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Studio prospettico descrittivo osservazionale sulla gestione del dolore intra- e postoperatorio in ambito pediatrico presso l'Ospedale Clinico Universitario di Valencia.

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Direttore: Prof. Giulio Guido

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

Studio prospettico osservazionale descrittivo sulla gestione del

dolore intra- e postoperatorio in ambito pediatrico presso

l’Ospedale Clinico Universitario di Valencia.

Relatori

Chiar.mo Prof. Francesco Forfori Chiar.mo Prof. Francisco Javier Belda

Candidato

Elisabetta Pugliese

(2)

A mio padre Annunziato, per avermi trasmesso la sua determinazione,

e a mia madre Enza, per la sua dolcezza e generosità infinite.

“Happiness is only real when shared” L. Tolstoy

(3)

RIASSUNTO ANALITICO

Introduzione. Il dolore postoperatorio è un sintomo soggettivo che è stato estesamente studiato negli adulti, ma solo minimamente nei bambini. La capacità del bambino e del neonato di percepire dolore e la loro necessità di analgesia intraoperatoria e postoperatoria sono state sottostimate a lungo a causa di miti e credenze che hanno portato ad un sotto-trattamento intraoperatorio del dolore nei bambini. Diversi studi hanno dimostrato che l’analgesia intraoperatoria è necessaria a tutte le età, anche nei neonati prematuri: un’inadeguata analgesia durante i primi anni di vita, oltre ad avere ripercussioni fisiopatologiche immediate, può rendere, meno efficace un trattamento analgesico altrimenti opportuno durante interventi successivi cui vada incontro il paziente nel corso della vita.

Razionale e Obiettivi dello studio. Presso il Servizio di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore dell’Ospedale Clinico Universitario di Valencia i farmaci e le tecniche di analgesia si impiegano secondo le conoscenze dei Medici Anestesisti, basate sulla migliore evidenza scientifica attuale. Tuttavia non ci sono ad oggi dei protocolli specifici per la gestione del dolore intra- e postoperatorio nei diversi tipi di chirurgia pediatrica e per le diverse età. Con il crescente numero diinterventi di “day-surgery” cui vanno incontro i bambini ogni anno è fondamentale conoscere i risultati sulla gestione del dolore in questo tipo di pazienti.

L’obiettivo principale di tale studio è studiare l’incidenza e l’intensità del DPO immediato e tardivo in seguito a interventi di: Otorinolaringoiatria (Es. Tonsillectomie, Adenoidectomie), Urologia (Es. Orchidopessie, Riparazione di Fistola Uretrale), Chirurgia Maxillo-Facciale (es. Estrazioni dentali), Oftalmologia, Chirurgia generale e Chirurgia d’Urgenza. Saranno registrati i farmaci impiegati per il controllo del dolore e la comparsa di eventuali effetti avversi relativi al trattamento.

Gli obietti secondari sono quelli di identificare fattori, come il sesso, l’età e il tipo di intervento, predittivi di un’elevata intensità di DPO al risveglio e nei giorni successivi all’intervento, nonché conoscere il livello di soddisfazione dei pazienti.

Metodi. Si tratta di uno studio prospettico osservazionale unicentrico descrittivo della durata di due mesi in cui sono stati inclusi tutti i pazienti con meno di 18 anni programmati per vari tipi di interventi chirurgici. La valutazione del dolore è stata eseguita da parte dei ricercatori al risveglio dall’intervento, alle 24 ore dall’intervento e da parte dei genitori al terzo e al settimo giorno dopo l’intervento. Differenti scale sono state impiegate, in base all’età del paziente, e i livelli di dolore sono stati classificati in: assenza di dolore (0), dolore lieve (1-3), dolore moderato (4-6) dolore grave (7-10). I farmaci analgesici somministrati a livello intraoperatorio e nel postoperatorio immediato e tardivo sono stati registrati nel Quaderno di Raccolta dei dati. Le costanti vitali del paziente sono state registrate al momento dell’incisione chirurgica e prima del risveglio del paziente. Una chiamata telefonica al 7 giorno dell’intervento è stata realizzata ai genitori di ogni paziente per conoscere il livello di soddisfazione riguardo ai trattamenti antalgici ricevuti e prescritti per la gestione del dolore in casa, dopo le dimissioni.

Risultati. 54 pazienti (75% N= 39 maschi e 15% N=15 femmine) hanno accettato di partecipare allo studio. L’età media è stata di 6,6 anni (± 3,9 DS), con un minimo di 1 mese e un massimo di 16 anni. Gli interventi più frequenti sono stati quelli di otorinolaringoiatria (29%) e urologia (22,2%). Al risveglio dall’intervento il 77,7% (N=42/54) dei pazienti ha presentato dolore, che è stato moderato-grave nel 57,6% dei casi (N=33/54). Il giorno

(4)

successivo all’intervento il 42% dei pazienti non ebbe alcun dolore, e il 28% dei pazienti riportò un dolore moderato-grave. Durante la settimana gran parte dei bambini presentò un dolore di intensità lieve. A distanza di una settimana dall’intervento l’83% dei pazienti non ebbe nessun dolore. Gli interventi associati a dolore moderato-grave sono stati le adenotonsillectomie e gli interventi urologici.

Le dosi medie di fentanyl impiegate durante l’intervento sono state di 1,9 µg/kg ± 1,6 (DS). Le tecniche di analgesia loco-regionali non si sono associate a nessuna complicazione postoperatoria.

Il paracetamolo, nel 50% dei casi associato al metamizolo, è stato il farmaco più frequentemente prescritto in ospedale. La maggior parte dei bambini ha ricevuto il paracetamolo come unico farmaco durante la prima settimana dopo l’intervento.

Il sesso, l’età e tipo di intervento non hanno mostrato un’associazione statisticamente significativa con l’entità del DPO.

Il livello di soddisfazione medio dei genitori del paziente è stato di 8,2. Gran parte dei bambini ha dichiarato di aver ricevuto un trattamento adeguato durante il ricovero ospedaliero.

Discussione. Il nostro è il primo studio ad analizzare la gestione del dolore in ambito pediatrico. I suoi principali limiti sono rappresentati dalla variabilità del tipo di intervento e dalle piccole dimensioni del campione. Anche se una relazione statisticamente significativa non è stata trovata tra il tipo di intervento e l’intensità del DPO, è innegabile che interventi come la tonsillectomia, interventi di chirurgia toracica o di chirurgia d’urgenza si associano a livelli moderato-gravi di DPO, tanto al risveglio quanto durante il giorno successivo dall’intervento. Sarà pertanto soprattutto in questi settori che bisognerà lavorare per elaborare nuovi protocolli di gestione del DPO.

Conclusioni. Il DPO presso il Servizio di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore dell’Ospedale Clinico Universitario di Valencia gode di una gestione adeguata alle esigenze del paziente pediatrico nel periodo postoperatorio immediato e tardivo. Il livello di soddisfazione dei pazienti riguardo al trattamento ricevuto durante il ricovero ospedaliero è elevato, e i genitori ricevono informazioni sufficienti per una gestione del dolore dopo le dimissioni nel proprio figlio.

(5)

Elenco delle abbreviazioni

AT Adenotonsillectomia

CI Consenso Informato

bpm Battiti per minuto

CUE Condotto Uditivo Esterno

DPO Dolore Postoperatorio

DTT Drenaggio Transtimpanico

DS Deviazione Standard

FC Frequenza Cardiaca

NI Numero di identificazione

PA Pressione Arteriosa

PAS Pressione Arteriosa Sistolica

PCA Patient Controlled Analgesia

PONV Nausea e Vomito Postoperatori

SNC Sistema Nervoso Centrale

UCPA Unità di Cura Post-Anestesiologica

UTC Unità Tecnico-Chirurgica

(6)

INDICE

INTRODUZIONE ... 8

1. Importanza del dolore in ambito pediatrico ... 8

2. Evoluzione delle conoscenze sul sistema nocicettivo del bambino ... 9

3. Sviluppo del sistema nocicettivo ... 10

4. Il dolore acuto postoperatorio ... 11

4.1 Epidemiologia ... 11

4.2 Caratteristiche temporali del dolore postoperatorio ... 11

4.3 Fattori che determinano l’intensità del dolore postoperatorio ... 12

4.3 Ripercussioni del dolore postoperatorio nel bambino ... 15

4.4 Ragioni che portano ad un insufficiente trattamento del dolore ... 16

CAPITOLO 1. TECNICHE DI CONTROLLO DEL DOLORE ... 18

1. Tecniche loco-regionali ... 18

1.1.Tossicità degli anestetici locali ... 18

1.2. Anestesia neuroassiale in pediatria ... 20

1.3. Blocco dei nervi periferici ... 21

1.3.1 Blocco del plesso brachiale ... 22

1.3.2 Blocco dei nervi ileoinguinale e ileoipograstrico ... 23

1.3.3 Blocco dei nervi dorsali del pene ... 24

2. Analgesici sistemici ... 28 2.1 Paracetamolo ... 28 2.2 FANS ... 28 2.3 Oppioidi ... 29 2.2.1 Morfina ... 31 2.2.2 Fentanyl ... 31 2.2.3 Codeina ... 31 2.2.4 Tramadolo ... 32 2.2.5 Ossicodone ... 33

