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La motricità fine fra i banchi di scuola

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Academic year: 2021

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GIULIA MARINONI

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

LA MOTRICITÀ FINE FRA I BANCHI DI SCUOLA

RELATRICE

CHIARA ZURETTI

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Ci tengo particolarmente a ringraziare Chiara Zuretti, relatrice di questo lavoro di tesi, per l’aiuto e il sostegno che mi ha concesso durante questo percorso e per la sua disponibilità durante i nostri incontri.

Ringrazio immensamente anche Michele Egloff e Andrea Plata, ricercatori del CIRSE, per la loro disponibilità e per aver accettato di aiutarmi, accompagnarmi e ascoltarmi nell’ultimo periodo di realizzazione del mio lavoro di diploma.

Ringrazio anche le ergoterapiste Corinna Franscini, Simona Santoro e Lietta Santinelli per la loro gentilezza e i preziosi consigli forniti nel corso del mio lavoro di tesi.

Un sentito ringraziamento anche alla mia collega che mi ha consigliato di scegliere questo tema così come ai “miei bambini”, i quali hanno sempre affrontato con entusiasmo le attività che ho proposto.

Per finire, un sincero grazie ai miei genitori, a mia sorella, ai miei amici (in particolare Lucia) e al mio ragazzo che hanno sempre creduto in me e mi hanno supportata (e sopportata) durante questo cammino.

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Abstract

Giulia Marinoni

Bachelor of Arts in Primary Education

La motricità fine fra i banchi di scuola Relatrice: Chiara Zuretti

Diverse ricerche mostrano come le competenze di motricità fine influenzano in maniera importante il rendimento scolastico dell’allievo così come la sua vita quotidiana. Per questo motivo è anche compito degli insegnanti facilitare e garantire lo sviluppo di queste abilità fra le mura scolastiche. La motricità fine risulta essere una competenza fondamentale per quanto riguarda la capacità di scrittura e, nello specifico, la presa della matita. Nella presente ricerca, sono stati presi in analisi cinque casi ai quali sono state somministrate delle prove concernenti la presa della matita e la precisione del tratto di scrittura a seguito di un intervento mirato sull’attivazione della competenza di motricità fine. Lo scopo del presente lavoro era di osservare in che misura degli interventi sulla motricità fine influenzassero la presa della matita e la precisione del tratto dell’allievo. L’analisi dei dati raccolti non conferma completamente quanto ipotizzato: l’impugnatura degli allievi non ha subito miglioramenti ma, la precisione del tratto di scrittura, è progredita rispetto alle osservazioni ricavate all’inizio della ricerca.

Parole-chiave: motricità fine – presa della matita – attività grafo-motorie – apprendimento della scrittura

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Sommario

Introduzione ... 1  

Quadro teorico ... 2  

L’entrata nella lingua scritta ... 2  

L’evoluzione dell’apprendimento della scrittura ... 3  

Scrivere: un processo lungo e complesso ... 4  

La motricità fine e la presa della matita ... 6  

Come aiutare i bambini? ... 11  

A scuola ... 11  

Domanda di ricerca e ipotesi ... 14  

La domanda di ricerca ... 14  

L’ipotesi di ricerca ... 14  

Disegno di ricerca ... 15  

Popolazione e criteri di selezione ... 15  

Interventi proposti ... 17  

Pre- e post-test ... 21  

Presentazione dei risultati ... 23  

Analisi della presa della matita ... 23  

Allievo A. ... 23  

Allievo B. ... 23  

Allievo C. ... 24  

Allievo D. ... 24  

Allievo E. ... 24  

Analisi della precisione del tratto ... 25  

Allievo A. ... 25  

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Allievo D. ... 27  

Allievo E. ... 28  

Discussione dei risultati ... 29  

Conclusioni ... 31   Limiti ... 32   Piste di sviluppo ... 32   Bibliografia e sitografia ... 34   Bibliografia ... 34   Sitografia ... 36   Allegati ... 37  

Allegato 1: fotografia presente sul banco di A. ... 37  

Allegato 2: presa interdigitale distale di A. ... 37  

Allegato 3: presa quadridigitale laterale di B. ... 38  

Allegato 4: presa quadridigitale di C. ... 38  

Allegato 5: presa tridigitale laterale di D. ... 39  

Allegato 6: presa palmare a quattro dita di E. ... 39  

Allegato 7: interventi ... 40  

Allegato 8: ginnastica delle mani (attività selezionate da Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009) ... 44  

Allegato 9: pre- e post-test ... 47  

Allegato 10: tabella d’osservazione (pre- e post-test) ... 50  

Allegato 11: percorso pre-test svolto da A. ... 51  

Allegato 12: percorso post-test svolto da A. ... 52  

Allegato 13: copiatura di parole e non parole svolto da A. (pre-test) ... 53  

Allegato 14: copiatura di parole e non parole svolto da A. (post-test) ... 56  

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Allegato 18: copiatura di parole e non parole svolto da B. (post-test) ... 64  

Allegato 19: percorso pre-test svolto da C. ... 67  

Allegato 20: percorso post-test svolto da C. ... 68  

Allegato 21: copiatura di parole e non parole svolto da C. (pre-test) ... 69  

Allegato 22: copiatura di parole e non parole svolto da C. (post-test) ... 72  

Allegato 23: percorso pre-test svolto da D. ... 75  

Allegato 24: percorso post-test svolto da D. ... 76  

Allegato 25: copiatura di parole e non parole svolto da D. (pre-test) ... 77  

Allegato 26: copiatura di parole e non parole svolto da D. (post-test) ... 80  

Allegato 27: percorso pre-test svolto da E. ... 83  

Allegato 28: percorso post-test svolto da E. ... 84  

Allegato 29: copiatura di parole e non parole svolto da E. (pre-test) ... 85  

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Introduzione

Nel corso delle pratiche professionali svolte presso il Dipartimento di formazione e apprendimento (DFA) ho potuto notare che, soprattutto in prima elementare e alla Scuola dell’infanzia, venivano proposte attività con lo scopo di stimolare la motricità fine1. In seconda elementare, invece, queste pratiche erano completamente abbandonate dai docenti titolari per privilegiare probabilmente le discipline scolastiche. Durante la PP3 svolta in una pluriclasse 1a-2a elementare nel Mendrisiotto, ho potuto osservare attività di prescrittura di lettere e numeri che portavano gli allievi a scrivere in diverse maniere: nella sabbia, sdraiati sotto al banco su un foglio appeso sopra la loro testa, su un giornale, sulla lavagna con il dito, con delle corde, ecc.

Come sostenuto dalla letteratura scientifica attorno a questo tema, le competenze di motricità fine influiscono molto sull’andamento scolastico del bambino e una lacuna in quest’ambito può avere delle ripercussioni sull’allievo stesso (Bart, Hajami & Bar-Haim, 2007; Gaul & Issartel, 2006; Grissmer, Grimm, Aiyer, Murrah & Steele, 2010; St. John, 2013). Secondo Grissmer et al. (2010) alcune problematiche nell’ambito della motricità fine possono essere associate a delle difficoltà di apprendimento così come a dei disturbi di comportamento e del linguaggio e a dei deficit di attenzione. Inoltre, avere una scarsa motricità fine ha un impatto negativo sulle competenze di cura di sé necessarie a scuola (Grissmer & al., 2010). I bambini avranno quindi difficoltà a vestirsi da soli, ad abbottonarsi i vestiti, ad allacciarsi le scarpe, a mangiare autonomamente e a praticare una buona igiene personale. In più, tali difficoltà nell’ambito della motricità fine possono influire sul concetto di sé del bambino, il quale potrà avere difficoltà a livello relazionale, una scarsa autostima e una maggiore tendenza a isolarsi (Bart & al., 2007).

Il presente lavoro di tesi intende osservare ed esercitare le capacità di motricità fine in una classe di seconda elementare del Cantone Ticino. Più precisamente, tale lavoro si focalizza sull’osservazione qualitativa da parte della docente-ricercatrice per quanto riguarda la presa della matita e la precisione del tratto di cinque allievi presenti in classe, prima e dopo aver proposto loro (e al resto della classe) delle attività legate allo sviluppo delle competenze di motricità fine.

1 La motricità fine è la capacità di coordinare un gruppo di piccoli muscoli necessari per completare un compito o partecipare a un’attività (St. John, 2013).

