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Messa a punto di una nuova formulazione a rilascio controllato di calcio per la prevenzione dell'osteoporosi

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche

TESI DI LAUREA

MESSA A PUNTO DI UNA NUOVA FORMULAZIONE A RILASCIO

CONTROLLATO DI CALCIO PER LA PREVENZIONE

DELL’OSTEOPOROSI

Relatori:

PROF.SSA YLENIA ZAMBITO

DOTT.SSA ANGELA FABIANO

Candidata:

ADA HYSI

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INDICE

1. INTRODUZIONE 4

1.1 Struttura dell’osso 4

1.2 Regolazione della calcemia 6

1.3 Osteoporosi 6

1.3.1 Diagnosi dell’osteoporosi 8

1.3.2 Terapie farmacologiche per l’osteoporosi 9

1.4 Calcio 13

1.4.1 Ormoni che regolano il calcio 13

1.4.2 Le carenze dietetiche di calcio 15

1.4.3 Sali inorganici di calcio 16

1.5 Zeolite 17

1.5.1 Varie applicazioni della clinoptilolite 19

1.6 I granulati 20 1.6.1 Processi di granulazione 20 1.6.2 Tipi di granulati 21 2. PARTE SPERIMENTALE 23 2.1 Materiali e metodi 24 2.1.1 Materiali 24 2.2 Metodi 24

2.2.1 Metodo di determinazione fluorimetrica di Ca2+ utilizzando l’indicatore fura-2 24

2.2.2 Purificazione della zeolite 25

2.2.3 Preparazione di zeolite contenente calcio 25

2.2.4 Studio del rilascio di calcio dalla zeolite 26

2.2.5 Preparazione di granuli a base di zeolite contenente calcio 26

2.2.6 Studio del rilascio del calcio dai granuli 27

2.2.7 Caratterizzazione dei granuli mediante spettroscopia ATR-FTIR 28 2.3 Risultati e discussioni 28

2.3.1 Preparazione di zeolite contenente calcio 28

2.3.2 Studio di rilascio di calcio dai granuli 28

2.3.3 Caratterizzazione dei granuli mediante spettroscopia ATR-FTIR 30 3. CONCLUSIONI 31

4. FIGURE E TABELLE 32

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L’osteoporosi è una malattia sistemica dello scheletro caratterizzata dal deterioramento del tessuto osseo e dalla perdita di massa ossea, con conseguente aumento della fragilità e della predisposizione alle fratture, soprattutto dell’anca, della colonna vertebrale e del polso. Tale patologia è dovuta alla mancanza di una corretta mineralizzazione. La mancanza di calcio, se si protrae per tutta la vita, ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’osteoporosi. L’apporto insufficiente di calcio contribuisce alla diminuzione della densità ossea, al deperimento osseo precoce, quindi fa aumentare il rischio di fratture.

La concentrazione di calcio in tutti i distretti deve essere tenuta sotto controllo ed il meccanismo centrale per farlo è il controllo della sua concentrazione nel sangue (calcemia). Ciò è indispensabile per assicurare funzioni vitali quali:

• contrazione dei muscoli (compreso il cuore); • coagulazione del sangue;

• conduzione di impulsi nervosi.

L’osso è la nostra riserva di calcio e ogni giorno attraverso le urine vengono eliminati circa 300 mg di calcio.

1.1 STRUTTURA DELL’OSSO

L’osso è composto da due tessuti: il tessuto corticale (compatto) ed il tessuto trabecolare (spugnoso). Il tessuto corticale è relativamente denso ed è calcificato per l’80-90%. Esso fornisce la struttura ed il sostegno al corpo. Il tessuto corticale lo troviamo nelle ossa lunghe (ad esempio: omero, radio e ulna). Il tessuto trabecolare è molto più poroso rispetto a quello corticale ed è calcificato per il 5-20%. Le cavità del midollo osseo, le ossa piatte e le estremità delle ossa lunghe sono composte di tessuto trabecolare. Affinché l’osso mantenga buone condizioni di mineralizzazione deve avvenire contemporaneamente il riassorbimento (con perdita di ioni calcio) e la ricostruzione dell’osso (sulla sua superficie). L’ osso è costituito sia da composti organici che da composti inorganici. La componente inorganica è principalmente costituita da idrossiapatite altamente cristallina. La componente organica è invece

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costituita per il 90% da una matrice di collagene che serve come supporto per la mineralizzazione dell’idrossiapatite. Altri composti organici sono l’osteocalcina e l’osteonectina che rispettivamente favoriscono il legame dell’idrossiapatite e del calcio al collagene e regolano la velocità di mineralizzazione.

Durante le varie fasi della vita la formazione ed il riassorbimento non sempre hanno un decorso parallelo. I due processi possono prevalere l’uno rispetto all’altro. Nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza la formazione delle ossa prevale sul riassorbimento. Nella giovinezza la formazione ed il riassorbimento si equivalgono. Dopo i 40 anni tra i due processi prevale l’assorbimento. Di conseguenza si ha una graduale riduzione della massa ossea. Inizialmente si ha una riduzione della massa delle ossa di 0,3-0,5% di osso corticale per anno. Dopo la menopausa la diminuzione della massa ossea è più rapida per 5-10 anni a causa del calo degli estrogeni. Tutto ciò può portare ad un calo del 30% nella densità minerale dell’osso.

I tre tipi di cellule responsabili dei processi ossei sono gli osteoblasti, gli osteoclasti e gli osteociti. Gli osteoblasti hanno origine mesenchimale. Essi si formano nel midollo osseo e stimolano la formazione dell’osso. Durante il loro processo di maturazione, gli osteoblasti vanno incontro a numerose divisioni cellulari. In questo modo esprimono i prodotti genici responsabili della formazione sia della matrice ossea o osteoide che dei prodotti che provvedono alla mineralizzazione.

Gli osteoclasti hanno origine emopoietica. Essi sono cellule multinucleate e sono responsabili del riassorbimento e della distruzione dell’osso. Le cellule di rivestimento dell’osso si trovano sulla superficie ossea. Tali cellule derivano da osteoclasti ed osteoblasti quiescenti e identificano le aree dell’osso che si sono indebolite o modificate in modo da far intervenire l’unità di rimodellamento. Esse digeriscono lo strato più esterno della matrice. La membrana degli osteoclasti entra in contatto con la superficie ossea e forma una zona sigillata ed impermeabile. Tale membrana è ricca di H+ ATPasi. Essa forma a contatto con la superficie dell’osso un orletto increspato. La zona sigillata viene successivamente acidificata e si ha dissoluzione dei minerali che costituiscono l’osso. La matrice di collagene sarà in seguito digerita da enzimi microsomiali. Quest’ultimi penetrano sulla superficie ossea per una profondità pari a 50 µm. La calcitonina è l’unica sostanza che è in grado di agire direttamente sugli osteoclasti prevenendo il riassorbimento dell’osso.

L’ultimo tipo di cellula che si trova in profondità della matrice sono gli osteociti. Il ruolo di questi ultimi sembra essere quello di garantire l’integrità dell’osso provvedendo anche al suo nutrimento.

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1.2 REGOLAZIONE DELLA CALCEMIA

La regolazione della calcemia avviene grazie all’azione combinata di tre ormoni: paratormone, calcitonina e vitamina D.

Se la calcemia scende, le paratiroidi secernono l’ormone paratiroideo o paratormone che provoca la liberazione di calcio dall’osso e la risalita della calcemia. Il paratormone è in grado di stimolare il riassorbimento osseo mediante i seguenti meccanismi: a) trasforma le cellule progenitrici in osteoclasti; b) stimola gli osteociti profondi a mobilizzare il calcio dell’osso perilacunare; c) stimola gli osteociti superficiali ad aumentare il flusso del calcio verso l’esterno. Inoltre, il paratormone stimola il rene favorendo il recupero di calcio dai tubuli renali. La vitamina D stimola invece l’assorbimento intestinale di calcio. La calcitonina entra in azione quando la calcemia è elevata e provoca la perdita di calcio con l’urina e blocca il riassorbimento osseo e il rilascio di calcio nel sangue. Finchè persiste la carenza di calcio nel sangue, continuerà il prelievo di calcio dall’osso con perdita di tessuto osseo.