2.4 Effetti avversi degli oppioidi ... 33

3. Analgesia preventiva ... 35

4. Monitoraggio intraoperatorio dell’analgesia ... 36

CAPITOLO 2. MODALITÁ DI VALUTAZIONE DEL DOLORE IN PEDIATRIA ... 39

1. Considerazioni generali ... 39

2. Scale di valutazione del dolore in base all’età ... 40

2.1 Neonati ... 40

2.2. Periodo preverbale ... 40

2.3 Bambini e adolescenti ... 40

3. Valutazione del dolore da parte dei genitori ... 41

CAPITOLO 3. RACCOMANDAZIONI SULLA GESTIONE DEL DOLORE DA PARTE DELLE SOCIETÁ SCIENTIFICHE ... 42

1. Generalità ... 42

2. Raccomandazioni dell’AFSSAPS ... 42

2.1 Raccomandazioni sugli analgesici locali e sulle tecniche loco-regionali ... 42

(7)

CAPITOLO 4. STUDIO CLINICO ... 44

1. Giustificazione dello studio ... 44

2. Obiettivi ... 44

2.1. Obiettivo principale ... 44

2.2. Obiettivi secondari ... 44

3. Metodi ... 45

3.1. Disegno dello studio ... 45

3.2. Popolazione ... 45

3.3. Reclutamento ... 46

3.4. Calendario ... 46

3.5. Variabili ... 46

3.6. Procedimento dello studio ... 47

3.7. Analisi statistica ... 50

4. Risultati ... 51

4.1. Caratteristiche demografiche e cliniche ... 51

4.2. Durata del ricovero ... 53

4.3. Valutazione del dolore ... 53

4.4. Anestesia e analgesia intraoperatoria ... 58

4.5. Costanti vitali dei pazienti ... 60

4.6. Analgesia postoperatoria immediata ... 63

4.7. Analgesia postoperatoria tardiva ... 64

4.8. Cambiamenti comportamentali e complicazioni postoperatorie ... 65

4.9. Livello di soddisfazione del paziente e dei genitori del paziente ... 66

5. Discussione ... 66

5.1. Limiti dello studio ... 69

5.2. Punti di forza dello studio ... 70

6. Considerazioni Etiche e Legali ... 70

CAPITOLO 5. CONCLUSIONI ... 72

ANNESSI ... 73

Annesso 1. Revisione schematica della letteratura ... 74

Annesso 2: Quaderno di raccolta dei dati ... 79

Annesso 3: Approvazione da parte del Comitato Etico di Ricerca ... 81

Annesso 4: Consenso informato ... 82

(8)

INTRODUZIONE

1. Importanza del dolore postoperatorio nella popolazione pediatrica.

Il dolore postoperatorio è un sintomo soggettivo che è stato estesamente studiato negli adulti, ma solo minimamente nei bambini.

Un bambino su 10 ogni anno andrà incontro ad un intervento chirurgico e le procedure di “one day-surgery” (ad es.: tonsillectomie, orchidopessia, riparazione di ernia inguinale) rappresentano circa i 2/3 di tutti gli interventi chirurgici elettivi (1).

Anche in seguito a tali interventi il dolore è un sintomo comunemente riportato dai bambini e la maggior parte di essi ha bisogno di un trattamento analgesico appropriato.

Diversi studi hanno dimostrato che l’analgesia intraoperatoria è necessaria a tutte le età, anche nei neonati prematuri: un’inadeguata analgesia durante i primi anni di vita può rendere, infatti, meno efficace un trattamento analgesico altrimenti opportuno durante interventi successivi cui vada incontro il paziente nel corso della vita. (2)

Il controllo efficace del dolore nel periodo postoperatorio rappresenta attualmente un obiettivo essenziale delle Unità di Cura Post-Anestesiologiche. Un suo adeguato trattamento non solo aumenta la soddisfazione dei pazienti, ma contribuisce in alcuni casi a ridurre fino al 9,2% la durata del ricovero ed è utilizzato come indicatore di buona pratica clinica e di qualità assistenziale (3).

Con l’obiettivo di conoscere le modalità e l’efficacia della gestione del dolore nel bambino, abbiamo realizzato uno studio prospettico osservazionale di tipo descrittivo della durata di due mesi presso il Servizio di Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore dell’Ospedale Clinico di Valencia.

Esporremo in un primo momento le conoscenze attuali emerse dalla revisione della letteratura riguardo a tale tema, descriveremo in un secondo momento le tecniche di controllo del dolore e le raccomandazioni odierne sulla gestione del dolore intra e postoperatorio in ambito pediatrico, per infine focalizzarci sulla descrizione del nostro studio.

(9)

2. Evoluzione delle conoscenze sul sistema nocicettivo del bambino.

La capacità del bambino e del neonato di percepire dolore e la loro necessità di analgesia intraoperatoria e postoperatoria sono state sottostimate in passato a causa della convinzione, erronea e diffusa in ambito medico-scientifico, che i bambini non avessero bisogno di analgesia e che tollerassero abbastanza bene il dolore (4).

Diversi miti riguardanti il sistema nocicettivo del neonato e del bambino hanno fomentato tale credenza, come ad esempio:

• “l’immaturità del sistema nervoso comporta una ridotta percezione del dolore”;

• “il dolore sperimentato in fasi precoci della vita non ha ripercussioni e il bambino non conserva alcuna memoria del dolore”;

• “gli effetti avversi dei farmaci oppioidi come la depressione respiratoria, l’ileo paralitico, o lo sviluppo di dipendenza sono più comuni nei bambini”.

Nel 1987 Kanwaljeet Anand, pediatra, anestesista e neurobiologo indiano, dette inizio a un radicale cambiamento nel campo della terapia del dolore in ambito pediatrico, dimostrando finalmente che il feto, il neonato e i bambini sono assolutamente sensibili agli stimoli dolorifici ed hanno bisogno di una terapia antalgica tanto quanto gli adulti.

Anand comparò due gruppi di neonati prematuri sottoposti a un intervento di legatura del condotto arterioso pervio. Il primo gruppo ricevette solo Alotano, mentre al secondo gruppo fu somministrato l’analgesico Sufentanyl.

I bambini del primo gruppo svilupparono una risposta di stress nei confronti dell’intervento, che si rese manifesta con aumento delle catecolamine, del glucagone, del GH e dei glucocorticoidi.

La mortalità in tale gruppo fu di 4/15 bambini; tra i bambini che avevano ricevuto Sufentanyl non vi fu nessun decesso.

Tale esperimento non fu solo la dimostrazione del fatto che un intervento chirurgico può scatenare dolore anche nei neonati prematuri, ma portò anche a quella che può essere ritenuta una delle più grandi conquiste in ambito della terapia del dolore nei bambini: il riconoscimento del fatto che un dolore mal controllato è una causa significativa di morbilità e mortalità neonatale.

(10)

TABELLA 1. Confronto tra le conoscenze passate e attuali sul sistema nocicettivo del neonato. Credenze passate sul sistema nocicettivo del

neonato

Conoscenze attuali

Il sistema nervoso del neonato è ancora immaturo, per cui i neonati non avvertono il dolore e non hanno bisogno di analgesia.

I primi nocicettori sono già presenti alla 6a settimana di vita intrauterina.

Il neonato non conserva tracce di memoria del dolore sperimentato nei primi giorni/anni di vita.

La neuroplasticità, dei primi anni di vita, fa sì che stimoli dolorosi sperimentati in questa età possano portare a cambiamenti conformazionali che porteranno ad una maggiore sensibilità al dolore in futuro.

Gli effetti avversi degli oppioidi sono più frequenti nel bambino.

Le vie discendenti inibitrici endogene

raggiungono la loro maturità intorno al 3° anno di vita.