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Quadro teorico

L’entrata nella lingua scritta

La lingua scritta è un oggetto culturale che necessita di un apprendimento guidato e situato. Richiede inoltre un processo di acculturazione che si sviluppa attraverso la comprensione della funzionalità della lingua scritta, l’appropriazione delle sue pratiche per arrivare alla comprensione dei suoi meccanismi interni. Bisogna però sottolineare che non tutte le comunità hanno e utilizzano la lingua scritta ma impiegano unicamente la forma orale come ad esempio le tribù aborigene (Bocchi & Antonini, 2016).

Il processo d’entrata nella lingua scritta non si riduce soltanto a un insieme di abilità motorie e sensoriali e all’acquisizione della capacità ad associare elementi privi di significato, nello specifico fonemi2 e grafemi3, ma dà ampia importanza all’attività del soggetto (Bocchi, 2015). Per il bambino, le parole scritte rappresentano un oggetto di conoscenza che suscitano la sua curiosità e conducono l’individuo a porsi delle domande. Questo processo permette al bambino di formulare delle ipotesi, di controllare se sono valide o meno, di confrontarsi di fronte a contraddizioni e, se è il caso, di formulare altre rappresentazioni sempre più pertinenti alle caratteristiche del sistema alfabetico.

Nel corso degli anni avviene un’evoluzione che, secondo Bocchi (2015), porta il bambino a essere in grado di capire che il nostro sistema di scrittura fa riferimento a relazioni che esistono fra lingua orale e scritta. Ferreiro e Teberosky (1985) hanno individuato tre periodi fondamentali che caratterizzano questo processo, all’interno dei quali è possibile considerare diversi livelli.

Il primo periodo è caratterizzato dalla differenza che esiste fra segni grafici figurativi e segni grafici non figurativi. In altre parole, il bambino inizia a fare distinzione fra disegno e scrittura. In questa fase appaiono i primi grafismi, ad esempio l’imitazione del corsivo.

In seguito avviene un secondo periodo che corrisponde alla costruzione di diversi tipi di scrittura tenendo in considerazione il principio di quantità minima e di varietà interna. I bambini credono che

2 Fonema: suono linguistico adottato da una certa lingua come unità minima fonologica con valore distintivo (Bocchi &

Antonini, 2016).

3 Grafema: segno che in un sistema grafico (alfabetico, sillabico o ideografico) costituisce l'unità grafica minima

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per scrivere qualcosa vi sia bisogno di utilizzare al minimo 2-3 caratteri (quantità minima) e che, per far sì che lo scritto abbia significato, sia necessario che non ci siano troppe ripetizioni della stessa lettera (varietà interna): ad esempio la sequenza “TTT” è scartata dal bambino ma “OTU” è tenuta in considerazione. In questo momento, scritture identiche possono ricevere diverse interpretazioni a dipendenza del contesto di riferimento (solitamente in questa fase appaiono lettere convenzionali riconducibili alle lettere del proprio nome). Durante questo periodo i bambini non sono difatti coscienti delle proprietà dei diversi tipi di scrittura. Una grande evoluzione si presenta quando i bambini scoprono il principio di decontestualizzazione che permette loro di comprendere che una scrittura non cambia di senso quando cambia il contesto: la forma scritta determina il significato della parola scritta.

Da ultimo, il terzo periodo è caratterizzato dalla fonetizzazione della scrittura. All’interno di questo periodo i bambini formulano ipotesi a più livelli: sillabico, sillabico-alfabetico e alfabetico. All’inizio di questo periodo il bambino scopre che la lingua scritta corrisponde a quella orale. Più precisamente, il bambino cerca di stabilire delle corrispondenze fra carattere convenzionale e sillaba (fase sillabica). In una tappa successiva, il bambino raggiunge la fase sillabica-alfabetica nella quale regola e corregge la sua produzione fino ad anticipare la giusta quantità di sillabe di una parola. Più tardi, durante la fase alfabetica, il bambino scopre che ogni segno della scrittura corrisponde a un valore sonoro minimo (fonema). In altre parole il bambino padroneggia la corrispondenza fra grafema e fonema.

A seguito dei tre periodi descritti da Ferreiro e Teberosky (1985), l’evoluzione della scrittura termina nella fase ortografica, nella quale si sviluppa nel bambino la capacità di far coincidere un suono a un gruppo di lettere (ad esempio gn, gl, ecc.).

L’evoluzione dell’apprendimento della scrittura

L’evoluzione della scrittura nel corso dell’apprendimento riguarda sia gli aspetti statici (la forma delle lettere, la grandezza, gli spazi e l’allineamento) che dinamici (la durata del movimento, il profilo di velocità, quante volte si alza la matita dal foglio e la pressione) della scrittura (Bara & Gentaz, 2010).

All’inizio dell’apprendimento, l’attenzione dei bambini è interamente orientata sul tratto della matita che forma la lettera della quale imparano la forma e l’accento è messo sulla padronanza della forma e sulla riproduzione “fedele” del modello proposto (Bara & Gentaz, 2010). In generale, i

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bambini tracciano delle lettere di grande dimensione e si possono osservare delle spaccature nei tratti così come dei tremolii. Secondo van Mier (2006), i bambini di 4-5 anni producono dei gesti continui (onde) o discontinui (zig-zag) producendo dei piccoli movimenti interrotti da delle pause. Nel corso dell’apprendimento, il numero di queste pause nel movimento diminuisce.

La dimensione delle lettere al primo anno di Scuola elementare è molto grande rispetto a quella auspicata dai docenti e si riduce notevolmente fra il primo e il secondo anno di Scuola elementare. Fra i 7 e i 9 anni, si può osservare una diminuzione progressiva della dimensione del segno tracciato,della durata di realizzazione del tratto e del numero e della durata delle pause. Fra i 9 e 10 anni si nota un forte aumento della velocità di scrittura che genera però un peggioramento temporaneo nella precisione e nella qualità del tratto prodotto (Bara & Gentaz, 2010). Questo momentaneo “declino” è probabilmente dovuto dal fatto che il bambino personalizza la propria scrittura utilizzando uno stile misto (miscuglio di lettere in corsivo e in stampatello minuscolo). Tale personalizzazione comporta un aumento della velocità di scrittura rispetto ai bambini che utilizzano soltanto il corsivo o lo stampatello minuscolo. A partire dai 10 anni i cambiamenti nella scrittura sono minimi e quest’ultima continua ad automatizzarsi (Bara & Gentaz, 2010).

La ricerca condotta da Chartrel e Vinter (2006), nella quale adulti e bambini di 7, 8 e 9 anni avevano come compito di scrivere alcune lettere in corsivo con o senza informazioni visive, mostra come l’assenza di feedback visivi condizioni maggiormente i movimenti dei bambini rispetto a quelli degli adulti. Le produzioni dei bambini subiscono infatti un aumento della velocità, della lunghezza dei tratti che formano la lettera, della fluidità e della pressione. Le stesse autrici ritengono che l’automatizzazione della scrittura, la quale si traduce in un miglioramento della velocità di scrittura, sopraggiungerebbe in parte grazie al passaggio da un modo di controllo dei movimenti retroattivi (basati sui feedback sensoriali) a un modo di controllo proattivo (basato su un programma motorio interno). Difatti, all’inizio dell’apprendimento i bambini utilizzano, mentre tracciano una lettera, dei feedback sensoriali (visivi e cinestetici) provenienti dai propri movimenti (che devono essere necessariamente lenti, affinché le informazioni sensoriali possano essere recuperate e utilizzate). Questo processo di automatizzazione risulta essere molto importante durante un’attività di scrittura e sarà spiegato più dettagliatamente nel capitolo successivo.

Scrivere: un processo lungo e complesso

La scrittura è un’attività complessa nella quale si attivano contemporaneamente molte competenze: senso-motorie, d’attenzione, cognitive e linguistiche. In effetti, per noi adulti scrittori esperti,

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sembrerebbe essere un processo semplice e naturale come andare in bicicletta o allacciarsi le stringhe ma, in realtà, quest’impressione è il risultato di un apprendimento complesso e di un’automatizzazione dei gesti di scrittura. Basterebbe provare a ricopiare quest’ultima frase con la nostra mano dominante e poi ripetere l’esercizio con la mano non dominante per capire che il compito si complica notevolmente. Nel secondo caso, l’esercizio di copiatura richiede attenzione sostenuta, lo sguardo si focalizza sulla mano e sulle tracce lasciate dalla penna, i movimenti della mano rallentano e la dimensione del tratto aumenta (Bara & Gentaz, 2010).

