarsi in seguito ad un trauma violento o a causa di traumi minori ripetuti. In questi casi l'intervento sostituirà solo le parti protesiche danneggiate.

(8)

OSSIFICAZIONE ETEROTOPICA

L'ossificazione eterotopica si può verificare con un'elevata percentuale nei pazienti che subiscono l'artroplastica totale dell'anca. Nei casi gravi questa complicazione compromette la deambulazione piuttosto che produrre dolore.

INFEZIONI

La contaminazione batterica costituisce la causa più comune sia delle infezioni acute sia di quelle croniche. La formazione di biofilm batterici può anche essere la causa di infezioni non eradicabili che obbligano alla rimozione dell'impianto .

MOBILIZZAZIONE ASETTICA O ALLENTAMENTO DELL’IMPIANTO

La mobilizzazione asettica protesica, così denominata perché non associata a fenomeni infettivi, è l'espressione di un'insufficiente stabilità della protesi che comporta, per l'appunto, una mobilità della stessa rispetto all’osso che l’accoglie con dolore e riassorbimento osseo.

Le principali cause di questa complicazione sono: • Sottodimensionamento dello stelo protesico • Errori di cementazione

(9)

2. OBESITÀ

2.1 DEFINIZIONE

L’obesità viene definita come una condizione cronica caratterizzata da un eccessivo peso corporeo, per accumulo di tessuto adiposo, in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute. Questa è la conseguenza di un bilancio energetico costantemente positivo che può essere causato sia da un aumento dell’apporto calorico rispetto al fabbisogno, sia dall’eccessiva sedentarietà che porta ad un dispendio calorico minimo. L’obesità può essere classificata come Essenziale (>95% dei casi), dove i fattori che vi influiscono sono l’assetto genetico e l’ambiente, o Secondaria (<5%dei casi ) nella quale le cause sono: malattie endocrine, neurologiche, disturbi mentali , forme genetiche o farmaci. L’obesità è quindi una condizione ampiamente prevenibile anche se rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale, perché la sua prevalenza è in costante e preoccupante aumento non solo nei Paesi occidentali ma anche in quelli a basso-medio reddito. L'obesità rappresenta inoltre una condizione predisponente nei confronti di di varie malattie croniche come diabete, ipertensione, malattie cardio-vascolari,

insufficienza respiratoria, disabilità legata all’artrosi ed alcune forme di cancro (11). Basti pensare che il tasso di prevalenza dell’obesità fra il 1980 e il 2013 è cresciuto del 27,5% negli adulti e del 47,1 % nei bambini , per un totale di 2,1 miliardi di persone considerate obese nel mondo (12).

(10)

2.2 CRITERI PER LA DEFINIZIONE DELL’OBESITÀ

Il dato biometricopiù usato negli ultimi anni per stratificare l’obesità nella popolazione è il “Body Mass Index” (o in italiano Indice di Massa Corporea, IMC) o BMI, espresso come rapporto tra peso e quadrato dell'altezza :

• <18,5 sottopeso

• tra 18.5 e 24.99 normopeso • tra 25 e 29.99 sovrappeso

• tra 30 e 34,99 obesità di tipo 1 (lieve) • tra 35 e 39.99 obesità di tipo 2 (media ) • >40 obesità di tipo 3 (grave)

Questo indice rappresenta lo strumento principale per la classificazione dell’obesità ma presenta dei limiti in quanto non misura l'entità della massa grassa e non dà informazioni sulla sua distribuzione.

A prova di quaanto affermato, le complicanze dell’obesità, che compaiono nella maggior parte dei pazienti nel corso della progressione della malattia, spesso non si correlano in modo lineare con il BMI (13). Le diverse comorbidità dipendono in parte dall’eccesso di massa adiposa e in larga misura dalla sua localizzazione. La diversa distribuzione del tessuto adiposo è data dalla capacità più o meno limitata del pannicolo adiposo sottocutaneo di immagazzinare energia per cui, una volta raggiunta la soglia massima di accumulo, il substrato energetico inizia a depositarsi in sedi anomale, tra cui organi e tessuti normalmente privi o che ne contengono solo piccole quantità.