1.3 OSTEOPOROSI

L’osteoporosi può essere classificabile in due tipi: l’osteoporosi primaria e l’osteoporosi secondaria. La prima non è dovuta a cause mediche mentre la seconda è dovuta ad altre patologie o all’assunzione di farmaci. Negli adulti l’osteoporosi primaria è a sua volta di due tipi: I (post-menopausale) e II (senile). Nel primo tipo durante la menopausa si ha un’accelerazione nella perdita dell’osso per riassorbimento. L’osso trabecolare subisce questa perdita con velocità tre volte maggiore di quello corticale e ciò è causa delle fratture vertebrali da schiacciamento e di quelle di polso e caviglia tipiche delle donne che sono in post-menopausa. Nell’osteoporosi senile, le perdite di osso corticale e trabecolare sono equivalenti. Tali perdite sono dovute ad una minore formazione dell’osso da parte degli osteoblasti. L’osteoporosi indotta da farmaci o malattie (tipo III) è responsabile del 30 % dei casi di fratture vertebrali. Essa può essere causata da numerosi fattori come per esempio, la soppressione prolungata della funzionalità degli osteoblasti, l’inibizione dell’assorbimento del calcio nell’intestino o l’eccessiva perdita di calcio attraverso l’urina dovuti a deficienza di estrogeni, iperparatiroidismo, ipertiroidismo, ipogonadismo, disturbi renali, depressione e trattamenti con glucocorticoidi, ormone tiroideo, anticonvulsivanti, metotressato, ciclosporina, warfarina, litio o immunosoppressori.

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Tabella della classificazione dell’osteoporosi.

Eziologia Tipo I(postmenopausa). Aumento dell’attività degli osteoclasti e del riassorbimento osseo Tipo II (senile) Diminuzione dell’attività degli osteoblasti e della formazione dell’osso, diminuzione dell’assorbimento intestinale del calcio

Tipo III (secondario) Terapie

farmacologiche malattie

Età di insorgenza 50-75 >70 Tutte le età

Rapporto fra i sessi 6:1 donna/uomo 2:1 donna/uomo 1:1 donna/uomo Sito prevalente di

frattura

Vertebre, porz. distale del radio

Collo del femore, anca Vertebre, anche, estremità Morfologia dell’osso Diminuzione del

trabecolare Diminuzione del trabecolare, corticale normale Diminuzione del corticale Velocità di perdita ossea

2-3% annua 0,3-0,5% annua Variabile

Negli Stati Uniti circa 1,5 milioni di fratture all’anno sono dovute all’osteoporosi, delle quali 250000 all’anca e 550000 alle vertebre. Le donne statunitensi di razza caucasica, di età superiore ai 50 anni, hanno il 50% di probabilità di avere una frattura causata dall’osteoporosi. Inoltre è stato previsto che 1 donna su 3 che raggiunge i 90 anni avrà subito una frattura all’anca. Il 15-35% di tali fratture necessitano assistenza domiciliare prolungata e circa il 60 % dei pazienti non recupera la piena funzionalità prima di 3-4 mesi dall’incidente. Purtroppo il 25% muore a causa di polmonite ed infezioni. La mortalità aumenta di un ulteriore 17% in caso di frattura sia del femore che delle vertebre. I fattori di rischio da cui può essere causata l’osteoporosi sono: lo stile di vita, fattori genetici, malattie e farmaci (vedi i dati sottostanti).

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Tabella dei fattori di rischio dell’osteoporosi.

Stile di vita Fattori genetici Malattie Farmaci

Fumo Razza bianca o asiatica

Sindrome di Cushing Glucocorticoidi Sedentarietà Sesso femminile Ipertiroidismo Ormone tiroideo Assunzione di calcio Familiarità Ipogonadismo

congenito

Fenitoina Intolleranza al latte Mutazioni puntiformi Cirrosi biliare

primaria

Carbamazepina Abuso di caffeina Menopausa precoce Sindrome da

malassorbimento

Eparina Abuso di alcool Resezione intestinale Antiacidi a base di

alluminio Assenza di gravidanza Iperparatiroidismo

primario Agonisti del GnRH Elevato introito proteico Anoressia nervosa Mieloma multiplo Depressione Furosemide

In base ai dati statistici visti fino ad ora, l’osteoporosi viene considerata un grave problema sanitario che si aggraverà sempre più se non verranno presi provvedimenti adeguati.

1.3.1 Diagnosi dell’osteoporosi

La quantificazione della densità minerale dell’osso (BMD) può essere fatta con misure radiografiche come l’assorbimetria a singolo o a doppio fotone della colonna vertebrale, dell’anca o di tutto il corpo, l’assorbimetria ai raggi X a doppia energia, la tomografia computerizzata quantitativa della colonna e periferica (polso). Tra queste tecniche la migliore è considerata la tecnica a doppia energia. Quest’ultima ha un’accuratezza superiore al 95%. Ci sono altri metodi in fase di sviluppo usate per misurare la BMD come: gli ultrasuoni, la radiografia tradizionale e test sul sangue e sulle urine. La radiografia tradizionale può identificare il sito di una frattura ma non è attualmente in grado di misurare la densità ossea. L’analisi del sangue e delle urine è in grado di individuare se il paziente soffre di qualche malattia legata alla perdita della densità ossea. Inoltre sempre attraverso quest’ultima si possono identificare alcuni marcatori biochimici che indicano la velocità di riassorbimento e del turnover dell’osso. La misura dei livelli di calcio, fosforo e vitamina D nel siero può anche suggerire la causa di una demineralizzazione dell’osso. Spesso i pazienti presentano

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fratture multiple da compressione delle vertebre ma si curano solo con analgesici di automedicazione. Purtroppo la diagnosi dell’osteoporosi viene fatta spesso solo dopo che il soggetto ha perso una frazione significativa (fino al 30%)della massa ossea.

1.3.2 Terapie farmacologiche per l’osteoporosi

Per prevenire l’osteoporosi, si è pensato di aumentare la calcemia somministrando una quantità adeguata di calcio [Black Sandler R, Slemenda CW, LaPorte RE, Cauley JA, Schramm MM, Barresi ML, Kriska AM. Postemenopausal bone density and milk consumption in childhood and adolescence. Am J Clin Nutr 1985; 42:270-4. Johnston CC Jr, Miller JZ, Slemenda CW et al. Calcium supplementation and increase in bone mineral density in children. N Engl J Med 1992; 327:82-5. Weaver CM. Calcium requirements of physically active people. Am J Clin Nutr 2000; 72 (suppl):579S-84S]. Rimane qualche disaccordo in letteratura su quanto sia “adeguata” questa quantità di calcio. Rivalutando i dati della letteratura, una dieta adeguata dovrebbe contenere: 1000 mg/die di calcio nei primi 8 anni di vita; 1600 mg fra i 9 e i 17 anni di età; 1100 mg/die dai 18 ai 30 anni. Recentemente, più fonti forniscono indicazioni su quale dovrebbe essere l’apporto giornaliero, con la dieta, di calcio e di vitamina D nelle diverse fasi della vita. La variabilità dei dati riportati dalla letteratura e dalle diverse organizzazioni nazionali ed internazionali è legata alla difficoltà nello studio del fabbisogno di calcio. Mancano infatti, degli indicatori biochimici appropriati che riflettano lo stato nutrizionale di questi elementi; devono pertanto essere utilizzati indicatori indiretti come la valutazione della massa ossea, studi complessi di bilancio del calcio, trials clinici che approfondiscano la relazione tra diversi apporti di calcio ed il contenuto minerale delle ossa.

Tra i farmaci usati per la cura dell’osteoporosi abbiamo gli analoghi degli estrogeni. Il meccanismo con cui gli estrogeni prevengono il riassorbimento dell’osso non è ancora chiaro. E’ stata però ipotizzata una correlazione con l’inibizione dell’attività degli osteoclasti. Su quest’ultimi sembra che siano presenti recettori specifici per gli estrogeni che avrebbero un ruolo di regolazione del rimodellamento osseo. Gli estrogeni migliorano l’assorbimento del calcio; stimolano la biosintesi della calcitonina ed aumentano il numero dei recettori della vitamina D sugli osteoclasti. La terapia ormonale sostitutiva è considerata la terapia di elezione per l’osteoporosi in quanto è quella che dà maggior effetti benefici. La terapia sostitutiva con estrogeni come ad esempio il 17,β-estradiolo, estrone sodio solfato o 17-etinilestradiolo viene classificata come terapia antiriassorbimento. Le fratture della colonna vertebrale, del polso e dell’anca diminuiscono del 50-70% e la densità delle ossa della colonna aumenta del

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5% nelle donne trattate con estrogeni entro i tre anni dall’insorgenza della menopausa e per i 5-10 anni successivi. Quando la terapia sostitutiva con estrogeni è iniziata già all’inizio della menopausa e viene proseguita indefinitamente, essa ha effetti positivi anche sui livelli di colesterolo. Inoltre si ha anche una riduzione del 50% del rischio di malattie cardiovascolari ad esito fatale. Le donne in terapia con estrogeni non vanno incontro a vampe di calore, secchezza vaginale e incontinenza urinaria da stress. Molto spesso alle donne che non presentano problemi all’utero è consigliata l’associazione con un progestinico. In questo modo si riduce il rischio di tumore all’endometrio. La terapia estrogenica non è adatta alle donne che presentano intolleranza ai farmaci specifici e a quelle che hanno riscontrato malattie come per esempio: tumore al seno, malattie epatiche e malattie trombotiche.

