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Cessione di cubatura e diritti edificatori: dalla micropianificazione ad iniziativa privata all'introduzione del n. 2-bis nell'elenco dell'art. 2643 c.c.

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di laurea in Giurisprudenza

Tesi di Laurea Magistrale

C

ESSIONE DI CUBATURA E DIRITTI EDIFICATORI

:

DALLA MICROPIANIFICAZIONE AD INIZIATIVA PRIVATA

ALL

INTRODUZIONE DEL NUMERO

2-

BIS NELL

ELENCO DELL

ARTICOLO

2643

C

.

C

.

Il Candidato Il Relatore Lisa Matteoni Prof.ssa Caterina Murgo

(2)

2

In ricordo di mio fratello Andrea,

sempre sarai la stella che illumina il mio cammino.

Se tu mi rivenissi incontro vivo, con la mano tesa, ancora potrei, di nuovo in uno slancio d'oblio, stringere, fratello, una mano. Ma di te, di te più non mi circondano che sogni, barlumi, i fuochi senza fuoco del passato. La memoria non svolge che le immagini e a me stesso, io stesso non sono già più che l'annientante nulla del pensiero. (G. Ungaretti)

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INDICE

Considerazioni introduttive ... 5

Capitolo I La cessione di cubatura: definizione, condizioni di ammissibilità, natura giuridica e pubblicità ... 8

1. Per un inquadramento generale dell’istituto ... 8

2. La cessione di cubatura tra teorie privatistiche e teorie pubblicistiche ... 17

3. La natura giuridica della cessione di cubatura: rassegna delle differenti tesi ... 21

3.1 Il trasferimento di cubatura come negozio ad effetti obbligatori ... 21

3.2 Il trasferimento di cubatura come negozio ad effetti reali ... 24

3.2.1 La cessione di cubatura come negozio traslativo di un diritto reale atipico ... 24

3.2.2 La cessione di cubatura come cessione di contratto ... 26

3.2.3 La cessione di cubatura come rinunzia alla facoltà di edificare ... 29

3.2.4 La cessione di cubatura e la ricostruzione in termini di diritto di superfi-cie ... 31

3.2.5 Cessione di cubatura e vincolo di destinazione ... 33

3.2.6 La cessione di cubatura come negozio costitutivo di una servitù ... 38

Capitolo II Dalla cessione di cubatura agli strumenti urbanistici quali pere-quazione, compensazione ed incentivazione ... 46

1. Perequazione, compensazione ed incentivazione come espressione dell’equità urbanistica ... 46

2. La perequazione edilizia ... 49

3. La compensazione urbanistica ... 58

4. L’incentivazione, o le c.d. premialità edilizie ... 63

5. La legislazione statale, regionale e il ruolo dei comuni ... 67

5.1 Rassegna della lacunosa legislazione nazionale ... 67

5.2 Legislazione regionale e diritti edificatori ... 75

5.2.1 Perequazione, compensazione ed incentivazione nell’esperienza veneta 76 5.2.2 L’esperienza della regione Toscana: analisi della l.r. 65/2014 ... 83

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Capitolo III I diritti edificatori dopo la riforma del 2011: natura giuridica

e pubblicità ... 90

1. Alcune considerazioni preliminari circa le tecniche circolatorie dei diritti edificatori prima della novella del 2011: problematiche sollevate e affrontate 90 2. L’art. 2643 c.c. a seguito del d.l. 70/2011, convertito dalla l. 106/2011: in-troduzione del n. 2-bis) ... 94

3. La natura giuridica dei diritti edificatori: le differenti ipotesi ricostruttive proposte ... 97

3.1 Il diritto edificatorio in termini di novello ius in re ... 97

3.2 La cubatura come bene giuridico ... 105

3.3 La cubatura come chance giuridica ... 113

4. La trascrizione nei registri pubblici immobiliari degli atti aventi ad oggetto i diritti edificatori ... 117

Capitolo IV Gli atti aventi ad oggetto la potenzialità edificatoria: analisi di al-cune fattispecie controverse ... 130

1. Atti dispositivi della cubatura: introduzione ... 130

1.1 Il preliminare dei contratti che trasferiscono, costituiscono e modificano i diritti edificatori ... 131

1.2 Il conferimento in società dei diritti edificatori ... 133

1.3 Atti di liberalità aventi ad oggetto i diritti edificatori: la donazione ... 135

Considerazioni conclusive ... 139

Bibliografia ... 141

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CONSIDERAZIONI INTRODUTTIVE

La cessione di cubatura nasce e si sviluppa negli ultimi decenni del secolo scorso nell’ambito della prassi contrattuale degli anni ‘60, affermandosi sem-pre più grazie al vaglio della dottrina e della giurisprudenza.

La dottrina, nel tempo, ha offerto numerose impostazioni sulla natura giuridica di tale fenomeno, nel tentativo di risolvere l’annoso problema dell’emersione pubblicitaria di quest’ultimo1.

Alla fine del secolo scorso, accanto a detta prassi contrattuale, si sono affianca-ti i nuovi fenomeni giuridici della perequazione, della compensazione e della incentivazione, non riconducibili alla tradizionale cessione di cubatura tra fon-di contigui.

Gli istituti della perequazione, della compensazione e dell’incentivazione han-no ricevuto un han-notevole impulso sotto alcune realtà regionali e locali, nel quasi totale disinteresse del legislatore nazionale, diventando pressoché subito un uti-lissimo e irrinunciabile strumento per il raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico2.

Dalla nascita di tali istituti, è stata percepita, in modo forte e chiaro, una spac-catura con ciò che è lo schema classico.

Infatti, i diritti edificatori (in funzione perequativa, compensativa e incentivan-te) hanno l’attitudine a circolare sganciati da un fondo di riferimento: “decolla-no” da un terreno per “atterrare”, in seguito, su un altro, dopo un periodo, non

1 Il problema dell’emersione pubblicitaria era, invero, risolto variamente a seconda

dell’impostazione sulla natura giuridica alla quale si aderiva.

2 Le amministrazioni, utilizzando la cubatura hanno cercato di raggiungere i fini più disparati:

l’eguaglianza dei cittadini in ordine alla fruizione del territorio e all’allocazione delle opere pubbliche, la riqualificazione energetica delle costruzioni, lo sviluppo dell’edilizia sostenibile contemporaneamente alla tutela e al risanamento del patrimonio edilizio esistente ecc.

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definito, di “volo”. Tali diritti possono, oltretutto, essere attribuiti prescindendo dalla titolarità di un fondo edificabile.

Quest’ultime peculiarità, non consentono a ben vedere la possibilità di collega-re tali fenomeni alla tradizionale metodica della cessione di cubatura, in cui l’elemento caratterizzante è proprio la presenza di due lotti ben definiti, collo-cati nella solita zona urbanistica, o quantomeno aventi uguale destinazione3. La colorita e variegata disciplina offerta in questi decenni da Regioni, Province e pure Comuni in materia di diritti edificatori, ha contribuito ad accentuare il sentito problema della mancanza di una disciplina unitaria, in quanto pratici ed interpreti hanno, a loro volta, elaborato soluzioni ed impostazioni sempre più complesse.

Oltretutto, la buona riuscita degli obiettivi di interesse pubblico, sottesi ai nuo-vi istituti, presupponeva come minimo una decente regolazione del “mercato” dei diritti edificatori, attraverso l’utilizzo di un sistema di pubblicità teso a di-sciplinare la sicurezza giuridica dei traffici.

La grande svolta è rappresentata dal d. l. 70/2011, poi convertito in legge (106/2011, Semestre europeo - prime disposizioni urgenti per l’economia), che ha introdotto il n. 2-bis) nell’elenco dell’art. 2643 c.c. Tale novità ha ampliato il novero degli atti soggetti a formalità pubblicitarie, in quanto prevede che debbano rendersi pubblici con il mezzo della trascrizione “i contratti che trasfe-riscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”4.

3 “questa connessione tra due fondi è stata finora sempre un elemento tipizzante la fattispecie

in esame. Non si è finora mai prospettato un trasferimento astratto di cubatura, avente ad og-getto una capacità edificatoria di cui l’acquirente possa avvalersi in un qualsiasi altro terreno di sua proprietà. Non è escluso che questa evoluzione possa verificarsi in futuro”. Così, M. LI-BERTINI, Sui trasferimenti di cubatura, in Contr. e impr., 1991, p. 92.

