Università Ca’Foscari di Venezia
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di Laurea magistrale
in Scienze Ambientali
Tesi di Laurea
Analisi dell’influenza delle condizioni
ambientali sulle caratteristiche di
Posidonia oceanica: allestimento di un
database a scala regionale.
Laureando
Enrico Tortato
Matricola 813657
Relatore
Dott. Matteo Zucchetta
Correlatore
Prof. Roberto Pastres
Controrelatori
Professori Angelo Rubino e Antonio Marcomini
Anno Accademico
2012 / 2013
1. INTRODUZIONE ... 1
1.1 IMPORTANZA DI POSIDONIA OCEANICA ... 1
1.1.1 Funzione ecologica e servizi ecosistemici ... 1
1.1.2 Ruolo di bioindicatore ... 5
1.2 DESCRIZIONE ... 9
1.3 INFLUENZA DELLE ATTIVITÀ ANTROPICHE E DEI PARAMETRI AMBIENTALI SULLE PRATERIE ... 12
1.4 LO SCOPO DEL LAVORO ... 16
2. MATERIALI E METODI ... 19
2.1 AREA DI STUDIO ... 19
2.2 BASE DI DATI ... 20
2.2.1 Variabili biotiche ... 23
2.2.2 Variabili abiotiche ... 25
2.3 ANALISI DEI DATI ... 28
2.3.1 Analisi preliminari ... 28
2.3.2 Relazioni tra le praterie e le variabili abiotiche ... 31
3 RISULTATI ... 36
3.1 DATABASE ... 36
3.2 SCREENING DELLE VARIABILI BIOTICHE ... 39
3.2.1 Preselezione ... 39
3.2.2 Ridondanza ... 42
3.3 ANALISI DELLE RELAZIONI TRA VARIABILI ABIOTICHE E BIOTICHE .... 45
3.3.1 Meta-‐analisi ... 45
3.3.2 Relazione a scala regionale ... 55
5. DISCUSSIONE ... 59
5.1 REVISIONE DELLA LETTERATURA E COSTRUZIONE DEL DATABASE ... 59
5.2 RELAZIONI TRA LE VARIABILI BIOTICHE E ABIOTICHE ... 62
5.3 RILEVANZA DEI RISULTATI RISPETTO ALL’USO DI P. OCEANICA COME BIOINDICATORE ... 66
6. CONCLUSIONI ... 70
BIBLIOGRAFIA ... 72
APPENDICE ... 80
1. INTRODUZIONE
1.1 IMPORTANZA DI POSIDONIA OCEANICA
1.1.1 Funzione ecologica e servizi ecosistemici
Posidonia oceanica (L.) Delile, 1813 è una pianta acquatica molto importante
che crea delle vere e proprie praterie lungo buona parte delle coste del mar Mediterraneo. Viene considerata una specie chiave nel mar Mediterraneo perchè l’ecosistema che forma lungo le coste è di grande pregio e, oltre ad avere un importante funzione ecologica, fornisce molteplici servizi all’uomo e all’ambiente.
In particolare con i suoi apparati radicali, con i rizomi e con la conseguente formazione delle matte, P. oceanica gioca un importante ruolo nella stabilizzazione e nel consolidamento del fondale lungo le coste impedendone l’erosione e la movimentazione dei sedimenti (Minelli et al., 2008). Questo grazie anche ai fasci fogliari disposti lungo la colonna d’acqua che limitano e diminuiscono l’effetto delle onde e delle grandi mareggiate: si può osservare una dissipazione dell’energia delle onde che varia tra 11 e il 40% (Elginoz et al., 2011). Tutto ciò impedisce o limita i grandi fenomeni erosivi che si verificano durante gli eventi eccezionali e che comporterebbero modificazioni del litorale e conseguenti attività riparatorie da parte dell’uomo. Importanti da questo punto di vista sono anche le cosidette “banquette”: questi ammassi di foglie morte secche si accumulano sulle spiagge in grande quantità e rappresentano un habitat importante e sono di fondamentale importanza per la protezione e la conservazione della morfologia delle spiagge. La loro rimozione legata a fini turistici, infatti, oltre a influire sul bilancio sedimentario delle spiagge, le priva della loro protezione esponendole a modificazioni dovute alle mareggiate e sottrae biomassa e nutrienti utili agli ecosistemi costieri e alle stesse praterie (Falco et al., 2006).