La scrittura è un processo multisensoriale che implica l’integrazione di sistemi visivi, motori, sensoriali e percettivi. Inoltre, la scrittura è un’integrazione di forma delle lettere (codice ortografico), di pronuncia delle lettere (codice fonologico) e di forma scritta delle lettere (codice grafo-motorio). L’apprendimento della scrittura è un processo lungo e l’appropriazione di questa competenza richiede l’automatizzazione di certe capacità, in particolare grafo-motorie e ortografiche (Lavoie & Morin, 2013; Medwell & Wray, 2008). Gli autori sostengono che lo sviluppo della competenza di scrittura richiede la coordinazione di un gran numero di capacità cognitive e metacognitive. Del resto, nei primi anni di Scuola elementare, il bambino dedica la maggior parte della sua energia cognitiva (se non addirittura la totalità) alla gestione ortografica e grafo-motoria della scrittura a discapito della pianificazione e della revisione dell’attività di scrittura (Lavoie & Morin, 2013). L’automatizzazione permette all’allievo di distribuire l’attenzione da un processo di ordine inferiore (in questo caso la scrittura) a delle competenze di ordine superiore necessarie alla composizione di un testo scritto, ossia la capacità di pensiero.

È per questo motivo che è importante automatizzare certi meccanismi nell’atto di scrittura (ad esempio il recupero in memoria dell’ortografia delle parole, l’attività grafo-motoria legata ai movimenti per tracciare le lettere,…) in modo che l’allievo possa dedicarsi alla gestione delle attività cognitive più complesse coinvolte nella produzione di un testo.

L’attività grafo-motoria è quindi un elemento fondamentale nell’atto di scrittura e, presentare dei problemi in questa competenza, influenza di conseguenza la qualità dello scritto. In generale, circa un quinto degli studenti in età tra i 6 e i 25 anni presenta delle difficoltà grafo-motorie (Santinelli, 2010). Questo tipo di difficoltà può avere quindi delle ripercussioni sullo sviluppo della competenza di scrittura.

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A tal proposito Fantuzzi e Tagliazucchi (2009) sostengono che è importante agire specificamente sulla componente grafo-motoria proponendo attività inerenti alla stimolazione e al potenziamento dei prerequisiti motori specifici della scrittura, ossia:

- la coordinazione oculo-manuale ossia la capacità coordinativa specifica di controllo e di regolazione dei movimenti dell’arto superiore e della mano, movimenti continuativamente controllati dall’analizzatore visivo (l’occhio) (Meinel, 2000);

- la coordinazione dinamica dell’arto superiore che include la presa di coscienza e l’utilizzo differenziato dell’arto superiore, al fine di rendere possibile la posizione stabile del braccio steso, sulla quale si attiva la manualità fine della mano;

- la motricità fine della mano.

La motricità fine e la presa della matita

La motricità fine è la capacità di coordinare un gruppo di piccoli muscoli necessari per completare un compito o partecipare a un’attività (St. John, 2013). In altre parole, è il prodotto di movimenti precisi che richiedono il controllo muscolare di diverse parti del corpo. Tali gruppi di muscoli sono concentrati in tre aree: la faccia, le mani e i piedi.

La motricità fine, per essere adeguata all’attività di scrittura, deve soddisfare determinate caratteristiche quali la precisione, la forza muscolare, la coordinazione neuromuscolare e l’automatizzazione (Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009). La precisione è caratterizzata dall’isolamento dei movimenti interessati nella scrittura cioè movimenti globali che interessano la spalla, il braccio, l’avambraccio e il gomito e quelli fini caratterizzati dai movimenti della mano, del polso e delle dita. La forza muscolare interessa prevalentemente la mano e permette i movimenti di estensione che sono alla base della scrittura stessa. Poca forza nelle dita potrebbe dare origine a una scarsa precisione del gesto grafico: in questo caso, l’atto di scrittura tende a coinvolgere i movimenti dell’avambraccio, della spalla e perfino del tronco. Tale situazione genera nel bambino affaticamento e tratti grafici poco armonici. La coordinazione neuromuscolare indica la coordinazione di muscoli agonisti (muscoli principali che si contraggono durante un determinato movimento) e antagonisti (contrapposti a quelli agonisti), che evita la comparsa di tensione fornendo fluidità e armonia al gesto grafico. L’automatizzazione racchiude gli schemi motori necessari all’esecuzione dei movimenti e dei tratti di scrittura (Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009). In altre parole, tale competenza comporta un aumento della velocità di scrittura in quanto i movimenti delle lettere sono ormai interiorizzati.

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Uno studio condotto da McHale e Cermak (1992) ha rivelato che i bambini trascorrono tra il 30% e il 60% della giornata scolastica svolgendo attività legate alla motricità fine (ad esempio scrivere spontaneamente o copiando dalla lavagna, disegnare, ritagliare, piegare fogli, ecc.). Secondo St. John (2013), molti studi hanno riconosciuto l’importanza dello sviluppo della motricità fine nelle mura scolastiche: la motricità fine è una competenza fondamentale e può influenzare positivamente lo sviluppo dell’allievo a scuola. Vi è inoltre una relazione fra competenze di motricità fine ben sviluppate e una migliore riuscita scolastica così come dei comportamenti sociali positivi. Al contrario, delle competenze deboli per quanto concerne la motricità fine possono contribuire all’insuccesso scolastico (Grissmer & al., 2010).

La motricità fine è quindi in stretto contatto con il mondo scolastico poiché correlato con le capacità di scrittura, lettura e linguaggio orale: tutte competenze attivate durante le lezioni che proponiamo alle nostre classi. Secondo Grissmer et al. (2010), la scrittura esige motricità fine nelle mani così come la coordinazione oculo-manuale. Parlare richiede motricità fine in quanto controlla la produzione del suono. Mentre la lettura necessita dell’utilizzo della motricità fine per controllare il movimento degli occhi mentre quest’ultimi rilevano le parole.

La scrittura è la coordinazione di diversi elementi legati alla motricità fine. A questo proposito, secondo St. John (2013), l’allievo deve difatti possedere la coscienza della posizione di mani e braccia nello spazio (propriocezione) così come articolazioni stabili sotto la mano. La posizione della mano, per essere adeguata durante un’attività di scrittura, deve essere al di sotto della linea di scrittura; una posizione della mano “a gancio”, ossia al di sopra della linea, rende difficoltoso tale processo: tale posizione si riscontra particolarmente nei mancini a causa dell’adattamento posturale che devono attuare per facilitare la visione della scrittura stessa (Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009). In questo senso, però, è consigliabile un “adattamento ecologico” attraverso la rotazione del foglio di 45 gradi verso destra. Un’altra caratteristica necessaria è la capacità di manipolare le dita per tenere la matita (o un qualsiasi strumento per scrivere) e controllare la mano. Il bambino deve anche padroneggiare le abilità di seguire le lettere e le parole mentre scrive e quella di spostare la linea mediana del proprio corpo. Il bambino deve inoltre avere la coordinazione di entrambi i lati del corpo. Tutti questi fattori si devono produrre simultaneamente mentre si scrive.

Prima di iniziare a scrivere le lettere o le parole, un bambino deve essere capace di tenere e di manipolare uno strumento di scrittura (matita, pennarello, penna, ecc.). Tale processo è facilitato da una buona presa della matita; le prese possono essere primitive (o immature), transitorie e mature

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(Promoting Literacy Development, n.d.). Inizialmente il bambino favorisce un tipo di presa primitivo, questa prensione è caratterizzata dal fatto che lo strumento di scrittura è impugnato come se fosse un pugnale (cfr. figura 1) ed è quindi tenuto inizialmente nel palmo della mano. Il movimento si genera principalmente dalla spalla; il braccio e la mano si spostano come un’unità. Progressivamente il bambino dovrebbe entrare nella fase delle prese transitorie (cfr. figura 2) per poi arrivare alla presa matura a lui più funzionale. Una presa è detta transitoria quando la matita o, più in generale, lo strumento di scrittura, è impugnato da tutte le dita e il palmo della mano è rivolto verso il basso. I movimenti si producono principalmente a livello del gomito; l’avambraccio e la mano si muovono come se fossero un’unità. La prensione si sviluppa quindi durante i primi anni di vita e arriva alla sua “maturazione” intorno ai 6 anni.

Fig. 1 - Esempio di presa primitiva Fig. 2 - Esempio di presa transitoria Promoting Literacy Development (n.d.).

Secondo Zwicker (2005), una presa della matita adeguata e funzionale è necessaria per permettere al bambino di controllare i tratti prodotti della matita. La presa della matita varia secondo l’età del bambino: passa da una presa palmare (la matita è tenuta in tutta la mano, cfr. figura 3) a una quadridigitale statica (il braccio si muove ma le dita restano ferme, cfr. figura 4) per poi arrivare a una presa dinamica nella quale anche le dita si muovono (cfr. figura 5). Una buona prensione della matita è importante al fine di evitare fatica muscolare e per aumentare la velocità di scrittura.

