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Contaminazioni teatrali nel cinema di Rainer Werner Fassbinder

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Academic year: 2021

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Sommario

Introduzione p. 2

1.Capitolo: Rainer Werner Fassbinder nel teatro p. 11

1.1 Presentazione dell‟autore: cenni biografici e formazione

1.2 L‟antiteater nella Germania della post-restaurazione. p. 20

1.2.1 Studio della pratica scenica e della poetica drammaturgica: relazioni con il teatro epico di

Bertolt Brecht. p. 23 1.2.2 Il realismo, il malessere come tematiche. Riferimenti al teatro epico e ai linguaggi

postmoderni nei drammi: Katzelmacher, Pre-paradise sorry now, Blut am hals der katze p. 35 1.3 Il teatro di Rainer Werner Fassbinder tra realismo e sentimentalismo: analogie con

Henrik Ibsen, August Strindberg e Heinrich von Kleist nelle pièces: Bremer Freiheit e Die

bitteren Tränen der Petra von Kant p. 51

2.Capitolo: Il cinema di Fassbinder fra società, storia e politica p. 63

2.1 Accenni al nuovo cinema tedesco e introduzione al cinema dell‟autore.

2.2 Costanti tematiche nel cinema di Fassbinder p. 72  Emarginazione, degrado crisi dei rapporti interpersonali p. 73  Storia e politica come tema e come contesto. p. 82 3. Capitolo: Rainer Werner Fassbinder: contaminazioni fra teatro e cinema p. 90

3.1Elementi di teatralità nelle costanti espressive del cinema fassbinderiano: scenografia, macchina da presa, montaggio, illuminazione e direzione degli attori dal teatro al cinema p. 93

 Direzione degli attori: recitazione p. 99  Macchina da presa: uso dell‟inquadratura; montaggio p. 105  Ambientazione: scenografia e uso degli interni; illuminazione p. 113

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2 Introduzione

In ultima analisi, quello che conta è l‟intero corpo dell‟opera che ci si lascia dietro quando si scompare. È la totalità dell‟oeuvre che deve dire qualcosa di speciale riguardo al tempo in cui è stata realizzata. Altrimenti è inutile1

R. W. Fassbinder

Nella mia tesi di laurea affronto il percorso artistico di Rainer Werner Fassbinder, intellettuale vissuto nella Repubblica Federale Tedesca che ha diviso la sua carriera fra il teatro e il cinema. Lo scopo della tesi è dimostrare la posizione di rilievo dell‟arte scenica nella produzione complessiva dell‟artista; e in particolare analizzare la spontanea e frequente interazione tra la pratica teatrale e le opere cinematografiche dell‟autore.

Negli ultimi anni l‟opera drammaturgica di Fassbinder è stata rivalutata (e in parte riscoperta) da molti artisti e studiosi; i quali lo ritengono oggi fra i più interessanti innovatori del teatro tedesco degli anni Settanta, affiancandolo ai nomi di Thomas Bernhard, Botho Strauss, Günter Grass, Peter Handke e Martin Sperr2. Il teatro di Fassbinder, infatti, è stato adombrato dall‟immensa produzione cinematografica, ed erroneamente si è spesso considerata la scrittura dei drammi come un‟attività collaterale rispetto al quadro generale dell‟opera dell‟autore. Solo negli anni Ottanta dopo la tragica morte dell‟artista si sono pubblicati i testi inediti e le corrispettive traduzioni nei vari paesi internazionali, ancora oggetto di studio in Germania, Inghilterra e Francia3. Sempre in questi stessi anni, proprio per l‟arresto improvviso di una carriera incessante, è stato possibile fermarsi a riflettere sulla produzione dell‟autore; ad esempio parlando di Querelle, nel 1982 il critico francese Olivier Assayas accostò per la prima volta Fassbinder a Pier Paolo Pasolini4 accentuando l‟impegno teatrale del regista tedesco; il paragone ha trovato conferma nel volume recente di Mauro Ponzi

Pasolini e Fassbinder la forza del passato5 dedicato proprio all‟immensa (e in parte analoga) carriera dei due autori e al loro costante interesse politico e sociale. Qualche anno dopo la morte del regista, il duo Lombardi -Tiezzi, al periodo Magazzini Criminali, introdussero Fassbinder fra i personaggi di Perdita della Memoria (1985), uno spettacolo che celebrava la memoria poetica classica attraverso la mediazione degli autori contemporanei presi dalla letteratura, dal teatro e dal cinema6. Il legame fra gli artisti era nato ovviamente dal teatro: Lombardi e Tiezzi avevano conosciuto l‟autore nel 1979 durante il festival di Colonia

1R. W .Fassbinder, in D. Ferrario, Fassbinder, Firenze, Il castoro cinema, La nuova Italia, 1982, p. 5

2Il germanista Roberto Manin ha accostato Fassbinder a Bernhard e Strauss per l‟uso del linguaggio triviale e le tematiche di “realismo del degrado” . Cfr. R. Manin, introduzione , I rifiuti la città e la morte e altri testi, Milano, Ubulibri, 1992.

3Alcuni esempi di studi di notevole interesse sono: D. Barnet, Rainer Werner Fassbinder and the German Theatre, New York, Cambridge University press, 2005; D. Bax, Rainer Werner Fassbinder, Heinrich Von Kleist, Parigi, Magic Cinema, 2001

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Assayas afferma: «Pasolini è poeta e teorico dove Fassbinder è uomo di teatro e cinéphile» Cfr. Assayas,

L’enfer de Brest, «Cahiers du Cinema», n. 340, in R.W. Fassbinder, Querrelle, Milano, Ubulibri, 1982, p.188

5Il volume è stato stampato a Roma nel 2013 per la casa editrice Nuova Cultura .

6Si rimanda a V. Valentini, Fra fine e rinascita: le linee dell’Ottanta (1978- 1988), in Id. (a cura di), Nuovo

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Theater der Welt; il regista stava girando il documentario celebrativo che uscì 1981. Egli inserì due spettacoli del Carrozzone, primo gruppo di Lombardi–Tiezzi. A colpire Fassbinder fu probabilmente la forma protesa all‟ibridazione espressiva degli spettacoli, rappresentanti di una poetica che rivendicava i diritti della visione su quelli della testualità come unico referente del fare teatro7.

È stata questa particolare situazione a suscitare in me la curiosità di affrontare il cineasta da un punto di vista teatrale, attribuendo rilievo al suo essere drammaturgo e regista di scena oltre che sul set.

Mi sono documentata sull‟opera generale dell‟autore, ho letto i testi teatrali più significativi della sua drammaturgia, e ho visionato la maggior parte dei film che hanno caratterizzato la carriera di Fassbinder; quindi ho deciso di strutturare la mia tesi in tre parti, corrispondenti ciascuna ad un capitolo. Le prime due parti introducono l‟arte dell‟autore, delineandone le caratteristiche e le tematiche distintive nel teatro e nel cinema, cercando, dunque, di offrire una visione complessiva e contestualizzata del lavoro del regista. Nel terzo capitolo procedo con l‟analisi della contaminazione delle due discipline artistiche, prestando attenzione a come i diversi elementi espressivi possono valorizzare gli aspetti teatrali del film o contribuire a crearli.

Il primo capitolo si apre con dei brevi cenni biografici dell‟autore, e prosegue introducendolo nel contesto storico e sociale della Baviera dell‟epoca Federale.

Si ripercorre l‟esordio teatrale dell‟artista, ponendo particolare attenzione al suo legame con la scena di Monaco, attiva nei confronti delle problematiche politiche e sociali degli anni Settanta.

A causa delle scarse informazioni mi sono trovata costretta a mettere in secondo piano l‟Action Theater, primo collettivo di Fassbinder, costituitosi nel 1965, che accoglie il regista nel 1967. Il gruppo si distingueva per l‟aggressività politica che si manifestava attraverso il teatro, lo stesso spirito di lotta che accomunava la maggior parte degli artisti internazionali degli anni Sessanta e Settanta; infatti l‟Action Theater tendeva a modellarsi sull‟esempio del Living Theatre, anche se il riferimento principale sembra essere il teatro epico di Bruckner e Brecht. Per questa ragione il paragrafo punta l‟attenzione sulla formazione più conosciuta del regista, l‟antiteater, il gruppo che ha accompagnato Fassbinder in tutta la prima parte della sua intensa carriera fino allo scioglimento avvenuto nel 1971 a causa di tensioni interne. In particolare il paragrafo si concentra sulle discordanze di opinioni fra i critici teatrali che hanno assistito agli spettacoli dell‟antiteater, e cerca di evidenziare qual era, in quegli anni, il problema di classificazione e storicizzazione del teatro fassbinderiano.

Il secondo paragrafo del primo capitolo è dedicato alle analogie teorico-stilistiche fra Brecht e Fassbinder.