I modulatori selettivi dei recettori degli estrogeni (SERM) sono un’altra classe di farmaci usati nell’osteoporosi. Il tamoxifene citrato e il raloxifene cloridrato hanno attività agonista nel tessuto osseo e in quello cardiovascolare e un’attività antagonista in altri tessuti (seno e utero). Il raloxifene è stato approvato come farmaco per la prevenzione dell’osteoporosi nelle donne in post-menopausa. Quest’ultimo agisce come agonista degli estrogeni su recettori di osteoblasti e osteoclasti ma è antagonista a livello dei recettori del seno e dell’utero. L’azione selettiva del raloxifene fa sì che esso non aumenti il rischio di tumore all’endometrio o al seno. Non avendo effetto stimolatorio sui recettori presenti in vari tessuti, esso non evita le vampe e gli altri sintomi della menopausa. Inoltre il raloxifene associato a supplementi di calcio per via orale previene la perdita di massa ossea a livello spinale e dell’anca e stimola la riformazione dell’osso anche se in misura minore rispetto agli estrogeni. Il raloxifene ha anche effetti positivi sul profilo lipidico. Questo farmaco non deve essere somministrato insieme a colestiramina poiché si ha una riduzione dell’assorbimento. Non deve essere somministrato insieme a coumadin. In questo caso i tempi di protrombina e l’INR (International Normalized Ratio) devono essere tenuti sotto stretto controllo. Bisogna evitare l’uso del raloxifene insieme a farmaci che si legano fortemente alle proteine plasmatiche come clofibrato, diazepam, ibuprofene, indometacina e naprossene.

I bifosfonati sono composti sintetici progettati per mimare il pirofosfato. Dato che il pirofosfato è un costituente fisiologico dell’osso, questi farmaci si legano selettivamente all’ idrossiapatite. Tali farmaci inibiscono la proliferazione degli osteoclasti. Diminuiscono sia l’attività che la vita media degli osteoclasti e di conseguenza riducono il numero dei siti in cui nell’osso avviene il riassorbimento. Attraverso i meccanismi descritti sopra, i bifosfonati possono limitare il turnover e permettere agli osteoblasti di formare tessuto osseo ben mineralizzato. Il meccanismo

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ancora non è noto e non si sa se tutti i bifosfonati agiscono allo stesso modo. Non sono stati ancora identificati loro recettori sulla superficie cellulare né è stato riconosciuto un qualche sistema di secondi messaggeri. L’etidronato disodico è un agente di prima generazione. Esso è stato approvato per il morbo di Paget ma non per l’osteoporosi. Un altro farmaco di prima generazione è il tiludronato che è 10 volte più potente dell’etidronato. Se il tiludronato viene somministrato per via orale per 6 mesi aumenta la densità minerale dell’osso del 2%. Tra gli agenti di seconda generazione troviamo l’alendronato sodico approvato per la prevenzione e la cura dell’osteoporosi e del morbo di Paget. Questo farmaco se somministrato per l’osteoporosi o per il morbo di Paget in associazione con il calcio produce buona mineralizzazione e aumento della densità ossea (7% a livello spinale,4% nell’anca) nel arco di 18 mesi. Inoltre l’incidenza di fratture vertebrali diminuisce del 47%. L’alendronato dà come effetto collaterale l’esofagite chimica attribuita ad insufficiente ingestione di acqua insieme al farmaco e al fatto che il paziente si corichi subito dopo l’assunzione. I pazienti devono essere perciò istruiti adeguatamente. Un altro farmaco di seconda generazione è il pamidronato. Quest’ultimo viene usato per il trattamento dell’ipercalcemia maligna ed aumenta la massa ossea nei pazienti affetti da osteoporosi indotta da steroidi. L’uso di tale farmaco causa spesso esofagite erosiva. Il risedronato disodico è un farmaco di terza generazione approvato sia per l’osteoporosi che per il morbo di Paget. Il risedronato non deve venir somministrato ai pazienti in cui la clearance della creatinina è inferiore ai 30 ml/min. I bifosfonati non sono raccomandati nei pazienti con insufficienza renale, disturbi esofagei o gastrici pregressi ed ulcera peptica.

La calcitonina è stata approvata per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, l’ipercalcemia maligna ed il morbo di Paget. Essa può essere ottenuta da varie fonti (anguilla, uomo, salmone, suini). Quella preferita proviene dal salmone. In commercio possiamo trovare la calcitonina anche come calcitonina di salmone sintetica. L’attività farmacologica di queste calcitonine è simile, ma quella di salmone è circa 50 volte più potente dell’umana ed ha una maggiore durata d’azione. Inizialmente la calcitonina era disponibile solo come preparazione iniettabile. Ora la calcitonina di salmone esiste anche in forma di spray nasale e di supposte. La calcitonina previene l’eccessivo turnover osseo tipico del morbo di Paget e ha proprietà antiriassorbimento. In seguito al trattamento con calcitonina gli orletti increspati degli osteoclasti scompaiono e le cellule si allontanano dalla superficie dell’osso permettendone il rimodellamento. Gli effetti collaterali sono maggiori quando l’ormone viene somministrato per iniezione. Tali effetti collaterali comprendono nausea, vomito, perdita dell’appetito e vampe di calore. Inoltre la calcitonina di salmone può dare anche reazioni allergiche. Oltre ad agire come agente antiriassorbimento sopprimendo l’attività degli osteoclasti, la

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calcitonina di salmone ha un potente effetto analgesico. Tale effetto è dovuto al fatto che la calcitonina stimola il rilascio di oppioidi endogeni. La calcitonina è di giovamento ai pazienti in cui il morbo di Paget e l’osteoporosi provocano dolori. In base a ciò che è stato detto sopra, la calcitonina è da preferire agli estrogeni ed ai bifosfonati quando l’osteoporosi è associata a dolori scheletrici.

Il fluoruro di sodio stimola la proliferazione e l’attività degli osteoblasti ed è classificato come un agente di riformazione delle ossa non ormonale. Proprio per questa proprietà è necessaria l’associazione con sali di calcio. Il fluoruro ha anche moderata attività antiriassorbimento, perché dopo che si è fissato alla matrice ossea, inibisce l’attività degli osteoclasti. L’osso formato in presenza di NaF non è meglio mineralizzato né più resistente di quello normale. Nonostante la massa ossea aumenti, essa diventa anche più fragile. Sono infatti più frequenti le fratture non vertebrali. L’uso del fluoruro nell’osteoporosi non è stato approvato ed è ancora controverso. I diuretici tiazidici, riducendo l’escrezione urinaria del calcio, possono diminuire la perdita ossea. Elevate concentrazioni di inibitori della pompa protonica come l’omeprazolo inibiscono il riassorbimento dell’osso tramite l’inibizione della H+/K+

ATPasi. Quest’ultima è situata nell’orletto increspato degli osteoclasti.

Androgeni come lo stanozololo, il nandrolone, il metandrostenolone ed il testosterone

quando sono somministrati come cerotti aumentano la massa ossea del 5-10%. Essi possono essere usati nei maschi che presentano deficit di testosterone.

Il trattamento con paratotmone (PTH) porta ad un aumento di massa dell’osso trabecolare fino al 50% ma ciò avviene a scapito dell’osso corticale. Alte dosi di questo ormone portano anche a stimolazione del riassorbimento. Terapie cicliche con PTH e calcitonina migliorano la situazione della colonna vertebrale senza avere effetti negativi sull’osso corticale. In associazione con estrogeni, il PTH stimola la formazione di ossa trabecolari ben mineralizzate.

Sali di calcio

Una terapia basata sulla somministrazione di sali di calcio, tuttavia, ha mostrato diverse controindicazioni causate dall’ipercalcemia che può provocare nausea, vomito, stipsi, dolori addominali, sete, poliuria, polidipsia, ipertensione, turbe vasomotorie, ipercalciuria e insufficienza renale grave. Gli integratori di calcio con o senza vitamina D sono utili o addirittura essenziali quando la dieta quotidiana non può fornire il calcio necessario (per esempio per chi non può mangiare latticini).