4 Questo è il testo modificato in sede di conversione. Il testo originario non prevedeva il

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7

Il legislatore ha tentato di dare una risposta al bisogno, sempre più impellente, di una regolamentazione codicistica concernente l’emersione pubblicitaria dei trasferimenti riguardanti i diritti edificatori5.

A ben vedere, si nota subito che la disposizione normativa, è sì idonea a risol-vere i possibili conflitti circolatori, cercando di assicurare la piena conoscibilità delle vicende circolatorie, concernenti i diritti edificatori, ai terzi; ma dall’altra parte si scorge un disinteresse del legislatore per quelle problematiche riguar-danti, in primo luogo, il c.d. “nominalismo” e l’eccesso definitorio. Infatti, con la dizione generale “diritti edificatori”, il legislatore ha cercato di ricomprende-re ogni operazione che avesse ad oggetto proprio la cubatura e, in secondo luo-go, la natura giuridica di questi diritti6.

L’obiettivo del mio lavoro è stato, quindi, quello di ripercorrere l’intera evolu-zione del fenomeno: si parte dalla trattaevolu-zione della tradizionale figura della cessione di cubatura tra fondi contigui, proseguendo in direzione dei più recen-ti modelli di perequazione, compensazione ed incenrecen-tivazione, arrivando poi al momento di svolta, dato dalla riforma del 2011; esaminando, in ultimo, alcune ipotesi controverse riguardanti gli atti aventi ad oggetto la potenzialità edifica-toria.

5 La disciplina della pubblicità, dei trasferimenti di volumetria, rientra nelle competenze

esclu-sive del legislatore nazionale, non potendo quindi essere regolamentato dalla legislazione re-gionale.

6 L’espressione “diritti edificatori” è solamente una delle tante utilizzate dalla legislazione

sta-tale, regionale o anche da strumenti di pianificazione urbanistica. La “cubatura”, la “volume-tria”, i “crediti edilizi” sono tutti termini utilizzati in modo analogo a “diritti edificatori”. Per ciò che concerne la discussa natura giuridica dei diritti edificatori, basti qui anticipare che tre sono state le impostazioni principali fornite dalla dottrina: 1) La cubatura come nuovo dirit-to reale; 2) la cubatura come bene audirit-tonomo; 3) la cubatura come chance edificadirit-toria. Per la disamina della questione si rimanda infra.

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CAPITOLO I

LA CESSIONE DI CUBATURA: DEFINIZIONE,

CONDIZIONI DI AMMISSIBILITA’,

NATURA GIURIDICA E PUBBLICITA’

1. Per un inquadramento generale dell’istituto

Il negozio di cessione di cubatura, carente - per molto tempo - di una qualsivo-glia regolamentazione legislativa, trae origine e si sviluppa nell’alveo della prassi contrattuale, ricevendo solo in seguito sostegno e approvazione da parte della dottrina e della giurisprudenza (prevalentemente amministrativa).

Il fenomeno trae origine dall’introduzione degli standard urbanistici e edilizi riscontrabili nella legge urbanistica e, in alcuni casi, previsto nei piani regolato-ri di alcuni comuni.

L’origine più remota del negozio infatti è da ricercarsi nel piano regolatore ge-nerale di Torino7 che subordinò la facoltà del proprietario di costruire sul pro-prio fondo all’osservanza dell’indice di densità edilizia8. Inoltre, all’art.6 di detto p.r.g si legge che:

“nell’ambito del singolo lotto, dell’isolato, del gruppo di iso-lati o nell’intera zona la cubatura ammessa è trasferibile an-che su diverse proprietà purché il trapasso avvenga in sede di

7 Piano regolatore generale di Torino approvato con d.p.r. 6 ottobre 1959, pubblicato su Gazz.

Uff., 21 dicembre 1959, n. 308.

8 È dato dal rapporto tra il volume fabbricabile all'interno del lotto (espresso in m³) e l'area

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piano particolareggiato, previa stipulazione, con l’intervento del Comune, di atto pubblico che regoli il trasferimento della cubatura mediante vincolo sulle aree a minore sfruttamento o da mantenersi libere, in modo che sia conservata nel com-plesso la cubatura media della zona”.

Ovviamente l’esempio offerto dalla città di Torino trovò seguito in altri comuni italiani.

Il legislatore, da parte sua, inserì attraverso l’art. 17 della l. 765/1967 (c.d. leg-ge Ponte) l’art. 41-quinquies nella l. 1150/1942 (legleg-ge urbanistica) contenente la previsione degli standard urbanistici ed edilizi9, volti a determinare gli indici di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati, nonché i rapporti mas-simi fra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pub-blici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi10.

In particolare, con la legge ponte, assume rilievo il c.d. standard planovolume-trico11, che stabilendo un determinato rapporto tra il terreno disponibile,

9 “L’adozione del criterio degli standards delinea il più compiuto tentativo da parte del

legisla-tore di imporre un contenuto percettivo ai p.r.g., cercando di limitare la discrezionalità delle amministrazioni comunali nelle scelte urbanistiche e, con essa, i fenomeni di eccessiva concen-trazione edificativa, resi possibili da un’alta densità edilizia, permessa da strumenti urbanistici troppo indulgenti, soprattutto nelle grandi città interessate da fenomeni di massiccia urbanizza-zione.” Cosi, si esprime, B. MASTROPIETRO, Natura e circolazione dei diritti edificatori, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2013, p. 21.

10 “Gli standard urbanistici indicano i rapporti tra gli spazi destinati agli insediamenti

residen-ziali o produttivi e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a par-cheggi; gli standard edilizi indicano la densità edilizia, l’altezza massima e la distanza tra fab-bricati.” Così, S. DE PAOLIS, Riflessioni in tema di trasferimenti di volumetria, in Riv. Giur.

Edilizia, fasc.5, 2011, p.199ss.

11 “La funzione di tale standard è quella di consentire uno sviluppo edilizio controllato ma non

implica una distribuzione della potenzialità edificatoria tra i proprietari bensì la distribuzione del carico edilizio sul territorio, indipendentemente dal modo con cui esso è frazionato tra i privati. Tale circostanza ha portato all’emersione della prassi dei trasferimenti di volumetria, la quale rappresentava una soluzione per quei proprietari che non avevano interesse a sfruttare a scopo edificatorio i propri fondi mentre consentiva ai proprietari che avevano un progetto edi-lizio, ma non disponevano di una proprietà sufficiente a realizzarlo, di procurarsi la volumetria mancante attraverso un negozio di trasferimento stipulato con i proprietari che non erano

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espresso in mq, e la volumetria edificabile, espressa in mc, dispone quanti mc possono edificarsi su un dato fondo12.

Tale standard, in assenza di ulteriori prescrizioni urbanistiche13, lascia libero il proprietario di decidere come edificare sul proprio fondo, potendo sviluppare la volumetria in uno spazio minuto e quindi in altezza o in alternativa svilupparla orizzontalmente.

L’interesse tutelato dalla sopracitata normativa è di rango costituzionale e le limitazioni (all’attività edilizia dei privati e la pianificazione stessa) sono fina-lizzate ad un più razionale sfruttamento edilizio degli spazi fabbricabili cosic-ché venga garantita e tutelata la salute degli individui e la salvaguardia del ter-ritorio14.

La disciplina urbanistica sperimenta da sempre strumenti negoziali in grado di incidere sul profilo attuativo della pianificazione territoriale15.

E da tempo si sono diffuse nella prassi negoziale alcune strutture negoziali di “micropianificazione ad iniziativa privata”16, accanto a forme sempre più svi-luppate di convenzioni rivolte all’urbanizzazione delle aree di espansione o ri-qualificazione urbana.

Suddette forme di micropianificazione, denominate variamente cessioni di cu-batura o volumetria, consistono in accordi tra privati mediante i quali un

ressati a sfruttare la propria, i quali rinunciavano ad edificare.” Così: A. CANDIAN,

Trasferi-mento di cubatura, in Dig. disc. priv., sez. priv. (aggiornaTrasferi-mento), Torino, 2000, p. 735

12 Pertanto, uno standard planovolumetrico basso ha come conseguenza una bassa densità

edi-lizia e una non esagerata concentrazione edificativa e viceversa.

13 Prescrizioni urbanistiche che possono riguardare, ad esempio, la tipologia di edificio che è

consentivo realizzare (industriale, commerciale, residenziale, ecc.)