Questo richiama l’attenzione su un'altra caratteristica molto importante delle praterie di P. oceanica: la produzione primaria. La sua produzione primaria
infatti è compresa tra 400 e 2500 gDW per metro quadro all’anno e diminuisce con la profondità. A questo contribuiscono gli epifiti autotrofi presenti sulle foglie con una quantità di 500-‐900 gDW per metro quadro. La somma di questi due componenti, piante ed epifiti, raggiunge valori che variano da 2000 a 3000 gDW per metro quadro all’anno che si avvicinano ai valori più elevato di produzione primaria netta osservati nel regno terrestre (Boudouresque et al., 2006b).
È bene comunque ricordare che la produzione primaria delle praterie di P.
oceanica, e il conseguente flusso di carbonio, varia a seconda delle condizioni
ambientali: in particolar modo a seconda delle profondità, delle condizioni idrodinamiche e della pressione da parte degli erbivori. Valori così elevati di produzione primaria si possono riscontrare solamente nelle acque superficiali dove però è anche maggiore il flusso di esportazione di carbonio verso altri ecosistemi a causa della maggior influenza delle condizioni idrodinamiche. Bisogna infatti considerare che una produzione primaria così elevata non sostiene solo l’ecosistema delle praterie di posidonia tramite lo stoccaggio del carbonio nelle matte, nel sedimento e la catena di riciclo dei macro-‐erbivori e dei detritivori. Si è stimato infatti che, a livello d’intero bacino del Mediterraneo, ogni anno vengono immagazzinate nelle matte quasi 1,2 milioni di tonnellate di carbonio; il flusso riciclato all’interno del sistema dei macro-‐erbivori e dei detritivori si attesta a 1,1 milioni di tonnellate di carbonio mentre un flusso che rappresenta 1,2 milioni di tonnellate di carbonio è esportato verso altri ecosistemi che non hanno produzione propria (Pergent et al., 1997). L’ecosistema delle praterie quindi è alla base di altre reti trofiche tipiche di altri ecosistemi costieri o di acque profonde che, nonostante la lontananza, risentirebbero di situazioni di criticità delle praterie stesse (Heck et al., 2008). Inoltre proprio questa sua caratteristica di elevata produzione primaria rende l’ecosistema delle praterie di P. oceanica in grado di sequestrare grandi quantità di carbonio chiamato “blue carbon” e quindi grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera (Mcleod et al., 2011) riuscendo così ad ossigenare notevolmente le acque costiere.
A tutto ciò si deve aggiungere l’importanza che ha questo ecosistema (fig. 1) a prescindere delle relazioni con l’esterno. Di per sé infatti al suo interno possiede una complessa catena trofica molto sviluppata che comprende sia la catena del detrito che quella del pascolo. In realtà sono poche le specie animali che si cibano direttamente del tessuto verde della pianta, la maggior parte degli erbivori che vivono nell’ecosistema (molluschi, anfipodi, policheti, isopodi) sfruttano gli epifiti sulla superfice fogliare. A questi si aggiungono i batteri e i funghi presenti sul fondale tra i rizomi e le radici che cooperano alla degradazione della materia organica. Oltre all’elevata diversità nelle comunità animale associate a questo ecosistema risulta avere un fondamentale ruolo di nursery e di rifugio dai predatori per un gran numero di specie di pesci e crostacei che spesso utilizzano questo ecosistema solo per alcuni periodi o per determinate stagioni nel corso della loro vita (Guidetti, 2000). L’ecosistema delle praterie di P. oceanica è quindi ricco di specie animali e vegetali ed è considerato un hotspot di biodiversità unico per il mar Mediterraneo (Boudouresque et al., 2006a) in particolare non bisogna dimenticare che è l’habitat di elezione per numerose specie minacciate come ad esempio il mollusco bivalve Pinna nobilis (Hendriks et al., 2010).
Da questa grande diversità e importanza di servizi che la P. oceanica fornisce si può capire come quest’ultima abbia una notevole importanza per gli ecosistemi acquatici in cui è presente. Per tentare di dare una valutazione economica, più immediata, di questa sua importanza Vassallo et al. (2013) hanno applicato una metodologia in grado di analizzare il funzionamento globale di un sistema o un processo per stimare il valore dei principali servizi ecosistemici forniti da praterie di P. oceanica con l’obbiettivo di fornire una valutazione dei servizi sulla base di una misura oggettiva del funzionamento ecologico. Si fornisce così uno strumento in grado di includere i costi derivanti dal depauperamento del capitale naturale nelle politiche e nei processi decisionali. Le stime, basate sul calcolo delle risorse impiegate dalla natura per fornire servizi considerati, e quasi completamente associate con l’attività di stabilizzazione dei sedimenti trattenuti dal prato, portano ad un valore economico di P. oceanica pari a 172 € per metro quadro all’anno (Vassallo et al., 2013).