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1.4 CALCIO

Il calcio è il più abbondante minerale presente nel corpo umano. In un adulto di peso corporeo 70 kg si trova all’incirca 1 kg di calcio. Il 99% di tale quantità è presente nelle ossa. La concentrazione plasmatica normale del calcio è 4.5-5.7 mEq/L. Metà di essa è legata alle proteine. L’altra metà è libera (4%) o complessata con altri anioni (46%). Il calcio non è essenziale solo per la crescita longitudinale delle ossa e per il mantenimento delle loro proporzioni ma svolge un ruolo importante in altri processi come: coagulazione del sangue, l’eccitabilità neuromuscolare, la struttura e le funzioni delle membrane plasmatiche, la contrazione muscolare, il metabolismo del glicogeno e dell’ATP, la secrezione di neurotrasmettitori ed ormoni, la catalisi enzimatica. Visto il ruolo importante del calcio in vari processi fisiologici, avere un apporto adeguato di calcio è indispensabile. In tutto ciò la dieta alimentare assume un ruolo fondamentale. Il latte e i suoi derivati sono la miglior fonte di calcio. Oltre a quest’ultimi, altri alimenti ricchi di calcio sono: le verdure a foglia verde (broccoli, senape); il salmone e le sardine (in scatola); le mandorle; i semi di girasole ecc. Nell’Istituto di Medicina degli U.S.A dal Food and Nutrition Board (Institute of Medicine, Food and Nutrition Board.

Dietary Reference Intakes for Calcium and Vitamin D. National Academies Press.

Washington, DC. 2011. PMID: 21796828.) sono stati calcolati due parametri che variano in base all’età e al sesso, l’RDA e l’AI. L’RDA (Recommended Dietary Allowance) è la dose giornaliera media di calcio che una persona sana dovrebbe assumere. L’AI (Adequate Intake) è la dose determinata in modo che si possa garantire un apporto adeguato di calcio.

1.4.1 Ormoni che regolano il calcio

Il calcio viene regolato da tre ormoni: la calcitonina, l’ormone paratiroideo e la vitamina D.

Calcitonina

La calcitonina è un peptide di 32 amminoacidi. Essa viene biosintetizzata nelle cellule “C” parafollicolari della tiroide. Tale ormone viene secreto in risposta a elevate concentrazioni sieriche di calcio. In caso di ipercalcemia si ha un aumento della secrezione di calcitonina. Quest’ultima fa scendere la concentrazione di calcio mediante 3 meccanismi: 1) stimolazione dell’escrezione urinaria sia del calcio che del

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fosfato; 2) prevenzione del riassorbimento del calcio dalle ossa tramite l’inibizione dell’attività degli osteoclasti; 3) inibizione dell’assorbimento intestinale di calcio. Quando le concentrazioni di calcio si abbassano viene ridotta la liberazione di calcitonina.

Ormone paratiroideo

L’ormone paratiroideo (PTH) è biosintetizzato come proormone di 115 amminoacidi nel reticolo endoplasmatico ruvido della ghiandola paratiroidea. Successivamente viene trasformato tramite vari passaggi nella sua forma attiva la quale è costituita da 34 amminoacidi. Tale forma dell’ormone viene secreta in risposta ad uno stato di ipocalcemia per opporsi agli effetti della calcitonina. Il PTH riduce l’escrezione renale di calcio. Inoltre esso stimola indirettamente l’assorbimento intestinale di calcio e insieme alla vitamina D promuove il riassorbimento delle ossa con meccanismi non ancora chiari. Quest’ultimi comunque aumentano la concentrazione sierica del calcio. La secrezione di PTH stimola anche la biosintesi e la liberazione della vitamina D. L’aumento delle concentrazioni sieriche di calcio inibisce il rilascio di PTH.

Vitamina D

La vitamina D è biosintetizzata a partire dal colecalciferolo (D3) prodotto

dall’irradiazione con luce solare del 7-deidrocolesterolo a livello cutaneo. Essa viene attivata attraverso 2 stadi metabolici ossidativi. La prima ossidazione a 25-idrossicolecalciferolo 25(OH)D3 avviene nel reticolo endoplasmatico del fegato.

Questo passaggio è indipendente dalla concentrazione plasmatica di calcio. Il 25(OH)D3 è la forma prevalente in circolo. Essa rappresenta la principale forma di

deposito della vitamina D. In risposta ad uno stato ipocalcemico ed alla conseguente escrezione di PTH, si verifica una seconda ossidazione nei mitocondri del rene. Il prodotto, 1,25(OH)2D3 o 1,25-calcitriolo è la forma attiva della vitamina. L’azione

biologica della vitamina D è mediata da specifici recettori citoplasmatici per gli steroli (VDR, vitamin D receptors). La forma attiva viene trasportata dal citoplasma al nucleo attraverso il VDR. In seguito ad interazione dell’ormone con i geni bersaglio, vengono prodotte numerose proteine che stimolano il trasporto del calcio nei vari tessuti. La vitamina D opera insieme all’ormone paratiroideo per aumentare l’assorbimento di calcio, per stimolare il riassorbimento delle ossa e per ostacolare l’escrezione renale dello ione. Se le concentrazioni di calcio o di 1,25- calcitriolo sono elevate, si mette in moto la vitamina D 24-idrossilasi dei mitocondri renali che inattiva il 25(OH)D3

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ossidandolo a 24,25-diidrossicolecalciferolo e la vitamina D attiva ossidandola a 1,24,25-triidrossi derivato. Entrambi questi prodotti bloccano la secrezione dell’ormone paratiroideo. Altri fattori sono in grado di regolare la biosintesi della vitamina D come per esempio la bassa concentrazione di fosfato, la gravidanza e l’allattamento (che inducono stimolazione).

Assorbimento del calcio

Il calcio viene assorbito per trasporto attivo nel duodeno e nella prima parte del digiuno, ad opera di trasportatori la cui sintesi viene stimolata dalla vitamina D; inoltre, esso viene assorbito per trasporto passivo, attraverso la via paracellulare, lungo tutto l’intestino, compreso, seppur in minima parte, il colon. Nell’organismo umano il trasporto del calcio attraverso la via paracellulare non è influenzato dalla vitamina D e dipende soltanto dalla solubilità del calcio, dal tempo di transito del chimo nell’intestino e dalla permeabilità paracellulare del calcio. L’assorbimento attivo diviene prevalente quando il pasto è povero di calcio, mentre la frazione assorbita per trasporto passivo aumenta al crescere del contenuto calcico del chimo.

1.4.2 Le carenze dietetiche di calcio

Numerosi studi hanno dimostrato l’esistenza di una relazione fra ridotto introito di calcio, picco di massa ossea e rischio di frattura. Questa relazione diventa più preoccupante nei soggetti a rischio, come le donne in menopausa, gli anziani allettati o quelli che soffrono anche di più patologie (nefropatia, artrite reumatoide etc). In tali soggetti l’assunzione giornaliera di calcio risulta inadeguata rispetto ai valori ADR (1.5 g/die). Nello studio SENECA condotto in 12 paesi europei, è stata valutata l’assunzione di calcio in 2586 pazienti anziani. Sono state osservate carenze in quasi tutti i Paesi e con specifico riferimento all’Italia, l’intake medio di calcio è risultato minore del 37% rispetto ai valori raccomandati (ADR). Quasi il 20% dei soggetti studiati assumevano meno di 500 mg /die di calcio. Molti studi hanno dimostrato che la soglia di assunzione al di sotto della quale il bilancio di calcio è negativo (sottrazione dello ione dai depositi ossei) è circa 500 mg/die. In uno studio (Feskanich D et al 2003) 72337 donne in menopausa sono state monitorate per 18 anni. Durante questi anni sono state registrate 603 fratture di femore. Le fratture sono state correlate all’assunzione di calcio (e vitamina D) dopo stratificazione della popolazione in due gruppi. In un gruppo le donne assumevano meno di 600 mg/die di calcio mentre nell’altro assumevano più di 1200 mg /die. Si è riscontrato un aumento del rischio relativo (RR) di frattura del 38% in quelle a basso introito rispetto alla controparte a maggior introito giornaliero (vedi figura 1).