Tale esperimento rappresentò la definitiva rottura dell’”indifferenza medica” nei confronti del dolore in età pediatrica, introducendo la necessità di approfondire le conoscenze scientifiche, cliniche e farmacologiche in tale ambito.

3. Sviluppo del sistema nocicettivo (5).

Il sistema nervoso nocicettivo inizia il suo sviluppo in fasi molto precoci del processo embriologico: i primi nocicettori cutanei compaiono alla 6a settimana dell’età gestazionale nella zona periorale. Le connessioni talamo-corticali iniziano invece a stabilirsi successivamente, intorno alla 25-28a settimana dello sviluppo intrauterino.

La maturazione del sistema inibitorio discendente avviene ancora più tardivamente e lentamente, ed è un processo che ha luogo anche dopo la nascita, richiedendo circa 1-3 anni per il suo completo sviluppo; quindi a causa del non totale rendimento del sistema encefalincergico endogeno, le soglie nocicettive postnatali immediate sono più basse.

Nei primi periodi della vita postnatale i campi nocicettivi cutanei sono più estesi a causa della connettività nervosa imprecisa e la neuroplasticità, caratteristica dell’età pediatrica, fa sì che stimoli dolorosi precoci provochino dei cambiamenti conformazionali definitivi nella sensibilità dolorosa del bambino.

(11)

4. Il dolore postoperatorio acuto.

Il dolore è una delle esperienze più spiacevoli che si possano sperimentare durante l’esistenza, e persino durante la vita intrauterina stimoli nocicettivi provocano delle risposte da stress come conseguenza degli effetti del dolore sul sistema nervoso autonomo (6).

Una delle definizioni universalmente accettate del dolore è quella della International Association for the Study of Pain (IASP): “il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale associata a un danno tissutale reale o potenziale dei tessuti, o descritto in termini di tale danno” (7).

Da tale definizione emerge che il dolore non ha l’unica funzione, seppur fondamentale per la sopravvivenza, di informare il SNC della presenza di una noxa che minaccia l’integrità tissutale, ma ha anche delle conseguenze a livello emotivo che ne spiegano la sua soggettività, rendendolo una sensazione complessa, diversa da qualunque altra, e non facile da misurare.

Tutte le procedure chirurgiche si associano a gradi variabili di dolore postoperatorio, che può essere definito come un processo nocicettivo progressivo scatenato dal danno tissutale e dalla manipolazione di strutture e organi durante l’intervento. (8)

5. Epidemiologia.

E’ stato stimato che circa il 40% dei bambini e degli adolescenti sottoposti ad interventi chirurgici soffre di un dolore > 4/10 (ovvero moderato-grave) durante il ricovero in ospedale (9).

3.2 Caratteristiche temporali del dolore postoperatorio.

La durata del dolore postoperatorio varia da un paziente all’altro e da un intervento all’altro (5).

E’ stato notato che, nel caso in cui non sia trattato, il dolore postoperatorio si presenta durante le prime 24 ore dall’intervento con un’intensità moderato-grave e con un picco intorno alle 6-8 ore.

Nei giorni successivi all’intervento, secondo degli studi effettuati in seguito a interventi di chirurgia generale, di otorinolaringoiatria e urologia in bambini di età compresa tra i 2-12 anni, l’intensità del dolore è massima durante la seconda/terza giornata dopo l’intervento,

(12)

quando il 33% dei bambini presenta un dolore di intensità > 7 su una scala da 0-10 (Fig. 1). Durante la prima settimana dall’intervento si registra soprattutto un dolore di media intensità, e a distanza di quattro settimane il 75% dei bambini non presenta nessun dolore, mentre il restante 25% ha ancora un dolore di intensità media (10).

 

 

FIGURA 1. Intensità del dolore in funzione del tempo trascorso dall’intervento.

L’incidenza di dolore moderato-severo è massima al 3° giorno dall’intervento chirurgico; durante la prima settimana dall’intervento si registra soprattutto un dolore di media intensità. A distanza di quattro settimane dall’intervento il 75%

dei bambini inclusi nello studio non presenta dolore (10).

3.3 Fattori che determinano l’intensità del dolore postoperatorio.

Il dolore postoperatorio, così come altri tipi di dolore, non deve essere inteso come un fenomeno esclusivamente biologico, giacché esistono molti fattori, tanto personali quanto ambientali, che possono modificare la percezione dolorosa; pertanto questo si presenta come una problematica che non ha un’unica origine, in tal caso l’atto chirurgico, ma che è relazionata ad un insieme di fattori (11). Tra i principali fattori che influenzano il grado del dolore postoperatorio, vi sono:

• il tipo di intervento chirurgico;

• le caratteristiche del paziente;

(13)

Tipo di intervento. La sede dell’intervento e la tecnica chirurgica impiegata da tempo sono stati riconosciuti come fattori in grado di influenzare l’intensità del dolore postoperatorio: ad esempio gli interventi che interessano la regione toracica o addominale alta tendono ad essere più dolorosi rispetto a quelli effettuati a livello addominale basso (12); allo stesso modo tecniche laparoscopiche si associano a minor dolore rispetto alle tecniche convenzionali (5). Nei bambini, è stato osservato che tra varie tipologie d’interventi, come quelli ortopedici, di chirurgia plastica, di otorinolaringoiatria ed altri, gli interventi maggiormente dolorosi sono quelli di chirurgia generale e di ortopedia (Fig. 2) (13).

FIGURA 2. Percentuale di pazienti pediatrici

in diversi tipi di dipartimenti con dolore postoperatorio moderato-severo. Dal grafico si evince che gli interventi di ortopedia e chirurgia generale determinano un dolore moderato-severo in percentuali maggiori di pazienti rispetto ad interventi di chirurgia plastica, pediatrica, ENT (Ear, Nose, Throat = otorinolaringoiatria) e chirurgia pediatrica generale. (13)

Quando confrontati con altri interventi effettuati in one day-surgery, gli interventi di tonsillectomia e di appendicectomia risultano essere i più dolorosi (14).

Per un’analisi maggiormente dettagliata sulla prevalenza del dolore nel periodo postoperatorio e la sua correlazione con il tipo di chirurgia si rimanda alla revisione schematica della letteratura (Annesso 1).

Caratteristiche del paziente. I dati riguardanti le caratteristiche del paziente e in particolare l’influenza che variabili come il sesso o l’età possano avere sull’intensità del dolore postoperatorio sono spesso discordanti.

In uno studio condotto da Kolowsky et al., bambini ospedalizzati per motivi medici e chirurgici furono classificati in 3 gruppi in base all’età:

• < 5 anni

(14)

• > 11 anni.

Il gruppo di pazienti tra i 5-11 anni mostrò dei valori di dolore superiori rispetto a quello di pazienti con meno di 5 anni; livelli ancora maggiori si registrarono nel gruppo di bambini con più di 11 anni (Fig. 3).

FIGURA. 3. Livelli di dolore in pazienti pediatrici raggruppati secondo l’età. Punteggi maggiori di

dolore sono stati riscontrati nel gruppo con età > 11 anni, mentre nel gruppo di bambini con < 5 anni furono riscontrati punteggi molto bassi di dolore. Il gruppo di bambini di età compresa tra i 5 e gli 11

anni riportò punteggi intermedi di dolore.

Nello stesso studio delle associazioni statisticamente significative furono trovate tra i punteggi del dolore e il sesso; punteggi maggiori di dolore vennero riportati dalle pazienti di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile. (Fig. 4)

FIGURA 4. Livelli di dolore in funzione dei giorni dopo l’intervento classificati in base al sesso. (15)

Vi è una considerevole parte della letteratura che indica che le donne hanno una soglia del dolore e dei livelli di tolleranza al dolore minori che gli uomini, e che stimoli della stessa

(15)

intensità sono più dolorosi nella donna che non nell’uomo. Questo concorda con la maggior incidenza nelle donne di un gran numero di sindromi dolorose acute, ricorrenti e croniche (ad es. la fibromialgia) (16).

Tuttavia, altri studi mirati a identificare i fattori che influiscono sul dolore postoperatorio hanno concluso che né il sesso, né l’età sono delle variabili in grado di determinare l’intensità del dolore postoperatorio (11)(17).

Da una recente revisione della letteratura effettuata su articoli pubblicati nel periodo Settembre 2013 – Marzo 2015 e volti a valutare le differenze nell’entità del dolore postoperatorio tra i due sessi, emerge che le donne potrebbero essere maggiormente a rischio di sviluppare dolore postoperatorio di alta intensità, ma le differenze tra i due sessi sono di fatto molto piccole, e hanno scarsa rilevanza clinica (18).