7I riferimenti al rapporto con Fassbinder sono sul sito ufficiale di Lombardi- Tiezzi sulla sezione compagnia: http://www.lombarditiezzi.it/compagnia.php

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In questa parte si analizza l‟eredità culturale che Brecht aveva lasciato all‟arte tedesca; un retaggio assorbito più intensamente dai giovani intellettuali bavaresi della post-restaurazione, causa di un‟osmosi culturale a cui si lega imprescindibilmente la drammaturgia e la pratica dei due collettivi teatrali di Fassbinder l‟Action Theater e l‟antiteater.

Si studiano, inoltre, le relazioni storico-culturali che legano l‟antiteater al Berliner Ensemble e alla poetica brechtiana. Si analizza quindi l‟attività artistica dell‟antiteater mettendola in relazione con le teorie e i metodi di regia di Brecht; accostando in particolare Fassbinder all'intellettuale di Augusta. Si punta l‟attenzione sulle somiglianze di pensiero, la priorità politica e l‟urgenza di scatenare la riflessione sul pubblico che per entrambi i drammaturghi era la parte fondamentale del lavoro. Brecht e Fassbinder tentavano di mettere l‟arte al servizio della collettività; secondo i due autori il teatro (o il cinema) erano il pretesto per raccontare il presente della Germania, e per scatenare la formulazione di un‟ideologia individuale del cittadino tedesco.

Ho ritenuto indispensabile esaminare il metodo brechtiano, così da poterlo mettere in diretta relazione con il pensiero e la pratica fassbinderiana. Tenendo presenti alcuni studi di rilievo sul teatro di Brecht8 si chiariscono i precetti teorici del verfremdungseffekt, ossia l‟effetto di straniamento inteso da Brecht come una pratica aperta, volta a sottolineare l‟aspetto narrativo dell‟azione, accentuandone la denuncia politica, senza limitare o opprimere la recitazione degli attori. Uso il verbo “chiarire” riferito ai tanti fraintendimenti che spesso si creano a proposito del distanziamento usato nell‟accezione brechtiana; puntualizzo, quindi, le difficoltà che si frapponevano fra la pratica e il metodo teorico

Questo chiarimento mi permette di introdurre il metodo adottato da Fassbinder per dirigere gli attori in teatro e sul set. L‟effetto di straniamento è la caratteristica principale del cinema dell‟autore, ed è presente in varie forme; il verfremdungseffekt nelle tecniche fassbinderiane è analizzato nel terzo capitolo, in corrispondenza di un‟analisi sui metodi espressivi.

Per gli esordi e la contestualizzazione storica dell‟antiteater ricorro ai dati sparsi e disorganici dei vari studi che trattano, anche in forma breve, del teatro di Fassbinder.

Un valido aiuto è il volume che esplora le caratteristiche della scena tedesca della post-restaurazione, Teatro della quotidianità in Germania del germanista Teodoro Scamardi. Egli focalizza la propria attenzione sui casi di Marieluise Fleißer, Franz Xavier Kroetz, Martin Sperr e Rainer Werner Fassbinder; attraverso questi autori specifici è possibile ricostruire il terreno culturale e le principali caratteristiche della scena teatrale e letteraria bavarese di quegli anni. Si rileva la mancanza di un percorso evolutivo della letteratura e dell‟arte tedesca nel lasso temporale che va dalla seconda guerra mondiale all‟era Adenauer, indicativo di un rallentamento di crescita nella cultura del paese. Questo vuoto intellettuale conduce i letterati della post-restaurazione a ricercare le proprie radici negli stili e nelle tematiche degli artisti dell‟anteguerra.

Prima di passare alla seconda parte del primo capitolo ritengo importante puntare l‟attenzione sul “realismo del degrado”, genere artistico-letterario, le cui tematiche ricorrenti trattano di

8Paolo Chiarini, Bertolt Brecht. Saggio sul teatro, Bari, Universale Laterza, 1967 e Claudio Meldolesi e Laura Olivi, Brecht regista. Memorie dal Berliner Ensemble, Bologna, Il Mulino, 1989.

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violenza e disagi nella vita proletaria urbana e provinciale. Questa tipologia di scrittura si è diffusa nel contesto artistico e letterario dell‟Europa del dopoguerra, influenzando la drammaturgia tedesca a partire dagli anni Quaranta fino agli anni Settanta. In Germania il realismo del degrado si classifica sotto il genere trivial e si riscontra in modo particolare in Thomas Bernhard, Botho Straus, Günter Grass e Fassbinder.

In questa sezione dedico parte del mio studio al volume di Julia Kristeva, Poteri dell'orrore.

Saggio sull'abiezione. La studiosa si è occupata d‟indagare dettagliatamente l‟origine del

realismo del degrado e i suoi significati nascosti, esplorando la letteratura e la drammaturgia contemporanea del Novecento, tracciandone un percorso che ha origine da fine Ottocento fino alla metà del secolo successivo. La descrizione dello scenario storico e culturale europeo di quegli anni mi permette di fare chiarezza sull‟uso della volgarità e del kitsch riscontrati quasi costantemente nella scrittura fassbinderiana; tali scelte non si possono considerare un vezzo stilistico dell‟autore, poiché sono il frutto di un retaggio presente nella cultura europea, legata ai contesti sociali e politici del secondo dopoguerra. La trivialità e l‟abiezione entrano altrettanto naturalmente nello stile dell‟autore come le teorie brechtiane; e del resto il linguaggio scurrile (anche se meno aggressivo) era prerogativa delle opere di Brecht, ereditate dal teatro espressionista. Questo aspetto si rileva nella drammaturgia di Marieluise Fleißer legata sentimentalmente e intellettualmente a Bertolt Brecht. Nella parte successiva si rileva la somiglianza e l‟influenza della scrittura fleisseriana nel teatro Fassbinder.

Nella seconda parte del capitolo analizzo le opere drammaturgiche più significative del primo periodo dell‟autore, quali Katzelmacher (1969), Pre-paradise sorry now (1969), e Il sangue

sul collo del gatto (1970).

In genere gli studiosi affrontano i testi teatrali di Fassbinder da un punto di vista letterario, in relazione con il panorama culturale tedesco; tendono, quindi, a far prevalere l'indagine tematica sull‟analisi della struttura teatrale. In questa sede provo ad esaminare le opere da un punto di vista drammaturgico, cercando di comprenderne la struttura, e classificarla in base ai saggi teorico-metodologici di Peter Szondi, Teoria del dramma moderno e di Hans-Thies Lehemann, Segni teatrali del teatro post-drammatico.

La mia attenzione si rivolge soprattutto alle tante analogie con il metodo di Brecht riscontrabili un po‟ in tutto il primo periodo del teatro fassbinderiano. Mi soffermo sull‟analisi di Pionieri a Ingolstadt di Marieluise Fleißer (1926), nata da un‟idea di Brecht. La pièce è fra i riferimenti principali della poetica di Fassbinder; ha fornito all‟autore il metodo d‟espressione più congeniale per affrontare le tematiche sull‟esercizio della violenza nelle relazioni di gruppo, tema centrale di Katzelmacher. L‟opera di Fassbinder è, quindi, analizzata in quest‟ottica, mettendo in evidenza la struttura circolare che caratterizza il testo, già presente nel dramma della Fleißer.

Di particolare interesse risulta la forma del testo Pre-paradise sorry now, la quale presenta un disordine nella linearità dell‟azione che sembra superare le teorie brechtiane, anche se per la sua struttura resta distante dallo spettacolo di Beck e Malina evocato nel titolo. Mi avvalgo quindi in particolare del saggio di Hans-Thies Lehmann per analizzare il dramma.

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struttura che isola i quadri scenici in cui si svolge l‟azione senza alcun presupposto di continuità temporale e spaziale. I personaggi sono ridotti a puri valori formali denominati da lettere. Tuttavia si considera come un esperimento isolato dell‟autore, il quale era solito esplorare linguaggi eterogenei, al punto da non poter mai essere classificato in uno stile definito; e forse da questo deriva la propensione ad eludere l‟analisi formale delle sue opere. L‟incontinenza creativa dell‟autore era il risultato di una sperimentazione costante, un bisogno di espressione che poteva andare in diverse direzioni, disorientando la critica dell‟epoca, anche in senso cinematografico. Assayas, a cui ricorro per la seconda volta, nel 1982 metteva in luce la difficoltà di poter formulare un giudizio sul lavoro complessivo dell‟autore bavarese:

la carriera di Fassbinder non è stata altro che una fuga in avanti. Lo spettatore non ha avuto, infatti, il tempo di studiare una carriera diseguale, contraddittoria, sulla quale era sempre in ritardo di un paio di film, una serie televisiva, due o tre spettacoli. […] Il critico vedeva sullo schermo solo l‟impronta di qualcuno che era già molto più avanti. Non esistevano più opinioni pertinenti, via via veniva tutto cancellato9.