Fig. 3 - Presa palmare (12-18 mesi) Fig. 4 - Presa quadridigitale statica (3;6-4 anni)

Fig. 5 - Presa dinamica (4;6-6 anni) Yern (n.d).

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Una presa, per essere funzionale, deve soddisfare i seguenti criteri (Bernotti, Coppi, Genasci, Valletta & Veronelli, 2012):

- permettere l’esecuzione di un gesto grafico ritmato, scorrevole e veloce; - favorire una grafia chiaramente leggibile;

- permettere alle articolazioni e alla muscolatura di non essere sollecitate eccessivamente, quindi non causare affaticamento e dolori;

- essere stabile e permettere movimenti differenziati delle dita.

La maggior parte dei bambini fra 4-6 anni sviluppa una presa di tipo tridigitale dinamica (Tseng & Cermak, 1993): in questo tipo di presa il pollice e l’indice afferrano la matita, mentre quest’ultima appoggia sul dito medio.

Secondo Fantuzzi e Tagliazucchi (2009) la prensione tridigitale (o “a tre dita” o tripode) permette una coordinazione neuromuscolare efficace, per questo motivo è importante sviluppare e potenziare tale posizione. Sebbene tale presa sia la più promossa dagli ergoterapisti e gli educatori, Zorzetto e Santinelli (2016) sostengono invece che non esiste la presa ideale; ciò che può essere utile ai bambini con difficoltà in quest’ambito è una rieducazione che rende la presa più funzionale (ad esempio sviluppare le competenze di motricità fine, rendere più dinamica la presa della matita, rafforzare la propriocezione, ecc.).

Tseng (1998) ha realizzato un sistema esaustivo di classificazione a seguito dei suoi studi sullo sviluppo della presa della matita fra i bambini taiwanesi di età prescolare. Secondo questa classificazione, la presa tridigitale laterale e quella quadridigitale dinamica sono delle prese mature equivalenti a quella tridigitale dinamica in termini di leggibilità e/o velocità. Dennis e Swinth (2001) hanno identificato un quarto modello di presa, quello quadridigitale laterale, dichiarato idoneo al compito di scrittura. Santinelli (2010) sostiene che la presa interdigitale distale è ugualmente accettata come presa funzionale. Tale presa riduce la pressione sul pollice ed è consigliata in caso di dolori.

I tipi di presa individuati dagli studi di Tseng e colleghi sono i seguenti: presa tridigitale dinamica (cfr. figura 6); presa tridigitale laterale (cfr. figura 7); presa quadridigitale dinamica (cfr. figura 8); presa quadridigitale laterale (cfr. figura 9); presa a quattro dita (cfr. figura 10); presa interdigitale distale (cfr. figura 11).

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Fig. 6 - Presa tridigitale dinamica Fig. 7 - Presa tridigitale laterale Fig. 8 - Presa quadridigitale dinamica

Fig. 9 - Presa quadridigitale laterale Fig. 10 - Presa a quattro dita Fig. 11 - Presa interdigitale distale Tseng (1998); Dennis & Swinth (2001) citati in Koziatek & Powell (2003).

Una ricerca condotta da Koziatek e Powell (2003) su un campione di 99 allievi di quarta elementare concernente il tipo di presa utilizzato durante la scrittura ha portato i seguenti risultati: il 38% degli allievi usa la presa tridigitale dinamica, il 22% impiega la presa tridigitale laterale, il 21% quella quadridigitale laterale e il 18% ha una presa di tipo quadridigitale dinamico. Secondo gli autori è responsabilità degli insegnanti (e degli ergoterapeuti in ambito scolastico) decidere quando la leggibilità della scrittura, la velocità e la presa della matita sono funzionali ai bisogni educativi.

Bernotti et al. (2012) sostengono che, in base a quanto affermato nell’opera di Case-Smith (2005), un intervento di modifica dell’impugnatura può essere necessario se il bambino presenta dolori, fatica, crampi e forte tensione muscolare mentre scrive. Un altro aspetto da tenere in considerazione è l’abilità della mano; se tale capacità è ridotta nel formare lettere e nella velocità di esecuzione allora un intervento è auspicabile. Gli autori suggeriscono di intervenire anche nel caso in cui i movimenti della dita risultano limitati a causa del poco spazio che si crea tra pollice e indice durante la presa della matita (commissura indice-pollice troppo chiusa). Inoltre, se durante l’attività di scrittura, il bambino esercita una forte pressione sulla matita e sul foglio (e di conseguenza lo buca o rompe la mina della matita) e la sua presa copre la visuale, allora si può pensare a un intervento specifico sull’impugnatura.

Sorge quindi spontaneo il quesito sul perché il docente dovrebbe preoccuparsi della prensione della matita dei propri allievi: in effetti, secondo St. John (2013), una presa sbagliata può contribuire ad affaticare la mano, può rendere più difficile l’esecuzione dell’atto di scrittura e può incidere in modo considerevole sulla velocità di scrittura.

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Come aiutare i bambini?

Oggigiorno, i bambini crescono in un ambiente in cui sono maggiormente esposti a dispositivi digitali come televisori, tablet e console per videogiochi. L'ambiente in cui i “bambini moderni” crescono può essere abbastanza passivo, causando comportamenti sedentari che limitano le varie esperienze di movimento richieste per lo sviluppo motorio (Gaul & Issartel, 2016). Questi fattori influiscono negativamente sui livelli di sviluppo delle competenze motorie e, in particolare, sulle abilità di motricità fine. Uno studio condotto da O’Brien, Belton & Issartel (2016) mostra come su 242 ragazzi irlandesi di 11-14 anni, soltanto l’11% ha raggiunto il livello di padronanza di nove competenze di motricità fine testate. Ciò è particolarmente preoccupante considerando che tutte le abilità dovrebbero essere padroneggiate già al decimo anno di età (Gallahue & Ozmun, 2006). Resta una domanda, questi cambiamenti ambientali influiscono positivamente o negativamente sullo sviluppo delle abilità di motricità fine? Alcuni videogiochi o l'utilizzo di tablet attivano la motricità fine, perciò ci si potrebbe aspettare che questi cambiamenti possano potenzialmente sviluppare le abilità motorie dei bambini. D'altra parte, alcune abilità di motricità fine potrebbero essere a rischio provocando così una mancanza di destrezza nelle dita e nelle mani (anche a causa della riduzione dell’impiego di strumenti come matite colorate, forbici, plastilina e altri oggetti di utilizzo quotidiano). Per tale motivo, Gaul e Issartel (2016) sostengono che delle buone abilità in motricità fine influenzano positivamente lo sviluppo dei bambini poiché consentono la partecipazione ad attività di vita quotidiana (ad esempio nel gioco, nell'educazione e nelle interazioni sociali). Si evince perciò l’importanza di stimolare e allenare tali abilità anche in ambito scolastico.

A scuola

Secondo Bara e Gentaz (2010), per aiutare i bambini a scrivere le lettere, è utile migliorare le capacità di motricità fine: gli autori hanno effettivamente dimostrato che la qualità e la velocità di scrittura di un gruppo di bambini di 12-14 anni sono migliorate grazie a delle attività di prescrittura proposte nell’arco di quattro mesi e destinate a sviluppare le competenze di motricità fine. La pressione del tratto è invece diminuita (rispetto al gruppo controllo, il quale non era stato sottoposto a questo tipo di esercizi).

Un’altra proposta degli autori menzionati in precedenza è di utilizzare l’esplorazione visuo-tattile per migliorare la percezione della lettera e del gesto motorio per eseguirla. L’interesse di utilizzare

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il tatto è un modo per migliorare la rappresentazione visiva delle lettere, di insistere sulla direzione del tratto, di ampliare le informazioni cinestetiche (esplorazione lettere di piccole e grandi dimensioni), di agire sull’influenza reciproca dei feedback visivi e cinestetici (esplorazione con e senza controllo visivo) e di proporre diverse attività motorie (con o senza penna). I risultati mostrano che l’esplorazione tattile delle lettere incise ha permesso di migliorare la produzione dei tratti durante la scrittura delle lettere in maniera più importante rispetto a un’esplorazione unicamente visiva. Nel caso in cui i bambini hanno potuto toccare delle lettere in rilievo, vi è un miglioramento più importante del numero di lettere riconosciute dopo esplorazione tattile rispetto a quella visiva. In sintesi, sembrerebbe che le attività che sollecitano l’esplorazione tattile di lettere agiscano al contempo sulla qualità della rappresentazione della lettera in memoria e sull’esecuzione del gesto motorio.