Ansia preoperatoria. Da tempo è noto che l’ansia preoperatoria è un fattore in grado di influenzare il dolore postoperatorio negli adulti (19); negli ultimi anni sono stati effettuati degli studi sull’effetto dell’ansia anche nei bambini. Da questi è emerso che il dolore riportato dai bambini ansiosi è maggiore non solo nel periodo postoperatorio immediato, ma anche nelle settimane successive all’intervento; livelli maggiori di ansia sono stati associati anche a un maggior consumo di analgesici successivamente all’intervento (20).

3.4 Ripercussioni del dolore postoperatorio nel bambino.

Il mancato sollievo dal dolore nel periodo postoperatorio causa varie conseguenze tanto nell’adulto quanto nel bambino, che si manifestano a vari livelli (endocrino-metabolico, cardiovascolare, respiratorio e gastrointestinale); tra le principali conseguenze vi sono:

• tachicardia, ipertensione, maggior consumo di O2 miocardico;

• tachipnea e conseguente alcalosi respiratoria;

• riduzione della motilità gastrica e intestinale, nausea e vomito;

• aumento di ACTH, cortisolo, catecolamine, renina, angiotensina II;

• intolleranza al glucosio, resistenza all’insulina e iperglicemia;

(16)

• diminuzione dell’insulina e del testosterone (5) (21).

La presenza di dolore postoperatorio d’intensità moderato-severa in ambito pediatrico rientra inoltre tra i fattori di rischio per alcuni disturbi del comportamento che si possono evidenziare nei giorni successivi agli interventi chirurgici, siano essi interventi di chirurgia maggiore o interventi minori.

Numerosi studi hanno identificato un’alta incidenza di cambiamenti comportamentali disadattivi nei bambini dopo la chirurgia (22).

L’incidenza dei disturbi del comportamento nei bambini è comunque abbastanza variabile; secondo i risultati di alcuni studi effettuati in Finlandia, Australia e USA, varia dal 24% al 67% durante i primi tre giorni dall’intervento, e dal 23% al 54% dopo 2 settimane dalle dimissioni (10).

I principali disturbi del comportamento che possono insorgere nei giorni successivi agli interventi, sono:

• Riduzione dell’alimentazione;

• Disturbi del sonno;

• Risvegli notturni;

• Ansia generalizzata;

• Ansia da separazione;

• Frequente ricerca di attenzione nei confronti dei genitori;

• Tendenza al ritiro in sé stessi.

Tali cambiamenti, come ad esempio la riduzione dell’alimentazione, o disturbi del sonno, possono assumere una certa importanza se persistono per un periodo prolungato. Ad esempio in seguito agli interventi di tonsillectomia, la riduzione dell’alimentazione nei giorni successivi all’intervento dovuta al dolore alla deglutizione è un fattore che può richiedere una nutrizione per via parenterale e, nel caso in cui le dimissioni siano già avvenute, può richiedere una re-ospedalizzazione, con conseguente aumento dei costi a carico del Sistema Sanitario, oltre ad un maggior disagio per la famiglia; se la riduzione

(17)

dell’alimentazione coincide con la comparsa di nausea e vomito postoperatori (PONV), la cui incidenza stimata è del 56% dei casi dopo le tonsillectomie, essa può generare un circolo vizioso che aggrava lo stato generale del bambino e per tale motivo non deve essere sottovalutata.

L’insorgenza di disturbi del sonno o di un sonno non ristoratore è stata associata alla presenza di dolore postoperatorio moderato-grave. Da uno studio condotto su 84 bambini sottoposti a tonsillectomia, il 53% di essi presentò disturbi del sonno e un’associazione statisticamente significativa venne trovata con la presenza di un dolore moderato-grave (23).

3.5 Ragioni che portano ad un’insufficiente trattamento del dolore

Nel corso di un’analisi sulla gestione del dolore nei bambini in Svezia sono state ricercate le ragioni che possono contribuire ad un insufficiente trattamento del dolore; dei questionari sono stati compilati da medici e infermieri, e da questi sono sorte le seguenti possibili cause che possono contribuire ad un trattamento inadeguato del dolore:

• prescrizioni inadeguate

• insufficiente informazione ai genitori circa la posologia dei farmaci dopo le dimissioni

• mancanza di comunicazione tra medici e genitori del bambino

• paura dei genitori

• paura degli effetti avversi dei farmaci,

• ansia del bambino

• “il dolore è naturale e non sempre è necessario trattarlo”(13).

Riguardo alle tonsillectomie, un altro studio ha analizzato i fattori che limitano il trattamento del dolore postoperatorio successivamente alle dimissioni. Questi possono essere attribuiti tanto alla appropriatezza delle prescrizioni quanto a fattori culturali e sociali dei genitori, nonché all’ansia, alla paura o alla difficoltà nella deglutizione che il bambino può presentare in seguito all’intervento (24). Pertanto, prima delle dimissioni occorre prendere in considerazione tali fattori in occasione della comunicazione medico-paziente, giacché si possono associare a bassi livelli di trattamento del dolore nei giorni successivi all’intervento.

(18)

CAPITOLO 1

TECNICHE DI CONTROLLO DEL DOLORE

1. Tecniche loco-regionali

Le tecniche locoregionali si basano sull’uso di farmaci anestetici locali, i quali interrompono la trasmissione nervosa tramite il blocco transitorio e reversibile dei canali del sodio voltaggio dipendenti; essi si classificano in:

• Amminoesteri: procaina, cloroprocaina, tetracaina • Aminoamidi: lidocaina, bupivacaina, ropivacaina.

Questi farmaci, per le cui caratteristiche farmacologiche si rimanda alla Tabella 2, si possono utilizzare insieme a farmaci coadiuvanti, per es. farmaci vasocostrittori come l’epinefrina, che oltre ad aumentare la durata d’azione dei farmaci analgesici, riducono il loro assorbimento a livello sistemico. Questo fattore è abbastanza utile se si considera che alcuni analgesici, come la bupivacaina, possono causare una depressione miocardica grave se iniettati accidentalmente nella circolazione sanguigna.

E’ raccomandato l’uso di analgesici locali senza vasocostrittori nei distretti in cui vi è una circolazione di tipo terminale (ad es. nel blocco periferico dei nervi penieni, o nel blocco dei nervi interdigitali), onde evitare danni ischemici da vasocostrizione.

La clonidina è un altro esempio di farmaco coadiuvante (1-2 µg/ml): può essere impiegata nel blocco caudale ed epidurale insieme a farmaci anestetici locali, dei quali aumenta di 3 ore la durata d’azione.

Nei neonati pretermine l’uso della clonidina si è associato alla comparsa di apnea; inoltre potrebbe contribuire alla sedazione postoperatoria, ma generalmente per dosi > 2 microgr/ml.

1.1 Tossicità degli anestetici locali.

I neonati possono presentare segni di tossicità neurologica (per es. convulsioni) a concentrazioni più basse rispetto agli adulti. Il fatto che il blocco con analgesici locali generalmente si realizzi sotto anestesia generale, può mascherare i segni precoci di neurotossicità, come agitazione, acufeni, nausea.

(19)

La comparsa di convulsioni deve essere trattata assicurando la via aerea, dando O2 al 100% e somministrando farmaci che blocchino le convulsioni: benzodiazepine e.v. ( per es. midazolam 0,05-0,2 mg/Kg), tiopentale (2-3 mg/kg) o propofol (1-2 mg/kg).

Nel caso di tossicità cardiaca da iniezione accidentale di farmaci anestetici locali, in particolar modo della bupivacaina, si somministrera Intralipid (20%) e.v. 1 ml/kg come dose di carico seguita da 1-3ml/kg ogni 3-5 minuti; si pensa che il meccanismo d’azione di tale farmaco sia legato alla diluizione dell’anestetico locale dal miocardio da parte dei lipidi.

TABELLA 2. Farmaci anestetici locali (25). Dosi massime consigliate, effetti avversi, vantaggi e

svantaggi degli anestetici locali maggiormente usati nella pratica clinica.

Farmaco Dose Effetti avversi Vantaggi Svantaggi Lidocaina 4,5 mg/kg 7 mg/kg* (vedi svantaggi)

Ha una bassa cardio e neuro-tossicità

E’ il farmaco anestetico maggiormente

utilizzato

Nei neonati può causare agitazione e convulsioni a dosi più base che nell’adulto

Bupivacaina

E’ una miscela racemica: L-Bupivacaina (forma attiva) e D-bupivacaina (forma tossica) 2,5 mg/kg Tachicardia ventricolare in caso di accidentale iniezione intravascolare, o in caso di overdose - Agitazione e convulsioni Depressione miocardica grave e difficilmente reversibile con Intralipid Levobupivacaina È il Levo entantiomero della bupivacaina 3,0 mg/kg

- Ha una minor

cardio-tossicità ed è ha una potenza del 20% superiore a quella della bupivacaina.