Nel caso della pièce Il sangue sul collo del gatto si riscopre una connessione con le opere I

criminali di Bruckner e Il sogno di Strindberg, testi che, come i loro autori, sono stati tra le

tante fonti d‟ispirazione di Fassbinder. Preciso in particolare, come Strindberg sia stato importante nel guidare l‟artista ad un approccio con l‟interiorità del personaggio, escluso nei drammi in stile epico. La soggettività diventa fondamentale nella carriera successiva di Fassbinder, in corrispondenza con lo scioglimento dell‟antiteater e l‟inizio di una scrittura più vicina al dramma borghese. Su questo aspetto mi concentro nella terza parte del capitolo. Il terzo punto del primo capitolo è dedicato al cambiamento stilistico di Fassbinder, negli anni dello scioglimento dell‟antiteater, e alla sua personale elaborazione del dramma borghese, in connessione con il teatro romantico di Heinrich von Kleist.

Le opere fassbinderiane prese in considerazione sono Libertà a Brema (1970) e Le lacrime

amare di Petra von Kant (1971). La struttura, lo stile, il linguaggio, e le tematiche affrontate

nei drammi sono più diretti. L‟artista voleva creare una dialettica con il pubblico anche sul piano emozionale. Questi sono gli anni della rivisitazione della propria produzione sia teatrale sia cinematografica: i personaggi acquistano uno spessore psicologico; e Fassbinder inizia a giocare con le loro coscienze, a smascherarle attraverso le trame relazionali e i giochi di potere. In questo periodo l‟autore inizia a ritenere d‟importanza fondamentale la drammaturgia di Kleist e a caratterizzare le dramatis personae con la stessa forza espressiva del suo predecessore, ed è con la drammaturgia di Kleist che si osserva la logica di cambiamento di Fassbinder: l‟autore non abbandona la rottura degli schemi linguistici tradizionali, li concentra sul finale, dove tende al massimo grado la tensione drammatica fino all‟esplosione del pathos emotivo, in corrispondenza della tragedia interiore del personaggio, che spesso si accompagna alla perdita di contegno. Sono queste le caratteristiche di Personaggi come Gheesche di Libertà a Brema e Petra di Le lacrime amare di Petra von

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Kant, entrambi ispirati dalla poetica di Kleist. In particolare saranno accostati alla lettura di Michael Kohlhaas (1810) e Pentesilea (1808) di Heinrich von Kleist10.

Il secondo capitolo introduce la carriera cinematografica di Fassbinder e lo contestualizza nell‟ambito del Nuovo cinema tedesco, ripercorrendo la storia del movimento e focalizzandosi su alcuni esempi di stili e analogie comuni ai vari membri.

Ho deciso di ridurre il capitolo in soli due paragrafi, nonostante l‟opera cinematografica di Fassbinder sia, come è noto, la produzione più ampia dell‟autore; tuttavia ritengo opportuno analizzare solo gli aspetti salienti del contesto cinematografico, al fine di collocare il regista nel movimento del Nuovo cinema Tedesco, e focalizzare l‟attenzione sull‟analisi delle tematiche che rendono i film di Fassbinder vicini al teatro.

La prima parte del capitolo è, quindi, dedicata alla nuova cinematografia tedesca, ne affronta le caratteristiche peculiari che l‟avvicinano alla Nouvelle vague francese e al teatro epico di Brecht. Rispetto a quest‟accostamento si sottolinea il rimarcato interesse verso l‟effetto straniante, l‟interruzione della narrazione, l‟uso espressivo della musica, e altri elementi caratteristici di questo frangente avanguardistico di cui hanno fatto parte artisti internazionali, quali Herzog, Wenders e Schlöndorf. Ho consultato i volumi storico-critici del cinema tedesco dagli anni Sessanta alla prima metà degli Ottanta, curati principalmente da Giovanni Spagnoletti11, il Quaderno di lavoro di Anita Piemonti sui metodi di regia della coppia Straub /Huillet12, e la pubblicazione di Alexander Kluge della propria sceneggiatura Artisti sotto la

tenda del circo: perplessi. Ho visionato inoltre alcuni film del movimento, cercando di

relazionarli con i testi studiati, ponendo attenzione alle somiglianze con il panorama cinematografico di Weimer e cogliendone gli echi brechtiani.

Dedico, inoltre, uno spazio chiarificatore a Brecht e al suo rapporto con il cinema: in contraddizione con la lungimiranza e il senso critico del drammaturgo, il grande schermo nella visione brechtiana è un mezzo legato all‟intrattenimento; per lui, il cinema veniva fatto per lo più in maniera incosciente, nell‟ottica di compiacere il pubblico e non di educarlo, come presupponeva la sua didattica teatrale. Tuttavia esistono diversi punti d‟incontro tra la poetica brechtiana e il cinema di Weimer, nel film Khule wampe (1932), l‟autore sperimenta l‟interruzione della narrazione e lo scorrere delle immagini sotto un motivo musicale per richiamare l‟attenzione dello spettatore sul messaggio; tali elementi diventano costanti espressive del Nuovo cinema tedesco.

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I testi consultati in questa sezione sono: S. Lupi, Coscienza e inconscio nell’arte di Heinrich von Kleist, Firenze, S. Olischki Editore, 1969 e H. V. Kleist, Pentesilea, Torino, Einaudi, 1989; e Michael Kohlhaas, Milano, Feltrinelli, 2015

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Mi riferisco ai testi: G. Spagnoletti (a cura di), Junger Deutscher film 1960-1970, Milano, Ubulibri, 1985; G. Spagnoletti, Fabrizio Natalini ( a cura di), Lineamenti alla storia del cinema. Il nuovo cinema tedesco, Roma, Arcane, 2004

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A. Piemonti, Straub e Huillet, autori di film, in Id. (a cura di), Quaderno di lavoro sul seminario

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La seconda parte del capitolo analizza i temi ricorrenti dei vari film di Fassbinder, si citano, dunque, le pellicole con trame pertinenti ad un determinato argomento, e si sottolineano le affinità con i predecessori: Jean Luc Godard, Erich von Stroheim, Josef von Sternberg. Inoltre sono messi in evidenza gli effetti stranianti e l‟assenza di rapporto causa-effetto, elementi già presenti nei drammi del regista.

In questa parte mi soffermo sul cambiamento più importante di Fassbinder agli inizi degli anni Settanta, periodo in cui il regista si avvicina a Douglas Sirk, e i suoi film iniziano ad acquisire elementi di continuità, infatti, benché lo stile sia vario, tutte le pellicole prodotte in questo periodo si possono classificare sotto il genere del melodramma. I personaggi acquisiscono uno spessore psicologico di matrice teatrale, con la differenza che la macchina da presa mette in evidenza il percorso interiore delle dramatis personae, costruendo binari dello sguardo che avvicinano lo spettatore agli eventi narrati, pur assicurando all‟osservatore uno spazio di riflessione che veniva creato mantenendo una distanza tra i personaggi e la macchina da presa. Attraverso il melodramma, Fassbinder inizia ad occuparsi della storia e della politica tedesca in maniera più esplicita, ambientando frequentemente le storie dei suoi personaggi nel lasso temporale che va dal dopoguerra fino alla post-restaurazione (di questo periodo sono i film della trilogia sulla RFT, Il matrimonio di Maria Braun, Lola, e Veronika

Voss), e in alcuni casi abbandona lo schema sirkiano, per spostare l‟attenzione solo sui fatti

politici, eludendo il filtro di una storia che si consumi fra gli ambienti della borghesia tedesca. Alcuni esempi in questo senso sono l‟episodio di Germania in Autunno, che l‟autore inserisce in una produzione collettiva sul tema del terrorismo, strutturato sul modello del Cinéma vérité; e La terza Generazione il cui riferimento è la commedia teatrale.

Dopo aver presentato la duplice carriera dell‟artista in ambito teatrale e cinematografico, dedico il terzo capitolo alla frequente contaminazione delle due forme espressive, che caratterizzava il cinema di Fassbinder.

La cinematografia del regista ospitava quasi costantemente elementi di tipo teatrale sia nel campo profilmico (allestimento scenografico, uso della recitazione, illuminazione) sia nell‟uso della macchina da presa (inquadratura e movimenti di macchina). Si percepisce nell‟opera dell‟autore una continuità diretta con l‟arte scenica, a volte in misura maggiore e totale come nel caso di alcune trasposizioni dai testi drammaturgici, quali Le lacrime amare

di Petra von Kant (1972) e Nora Helmer (1974), o contaminando alcune pellicole

cinematografiche con riferimenti al teatro, come nei casi di L’amore è più freddo della morte (1969), e Querrelle (1982).