Il tessuto adiposo che si accumula a livello addominale rappresenta dunque un marker della relativa incapacità del tessuto adiposo sottocutaneo ad immagazzinare appropriatamente l’energia in eccesso.

Le misure di adiposità viscerale, come l’aumento della circonferenza a livello ombelicale, può prevedere il rischio cardio-metabolico (14).

Nel tentativo di proporre un sistema che possa superare i puri indicatori antropometrici, Sharma e Kushner hanno sviluppato il sistema di stadiazione Edmonton ObesityStaging System (EOSS)(15). Il sistema EOSS prevede quindi 5 stadi di evoluzione o di gravità

(11)

dell’obesità che sono determinati dalla sintomatologia e dallo stato clinico del paziente, indipendentemente dal suo livello di BMI:

• Stadio 0: Nessun fattore di rischio associato all’obesità (pressione arteriosa, profilo lipidico, glicemia a digiuno nella norma)

• Stadio 1: Presenza di fattori di rischio cardiovascolari correlati all’obesità,lievi sintomi e lievi alterazioni psicopatologiche, lievi limitazioni funzionali e/o lieve altera- zione dello stato di benessere.

• Stadio 2: Presenza di patologie conclamate legate all’obesità e moderate

limitazioni nello svolgimento delle normali attività giornaliere, e/o dello stato di benessere.

• Stadio 3: Danno d’organo conclamato

• Stadio 4: Grave disabilità (potenzialmente terminale) conseguente alle patologie correlate all’obesità

Facendo proprio il sistema EOSS, la Società Italiana dell’Obesità (SIO) ha deciso di inserire negli Standard italiani per la cura dell’Obesità 2016-2017 un algoritmo

terapeutico che proponeuna opzione terapeutica preferenziale secondo un codice-colore che integri il livello di BMI, l’età del paziente ed il suo stadio di malattia secondo il sistema EOSS (13) .

(12)

2.3 PATOLOGIE ASSOCIATE ALL'OBESITA'

PATOLOGIE CARDIOVASCOLARI • Cardiopatia ischemica • Infarto del miocardio

• Insufficienza cardiaca congestizia • Morte improvvisa

• Accidenti cerebrovascolari • Ipertensione arteriosa • Ipertrofia ventricolare sinistra

PATOLOGIE GASTROENTERICHE • Calcolosi della colecisti • Epatopatia steatosica

PATOLOGIE ENDOCRINE • Insulino resistenza

• Iperattività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene • Ipogonadismo ipogonadotropo

• Deficit di gh • Ipovitaminosi D

PATOLOGIE ARTICOLARI • Osteoartrosi

PATOLOGIE POLMONARI • Riduzionedellacapacitàfunzionale residua • Riduzione del volume di riservaespiratorio • Riduzionedellacapacitàpolmonaretotale • Riduzione del flussoespiratoriomassimo • Sindromedell’ipoventilazione da obesità

PATOLOGIE METABOLICHE • Dislipidemia

• Insulino-resistenza • Diabete mellito di tipo 2 • iperuricemia

SINDROME DELLE APNEE NOTTURNE NEL SONNO (OSAS)

PATOLOGIE NEOPLASTICHE

PATOLOGIE GINECOLOGICHE • Sindromedell’ovaiopolicistico • Alterazione del ciclomestruale

• Compromissionedellafertilità (da anovulazione) • Alterazionifetalisecondarieall’obesitàmaterna

(13)

3. RAPPORTI FRA OBESITÀ ED ARTROPROTESI D’ANCA

La tendenza corrente mostra un globale aumento della domanda di artroprotesi d’anca; negli USA, per esempio, la domanda è aumentata del 173% dal 2005, con una proiezione di 572.000 THA nel 2030 (16); in Svezia le proiezioni mostrano che si passerà da 16.000 THA nel 2010 a 20.000 nel 2030 (17) .