Può essere utilizzata per infusioni prolungate.

-

Ropivacaina

E’ il levo enantiomero della ropivacaina

3,0 mg/kg

- Ha una minore

cardio-tossicità rispetto alla bupivacaina

Non dovrebbe essere impiegata per il blocco dei nervi penieni o digitali, giacché si sono registrati casi di vasocostrizione ed ischemia

* Quando usata con epinefrina, che prolunga l’effetto e fa diminuire il picco di concentrazione ematica di circa il 40%.

(20)

1.2 Anestesia neuroassiale in pediatria.

L’anestesia neuroassiale consiste in un insieme di tecniche che, bloccando la trasmissione nervosa degli stimoli dolorosi da parte dei nervi che entrano nel midollo spinale, permette di ottimizzare l’analgesia postoperatoria e di ridurre le richieste di oppioidi intravenosi (26).

L’analgesia epidurale può essere effettuata mediante un’iniezione singola o mediante un catetere; l’inserzione di un catetere è generalmente preferibile giacché permette un’infusione continua del farmaco, o altrimenti, permette somministrazioni ripetute che migliorano considerevolmente il controllo del dolore nel periodo postoperatorio rispetto ad un’unica iniezione (1).

Nel gruppo delle tecniche di anestesia neuroassiale si distinguono:

• Analgesia epidurale toracica; • Analgesia epidurale lombare; • Analgesia epidurale caudale (26). Queste sono controindicate nel caso di:

• Mancanza di consenso informato; • Coagulopatie;

• Sepsi;

• Infezione lombare a livello del sito di iniezione (25).

Tra le complicanze dell’analgesia spinale, che complessivamente possono presentarsi dall’1 al 5% dei casi, si trovano:

• Cefalea post-puntura; • Infezioni sottocutanee; • ematoma epidurale; • meningiti;

• dolore lombare.

Il blocco epidurale caudale è uno dei più utilizzati in ambito pediatrico; è molto utile per gran parte degli interventi urologici, a livello addominale basso, per procedure che interessino gli arti inferiori o la regione perineale (26); quando gli anestetici locali vengono somministrati alle dosi raccomandate l’incidenza di complicazioni è molto bassa (1,9%), essendo il

(21)

ogni caso nessuna sequela permanente è stata registrata nel corso di studi condotti su estese popolazioni di bambini sottoposti a tale tecnica (27).

FIGURA 5. (26). Immagini relative al blocco caudale prima dell’iniezione, dopo l’iniezione di una

“dose test” e dopo l’iniezione della dose di anestetico locale. Visione longitudinale paramediana. Prima dell’iniezione è possibile osservare lo spazio epidurale attorno alla vertebra L5, indicato con

una freccia. Dopo l’iniezione della “dose test” lo spazio epidurale si è leggermente espanso (*); in seguito all’iniezione dell’anestetico locale lo spazio epidurale risulta considerevolmente espanso. Il blocco (Fig. 5) si realizza dopo l’anestesia generale, ma prima della chirurgia; la corrette esecuzione del blocco inizia posizionando il paziente in decubito laterale e flettendo le ginocchia, le gambe e il collo del paziente. L’assenza di grasso nella regione sacrale nei bambini più piccoli rende più facile l’identificazione dei punti di repere rispetto agli adulti. Si identificheranno le ali del sacro e si procederà alla sterilizzazione cutanea con una soluzione alcolica al 70% con clorexdina. Gli oppioidi si possono impiegare per l’esecuzione di questa tecnica, ma si associano a complicazioni tipiche di tale classe di farmaci (fino alla depressione respiratoria) molto più che in caso di blocco toracico, o lombare.

1.3 Blocco dei nervi periferici

Il blocco dei nervi periferici generalmente si realizza sotto anestesia generale, sebbene in bambini più grandi o adolescenti che siano collaborativi, possa essere effettuato a paziente sveglio. Quando il bambino non è sotto anestesia, bisogna impiegare un gel di tetracaina nel sito della iniezione e, in tutti i casi, si dovrebbe iniettare lignocaina all’1-2%.

I segni di tossicità da anestetici locali sono meno evidenti sotto anestesia generale, così che spesso la loro tossicità si manifesta con convulsioni, aritmie e altri segni tardivi come il collasso cardiovascolare.

La scelta del nervo da bloccare dipende dal distretto a livello del quale avverrà l’intervento chirurgico (Tabella 3). Saranno descritte le tecniche di blocco loco-regionale che sono state

(22)

1.3.1 Blocco dei plesso brachiale.

Il blocco del plesso brachiale può essere realizzato attraverso varie vie:

• ascellare

• infraclavicolare laterale • sovraclavicolare

La via ascellare è quella più raccomandata giacché associata ad una semplicità di esecuzione superiore rispetto alle altre due vie e ad un basso numero di complicazioni gravi (es. lo pneumotorace). Tale via è utile nei casi di frattura dell’avambraccio, procedure di chirurgia plastica, inserimento di shunt per l’emodialisi; occorre considerare che nell’utilizzare tale via, la regione superiore del braccio, di competenza del nervo muscolo-cutaneo, potrebbe in qualche caso non godere di un blocco efficace.

Il blocco del plesso brachiale per via ascellare si realizza inserendo l’ago a 45° rispetto alla pelle, in direzione parallela all’arteria ascellare (Fig. 6); le dosi normalmente impiegate sono di 0,2-0,3ml/kg di peso corporeo e, per i bambini più grandi, un volume totale di 20 mL è generalmente sufficiente.

La via infraclavicolare, sebbene probabilmente associata ad un miglior controllo del dolore nel distretto pertinente al nervo muscolo-cutaneo, ha il potenziale rischio di causare pneumotorace; l’insorgenza della sindrome di Horner con tale tecnica è un’evenienza che si verifica in circa l’1% dei casi.

L’uso di una guida ecografica riduce tale percentuale e meno dell’1% ed è pertanto sempre consigliabile. L’iniezione intravascolare è un’altra delle possibili complicanze conseguenti a tale tecnica.

(23)

FIGURA 6. Blocco del plesso brachiale, via ascellare: direzione dell’ago rispetto all’arteria brachiale.

Il blocco per via infraclavicolare laterale è indicato per le fratture di omero, per gli interventi di chirurgia plastica e le creazioni di fistole artero-venose per l’emodialisi.

Il blocco per via sovraclavicolare può essere impiegato per bambini che vadano incontro ad interventi realizzati nella regione dell’avambraccio, e nel caso in cui si usi una guida ecografica sono poche le complicazioni associate a tale via.

1.3.3 Blocco dei nervi ileoinguinale e ileoipogastrico.

I nervi ileoinguinale e ileoipogastrico decorrono medialmente alla spina iliaca anterosuperiore, subito al di sotto del muscolo obliquo interno dell’addome.

Il loro blocco garantisce l’analgesia della cute a livello della regione inguinale ed è utile per fornire un’analgesia postoperatoria in seguito alla erniotomia. Tale blocco è inadeguato per gli interventi di orchidopessia, nei quali per un’analgesia ottimale, un blocco caudale sarebbe preferibile.

Il blocco dovrebbe essere eseguito preferibilmente immediatamente dopo l’induzione dell’anestesia generale, prima che inizi l’intervento chirurgico. L’infiltrazione dell’anestetico locale deve essere diffusa, “a ventaglio”, alla regione della parete addominale che sta al di sopra della spina iliaca antero-superiore (Fig. 7).

Una guida ecografica può migliorare le possibilità di successo della tecnica e ridurre il volume di farmaco richiesto, nonché il rischio di iniezione intra-addominale.

(24)

Figura 7. Blocco dei nervi ileo-inguinale e ileo-ipogastrico: la freccia indica l’area in cui iniettare la soluzione contenente l’anestetico locale.

La bupivacaina allo 0,25% o allo 0,5% (più di 2mg/kg) dovrebbe essere impiegata insieme all’epinefrina (1:200,000).

Un blocco maggiormente efficace e completo può essere ottenuto con la soluzione allo 0,5%, tuttavia a tali concentrazioni può presentarsi, anche se raramente, un blocco transitorio del nervo femorale, che può portare a debolezza muscolare a livello dell’arto inferiore.

