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La responsabilita dei motori di ricerca

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo Classe n. LM-77 Scienze economico-aziendali

TESI DI LAUREA

La responsabilità dei motori di ricerca

Laureanda:

Adriana Santaera

Relatore:

Prof.ssa Dianora Poletti

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1

INDICE

INTRODUZIONE 4

CAPITOLO 1

Il ruolo dei motori di ricerca nell’era digitale

1.1 Il ruolo di internet nell’era digitale 8

1.2 I motori di ricerca nel contesto degli ISP 13

1.3 Evoluzione giuridica dell’Internet Service Provider 21

1.4 Qualificazione giuridica dei motori di ricerca 26

CAPITOLO 2

Individuazione dei profili di responsabilità degli Internet Service

Provider

2.1 La Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE 31

2.2 Varie tipologie di responsabilità 34

2.2 1 La disciplina riguardante il prestatore di semplice trasporto 34

2.2.2 La responsabilità del prestatore dei servizi per l’attività di caching 35

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2

2.2.4 Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza 37

2.3 Il recepimento della Direttiva in Italia: il Decreto legislativo 70/2003 39

2.4 Le diverse tipologie di responsabilità 42

2.4.1 Responsabilità nell’attività di semplice trasporto 42

2.4.2 Responsabilità nell’attività di memorizzazione automatica e intermedia 45

2.4.3 Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazione 49

2.4.4 Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza nell’ordinamento italiano 53

CAPITOLO 3

La giurisprudenza italiana e comunitaria sulla responsabilità dei

motori di ricerca

3.1 Nodi giurisprudenziali da sciogliere 56

3.2 Caso Google vs Vivi Down 57

3.2.1 La decisione del Tribunale di Milano 58

3.2.2 Le motivazioni della Corte di Appello 62

3.2.3 Il ricorso in Cassazione: la definitiva assoluzione di Google 64

3.3 Caso Google France vs Louis Vuitton Malletier 66

3.3.1 La decisione della Corte di Giustizia 67

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3

3.4.1 Le motivazioni del Tribunale di Milano 72

3.4.2 La sentenza di Appello 74

3.5 Caso Google Spain 76

3.5.1 La decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 78

3.5.2 Diritto all’oblio: la prima pronuncia del tribunale italiano 85

3.5.3 Gli effetti della sentenza della CGDE 86

CONCLUSIONI 91

Bibliografia 95

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4

INTRODUZIONE

Negli ultimi anni si è assistito ad un costante sviluppo di Internet.

Il mondo del Web è diventato ormai parte integrante della vita delle persone, che con Internet hanno cambiato il proprio modo di comunicare, di lavorare, di informarsi e di compiere ricerche.

L’evoluzione della Rete e l’incremento dei servizi offerti dai provider hanno inevitabilmente dato luogo ad un vivace dibattito, tra cui il ruolo e la responsabilità dei motori di ricerca per gli illeciti commessi da terzi per mezzo delle loro piattaforme informatiche.

Il motore di ricerca è un software che permette di reperire una serie di informazioni in un database online, a seguito di una richiesta da parte dell’utente.

Digitando semplicemente una parola chiave nella barra di ricerca, il motore permette di aprire una serie di collegamenti ad altri dati, siti, articoli, immagini o video, inerenti al campo di quello che si sta ricercando.

Questa operazione avviene attraverso un procedimento automatico e non selettivo o volontario, tramite quindi l’utilizzazione di programmi dedicati.

Se questo da un lato, come facilmente si può intuire, ha consentito agli utenti di poter usufruire ed accedere a un materiale vastissimo di informazioni, dall’altro è altrettanto intuitivo che si siano creati numerosissimi casi in cui il rischio di commettere un illecito è molto probabile.

I motori di ricerca sono infatti spesso indicati come i principali indiziati per eventuali illeciti commessi dagli utenti tramite le proprie piattaforme.

Avere nei propri database una infinità di dati in continuo aggiornamento, aumenta la possibilità di poter incorrere in denunce o ricorsi da parte degli utenti, che potrebbero rilevare in alcuni dati, file, video o documenti di qualsivoglia genere, un pregiudizio lesivo dei propri diritti fondamentali.

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5

Talvolta una informazione personale o anche solo la comparsa di un nome legato ad un dato non più attuale, inerente ad un soggetto, sono motivo sufficiente per aprire un contenzioso.

L’ analisi verterà proprio su questo tema, cercando di mettere in luce il ruolo e la responsabilità che hanno assunto i motori di ricerca, prendendo in esame la Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE e il D.lgs. n. 70/2003.

Se si analizza la Direttiva Europea sul Commercio elettronico n. 31/2000, si evince infatti che il motore di ricerca non ha una disciplina ad hoc, ma rientra nella definizione del provider, ossia la persona fisica o giuridica che presta dei servizi nel web, svolgendo il ruolo di intermediazione con gli utenti.

Questa tesi è confermata dalla giurisprudenza, che ha ripreso quanto sostenuto da parte della dottrina, asserendo che per poter costruire una adeguata figura giuridica per il motore di ricerca, occorre ricondurre la sua attività a quella disciplinata per gli Internet Service Providers, applicando quindi i relativi criteri di responsabilità in via analogica.

Le difficoltà nell'individuazione degli autori delle violazioni on line, che agiscono nell'anonimato ha indotto pertanto la gran parte della giurisprudenza dei paesi europei, in assenza di un preciso quadro normativo, a far pesare sui providers una responsabilità sempre più gravosa.

In un primo momento definiremo quindi i soggetti della Rete, cioè gli Internet Service Provider, analizzandoli in base al ruolo che essi svolgono nel processo di trasmissione e diffusione delle informazioni, convenzionalmente distinti in tre tipologie: gli access provider (fornitore di accesso), i content provider (fornitore di servizi) e gli host provider (fornitore di contenuti), definizione comunque nei fatti ormai superata.

Infatti, con l’arricchimento delle modalità di funzionamento della Rete e nello specifico dei servizi prestati dagli operatori, la linea di confine tra questi modelli si è fatta meno netta nel corso del tempo, rappresentando un mero riferimento non esaustivo per differenziare i providers che in realtà svolgono varie, se non tutte, queste tipologie di attività.

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6

In seguito, dopo aver analizzato l’evoluzione giuridica degli Internet Service Provider, esamineremo nel dettaglio la disciplina della responsabilità dei provider in forza delle norme vigenti.

Sempre la Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE, recepita in Italia con il Decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70, prevede regole uniformi per il commercio elettronico ed in particolare si propone di fornire regole comuni, volte a regolare taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, con l’obiettivo di superare le divergenze normative degli Stati membri che ostacolano il buon funzionamento del mercato interno.

Il legislatore comunitario ha quindi introdotto, nella sezione 4 della Direttiva, una disciplina generale sulla responsabilità dei provider, distinguendoli in tre tipologie, che differenziano le condizioni di responsabilità in base al ruolo effettivamente svolto nel contesto dell’illecito: attività di semplice trasporto (mere conduit), attività di memorizzazione temporanea ed automatica delle informazioni (caching provider) e memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario di servizio (hosting provider).

Norma fondamentale, comune alle tre tipologie di attività, è rappresentata dall’art. 17 del D.lgs. n. 70/2003 e dall’ art 14 della Direttiva 2000/31/CE che stabilisce il principio dell’assenza dell’obbligo generale di sorveglianza in capo al provider per le informazioni trasmesse dagli utenti tramite la propria piattaforma, nonché l'inesistenza di un obbligo preventivo di ricercare i fatti o le circostanze che indichino la presenza di attività illecite.