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16

1.4.3 Sali inorganici di calcio

Per le persone che sono a basso rischio di osteoporosi la perdita ossea può essere prevenuta mediante l’assunzione delle dosi raccomandate di calcio (1200-1500 mg/die per i ragazzi, 1000 mg per le donne in pre-menopausa, 1500mg per le donne in post-menopausa non trattate con estrogeni, 1000 mg per le donne in post- post-menopausa in terapia sostitutiva). Tali dosi possono venire facilmente raggiunte con una dieta bilanciata. Per le persone con osteoporosi conclamata o aree delle ossa scarsamente mineralizzate, le dosi indicate prima non sono sufficienti a ristabilire la densità e la mineralizzazione delle ossa, né a frenarne la perdita. Esistono vari sali di calcio contenenti diverse quantità di calcio l’uno rispetto all’altro ma nessuno di essi si è dimostrato particolarmente migliore rispetto agli altri (vedi tabella sottostante). L’assorbimento intestinale che è del 25-40% migliora in ambiente acido perciò i farmaci che riducono l’acidità dello stomaco, riducono l’assorbimento del calcio. Inoltre si ottiene un miglior assorbimento quando le dosi, se superiori ai 500 mg vengono frazionate durante la giornata. I sali più solubili come citrato, lattato e gluconato, sono meno influenzati dall’ambiente acido e perciò più adatti ai pazienti con scarsa secrezione gastrica. Il carbonato invece pur essendo poco solubile è molto economico. L’unica precauzione è di assumere le compresse con cibi o bevande di natura acida (come il succo di limone).

Figura 1. Rischio relativo di frattura del femore in

relazione all’introito giornaliero di calcio in donne in menopausa. (Dati da Feskanich D et al 2003).

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17 Sale Calcio (%) mg di calcio per compressa Carbonato di calcio Tums (500 mg masticabile) Titrilac (1g/ 5mL sospensione) Alka-Mints (850 mg masticabile) Os-CaI 500 (1250 mg compresse) Fosfato tricalcico Cloruro di Calcio Calcio fosfato tribasico

Posture (1565.2mg compresse) Citrato di calcio

Citrical (950 mg compresse)

Citrical Liquitab (2376 mg compresse effervescenti) Lattato di calcio Generico (325 mg compresse) Generico (650 mg compresse) Gluconato di calcio Neo-Calglucon (1.8g/5mL sciroppo) 40 39 27 23 21 13 9 200 mg 400 mg/5mL 340 mg 500mg 600mg 200 mg 500 mg 42 mg 84 mg 115 mg/5mL

1.5 ZEOLITE

Le zeoliti costituiscono una famiglia di alluminosilicati. La prima zeolite è stata descritta nel 1756 da Cronstedt, uno studioso di minerali svedese il quale coniò il nome da due parole greche che significano” pietre bollenti “. Tale denominazione deriva dalla capacità delle zeoliti di liberare vapore se riscaldate. Oggi sono noti circa 50 tipi di zeoliti naturali. La clinoptilolite è una zeolite di origine naturale ampiamente utilizzata e ricercata (con la seguente formula (Na,K)6(Al6Si30O72). 20 H2O). La

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18

cristallina costituita da 2 tetraedri di SiO4 ed AlO4 legati mediante ponti ossigeno (vedi

la figura 2).

Tale struttura cristallina genera ampi spazi liberi e canali nei quali possono essere accolti cationi e molecole relativamente grandi (Mumpton,1983). Le cariche negative delle unità alluminato e silicato sono neutralizzate dalla presenza di cationi come: calcio, magnesio, sodio, potassio ed in alcuni casi ferro. Questi ioni possono essere facilmente sostituiti da altre sostanze come metalli pesanti o ione ammonio(Semmens,1983). Questa possibilità è definita capacità di scambio cationico e rappresenta una delle principali caratteristiche della clinoptilolite. Inoltre la sua caratteristica struttura elettronica e le cariche negative presenti in essa la rendono particolarmente attiva nel neutralizzare i radicali liberi e nell’assorbimento di tossine (funzione di setaccio molecolare).

Recentemente è stato messo a punto un particolare processo di micronizzazione della clinoptilolite. Tale processo è oggetto di brevetto ed è stato realizzato sottoponendo il minerale ad un processo di collisione delle particelle fra di loro in mulini appositamente realizzati e brevettati, in modo che esse non venissero inquinate dai metalli. Il risultato che si ottiene è l’aumento del numero di particelle con dimensioni ridotte, un aumento della loro superficie ed un attivazione strutturale che consente loro di legare più velocemente e più stabilmente tossine, radicali e metalli, incrementandone l’attività. Infatti partendo da una dimensione di circa 3 m2/g di zeolite clinoptilolite, dopo

l’attivazione si raggiungono i 1000 m2/g. La zeolite così attivata è stata sottoposta ad

una serie di sperimentazioni biologiche che hanno portato alla registrazione da parte della Società austriaca PANACEO (PANACEO, International Active Mineral

Production Gmbh, Austria – Ecobiogroup srl Divisione Ecobiopharma – Via Valverde

3, 37122 Verona.)di diverse preparazioni che la contengono come Dispositivi Medici a Livello Europeo (DM-TUV CE 0197 del 2006), date le sue azioni di scambiatore di cationi, di blocco dei radicali liberi e di setaccio molecolare. Inoltre i prodotti composti da clinoptilolite attivata sono stati classificati dalla UE (codice GMDN) come:” sostanze ad uso orale adatte ad assorbire/chelare e rimuovere sostanze dannose e

Figura 2. Struttura della Zeolite

(19)

19

tossiche nel tratto gastrointestinale (ad esempio metalli pesanti, nitrosamine, ammonio, micotossine, cationi(radioattivi), pesticidi) riducendone l’assorbimento nel corpo. Possono anche funzionare come anti-ossidanti catturando radicali liberi e riducendo la formazione di ROS (reactive oxigen species). È tipicamente una zeolite attivata disponibile in polvere, capsule, compresse o in forma liquida.

Le zeoliti sono oggetto di studio in vari campi di applicazione farmaceutica, ad esempio come veicoli per principi attivi a basso peso molecolare, quali i farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), o per le caratteristiche di scambiatori di ioni e le proprietà antimicrobiche. Grazie alla presenza di alluminio, sulla superficie di questi silicati si trovano delle cariche negative, che in determinate condizioni, si legano agli ioni positivi del calcio.

1.5.1 Varie applicazioni della clinoptilolite

La clinoptilolite è assolutamente inerte. Infatti uno studio condotto sulla patogenicità in vitro ed in vivo di quarzo, terre di diatomee, mordenite e clinoptilolite ha evidenziato che quest’ultima risulta assolutamente atossica, a differenza delle altre sostanze che sono citotossiche (Adamis Z. et al.,2000). Numerosi studi sono stati condotti al fine di valutare la non tossicità della clinoptilolite addizionata ai mangimi usati nell’allevamento degli animali (e.g. Kyriakis S.C. et al., 2002) e i risultati ottenuti hanno consentito l’approvazione da parte della UE dell’uso della clinoptilolite di origine vulcanica nella classe dei “leganti, anti-agglutinanti e coagulanti” nei mangimi per maiali, conigli e pollame (Commission Regulation,2001). La prima applicazione della ZC (zeolite clinoptilolite) nell’uomo è quella relativa all’Enterex®, antidiarroico a base di clinoptilolite approvato dalla Cuban Drug Control Agency nel 1995. Questo antidiarroico ha dimostrato un’ottima tolleranza nei pazienti trattati ed assenza di reazioni avverse, compresa l’eventuale insorgenza di allergie.

La ZCA (zeolite clinoptilolite attivata) è l’unica sostanza inorganica, caratterizzata da una notevole capacità di scambio totale (0,64-0,98 mol/Kg), in grado di cedere i cationi liberi (Na+ , K + ,Ca2+ ,Mg2+ ) e legare al loro posto i metalli pesanti, ioni ammonio,

radioisotopi o altri cationi(Cd 2+,NH

4+ ,Fe 2+ ,Pb 2+ ,Cu2+ ,Cs+ ,Sr2+ ),per i quali manifesta

una grande selettività. Il vantaggio della ZCA è dovuto all’insolubilità delle particelle che passano inalterate nell’intestino e assorbono i metalli espellendoli insieme alle feci, non interferendo con alcuna funzione fisiologica intestinale. Questo meccanismo consente inoltre di spostare l’equilibrio fra l’intestino ed il resto dell’organismo con conseguente richiamo nel lume intestinale dei metalli dal resto dell’organismo, comportando quindi una disintossicazione sistemica. Una delle applicazioni della ZCA

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20

è stata infatti nel trattamento dei soggetti esposti alle radiazioni di Chernobyl colpiti da stronzio e cesio radioattivi, con risultati rilevanti.

La ZCA svolge anche la funzione di setaccio molecolare, bloccando nell’intestino tossine derivanti da infezioni locali o patologie che possono essere presenti anche in alcuni alimenti inquinati.