La causa di questo aumento è una stretta correlazione fra l’obesità e l’osteoartrosi in quanto il tasso di prevalenza dell’obesità fra il 1980 e il 2013 è cresciuto del 27,5% negli adulti e del 47,1% nei bambini (12). L’eccesso ponderale comporta un decorso più rapido ed una presentazione precoce dell’osteoartrosi colpendo principalmente l’articolazione coxo-femorale in quanto punto di snodo fra tronco e arti inferiori (6). Ciò porta ad uno sbilanciamento delle forze biomeccaniche sull’articolazione e conseguentemente ad un carico anormale e a un'alterazione del passo. Ne derivano una risposta infiammatoria, favorita da un aumento delle adipochine pro-infiammatorie che influiscono negativamente sulla biologia della cartilagine articolare (18). Ne consegue che l'obesità è significativamente associata a una maggiore necessità di artroplastica d’anca(19).

(14)

3.1 INFLUENZA DELL’OBESITÀ NELLA THA

INFLUENZA DELL’OBESITÀ SUL TIMING DELL' ARTROPLASTICA

Andrew et al., studiando 1421 pazienti sottopostisi al primo intervento di THA, hanno osservato la presenza di una proporzionalità inversa tra BMI ed età al momento dell’operazione. L' età dei pazienti al momento della THA nei gruppi di studio “non obesi” (BMI <30 kg/m2 ), “obesi” (BMI ≥30 kg/m2 to < 40 kg/m2) e “grandi obesi ” (BMI ≥ 40 kg/m2) era rispettivamente 69,1 anni 65,5 anni e 60,6 anni (analisi della varianza (ANOVA), p < 0.001) (20). Tali risultati sono stati confermati dallo studio di Lübbeke et al. che ha dimostrato una differenza di due anni fra i pazienti con BMI >30kg/m2 (69.0 anni ) e i pazienti con BMI < 30kg/m2 (67.2 anni)(21).

INCIDENZA DELLE COMPLICAZIONI

Chee et al. hanno osservato che nel periodo peri-operatorio i pazienti con BMI >30 kg/m2 hanno un maggior tasso di complicazioni, incluse dislocazioni e infezioni, a confronto dei pazienti con BMI <30 kg/m2 (22% contro 5% ; p= 0.012) (22).

Patel and Albrizio inoltre hanno evidenziato che i pazienti con BMI > 35 kg/m2 presentano un’aumentata incidenza di complicazioni post-operatorie sia locali che sistemiche (23).

Queste scoperte sono in accordo con una pubblicazione di Sadr Azodi et al., che ha analizzato 2106 pazienti osservando un incremento del rischio relativo di complicazioni (HR) per pazienti obesi e sovrappeso (HR 2.5 , 95% intervallo di confidenza (CI) da 1.1 a 5.5 e HR 3.7, 95% CI da 1.5 a 9.3; rispettivamente) paragonati a pazienti normopeso (BMI=25 kg/m2 ) (24).

Dowsey et al. , in un gruppo di 471 pazienti, hanno evidenziato un incremento dell’incidenza delle complicazioni post operatorie con una rischio relativo di 1.81 nei pazienti obesi e di 5.77 nei pazienti con grande obesità (BMI> 40 kg/m2 ) paragonati ai pazienti normopeso(25).

(15)

dimostrato che un aumento del BMI è correlato con un aumento dell’instabilità protesica: ogni 10 punti di BMI il rischio di dislocazione aumenta del 113.9% e dopo l’intervento i pazienti obesi hanno un incremento di 3.7 punti del rischio di contrarre una infezione superficiale (26).

Bowditch e Villar hanno osservato un icremento della stima della perdita di sangue durante l’intervento di protesizzazione d’anca di 380 ml nei pazienti con BMI > 30kg/m2 rispetto ai pazienti non obesi (p<0.001)(27).

Motaghedi et al. hanno mostrato un’associazione fra obesità e aumento post-operatorio dei livelli di interleuchine (IL) IL-1b e IL-6 e del fattore alfa di necrosi tumorale, indicatori di uno stato pro-infiammatorio (28).