Nella parte finale di questo lavoro ci soffermeremo sulle pronunce giurisprudenziali italiane ed europee più esemplificative, al fine di verificare quale posizione abbia assunto la giurisprudenza in merito alla responsabilità dei motori di ricerca.

Questo processo normativo, come vedremo, sarà molto articolato ed avremo modo di apprezzare gli sforzi della giurisprudenza, tesi ad adeguare un dato normativo apparso sin da subito inadeguato al contesto evolutivo della Rete, al fine di capire se la scelta tra imputazione o esonero della responsabilità in capo ai motori di

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7

ricerca, sia stata già chiarita o se al contrario, si renda ancora necessario un ulteriore intervento legislativo.

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8

CAPITOLO 1

Il ruolo dei motori di ricerca nell’era digitale

1.1 Il ruolo di internet nell’era digitale

La digitalizzazione e l’avvento di Internet1 hanno pervaso e rivoluzionato in

maniera irreversibile la nostra quotidianità.

La realtà virtuale consente oggi di ottenere e scambiare informazioni in tempo

reale, ad una velocità inaudita. Per meglio comprendere la portata rivoluzionaria della Rete, si consideri come sia

cambiato nel tempo il ruolo della ‘carta stampata’: mentre, fino a pochi decenni fa, i giornali rappresentavano il primo strumento di diffusione delle informazioni, oggi la stampa è stata ampiamente soppiantata dalla diffusione dei siti internet. Tali informazioni, in particolare, conferiscono alla rete2 una duplice accezione:

quella di ‘mercato’, laddove le informazioni vengono intese come puro oggetto di scambio, alla stregua di tanti altri beni commerciali, e quello di ‘piazza virtuale’, dove ad essere predominanti sono idee e riflessioni.

Si pensi, a tal proposito, alla centralità assunta dai social network nella condivisione di informazioni attinenti ai campi più vari (sport, musica, politica,

cultura).

1 Internet nasce il 2 settembre 1969 in California per un progetto militare. Il 30 aprile 1986 l’Italia

si collegava per la prima volta ad Internet. Internet, ha origine in Pisa, Via Santa Maria, nel CNUCE, istituto del CNR.

2 Oggi Internet ha superato la soglia dei due miliardi di utenti e quasi la metà degli internauti è

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9

L’evoluzione della Rete3 e le opportunità che essa offre hanno favorito la

diffusione delle informazioni, con innumerevoli benefici per gli utenti.

È’ altresì vero, tuttavia, che la stessa flessibilità della Rete rappresenta molto spesso occasione di illeciti. Inoltre, l’assenza di opportuni organi con compiti ben definiti, non consente molto spesso di individuarne gli autori e definire le responsabilità.

Se da una parte l’art. 21 della Costituzione tutela la libertà di pensiero (“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”), dall’altra parte occorre garantire la difesa dei diritti fondamentali.

All’interno della rete infatti, è possibile moltiplicare a dismisura le possibilità di lesione di posizioni giuridiche altrui.

Dal momento che la Rete viene spesso percepita come una zona grigia, alla quale di fatto non è possibile applicare le medesime regole del mondo reale, l’arduo compito del legislatore è quello di bilanciare le due anime del dibattito (appunto, il diritto alla libertà di espressione e quello a non vedersi ledere i diritti fondamentali).

Punto di riferimento è la Direttiva europea dell’8 giugno del 2000, “Direttiva sul commercio elettronico4”, 2000/31/CE, che disciplina la responsabilità dei Internet

Service Provider.

Il provider viene comunemente definito come “il soggetto che esercita un’attività imprenditoriale di prestatore di servizi della società dell’informazione offrendo

3 Se per tutti gli anni Novanta si parla di web 1.0, con siti statici, che consentono solo la

navigazione tra le pagine, l’utilizzo delle mail e dei motori di ricerca, con il nuovo secolo si arriva al web 2.0, che dà spazio a una crescente interazione con l’utente. È il momento di blog, forum,

piattaforme come YouTube e Flickr e social network come Facebook e Twitter. Già dal 2006/2007 si parla, poi, di un’ulteriore fase dello sviluppo della Rete, ribattezzata web

3.0, espressione che abbraccia i concetti di web semantico, web 3D e la cosiddetta “era digitale”

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10

servizi di connessione, trasmissione e immagazzinamento dei dati, ospitando un sito sulle proprie apparecchiature”5.

Il provider, fondamentale per il funzionamento della Rete, svolge un’attività di intermediazione fra gli utenti, permettendo lo scambio di idee, informazioni, dati

e beni di ogni tipo. È possibile ottenere una classificazione dei provider in funzione del ruolo svolto

all’interno di tale intermediazione.

Sebbene i provider, ad oggi, offrano numerosissimi servizi, convenzionalmente si distinguono

- access provider - content provider - host provider.

L’access provider6 rappresenta letteralmente il “fornitore di accesso”, in quanto

mette materialmente a disposizione degli utenti un punto d’accesso alla rete attraverso modem o connessioni dedicate.

Il content provider7 è il “fornitore di contenuto”, ovvero dei contenuti del sito Internet, quali immagini, testi e video.

5 M. Gabbano, La tutela del consumatore: clausole vessatorie, commercio elettronico, e codice del consumo, in http://www.ebook.it

6 Gli access provider si distinguono di primo livello, che garantiscono un accesso diretto alla rete

e di secondo livello che, invece, consentono un accesso mediato ad internet attraverso il collegamento ad altri provider: N. De Luca – E. Tucci, Il caso Google/Vivi Down e la responsabilità dell'internet service provider. Una materia che esige chiarezza, in Giur. comm., 2011, p. 1215 e ss.

7 Il content provider avendo partecipato alla realizzazione e all'immissione in rete dei contenuti

è responsabile degli stessi, in via autonoma, quando questi ultimi sono esclusivamente da lui predisposti, unitamente all'utilizzatore quando è quest'ultimo a fornire i materiali: De Luca-Tucci, op. cit., p. 1215 e ss.

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L’host provider8, infine, è il “fornitore di ospitalità”, ossia fornisce ospitalità ai

content provider, mettendo a disposizione degli utenti una parte del proprio server per diversi scopi, come l’apertura di un sito web9.

Tale distinzione assume una sicura rilevanza ai fini della definizione della responsabilità dei providers.

In funzione del grado di coinvolgimento e responsabilità nell’inserimento di determinate informazioni in un sito Internet, è possibile osservare come: - l’access provider presenti un grado di coinvolgimento pressoché nullo, in quanto “il rapporto con l’informazione si esaurisce nel momento stesso della veicolazione di questa”;

- l’host provider ha il maggior grado di coinvolgimento poiché “conserva per diverso tempo le informazioni ed, in particolare, ha il potere di intervenire su di esse da quando vengono immesse sul server, fino al momento in cui vengono cancellate”.

Queste due tipologie sono espressamente contemplate dal D.lgs. 9 aprile 2003, n. 70, che ha delineato tre tipologie di operatori internet ai quali corrispondono tre profili diversi di “irresponsabilità articolata”.

La responsabilità del content provider viene mantenuta distinta rispetto ai due casi precedenti poiché esso è civilmente e penalmente responsabile per tutte le violazioni che avvengono su pagine web da lui in prima persona curate e gestite10.

Ciò si spiega se si considera che il grado di coinvolgimento, in relazione ai contenuti immessi, è massimo.