Figura 1. Ecosistema di una prateria di P. oceanica (modificato da Minelli et al., 2008)
Riassumendo i principali servizi e vantaggi prodotti dalla presenza di una prateria sono:
-‐ una generale stabilizzazione del fondale marino tramite le radici e lo sviluppo dei rizomi;
-‐ una riduzione dell’intensità del moto ondoso e delle mareggiate tramite i fasci fogliari con conseguente mantenimento dell’equilibrio costiero; -‐ una elevata produzione di materia organica e ossigeno utilizzati poi
anche da altri ecosistemi vicini;
-‐ fonte di cibo diretta e indiretta per moltissime specie diventando un hotspot di biodiversità;
-‐ una funzione di “ingegnere ambientale” poiché crea un habitat fornendo spazi vitali, rifugio e cibo ad altre specie (Minelli et al., 2008);
-‐ habitat fondamentale per numerose specie ittiche importati anche dal punto di vista commerciale;
-‐ habitat per specie marine protette.
Per tutti questi motivi le praterie sommerse di P. oceanica lungo le coste del Mediterraneo vanno a creare una tipologia di ecosistema particolarmente importante che è stato inserito nell’allegato A della Direttiva Habitat (Dir
92/43/CEE) che individua tutti i Siti d’Interesse Comunitario (SIC) che necessitano di salvaguardia. A dicembre 2006 le informazioni elaborate dalla commissione Europea individuavano 322 siti d’interesse comunitario per un estensione globale di276,668 ettari suddivisi principalmente tra Italia, Spagna e Grecia (Díaz-‐Almela and Duarte, 2008).
1.1.2 Ruolo di bioindicatore
La sua ampia distribuzione geografica, la sua abbondanza, la sua longevità, il fatto di non essere una pianta stagionale, la facilità di campionamento e la sua sensibilità ai cambiamenti di torbidità e contenuto di nutrienti, causati spesso dalle attività antropiche, rendono la P. oceanica una pianta idonea per avere un ruolo come bioindicatore della qualità delle acque costiere (Boudouresque et al., 2006a).
Infatti la Direttiva quadro sulle Acque (2000/60/CE), che richiede il raggiungimento di una classificazione “Buona” per tutte le acque superficiali comprese le acque costiere entro il 2015, indica nelle fanerogame marine uno tra gli Elementi di Qualità Biologica (EQB) da utilizzare per la classificazione dei Corpi Idrici marino-‐costieri e la P. oceanica è, tra tutte le fanerogame, sicuramente la più adatta al ruolo di bioindicatore.
Per stabilire lo stato di salute di una prateria nel corso degli anni sono stati creati diversi indici ambientali che si basano su differenti caratteristiche delle praterie ma tutti con l’obbiettivo di valutarne lo stato di salute. Per stabilire in maniera veloce lo stato di salute di una prateria è molto importante la morfologia dei suoi limiti, superiore e inferiore. In particolare il limite inferiore è molto importante dal momento che è strettamente legato alla limitazione derivante dalla capacità di infiltrazione della luce solare senza la quale non può avvenire la fotosintesi: le condizioni ambientali influenzano la penetrazione della luce in profondità e stabiliscono di conseguenza la profondità alla quale si trova il limite inferiore. Alcuni indici in particolare, utilizzati anche in Italia, si basano sulla morfologia generale delle praterie e sul rapporto con altre specie invasive. In particolare l’indice di conservazione (CI = P/P+D) è dato da una
valutazione del rapporto tra la percentuale di superficie ricoperta da P. oceanica viva (P) rispetto a quella costituita da matte morte (D); mentre l’indice di sostituzione (SI = S/P+S) misura il grado di invasione della prateria da parte di specie aliene sostitutive, come la Cymodocea nodosa e la Caulerpa racemosa, tramite il rapporto tra percentuale di superfice con P. oceanica viva (P) e percentuale di superfice con specie sostitutive (S). Infine l’indice combinato phase-‐shift (PSI) non è altro che un unione dei due indici precedentemente illustrati (Montefalcone et al., 2007).