Infine Raphael et al. hanno sottolieato l’associazione fra “grandi obesi” (BMI >40kg/m2) e tempi operatori più lunghi con una maggior difficoltà nel somministrare l’anestesia epidurale (29).

TIMING DI REVISIONE PROTESICA

Vi è una stretta correlazione fra obesità e revisione protesica in quanto un BMI alto è direttamente associato ad un carico maggiore sulla componente protesica, nonostante i pazienti obesi abbiano una vita più sedentaria (30) .

È stato dimostrato che vi è un tasso di revisione in media in pazienti con BMI > 40kg/m2 del 7,99% contro il 2,75% in pazienti con BMI<30kg/m2(30).

Riassumendo :

• Vi è un rapporto di proporzionalità diretta tra BMI e l’aumentato tasso di lussazioni e infezioni.

• L’obesità porta ad una maggior perdita di sangue durante l’operazione , tempi operativi più lunghi e un'aumentata produzione di citochine.

(16)

rispetto ai soggetti normopeso ( BMI>30 kg/m22 anni in meno di media , BMI>40 kg/m2 9 anni in meno di media ).

• I pazienti obesi hanno un tasso di revisione protesica più alto rispetto ai non obesi.

Come si evince dal fattore comune (obesità) che condiziona le complicazioni peri operatorie, il calo ponderale viene frequentemente richiesto per migliorare l'esito dell'intervento.

3.2 IL CALO PONDERALE NELL’OBESO

Per conseguire un calo ponderale possiamo percorrere 3 possibili strade (31).

1. Limitare l’apporto calorico (strategia nutrizionale, farmacologica e chirurgica bariatrica )

2. Aumentare il dispendio energetico (esercizio fisico)

3. Strategia combinata ( limitare l’apporto calorico ed aumentare il dispendio energetico)

Per conseguire un risultato ottimale e duraturo nel tempo, nei pazienti obesi è preferibile scegliere una strategia combinata mediante un approccio multidisciplinare che includa l'intervento nutrizionale e la riabilitazione psicofisica (32, 33). Questo prevede un lavoro di equipe fra medico, fisioterapista , nutrizionista , psicologo e scienziato motorio. Risulta quindi molto importante l’impostazione di un protocollo che preveda una rieducazione motoria, comportamentale e nutrizionale in cui l’attività fisica adattata e continuativa venga considerata il punto cardine. Per l’attuazione è fondamentale capire le

problematiche che comporta l’obesità nell’attività fisica. Analizzando la risposta all’attività possiamo vedere :

• Un più elevato costo metabolico , conseguente alla massa corporea

(17)

conseguenti a maggiori resistenze periferiche

• Un aumentato dello stress articolare , soprattutto agli arti inferiori • La presenza di sarcopenia

• La presenza di deficit coordinativi e difetto di apprendimento motorio

Gli adattamenti più immediati in risposta all'attività fisica sono quelli dell’apparato locomotore con aumento del tono muscolare, aumento della sintesi proteica, aumento della densità ossea con un conseguente aumento della resistenza meccanica e un miglioramento della salute articolare (aumento del trofismo cartilagineo e aumento di secrezione di liquido sinoviale ).

Adattamenti a lungo termine si verificano per a carico dell’apparato cardiocircolatorio e polmonare:

• Aumenta la capacità contrattile del muscolo cardiaco (aumenta la gittata e diminuisce la frequenza cardiaca a riposo)

• Diminuiscono le resistenze periferiche con conseguente riduzione della pressione arteriosa

• Migliora la capacità respiratoria, grazie ad una migliorata mobilizzazione toracica • Migliora la capacita di trasporto e di cessione dell’ossigeno

(18)