14 Si vedano, art. 32 Cost., art. 41 Cost., art. 42 Cost., art. 44 Cost.

15 A. CANDIAN, Il contratto di trasferimento di volumetria, Milano, 1994, p. 226 ss. Che tra

gli strumenti urbanistici di origine privata ricorda alcune convenzioni: convenzioni di lottizza-zioni ex. Art. 8 della l. n. 765/1967, convenlottizza-zioni per la realizzazione dei piani di edilizia eco-nomico-popolare l. n. 167/1962, Art. 35 della l. n. 865/1971 ed altre.

16 L’espressione di A. GAMBARO, La proprietà edilizia, in Trattato di dir. civ. diretto da P.

Rescigno, Torino, 1982, p. 527; poi ripetuta dall’autore in, Il diritto di proprietà, in Trattato di

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soggetto proprietario di un’area17 “cede”, totalmente o parzialmente, la poten-zialità edificatoria della stessa a favore di altro soggetto detto “cessionario” (di solito proprietario di un fondo finitimo) che, incrementando la capacità di espansione, otterrà dal Comune un permesso di costruire (qualificato come “maggiorato”)

per una volumetria complessiva maggiore rispetto a quella prevista, dalle nor-me urbanistiche, per il fondo determinato18.

17 “Il fondo contiguo “cedente” diverrà in tutto o in parte inedificabile, dove per inedificabilità

si intende non solo l’impossibilità a costruire sull’area, ma anche l’impossibilità che l’area stessa venga nuovamente presa in considerazione ai fini del calcolo della volumetria per il rila-scio di una nuova concessione edilizia.” Così si esprime N. A. CIMMINO, La cessione di

cu-batura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, pag. 1113.

18 Sulla cessione di cubatura si veda, A. CANDIAN, Trasferimento di cubatura, cit., p. 735; A.

CANDIAN, Il contratto di trasferimento di volumetria, cit.; N. A. CIMMINO, La cessione di

cubatura nel diritto civile, cit., p. 1113; G. CECCHERINI, Il c.d. trasferimento di cubatura,

Milano, 1985; S. DE PAOLIS, Riflessioni in tema di trasferimenti di volumetria, cit., p. 199ss.; P. FAVA, P. GIULIANO, F. SORANO, La tutela della proprietà e degli altri diritti reali, Ri-mini, 2006. A. GAMBARO, La proprietà edilizia, cit., p. 527; A. GAMBARO, Il diritto di

proprietà, cit., p. 309; F. GAZZONI, La trascrizione immobiliare, Milano, 1998, p. 656; F.

GAZZONI, La trascrizione degli atti e delle sentenze, in Trattato della trascrizione, diretto da E. Gabrielli e F. Gazzoni, Torino, 2012, 205 ss; N. GRASSANO, La cessione di cubatura nel

processo conformativo della proprietà edilizia privata, in Riv. not., 1992, p. 1069; F. GERBO, I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, Milano, 2001, p. 246;A. IANNELLI, La

ces-sione di cubatura e i così detti atti di asservimento, Giur. mer., 1977, p. 740; M. LEO, Il tra-sferimento di cubatura, in, Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, VI,

1998-2000, Milano, p. 669; M. LANGELLA, Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, problemi

e prospettive, in Vita not., 2007, p. 428ss; M. LIBERTINI, Sui trasferimenti di cubatura, in Contr. e impr., 1991, p. 73; M. LIBERTINI, I “trasferimenti di cubatura”, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, trattato diretto da F. Galgano, Torino,

1995; B. MASTROPIETRO, Natura e circolazione dei diritti edificatori, cit.; M. A. MAZZO-LA, Le servitù, in Proprietà e diritti reali a cura di G. Cassano, Padova, 2007, tomo II, p. 1815; S. MEUCCI, La circolazione dei diritti edificatori, Padova, 2012; F. PATTI - F. RUS-SO, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita not., 2001, p. 1675;S. SCARLATELLI, La c.d. cessione di cubatura, problemi e prospettive, in Giust. Civ., 1995, II, p. 287; S. G. SELVAROLO, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989; G. TRAPANI, I

diritti edificatori, in Notariato e diritto immobiliare, Ipsoa, Milano, 2014; R. TRIOLA, La “cessione di cubatura”: natura giuridica e regime fiscale, in Riv. not., 1974, p. 115; P. L.

TROJANI, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo stato della

dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, in Vita not., 1990, 285 ss;

V. VANGHETTI, Profili civilistici della c.d. “cessione di cubatura”, in Notariato, 1996, p. 417ss;

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Preme inoltre sottolineare che, a detta della recente giurisprudenza19, gli effetti derivanti dalla cessione di cubatura hanno carattere definitivo ed irrevocabile, integrano una qualità oggettiva dei terreni e producono una minorazione per-manente della loro utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario20; comportando che “l’asservimento a fini edificatori di un’area ” continua a se-guire il fondo anche nei successivi trasferimenti a qualsiasi titolo avvenuti in epoca successiva.

Trattandosi, come già detto, di una figura “nata e cresciuta” nella pratica, e sebbene abbia trovato un pacifico riconoscimento nella Pubblica Amministra-zione, nella giurisprudenza21 e in autorevole dottrina, si è comunque tanto di-scusso circa la sua liceità22. Alla fine è stato rilevato che:

“Poichè l’indice di densità edilizia è stabilito per zone e non per singole aree, l’interesse pubblico edilizio in vista del qua-le è sancito il limite in questione risulta essere soddisfatto an-che se le costruzioni vengano concentrate su una determinata area, restando altra o altre aree inedificate ed inedificabili,

19 “Il vincolo di inedificabilità che viene ad insistere sul fondo “asservito” è destinato a

perma-nere nel tempo anche in caso di sua successiva alienazione e ciò non solo per la natura oggetti-va del vincolo, ma soprattutto perché esso trooggetti-va il suo fondamento, prima che nel negozio di asservimento, nella disciplina urbanistica che fissa un limite per l’edificabilità dell’area”. Così Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2016, n. 547, in www.giustizia-amministrativa.it.

Chiarisce ulteriormente Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 2011, n. 3823, in

www.giustizia-amministrativa.it, “L’asservimento ai fini edificatori di un fondo ad un altro crea una relazione

pertinenziale nella quale viene posta durevolmente a servizio di un fondo la qualità edificatoria di un altro, creando sull’area asservita un vincolo permanente e irrevocabile con perdita delle sue potenzialità edificatorie e conseguente permanente minorazione della sua utilizzazione da parte di chiunque ne sia il proprietario.”

20 Cass pen., 20 maggio 2009, n. 21177, in pa.leggiditalia.it.

21 Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1971, n. 632, in Cons. Stato, 1971, p. 1122; Cons. Stato, sez.

V, 23 febbraio 1973, n. 178, in Cons. Stato, 1973, p. 222.

22 I negozi di cessione di cubatura potrebbero determinare una modificazione dei limiti di

edi-ficabilità posti dalla legge o dagli strumenti urbanistici, limiti che hanno natura pubblicistica e non possono essere rimossi con atti negoziali di natura privatistica.

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purché complessivamente per la zona il rapporto volu-me/superficie resti nei limiti previsti”23.

Da tale dettato, si apprende dunque il fermo rigetto nei confronti di qualsivo-glia dubbio rispetto alla liceità del negozio di cessione di cubatura, sottolinean-do che l’interesse pubblico è ragionevolmente tutelato dalla salvaguardia della “cubatura media” prevista per l’area coinvolta.

Dopo il riconoscimento, avvenuto all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, di recente si è nuovamente espressa la giurisprudenza24 sulla ratio dell’istituto precisando che:

“Il presupposto logico dell’asservimento del volume edifica-torio di un fondo ad un altro deve essere rinvenuto nella in-differenza, ai fini del corretto sviluppo della densità edilizia, come configurato negli atti pianificatori, della materiale col-locazione dei fabbricati sul territorio, atteso, infatti, che, per il rispetto dell’indice di fabbricabilità fondiaria, assume esclusiva rilevanza il fatto che il rapporto tra area edificabile e volumetria realizzabile nella zona di riferimento resti nei limiti fissati dal piano, risultando del tutto neutra l’ubicazione degli edifici all’interno del comparto, naturalmente facendo salvi il rispetto delle distanze ed eventuali prescrizioni sulla superficie minima dei lotti. La possibilità di computare la su-perficie di un lotto vicino, ai fini della realizzazione, in un al-tro lotto, della cubatura assentibile in quello asservito, si fon-da, a ben vedere, proprio sul rilievo della indifferenza,

23 Si esprime, G. B. PICCO – A. M. MAROCCO, I c.d. trasferimenti di cubatura, in Riv. not.,

1974, p. 626.