1.6 I GRANULATI

I granulati, oltre a rappresentare una fase intermedia nei processi produttivi di compresse o capsule, possono costituire una forma farmaceutica vera e propria. I granulati sono ottenuti da miscele omogenee di polveri con vari metodi di granulazione. Tramite il processo di granulazione le particelle delle polveri sono aggregate in granelli che sono sempre omogenei ma che rispetto alle particelle delle polveri hanno dimensioni maggiori. I motivi per cui spesso si ricorre alla granulazione sono: miglioramento delle caratteristiche delle polveri, in quanto, quando una miscela di polveri viene sottoposta a movimenti, le differenze di densità e di dimensione fra le varie particelle portano alla loro separazione, miglioramento della comprimibilità di una polvere e riduzione della dispersione delle polveri nell’ambiente (soprattutto di quelle fini).

1.6.1 Processi di Granulazione

I due tipi di granulazione utilizzati sono: a) Granulazione a secco;

b) Granulazione a umido.

Granulazione a secco

La miscela di polveri proveniente da un imbuto viene spinta da un sistema a coclea che serve anche a deaerarla. Essa viene fatta passare attraverso due cilindri che ruotano in senso inverso e la comprimono trasformandola in un foglio sottile. Questo foglio sarà poi frantumato e setacciato. La granulazione a secco permette di eliminare il calore e l’umidità che possono alterare principi attivi labili.

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21

In questo caso si adopera un solvente da solo o con l’aggiunta di un legante. La miscela di polvere viene così trasformata in una massa pastosa. Quest’ultima nella granulazione ad umido tradizionale sarà forzata a passare attraverso le maglie di uno staccio in modo da ottenere dei granuli che vengono in seguito essiccati e stacciati.

I più comuni metodi di granulazione ad umido sono: 1) impasto e granulazione attraverso reti;

2) impasto in mescolatori-granulatori ad alta velocità; 3) granulazione in letto fluido;

4) sferonizzazione;

5) granulazione per nebulizzazione (detta anche per atomizzazione o spray-drying).

1.6.2 Tipi di granulati

In base al modo di somministrazione o particolari caratteristiche esistono i seguenti tipi di granulati:

Granulati per somministrazione orale: possono essere commercializzati in contenitori a dose multipla oppure a dose unitaria. Generalmente sono somministrati con acqua. In alcuni casi devono essere ingoiati tali e quali mentre in altri devono essere masticati. Granulati effervescenti: sono commercializzati come i granuli precedentemente descritti. Contengono sostanze acide carbonati o bicarbonati che reagiscono rapidamente in presenza di acqua liberando anidride carbonica. Sono disciolti o dispersi in acqua prima della somministrazione.

Granulati per la preparazione di medicamenti liquidi per somministrazione orale: sono commercializzati in contenitori a dose multipla, destinati alla preparazione di soluzioni o sospensioni. Generalmente vengono addizionati prima di essere somministrati con acqua o con altro diluente appropriato e nel volume indicato.

Granulati rivestiti: sono commercializzati in contenitori a dose multipla. La loro superficie è ricoperta da uno o più strati di miscele diverse come ad es.: resine naturali o sintetiche, gomme, zuccheri ecc.

Granulati gastroresistenti: in questo caso i granuli sono impregnati o ricoperti con un materiale gastroresistente come per es.: cellulosa acetoftalato. Liberano perciò i medicamenti solo nel succo intestinale.

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22

Granulati a cessione regolata: essi possono essere rivestiti o non rivestiti. Vengono preparati con additivi speciali o con particolari procedimenti, o entrambi per poter modificare la velocità di cessione nel tubo digerente del o dei principi attivi.

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23

2. PARTE SPERIMENTALE

E’ noto che l’apporto insufficiente di calcio contribuisce alla diminuzione della densità ossea e induce un precoce deperimento osseo al quale si associa un aumento del rischio di fratture. La mancanza di calcio, se si protrae per lungo tempo, ha un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’osteoporosi. Per prevenire l’osteoporosi, si è pensato di aumentare la calcemia somministrando una quantità adeguata di calcio, il cui ammontare dipende dall’età del paziente. E’ generalmente condiviso che una dieta adeguata dovrebbe contenere una quantità giornaliera di calcio pari a circa 1000 mg nei primi 8 anni di vita, 1600 mg tra i 9 e i 17 anni di età e 1100 mg dai 18 ai 30 anni. Le quantità indicate possono variare di caso in caso e anche la letteratura scientifica non è del tutto concorde su quale dovrebbe essere l’apporto giornaliero, con la dieta, di calcio e di vitamina D nelle diverse fasi della vita. Attualmente, i più comuni integratori di calcio sono costituiti da sali di carbonato di calcio, citrato di calcio, cloruro di calcio e gluconato di calcio. Un importante limite delle formulazioni note di integratori di calcio è insito nel fatto che non consentono il rilascio graduale dello ione calcio, ma risentono esclusivamente della solubilità nei fluidi gastrointestinali del sale impiegato. Inoltre, la terapia basata sulla somministrazione di sali di calcio ha mostrato diverse controindicazioni causate dall’insorgere dell’ipercalcemia, ipercalciuria, litiasi calcica e insufficienza renale grave. I sali di calcio, come i fosfati e i carbossilati, sono poco solubili in acqua e formano idrossidi non anfoterici. Gli ioni di calcio che si formano nello stomaco per dissoluzione acida possono precipitare sotto forma di idrossidi, quando il chimo parzialmente digerito viene trasferito nell’intestino e si viene a trovare in un ambiente sempre più alcalino, quindi il calcio disciolto nello stomaco tende a precipitare nell’intestino causando effetti collaterali quali stipsi, flatulenza e gonfiore addominale. Inoltre, gli attuali integratori di calcio, se assunti in concomitanza ad una dieta ricca di calcio, possono provocare ipercalcemia, una patologia responsabile di numerosi effetti collaterali tra cui i più gravi a carico del cuore.

Lo scopo della presente tesi è stato quello di preparare una formulazione a rilascio controllato, la quale possa rilasciare il calcio nell’intestino in modo da rimpiazzare quello che viene assorbito, senza contribuire ad aumentare la concentrazione ad un valore superiore alla massima concentrazione di ioni calcio liberi nell’intestino, diminuendo così la dose giornaliera e gli effetti collaterali. Questa formulazione è stata realizzata unendo sostanze che contengono calcio a polveri minerali comunemente dette zeoliti e usando un eccipiente ceroso per rallentare il rilascio. Pertanto, la presente

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24

tesi si è articolata nelle seguenti fasi: purificazione della zeolite, preparazione di zeolite contenente calcio, studio del rilascio di calcio dalla zeolite, preparazione di granuli a base di zeolite contenente calcio, studio del rilascio di calcio dai granuli e caratterizzazione dei granuli mediante spettroscopia ATR-FTIR.

2.1 MATERIALI E METODI

2.1.1 Materiali

Sono stati usati i seguenti materiali:

• Zeolite del tipo clinoptilolite (GLENCOR S.r.l Group); • Cloruro di calcio (CaCl2)(Sigma- Aldrich);

• Etilene glicol-bis (β-aminoetil etere)-N,N,N’,N-acido tetraacetico (EGTA)

(Sigma-Aldrich);

• FURA-2 (Sigma –Aldrich); • Precirol® (Gattefossé ).

Tutte le soluzioni/dispersioni sono state preparate con acqua deionizzata.

2.2 METODI

2.2.1 Metodo di determinazione fluorimetrica di Ca2+ utilizzando l’indicatore fura-2

Fin dalla loro introduzione nel 1985 (Grynkiewicz, Grzegorz, Martin Poenie, and

Roger Y. Tsien. "A new generation of Ca2+ indicators with greatly improved

fluorescence properties." Journal of Biological Chemistry 260.6 (1985): 3440-3450.),

gli indicatori fura-2 e indo-1 sono stati citati in migliaia di lavori scientifici, grazie alla loro capacità di legare selettivamente il Ca2+.

La scelta di un indicatore rispetto ad un altro deve essere effettuata valutando la costante di dissociazione (Kd) o il suo inverso, la costante di associazione (Ka) che

descrive l’efficacia dell’indicatore nel legare il Ca2+. La K

d ha unità molare e

corrisponde alla concentrazione di Ca2+ alla quale metà delle molecole di indicatore sono legate al Ca2+ in condizioni di equilibrio.

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25

Come indicatore è stato scelto il fura-2, considerato come uno dei più efficaci indicatori del Ca2+.