3.3 TIPOLOGIA DI ESERCIZIO PER IL CALO PONDERALE

L'esercizio di resistenza è probabilmente il tipo di esercizio più efficace per la perdita di peso corporeo, poiché è facilmente applicabile e garantisce un elevato dispendio

energetico(31) Infatti l’intensità di lavoro ideale per utilizzare i grassi come substrato energetico è all’interno della soglia aerobica tra il 60% e il 70% della propria frequenza cardiaca massima.Il tempo da dedicare ogni volta all'attività fisica deve essere non meno di 45-60 minuti, per una frequenza settimanale di minimo tre volte, alternando un giorno di riposo e uno di lavoro in quanto è stato dimostrato da l'American College of Sports Medicine (ACSM) (34), l'European College of Sport Science (35), e la task force dell'American College of Cardiology e dell'American HeartAssociation (10), che l’esercizio fisico minimo per ottenere miglioramenti a livello globale è di circa 150 minuti di esercizio a intensità moderata a settimana. Tuttavia, l'esercizio anaerobico di potenziamento muscolare (soprattutto dei grossi gruppi muscolari) e l'esercizio

intermittente possono anche essere inclusi in un programma di gestione del peso, offrendo varietà e ulteriori effetti benefici sul determinante della salute e della forma fisica (31).

Nella scelta delle modalità di “somministrazione “ dell’attività fisica dobbiamo tener conto dell’aspetto inclusivo e ludico poichè il soggetto obeso presenta delle forti limitazioni a livello fisico e psicologico date dal fatto che l’obesità influisce

negativamente sulla prestazione. Questi aspetti dirotterebbero la scelta dell’attività su sport come nuoto o ciclismo, poiché comportano un grande dispendio energetico con minimo stress articolare. Purtroppo, per la modalità di esecuzione di questi sport, l’individuo dovrebbe praticarli in forma individuale minando la componente

motivazionale e la continuità dell’attività. Per ovviare a queste problematiche la Regione Toscana in accordo con le AUSL territoriali ha avviato un progetto denominato A.F.A. (Attività Fisica Adattata) ovvero programmi di esercizio fisico, non sanitari, svolti in gruppo, comprendente esercizi fisici salute-orientati rivolti a soggetti colpiti da patologie croniche che presentano tuttavia un quadro clinico stabilizzato (36). Il trovarsi in gruppo, svolgendo una programmazione comune e soprattutto fruibile a tutti porta

(19)

all’abbattimento delle barriere psicologiche, spesso causa dell’abbandono dell’attività, con conseguente crescita dell’autostima. L’esercizio adattato porta a migliorare

progressivamente l’efficienza corporea favorendo il calo ponderale, il miglioramento del rapporto massa grassa / massa magra ,ed l’aumento delle capacità condizionali (come forza e resistenza ) e coordinative.

Il percorso A.F.A. per la sua natura adattata non è univoco ma presenta 3 varianti : • Bassa Disabilità: comprendente programmi di esercizi ideati per sindromi

croniche che non limitano le capacità motorie di base o la cura personale del soggetto come ad esempio obesità, sindromi algiche da ipomobilità e/o con rischio di fratture da fragilità ossea ed osteoporosi

• Alta disabilità: programmi di esercizi ideati per sindromi croniche stabilizzate con limitazione della capacità motoria e disabilità conclamata

• Attività in acqua: è un adattamento dei 2 precedenti programmi in ambiente acquatico, da eseguirsi sia in acqua alta che in acqua bassa. (36)

Prima dell’inizio di un qualsiasi tipo di percorso sarà necessario eseguire un valutazione clinico-funzionale del nostro soggetto , così da poter scegliere un’attività personalizzata. Tenendo conto del grado di obesità e delle complicazioni associate è consigliabile iniziare da un’attività in acqua, in quanto presenta diversi vantaggi:

• Effetto di galleggiamento e conseguente riduzione del carico articolare • La resistenza offerta dall’acqua (maggior dispendio calorico in movimenti

semplici)

• Ridistribuzione sanguigna dovuta alla pressione idrostatica • Limitazione dei traumi

• Modalità di informazione sensoriale alterate (stimolazione neurologica) • Effetto di socializzazione

(20)

La componente acquatica amplia la gamma di movimenti che normalmente a terra sarebbero difficilmente eseguibili come :