Questo capitolo si apre collocando l'interrelazione fra cinema e teatro nel panorama culturale del ventesimo secolo, ripercorrendo velocemente le affinità e le distanze fra i due mezzi espressivi, e affrontando i punti più importanti del dibattito sulla qualità dei due medium. Procedo, quindi, concentrandomi sull‟analisi della teatralità nella filmografia fassbinderiana. Ho ritenuto opportuno in questo capitolo, approfondire il legame fra Fassbinder e l‟antiteater, collettivo strutturato con il doppio ruolo di compagnia e troupe cinematografica. Fino al 1971 gli attori dell‟antiteater erano interpreti di tutti gli spettacoli e dei film dell‟autore, alcuni

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membri avevano anche un ruolo tecnico all‟interno del collettivo, ad esempio Kurt Raab era scenografo, Harry Baer aiuto regista, Irm Hermann segretaria di produzione; e a turno tutti i componenti della compagnia avevano in teatro e nel cinema ruoli da protagonista e da comparsa. Inoltre i film di quel periodo erano prodotti a nome della compagnia.

Nell‟antiteater s‟individuano due modalità di recitazione al fine di ottenere l‟effetto straniante: il metodo della tipizzazione, detto anche imitazione o indicazione, spesso usato da Fassbinder stesso, Kurt Raab, Günther Kaufmann e Hans Hirschmuller, o si propendeva verso l‟inespressività e il disorientamento del personaggio come negli attori Ully Lommell e Harry Baer. Durante l‟analisi prendo specifici esempi di alcuni film già affrontati dal punto di vista tematico nel secondo capitolo.

Fassbinder, come Brecht, tendeva a lasciare molto spazio all‟interprete, riteneva importante lasciare la creazione dell‟interiorità del personaggio a colui che lo rendeva sullo schermo.

C‟è sempre un‟idea precisa del film che voglio realizzare, ed è un‟idea globale. All‟interno di questo mondo immaginario che mi sono creato accetto quasi tutte le proposte e i desideri che mi vengono sottoposti. Li rifiuto solamente quando penso che siano un errore per come immagino il film13.

Per chiarire questo aspetto mi soffermo sui casi delle due interpreti più interessanti ed espressive della filmografia dell‟autore: Hanna Schygulla e Margit Carstensen. Due attrici in grado di recitare su più livelli d‟interpretazione; entrambe evidenziavano il piano emozionale del personaggio pur mantenendo la distanza riflessiva volta ad innescare il pensiero critico dello spettatore.

Il secondo paragrafo del terzo capitolo analizza soprattutto gli aspetti relativi all‟uso della macchina da presa, come l‟inquadratura e il montaggio. Pongo particolare attenzione agli artifici usati in quest‟ambito per evocare gli effetti teatrali, e valorizzare la disposizione prospettica dell‟allestimento in funzione dello sguardo dello spettatore.

Il fine è attirare l‟attenzione sulle varie tipologie di interconnessione fra cinema e teatro, la quale può essere intesa come semplice trasposizione di una fonte in chiave cinematografica, come nel caso di Pionieri a Ingolstadt (dal dramma di Marieluise Fleißer;) o si possono usare gli elementi del film per valorizzare la messa in scena di un‟opera teatrale. In questo senso si evidenzia la differenza fra il montaggio della scenografia in funzione dello sguardo dello spettatore (ripreso dal teatro) e il linguaggio filmico, dove il montaggio è finalizzato a guidare l‟attenzione dell‟osservatore sui dettagli visivi in rapporto con lo spazio-tempo dell‟azione; esso rileva i nessi drammatici fra i personaggi, e mette in evidenza azioni e dettagli che svelano l‟artificio della rappresentazione. Attraverso l‟esempio di Nora Helmer (da Casa di bambola di Henrik Ibsen), si spiega la funzione della macchina da presa per creare effetti teatrali combinando le possibilità illuministiche con l‟uso di altri dispositivi. Si analizzano in particolare le proiezioni fantasmagoriche dei personaggi sulle superfici riflettenti, e si giunge a riconoscere quattro diversi usi simbolici dell‟immagine riflessa del personaggio, a seconda del contesto narrativo.

13R. W. Fassbinder, intervista, in E. Magrelli, G. Spagnoletti (a cura di), Tutti i film di Fassbinder, Milano, Ubulibri, 1983, p. 48

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La parte finale esamina gli elementi del profilmico. Si prende il caso di Querelle, l‟ultima opera di Fassbinder e, forse, il punto più alto raggiunto da questo autore nella contaminazione dei media. La pellicola è tratta dal romanzo Querelle de Brest di Jean Genet; opera complessa che cela simboli mistico-religiosi sotto l‟atmosfera sacrilega del crimine, dell‟inganno e del sesso. Fassbinder sceglie di rappresentare Genet con un prodotto che ibrida i linguaggi teatrali e cinematografici. L‟azione è collocata in un luogo immaginario creato in studio, costituito da scenografie di cartapesta, con fondale dipinto a colori caldi che variano dal rosso, all‟arancio al giallo. Preferenza cromatica che coinvolge anche l‟illuminazione priva di controluce, per appiattire le silhouette sul fondo.

L‟allestimento è volutamente provocatorio e ricco di riferimenti sessuali come i bastioni a forma fallica che costeggiano la strada principale, e rimandano al rapporto spazio-inconscio teorizzato da Freud nella prima topica dell‟io. Nel 1981 la studiosa Anne Ubersfeld collegava il pensiero freudiano con le teorie sulla spazialità dell‟io corporeo nell‟elaborazione del sogno. Ella propone la lettura dello spazio scenografico in funzione ai luoghi della mente; si può provare a interpretare quelle «presenze dai connotati sessuali»14 introdotte nelle scenografie di Fassbinder come la volontà di «destare nello spettatore immagini inconsce»15 che superano i fatti narrati (i rituali sessuali di Querelle), e dialogano direttamente con il mondo immaginario (o inconscio) dell‟osservatore, come affermava il regista a proposito del film: «Per me è molto importante il legame che si instaura tra gli elementi, il mondo fantastico che riescono ad evocare, e la fantasia che si sviluppa nello spettatore […] Lo spettatore ha un ruolo ben preciso. È colui che completa il film»16.

Attraverso la mia tesi cerco di offrire uno sguardo alternativo all‟analisi del cinema fassbinderiano in Italia. Poiché la critica italiana mi è sembrata generalmente poco interessata all‟interazione fra le due arti dell‟autore, tendendo ad affrontare solo marginalmente la teatralità nel cinema del regista, omettendo quindi una caratteristica peculiare che rende questo autore unico nell‟ambito del Nuovo cinema tedesco e un punto di riferimento per le generazioni a venire.

14A. Ubersfeld, Leggere lo spettacolo, cit., pp. 67-68 15Ibidem

16R. W. Fassbinder, intervista a cura di B. Steinborn, R. von Naso, in E. Megrelli, G. Spagnoletti, Tutti i film di

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11 1 Capitolo: Rainer Werner Fassbinder nel teatro

1.1 Presentazione dell‟autore: cenni biografici e formazione

Rainer Werner Fassbinder è stato uno degli autori più versatili del Novecento, soggetto a una propulsione creativa che spazia fra opere teatrali, cinematografiche e televisive: parafrasando Davide Ferrario - regista e intellettuale, autore di una delle tante monografie sull‟artista17 - Fassbinder è passato alla storia come l‟artista più prolifico mai esistito. Egli stesso definisce la sua incontinenza creativa come «una sorta di malattia, oppure come un tentativo di venire a capo di questa malattia, una malattia mentale»18. Douglas Sirk, uno dei più importanti riferimenti del regista dalla seconda parte della carriera cinematografica e televisiva, associa la produttività di Fassbinder a «quella degli elisabettiani e dei grandi autori spagnoli come Calderon o Lope de Vega»19.

Il regista si rifiuta di porre un limite netto tra cinema, teatro e televisione; e del resto molti film nascono proprio dal materiale teatrale, ragione che attrae il teatro coevo sia verso i testi drammaturgici dell‟autore bavarese, sia verso i film di quest‟ultimo. Negli anni, diversi artisti si sono occupati di sperimentare con soggetti di Fassbinder nati apposta per il cinema: costituisce un esempio recente l‟originalissima rivisitazione di Die Ehe der Maria Braun (Il

matrimonio di Maria Braun, 1979) curata dal regista Thomas Ostermeier (2013)20, dal 1999 anche direttore artistico della Schaubühne di Berlino; o il recentissimo omaggio a Die

Sehnsucht der Veronika Voss (Veronika Voss, 1982) di Antonio Latella, Ti regalo la mia morte Veronika (2015)21, liberamente ispirato al soggetto dell‟autore, di cui si citano le più interessanti protagoniste cinematografiche, esperimento elaborato precedentemente in

Rumore Rosa dei Motus (2006)22.