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per l’ente locale, della materiale ubicazione degli edifici, po-sto che l’interesse dell’amministrazione si appunta sulla di-versa verifica del rispetto del rapporto tra superficie edifica-bile e volumi realizzabili nell’area di riferimento e, cioè, dell’indice di fabbricabilità fondiaria”.

E’ il diligente lavoro della giurisprudenza ad aver determinato ed individuato i presupposti di legittimità25 dell’istituto della cessione di cubatura. Innanzitutto, affinché si possa effettuare una valida cessione di volumetria è logicamente ne-cessario che il suolo “cedente” sia edificabile, o quantomeno sia prevista negli strumenti urbanistici una certa cubatura a favore del suolo. Si pretende poi per la materializzazione del negozio che le aree siano poste all’interno della mede-sima zona urbanistica o quantomeno abbiano la medemede-sima destinazione urbani-stica26. Inoltre i suoli tra i quali avviene il trasferimento devono anche essere confinanti, ovvero devono essere collegati tra loro così da formare un unico lotto sia in senso fisico che funzionale.27 Infine si deve notare come il trasferi-mento di volumetria sia realizzabile solo ed esclusivamente tra aree apparte-nenti a distinti proprietari. E’ quindi indubitabile che, qualora un unico proprie-tario di più aree contigue decida di concentrare la potenzialità edificatoria (di tutte le aree di sua proprietà) al di sopra di un singolo fondo, siamo

indubbia-25 Si veda N. A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1115.

26 “Il trasferimento della cubatura tra proprietari di fondi posti in differenti zone urbanistiche,

non genererebbe quel meccanismo compensativo in forza del quale all’incremento del fondo destinatario della cubatura corrisponderebbe un decremento della cubatura del fondo oggetto della limitazione, ferma in ogni caso la densità edilizia massima di ciascuna delle due zone.” Così G. TRAPANI, I diritti edificatori, cit., pag. 9.

27 La necessità di un’effettiva vicinanza tra i fondi per la formazione del lotto è stata

costante-mente affermata dalla giurisprudenza amministrativa e dalla dottrina. Si noti comunque come la stessa giurisprudenza amministrativa abbia fornito un’interpretazione elastica di detto prin-cipio. E’ stato sottolineato che non è richiesta la continuità ed unicità del lotto, ma più sempli-cemente che i fondi siano contigui; ritenendo “non pregiudizievole la presenza tra i fondi di una strada, di un fosso, o di altra cosa che separi i terreni presi in considerazione.” Si veda ad esempio, Cons. Stato, sez. V, 1 ottobre 1986, n. 477, in Riv. giur. edil., 1986, I, p. 1014; T.A.R. Puglia, Bari, sez. II, 25 agosto 2010, n. 3414, in www.giustizia-amministrativa.it.

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mente ben al di fuori del negozio di cessione di cubatura. Inoltre, il proprietario di un terreno che intendesse alienarlo, potrebbe venderlo riservando conte-stualmente a favore di un altro fondo di sua proprietà la volumetria propria del terreno ceduto.

In tale fattispecie, nota alla prassi come “concentrazione di volumetria” non as-sistiamo a nessun accordo tra privati28.

Tutti i limiti posti allo sfruttamento edilizio delle aree, sono predisposti al sod-disfacimento di interessi pubblici concernenti l’igiene, l’estetica, l’ecologia e la densità demografica, in quanto garantendo ad ogni costruzione quantità suffi-cienti di aria, luce e verde impediscono un esagerato grado di concentrazione di fabbricati e garantiscono un’armonica distribuzione degli spazi liberi.

Oltre alla presenza dei prerequisiti di legittimità poc’anzi citati, fondamentale per la concretizzazione del trasferimento di cubatura è senz’altro l’assenso del Comune, espresso con il rilascio del permesso di costruire c.d. “maggiorato” alla fine di un procedimento di natura amministrativa. Il provvedimento ammi-nistrativo è senza dubbio necessario, in quanto la cessione di cubatura coinvol-ge sia l’interesse privato dei proprietari dei fondi consistente nell’ottenimento della concessione ad edificare sia l’interesse pubblico che si esplica, oltre che nell’esigere il rispetto delle prescrizioni urbanistiche, nell’evitare che l’atto dei privati, incidendo sull’assetto territoriale, divenga mezzo per “ingannare” ob-blighi e divieti posti dal p.r.g.

I negozi “traslativi” della cubatura si collocano a metà tra il diritto privato e il diritto pubblico, partecipando ad entrambi i sistemi. Il collegamento tra il

rap-28 Per ottenere il rilascio del permesso di costruire maggiorato, il proprietario di entrambi i

fondi dovrà rinunciare al diritto di edificare mediante un negozio giuridico unilaterale che avrà come destinatario il Comune, il c.d. “atto di asservimento su proprio fondo”. In proposito, N. GRASSANO, La cessione di cubatura, cit., p. 1083.

Secondo un altro filone, invece, non sarebbe necessario un atto negoziale privatistico poiché “il vincolo di inedificabilità sul secondo fondo sorgerebbe ex lege una volta realizzata la costru-zione sulla base del titolo abilitativo maggiorato.” Così, P. FAVA, P. GIULIANO, F. SORA-NO, La tutela della proprietà e degli altri diritti reali, cit., p. 544.

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porto di diritto privato ed il rapporto di diritto pubblico è reciproco e biunivo-co29, nel senso che il c.d. permesso di costruire maggiorato viene rilasciato solo qualora sia stato stipulato un contratto idoneo a produrre l’effetto voluto tra le parti30.

Il negozio di diritto privato si inserisce, insomma, nell’ambito del procedimen-to amministrativo dal quale deriverà il rilascio del c.d. permesso di costruire maggiorato, secondo il diritto urbanistico ed edilizio.

Per un quadro esauriente è il caso di accennare che la prassi odierna conosce differenti modelli, riconosciuti ed accettati dalla giurisprudenza sia civile che amministrativa, utilizzati per incrementare la volumetria31.

La quasi totale assenza della disciplina legislativa, la localizzazione della ces-sione di cubatura nella linea di mezzo tra diritto privato e diritto pubblico e, per ultimo ma non certo per importanza, la molteplicità dei modelli utilizzati dalla prassi per l’attuazione dell’istituto, hanno portato la dottrina e la giurispruden-za ad elaborare ed elargire numerose e distinte teorie circa la natura giuridica di tale negozio.

29 M. LEO, Il trasferimento di cubatura, cit., p. 699ss.

30 “L’effetto traslativo della volumetria è il risultato finale cui si perviene attraverso due atti

distinti ma fra loro intimamente collegati: con un primo atto di natura privatistica concluso dai proprietari delle aree viene volontariamente limitata la possibilità edificatoria di un fondo a fa-vore dell’altro; con il secondo atto (provvedimento amministrativo) viene autorizzata dal co-mune la realizzazione su uno dei terreni di un fabbricato di una cubatura di tanto maggiore di quella di cui si è spogliato l’altro fondo.” Così si esprime, N. A. CIMMINO, La cessione di

cubatura nel diritto civile, cit., p. 1115.

31 Per un ulteriore approfondimento si veda, V. VANGHETTI, Profili civilistici della c.d.

“cessione di cubatura”, cit., p. 421, che elabora una completa rassegna delle varie forme di cui

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2. La cessione di cubatura tra teorie privatistiche e teorie pubblicistiche Gli orientamenti che da sempre si sono fronteggiati sono fondamentalmente due.

Nel primo caso, prettamente privatistico, è sempre necessario l’utilizzo di strumenti privatistici, affinché il proprietario di un fondo possa legittimamente asservire detto fondo a favore di un altro contiguo appartenente a un diverso proprietario. Ovviamente per ottenere il risultato finale, che consiste nell’incremento di volumetria, è comunque necessario il più volte richiamato permesso di costruire c.d. maggiorato rilasciato dal Comune. Si può affermare che il rapporto intercorrente tra le parti private abbia vita autonoma rispetto al rapporto intercorrente tra il proprietario “cessionario” e il Comune. La cessione di cubatura viaggia su due linee parallele (linea privata e linea pubblica) che non si incrociano mai, pur portando comunque a un risultato unico.