8 Proprio per il particolare rapporto intercorrente tra content e host provider si è sostenuta la

tesi che il contratto stipulato dall’utente sarebbe un contratto di locazione di uno spazio telematico, anche se resta preferibile l'inquadramento di tale rapporto quale contratto di appalto di servizi, alla luce della prevalenza del servizio reso rispetto alla mera “location” dello spazio. L'hosting provider oltre a mettere a disposizione degli utilizzatori spazio web, offre loro servizi accessori quali la registrazione del nome di dominio, l'assistenza tecnica, il backup automatico, l'upload di pagine web e contenuti multimediali. G. Cassano – I. P. Cimino, Diritto dell'internet e delle nuove tecnologie telematiche, Padova, 2009, p. 520.

9 F. Camilletti, La responsabilità civile del provider, in Nomi di dominio, marchi e copyright,

Milano, 2005, p. 237.

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Il content provider, infatti, è l’autore dei contenuti, conserva il pieno controllo su questi dal momento della loro creazione e risponde direttamente per eventuali illeciti perpetrati con la diffusione dei medesimi secondo le regole di imputazione per fatto proprio.

Tra gli illeciti più diffusi ricordiamo la diffamazione attraverso internet, la violazione dei dati personali, la contraffazione, la concorrenza sleale o la violazione della normativa in materia di protezione dei dati del consumatore. Il tema della responsabilità del provider non riguarda tanto i casi in cui la condotta illecita sia direttamente messa in atto da esso, bensì tutti quei casi in cui esso abbia offerto un servizio che è stato utilizzato dall’utente come mezzo per porre in essere la condotta antigiuridica.

Il punto centrale dell’analisi non riguarda, quindi, la responsabilità per fatto proprio del provider, ma la responsabilità per fatto altrui o per aver omesso di vigilare sulla condotta dei propri utenti11.

La scelta dei criteri di definizione della responsabilità in capo ai provides ha generato pareri contrastanti.

Secondo una prima argomentazione, adottare un criterio poco rigido produrrebbe il cosiddetto effetto di “underdeterrence”: ovvero, i providers sarebbero certi della loro impunità e non si sforzerebbero minimamente di esercitare un controllo sulle attività degli utenti.

Secondo una tesi opposta, invece, adottare un regime di responsabilità particolarmente severo produrrebbe effetti di “overdeterrence”.

In tale situazione, i providers meno solidi economicamente non sarebbero in grado di sostenere i costi che derivano da un criterio di responsabilità molto rigido, e potrebbero abbandonare il mercato.

Tutto ciò, in ultima istanza, sfocerebbe in un oligopolio di operatori economicamente forti.

11 G. Cassano – I.P. Cimino, Il nuovo regime di responsabilità dei provider: verso la creazione di un novello “censore telematico”, in Contratti, 2004, p. 90 e ss.

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Ed infatti, se per un verso è necessario tutelare i soggetti che subiscono lesioni di propri diritti, per un altro, non bisogna penalizzare eccessivamente il web nella sua interezza.

Adottare misure non ponderate sulla base dei poteri effettivamente attribuiti ai providers potrebbe determinare importanti ricadute negative sullo sviluppo del commercio elettronico, mettendo così un significativo freno ai protagonisti della Rete e di fatto privandola del suo scopo originario.

Come sottolineato in apertura, Internet “non è solo uno strumento di scambio di beni aventi rilevanza economica, ma anche un cosiddetto marketplace of ideas dove gli utenti possono confrontarsi ed esercitare i propri diritti fondamentali, come manifestare il proprio pensiero o presentare le proprie idee”12.

1.2 I motori di ricerca nel contesto degli ISP

La definizione di Internet Service Provider viene comunemente utilizzata con riferimento al “fornitore di servizi su internet”, o ancora a “una struttura commerciale o un'organizzazione che offre la fornitura di servizi Internet, i principali dei quali sono l'accesso a Internet e la posta elettronica agli utenti, dietro la stipulazione di un contratto di fornitura”13.

Il ruolo degli Internet Service Providers è fondamentale per il funzionamento di Internet, inteso come rete sociale, in quanto si pone collegamento fra l’operatore

12 Definizione di: M. De Cata, La responsabilità civile dell’internet service provider, Milano ,2010,

p. XIV.

13 F. Delfini, La responsabilità dei prestatori intermediari nella direttiva 2000/31/CE e nel D. lgs. 70/2003, in Rivista di diritto privato, 2004, p. 55.

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delle comunicazioni e gli utenti ed offre quei servizi necessari allo svolgimento di

tutte le funzioni proprie di Internet. Il provider fornisce nella rete svariati servizi: oltre alla connessione, offre servizi

come i motori di ricerca, la posta elettronica, la possibilità di fruire dei siti web, i blog, le chat line, le newsgroup, i bullettin board system (BBS) e i file transfer protocol (FTP).

Il servizio di posta elettronica14, per definire il quale si impiega comunemente il termine di e-mail, consiste nella concessione di una parte della memoria del server del provider all’utente così che esso possa ricevere o inviare messaggi di posta

elettronica. Il sito web15 invece consta di uno spazio virtuale che viene ospitato sul server del

provider nel quale l’utente può immettere dati ed informazioni di diverso genere. Si tratta di una raccolta di pagine HTML, memorizzate in un server, a cui è possibile accedere con un indirizzo URL.

E’ solitamente strutturato in diverse pagine web e sempre da una homepage, le

quali sono connessi da collegamenti ipertestuali appositi. Il blog è una sorta di giornale telematico strutturato in ordine cronologico ed è

caratterizzato dalla facilità tecnica di utilizzo.

Può fornire link ad altri blog e, spesso, la possibilità di commentare i contenuti presenti. I blog sono un ottimo strumento per l’informazione ma, per contro, possono rivelarsi terreno fertile per la commissione di illeciti, primi fra tutti le violazioni della privacy e la diffamazione, che possono essere commessi, non solo dagli autori, ma in particolare dagli utenti che in esso interagiscono e che spesso

14 La posta elettronica è uno dei servizi più utilizzati e diffusi di Internet che permette di inviare

dei messaggi sotto forma di file. Per utilizzare la posta elettronica è necessario avere un accesso ad Internet nonché un account su un server di messaggeria assimilabile alla casella postale nella quale si colloca la posta che si intende spedire. Per evitare che chiunque possa vedere la vostra posta, questa è protetta da un login e da una password, consultabile sul sito: http://it.ccm.net/contents/645-posta-elettronica.

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15

sono anonimi o nascondono la propria identità tramite nickname. Il file transfer protocol (FTP) consente il trasferimento di files fra computer

collegati ad Internet e di accedere ai contenuti di altri computer, copiarli o crearne di nuovi, purché muniti di appositi permessi. Particolarmente importante è la possibilità di accedere ai database online.

Il newsgroup, detto anche forum, è un servizio che offre la possibilità di

organizzare conferenze elettroniche sul web, leggendo e pubblicando contenuti. Si tratta di quindi, di gruppi di informazione e di colloquio fra soggetti aventi

medesimi interessi, in uno spazio della rete concesso dal provider sul proprio

server.

La chat line è un servizio che permette agli utenti di comunicare in tempo reale mediante appositi software. Differisce dal servizio di posta elettronica, proprio poiché i messaggi appaiono contestualmente e direttamente e consentono agli utenti di dialogare istantaneamente.