Il legame tra Rainer Fassbinder e il teatro ha origine nel lontano 1966, quando a vent‟anni il regista s‟iscrive alla scuola di recitazione solo per uscirne con un diploma da sfruttare nel cinema, suo primo amore. Nel 1966 scrive le sue prime pièce Per un pezzo di pane e la tragicommedia, mai messa in scena, Gocce d’acqua su pietre roventi che sarà riscoperta e trasformata in sceneggiatura, per il film omonimo, dal regista francese François Oizon, nel 200123. A soli diciannove anni Fassbinder mostra già chiaramente quali sono le ossessioni che lo accompagnano per tutta la sua carriera artistica: riferimenti autobiografici legati soprattutto a fantasie covate sin dall‟adolescenza, e amplificate dopo la lettura di Berlin

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Cfr. D. Ferrario, Fassbinder, Firenze, Il castoro cinema, La nuova Italia, 1982, p.10 18 Ivi, p.15

19Cfr. E. Magrelli, G. Spagnoletti (a cura di), Tutti i film di Fassbinder, Milano, Ubulibri, 1983, p.11 20 La regia di Ostermeier è stata portata in scena per la prima volta in Italia, al Teatro Goldoni di Venezia, in occasione del 43° Festival Internazionale del Teatro della Biennale, che si è svolto dal 30 luglio al 9 agosto 2013, Cfr. C.Alberti, Sguardi sulla Biennale teatro,

http://drammaturgia.fupress.net/recensioni/recensione1.php?id=6302

21 Lo spettacolo è stato prodotto dall‟Emilia Romagna Teatro, ed è andato in scena in prima nazionale al teatro Storchi di Modena, il 7 maggio 2015, Cfr. http://www.emiliaromagnateatro.com/produzioni-2015/

22 Una produzione di Festival delle Colline Torinesi, Drodesera, Centrale Fies, con il sostegno di Regione Emilia Romagna, Provincia di Rimini, Cfr. https://www.motusonline.com/fassbinder/rumore-rosa/

23 Presentato in concorso al Festival internazionale del cinema di Berlino, ha vinto il Teddy Award al miglior lungometraggio con tematiche LGBT, Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Gocce_d%27acqua_su_pietre_roventi

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Alexander Platz di Alfred Döblin, di cui ricaverà un adattamento televisivo, solo molto tardi,

nel 1980. In Gocce d’acqua su pietre roventi si mostra lo schema sentimentale a triangolo tra il ventitreenne Franz, la fidanzata Anna e il maturo uomo d‟affari Leopold, struttura che trova le sue radici proprio nella lettura del romanzo di Döblin, dove il protagonista Franz, solito a instaurare relazioni più o meno durature con varie prostitute, è totalmente soggiogato dal fascino del piccolo delinquente Reinhold e resta coinvolto nelle perversioni di quest‟ultimo contro l‟universo femminile. Il triangolo amoroso è uno schema ricorrente nella produzione fassbinderiana come lo sfruttamento dei sentimenti fra partner, o le problematiche sull‟emarginazione; ossessioni, queste ultime, che hanno originato diversi paragoni tra l‟autore bavarese e altre realtà letterarie. Esempi attinenti al contesto teatrale sono senz‟altro i drammaturghi suoi contemporanei Marieluise Fleißer, della quale realizza la trasposizione televisiva di Pionieri a Ingolstadt(1970), e Franz Xavier Kroetz con cui avrà un rapporto burrascoso per il suo adattamento cinematografico di Selvaggina di Passo (1972)24 e dal quale estrapola diversi riferimenti per altre produzioni teatrali e cinematografiche.

I rapporti con la Fleißer, al contrario, furono molto cordiali; dalla drammaturga, Fassbinder ricava lo spunto per dare forma al “realismo dell‟inconscio”, tipico degli “psicogrammi sociali” Fleißeriani, secondo il termine coniato da Scamardi per definire l‟emergere dell‟inconscio nella struttura drammatica dell‟autrice (non nei personaggi), e il regista sottolinea spesso l‟importanza che hanno avuto per lui le letture dei drammi d‟Ingolstadt o L’

avventura al Giardino Inglese, sia per il grande schermo, sia per la sua produzione

drammaturgica25.

Anche grandi autori come Kleist, Ibsen, Strindberg, Brecht, Genet, Artaud sono stati materiale di studio e di sperimentazione per Fassbinder. Soprattutto la prima attività del collettivo teatrale antiteater, fondato dall‟artista bavarese, è stata spesso paragonata all‟impegno sociopolitico di Bertolt Brecht, del quale Fassbinder appena ventiquattrenne interpretò il poeta Baal per la versione cinematografica di Volker Schlöndorff, nel 1969; nello stesso periodo in cui Fassbinder stava mettendo appunto l‟editing per il suo Katzlmacher (Il

fabbricante di gattini, 1969).

Schlöndorff ricorda l‟interpretazione di Fassbinder per l‟intensità, come se egli volesse esprimere attraverso Baal quei conflitti interiori tipici di molti artisti e letterati nei confronti della società, condivisi dallo stesso Fassbinder26, e metabolizzati attraverso il suo personaggio Walter Kranz in Satansbraten (Nessuna festa per il cane di Satana1976).

Il malessere interiore dell‟autore bavarese si manifesta anche nella pellicola Querelle (1982), tratta dall‟omonima pièce di Genet (1947), in cui l‟autore riflette ancora una volta sull‟amore e sulle relazioni, uno dei punti focali della sua intera opera, attraverso cui l‟autore dispiega la sua percezione della società e delle dinamiche che la caratterizzano. La scena dell‟esibizione

24 Secondo Kroetz, la versione di Fassbinder sfruttava volutamente in senso scandalistico una certa apertura del testo, esasperando i caratteri dei personaggi fino a farli diventare perversi, così come la brutalità dell‟omicidio finale, e l‟accentuazione delle scene erotiche. Cfr.T. Scamardi, Franz Xavier Kroetz: dal neodadaismo al

realismo critico, in Teatro della quotidianità in Germania, Bari, Edizioni Dedalo, 1987, p. 90

25T. Scamardi, Il teatro di Rainer Werner Fassbinder fra reperto sociale e reperto antropologico, Ivi, p.128 26 Cfr.http://www.storie.it/cinema/fassbinder-attore-esce-ledizione-restaurata-del-baal-di-schlondorff-tratta-dal-primo-testo-teatrale-scritto-da-brecht/

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di Lysiane (Jeanne Moureau) è un esempio caratterizzante del pensiero dell‟artista, la scelta

della la canzone Each man kills the thing he loves potrebbe essere letta a posteriori come il commiato sofferto di Fassbinder dall‟amore.

 Cenni biografici

Rainer Werner Fassbinder nasce a Bad Worishofen in Baviera, il 31 maggio 1945, la sua passione per il cinema inizia per caso: la madre, Liselotte Pempeit, prima traduttrice in Germania delle opere di Truman Capote, non ha tempo da dedicargli dopo il divorzio, avvenuto solo dopo cinque anni dalla nascita del figlio, e quest‟ultimo scopre il cinema come attività di svago e compagnia. Diviso fra la casa della madre (qualche anno più tardi nuovamente sposa del giornalista Wolff Eder) e la casa del padre medico, Helmut Fassbinder, il giovane Rainer cresce prevalentemente in un ambiente intellettuale, diviso fra le ideologie marxiste e le tradizioni borghesi. I luoghi d‟infanzia dell‟artista sono spesso sovraffollati di persone adulte di alto livello culturale, dai quali acquisisce da subito le basi della propria formazione artistica e letteraria.

Fassbinder non ama il sistema scolastico e manifesta uno scarso interesse per gli studi liceali, ma non rinuncia al suo amore per il cinema: appena viene a conoscenza dell‟apertura di Hochschule für Film und Fernsehen, la scuola superiore di cinema e televisione di Berlino, decide di prendere in considerazione la possibilità d‟iscriversi. Necessitando di un diploma artistico utile all‟ammissione, nel 1964 entra nella scuola di recitazione Fridl–Leonardo– Studio di Monaco dove conosce Hanna Schygulla, in seguito musa ispiratrice e interprete dei film più conosciuti dell‟autore; egli stesso ricordava:

Da un secondo all‟altro, ebbi ben chiaro in testa, come colpito da un fulmine, che la Schygulla sarebbe diventata la star dei miei film, e che io avrei fatto il regista; non avevo più dubbi magari sarei diventato una pietra miliare della cinematografia, forse addirittura una sorta di figura trainante27.

Diplomato come attore, viene rifiutato alla scuola superiore di cinema ma realizza i primi due cortometraggi, finanziati da un ex-compagno della scuola di recitazione: Der Stadtstrcher (1965) che per la struttura potrebbe essere considerato un omaggio a Eric Rohmer e Das

kleine Chaos (1966), che Fassbinder considera un tributo a Godard. I primi due lavori, infatti,

mostrano chiaramente la linea che il regista seguirà nella prima parte della sua carriera: lo stile della Nouvelle Vague francese.