La dottrina, tuttavia, ha fatto sorgere non pochi dubbi concernenti la difettosa tutela dell’interesse pubblico, ritenendo che quest’ultimo non possa essere ade-guatamente garantito dal collegamento tra distinti negozi, quali sono il provve-dimento concessori della Pubblica Amministrazione e l’accordo concluso tra i privati proprietari. Infatti, secondo questo filone, la caducazione dell’accordo tra i proprietari, ad esempio derivante dal mutuo consenso di questi, potrebbe portare con sè, come conseguenza, un preoccupante pregiudizio all’assetto ur-banistico di una determinata area, ponendo il fondo vincolato in uno stato di inedificabilità permanente.

In conseguenza a ciò, si è sostenuto32 che solo un accordo con struttura trilate-rale tra soggetto “cedente”, soggetto “cessionario” e Comune tutelerebbe tutti gli interessi, sia pubblici che privati33.

32 A. GAMBARO, La proprietà edilizia, cit., p. 527, rammenta che in questo modo l’atto

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Tale interpretazione non è stata accolta né dalla dottrina né dalla giurispruden-za34: è certamente vero che il negozio concluso dai proprietari dei fondi confi-nanti, in quanto accordo fra privati, può essere sciolto per mutuo consenso del-le parti, potendo così scegliere di rimuovere volontariamente il vincolo di ine-dificabilità; ciononostante non pare che ciò possa rappresentare un rischio per l’interesse pubblico. Se la costruzione non è ancora stata realizzata, l’Amministrazione potrà negare il rilascio del permesso di costruire o in alter-nativa annullare d’ufficio il permesso già eventualmente rilasciato; se, invece, la costruzione fosse già stata realizzata, la cancellazione del vincolo non con-durrà comunque al riacquisto, da parte del terreno asservito, della potenzialità edificatoria di cui in precedenza si era privato. Questa sarà una conseguenza giuridicamente impossibile, almeno fino a quando insisterà sul fondo la costru-zione, che sulla base di un provvedimento amministrativo valido, abbia esauri-to tale potenzialità edificaesauri-toria35.

Quindi, “la previsione contenuta nel p.r.g. di Torino, da cui si è voluta far di-scendere una conseguenza inaccettabile ovvero la qualificazione del negozio di trasferimento di cubatura come negozio trilaterale, può essere considerata un’eccezione, per cui la relativa disciplina non può trovare generale applica-zione”36.

33 La figura dell’accordo trilaterale è esplicitamente richiesta dall’art. 6 del p.r.g. del comune

di Torino.

34 Cass., 29 giugno 1981, n. 4245, in Giur. It., 1982, I, p. 685.

35 M. LIBERTINI, Sui trasferimenti di cubatura, cit., p. 73, reputa ammissibile in tale caso

l’esercizio dell’azione generale di arricchimento senza causa.

Sempre M. LIBERTINI aggiunge, che “in caso di demolizione dell’edificio costruito con l’aumento di cubatura (demolizione che sarà prevista come obbligatoria, fra le parti, nell’accordo di scioglimento (...), o comunque costituirà un effetto «naturale» di tale accordo), i due fondi riacquisteranno le chances edificatorie che possedevano prima del trasferimento di cubatura, o potranno essere oggetto di una diversa distribuzione di tali chances, secondo il con-tenuto dell’accordo.”

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Vero è che l’indiscutibile importanza dell’interesse pubblico implicato, consi-stente in un corretto e uniforme sviluppo edilizio del territorio, ha convinto parte della giurisprudenza37 e parte della dottrina38 a indirizzarsi verso un orientamento c.d. pubblicistico. Nella fattispecie in esame, l’autonomia privata avrebbe un ruolo marginale, se non superfluo, sia nel rapporto tra privati sia nel rapporto con la P.A. che riguardo ai terzi. La cessione di volumetria si realizze-rebbe solamente in seguito al provvedimento amministrativo, che tenderealizze-rebbe a figurare quale momento costitutivo della fattispecie complessa.

Tale orientamento, insomma, riterrebbe che la cessione di cubatura sarebbe da qualificarsi quale contratto atipico ad effetti obbligatori.

Il negozio di diritto privato sarebbe indiscutibilmente valido ed efficace, ma non potrebbe influire in nessun modo sul procedimento amministrativo (fina-lizzato al rilascio del provvedimento); manifesterebbe i suoi effetti solo tra i privati39.

Si ritiene scrupoloso indicare un altro indirizzo giurisprudenziale che, coerente nel ritenere non necessario alcun negozio di natura privatistica, pretende che il proprietario “cedente” formalizzi il suo consenso con un “atto d’obbligo unila-terale” sottoponendolo poi a trascrizione e quindi a pubblicità40.

Anche la giurisprudenza amministrativa41 ritiene che, il vincolo di inedificabi-lità scaturisca da un “atto d’obbligo unilaterale”; ma al contempo non ritiene

37 Cass., 29 giugno 1981, n. 4245, cit., Cass. 12 settembre 1998, n. 9081, in pa.leggiditalia.it. 38 M. COSTANZA, nota a Corte Cass., 14 dicembre 1988, n. 6807, in Nuova giur. civ. comm.,

1989, I, p. 372.

39 Il trasferimento di cubatura prescinderebbe da un qualunque accordo di natura privatistica e

l’unico atto che si riterrebbe necessario è il consenso del proprietario “cedente” (istanza con-giunta, sottoscrizione dei documenti planovolumetrici del progetto, ecc.)

Per giunta, affermando che il negozio tra privati, ritenuto valido, non inerisce sul procedimento amministrativo, è stato asserito che qualunque vicenda che possa incidere sull’accordo (annul-lamento, rescissione, ecc.) risulterebbe irrilevante nei riguardi della Pubblica Amministrazione.

40 Tale giurisprudenza non ritiene sufficiente le forme di consenso evolutesi nella prassi, in

quanto, non sono trascrivibili e per logica conseguenza non tutelano i terzi.

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occorrente la pubblicità in quanto i terzi sarebbero comunque tutelati dalla sola annotazione del vincolo di inedificabilità negli atti urbanistici del comune. Tuttavia, queste ultime conclusioni sono state fermamente disapprovate in quanto, ferma la legittimità e validità tra le parti del negozio giuridico, non si capisce come tale ultimo possa risultare irrilevante per la P.A. che esige sola-mente un semplice atto di asservimento del cedente.

In aggiunta, la mancata trascrizione del vincolo di inedificabilità pregiudiche-rebbe la tutela dei terzi acquirenti che sono esposti al rischio di acquistare un terreno vincolato con la possibilità di non averne avuto conoscenza.

E’ indubbio, inoltre, come sia possibile concretizzare una cessione di volume-tria tra due fondi contigui, escludendo il negozio di diritto privato, permettendo quindi alla P.A. di disporre di bene altrui e incrementare la volumetria a favore di un determinato suolo a scapito di un altro.

E’ stato per tanto affermato42 che la disposizione di un bene esige il consenso del proprietario, consenso che deve essere libero e consapevole, nonché mani-festato nelle forme richieste dalla legge; è ritenuto quindi arduo poter omettere un’accordo negoziale tra i proprietari dei terreni, in quanto quest’ultimo rap-presenterebbe certezza del volere dei titolari.

Tale linea di condotta è stata confermata anche dalla giurisprudenza ammini-strativa43 che ha ritenuto opportuno sottolineare l’importanza del negozio di di-ritto privato per la creazione del vincolo di inedificabilità.

Nel tempo e data la situazione di precarietà, giurisprudenza e dottrina hanno cercato di offrire molteplici soluzioni, creando chiaramente un contesto confu-so ed instabile.

42 N. A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1125, specifica, in

con-clusione, che sul piano civilistico i proprietari dei suoli devono aver stipulato un contratto.

43 Cons. Stato, sez. V, 17 novembre 1970, n. 925, in Rep. Giur. it., 1970, in Edilizia e urb., p.

155; Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 1971, n. 632, cit.; Cons. Stato, 23 febbraio 1973, n. 178, cit.