Le soluzioni di calibrazione contenenti una desiderata concentrazione di CaCl2sono

state preparate aggiungendo differenti proporzioni di EGTA, in quanto l’EGTA è un agente chelante molto selettivo per gli ioni calcio. Successivamente, a 5 mL di tali soluzioni, sono stati aggiunti 2 μL di indicatore fura-2 (concentrazione 0.5 mg/mL) e le soluzioni sono state analizzate fluorometricamente a λecc=340 nm e λemis=510 nm.

Riportando in grafico le intensità di fluorescenza in funzione della concentrazione delle diverse soluzioni di calibrazione la risposta dell’indicatore era lineare e l’intercetta sull’asse delle x corrispondeva alla Kd.

Dunque, in presenza di soluzioni a concentrazione ignota di Ca2+, è possibile correlare

l’intesità di fluorescenza (F) alla concentrazione degli ioni Ca2+ ([Ca2+]) usando

l’equazione:

[Ca2+]= Kd (F-Fmin)/(Fmax-F)

dove Fmin e Fmax sono le intensità rispettivamente a 0 e alla concentrazione a saturazione

di ioni.

2.2.2 Purificazione della zeolite

Dieci grammi di zeolite sono stati sospesi in 500 mL di acqua sotto agitazione a temperatura ambiente per 24-72h. La sospensione è stata poi centrifugata a 2000 rpm per 10 minuti e lavata diverse volte con acqua e il pellet risultante è stato portato a secco in stufa a vuoto alla temperatura di 40°C.

2.2.3 Preparazione di zeolite contenente calcio

Ad una soluzione acquosa di zeolite purificata al 5% p/v è stato aggiunto un pari volume di una soluzione acquosa di CaCl2 quasi satura (0.7 M). La sospensione così

ottenuta è stata lasciata sotto agitazione per alcune ore in condizioni standard di temperatura e pressione e successivamente è stata centrifugata a 2000 rpm per 10 minuti. Il sedimento così ottenuto è stato essiccato in stufa a vuoto alla temperatura di circa 40 °C. Il surnatante derivante dalla centrifugazione, dopo opportuna diluizione è stato analizzato per il contenuto in Ca2+ come descritto nel paragrafo numero 2.2.1, al

fine di determinare la quantità di Ca2+ (EI) effettivamente presente nella zeolite

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26

EI= [(Mt-Ms)/ Mt] x 100

dove Mt è la massa totale di calcio usata per la preparazione e Ms è la massa trovata nel

surnatante.

2.2.4 Studio del rilascio di calcio dalla zeolite

L'apparecchiatura utilizzata per la determinazione della cinetica di rilascio di Ca2+ dalla zeolite si componeva di un termostato a circolazione esterna, regolato ad una temperatura di 37 °C, ed un becher (diametro interno, 95 mm; altezza, 100 mm) munito di camicia per la termostatazione, posto su di un elevatore, di un motore sincrono a 120 giri/min, che azionava un agitatore a palette (lunghezza 49 mm, altezza 15 mm), in cui si introducevano 500 mg della formulazione da testare. Al tempo t=0, l'agitatore veniva immerso nella fase ricevente (100 ml), contenuta nel becher, e pretermostatata a 37 °C. L'apparecchiatura descritta consentiva un controllo dell'idrodinamica intorno alla matrice. Ad intervalli di tempo di 30 minuti, per un totale di 2h, veniva prelevato un volume misurato (1 ml) della fase ricevente, che veniva analizzata fluorometricamente per la concentrazione di Ca2+ dopo centrifugazione a 13400 rpm per 10 minuti.

Se non diversamente indicato, i mezzi di eluizione erano fluidi gastrointestinali simulati, costituiti dalle seguenti soluzioni:

• Fluido gastrico simulato (FGS), costituito da HCl 0.04 M, pH 1.2, reso isotonico con NaCl (40 g di HCl 1N e 1 g di NaCl per 500 ml).

2.2.5 Preparazione di granuli a base di zeolite contenente calcio

Per la preparazione dei granuli il Precirol® che è un eccipiente ceroso è stato scaldato

in capsula di porcellana a 75 °C fino a completa fusione. All’eccipiente fuso è stata poi aggiunta gradualmente e sotto agitazione la zeolite contenente calcio essiccata. La miscela è stata dunque estrusa forzandola attraverso un setaccio. Le diverse tipologie di granuli di dimensioni da 0.9 a 1.2 mm, riportate in Tabella, sono state ottenute variando la dimensione della maglia e la percentuale di zeolite contenente calcio e/o Precirol®.

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27 Tabella 1. Caratteristiche dei granuli ottenuti. C=calcio, P= Precirol®, Z= zeolite contenente calcio.

2.2.6 Studio del rilascio del calcio dai granuli

L’apparecchiatura utilizzata è stata descritta nel paragrafo “Studio del rilascio di calcio dalla zeolite”. Al tempo t=0, l'agitatore veniva immerso nella fase ricevente (100 ml contenenti 100 mg del granulato da testare), contenuta nel becher, e pretermostatata a 37 °C.

I mezzi di eluizione erano fluidi gastrointestinali simulati, costituiti dalle seguenti soluzioni:

• FGS;

• Fluido digiunale (FDS) pH 6.8;

• Ambiente dell’intestino crasso (AICS) pH 7.4.

I fluidi utilizzati per simulare l’ambiente intestinale non contenevano ioni che dessero luogo alla formazione di sali insolubili del calcio; per questa ragione, le condizioni

Sigla Precirol®, % Ca2+, % Zeolite, % Dimensioni granuli, mm Z:P (80:20) 0.9 20 61 19 0.9 Z:P (70:30) 0.9 30 52.9 17.1 0.9 Z:P (50:50) 0.9 50 37.8 12.2 0.9 C:P (80:20) 0.9 20 80 - 0.9 C:P (70:30) 0.9 30 70 - 0.9 C:P (50:50) 0.9 50 50 - 0.9 Z:P (80:20) 1.2 20 61 19 1.2 Z:P (70:30) 1.2 30 52.9 17.1 1.2 Z:P (50:50) 1.2 50 37.8 12.2 1.2 C:P (80:20) 1.2 20 80 - 1.2 C:P (70:30) 1.2 30 70 - 1.2 C:P (50:50) 1.2 50 50 - 1.2

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28

sperimentali usate sono da considerarsi quelle in cui si ottiene la massima velocità di rilascio possibile.

Ad intervalli di tempo di 30 minuti, per un totale di 8h, veniva prelevato un volume misurato (1 ml) della fase ricevente, che veniva analizzata fluorometricamente per la concentrazione di Ca2+ dopo centrifugazione a 13400 rpm per 10 minuti.

2.2.7 Caratterizzazione dei granuli mediante spettroscopia ATR-FTIR

I componenti della formulazione studiata da soli o in forma di granulati sono stati caratterizzati mediante spettroscopia ATR-FTIR (Attenuated Total Reflectance-Fourier Transform Infrared Spectroscopy), usando lo strumento Cary 660 series FT-IR, AgilentTechnologies. I componenti sono stati analizzati in trasmittanza % in un range compreso tra 500 e 4000 cm-1 , con un intervallo di risoluzione di 4 cm-1 e con

un numero di acquisizioni pari a 32.

2.3 RISULTATI E DISCUSSIONI

2.3.1 Preparazione di zeolite contenente calcio

La struttura microporosa molto ordinata che caratterizza le zeoliti aumenta la superficie di interfaccia e facilita il processo di scambio ionico fra gli ioni positivi dei metalli alcalini della zeolite, quali ad esempio, gli ioni magnesio, gli ioni sodio e gli ioni potassio, con gli ioni calcio presenti nella soluzione quasi satura di CaCl2. Risultati

particolarmente efficaci sono stati ottenuti usando zeolite clinoptilolite le cui particelle avevano un diametro medio inferiore ai 0.5 μm. Partendo da un volume di 10 mL di zeolite e aggiungendo un volume di 10 mL di soluzione di CaCl2 0.7M in acqua, la

quantità di Ca2+ (EI) rilevata è risultata pari a 51.4±4.5.

Il rilascio di Ca2+ dalla zeolite nelle condizioni descritte nel paragrafo “Studio del

rilascio di calcio dalla zeolite” risultò essere il 100% dopo 30 min di eluizione. Pertanto, per ovviare a questo inconveniente, sono stati preparati granuli a rilascio modificato.

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29

La Figura 1 mostra la percentuale di Ca2+ rilasciata dai granuli di dimensioni 0.9 mm

immersi in FGS per 120 min. Dai dati riportati in figura, si vede come il rilascio sia completo dopo 2h di eluizione.