Nel 1967 si aggrega all‟Action-Theater dove incontra gli attori più importanti del suo percorso artistico, con i quali costituirà il nucleo fondamentale per le sue attività teatrali e cinematografiche; e nel pieno della sua produzione teatrale, nel 1969, gira il suo primo lungometraggio Liebe its kalter als der Tod (L’amore è più freddo della morte).

Nel 1971, Fassbinder fonda la sua casa di produzione, la Tango–Film, e aderisce alla cooperativa di distribuzione collettiva Filmverlag der Autoren, presieduta dal regista

27R.W. Fassbinder, Hanna Schygulla, in G. Spagnoletti (a cura di) I film liberano la testa, Milano, Ubulibri, 1998, p.89

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Alexander Kluge; se ne distacca nel 1977. Nel 1974 – grazie al successo ottenuto con il film

Fontane Effie Briest – il regista diventa direttore del “Theater am Turm” (TAT) di

Francoforte, ma dopo un anno di attività si ritira per dedicarsi ormai quasi esclusivamente al cinema. Il 1976 è un anno turbolento per Fassbinder: è accusato di antisemitismo per la pièce

Der Müll, der Stadt und der Tod (I rifiuti, la città e la morte, 1975), e la messa in scena viene

bloccata; ma Daniel Schmid (regista e spesso collaboratore in molti film di Fassbinder) ne realizza una regia dal titolo Schatten der Engel (L‟ombra degli angeli, 1976). Dopo aver girato nel 1977 il suo primo film ad alto budget, Despair, con un cast internazionale, nel 1978, ottiene il successo mondiale con la prima parte della sua trilogia sul dopo guerra in Germania: Il matrimonio di Maria Braun in cui Hanna Schygulla, dopo una lunga pausa di cinque anni, è di nuovo la protagonista. Nel 1982, sull‟onda del successo vince l‟Orso d‟oro al Festival di Berlino per Die Sehnsucht der Veronika Voss (Veronika Voss). Nello stesso anno realizza la sua versione di Querelle, tratto dal romanzo di Genet; e l‟82 è anche l‟anno che segna la fine di Fassbinder, ormai da diverso tempo entrato nella dipendenza dalle droghe pesanti: l‟artista muore di overdose nel suo appartamento di Monaco il 10 di giugno, a soli 37 anni.

 Formazione: Esperienze Teatrali

Nel 1967, la protagonista di Das kleine Chaos Marite Greiselis introduce Rainer Fassbinder nell‟ambiente dell‟Action Theater, collettivo teatrale sperimentale fondato dagli ex compagni della Leonardo studio, Peer Raban e Ursula Straz, dove il giovanissimo artista ha occasione di sperimentare le sue doti di attore e, soprattutto, di dedicarsi alla regia teatrale. Il gruppo lavora stabilmente in una cantina della Müllerstrasse di Monaco, il primo regista della compagnia è il musicista e compositore Peer Raban, il quale successivamente sarà membro del collettivo che seguirà Fassbinder per tutta la sua Carriera, e si dedicherà alla composizione delle musiche di tutti i film dell‟autore. L‟Action-Theater fa parte della scena off tedesca, e, oltre a mettere in scena rivisitazioni di testi classici secondo la linea della compagnia, usa il teatro come strumento di protesta politico-sociale. Un esempio sono le messe in scena: Axel Caesar Haarmann, risposta all‟attentato subito da Rudi Dutschke avvenuto l‟11 aprile 1968, un lavoro che riflette sulle manifestazioni studentesche in corso28

; e l‟ultima performance dell‟Action-Theater, Chung, un‟azione collettiva contro le leggi dello spettacolo da realizzarsi per strada; per questa esibizione lo spazio della Müllerstrasse fu chiuso dalla polizia.

Durante l‟esperienza alla cantina, Rainer Fassbinder consolida le sue capacità di attore e regista teatrale; già dai primi mesi il suo lavoro diventa indispensabile, al punto di assumere un ruolo importante nella decisione dei soggetti da mettere in scena: l‟Action-Theater deve proprio a Fassbinder il primo successo, Leonce e Lena di Georg Büchner, testo scelto e

28

L'11 aprile 1968 in Germania avviene l‟attentato ai danni di Rudi Dutschke detto Rudi il rosso, uno dei rappresentanti della sinistra extraparlamentare tedesca (APO) e leader del movimento studentesco socialista (SDS), le cui conseguenze hanno provocato a distanza di anni la sua morte. La settimana successiva all‟attentato si sono verificate una serie di manifestazioni da parte della popolazione e degli studenti per sostenere il caso del giovane.

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diretto dal giovane artista, in particolare per il parallelismo naturale del testo con la situazione politica della Germania in quegli anni. Il ruolo di Valerio era coperto proprio da Fassbinder il quale sentiva d‟incarnare lo spirito ribelle della figura antieroica, e in conflitto con «l‟oppressiva disumanizzazione sociale» - per dirla alla Valentini29

- contro cui si batte il personaggio; la quale si riflette con la poetica politicizzata e militante che attraversa l‟opus artistico dell‟autore.

Oltre ad occuparsi dell‟adattamento dei classici, scrive alcuni drammi e nel 1968, insieme ad alcuni membri del gruppo fonda una nuova compagnia l‟antiteater30: «il nome è scritto tutto minuscolo e senza h, una grossa trasgressione grammaticale che denotava il carattere sperimentale e provocatorio dell‟iniziativa»31

, ed era costituito principalmente da Peer Raban, Hanna Shygulla e Ingrid Caven, gli attori più professionali del collettivo, futuro nocciolo duro dell‟entourage fassbinderiano. Il collettivo era nato con l‟intento di recitare come compagnia itinerante, integrandosi alla tendenza del teatro dei settanta di tutto il panorama occidentale, cui la prospettiva era l‟utopica ideologia visionaria di cambiare il mondo, cominciando dal pubblico. Secondo la nuova concezione gli spettatori non dovevano limitarsi alle cifre esigue degli abituali frequentatori dell‟edificio, ma si doveva coinvolgere il maggior numero possibile di persone, anche le più improbabili. Per spiegare la visione di condivisione che animava le compagnie di quegli anni bastano le parole di Jiulian Beck per il Living Theatre: «L‟uomo della strada non entrerà mai in una costruzione simile (l‟edificio), perché all‟interno parlano in cifrario di cose che non sono interessanti per lui. Il Living non vuole più recitare per una elite privilegiata. Usciamo dai teatri!»32 L‟ideologia è di portata mondiale e coinvolge il Living Theatre, Richard Schechner, Peter Brook, Jerzy Growtowski, Eugenio Barba, poiché, come spiega Valentina Valentini «comporta una crisi d‟identità»33 del teatro. L‟antiteater aveva interiorizzato lo spirito della lotta e aveva voluto metterlo in chiaro nella locandina della prima messa in scena, la rivisitazione del Mockinpott di Peter Weiss34, dove si era posto l‟accento sull‟intento socialista, e la rivendicazione del diritto di fare un teatro d‟informazione. Verso la fine dell‟anno il gruppo ritorna alla sede dell‟Action Theater di Monaco per lavorare alla realizzazione di Chung, ultima rappresentazione firmata dal vecchio gruppo.

Complessivamente l‟operato teatrale dell‟artista di Bad Wörishofen va dal 1967 al 1976, e consiste in nove testi originali, una decina di adattamenti, ventisette allestimenti e quattro radiodrammi.

29 V. Valentini, La linea del Settanta (1968-1977) in id. (a cura di) Nuovo Teatro Made in Italy 1963-2013,Roma, Bulzoni Editore, 2015, p.69

30 A discapito delle storpiature che colpivano (e colpiscono ancora) il nome della compagnia nelle note biografiche dell‟autore, Fassbinder precisò in un intervista del 1972 che la compagnia si chiamava esattamente «antiteater, e non Anti-theater». La citazione è riportata da Mauro Ponzi, nel suo volume dedicato all‟opus teatrale e cinematografico di Fassbinder e Pasolini; l‟autore riporta anche un‟interessante didascalia che la compagnia bavarese aveva voluto scrivere nella locandina della messa in scena di Mockinpott: «antiteater = ensamble des action theaters, antiteater =sozialistiche theater, antiteater = information». Cfr. M. Ponzi, Pasolini e Fassbinder: la forza del passato, Roma, Nuova Cultura, 2013, p. 217

31

Cfr. Ibidem

32 J. Beck, La vita del Teatro, in F. Quadri, L’avanguardia teatrale in Italia ( materiali 1970-76), Torino, Einaudi, 1977, in V. Valentini, La linea dei Settanta (1978-1977), cit., p. 57

33 Ivi, p. 56 34

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Secondo gli studi di Peter Iden, fedele testimone delle messe in scene del gruppo, ciò che distingueva l‟antiteater dagli altri movimenti teatrali tedeschi era «una grande spontaneità della recitazione, la tendenza a spiegare la scelta del soggetto come arbitraria, l‟importanza di fattori casuali e irrazionali nello sviluppo della messa in scena, ma anche uno stile veementemente appassionato, e una sottile, quasi trascurata, vena di aggressività»35. Un esempio validante l‟intervento di Iden è il dramma Katzelmacher, scritto per l‟antiteater, nel 1968; un testo sulla discriminazione razziale, al quale segue la regia cinematografica del 1969. Teodoro Scamardi, nel suo volume Il teatro della quotidianità in Germania, lo introduce accennando all‟aggressività contenuta in esso, e prosegue parlando del linguaggio triviale, «dalla connotazione più crassa»36, il quale rompe il tabù del decoro sul linguaggio

teatrale in vigore in quegli anni, perseguendo un‟esigenza realistica e «un ben più radicato bisogno della trasgressione che trova, proprio nel campo semantico dell‟osceno, il suo spazio privilegiato»37. Umberto Gandini nei suoi Appunti sulla vocazione teatrale di Rainer Werner

Fassbinder parla, piuttosto, di un‟irresistibile vocazione ludica, di una predisposizione a una

certa indolenza, e di un‟aggressività sinceramente sentita e vissuta38.