1.3.3 Blocco dei nervi dorsali del pene.

I nervi dorsali del pene sono nervi pari e simmetrici che passano al di sotto dell’osso pubico e che innervano la cute del pene; il blocco di tali nervi fornisce una buona analgesia in seguito alla circoncisione, ma spesso l’analgesia è insufficiente per interventi di riparazione dell’ipospadia.

Le soluzioni contenenti epinefrina non dovrebbero essere impiegate in quanto a causa della vascolarizzazione di tipo terminale, la vasocostrizione in tale distretto può causare dei danni di tipo ischemico.

L’Anestesista somministrerà 2 mg/kg di bupivacaina (0,5%) senza epinefrina, fino a un massimo di 1 mL nel bambino più piccolo o 6 mL nel bambino più grande. L’uso della Ropivacaina è sconsigliato a causa delle proprietà vasocostrittrici di questo farmaco.

(25)

L’iniezione viene effettuata bilateralmente alla base del pene “alle ore 11 e 13” (Fig. 8); l’ago viene fatto passare attraverso la fascia di Bucks e un’eguale quantità di anestetico dovrebbe essere somministrata nella sede adiacente ad ogni nervo. Nei neonati è possibile anastetizzare entrambi i nervi inserendo l’ago al centro della superficie dorsale della base del pene.

FIGURA 8. Blocco dei nervi dorsali del pene: siti di iniezione della soluzione contenente l’anestetico locale e posizione dei nervi alla base del pene.

(26)

TABELLA 3. Informazione concernente il blocco periferico dei nervi periferici.

Nervo Anatomia Regione Indicazioni Rischi Intercostali 12 paia di nervi

che decorrono lungo il bordo inferiore delle coste Regione toracica ( T1-T6) e toraco-addominale (T7-T12) • Toracotomia • Chirurgia toracoscopica • • Chirurgia addominale superiore • • Riparazione della fistola tracheoesofagea Pneumotorace Blocco spinale totale Assorbimento sistemico

Sovraorbitario Esce dalla cavità orbitaria attraverso il foro sovraorbitario

Scalpo frontale omolaterale

Es. Shunt frontale ventricoloperitoneale

_

Sovratrocleare Esce dalla cavità orbitaria medialmente al nervo sovraobritario - - - Infraorbitario Passa attraverso il foro infraorbitario Palpebra inferiore, labbro superiore, vestibolo nasale Labbro leporino Procedimenti endoscopici dei seni paranasali

-

Grande occipitale

Esce dal cranio a livello della linea superiore della nuca Pelle della regione posteriore del cranio

Es. Shunt ventricolo- peritoneale - Plesso cervicale superficiale Comprende i nervi: piccolo occipitale, auricolare, cutaneo del collo, sovraclavicolare e sovraacromiale Pelle della regione mastoidea, del padiglione auricolare, della regione sovra e sottoioidea, Chirurgia mastoidea Timpanoplastica - Plesso brachiale Si estende dal midollo spinale fino al braccio, localizzandosi alla base del collo e nel cavoascellare Innerva i muscoli e la cute dell’arto superiore Fratture di avambraccio Interventi di chirurgia plastica Inserimento di shunt per la dialisi

(27)

Ileoinguinale e ileoipogastrico

Decorrono medialmente alla spina iliaca anterosuperiore, subito al di dietro del muscolo obliquo interno dell’addome Regione inguinale Erniotomia Orchidopessia Varicocele Idrocele Perforazione viscerale Iniezione intraperitoneale Blocco temporaneo del Nervo femorale (> 11%)

Dorsali del pene

Passano al di sotto dell’osso pubico, uno per lato

Pelle del pene Circoncisione Riparazione di ipospadia distale

Ematoma

Ischemia (non bisogna usare epinefrina)

Femorale Esce dalla cavità addominale passando al di sotto del ligamento inguinale Lato anteriore e mediale del muscolo

Analgesia per frattura di femore Biopsia muscolare (es. Sospetto di miopatía) Iniezione intravascolare Ematoma Blocco incompleto Cutaneo femorale laterale Si localizza lateralmente la nervo femorale, passando al di sotto del legamento inguinale Pelle della regione laterale della coscia Interventi che richiedono analgesia della regione laterale della coscßia

-

Nervo sciatico Esce dal foro sciatico maggiore; attraversa la regione posteriore della coscia. Da origine ai nervi tibiale e peroniero comune a livello della fossa poplitea Innervazione motoria e sensitiva della parte distale dell’arto inferiore Interventi a livelli o al di sotto del ginocchio -

(28)

2. Analgesici sistemici

Quando il controllo loco-regionale del dolore non è possibile, occorre usare dei farmaci per via sistemica. I principali farmaci analgesici sono:

• Paracetamolo • FANS

• Oppioidi

• Farmaci adiuvanti

Un approccio multimodale è sempre consigliabile e preferibile giacché permette di limitare le dosi di ogni farmaco e di ottenere effetti sinergici, pertanto permette di ridurre gli effetti avversi.

2.1 Paracetamolo.

Il paracetamolo (o acetaminofene) è un farmaco antipiretico e analgesico, il cui meccanismo d’azione non è ancora ben conosciuto, e probabilmente è relazionato con il blocco della produzione centrale delle prostaglandine, e con la riduzione dell’iperalgesia indotta dalla sostanza P (28).

E’ l’analgesico più usato nel bambino a livello mondiale e può essere impiegato per il trattamento del dolore lieve-moderato dopo interventi minori quando usato solo; ha effetti additivi quando usato con FANS o oppioidi (21).

In questo caso riduce il rischio di depressione respiratoria, senza aumentare il rischio di sanguinamento, giacché non interferisce con la aggregazione piastrinica (25).

2.2 FANS.

I FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei) sono un gruppo di differenti farmaci che agiscono a livello centrale e periferico bloccando le Cicloossigenasi 1 e 2, enzimi che trasformano l’acido arachidonico in prostanoidi; questi sono responsabili dell’aumento della sensibilità dolorosa, tanto a livello dell’area di danno (dove incrementano la scarica nocicettiva) quanto a livello delle aste posteriori del midollo spinale, essendo responsabili della sensibilizzazione centrale.

Fanno parte di tale gruppo il diclofenac, l’ibuprofene e il Ketorlac. Per le loro principali caratteristiche e indicazioni si rimanda alla Tabella 4.

(29)

Diversi sono i possibili effetti avversi dei FANS. L’acronimo “GRASP” è utile per riassumerli, e sta per:

• “Gastrointestinal”: la riduzione della produzione di prostaglandine dovuta all’inibizione della COX-1 predispone a’insorgenza di ulcere e di sanguinamento gastrointestinali;

• “Renal”: i ridotti livelli di prostaglandine riducono la VFG, pertanto la somministrazione di FANS è controindicata nel caso di ipotensione e deplezione di liquidi;

• “Asthma”: Nel 2% dei bambini con asma, i FANS possono portare ad una esacerbazione;

• “ASpirin”: nei bambini non si somministra aspirina per il rischio di sviluppo della Sindrome di Reye;

• “Platelets”: la riduzione della produzione di trombossani riduce l’aggregazione piastrinica, aumentando il rischio di sanguinamento. Bisogna evitare quindi la somministrazione di FANS nei bambini con trombocitopenia, disordini della coagulazione o disfunzione piastrinica (21).

2.3 Oppioidi (21).

Gli oppioidi sono i principali farmaci impiegati nel trattamento del dolore moderato-grave, eccezion fatta per la codeina, che si utilizza soprattutto per il dolore lieve-moderato. Questo gruppo include: morfina, fentanyl, tramadolo, codeina, idromorfina e ossicodone (Tabella 6). I farmaci oppioidi hanno degli effetti del tutto simili a quelli dei peptidi oppioidi endogeni (beta-endorfina, meta-encefalina e dinorfina), agendo mediante la stimolazione dei recettori µ e k; tali recettori si trovano a livello delle terminazioni pre-sinaptiche e post-sinaptiche dell’encefalo, del midollo spinale e dei nervi periferici. La loro attivazione determina inibizione neuronale e diminuzione del rilascio di neurotrasmettitori eccitatori da parte delle terminazioni presinaptiche (28).

Gran parte dell’effetto analgesico degli oppioidi si deve alla stimolazione dei recettori µ, i quali sono di due tipi:

• µ 1: quando attivati sono responsabili dell’analgesia sovraspinale e della dipendenza fisica;

• µ 2: sono responsabili della depressione respiratoria, della dipendenza fisica, della bradicardia e della inibizione della mobilità intestinale. L’attivazione dei recettori k

(30)

causa invece analgesia senza depressione respiratoria significativa.