Il Bulletin Board Systems (BBS) è una sorta di “bacheca” elettronica che in origine era utilizzata per comunicare all’ interno di reti Internet ma, con la diffusione di internet, si è trasformata in una banca dati aperta. L’accesso è, di regola, libero e gli utenti possono inviare informazioni o scaricarne altre precedentemente

immesse da altri utenti. I motori di ricerca permettono la ricerca dell’informazione nel web da parte degli

utenti. In seguito ad una ricerca, riportano ad un elenco di risultati spesso definito

come SERP16.

L’informazione può essere costituita da pagine web, immagini, video, notizie, maps e altri tipi di file.

16 La locuzione inglese Search Engine Results Page (acronimo SERP) significa "pagina dei risultati

del motore di ricerca". Ogni qualvolta un utente effettua una ricerca con un motore, infatti, ottiene come risposta un elenco ordinato di risultati, consultabile sul sito: http://www.exducocomunicazione.it/glossario/serp.

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16

Alcuni possono anche estrarre dati disponibili in banche dati o elenchi aperti. I motori di ricerca usano diverse tecnologie per il loro funzionamento, tra le quali,

quelle maggiormente diffuse sono gli spiders e i metatags. Gli spiders17 consistono in software appositi che reperiscono esplorano ed

organizzano il World Wide Web, seguendo tutti i link che trovano in una pagina, e successivamente, provvedono ad una classificazione sintetica in modo tale da presentare un indice di risultati pertinenti con i criteri di ricerca immessi dall’utente.

Per consentire ad uno spider di trovare agevolmente tutte le pagine che compongono un sito web, bisogna fare in modo che da qualunque pagina del sito

sia possibile risalire, direttamente o indirettamente, a tutte le altre pagine. Gli spider non fanno caso alla grafica delle pagine ma focalizzano il loro lavoro di

analisi esclusivamente sul testo.

Questo significa che ogni immagine o animazione grafica (gif, jpeg o altro formato) viene ignorata e che gli unici contenuti su cui lo spider si basa per valutare il sito sono quelli testuali.

L'unico testo che lo spider potrà leggere sarà quello ASCII, contenuto nei tag del

codice HTML. Tramite la seconda tecnologia, invece, il motore cerca tutti i metatags che

corrispondono alle parole-chiave immesse dall’utente per la ricerca. I metatags si trovano nei siti, in quanto predisposti dai loro titolari e non

necessitano di una catalogazione preventiva. Il motore di ricerca viene “attratto” da tali etichette elettroniche, ne raccoglie le

informazioni e le mostra agli utenti.

Il lavoro dei motori di ricerca si basa sostanzialmente in tre fasi: scansione (o crawling), indicizzazione e ranking e creazione della SERP.

17 Tutti i maggiori motori di ricerca ne hanno almeno uno. Sono anche noti con i nomi di crawler

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Il primo momento fondamentale per il motore di ricerca è il lavoro di scansione degli spider18,chiamati anche crawler o robot. Quando lo spider scansiona un documento, la pagina si presenta essenzialmente nel suo codice HTML19.

Qui si concentra su alcune parti specifiche: il <title> di una pagina, la meta description, elementi come le ancore dei link, gli alt text delle immagini, le parti in grassetto o in corsivo del testo.

Tra questi elementi va alla ricerca di parole chiave ricorrenti e rilevanti che saranno utili nella fase di indicizzazione.

Il lavoro di scansione dello spider serve a raccogliere i documenti (pagine, immagini, video) e portarli all'interno di un immenso database, che andrà a formare gli indici.

I documenti raccolti dallo spider rappresentano pertanto delle copie cache del

documento originale. L'indicizzazione è quindi una fase fondamentale che consente di mettere ordine in

questa quantità gigantesca di documenti Web.

Questa operazione materialmente avviene tramite algoritmi specifici, che dividono le pagine per parole chiave, tematiche o categorie ed una serie di altri parametri che permettono subito una prima classificazione.

Possiamo immaginare questo indice come una sorta di immensa biblioteca ordinata in base ad una serie di criteri, a partire ovviamente dalle parole

chiave.

18 Si tratta di software appositi che esaminano i documenti Web e passano da una pagina all'altra

seguendo i link contenuti in esse.

19 L'HTML, acronimo di Hyper Text Markup Language, è un linguaggio di markup utilizzato per la

creazione di documenti destinati al web. La visualizzazione dei file HTML, chiamati pagine web, è affidata ad un browser che traduce il linguaggio HTML in contenuti consultabili dagli utenti. Tutti i siti web presenti su Internet sono costituiti da codice HTML, spesso miscelato a linguaggi di scripting lato client (come JavaScript) o linguaggi server side (come ASP o PHP) per aumentare l'interazione con l'utente, in http://www.rss-world.info/glossario/h/html.php.

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Questo significa che quando viene effettuata una ricerca, il motore di ricerca va a consultare i documenti non nel Web, ma all'interno dei propri database (all'interno della propria “biblioteca”) dove sono presenti le copie dei documenti, già scansionati e ordinati.

Questo rende il lavoro del motore di ricerca molto più rapido.

Ranking e creazione della SERP rappresentano la terza e ultima fase del lavoro dei motori di ricerca.

Quando viene effettuata una richiesta da parte dell'utente con la creazione di una query, il motore di ricerca tramite algoritmi sempre più raffinati preleva dagli indici i documenti più rilevanti (più vicini alla query) e li ordina in una sorta di classifica.

La classifica finale è la cosiddetta SERP, la pagina con i risultati del motore di ricerca visibile all'utente. Sempre con riferimento ai motori di ricerca occorre fare una distinzione con le directory o “cataloghi”.

Una directory contiene una raccolta di indirizzi di siti web, catalogati per tipologia dei contenuti, che sono stati espressamente selezionati da personale umano a differenza dei motori di ricerca che sono in grado di restituire informazioni in tempo reale eseguendo un algoritmo mediante un web crawler, detto anche spider

o robot, un apposito programma che esplora il Web in modo automatico e ordinato. In sintesi, i webmaster e i proprietari di siti web fanno richiesta per venire

catalogati e le directory accettano nel proprio archivio solo i siti web che

raggiungono un certo standard qualitativo. I motori di ricerca, invece, scandagliano continuamente l'intero WWW (World

Wide Web) e includono nel proprio archivio di indirizzi tutti i siti web che riescono ad individuare, a prescindere dalla qualità dei loro contenuti e indipendentemente dal fatto che i siti siano stati trovati per caso o siano stati proposti al motore di ricerca da un utente.

Per riuscire a consigliare agli utenti i siti web più ricchi di contenuti, i migliori motori di ricerca, come Google, hanno adottato delle tecniche per mezzo delle

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quali ad ogni sito archiviato viene attribuito un valore che rappresenta una sorta di "indice di qualità" del sito web.

In questo modo è possibile offrire all'utente una lista di siti ordinata in base all'indice di qualità dei siti elencati, partendo dal sito che presenta il valore più alto, per poter così subito fornire una scrematura e favorire l’utente.

Quanto appena detto ci porta a fare una prima importante considerazione: i siti web acquistano "corposità" agli occhi dei motori di ricerca solo se contengono buone quantità di testo, ovviamente in tema con gli argomenti trattati dal sito.

All'utente verranno infatti proposti soprattutto i siti più ricchi di testo20.