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3. La natura giuridica della cessione di cubatura: rassegna delle differenti tesi

3.1 Il trasferimento di cubatura come negozio ad effetti obbligatori

Secondo la giurisprudenza civile44 e amministrativa45 più recente, nonché an-che secondo la dottrina46, il ruolo centrale e determinante, nella fattispecie del trasferimento di cubatura, è rivestito dal provvedimento amministrativo, infatti l’accordo contrattuale concluso tra i privati proprietari, non maturando nessuna efficacia reale, non produce alcun asservimento e non fa sorgere alcun vincolo di inedificabilità, ma unicamente effetti obbligatori che si esplicherebbero nell’impegno del proprietario cedente a non richiedere il permesso di costruire e a “collaborare” con la P.A. affinché il permesso di costruire c.d. “maggiora-to” pervenga nelle mani del proprietario cessionario.

L’autorità comunale opera una vera e propria modifica al p.r.g. vigente, e non si limita solamente ad approvare la redistribuzione della cubatura decisa dai privati proprietari. Il trasferimento di volumetria, quindi, viene determinato

44 Cass., 29 giugno 1981, n. 4245, cit., con nota di F. ROSSELLI, si precisa che il rapporto

giuridico interno, qualunque ne sia il contenuto, assume solo rilievo, nei rapporti esterni, cioè nell’ambito pubblicistico “di un impegno del proprietario “cedente” a prestarsi presso la P.A. alla rinuncia a utilizzare per sé la cubatura in favore del proprietario cedente”, con effetto pre-liminare all’essenziale momento costitutivo rappresentato dall’intervento della P.A. con l’emissione del provvedimento. La corte continua affermando che la cessione di cubatura “si realizza con tale provvedimento non solo verso i terzi ma anche tra le parti”. Conformi a questa linea Cass., 22 febbraio 1996, n. 1352, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, p. 339ss ; Cass., 12 settembre 1998, n. 9081, cit.; Cass. 24 settembre 2009, n. 20623, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, p. 319ss.

45 Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2000, n 3637, in www.giustizia-amministrativa.it: “ La

rico-struzione più attendibile della fattispecie, dunque, è quella di un contratto atipico ad effetti ob-bligatori avente natura di atto preparatorio, finalizzato al trasferimento di volumetria, che si realizza solo con il provvedimento amministrativo”.

46 Conformi in dottrina a tale linea ricostruttiva, G. CECCHERINI, Il c.d. trasferimento di

cu-batura, cit., p. 11ss; F GAZZONI, La trascrizione immobiliare, cit., p. 656; A. CANDIAN, Il trasferimento di cubatura, cit., p. 735

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dalla discrezionalità, non vincolata dall’accordo negoziale privato, in conse-guenza di un’ attenta valutazione, da parte dell’ente, per la salvaguardia di va-lori e interessi pubblici e sociali in gioco.

La presenza di un accordo, pur negando un ruolo preminente all’autonomia privata, tra i proprietari dei terreni contigui resta comunque indispensabile per la modifica del p.r.g da parte dell’ente comunale.

L’accordo, di trasferimento di cubatura dei privati proprietari si colloca, dun-que, all’interno di un più ampio procedimento amministrativo (dal quale scatu-rirà come effetto finale il trasferimento di volumetria): da un lato, nei rapporti tra le parti, la produzione di un effetto meramente obbligatorio consistente nell’impegno del proprietario “cedente” a non chiedere per sé il permesso di costruire “maggiorato”; e dall’altro, la legittimazione del proprietario “cessio-nario” a richiedere, alla P.A., la concessione del provvedimento amministrativo abilitativo a una cubatura “maggiorata”.

La cessione di cubatura, non producendo, secondo la tesi in esame, effetti reali ha come logica conseguenza che il vincolo di inedificabilità del suolo “ceden-te” non può essere trascritto nei registri immobiliari con funzione dichiarativa e in caso di un’ eventuale trascrizione essa avrebbe solamente valore di pubblici-tà notizia. Va da sé, che è irrilevante la modalipubblici-tà con cui i privati esprimono la propria volontà, potendo quindi esplicarsi sia in un atto negoziale, sia in un atto unilaterale di asservimento indirizzato alla P.A. o altrimenti anche nella sem-plice adesione all’istanza o al progetto presentato dal cessionario, o ancora da una notifica al comune della rinuncia alla cubatura in favore del cessionario47 In assenza della trascrizione, quindi, i terzi acquirenti si trovano esposti al ri-schio di acquistare un fondo che sia privo, in tutto o in parte, della propria cu-batura, con l’impossibilità di accertarsi dell’esistenza o meno del vincolo di inedificabilità gravante su un determinato lotto.

47 Si esprime in questo senso, Cass, 29 giugno 1981, n. 4245, cit.; Cons. Stato, sez. V, 28

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Per i sostenitori della tesi sopra illustrata, il problema della trascrizione non co-stituirebbe affatto un ostacolo, ritenendo che la tutela fornita dall’art. 148948 c.c. rappresenti sicuramente uno strumento efficace per la tutela e la salvaguar-dia dei terzi acquirenti. Infatti, nell’ipotesi di doppio trasferimento di cubatura a due cessionari, nel conflitto prevaleva, per il rilascio di una volumetria mag-giore, non chi avesse trascritto per primo, ma chi vantasse un atto prioritario di consenso del proprietario “cedente” manifestato al comune nelle modalità pre-viste dalla legge.

Il vincolo di inedificabilità rappresenta essenzialmente un limite legale alla proprietà49 derivante dagli strumenti urbanistici e ritenuto opponibile erga omnes. Tale vincolo è un onere gravante sulla proprietà e quindi il terzo acqui-rente può essere legittimato a esperire il rimedio risolutorio od ottenere una so-stanziale riduzione del prezzo qualora il venditore del suolo, gravato dal vinco-lo, non lo abbia dichiarato o comunque se il compratore non ne fosse stato ef-fettivamente a conoscenza50.

Va indicato, in ultimo, un orientamento della dottrina che sostiene che il vinco-lo di inedificabilità, ai fini dell’opponibilità, trova “il suo spazio” nella pubbli-cità derivante dal certificato di destinazione urbanistica51 rilasciato dall’autorità competente, non essendovi possibilità di trascrizione52.

48 Art. 1489 c.c. - Cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi

49 Cass., 29 giugno 1981, n. 4245, cit., afferma che l’atto d’obbligo e la sua trascrizione non

sono necessari, pur costituendo comunque “uno strumento efficace per la conoscenza della li-mitazione da parte dei terzi”.

50 Differentemente, il possibile mancato rilascio del provvedimento amministrativo da parte

della P.A., ove il proprietario “cedente” abbia compiuto tutti gli atti necessari, ha, come sola conseguenza, l’inefficacia del negozio di natura privata.

51 Tale certificato, ai sensi dell’art. 18 della l. n. 47/1985, deve essere necessariamente allegato

agli atti di trasferimento riguardanti le aree non edificate.

52 Cons. Stato, sez. V, 28 giugno 2000, n. 3637, cit., specifica che “l’eventuale trasferimento di

volumetria da un’area ad un’altra area contigua influisce sulla disciplina urbanistica ed edilizia della stessa e deve essere inserito dal comune nel certificato di destinazione urbanistica, a tute-la dell’affidamento dei terzi, sotto tute-la sua diretta responsabilità”.

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La dottrina prevalente53 ha fermamente rigettato la teoria secondo cui la ces-sione di cubatura è un negozio ad effetti esclusivamente obbligatori, in consi-derazione del fatto che l’impossibilità di opporre ai terzi il vincolo di inedifica-bilità verrebbe a vincolare solamente il concedente e i suoi eredi ma non i suoi aventi causa a titolo particolare.

Oltremodo, e per concludere, va sottolineata l’importanza di garantire alla P.A. la possibilità di agire in modo efficiente e chiaro, sull’assetto urbanistico, con atti idonei ad assicurare il mantenimento della cubatura media della zona54.

3.2 Il trasferimento di cubatura come negozio ad effetti reali

3.2.1 La cessione di cubatura come negozio traslativo di un diritto reale ati-pico

Un risalente orientamento della Corte di Cassazione55, che ha trovato un certo riscontro anche in dottrina56, ha definito la cessione di cubatura come un nego-zio traslativo di un diritto reale atipico. In seguito a tale atto, il proprietario del suolo che intenda cedere in tutto o in parte una determinata volumetria, distac-ca la facoltà che inerisce il suo diritto di proprietà fondiaria, di costruire nei li-miti della cubatura concessagli dal p.r.g. e, formando un diritto a sé stante, lo trasferisce definitivamente al proprietario “cessionario” a beneficio del fondo di costui. Quindi, il proprietario “cessionario” ampliando il proprio diritto 53 G. B. PICCO – A. M. MAROCCO, I c.d. trasferimenti di cubatura, cit., p. 638; A.