TABELLA 4. Farmaci usati per procedure minori. (28)(32)

Farmaco Dosi Effetti avversi Vantaggi Svantaggi Paracetamolo - 15mg/Kg VO

- 30-40 mg/kg VR

Insufficienza epatica *

Usato in combinazione con gli oppioidi ne riduce le richieste: ↓ rischio di depressione respiratoria. Non ↑ il rischio di sanguinamento Occorre ridurre le dosi in bambini debilitati Diclofenac 2mg/kg EV, VR dopo induzione dell’anestesia Gastrointestinali;

renali Non riduce l’aggregazione l’aggregazione piastrinica. Dopo l’ amigdalectomia riduce la necessità di oppioidi, e di conseguenza la nausea e il vomito postoperatori - Ibuprofene 5-10mg/kg

VO o VR Nausea, Vomito, Diarrea Riduce le richieste di oppioidi nel periodo postoperatorio

↓ l’aggregazione piastrinica e può aumentare il sanguinamento; può non essere indicato per l’amigdalectomia Ketorlac 1mg/Kg IM Emorragia gastrointestinale; nefrite tubulo-interstiziale

Potente effetto analgesico Inibisce l’ aggregazione piastrinica; pertanto non è indicato quanto vi sia rischio di sanguinamento Codeina 1-1,5 mg/Kg IM o PO: 4 ore Non deve essere somministrata EV perché potrebbe causare una marcata ipotensione Simili a quelli degli altri oppioidi - Polimorfismi del CYP2D6 possono ridurre il sollievo dal dolore; possono anche causare una rapida trasformazione della codeina in morfina, causando depressione respiratoria * Per dosi superiori a 90-100mg/kg/24 ore.

(31)

2.2.1 Morfina.

E’ uno degli oppioidi maggiormente usati e continua ad essere il gold standard nella gestione del dolore post-operatorio.

E’ rapidamente assorbita attraverso tutte le vie di somministrazione, tranne che la transdermica; in seguito all’assorbimento viene metabolizzata livello epatico a morfina-3-glucuronide (M3G) e morfina-6-morfina-3-glucuronide (M6G), di cui solo il metabolita M6G è un agonista del recettore µ, mentre M3G non ha attività analgesica. La loro eliminazione avviene per via renale.

E’ quindi necessario modificare le dosi in base alla funzionalità renale ed epatica: nei bambini con meno di 3-6 mesi occorre ridurre le dosi e monitorizzare con maggior attenzione i segni di depressione respiratoria, giacché a questa età la capacità di coniugazione epatica e la funzionalità renale sono minori.

Per via orale l’assorbimento della morfina è basso (biodisponibilità del 30%) e la Cmax è raggiunta dopo circa 1 ora dalla somministrazione; di fatto la più comuni vie di somministrazione è la EV, come bolo o come soluzione continua.

Un’altra possibile modalità di iniezione endovenosa è la PCA, sigla che sta per Patient Controlled Analgesia, tecnica che permette al paziente l’auto-somministrazione e che non descriveremo in questa sede giacché nessuno dei nostri pazienti inclusi nel nostro studio vi ha fatto ricorso.

In generale può essere utilizzata nei bambini solo dai 5 anni di età e in tutti i casi richiede la capacità da parte del paziente di premere il bottone per l’infusione al bisogno, oltre ad un’attenta sorveglianza.

2.2.2 Fentanyl.

Il Fentanyl è un oppioide sintetico, dotato di una potenza 100 volte superiore a quella della morfina. Altamente lipofilico, il Fentanyl attraversa rapidamente la BEE e può essere somministrato, oltre che per via endovenosa, anche per via nasale e per os.

2.2.3 Codeina.

La codeina è un pro-farmaco della morfina che deve essere usato con cautela, a causa della sua impredicibile farmacocinetica; per molti anni è stato considerato un farmaco sicuro, ed

(32)

è stato utilizzato nel trattamento del dolore medio/moderato in ambito pediatrico.

Tuttavia è stato scoperto che il suo metabolismo a morfina dipende dall’enzima CYP-2D6 (Fig. 9), assente in gran parte della popolazione pediatrica (29), in cui quindi l’azione analgesica non è garantita.

FIGURA 9. Tratta da (33)

Inoltre l’esistenza di varianti dell’enzima UDGT (Uridil Difosfato Glucuronil Transferasi) fa si che esistano diversi fenotipi di metabolizzatori: lento, intermedio, rapido e ultrarapido, responsabili dell’ampio ventaglio di osservazioni cliniche che è possibile osservare in seguito alla somministrazione di una dose standard di codeina.

In seguito all’osservazione della comparsa di effetti avversi gravi (con aumento della morbi-mortalità) in seguito alla somministrazione di codeina in bambini in cui lo stato di metabolizzatore rapido non era conosciuto, nel 2015 la Food and Drug Administration ha raccomandato cautela nell’uso della codeina in ambito pediatrico, suggerendo la somministrazione di altri farmaci nel trattamento del dolore post-tonsillectomia (30).

2.2.4 Tramadolo.

E’ un agonista debole dei recettori µ e deve parte della sua azione analgesica anche all’inibizione del re-uptake della noradrenalina e dell’adrenalina (che sono coinvolte nella trasmissione degli stimoli nocicettivi a livello del midollo spinale).

Il tramadolo viene metabolizzato dal CYP2D6 a O-desmetil-tramadolo, il quale ha un’affinità di 200 volte maggiore a quella del tramadolo per i recettori µ. Polimorfismi di tale enzima possono essere responsabili della variabilità dell’efficacia analgesica del farmaco.

(33)

2.2.5 Ossicodone.

E’ un oppioide dal sapore gradevole, contrariamente alla morfina. Nei bambini in cui un accesso venoso non sia disponibile, o sia andato perso, l’ossicodone si presenta come un farmaco di prima scelta per la somministrazione per bocca; di fatto può essere utilizzato per la transizione da PCA (endovenosa) al trattamento per os.

2.4 Effetti avversi degli oppioidi.

La distribuzione dei recettori µ nell’organismo è ampia nell’organismo; per tale motivo oltre agli effetti farmacologici desiderati, i farmaci oppioidi possono causare degli effetti avversi, che giustificano un’attenta monitorizzazione del paziente in seguito alla loro somministrazione. Tra i principali effetti avversi degli oppioidi troviamo:

• Depressione respiratoria; • Sedazione;

• Nausea e vomito;

• Inibizione della motilità gastrointestinale; • Ritenzione urinaria.

Tali effetti sono comuni a tutti gli oppioidi, ma ognuno di essi può avere, inoltre, effetti avversi propri (Tabella 5). Ad esempio la morfina, uno degli oppioidi maggiormente utilizzati nel trattamento del dolore nel periodo postoperatorio, può provocare rilascio di istamina che si associa a prurito e vasodilatazione, con possibile comparsa di ipotensione. (31)

La depressione respiratoria e la sedazione rappresentano gli effetti avversi più temibili degli oppioidi.

Se classicamente l’overdose da oppioidi si manifesta con diminuzione della frequenza respiratoria, in alcuni pazienti il respiro potrebbe farsi solo più superficiale, e quindi anche una frequenza respiratoria aumentata può essere un segno di overdose;

Nel periodo postoperatorio la sedazione potrebbe anche essere il risultato di un effetto residuo dell’anestesia. In tal caso le pupille a capocchia di spillo sono particolarmente utili a livello clinico per distinguere la sedazione da anestesia dall’overdose di farmaci oppioidi (1).

Per quanto riguarda la nausea e il vomito, la loro incidenza varia in base al tipo di farmaco utilizzato, ed è dipendente dalla dose del farmaco: % significativamente più basse di pazienti vanno incontro a nausea e vomito quando si usa il fentanyl piuttosto che la morfina

(34)

o il tramadolo. Studi effettuati su popolazioni di bambini sottoposti a interventi di tonsillectomie hanno concluso che per dosi superiori a 0,1 mg/kg di morfina il vomito si presenta nel 50% dei pazienti, mentre con le dosi normali di fentanyl (circa 1 µg/kg) molto raramente si verifica vomito (32) (33).

L’effetto degli oppioidi sui recettori µ e k può essere antagonizzato dal naloxone, antidoto specifico per tali farmaci, che spiazza il loro legame ai recettori impedendone l’azione. Piccole dosi di 2-5 microg/kg riportano la depressione respiratoria immediatamente; poiché la durata d’azione del naloxone è breve rispetto a quella degli oppioidi, in caso di overdose di oppioidi occorre continuare a monitorizzare il paziente, e ripetere l’iniezione se necessario.