Dall’evoluzione del web, molte aziende per acquisire visibilità del marchio o del prodotto investono in pubblicità online: si tratta del keyword advertising ovvero,

della pubblicità in base a parole chiave sui motore di ricerca. Negli ultimi anni, molti ricorrono all’acquisto di collegamenti testuali risultanti

dalla digitazione di parole-chiave sui motori di ricerca.

Dopo aver digitato la parola chiave il motore di ricerca offre una serie di risultati che, per analogia alla stampa tradizionale, potremmo chiamare editoriali (in gergo web marketing).

Affiancati a questi risultati vengono pubblicati annunci di inserzionisti a pagamento, correlati alle parole ricercate.

Solitamente è lo stesso inserzionista che sceglie ogni singola parola chiave con cui desidera fare apparire l'annuncio.

20 Per avere un sito funzionante, quindi, risulta fondamentale fornire testi che rispettino le

richieste dei motori di ricerca. Se un soggetto desidera che il suo sito deve essere attivamente presente su internet è necessario che esso sia inserito di fatto negli indici dei motori di ricerca, ed altrettanto fondamentale diventa il fatto che esso sia ben posizionato. Essere ben posizionati o risultare primi sulle pagine dei motori di ricerca significa dunque essere ben indicizzati: i parametri di indicizzazione attualmente sono tanti e sempre in evoluzione; fondamentalmente è però necessario che il sito sia qualitativamente ben fatto, in ogni suo aspetto, dalla struttura, al codice e ai contenuti, in http://www.edysma.com.

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Anche Google il più famoso tra i motori di ricerca, promuove questo tipo di pubblicità attraverso Google AdWords21.

Inoltre, è possibile monitorare quanti e chi dei visitatori concludono un'azione come ad esempio comprare su un sito di e-commerce o utilizzare il modulo contatto per chiedere informazioni.

L’evoluzione tecnologica dei motori di ricerca ha portato ad aumentare la possibilità di commettere illeciti nel web, in quanto è possibile, tramite i loro

servizi, compiere attività che possono ledere i diritti fondamentali dell’individuo. Risulta altrettanto arduo controllare tutti i file immessi in rete: basti pensare che

Google, il motore di ricerca più usato al mondo, viene contattato ogni 60 secondi per 2 milioni di richieste immesse nella sua maschera22.

Comprendere se e quando sia possibile imputare una responsabilità civile o/e penale agli Internet Service Provider, e per via analoga al motore di ricerca, nel momento in cui vengono compiuti violazioni sulla rete, rappresenta uno dei

problemi giuridici più significativi dell’attuale società digitale. Per comprendere quali sono le tendenze evolutive del momento, nel paragrafo

seguente ripercorreremo lo sviluppo legislativo e dottrinale sulla responsabilità degli Internet Service Provider.

21 Gli AdWords sono la principale fonte di guadagno e di successo dell'azienda Google Inc. (ormai

da anni tra le prime a livello internazionale) ed è proprio da questa considerazione che si può intuire l'incredibile efficacia di questo strumento pubblicitario, in http://www.siti-indicizzati.com.

22 Facebook pubblica 41mila post (messaggi di stato, condivisioni, immagini e così via) ogni

secondo, mentre ogni 60 si cliccano 1,8 milioni di “mi piace” e 350 GB di dati passano per i server. Sono 204 milioni le email spedite in media ogni minuto.

Anche i siti internet continuano a crescere, ne nascono infatti ogni minuto 571 nuovi, dai più grandi ai più piccoli.

Per quanto riguarda invece la registrazione dei domini presso i registri nazionali, ogni 60 secondi ne vengono approvati 70 nuovi. In tutto il mondo si caricano circa 72 ore di video su YouTube in ogni singolo minuto.

Amazon, sito mondiale di e-commerce, raccoglie ogni 60 secondi vendite per 83mila dollari, pari a circa 62mila euro. Mentre su Instagram, il social per la condivisione di immagini via cellulare, si pubblicano 3600 foto addirittura al secondo, e i dati ufficiali di Instagram stesso parlano di 8500 “ like” al secondo, consultabile sul sito: http://www.edinet.info/ediblog/cosa-accade-ogni-60-secondi-in-rete/.

(22)

21

1.3 Evoluzione giuridica dell’ Internet Service Provider

Internet è diventato una vera e propria icona per la nostra epoca.

Tuttavia, pur constatando l’importanza ormai imprescindibile di questo strumento, non è immune da alcune criticità.

Con l’aumento delle occasioni di connessione e condivisione, si è infatti progressivamente registrata una graduale crescita degli illeciti commessi dagli internauti.

Garantire sicurezza agli utenti e individuare i responsabili di condotte illecite è

divenuta una priorità, eppure spesso si registra una scarsa attività del legislatore. La ragione non va solo individuata nella cronica inefficienza del sistema, ma anche

nella obiettiva difficoltà di definire i punti cardine di una “figura giuridica” che è in continua evoluzione.

Tramite Internet, è possibile provocare consistenti danni ai soggetti, danni tutt’altro che virtuali.

Gli illeciti che possono avvenire tramite la rete, possono spaziare dalla violazione del diritto d’autore, quando i contenuti vengono riprodotti senza possederne le necessarie autorizzazioni, alla diffamazione, alla concorrenza sleale, alla violazione delle norme sulla pornografia minorile e sul buon costume, fino alla

violazione del diritto alla privacy o a quella sull’uso dei marchi. L’applicazione della normativa risulta comunque non semplice, perché tale mezzo

di comunicazione non permette appunto una facile reperibilità di alcune informazioni sui soggetti come la localizzazione e l’identificazione, stante la possibilità di conservare l’anonimato, cui si unisce anche la difficoltà di individuare il giudice competente.

Il provider che, come si è già detto, assume un ruolo fondamentale nell’uso della Rete, in caso di suoi comportamenti illeciti può incorrere in due tipologie di responsabilità: la responsabilità contrattuale, che deriva dal rapporto tra il

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22

provider e il suo cliente, cioè l’utente del servizio fornito e la responsabilità extracontrattuale, disciplinata dagli artt. 14-17 del Decreto Legislativo 70/2003, che deriva dagli illeciti che si verificano tramite le infrastrutture del provider. Nei casi di illecito extracontrattuale il fatto lesivo viene compiuto da un soggetto terzo rispetto al provider e ci si è a lungo domandati quale dovesse essere il ruolo ricoperto dal fornitore del servizio.

Prima dell'entrata in vigore della Direttiva 2000/31, in Italia, si erano susseguite diverse interpretazioni in relazione alla responsabilità imputabile agli Internet Service Provider.

La responsabilità a cui questi erano sottoposti, secondo una prima linea di pensiero, doveva rinvenirsi nella comune responsabilità civile e/o penale.

La responsabilità civile23 discende quando si crea un danno ingiusto ad un altro

soggetto, dal quale scaturirà l’obbligo del risarcimento qualora il soggetto danneggiato sia in grado di provare il danno, l'illiceità del comportamento e il rapporto di causa-effetto tra il comportamento e l’evento lesivo.

La responsabilità penale scaturisce quando l’atto illecito configura una fattispecie di reato e in questi casi, come prescrive l’art. 27 Cost., “la responsabilità penale è personale”.

In passato, in mancanza di una normativa ad hoc che riguardasse la responsabilità del provider per gli illeciti commessi tramite i servizi dello stesso forniti, l’Internet Service Provider avrebbe potuto incorrere in tre tipi di responsabilità24:

- l’ Internet Service Provider è l’autore dell’illecito (art. 2043 del Codice Civile); - l’Internet Service Provider ha una responsabilità di tipo concorsuale nell’illecito (art. 2055 del Codice Civile);

23 V. Roppo, Diritto privato, Linee essenziali, La responsabilità civile: funzioni e presupposti, 2013,

p. 508.