IAN-NELLI, La cessione di cubatura e i così detti atti di asservimento, cit., p. 741; P. GRASSANO,

La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata, cit., c. 385.

54 Così, P. PITTER, Limiti di volumetria e vincolo di inedificabilità sulla superficie residua

non edificata (una prassi diffusa in materia urbanistica), in Riv. dir. civ., 1972, p. 429.

55 Corte Cass., 30 aprile 1974, n. 1231, in Giust. civ., 1974, I, p. 1424.

56 M. COSTANZA, nota a Cass., 6807/88, cit.; N. GRASSANO, La cessione di cubatura nel

processo conformativo della proprietà edilizia privata, cit., p. 1070; S. SCARLATELLI, La c.d. cessione di cubatura, problemi e prospettive, cit., p. 287; M. LANGELLA, Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, cit., p. 438

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nell’esatta misura in cui diminuisce quello del proprietario “cedente”, può otte-nere un permesso “maggiorato”.

Oggetto della cessione è una delle facoltà della proprietà fondiaria, ovvero la facoltà di costruire; la volumetria sarebbe quindi un bene a sé stante, costi-tuendo un’utilitas vera e propria di cui il proprietario può liberamente disporre, ovvero un valore economico che può essere oggetto di commercio e negozia-zione autonoma57.

Tale ricostruzione non viene ritenuta configgente con il principio della tipicità dei diritti reali perché, nonostante tali diritti reali siano soggetti al principio del numerus clausus, la catalogazione offerta dall’art. 810 c.c. può essere in ogni modo derogata da norme speciali58, e quindi dal legislatore medesimo. Le pre-visioni di alcuni p.r.g. che regolamentano la cessione di cubatura costituiscono espressione di tale argomentazione.

La soluzione offerta dalla Suprema Corte pare realizzare gli interessi delle parti ed inoltre essa offre una sicura tutela dell’affidamento dei terzi, in quanto per la conclusione del negozio è necessaria la forma scritta ad substantiam e l’opponibilità alla convenzione è assicurata dalla pubblicità tramite la normale trascrizione presso i registri immobiliari59.

Nonostante gli evidenti vantaggi pratici che questa teoria porta con sé, consi-stenti soprattuto nella possibilità di trascrivere nei registri immobiliari, appare opportuno in realtà non accogliere questa tesi. Un tale indirizzo, infatti, ritiene che i diritti reali siano diritti parziari o frazionari, ovvero diritti aventi ad og-getto solo alcune delle facoltà comprese nel diritto di proprietà. In realtà, “il di-ritto di proprietà risulta essere non un fascio di facoltà separabili, ma un didi-ritto

57 Cass. 14 dicembre 1988, n. 6807, cit.

58 Cass. 9 marzo 1973, n. 641, in Riv. not., 1973, p. 1164.

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unitario che può essere “compresso” dall’esistenza di altri diritti reali per poi “riespandersi” a seguito dell’estinzione di questi ultimi”60.

Un’ulteriore censura a tale indirizzo61, riguarda lo sforzo di configurare la cu-batura come bene a sé stante: in sostanza, la volumetria è solamente un termine tecnico che esprime il rapporto matematico tra metri quadrati di terreno e metri cubi di costruzione che è possibile edificare sullo stesso, ossia tale espressione identifica le dimensioni che la futura costruzione dovrà avere.

3.2.2 La cessione di cubatura come cessione di contratto

Un singolare indirizzo62, peraltro elaborato da una recente dottrina, ritiene pos-sibile collocare la cessione di cubatura nell’ambito della cessione di contratto e, più precisamente, si tratterebbe di una cessione al proprietario del lotto con-tiguo della posizione contrattuale assunto dal privato nei riguardi della P. A. concedente.

Questa tesi si basa sul fatto che, dopo la l. 10/1977 (legge Bucalossi), l’acquisto dello ius aedificandi, da parte del proprietario del lotto, avviene esclusivamente in seguito al rilascio della concessione edilizia da parte del co-mune.

Il rilascio del provvedimento amministrativo non è a titolo gratuito, bensì pre-vede necessariamente il versamento degli oneri contributivi determinati dal le-gislatore63.

Tra il versamento degli oneri e il rilascio del permesso di costruire da parte del comune esisterebbe un nesso sinallagmatico; in tale ottica tra il privato,

titola-60 Così, N. A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1131

61 In senso critico, N. A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1132, F.

GAZZONI, La trascrizione immobiliare, cit., p. 657.

62 P. L. TROJANI, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo stato

della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, cit., p. 285.

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re dello ius aedificandi, e la P. A. nascerebbe un rapporto convenzionale e quindi un contratto di diritto pubblico.

La cessione di cubatura può quindi realizzarsi attraverso lo strumento previsto dagli artt. 1406 ss. c.c.: il proprietario del lotto che vuole trasferire la cubatura sviluppata dal proprio fondo lo farà trasferendo la propria posizione contrattua-le al proprietario del fondo finitimo che potrà così realizzare una volumetria maggiore di quella concessagli. Il rilascio del permesso cd. “maggiorato”, da parte della P. A., manifesta il consenso proprio di quest’ultima.

Sebbene la disciplina dell’art. 1406 c.c. impedisca la cessione di contratto ove una delle prestazioni sia stata eseguita, si ritiene che la previsione di questa norma abbia carattere prettamente dispositivo e, pertanto, risulti derogabile dall’autonomia delle parti contrattuali: in altre parole, se determinate presta-zioni, oggetto del contratto, sono state in parte adempiute, questo non costitui-sce nessun tipo di ostacolo alla cessione di contratto64.

Si ritiene, tuttavia, inammissibile la cessione parziale della volumetria a favore di uno o più beneficiari, in quanto non nascerebbe una vera cessione, ma piut-tosto solamente una pluralità di autonome cessioni “aventi come oggetto frammenti o frazioni di una posizione contrattuale”65.

La teoria prospettata non sembra però suscettibile di approvazione, in quanto si basa sul presupposto dello scorporo dal diritto di proprietà del diritto di edifica-re che “diveredifica-rebbe cosi spettanza dello Stato ed oggetto di un vero e proprio provvedimento di concessione”66.

64 Il pagamento degli oneri concessori e il rilascio, da parte del comune, del provvedimento

concessorio che costituiscono atti di esecuzione del contratto non impediscono la cessione di siffatto contratto.

65 Così, N. A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1129, che esclude

la possibilità di ritenere la cessione di parziale di volumetria o la cessione a favore di più sog-getti dell’intera cubatura.

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Sulla questione si è espressa anche la Corte Costituzionale che, in un’importante pronuncia67, ha dichiarato che lo ius aedificandi continua a ine-rire alla proprietà anche in seguito alla l. n. 10/1977.

La concessione ad edificare, oggi permesso di costruire, non attribuisce in al-cun modo diritti e facoltà nuovi al proprietario ma, al contrario, implica facoltà preesistenti e quindi ha una funzione equiparabile a quella della passata licenza edilizia.

L’intera tesi qui esaminata, insomma, si basa sull’erroneo presupposto per il quale l’entrata in vigore della legge Bucalossi abbia modificato il regime am-ministrativistico previgente68.

Oltretutto, pare non poco difficoltoso capire come, attraverso la cessione di contratto, lo ius aedificandi si sposti dal terreno del proprietario cedente a quel-lo del proprietario cessionario. Fermo che il proprietario “cessionario” succede, nella medesima posizione contrattuale del proprietario “cedente”, il cd. “ces-sionario” viene considerato certamente titolare dei diritto di edificare, diritto che però pare debba, inevitabilmente, essere esercitato sul fondo del cd. “ce-dente”69.

Infine e per concludere, sembra rilevante sottolineare come tale indirizzo non potendo ammettere la trascrizione nei registri immobiliari della cessione, non riesca a risolvere l’annoso problema della conoscibilità e quindi anche dell’opponibilità ai terzi di quest’ultima.

67 Corte Cost., 30 gennaio 1980, n. 5, in www.cortecostituzionale.it. 68 G. TRAPANI, I diritti edificatori, cit., p. 25.

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3.2.3 La cessione di cubatura come rinunzia alla facoltà di edificare

Una differente impostazione70 ritiene che la cessione di cubatura costituisca una rinunzia, dietro corrispettivo, alla facoltà di edificare, alla quale farebbe seguito il rilascio al terzo di un permesso di costruire cd. “maggiorato” proprio sul presupposto dell’intervenuta rinunzia che avrebbe in questo senso carattere meramente abdicativo e non traslativo71.