TABELLA 5. Farmaci utilizzarti per interventi di chirurgia maggiore: oppioidi. (28)(32)

Farmaco Dosi Effetti avversi Vantaggi Svantaggi Morfina 0,05-0,1mg/kg IV:

7-10 min PCA**/infusione continua a 10-40 µg/kg/h

Effetti avversi comuni a tutti gli oppioidi: depressione respiratoria, sedazione, miosi, nausea e vomito, stipsi e ileo Liberazione di istamina che può causare

potenzialmente può portare a vasodilatazione Analgesia Euforia Dipendenza Idromorfina 0,005-0,015 mg/Kg IV: 4 ore

Simili a quelli della morfina Più potente della morfina; ha una durata d’azione maggiore Può causare ipotensione Ossicodone 0,1-0,2 mg/kg VO,

IV, IM, VSl ogni 6 ore

Comuni a tutti gli oppioidi Può essere utilizzato nei bambini per la transizione da PCA ad analgesici orali -

Tramadolo 1-2 mg/kg IV Comuni a tutti gli oppioidi Impiegato in bambini con OSAS - Fentanyl 0,15-0,25µg/kg PCA ogni 5-10 min

Comuni a tutti gli oppioidi E’ altamente lipofilico e attraversa facilmente la BEE. E’ 100 volte più potente della morfina Dosi > a 5 µg/kg possono causare rigidità della parete toracica ** PCA (Patient Controled Analgesia): è un tipo di analgesia controllata dal paziente; nei bambini può essere impiegata a partire dai 5 anni di età.

Farmaci adiuvanti, come la ketamina, la clonidina, la gabapentina e la pregabalina sono impiegati soprattutto nel controllo del dolore neuropatico o dovuto a tumori.

(35)

3. Analgesia preventiva.

L’analgesia preventiva è un trattamento che, somministrato prima della procedura chirurgica, ha lo scopo di ridurre le conseguenze sul sistema nervoso centrale dovute alla trasmissione dello stimolo nocicettivo.

Agendo mediante un effetto “protettivo” sulle vie del dolore ha il potenziale per essere più efficace di un medesimo trattamento somministrato dopo la chirurgia.

I suoi risultati possono esprimersi sia in termini di riduzione del dolore postoperatorio immediato, sia in termini di prevenzione dello sviluppo del dolore cronico postoperatorio, altro grande capitolo della terapia del dolore che è stato estesamente studiato in ortopedia per l’importanza che riveste in seguito ad amputazioni (es. sindrome dell’arto fantasma ) (34)

L’approccio preventivo mira a bloccare la trasmissione degli input provenienti dai nocicettori primari durante il periodo peri-operatorio; l’anestesia generale può, infatti, attenuare tali input, ma non blocca completamente la trasmissione sinaptica degli stimoli che dalla periferia giungono al midollo spinale, e da questo ai centri nervosi superiori. Il fatto che il paziente sia incosciente durante l’anestesia generale non evita infatti che i processi che portano alla sensibilizzazione del SNC si instaurino durante l’intervento chirurgico (35).

La possibilità che si instauri una sensibilizzazione a livello centrale dipende dall’entità del danno tissutale: quando i nocicettori vengono attivati in assenza di un significativo danno tissutale, alla scomparsa dello stimolo nocicettivo scompare anche il dolore, senza lasciare tracce sulle vie del dolore.

Quando invece gli stimoli nocicettivi sono associati con un considerevole danno tissutale, una cascata di alterazioni, sia periferiche che centrali, si verifica sulle vie del dolore. A livello periferico il danno tissutale si associa al rilascio di sostanze algogene (prostaglandine, sostanza P, serotonina, bradichinina), che portano alla sensibilizzazione periferica, ovvero un’alterazione della trasduzione del segnale che si associa alla conduzione di impulsi nocicettivi al sistema nervoso centrale.

I segnali comunemente trasportati dalle fibre Aδ e C risultano amplificati (iperalgesia), e l’attività delle fibre A β si trasforma di modo che la normale sensazione del tatto viene ora interpretata come sensazione dolorosa da parte dei neuroni WDR (allodinia).(34)

Tali processi possono associarsi ad una amplificazione del dolore e ad un suo prolungamento nel periodo postoperatorio.

(36)

L’efficacia clinica dell’analgesia preventiva è controversa; sebbene molti studi clinici in doppio cieco siano stati effettuati allo scopo di valutare o meno l’utilità di tale tecnica, non è stato osservato nessun miglioramento significativo sul controllo del dolore quando i farmaci comunemente utilizzati, ovvero oppioidi e FANS sono somministrati prima dell’incisione chirurgica piuttosto che successivamente.

Farmaci come la ketamina, il dextrometorfano (classe degli antagonisti del recettore NMDA) e la gabapentina hanno invece dimostrato promettenti effetti anti-iperalgesici (34)(36).

4. Monitoraggio intraoperatorio dell’analgesia.

L’analgesia costituisce, insieme all’ipnosi e al rilassamento muscolare, uno dei tre cardini dell’anestesia, che può essere definito come uno stato reversibile di incoscienza indotto da farmaci.

Il monitoraggio dell’analgesia nel paziente sottoposto ad Anestesia Generale rappresenta una grande sfida in ambito anestetico, giacché mentre in uno stato di veglia il paziente può nella maggior parte dei casi comunicare la sensazione dolorosa, non ci sono degli indicatori diretti della nocicezione quando il paziente è sotto l’effetto dell’anestesia.

Uno dei metodi che si possono impiegare per valutare lo stato analgesico in sede intraoperatoria è valutare la dose di farmaci analgesici (es. Fentanyl) necessaria a mantenere livelli normali di frequenza cardiaca e pressione arteriosa.

Farmaci a rapida insorgenza d’azione sono usati per l’induzione e il mantenimento dell’anestesia; tuttavia le richieste di oppioidi mostrano una significativa variabilità inter-individuale, giaccé gli effetti dei farmaci dipendono da una serie di fattori farmacologici e correlati al paziente (Fig. 10).

Durante l’intervento l’anestesista deve adattare gli analgesici al paziente, con il fine di evitare pericolosi sovra- o sotto-dosaggi.

(37)

FIGURA 10. Relazione dose-risposta per i farmaci oppioidi. Un bilancio corretto

nocicezione-antinocicezione dipende dalla variabilità inter-individuale della relazione dose-risposta, indicata dalle linee tratteggiate.

Numerosi mezzi sono stati proposti per la valutazione dell’analgesia in sede intraoperatoria: dalla pletismografia alla misurazione del diametro pupillare, dalla variabilità della frequenza cardiaca alla valutazione dell’EEG e dell’elettromiografia (EMG) frontali (37). In generale è stato osservato che quando si combinano più fonti d’informazione, il monitoraggio dei livelli di nocicezione durante l’anestesia migliora rispetto a quando si usa una sola variabile (38). Anche se numerosi studi sono stati effettuati per predire lo stato analgesico, gli indici e i modelli che sono stati proposti devono ancora essere confermati.

Poiché stimolo doloroso si associa a varie reazioni autonomiche, ad esempio la tachicardia, l’ipertensione, l’aumento della sudorazione e la lacrimazione, tali parametri possono essere usati a livello clinico per una rapida valutazione dello stato analgesico.

A tal proposito Evans ha proposto uno score (Tabella 6) con l’obiettivo di rendere oggettivabili queste variabili e di standardizzarne il loro uso.

Come si può notare dalle variazioni della pressione sistolica e della frequenza cardiaca riportate nello score di Evans, non sempre uno stimolo nocicettivo provoca la stimolazione del sistema simpatico, essendo in alcuni casi possibile l’attivazione del sistema parasimpatico, che si associa a risposte opposte (in tal caso una diminuzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sistolica).

(38)

Tabella 6. Score di Evans per la valutazione intraoperatoria dell’analgesia (6).

Variabile Valore della variabile Punteggio

Pressione arteriosa sistolica (mmHg) < controllo + 15 < controllo + 30 > controllo + 30

0 1 2 Frequenza cardiaca (bpm) < controllo + 15

< controllo + 30 > controllo + 30 0 1 2 Sudorazione Nessuna

Pelle umida al tatto Sudorazione visibile

0 1 2

Lacrimazione Lacrime assenti

Eccesso di lacrime a occhi aperti

Lacrime che scorrono attraverso gli occhi chiusi 0 1 2

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