(24)

23

- l’ Internet Service Provider ha una responsabilità dovuta a negligenza, non avendo attuato gli opportuni controlli che avrebbero potuto impedire lo svolgimento dell’illecito (art. 2049 del Codice Civile).

Quando il provider era individuato come l’autore dell’illecito si riteneva di potere applicare i principi generali della responsabilità civile e precisamente dell'art. 2043 del codice civile, in base al quale “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Questo tipo di responsabilità presuppone che il provider sia l’autore dell’illecito, come tale responsabile per le informazioni che trasmette al pubblico tramite la rete. Tutt’altro che scontata è la responsabilità negli altri due casi, quando l’Internet Service Provider ha una responsabilità di tipo concorsuale nell’illecito o una responsabilità dovuta a negligenza, non avendo attuato gli opportuni controlli che avrebbero potuto impedire lo svolgimento dell’illecito, ovvero nel caso in cui l’access provider, l’host provider e il cache provider, venivano chiamati a rispondere del fatto illecito altrui, posto in essere dall’utente tramite l’infrastruttura tecnologia dell’ISP.

In questi particolari casi si erano teorizzate altre due ipotesi.

Secondo una prima impostazione l’Internet Service Provider avrebbe potuto incorrere in una responsabilità di tipo concorsuale nell’illecito secondo l’art. 2055 del Codice Civile, il quale recita: “Se il fatto dannoso è imputabile a più persone25,

tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.

Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali”.

25 Si tratta del c.d. concorso di cause, che presuppone che l'illecito sia il frutto delle condotte,

(25)

24

Nell’ultima ipotesi, l’Internet Service Provider avrebbe potuto incorrere in una responsabilità per colpa per omesso controllo, che si verifica tutte le volte in cui il provider non impedisce l’evento illecito, poiché non controlla la liceità dei

contenuti immessi dall’esterno sul server da lui gestito. Una parte della dottrina sostiene che26, “la responsabilità del Provider è

indiscussa nella prima ipotesi, ossia quella in cui è il provider medesimo a porre in essere un illecito, tutt’altro che scontata è la responsabilità negli altri due casi. Non è detto che tecnicamente il Provider sia in grado di conoscere tutti i contenuti immessi dai propri utenti. In secondo luogo resta da definire quale sia la concreta possibilità del Provider di censurare il contenuto dei dati immessi dai propri utenti, in quanto potrebbe non avere l’autorità di eliminare qualcosa che non gli appartiene, visto che il contratto di tutela la proprietà intellettuale dell’utente finale.

Infine è necessario che vengano definiti, attraverso lo strumento legislativo, i caratteri di illiceità di un certo contenuto, in quanto tali requisiti non possono essere certo stabiliti dal Provider”.

Negli anni ’90, sia la dottrina che la giurisprudenza risposero a questo interrogativo facendo riferimento alla legge sulla stampa27, che attribuisce la responsabilità dei fatti lesivi non solo all’autore del fatto, ma anche al direttore del giornale, in virtù del ruolo ricoperto anche se questi non è l’autore del materiale del fatto lesivo. Secondo questa linea di pensiero il gestore di un sito web aveva l’obbligo di controllare i contenuti immessi in rete, con conseguente responsabilità in caso non fossero ritenuti legittimi.

26 Così si sono espressi diversi autori: F. Marin, La responsabilità del provider, consultabile sul

sito: www.diritto24.ilsole24ore.com; F. Cariglino - A. Benvegnù - F. Paruzzo, in Diritto dell’Internet, Torino, 2016, p. 131.

27 La legge sulla stampa (1948): se viene fatta una diffamazione via stampa non risponde solo

l'autore del fatto lesivo, ma anche il direttore del giornale. Alcuni giudici di merito erano arrivati ad applicare ai provider la normativa della legge sulla stampa.

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25

Infatti, nel caso di responsabilità civile e/o penale da parte del provider venivano applicati l’ art. 11 o/e l’art. 13 della legge 47/1948 che recitano testualmente: “Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l'editore” e “Nel caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 500.000”.

Nella prima pronuncia giurisprudenziale in materia28 venne affermato che: “la rete

Internet, è equiparabile ad un organo di stampa, il proprietario di un canale di comunicazione destinato ad un pubblico di lettori ha l’obbligo di vigilare sul compimento di atti di concorrenza sleale eventualmente perpetrati attraverso la pubblicazione di messaggi pubblicitari di cui deve verificare la natura palese, veritiera e corretta, concorrendo, in difetto, e a titolo di responsabilità aquiliana nell’illecito di concorrenza sleale”.

Ritenere applicabile la legge sulla stampa nel contesto degli illeciti telematici compiuti tramite le infrastrutture del provider, significava ipotizzare la responsabilità di un soggetto che di fatto non ne è l’autore materiale.

Per arrivare ad un’effettiva inversione di tendenza occorre attendere la richiesta di un provvedimento d’urgenza da parte della Banca del Salento che chiedeva la rimozione di un messaggio ritenuto diffamatorio immesso da un utente, in un newsgroup di Mailgate, un servizio della Pantheon s.r.l..

Infatti nel 1998, il Tribunale di Roma stabilì che29: “il news-server che si limita a

mettere a disposizione degli utenti lo spazio "virtuale" dell'area di discussione non ha alcun potere di controllo e vigilanza sugli interventi che vi vengono inseriti” rilevando, nel caso di specie, che si tratta di un newsgroup non moderato.

28 Tribunale di Napoli 8 agosto 1997, in Diritto informazione e informatica, 1997, p. 970.

29 Tribunale di Roma, ordinanza del 4 luglio 1998, in Diritto dell’Informazione e dell’informatica,

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26

Da qui emerge l’esclusione di ogni responsabilità da parte del provider, in quanto l’attività dello stesso si era limitata alla fornitura di uno spazio in rete per gli utenti. A questo concetto sembra essersi ispirata anche la Direttiva comunitaria sul commercio elettronico, che prevede l’assenza di un obbligo di controllo preventivo a carico degli Internet Service Providers sulle informazioni che trasmette e memorizza, contemperato, tuttavia con l’obbligo, a certe condizioni, di collaborare di con le autorità competenti, fornendo le informazioni che consentano l'identificazione dell’autore dell’illecito.

Sulla scia del Digital Act emanato negli USA nel 1998, la scelta europea ricadde sul regime dell’irresponsabilità condizionata (o responsabilità articolata), compiuta con la già ricordata Direttiva 2000/31/CE, che disciplina la responsabilità dei provider attuata in Italia tramite il Decreto Legislativo 70/2003. L’obiettivo del provvedimento, indicato all’art. 1, è di promuovere la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione e di porre una serie di

disposizioni collegate al buon funzionamento del mercato. In base alla specifica attività svolta dal provider, inoltre, la direttiva distingue tre

tipologie di provider (il provider che esercita attività di mere conduit, quello che svolge attività di caching, quello che svolge attività di hosting), che analizzeremo dettagliatamente nel capitolo seguente sotto il profilo della responsabilità che ne consegue.

1.4 Qualificazione giuridica dei motori di ricerca

La definizione classica e sintetica di "motore di ricerca", è quella di un software che consente di reperire una serie di informazioni in un database

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27

online, a seguito di una richiesta (query), formulata dall'utente attraverso l'interfaccia del programma 30.