Il 1972 inaugura l‟ingresso definitivo di Fassbinder nel teatro istituzionale: allo Schauspielhaus di Bochum mette in scena Liliom di Ferenc Molnar, seguito da Hedda Gabler di Ibsen, realizzato per la Volksbühne di Berlino Ovest (1973). Due anni più tardi lascia lo Schauspielhaus per la carica di direttore artistico al Theater am Turm di Francoforte, in poco tempo l‟artista mette in scena: Die Unvernünftigen sterben aus (Esseri irragionevoli in via di sparizione) di Peter Handke, Germinal di Zola, Fräulein Giulia (Signorina Giulia) di August Strindberg e Onkel Vanja (Zio Vanja) di Anton Cechov. Nel 1975 il regista si dimette dalla

sua carica al teatro di Francoforte a causa delle polemiche su Der Müll, die stadt und der Tod ( I rifiuti, la città e la morte), testo che era stato pubblicato dalla casa editrice Suhurkamp, e fu accusato di antisemitismo per via del ruolo speculatorio del personaggio dell‟ebreo ricco39. Nonostante il taglio provocatorio, l‟antiteater si guadagna una certa stima tra i critici: Ferrario vede un possibile collegamento tra il successo qualitativo dell‟attività teatrale di Fassbinder e la concessione dei finanziamenti statali messi a disposizione dal Kuratorium per sovvenzionare le produzioni cinematografiche. Ed è grazie all‟antiteater che Fassbinder inizia a farsi strada tra gli outsider della nuova generazione, e crea una rete di sostegno che si divide tra lo stato, la produzione televisiva e il teatro.

Nell‟ultimo periodo della sua carriera il regista si allontana dall‟attività teatrale: i motivi sono diversi, probabilmente gioca un ruolo fondamentale l‟accusa di antisemitismo che gli viene

35

Der Eindruck-Macher; Rainer Werner Fassbinder und das Theater in C. H. Verlag, Rainer Werner

Fassbinder, «Munchen», III edizione, 1979, in, Il teatro di Rainer Werner Fassbinder fra reperto sociale e reperto antropologico, cit., p. 14

36Ivi, p. 132 37

Ibidem

38Cfr. U. Gandini, Appunti sulla vocazione teatrale di Rainer Werner Fassbinder, in Teatro 1 antiteater

katzelmacher, Pre-paradise sorry now, Libertà a Brema, Firenze, La casa Usher, 1984, p.125

39 Cfr. P. Iden, Rainer Werner Fassbinder e il teatro, in R. Menin, I rifiuti la città e la morte e altri testi, Milano, Ubulibri, 1992, p. 120

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proferita a causa della sua ultima pièce, alla quale Fassbinder risponde con una lettera aperta. Un secondo motivo deriva dalle lobby dei teatri tedeschi che vincolavano gli artisti di un certo livello a contratti limitanti e a lunga scadenza.

Guardando al monumentale lavoro di Fassbinder sembra abbastanza evidente che non esista un vero punto di rottura con il teatro e secondo Marco Palladini, il regista usa la messa in scena come «un autonomo terreno di sperimentazione tematica e linguistica, e al contempo ne trae una funzione preparatoria e prolettica, cioè anticipatrice rispetto ai maggiori e più celebri lavori cinematografici»40.

A dispetto delle dimissioni del 1975, Fassbinder non riesce a restare lontano dal teatro e già nel 1976 allestisce Frauen in New York (Signore a New York), di Claire Boothe – Luce, allo Schauspielhaus di Amburgo. Nel 1981, solo un anno prima della sua scomparsa, realizza il documentario Theater in Trance: il lavoro è un montaggio delle riprese fatte durante il festival Theater der Welt, tenutosi a Colonia il giugno del 1981. Il documentario giustappone le 100 performance dei trenta artisti presenti al festival e i diversi eventi collaterali, raccontandoli attraverso la prospettiva personale dell‟autore. Egli si esprime attraverso una selezione di aforismi tratti da Il teatro e la cultura di Antonin Artaud, e li recita con la propria voce fuori campo, formando una didascalia delle riprese (il drammaturgo e teorico francese sarà tra le dediche di Despair, 1978); così spiega il suo rapporto con il teatro contemporaneo tedesco.

Dal documentario traspare il coinvolgimento diretto di Fassbinder nell‟attività performativa, vissuta come «trasgressiva di ogni costrizione sociale e razionale»41.

Il rapporto fra il teatro e Fassbinder è particolarmente complesso: durante le interviste, il regista non dedica spazio ai lavori teatrali, e dopo i primi successi cinematografici soleva dichiarare di essersi dedicato al teatro soprattutto perché nella Germania di quegli anni si prestava poca attenzione alla scena. Tuttavia le sue dichiarazioni sull‟attività teatrale restano controverse. Nel 1976 Fassbinder attribuiva al teatro il valore di un‟esperienza fondamentale per la sua formazione:

Nel teatro ho imparato molto, sia nei confronti del lavoro con gli attori, sia come raccontare una storia in modo nuovo. A proposito io sono un attore diplomato, ed è l‟unica scuola che abbia mai seguito42.

Ma nel volume I film liberano la testa sembra ricordare con frustrazione la sua formazione di attore, e con disorientante indifferenza la sua produzione dal vivo.

Soprattutto quelle serate rappresentavano per un verso lunghe ore di disperazione, ma anche un sadismo della peggiore specie.

[…] Il motivo per cui restai in quella scuola è presto detto. Fin dal primo momento in cui pensai seriamente al mio futuro, avevo deciso di fare del cinema43.

40 M. Palladini, Con la morte nel cuore. Alcune riflessioni in margine ai tre drammi, in L. Secci, H. Dorowin,(a cura di) Il teatro contemporaneo in lingua tedesca in Italia, Napoli, Edizioni scientifiche Italiane, 2002, pp. 179,180

41 T. Scamardi, Rainer Werner Fassbinder fra reperto sociale e teatro antropologico, op. cit., p.123

42 R. W. Fassbinder, intervista, in C. B. Thomsen, Five interviews with Fassbinder, in T. Rayns (a cura di),

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Tuttavia osservando la filmografia dell‟autore, si rilevano forti influenze teatrali, e, come precisa Scamardi44, lo stesso Fassbinder non riusciva a considerare le due discipline nettamente separate in termini di linguaggi, e spesso rivendicava anche in sede teorica la peculiare contaminazione nel suo operato. L‟anno della sua morte, Fassbinder aveva appena finito di girare Querelle, e nei suoi programmi c‟era la tournée per Un tram che si chiama

desiderio di Tennessee Williams, progetto che non riesce a cominciare a causa della sua

scomparsa improvvisa45.

 Esperienze cinematografiche

La vastità che costituisce la produzione fassbinderiana è un punto di grande interesse tra gli studiosi, anche se il successo e la riscoperta dell‟autore bavarese si devono in gran parte alla sua versatilità nell‟utilizzo dei diversi media (oltre al cinema e al teatro, si ricorda la televisione), le cui rispettive produzioni sono oggetto di continua contaminazione. Se si vuole essere precisi, in termini numerici la cinematografia di Fassbinder conta due cortometraggi, due medio metraggi, e trentotto opere di lungometraggio cinetelevisivo; tra cui una serie tv in cinque puntate, Acht Stunden sind kein Tag (Otto ore non fanno un giorno, 1972), e lo sceneggiato in quattordici puntate, Berlin Alexanderplatz (1979–80), tratto dall'omonimo romanzo del 1929 di Alfred Döblin.