Per aiutare i bambini nel compito di scrittura, St. John (2013) e Cabergo74 (2009), un’associazione francese di ergoterapisti, suggeriscono di prestare attenzione agli strumenti di scrittura, alla superficie sulla quale si scrive, al tipo di carta o ai supporti di scrittura e alla posizione in cui si trova il soggetto mentre scrive.

Gli evidenziatori, le penne gel e le matite portamina scivolano facilmente sulla carta e ciò richiede una forza minore esercitata dalla mano e aiuta a evitare un senso di fatica. L’utilizzo di matite corte, piccoli pezzi di gesso e matite rotte può, invece, migliorare la presa della matita e aumentare la forza della mano. L’utilizzo di matite a sezione triangolare facilita un tipo di prensione adeguata. Se un allievo ha la tendenza a calcare troppo, si può proporgli di utilizzare delle matite con la mina dura (H) piuttosto che morbida, in questa maniera i suoi lavori risulteranno più puliti. Per quanto riguarda la penna, è preferibile usare penne a inchiostro senza pennino poiché quest’ultime richiedono un maggiore adattamento da parte del bambino (orientamento del pennino e pressione).

I docenti possono anche variare le superfici di scrittura: una lavagna inclinata può aiutare a sostenere la mano dell’allievo portandolo ad acquisire forza e resistenza mentre scrive. Questo tipo di supporto può anche influenzare il campo visivo del bambino, rendendo più semplice vedere ciò che si scrive. La scelta di proporre delle superfici verticali su cui scrivere (ad esempio le lavagne, le lavagne bianche, i cavalletti, ecc.) favorisce la forza muscolare nelle spalle, nel collo e nella schiena, oltre al lavoro che avviene nei muscoli legati alla motricità fine delle mani e degli occhi.

Variare anche il tipo di carta aiuta l’allievo: testare una gamma di carta su cui scrivere può aiutare l’allievo a identificare quella a lui più idonea. Secondo lo studio Cabergo74 (2009), le linee di scrittura sono dei punti di riferimento importanti che permettono ai bambini di scrivere bene le lettere: per questo motivo è importante utilizzare dei fogli nei quali si distingue nettamente la linea

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principale (si potrebbe anche evidenziarla con un colore) evitando di fornire all’allievo degli strumenti senza alcun punto di riferimento. Quest’aspetto è sostenuto anche da St. John (2013): l’aggiunta di una riga più scura o di una linea evidenziata può aiutare visivamente l’allievo. Sono anche disponibili dei tipi di carta con le righe in rilievo in modo da aiutare gli allievi con difficoltà visuo-spaziali a orientarsi e fornire loro un riferimento tattile da cui partire.

Le ergoterapiste di Cabergo74 (2009) sostengono che è fondamentale prestare attenzione all’installazione del bambino (la sua posizione) in quanto influenza la qualità della sua produzione. L’allievo si trova in una corretta posizione se i suoi piedi sono ben appoggiati e le ginocchia sono piegate a 90 gradi, se il banco è più alto di qualche centimetro rispetto ai suoi gomiti e se la sua mano non-dominante stabilizza il foglio. Eventualmente si può pensare di fornire uno sgabello per favorire l’appoggio dei piedi. Le ragioni per le quali un bambino potrebbe non adottare una posizione adeguata e alle quali un docente è tenuto a prestare attenzione sono le seguenti: una mancanza di forza e resistenza nei muscoli del tronco, un posto di lavoro non adatto (altezza del banco o della sedia, luminosità, ecc.), delle difficoltà a livello visivo e la stanchezza (Cabergo74, 2009).

L’articolo di St. John (2013) sostiene un approccio multisensoriale dell’insegnamento della scrittura: inizialmente gli allievi dovrebbero tracciare le lettere facendo dei grandi movimenti motori e utilizzando il proprio corpo facilitando così il riconoscimento della sequenza motoria della lettera. In un secondo momento, la sequenza motoria dovrebbe essere praticata in materiali non convenzionali come ad esempio la sabbia, il sale, la schiuma da barba, ecc. Soltanto in seguito a queste esercitazioni si può pensare di proporre agli allievi di riprodurre la sequenza motoria sulla carta. Difatti, le esperienze visive, vestibolari4, cinestetiche e tattili mandano messaggi al cervello e promuovono lo sviluppo degli automatismi (McMurray, Drysdale & Jordan, 2009).

Il docente che evita o ignora le difficoltà in motricità fine dei suoi allievi, soprattutto nei primi anni di scuola dell’obbligo, può scatenare delle ripercussioni negative sulle capacità di lettura e scrittura dei bambini (St. John, 2013).

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Domanda di ricerca e ipotesi

La domanda di ricerca

Il presente lavoro di diploma ha come scopo quello di indagare in che misura delle attività incentrate sulla motricità fine abbiano un impatto sulla presa della matita e sulla precisione del tratto. Secondo quanto riportato dalla letteratura, lavorare sulla motricità fine è fondamentale al fine di favorire una miglior qualità di vita del bambino sia in ambito scolastico che sociale (Bart & al., 2007; Gaul & Issartel, 2006; Grissmer & al., 2010; St. John, 2013). Inoltre, secondo McHale e Cermak (1992), gli allievi trascorrono in media più della metà della giornata scolastica svolgendo attività di motricità fine. Per aiutare gli allievi in questo senso, gli insegnanti possono applicare e utilizzare alcune tecniche o “trucchetti” durante le loro lezioni: ad esempio variare gli strumenti di scrittura o il tipo di carta (Cabergo74, 2009; St. John, 2013). Fantuzzi e Tagliazucchi (2009), Bara e Gentaz (2010), così come il Centro di Ergoterapia Pediatrica (CEP), propongono delle attività che mobilitano ed esercitano le competenze di motricità fine.

Sulla base di queste argomentazioni è possibile formulare la seguente domanda di ricerca: in che modo un intervento mirato sulla motricità fine ha un’influenza sulla presa della matita e sulla precisione del tratto durante un’attività di scrittura.

L’ipotesi di ricerca

La motricità fine è uno dei prerequisiti fondamentali necessari al compito di scrittura (Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009; St. John, 2013). Un altro aspetto importante è la capacità di tenere lo strumento di scrittura fra le dita e controllare la mano così come la posizione del proprio corpo durante l’attività di scrittura (Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009). Tale processo può essere favorito da una presa funzionale; alcuni autori sostengono che la presa che comporta una maggior coordinazione neuromuscolare, leggibilità, fluidità e velocità è quella tridigitale (Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009; Tseng, 1998). Non esiste tuttavia, secondo Zorzetto e Santinelli (2016), un tipo di presa ideale: le due autrici ritengono che la presa può essere “rieducata” in modo da renderla maggiormente funzionale al bambino intervenendo sulla motricità fine, motricità globale, la postura, ecc.

A seguito di tali argomentazioni è possibile ipotizzare che delle migliori competenze di motricità fine migliorano di riflesso sia la presa della matita da parte dell’allievo sia la precisione del tratto.

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Disegno di ricerca

Popolazione e criteri di selezione

Per svolgere questo lavoro di diploma è stato utilizzato un approccio qualitativo. Più precisamente, questa ricerca tratta una serie di casi; i casi in esame sono cinque allievi di seconda elementare. Per scegliere quali bambini considerare nella ricerca, sono stati elaborati i seguenti criteri di inclusione: l’allievo impiega un tipo di presa “particolare” e poco funzionale (cfr. criteri per una presa funzionale di Bernotti & al., 2012); durante le attività quotidiane che richiedono abilità di motricità fine (ad esempio allacciarsi il grembiule o le scarpe, utilizzare le forbici, ecc.) l’allievo mostra più di una difficoltà; durante il compito di scrittura l’allievo presenta una postura non adeguata. Al contrario, non sono stati selezionati gli allievi che: impiegano un tipo di presa funzionale; durante le attività quotidiane che richiedono abilità di motricità fine mostrano una difficoltà o nessuna; durante il compito di scrittura presentano una postura adeguata. È stato inoltre domandato alla docente titolare e alla docente di sostegno quali allievi della classe potessero beneficiare maggiormente dell’intervento, tenendo in considerazione i criteri di inclusione. In seguito, sono state confrontate le tre liste (quelle della docente-ricercatrice, docente titolare e docente di sostegno) che hanno mostrato come gli allievi A., B., C., D. e E.5 fossero presenti in tutti e tre i casi.