Sulla scorta di quanto sopra si comprende la natura del motore di ricerca è sostanzialmente autonoma, rispetto alla base dei dati che esplora.

I testi vengono indicizzati tramite l’utilizzazione di un programma ad hoc che segue i link delle pagine web, consentendo una individuazione di tutti i documenti di testo, frutto di un procedimento automatico e non selettivo e volontario.

Il motore di ricerca non è espressamente e autonomamente contemplato nel D.lgs. n. 70 del 2003 ed annoverabile tra le tipologie di providers da esso

contemplate. Si pone dunque il problema della sua riconduzione o meno a quelle figure.

In merito alla responsabilità civile, in particolar modo, si può rilevare come alcune recenti pronunce di merito abbiano evidenziato diversi elementi di criticità relativamente alla applicazione della disciplina dettata dal D.lgs. 70/2003 sulla responsabilità degli Internet Service Providers al fornitore del servizio "motore di ricerca”31, confermando quanto sostenuto dagli studiosi, ossia che la

responsabilità del gestore di un servizio di motore di ricerca non sia espressamente prevista dalla Direttiva 2000/3132 e che per costruire una relativa figura giuridica, con la conseguente responsabilità imputabile al motore di ricerca, occorra ricondurre l’attività svolta dal motore di ricerca al tipo attività disciplinato per gli Internet Service Providers.

Una parte della dottrina33 afferma che l’attività del motore di ricerca sia

riconducibile all’attività di caching, disciplinata dall’art. 15 del Decreto legislativo

30 T. Scannicchio, La responsabilità del motore di ricerca per la funzione di “auto-complete”, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2012, p. 1212.

31 Per quanto riguarda la giurisprudenza nel terzo capitolo analizzeremo delle pronunce italiane

ed europee inerenti alla responsabilità degli Internet Service Provider con particolare riferimento ai motori di ricerca.

32 De Cata, La responsabilità civile dell'internet service provider, Milano, 2010,p. 136 e ss. 33 Così si è espresso: P. Sammarco, il motore di ricerca, nuovo bene della società dell’informazione: funzionamento, responsabilità e tutela della persona, in Diritto dell’informazione e dell’informatica, 2006, p 621.

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28

70/2003, che consiste nella memorizzazione temporanea di informazioni da parte del destinatario del servizio, con la conseguenza che esso non sarebbe responsabile solo se: a) non modifichi le informazioni; b) si conformi alle condizioni di accesso alle informazioni; c) si conformi alle norme di aggiornamento delle informazioni, indicate in un modo ampiamente riconosciuto e utilizzato dalle imprese del settore; d) non interferisca con l'uso lecito di tecnologia ampiamente riconosciuta e utilizzata nel settore per ottenere dati sull'impiego delle informazioni; e) agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione34.

Secondo un'altra impostazione, invece35, il motore di ricerca svolgerebbe l’attività

di mere conduit, che consiste nel semplice trasporto delle informazioni, con la conseguenza di una responsabilità configurabile soltanto nei casi previsti dall’art. 14 del D.lgs. 70/2003, ossia nella fattispecie di trasmissione o modificazione delle informazioni trasmesse.

Infine, un’ultima parte della dottrina e della giurisprudenza36 assimila l’attività del

motore di ricerca a quella svolta dall’host provider, ossia all’attività di memorizzazione permanente di informazioni, disciplinata dall’art. 16 del D.lgs n. 70/2003.

34 Come previsto dall’art. 15, comma 1, Decreto legislativo 70/2003.

35 in questo senso si è espresso: G. M. Riccio, Alla ricerca delle responsabilità dei motori di ricerca, in Danno e responsabilità, 2011, p. 753.

36 Così si è espresso il Tribunale di Milano come quello di Pinerolo riconoscendo a Google, nella

sua funzione di auto-complete, la natura di Internet Service Provider passivo, riconducendo il servizio fornito dal motore di ricerca all’attività di hosting provider, art. 16 D. Lgs. 70/2003. V. infra, Cap. 3. T. Scannicchio, La responsabilità del motore di ricerca per la funzione di “auto-complete”, in diritto dell’informatica e dell’informazione, 2012, 1225 e ss.

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29

In tutti i casi si deve ricordare che la normativa prevista dal D.lgs. 70/2003 ha stabilito, in applicazione della Direttiva 2000/31/CE, che37 “il prestatore di servizi non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, ne è soggetto ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite38.

Il prestatore è comunque tenuto a collaborare con le autorità, informando o fornendo le informazioni, in suo possesso, sul destinatario del servizio, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite.

Infine, come recita il comma 3 “Il prestatore è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall'autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l'accesso a detto contenuto, ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l'accesso, non ha provveduto ad informarne l'autorità competente.”

La ratio della norma è stata evidentemente quella, da un lato di non creare dei disincentivi all’ingresso sul mercato dei prestatori di servizi, mettendo regole troppo stringenti e dall’altro quella di evitare una eccessiva “libertà” dei provider, che avrebbero potuto agire senza preoccuparsi di alcuna responsabilità.

Una parte della dottrina39 ha ritenuto auspicabile, da parte del legislatore europeo,

un sollecito intervento di revisione della Direttiva 2000/31, proprio al fine di chiarire la disciplina della responsabilità dei motori di ricerca e di stabilire il livello di intervento del provider sui contenuti oltre il quale non si possa parlare di “passività” e “neutralità” della condotta ,condizione necessaria per beneficiare del regime di esenzione o comunque di responsabilità « alleggerita » stabilito dalla Direttiva 2000/31.

38 Art 16, comma 1, Decreto legislativo 70/2003.

39 S. Sica, Responsabilità del provider: per una soluzione “equilibrata” del problema, in Corr. giur.,

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30

Nei capitoli seguenti esamineremo, nel dettaglio, le responsabilità imputabili agli Internet Service Provider in forza delle norme vigenti analizzando alcune pronunce giurisprudenziali italiane ed europee al fine di verificare quale posizione abbiano assunto in merito alla responsabilità dei motori di ricerca ovvero se i giudici abbiano già deciso in uno o nell’altro senso l’alternativa tra imputazione o esonero dalla responsabilità o se il problema della responsabilità dei motori di ricerca necessiti effettivamente di un intervento legislativo.

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31

CAPITOLO 2

Individuazione dei profili di responsabilità degli Internet Service

Provider

2.1 La Direttiva sul commercio elettronico 31/2000/CE

Stante il continuo sviluppo di internet e la molteplicità dei servizi offerti era evidente che occorresse una moderna e profonda revisione di tutta la normativa esistente in tema di responsabilità.

Le corti nazionali e sovranazionali non avevano lesinato sforzi nel tentativo di adeguare un dato normativo apparso sin da subito inadeguato e rapidamente rivelatosi obsolescente all’impetuosa evoluzione registrata sul piano tecnologico40.

Il fatto però che vi fossero svariati punti controversi e moltissime previsioni normative, rese subito chiaro che sarebbe stato difficile realizzare un quadro normativo organico ed esaustivo con il rischio che risultasse un mero elenco di disposizioni riunite in un unico documento senza un vero e proprio criterio di collegamento.

La Direttiva 31/2000/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno

2000, si propone di creare regole uniformi per il commercio elettronico, in

particolare si propone di fornire indicazioni comuni volti a regolare “taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione41”.