• Abduzione e adduzione • Flessione e estensione • Elevazione e abbassamento • Intra ed extra-rotazione

• Circonduzione, inclinazione ed oscillazione • Pronazione e supinazione

Un esempio esplicativo dell’esecuzione di questa attività potrebbe essere: CARATTERISTICHE GENERALI

• Durataàcirca 60 minuti

• Frequenzaàinizialmente 2 volte a settimana con implementazione a 3 una volta raggiunto uno stato di forma fisica adeguato

• Profondità acqua à 2 m • N° partecipanti à massimo 20

RISCALDAMENTO

• Durata à 10/15 minuti

• Tipologia di esercizioàin questa fase si prediligono esercizi globali preparatori all’attività che andremo a svolgere successivamente nella parte centrale. Un esempio potrebbe essere eseguire un movimento di pedalata con le gambe simile a quelloche si effettua in bicicletta con abbinate combinazioni di carattere

(21)

PARTE CENTRALE

• Durata à 30/35 minuti

Tipologia di esercizioàin questa fase si svolgono esercizi di rinforzo muscolare , mobilità, core stability e propriocezione. Un esempio potrebbe essere eseguire una flesso-estenzione delle braccia controresistenza con l’ausilio di un galleggiante ( rinforzo muscolare); eseguire un movimento di abduzione e adduzione delle gambe (mobilità); mantenere la posizione seduta in acqua senza l’ausilio di un punto di appoggio (core stability); Partendo con il ginocchio flesso (con un galleggiante a livello del ginocchio per facilitare l’esecuzione)e la tavoletta sotto il piede, eseguire una dorsiflessione e una plantiflessione di caviglia(propriocezione).

Per i casi più gravi di obesità è necessario proporre un corretto recupero della deambulazione, proponendo esercizi come il cammino laterale , frontale o all’indietro che stimolino una ripresa funzionale.

DEFATICAMENTO

• Durata à 10/15 minuti

• Tipologia di esercizioàin questa fase si proporranno esercizi volti al ritorno ad una condizione basale ed all’allungamento muscolare. Un esempio potrebbe essere eseguire con l’aiuto della respirazione un rilassamento in galleggiamento (ritorno alle condizioni basali); in appoggio con i piedi e le mani al muro un allungamento della catena cinetica posteriore (allungamento muscolare).

(22)

4. CONCLUSIONI

I risultati della revisione della letteratura evidenziano una correlazione fra obesità e la frequenza di interventi di artroplastica totale di anca, conseguente al decorso più rapido e precoce dell’osteoartrosi nel soggetto obeso. L'obesità comporta inoltre un aumentato rischio di complicazioni peri operatorie. La strategia più efficace per la riduzione di queste complicazioni è rappresentata da un intervento volto a ottenere un calo ponderale mediante esercizi adattati alla condizione del soggetto.

BIBLIOGRAFIA

1. “Childhood Obesity”; Seema Kumar, Tara Kaufman, 2018

2. Audizione dell’Istituto Nazionale di Statistica, Dott.ssa Roberta Crialesi, 2018 3. Definizione Treccani

4. “Pro-inflammatory Cytokines: The Link Between Obesity and Osteoarthritis”; Tiantian Wang, Chengqi He, 2018

5. “The relationship between obesity and the age at which hip and knee replacement is undertaken”; Changulani M, Kalairajah Y, Peel T, Field RE.2008

6. “Complications of Morbid Obesity in Total Joint Arthroplasty: Risk Stratification Based on BMI” ; Derek T Ward, Lionel N Metz, Patrick K Horst, Hubert T Kim, Alfred C Kuo. 2015.

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il professor Ferruccio Santini per avermi concesso l’opportunità di svolgere la tesi.

Un ulteriore ringraziamento al Dott. Maurizio Befifei per il tempo che mi ha dedicato durante lo svolgimento della tesi.

Un grazie particolare va rivolto anche a mio padre e mia madre, per avermi sostenuto in questo percorso universitario.

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