A., B., C., D. ed E. sono allievi di una seconda elementare del Cantone Ticino, composta da 19 bambini (sette maschi e dodici femmine). La loro età è compresa fra i 7 e i 9 anni.

A. è un’allieva vivace e abbastanza esuberante. È seguita da un’ergoterapista privata a causa di difficoltà a livello di motricità fine e visuo-spaziali. La docente titolare e l’ergoterapista svolgono ogni tanto degli incontri in cui si scambiano informazioni e si aggiornano in base a quanto osservato sulla bambina. A. è una gemella omozigote nata prematura che ha dovuto passare i primi mesi della sua vita in un’incubatrice. Spesso, osservando la bambina, ho notato che quando si muove, scende le scale, gioca in palestra e cammina esegue dei movimenti scoordinati che la portano a inciampare e, in certi casi, a cadere. Sul banco di A. è stata posizionata, in maniera visibile alla bambina, una

5 Per garantire l’anonimato, durante tutto l’elaborato scritto, verranno utilizzate le prime cinque lettere dell’alfabeto in

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fotografia della sua mano mentre impugna la matita in modo funzionale (cfr. allegato 1): questa scelta è stata fatta in accordo con l’ergoterapista privata. Attualmente A. non utilizza più i gommini sulla matita quando scrive però la sua impugnatura risulta essere poco funzionale e richiede molta energia alla bambina nello svolgere le attività di scrittura. Ogni giorno, la mia collega ed io, ripetiamo ad A. di impugnare la matita proprio come è rappresentato nella fotografia. A. è destrimano e impiega un’impugnatura non funzionale (cfr. allegato 2) anche per quanto concerne altri strumenti di scrittura come pennarelli, pennelli, penna, forbici, ecc. L’allieva presenta difficoltà nelle attività di ritaglio presentando lavori poco precisi. Una volta a settimana, A. lavora in gruppo con la docente di sostegno insieme ad altri tre compagni per quanto riguarda la materia di italiano.

B. è un’allieva sorridente e molto disponibile. Anche lei, come A., è seguita da un’ergoterapista privata, con la quale purtroppo non ho avuto occasione di confrontarmi. B. è un’allieva ripetente proveniente da un’altra scuola del territorio. Intorno a lei è attiva una rete di specialisti, ossia l’ARP (Autorità Regionale di Protezione), uno psicologo e una curatrice, che si occupa della bambina e della sua famiglia. Nonostante ciò, B. si è inserita molto bene nel nuovo contesto scolastico. Secondo quanto ho potuto osservare durante quest’anno scolastico la bambina fatica a ritagliare in modo più o meno preciso e la sua impugnatura risulta essere di tipo quadridigitale laterale (cfr. allegato 3). B., una volta a settimana, lavora in gruppo con la docente di sostegno insieme ad altri due compagni di classe per quanto concerne la materia di matematica. B. è destrimano.

C. è un allievo educato ma molto timido che fatica a esprimersi oralmente davanti agli altri, risponde spesso in modo chiuso senza articolare e argomentare i propri pensieri e partecipa difficilmente di sua spontanea volontà. C. frequenta il servizio di logopedia presente in sede. Una volta a settimana lavora in gruppetto con la docente di sostegno per italiano. La calligrafia di C. appare spesso poco precisa e quando gli domando di rileggere ciò che ha scritto fatica a svolgere quanto richiesto. C. è destrimano, la sua presa risulta essere quadridigitale ma le prime tre dita della mano sono particolarmente in tensione durante le attività di scrittura e di conseguenza la sua impugnatura è disfunzionale (cfr. allegato 4).

D. è un allievo piuttosto timido ma disponibile con l’adulto e i compagni. Raramente partecipa di sua spontanea volontà e, se interrogato, risponde in modo chiuso, oppure non risponde del tutto. D. lavora due volte a settimana in gruppetti con la docente di sostegno per matematica e italiano, ha inoltre ripetuto la prima elementare. È seguito inoltre da una logopedista privata una volta a settimana. D. è mancino, a volte fatica a utilizzare lo spazio a disposizione per scrivere e capita che dimentichi qualche lettera o pezzo di parola. La sua impugnatura è di tipo tridigitale laterale e, fra tutte quelle dei cinque allievi osservati, risulta essere la più funzionale (cfr. allegato 5).

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E. è un allievo curioso, molto partecipe, a volte esuberante. La presa di E. risulta essere poco funzionale in quanto ogni tanto l’allievo riferisce di avere male alla mano nei casi in cui sta svolgendo compiti di scrittura (soprattutto nei dettati). E. impiega un tipo di presa palmare, infatti, tiene la matita con quattro dita affaticando eccessivamente la mano (cfr. allegato 6). E. non è seguito da nessun specialista privato e non frequenta le ore settimanali di sostegno.

Interventi proposti

Gli interventi proposti a grande gruppo, nella fase centrale della ricerca, sono stati pensati in modo che potessero declinarsi in altre discipline: toccavano, infatti, principalmente italiano e matematica (cfr. allegato 7). Tali attività vertono sulla motricità fine e, più precisamente, come sostengono Fantuzzi e Tagliazucchi (2009), sulle caratteristiche che deve soddisfare nell’atto di scrittura ossia la precisione, la forza muscolare, la coordinazione neuromuscolare e l’automatizzazione. Le attività si possono essenzialmente dividere in due gruppi: il primo gruppo include tutte quelle attività nelle quali sono stati impiegati degli strumenti non convenzionali (come pennelli, perline, mollette, pinze, ecc.) che attivano le capacità di motricità fine; il secondo gruppo racchiude la “ginnastica delle mani” ossia degli esercizi per le dita che vengono proposti prima di iniziare delle attività di scrittura. Questo tipo di attività è stato estrapolato dal libro di Fantuzzi e Tagliazucchi (2009) in cui vengono illustrati “degli esercizi prassico-motori relativi a gesti e a movimenti delle braccia, delle

mani e delle dita” (Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009, p. 23). Lo scopo di tali esercizi è, secondo le due

autrici, quello di stimolare la coordinazione dinamica degli arti superiori e la motricità fine.

Alcune delle attività proposte in fase centrale della ricerca sono state riproposte in giornate diverse per due motivi: in primo luogo, essendo attività a postazioni, poiché avevano una durata piuttosto corta (circa 15 minuti) e secondariamente perché permettevano di osservare se vi fossero dei cambiamenti fra i due momenti. Per quanto riguarda la “ginnastica delle mani”, sono stati proposti alla classe alcuni esercizi inerenti ai movimenti delle dita (cfr. allegato 8). Inizialmente questo momento era guidato dalla docente-ricercatrice poi, in seguito alle varie esercitazioni e della creazione di un cartellone con le foto delle mani degli allievi mentre facevano “ginnastica”, erano proprio questi ultimi a condurre l’attività.

Il lavoro dei bambini è stato documentato tramite delle fotografie e sono stati annotati alcuni spunti interessanti sorti durante le attività su un diario di bordo. In queste attività sono stati usati diversi materiali non convenzionali come la sabbia, i pennelli, i timbri, delle mollette, ecc. (cfr. Tabella 1).

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Tali attività sono state ideate e adattate a partire dagli spunti presenti in Fantuzzi e Tagliazucchi (2009), diversi siti di ergoterapisti pediatrici (CEP, Cabergo74, ecc.), il sito internet Pinterest.com e il corso del secondo anno DFA L’entrata nella lingua scritta tenuto da Pier Carlo Bocchi e Francesca Antonini.

Di seguito la descrizione degli interventi proposti alla classe con indicata la tempistica, la durata, gli obiettivi e le modalità delle varie attività.

Tabella 1 – Descrizione delle attività Nome

dell’attività

Descrizione Obiettivo Componenti della

motricità fine (cfr. Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009)

Segnalibro di carta intrecciata

Gli allievi hanno a disposizione un telaio di carta e infilano una striscia di carta alla volta passando sopra e sotto le strisce del telaio.

Realizzare un segnalibro intrecciando strisce di carta in un telaio. - Precisione. - Coordinazione neuromuscolare. Perline e stuzzicadenti

A partire da un mazzo di carte con raffigurate diverse immagini, gli allievi pescano una carta e compongono la parola rappresentata dalla figura infilando, con la mano destra, una perlina alla volta in uno stuzzicadenti tenuto nella mano sinistra. Le parole da comporre includono le difficoltà

ortografiche presentate alla classe (qu, gn, doppie, ecc.).

Comporre una parola rappresentata tramite un’immagine infilando in uno stuzzicadenti delle perline con raffigurate delle lettere.