Le divergenze tra le normative nazionali, nonché l’incertezza sul diritto nazionale applicabile ai servizi della società dell’informazione, ostacolano il buon

40 M. Nisticò - P. Passaglia, Internet e costituzione, Torino, 2014, p. 121 ss.

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32

funzionamento del mercato interno e per garantire la certezza del diritto e la fiducia dei consumatori, la direttiva mira a stabilire un quadro generale e chiaro per taluni aspetti giuridici del commercio elettronico nel mercato interno, coordinando i vari diritti nazionali e chiarendo a livello comunitario i vari nodi giuridici che creavano difformità di interpretazione.

Il legislatore comunitario si occupa di individuare le forme minime e comuni di responsabilità dei prestatori intermediari, definiti come “la persona fisica o giuridica che presta un servizio della società dell’informazione”, ossia tutti quei soggetti che forniscono servizi di trasmissione di dati, connessione alla rete o memorizzazione di dati, anche mediante la messa a disposizione di propri server. Gli obiettivi della Direttiva 2000/31 erano ben definiti nei considerando, in particolare, il numero 40 recita testualmente: “ Le attuali o emergenti divergenze tra le normative e le giurisprudenze nazionali, nel campo della responsabilità dei prestatori di servizi che agiscono come intermediari, impediscono il buon funzionamento del mercato interno, soprattutto ostacolando lo sviluppo dei servizi transnazionali e introducendo distorsioni delle concorrenza. In taluni casi, i prestatori di servizi hanno il dovere di agire per evitare o per porre fine alle attività illegali. La presente direttiva dovrebbe costituire la base adeguata per elaborare sistemi rapidi e affidabili idonei a rimuovere le informazioni illecite e disabilitare l'accesso alle medesime. Tali sistemi potrebbero essere concordati tra tutte le parti interessate e andrebbero incoraggiati dagli Stati membri. E' nell'interesse di tutte le parti attive nella prestazione di servizi della società dell'informazione istituire e applicare tali sistemi. Le disposizioni dalla presente direttiva sulla responsabilità non dovrebbero impedire ai vari interessati di sviluppare e usare effettivamente sistemi tecnici di protezione e di identificazione, nonché strumenti tecnici di sorveglianza resi possibili dalla tecnologia digitale, entro i limiti fissati dalle direttive 97/46/CE e 97/66/CE”.

La direttiva quindi si rese necessaria per regolare il trattamento dei fornitori di servizi, i service provider, rispetto ai profili di responsabilità derivanti dalla commissione di attività illecite o dalla pubblicazione di contenuti illeciti da parte

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33

degli utenti, non incidendo sulla posizione dei fornitori di contenuti, che sarebbero quindi stati considerati responsabili alla stregua di qualsiasi altro soggetto che avesse diffuso informazioni di cui avrebbe risposto direttamente e sulle quali avrebbe esercitato un controllo.

La ratio sottesa a questa scelta si comprende alla luce del Considerando 42 della direttiva, laddove si chiarisce come le esenzioni di responsabilità trovino ragione di applicarsi nella misura in cui l’attività del prestatore si limiti al mero processo tecnico di attivazione e fornitura di un accesso ad una rete di comunicazione, sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione.

Da ciò emerge che un prestatore può beneficiare delle deroghe previste per il semplice trasporto, attività di "mere conduit", e per la memorizzazione temporanea, attività di "caching", solo se la sua attività di memorizzazione delle informazioni sia di ordine «meramente tecnico, automatico e passivo», e l’intermediario non abbia quindi alcuna conoscenza o alcun controllo sulle informazioni trasmesse o memorizzate.

Risulta necessario che il provider durante la memorizzazione non modifichi l'informazione che trasmette e non collabori con il destinatario del servizio, in tal caso, esso risponderebbe chiaramente per le condotte poste in essere in via diretta. La direttiva esonera quindi il fornitore di servizi da un obbligo generale di sorveglianza, che esigerebbe un controllo selettivo ed ex ante dei flussi di comunicazioni elettroniche trasmessi e dei contenuti pubblicati dagli utenti. Un’opera di sorveglianza preventiva si rivelerebbe tecnicamente impossibile, o comunque molto difficoltosa e finirebbe per rendere antieconomica l’intera attività del fornitore di servizi, che sarebbe esposto sia a elevati costi per l’adozione di sistemi di filtraggio sia al rischio, a questo punto molto probabile, di incorrere in una responsabilità contrattuale nei confronti dei fruitori del servizio.

Infine, come previsto nel Considerando 48, gli Stati membri possono chiedere, ai prestatori di servizi che detengono informazioni forniti dai destinatari del loro

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34

servizio, di adempiere al dovere di diligenza al fine di individuare e prevenire alcuni tipi di attività illecite.

La direttiva si compone di quattro sezioni, dalla natura assai eterogenea, infatti non veniva solamente definito il regime di responsabilità degli operatori internet, ma si disciplinava altresì alcuni aspetti relativi al commercio elettronico e alle comunicazioni commerciali.

La sezione 4 è dedicata alla responsabilità degli Internet Service Provider che va dagli articoli 12-15, che analizzeremo nel dettaglio, nei paragrafi successivi.

2.2 Varie tipologie di responsabilità

2.2.1 La disciplina riguardante il presentatore di semplice trasporto

L’art. 12 della Direttiva 2000/31/CE disciplina l’attività di semplice trasporto detta anche mere conduit., consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, delle informazioni fornite da un destinatario del servizio, o che fornisce un accesso alla rete di comunicazione.

Il prestatore del servizio non è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che non dia origine alla trasmissione e non selezioni i destinatari di questa né modifichi le informazioni trasmesse42.

42 Come previsto nel Comma 1, Art. 12, della Direttiva 2000/31/CE, che recita testualmente:

1. Gli Stati membri provvedono affinché, nella prestazione di un servizio della società dell'informazione consistente nel trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio, o nel fornire un accesso alla rete di comunicazione, il prestatore non sia responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che egli: a) non dia origine alla trasmissione; b) non selezioni il destinatario della trasmissione; c) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse.

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35

Da un punto di vista tecnico quando si parla di “origine della trasmissione” è pacifico che vi sia sempre un provider dal quale scaturisce la trasmissione delle informazioni ma non necessariamente si tratta del soggetto che ha compiuto l’illecito.

Affermare quindi, che la responsabilità sussiste se si origina la trasmissione,

significherebbe essere sempre e comunque responsabili. Il comma 2 aggiunge che: “Le attività di trasmissione e di fornitura di accesso di

cui al paragrafo 1, includono la memorizzazione automatica, intermedia e transitoria delle informazioni trasmesse, a condizione che questa serva solo alla trasmissione sulla rete di comunicazione e che la sua durata non ecceda il tempo ragionevolmente necessario a tale scopo”.

Si evince come l’attività di fornitura di accesso e di trasmissione include la “memorizzazione automatica, intermedia e transitoria” dei dati trasmessi ma solo nei casi in cui questa sia necessaria solo alla trasmissione in rete e purché duri un tempo non maggiore a quello ragionevolmente necessario a tale fine.

È’ possibile che, come previsto dal comma 3, un organo giurisdizionale o un’autorità amministrativa esiga che il prestatore impedisca o ponga fine ad una violazione, in base all’ordinamento adottati degli Stati membri.

2.2.2 La responsabilità del prestatore di servizi per l’attività di

caching

L’attività di caching o memorizzazione temporanea, articolo 13 della direttiva, consiste nella “memorizzazione automatica intermedia e temporanea” di un

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