Quindi, si ritiene sufficiente l’impegno del cedente a rinunciare all’utilizzo, di tutta o parte, della cubatura del proprio lotto per consentire al proprietario be-neficiario di sfruttare per sé detta volumetria oggetto di rinuncia. Il rilascio al beneficiario del permesso di costruire cd. “maggiorato” discende direttamente proprio dalla rinunzia.

L’incremento edificatorio, però, non trova un collegamento diretto con la ri-nunzia abdicativa, ma piuttosto con il provvedimento amministrativo72.

Tale orientamento, tuttavia, ha incontrato non poche critiche trovando ferma disapprovazione nella dottrina maggioritaria: si osserva come non sia ben chia-ro quale sia il diritto oggetto di rinunzia.

Se si affermasse che oggetto della rinunzia è il diritto di edificare, si violerebbe il principio di tipicità riguardante i diritti reali; si potrebbe tuttavia ipotizzare una rinuncia non a un diritto soggettivo, ma ad una delle facoltà del

proprieta-70 Cass., 6 luglio 1972, n. 2235, in Riv. not., 1973, p. 1165; Cass., 29 giugno 1981, n. 4245,

cit.; in dottrina, R. TRIOLA, La “cessione di cubatura”: natura giuridica e regime fiscale, cit., p. 115.

71 R. TRIOLA, La “cessione di cubatura”: natura giuridica e regime fiscale, cit., p. 115,

ritie-ne che la fattispecie del trasferimento di volumetria si configuri in una rinunzia abdicativa. Inoltre afferma che la cessione di cubatura trovi la sua fonte in una determinazione del comu-ne, che presuppone una rinunzia del cedente alla facoltà di edificare, a condizione che di essa ne benefici il cessionario. L’autore giunge a questa conclusione anche sottolineando che, sotto il profilo fiscale della tassazione dell’atto, trattandosi di una mera rinunzia ad una facoltà, sa-rebbe registrato a tassa fissa.

72 R. TRIOLA, La “cessione di cubatura”: natura giuridica e regime fiscale, cit., p. 115; ID.,

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rio, e cioè alla facoltà di costruire. Neppure tale assunto pare però degno di no-ta, in quanto le facoltà inerenti il diritto di proprietà non possono in nessun modo estinguersi se non attraverso l’estinzione del diritto stesso, e non possono nemmeno essere oggetto di un atto di disposizione autonomo rispetto al diritto di cui fanno parte.

E’ stato anche sottolineato73 che la rinunzia abdicativa è un negozio giuridico unilaterale, non recettizio ed irrevocabile, attraverso il quale “un soggetto di-smette puramente e semplicemente un diritto di cui è titolare, senza trasferirlo ad altri e indipendentemente dal fatto che il diritto rinunziato si estingua o ven-ga acquistato da un altro soggetto”74.

In sostanza, si evidenzia come sia piuttosto arduo spiegare un dato incremento della capacità edificatoria a favore del proprietario di un lotto contiguo e so-prattutto perché e in che modo un determinato terreno, piuttosto che un altro, benefici di detta espansione della capacità edificatoria. Risulta, quindi, com-plesso riuscire a spiegare perché un determinato proprietario anziché un altro acquisti la volumetria oggetto di rinunzia, sull’assunto che la rinunzia “non è direttamente a favore di alcuno” ma “in modo indiretto se ne avvantaggiano tutti coloro che si trovano in una determinata posizione”75.

E’ stato inoltre fatto anche un tentativo di superare tali contestazioni afferman-do che la rinunzia non è a favore del proprietario del fonafferman-do contiguo ma piutto-sto ne risulta beneficiaria solamente la P. A76.

In concreto, con il negozio, il proprietario “cedente” non vuole solamente ri-nunciare al suo diritto ma segnala specificatamente il soggetto beneficiario, il quale di tale rinuncia potrà avvantaggiarsi. Si dovrebbe, quindi, ricostruire la

73 N. A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1132; M. LEO, Il

trasfe-rimento di cubatura, cit., p. 699ss.; F. PATTI - F. RUSSO, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., p. 1678.

74 Si esprime così, N. A. CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1132. 75 F. GERBO, I diritto immobiliari di godimento su cosa altrui, cit., p. 251.

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fattispecie come rinuncia traslativa, che altro non è che un comune negozio tra-slativo77.

Il risultato finale dimostra, inequivocabilmente, che neppure la tesi della rinun-zia traslativa è ammissibile perché, in sostanza, altro non è che un usuale nego-zio traslativo.

3.2.4 La cessione di cubatura e la ricostruzione in termini di diritto di superficie

Una risalente giurisprudenza78 per tentare di giustificare, sul piano giuridico, la cessione di cubatura ha cercato di valersi, addirittura, dei diritti reali tipici, ri-volgendo la propria attenzione, nello specifico al diritto di superficie (art. 952 ss. c.c.) E’ stato perciò asserito che:

“non è veramente diversa l’ipotesi dell’acquisto di cubatura dall’ipotesi del diritto di superficie o di sopraelevazione ac-quistato su fondo altrui. Anche l’acquisto di cubatura, secon-do i criteri giurisprudenziali asecon-dottati in materia, produce l’effetto di una concessione ad aedificandum ed attua un tra-sferimento di diritti da uno ad un altro fondo”79.

Nel caso particolare, il diritto di superficie assume un tratto distintivo e pecu-liare dato che il diritto di costruire viene esercitato non sul lotto del proprietario “cedente”, ma su un fondo differente, e cioè sul fondo del beneficiario dell’attribuzione utilizzando però la volumetria del primo.

77 La tesi della configurabilità di un’ipotesi di rinunzia traslativa è sostenuta, Cass., 6 luglio

1972, n. 2235, cit.

78 Cass., 9 marzo 1973, n. 641, cit.

79 Così, Cass., 9 marzo 1973, n. 641, cit.; conforme, Cass., 20 ottobre 1976, n. 3639 in Riv. leg.

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In altri termini, l’art. 952 c.c. dispone, al comma 1, che il proprietario possa costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà; la cessione di cubatura, invece, permette al proprietario “cessionario” di costruire sul proprio terreno concen-trando, su quest’ultimo, tutta la volumetria edificabile80. Tale ultimo meccani-smo altera, all’evidenza, lo schema tipico del diritto di superficie e urta, chia-ramente, con il principio del numero chiuso dei diritti reali limitando l’accoglimento di data ipotesi risolutiva81.

Una parte della dottrina82 ha anche tentato di elaborare l’istituzione di un dirit-to di superficie atipico, considerandolo come una mera evoluzione della fatti-specie disciplinata dall’art. 952, comma 2, c.c..83

A differenza dell’ipotesi regolata dal legislatore nel codice civile, oggetto della cessione di volumetria sarebbe, in realtà, una costruzione non ancora esistente. Tale schema ha incontrato la critica di chi sostiene84, correttamente, che in questo caso oggetto del negozio sarebbe un bene futuro (la costruzione non an-cora realizzata) e non la cubatura in sé. Oltretutto vanno poi considerate le dif-ferenze tra la cessione di cubatura, da un lato, e l’alienazione di costruzione fu-tura, dall’altro: se oggetto dell’alienazione è una cosa determinata (la costru-zione) inerente al suolo su cui nasce la superficie, il trasferimento di volumetria

80 La potenzialità edificatoria del terreno gravato dal diritto su cosa altrui viene sfruttata su un

fondo diverso da quello che la origina. In questo senso, F. PATTI - F. RUSSO, La cessione di

cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., p. 1677.

81 Se, al contrario, si accedesse alla possibilità di configurazione dei diritti reali atipici la

ces-sione di cubatura sarebbe “l’ipotesi tipica di concesces-sione ad aedificandum e se ne distingue soltanto perché le possibilità edificatorie dell’area debbono essere utilizzate su un fondo conti-guo e non su quello cui ineriscono”. Con queste parole si esprime, A. IANNELLI, La cessione

di cubatura e i così detti atti di asservimento, cit., p. 743.

82 S. G. SELVAROLO, Il negozio di cessione di cubatura, cit., p. 69.

83 L’art. 952, comma 2, c.c., afferma che il proprietario può alienare la proprietà della

costru-zione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo stesso.

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