- Precisione. - Coordinazione oculo-manuale. Scrittura di parole con timbri

A partire da un mazzo di carte con raffigurate diverse immagini, gli allievi pescano una carta e compongono la parola rappresentata dalla figura stampando i timbri su un foglio. Le parole da comporre includono le difficoltà ortografiche presentate alla classe (qu, gn, doppie, ecc.).

Comporre una parola, lettera per lettera, rappresentata tramite un’immagine stampando con dei timbri.

- Forza muscolare.

Indovina la parola

Un allievo pesca una carta con raffigurata un’immagine e compone la parola utilizzando delle lettere di musgummi in rilievo. In seguito, prende il dito del compagno bendato e ripassa le lettere facendogli indovinare la parola.

Riconoscere con il tatto, senza poterla vedere, una parola scritta dal compagno con lettere in rilievo e nominarla.

- Automatizzazione.

Cancella la parola

Un allievo pesca una carta con raffigurata un’immagine e scrive alla lavagna con il gesso la parola corrispondente. L’altro allievo ripassa la parola con un pennello umido in modo da cancellare la scritta prodotta dal proprio compagno. Gli allievi devono fare attenzione ai movimenti del pennello: devono infatti cancellare la parola riproducendo i movimenti delle lettere in corsivo.

Cancellare, utilizzando un pennello umido, una parola scritta alla lavagna con il gesso facendo attenzione a riprodurre correttamente i movimenti delle varie lettere.

- Precisione. - Coordinazione neuromuscolare.

Ginnastica delle mani “Il mago dice…”

Attività di riscaldamento alla scrittura; gli allievi riproducono dei movimenti e dei gesti con le proprie mani e dita. Inizialmente copiano i movimenti dalla docente-ricercatrice, in seguito,

Riprodurre dei movimenti con le mani e le dita.

- Coordinazione neuromuscolare. - Forza muscolare.

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19 l’allievo esegue i gesti e i compagni li ripetono. Gli

allievi sono accompagnati da uno sfondo motivazionale di un mago; l’allievo che esegue la ginnastica indossa un cappello da mago e per ogni movimento che spiega, inizia la frase con “Il mago dice…”.

Linea dei numeri

Gli allievi completano dei pezzi di linea dei numeri (fino a 100) attaccando la molletta con il numero corretto al bastoncino che presenta uno spazio.

Riconoscere il numero mancante grazie al numero precedente e successivo.

- Precisione. - Forza muscolare.

Calcoli con mollette

Gli allievi attaccano la molletta con il calcolo al riccio che raffigura il risultato corrispondente.

Risolvere addizioni e sottrazioni mentali scritte che coinvolgono anche il passaggio di decina.

- Precisione. - Forza muscolare.

Calcoli bucati Dato un biglietto con un calcolo e tre possibili risultati, gli allievi bucano tramite una piccola bucatrice, il risultato corretto.

Risolvere addizioni e sottrazioni mentali scritte che coinvolgono anche il passaggio di decina.

- Coordinazione neuromuscolare. - Forza muscolare. Calcoli nella sabbia (calcolo orale)

Un allievo chiede al compagno dei calcoli scritti su un biglietto (chi risponde non può vedere il calcolo). Per rispondere, l’allievo scrive in una scatola contenente della sabbia colorata il risultato. L’allievo che interroga controlla che il risultato sia corretto e poi si scambiano i ruoli.

Risolvere addizioni e sottrazioni mentali scrivendo il risultato con il dito nella sabbia.

- Precisione. - Automatizzazione.

Tabella 2 – Calendario delle attività

Data Attività Tempo Modalità

Giovedì 22 febbraio Pre-test (3 bambini) Circa 10 minuti per bambino. Individuale. Lunedì 26 febbraio - Pre-test (2 bambini)

- Segnalibro di carta intrecciata

- Circa 10 minuti per bambino. - 2 unità didattiche.

Individuale.

Metà classe: spiegazioni a grande gruppo e lavoro individuale.

Lunedì 5 marzo Segnalibro di carta intrecciata 2 unità didattiche. Metà classe: spiegazioni a grande gruppo e lavoro individuale.

Giovedì 8 marzo Perline e stuzzicadenti Circa 10-15 minuti. A postazioni, gruppo di 3-4 allievi.

Lunedì 12 marzo - Scrittura di parole con timbri - Indovina la parola - Circa 10-15 minuti. - Circa 10-15 minuti. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi.

Giovedì 15 marzo - Cancella la parola. - Indovina la parola - Circa 10-15 minuti. - Circa 10-15 minuti. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - A postazioni, gruppo di

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- Scrittura di parole con timbri - Circa 10-15 minuti.

3-4 allievi.

- A postazioni, gruppo di 3-4 allievi.

Giovedì 22 marzo Ginnastica delle mani “Il mago dice…”: spiegazione + esecuzione.

Circa 20 minuti. Spiegazione a grande gruppo, poi esercizi svolti individualmente dagli allievi.

Lunedì 26 marzo - Linea dei numeri - Calcoli con mollette

- Circa 10-15 minuti. - Circa 10-15 minuti. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi.

Giovedì 29 marzo - Calcoli bucati

- Ginnastica delle mani “Il mago dice…”

- Circa 10-15 minuti. - 10-15 minuti. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - Individualmente al proprio banco.

Lunedì 9 aprile - Calcoli nella sabbia (calcolo orale) - Ginnastica delle mani “Il mago dice…”

- Circa 10-15 minuti. - 10-15 minuti. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - Individualmente al proprio banco.

Giovedì 12 aprile - Calcoli nella sabbia (calcolo orale) - Calcoli con mollette

- Linea dei numeri

- Ginnastica delle mani “Il mago dice…”

- Circa 10-15 minuti. - Circa 10-15 minuti. - Circa 10-15 minuti. - 10-15 minuti. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - Individualmente al proprio banco.

Lunedì 16 aprile - Cancella la parola

- Ginnastica delle mani “Il mago dice…”

- Circa 10-15 minuti. - 10-15 minuti. - A postazioni, gruppo di 3-4 allievi. - Individualmente al proprio banco.

Giovedì 19 aprile Ginnastica delle mani “Il mago dice…” 10-15 minuti. Individualmente al proprio banco.

Lunedì 23 aprile Post-test (4 bambini) Circa 5-7 minuti per bambino. Individuale. Giovedì 26 aprile Post-test (una bambina) Circa 5-7 minuti per bambino. Individuale.

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Pre- e post-test

Per misurare l’efficacia dell’intervento proposto si è proceduto con la somministrazione, in due momenti diversi, di un test costruito dalla docente-ricercatrice (cfr. allegato 9). I due test risultano identici, l’unico cambiamento riguarda la tempistica: il pre-test è stato effettuato all’inizio della ricerca, prima che gli interventi venissero proposti agli allievi, al contrario, il post-test è il momento conclusivo a seguito delle diverse attività che i bambini hanno potuto sperimentare.

Nelle fasi di pre- e post-test sono coinvolti cinque allievi (quattro destrimani e un mancino). La scelta di proporre a un numero ristretto di partecipanti i due test è stata dettata essenzialmente da due motivi: il primo è legato al fatto che i cinque bambini scelti sono quelli che, secondo quanto osservato a priori, potrebbero beneficiare maggiormente di questo tipo di intervento. Il secondo motivo è più logistico, l’osservazione mirata di 19 allievi avrebbe richiesto più tempo di quanto ne avessi a disposizione. Tuttavia, per integrare anche il resto della classe, ho deciso di proporre a tutti gli interventi situati nel mezzo della ricerca in modo tale che si sentissero inclusi nel progetto e potessero beneficiare anche loro delle attività presentate.

All’interno dei due test sono state proposte le seguenti attività: la copiatura (in matita) di parole e non-parole6 in tre modalità (partendo da un puntino, nel binario, sulla riga) e lo svolgimento (sempre in matita) di un percorso di larghezza 0.5 cm (adattato da Fantuzzi & Tagliazucchi, 2009) nel quale non si poteva staccare la matita dal foglio, uscire dalle linee tracciate e spostare il foglio. Lo strumento di scrittura scelto è la matita classica fornita nelle scuole (mina HB): tale scelta è stata fatta per diversi motivi; questo tipo di materiale è alla portata di ogni docente ed è famigliare agli allievi, è cancellabile (nel caso in cui un bambino avesse la necessità di cancellare la sua produzione) e permette di rendere visibili le eventuali pause nel tratto di scrittura.