Per quanto riguarda la differenza di stile che caratterizza la filmografia del regista bavarese, Ferrario riporta un‟affermazione di Fassbinder, estrapolata dalle prime interviste, in cui l‟artista sostiene di dividere i suoi film in due tipologie:

Ci sono i film borghesi, ambientati tutti in un milieu borghese definito abbastanza precisamente; e poi ci sono i film sul cinema, ambientati in situazioni tipicamente cinematografiche, i quali contengono anche il tipo di azioni che si vedono al cinema46.

L‟affermazione dell‟autore contiene in sé l‟essenza della sua attività: da un lato le ricerche e le prospettive portate dal nuovo cinema tedesco, che aprono la strada per la sperimentazione sugli stili cinematografici; e dall‟altra il forte legame con l‟esperienza teatrale, che spinge l‟autore a ispezionare gli schemi sociali della borghesia tedesca.

I primi lavori cinematografici di Fassbinder sono fortemente legati all‟esperienza con l‟antiteater e risentono dell‟influenza francese, di quella nuova generazione di registi che si era affacciata al continente europeo, mostrando un cinema meno artificioso di quello Hollywoodiano, e più tendente a sfruttare effetti naturali, come il piano sequenza, o il long-take. Alcuni temi dei primissimi cortometraggi, invece, sono tratti proprio dal cinema americano, come in Der Stadtstrcher e Das kleine Chaos, che ricordano il noir e i gangster di matrice US, come nel primo lungometraggio Liebe ist Kalter als der Told (L‟amore è più

43 R.W. Fassbinder, in Hanna Schygulla, G. Spagnoletti (a cura di), R.W. Fassbinder. I film liberano la testa, cit., pp. 87-88

44 Cfr. Ivi, p.124

45 U. Gandini, Appunti sulla vocazione teatrale di Rainer Werner Fassbinder, op. cit., p. 129

46 C.B. Thomsen, Five interviews with Fassbinder, in Fassbinder (ed. T. Rayns), Carl Hanser Verlag, Munich, 1979, pp. 82–101, in D. Ferrario, Fassbinder, cit., p.15

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freddo della morte), in cui il protagonista è appunto un gangster implicato nel giro della prostituzione, uno dei temi cari a Fassbinder. Il film esce nel 1969, lo stesso anno del dramma Katzelmacher, anche quest‟ultimo trasposto in pellicola cinematografica. Questo periodo è chiamato dalla critica cinematografica “periodo dell‟antiteater” (ovvero il momento in cui le produzioni dell‟autore erano legate soprattutto all‟entourage teatrale)47

, per distinguerlo dalla successiva fase degli anni Settanta, in cui il regista modificò notevolmente il suo modo di fare cinema. Infatti, per vedere il successo Fassbinder, dovrà aspettare proprio il 1970, anno in cui contribuisce alla fondazione della famosa compagnia di distribuzione indipendente Filmverlag der Autoren, che ha un ruolo centrale nello sviluppo del Nuovo Cinema Tedesco. Nel 1971 nasce la casa di produzione Tango Film, produttrice di molti film di Fassbinder, il primo dei quali è Il mercante delle quattro stagioni. Il periodo segna la svolta; il

melodramma americano entra nel cinema del regista, grazie alla scoperta di Douglas Sirk, di cui Fassbinder diventa amico e ammiratore, e al quale dedica un saggio analizzando alcuni dei suoi film più famosi, pubblicati nella rivista «Fernsehen und film», nel 1971. Il saggio secondo Ferrerio è molto più utile per capire Fassbinder che Sirk, in quanto emergono i processi mentali che l‟autore stava elaborando in quel determinato periodo48

, ossia un cinema «ingenuo», come lo era il melodramma, realizzato con lo scopo di abbracciare un target di pubblico estremamente vasto. Il regista bavarese cerca di portare un po‟ di quella ingenuità nel suo cinema, anche se la sua produzione darà sempre una doppia lettura dei suoi film, evitando spesso finali compensatori, tipici happy ending americani. Questo lasso temporale che va dal 1971 al 1975 è il periodo dei melodrammi famigliari a sfondo sociale. Ne fanno parte pellicole come: Il mercante delle quattro stagioni, Le lacrime amare di Petra Von Kant,

La paura mangia l’anima, Martha, Fontaine: Effi Briest, Il diritto del più forte, e Il viaggio in cielo di mamma Küsters.

Seguono anni di sperimentazione: a partire dal 1976 al 1977, Fassbinder si dedica a film cosiddetti “eccentrici”, rispetto ai normali stilemi dell‟autore. Nascono pellicole che affrontano temi disparati, dove risalta particolarmente l‟interesse nella sperimentazione sull‟uso della macchina da presa, con effetti volti proprio a risaltare le sfaccettature dei temi affrontati, per lo più crisi esistenziali o della personalità. Di questo periodo fanno parte

Satansbraten (Arrosto di Satana), Chinesisches Roulette, Bolwieser, e Despair.

Tra il 1978 e il 1982, Fassbinder dedica la sua produzione ai temi impegnati, come la politica e la guerra. Collabora alla produzione collettiva del film documentario Germania in Autunno, idea dei più importanti giovani registi tedeschi, uniti per la realizzazione di un film denuncia al terrorismo e al disagio provocato dal periodo “buio” degli anni Settanta. Dello stesso anno è Die Ehe der Maria Braun, film che attraversa le problematiche della Germania del dopo guerra. Il primo della trilogia dedicata alla fascia temporale che va dal 1945 al periodo della restaurazione. I tre film non si susseguono direttamente, ma sono separati da altri lavori, come In einem jahr mit 13 monden (Un anno con tredici lune,1978), Die dritte Generation (La

47 Si possono confrontare i saggi E. Magrelli, G. Spagnoletti (a cura di), Tutti i film di Fassbinder, cit., p. 12; Ivi, p. 13

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terza Generazione, 1979) Lili Marlene, 1981, mentre a chiudere la trilogia del dopo guerra

sono le pellicole: Lola, 1981 e Veronika Voss, 1982.

Querelle, tratto dal romanzo Querelle de Brest, di Jean Genet è l‟ultima produzione

cinematografica del regista, spentosi nella sua casa, a pochi mesi dell‟uscita del film.

1.2 L‟antiteater nella Germania post-restaurazione.

L‟antiteater nacque nel 1968 come alternativa all‟Action Theatre, collettivo stabile nello spazio della Müllerstrasse. I motivi che spinsero Fassbinder e il nucleo più professionale degli attori a fondare una nuova compagnia sono incerti, e ricorrendo alle disparate dichiarazioni del regista, si può ipotizzare che dietro alla nuova formazione si nascondessero diverse cause.

Una delle ragioni sembra essere di natura tecnica, ossia alcuni dei membri integrati nell‟Action Theatre dimostravano di non avere un reale interesse per il progetto, e vedevano nello spazio soprattutto un gesto di ribellione alla vita borghese49. L‟intento quindi fu quello di liberarsi dei dilettanti per formare una compagnia finalizzata a reggere un pesante ritmo di prove, e portare avanti la creazione di lavori propri.

L‟antitear, infatti, era costituito e pensato come una comune: gli attori stavano insieme per tutta la giornata e alcuni di questi vivevano nella struttura. Il concetto di condivisione totale era partito dallo stesso Fassbinder, il quale sapeva che vivere con gli attori avrebbe permesso di richiedere una dedizione completa e costante al teatro, concretizzando al meglio la sua ossessione maniacale per il lavoro50. E‟ vero, però, che la prassi di creare un luogo dove gli attori si trovassero a passare molto tempo insieme si era diffusa da tempo nel teatro tedesco del dopo guerra; l‟esempio guida era il Berliner Ensemble di Bertolt Brecht, il quale aveva influito su molte compagnie dell‟epoca nel modo di percepire e costruire il lavoro collettivo. L‟Ensemble era basato sulla forma tradizionale del teatro di compagnia, e ciò aveva permesso il confronto tra pratiche ed esperienze artistiche fortemente disomogenee, puntando sulla valorizzazione dei singoli talenti piuttosto che su un metodo univoco51. L‟interesse di Brecht era rivolto, infatti, alla costruzione delle singole scene in modo tale che se ne potesse percepire il verfremdungseffekt, quell‟effetto straniante che lasciava uno spazio di riflessione per il pubblico; la recitazione era di competenza dell‟attore.

Se si vuole capire in maniera più approfondita il teatro di Fassbinder, non si può evitare di collocarlo nel suo contesto logistico-temporale, in riferimento all‟evoluzione teatrale della Germania a partire dagli anni Cinquanta, una rivoluzione che condusse progressivamente i

49 Cfr. G. Spagnoletti (a cura di), R.W. Fassbinder. I film liberano la testa, cit., p. 94 50

Cfr. P. Buchka, Umberto Cantone (a cura di) L’ultimo giudizio di Rainer Werner Fassbinder, Germania, © Kick Film,1955, documentario

https://www.youtube.com/watch?v=k9wl8MZdTpc&index=13&list=PLJztaxQT9vl_VsrSbTzOtEtO7eX08Q5K R

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