La Figura 2 mostra la percentuale di Ca2+ rilasciata dai granuli di dimensioni 1.2 mm immersi in FGS per 120 min. Dai dati riportati in figura, si osserva come il rilascio sia ritardato e influenzato dalla zeolite, ma non dalla percentuale di Precirol® presente nelle

formulazioni. Pertanto, la formulazione 20% Precirol®, 61% Ca2+ e 19% zeolite (Z:P

(80:20) 1.2) è stata scelta come formulazione ottimale, in quanto contiene, oltre alla zeolite, una dose di calcio maggiore rispetto alle altre. Dunque, questa formulazione è stata immersa in successione in FGS per 120 minuti, in FDS per 120 minuti e quindi in AICS, per simulare la digestione intestinale (pH 6.8 e 7.4) insieme ad altre due formulazioni prese come riferimenti, entrambe con la stessa proporzione di Precirol®

pari al 20% e precisamente, una formulazione contenente solo calcio come ulteriore componente, sigla C:P (80:20) 1.2 e una formulazione contenente talco (19%) e del calcio (61%), sigla C+T:P (80:20). Il talco è stato selezionato come riferimento perché presenta una composizione simile alla zeolite. I risultati sono riportati in Figura 3, dove si vede quanto la zeolite riesca a ritardare il rilascio del calcio rispetto alle due formulazioni di riferimento. Infatti, mentre la formulazione contenente la zeolite dà luogo al rilascio continuo e graduale di calcio per circa 6h, in assenza di zeolite, il rilascio di calcio si completa dopo 3h.

Dal profilo di rilascio ottenuto con la formulazione Z.P (80:20) 1.2 si può ipotizzare che il rilascio sia controllato dalla diffusione degli ioni calcio all’interno dei canali acquosi che si formano all’interno dei granuli una volta entrati in contatto con i fluidi fisiologici. Tale diffusione è rallentata dall’interazione degli ioni calcio con la superficie carica negativamente della zeolite. Infatti, i granuli costituiti da solo calcio e Precirol® (C:P (80:20) 1.2) non sono riusciti a controllare adeguatamente il rilascio

di calcio. I dati dimostrano inoltre che la particolare struttura molecolare nanoporosa della zeolite, grazie all’aumento della superficie specifica disponibile all’interazione con gli ioni calcio, è indispensabile ai fini del controllo del rilascio. Infatti, i granuli ottenuti con talco (C+T:P (80:20) 1.2) non sono stati in grado di controllare il rilascio. Se il rilascio fosse controllato dalla sola diffusione degli ioni calcio nei canali acquosi della zeolite, la sua velocità diminuirebbe nel tempo; ciò non si osserva nel profilo relativo a Z:P (80:20) 1.2, che anzi mostra un’accelerazione del rilascio dopo quattro ore dall’inizio dell’esperimento. Questo, si spiega con una progressiva disgregazione del granulo a mano a mano che si svuota dello ione calcio.

(30)

30 2.3.4 Caratterizzazione dei granuli mediante spettroscopia ATR-FTIR

Gli spettri relativi ai componenti della formulazione studiata sono stati confrontati con lo spettro acquisito con il granulato Z:P (80:20) 1.2 e i dati ottenuti sono riportati in Figura 4 e in Tabella 2. Occorre osservare che la zeolite, essendo un silicato di alluminio, presenta sia i segnali tipici dello stretching Si-O-Si (Al) (1027 e 795 cm-1) che le bande H-O-H dell’acqua associata di idratazione (3600-3400 e 1630 cm-1).

L’associazione zeolite-CaCl2 non comporta una variazione significativa dello spettro

della zeolite.

Le bande caratteristiche del Precirol® sono lo stretching asimmetrico e simmetrico (2956-2848 cm-1) ed il bending (1471 e 1392 cm-1) delle catene alifatiche, oltre allo

stretching dei carbonili esterei (1730 cm-1).

L’associazione fra Precirol®e CaCl

2 non determina variazioni significative delle bande

dello spettro della cerca, mentre l’associazione del Precirol® con la zeolite (Precirol®

-Zeolite) è confermata dalla presenza delle bande caratteristiche della zeolite.

Nello spettro del granulato finale è possibile riconoscere le bande caratteristiche dei singoli componenti: zeolite-CaCl2 (stretching dei silicati e acqua associata di

idratazione) e Precirol® (stretching e bending degli alifatici, stretching dei carbonili

(31)

31

3.CONCLUSIONI

E’ stata ottenuta una formulazione in grado di assicurare il rilascio graduale di calcio nell’intestino in modo da rimpiazzare quello che viene assorbito, senza contribuire ad aumentare la concentrazione ad un valore superiore alla massima concentrazione di ioni calcio liberi nell’intestino. Tale formulazione è stata ottenuta unendo sostanze che contengono calcio a polveri minerali comunemente dette zeoliti e usando un eccipiente ceroso per rallentare il rilascio. Sono stati ottenuti così dei granulati che sono stati sottoposti a studi di rilascio del calcio in fluido gastrico simulato, in fluido digiunale simulato e nell’ambiente dell’intestino crasso che hanno mostrato quanto la zeolite riesca a ritardare il rilascio del calcio rispetto alle formulazioni che non contenevano zeolite. Infatti, è stato dimostrato che la formulazione contenente zeolite dava un rilascio continuo e graduale di calcio per circa 6 ore, mentre con le formulazioni che non la contenevano, il rilascio era completo dopo circa 3 ore. Dunque, la struttura molecolare nanodispersa della zeolite, grazie all’aumento della superficie specifica disponibile all’interazione con gli ioni calcio, è indispensabile ai fini del controllo del rilascio. Grazie agli studi di rilascio è stato possibile selezionare, tra le varie formulazioni studiate, quella ottimale che contiene oltre alla zeolite, una dose di calcio maggiore rispetto alle altre. Tale formulazione è stata caratterizzata mediante spettroscopia ATR-FTIR che ha confermato nello spettro del granulato finale la presenza delle bande caratteristiche dei singoli componenti.

I granuli di zeolite contenente calcio, oltre a essere considerati una forma farmaceutica vera e propria, possono rappresentare il punto di partenza per la preparazione di compresse e rilascio ritardato.

(32)

32

4.FIGURE E TABELLE

Figura 1. Percentuale di Ca2+ rilasciata dai granuli di dimensioni 0.9 mm immersi in

fluido gastrico simulato (FGS).

Figura 2. Percentuale di Ca2+ rilasciata dai granuli di dimensioni 1.2 mm immersi in fluido gastrico simulato (FGS).

0 30 60 90 120 0 20 40 60 80 100 minuti % r ila s c ia ta C:P (80:20) Z:P (80:20) C:P (50:50) Z:P (50:50) 0 30 60 90 120 0 20 40 60 80 100 minuti % r ila sc ia ta C:P (50:50) Z:P (50:50) C:P (80:20) Z:P (80:20) Z:P (70:30)

(33)

33 Figura 3. Percentuale di Ca2+ rilasciata dai granuli di dimensioni 1.2 mm immersi in

successione in fluido gastrico simulato (FGS) per 120 minuti, in fluido digiunale simulato (FDS) per 120 minuti e quindi in ambiente dell’intestino crasso simulato (AICS). H2O di idratazione νas C-H e νs C-H νs C=O H2O di idratazione δas C-H δs C-H Silicato νas e νs Si-O Zeolite 3600 1632 1027 795 Zeolite CaCl2 3400 1631 1027 795 Precirol® 3304 2955 2913 2848 1730 1471 1392 Precirol® Zeolite 3600 2955 2915 2849 1734 1634 1471 1392 1027 795 Precirol® CaCl2 3403 2956 2914 2849 1734 1623 1471 1392 Granulo 3400 2960 2916 2848 1735 1626 1470 1396 1020 798

Tabella 2. Bande H-O-H dell’acqua associata di idratazione e segnali relativi allo

stretching Si-O-Si (Silicato νas e νs Si-O), allo stretching simmetrico e asimmetrico (νas

C-H e νs C-H), al bending delle catene alifatiche (δas C-H e δs C-H) e allo stretching dei

carbonili esterei (νs C=O).

0 60 120 180 240 300 360 420 480 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 minuti % r ila s c ia ta Z:P (80:20) 1.2 pH 1.2 pH 6.8 pH 7.4 C:P (80:20) 1.2 C+T:P (80:20) 1.2

(34)

34 Figura 4. Spettro del granulato Z:P (80:20) 1.2 e spettri dei componenti della

(35)

35

5. BIBLIOGRAFIA

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Riferimenti

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