I cinque allievi che hanno preso parte alle due fasi sono stati filmati dalla docente-ricercatrice in modo da avere materiali di analisi da riguardare in un secondo momento: ogni allievo è stato chiamato individualmente a svolgere l’attività con la docente, fornendo così al bambino un momento privilegiato (rapporto uno-uno) e uno spazio calmo e sicuro. Oltre ai filmati, la

6 Non-parole: non hanno significato ma obbligano il lettore o lo scrittore ad impiegare la sua conoscenza fonologica

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ricercatrice stila una tabella d’osservazione (cfr. allegato 10), annotando i comportamenti degli allievi in modo da avere una visione più chiara dell’inizio e della fine del percorso.

L’analisi della presa della matita durante i due test proposti è stata effettuata grazie alla “Griglia docenti apprendimento della scrittura” ideata da Santinelli e Stampanoni (2016). Gli indicatori scelti appartengono alla categoria “Presa della matita” e sono i seguenti: mobilità delle dita che

manipolano la matita, movimenti dita-mano-polso, appoggio dell’avambraccio sul foglio e presa della matita. L’analisi della precisione del tratto, invece, è caratterizzata da sei indicatori: la precisione del tracciato, la qualità del tracciato, la dimensione delle lettere, la leggibilità delle lettere, la copia e la presenza di ritocchi. Il primo indicatore è osservato grazie al percorso di

larghezza 0.5 cm, mentre i restanti tramite l’osservazione della scrittura di parole e non parole. Tali criteri sono stati sempre estrapolati dalla griglia proposta da Santinelli e Stampanoni (2016).

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Presentazione dei risultati

Tale presentazione porta da un lato sull’analisi della presa della matita, che è resa possibile attraverso l’osservazione delle registrazioni delle due prove somministrate così come delle fotografie scattate agli allievi mentre scrivono e, dall’altro, sull’analisi della precisione del tratto, che è misurata grazie all’osservazione delle produzioni scritte dei bambini.

Analisi della presa della matita

Come spiegato in precedenza, l’analisi della presa della matita è stata realizzata selezionando alcuni criteri presenti nella griglia creata da Santinelli e Stampanoni (2016). L’analisi è stata eseguita in un secondo momento, a seguito della visione delle registrazioni in cui i bambini svolgevano le prove. Le osservazioni che ne derivano sono state confrontate con il parere di Simona Santoro (ergoterapista presso lo studio di ergoterapia RAIS a Magliaso), in modo tale da avere un quadro più chiaro e garantire così maggior validità e oggettività alle analisi.

Allievo A.

La presa di A. è di tipo primitivo, più precisamente interdigitale distale: la presa non è quindi funzionale poiché A. stringe la matita (o la penna) molto forte influenzando in maniera negativa la velocità di scrittura. Durante i filmati però, sapendo che avrei registrato la sua mano, A. ha assunto un tipo di presa più funzionale. Probabilmente, questo comportamento denota nella bambina la consapevolezza che la sua presa abituale non è a lei funzionale in quanto le arreca dolori e difficoltà di scrittura. Le dita che tengono la matita non si muovono e quindi la presa risulta essere statica. Il braccio, il polso e la mano si muovono in maniera coordinata. L’avambraccio di A. segue i movimenti della mano. Durante il post-test, rispetto alla prima somministrazione, il corpo dell’allieva, nello specifico la parte superiore del tronco e la testa, erano molto vicine al foglio su cui doveva scrivere.

Allievo B.

La presa di B. è quadridigitale laterale. Questo tipo di presa può essere definito maturo e funzionale in quanto l’allieva riesce a gestire in maniera efficace la forza e riesce padroneggiare la velocità di

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scrittura. Durante i due test, l’allieva muove in modo coordinato il braccio, il polso e la mano. Anche le dita che tengono la matita si muovono, la presa è quindi dinamica. Mentre scrive, B. appoggia l’avambraccio sul tavolo e scivola sul foglio. Inoltre, B. tiene fermo il foglio con l’altra mano sia nel pre- che nel post-test.

Allievo C.

C. utilizza un tipo di presa quadridigitale, tuttavia quest’ultima è primitiva. Questo tipo di presa ha un effetto sulla forza che l’allievo impiega per impugnare la matita (C. utilizza molta forza durante l’attività di scrittura) e sulla modulazione della velocità di scrittura. Per questo motivo la presa non è funzionale poiché non soddisfa i criteri proposti da Bernotti et al. (2012). Per quanto riguarda la mobilità delle dita che controllano la matita, si può notare che, sia nel pre-test che nel post-test, le dita sembrano piuttosto rigide. I movimenti della mano e del polso risultano essere coordinati in entrambi i momenti. L’avambraccio di C. scivola sul foglio durante il compito di scrittura.

Allievo D.

La presa di D. è di tipo tridigitale laterale e, dalle osservazioni svolte, sembra piuttosto funzionale in quanto l’allievo non riporta affaticamento durante le attività di scrittura. Durante le attività di scrittura proposte nel pre- e post-test, D. muove le dita che tengono la matita. Il suo braccio, il suo polso e la sua mano si muovono in maniera coordinata mentre scrive. L’avambraccio di D. si muove poco durante il compito di scrittura, mentre scivola bene durante il tracciato del percorso.

Allievo E.

E. impiega una presa immatura, palmare, più precisamente a quattro dita. Le sue produzioni scritte denotano una rigidità notevole poiché il tipo di presa utilizzato da E. è solitamente impiegato dai bambini di 12-18 mesi nel momento in cui svolgono le prime sperimentazioni con gli strumenti di scrittura (ad esempio gli scarabocchi). Le dita che sostengono la matita si muovono poco, ciò può comportare affaticamento nell’allievo durante le attività di scrittura. Invece, la mano, il polso e il braccio si muovono in modo coordinato. L’avambraccio di E. scivola poco sul foglio, sono infatti più il polso e la mano che si muovono mentre l’allievo scrive. Durante la fase di pre-test, E. ha ammesso di avere male alla mano a seguito delle prove somministrategli. Questo malessere è stato riportato anche durante altre attività di scrittura come ad esempio i dettati oppure durante attività grafico-pittoriche in cui E. è chiamato a colorare con le matite colorate.

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Analisi della precisione del tratto

Per effettuare questo tipo di analisi, sono state esaminate le produzioni scritte degli allievi, nel pre- e nel post-test, per quanto riguarda la ricopiatura di parole e non parole e lo svolgimento di un percorso, osservando se vi è o meno un cambiamento. Tali osservazioni sono state svolte grazie ad alcuni indicatori presenti nella griglia di Santinelli e Stampanoni (2016).

Allievo A.

- Il percorso

Per quanto riguarda la precisione del tracciato, durante il pre-test, A. è uscita in tre punti dal percorso e ha toccato in quattro punti il bordo dello stesso (cfr. allegato 11). Ha inoltre staccato la matita dal foglio in un punto riprendendo il suo tracciato. Nel post-test, A. è uscita dal percorso in tre punti e ha toccato in altrettanti punti il bordo dei binari (cfr. allegato 12). Rispetto al pre-test, il tracciato risulta essere più centrale.

- La copiatura di parole e non parole (cfr. allegati 13-14)

La qualità del tracciato, in entrambi i test, è in generale adeguata. Il tracciato non è troppo calcato, né troppo leggero e non presenta dei tremolii. Per quanto concerne la dimensione delle lettere, nella fase di pre-test, sono state scritte tutte della stessa altezza (non c’è quindi distinzione fra le lettere che dovrebbero scendere (ad esempio la p) o salire (ad esempio la l) rispetto alla linea di appoggio). Questo fenomeno è chiaro soprattutto nella scrittura all’interno dei binari, metodo che è stato insegnato durante la prima elementare dalla docente titolare per facilitare gli allievi a scrivere in corsivo rispettando le proporzioni fra le singole lettere. In questo senso, alcune lettere risultano poco comprensibili (confusione fra a e o) e in due casi l’allieva ha confuso due lettere senza correggerle (la l con la f e la t con la i). Nella fase di post-test, si nota un chiaro tentativo di differenziare maggiormente la dimensione delle varie lettere. Quest’ultime risultano così più riconoscibili. In questo caso non vi è confusione fra lettere e si può affermare che A. abbia cercato di adeguare in maggior misura, rispetto al primo test, la propria scrittura in base allo spazio a disposizione. Riguardo la copiatura, durante la fase di pre-test, A. commette quattro errori uno dei quali è stato da lei corretto cancellando con la gomma e riscrivendo la lettera. Per quanto riguarda gli altri tre errori, come già detto, due non sono stati notati da A., mentre l’altro è stato “ritoccato”

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