Altri indici più complessi invece prendono in considerazione anche le caratteristiche fisiche della pianta come ad esempio (Lopez y Royo et al., 2011):
-‐ l’indice POMI: prende in considerazione a livello di profondità intermedia della prateria caratteristiche sia a livello di popolazione (densità, copertura dei fasci), sia di individuo specifico (superfice fogliare, necrosi delle foglie), sia di tipo fisiologico (contenuto di azoto e fosforo nei rizomi) che a livello di comunità associate (contenuto di azoto negli epifiti);
-‐ l’indice BiPo: oltre a prendere in considerazione la morfologia del limite inferiore delle praterie (profondità e tipologia), utilizza alche caratteristiche a livello di popolazione (densità dei fasci) e di individuo (lunghezza delle foglie);
-‐ l’indice PoSte: considera solamente caratteristiche a livello di popolazione (densità dei fasci) e di individuo (allungamento e produzione rizomi e produzione fogliare).
Tutti questi indici prevedono, per i descrittori non strettamente legati al limite inferiore, di effettuare le osservazioni e i campionamenti ad una profondità intermedia standard di 15m.
Sono stati creati e studiati quindi diversi indici, di diversa complessità, che si basano su informazioni di partenza profondamente diverse ma che nonostante questo, come nel caso dell’indice POMI e BiPo, possono essere considerati affidabili e giungere ai medesimi risultati (Lopez y Royo et al., 2011).
sull’analisi di cinque differenti descrittori delle praterie: la profondità e la tipologia del limite inferiore e gli altri, a livello di individuo, sono la densità, la superficie fogliare e il rapporto tra la biomassa degli epifiti e la biomassa fogliare del fascio. Questo indice è risultato essere un buon strumento per la classificazione delle acque a causa della sua elevate sensibilità alle pressioni indotte dalle attività umane sulle aree costiere ma allo stesso tempo è necessario un maggior studio per quanto riguarda le sue caratteristiche rispetto alla variabilità ambientale naturale degli ecosistemi di P. oceanica (Bacci et al., 2013).
In generale questi indici ambientali racchiudono in se diverse informazioni relative a diverse caratteristiche delle praterie, fornendo solitamente un valore finale compreso tra zero e uno che indichi lo stato di salute della prateria a cui poi deve corrispondere una valutazione della qualità delle acque costiere suddivisa per classi.
Da una rapida analisi di questi indici comunque si può ben capire come i descrittori delle praterie di P. oceanica possano essere suddivisi per diversi livelli di analisi (Montefalcone, 2009):
-‐ livello individuale: in cui le informazioni sulla biometria delle piante, specialmente sulle misure delle foglie, forniscono informazioni sulle condizioni di salute e di crescita;
-‐ livello di popolazione: in cui la struttura (es. densità e copertura) e la morfologia (es. presenza di matte morte o intermatte) delle praterie rappresentano caratteristiche derivanti dalle condizioni ambientali; -‐ livello di comunità: in cui la flora e la fauna associata alle piante,
specialmente gli epifiti delle foglie, sono suscettibili ad alterazioni ambientali.
A questi tre livelli si può aggiungere un quarto livello ancora più specifico di quello individuale che è quello fisiologico, riguardante i contenuti di nutrienti o inquinanti a livello di tessuto delle piante. Quest’ultimo livello di informazioni però è troppo specifico e spesso legato a particolari studi relativi all’inquinamento di un particolare sostanza in determinate aree e in generale sono poche le informazioni riscontrabili in bibliografia a questo livello di analisi.
Un'altra particolare tipologia di studi sulle caratteristiche delle praterie sono le analisi lepidocronologiche. Dopo la morte delle foglie infatti i lembi fogliari si staccano dal fascio ma la base delle foglie, che contiene più lignina e per questo è più persistente, rimane attaccata al rizoma anche per diverse decadi all’interno delle matte, andando a formare le scaglie che caratterizzano appunto i rizomi di P. oceanica. Queste scaglie mostrano, a seconda del loro grado di inserimento, variazioni cicliche di parametri quali spessore e struttura che sono riconducibili al ciclo annuale di crescita della pianta e possono essere influenzate da parametri ambientali quali luce, temperatura e idrodinamismo (Pergent, 1990; Pergentmartini and Pergent, 1994). È quindi una tecnica utilizzata per lo studio dell’evoluzione nel corso tempo delle praterie e quindi dei cambiamenti passati dell’ambiente. Queste tipologie di analisi hanno comunque, a livello di intero bacino del Mediterraneo, una diffusione minore e non omogenea rispetto ai classici descrittori delle praterie e in molti studi infatti vengono preferiti descrittori immediati riguardanti lo stato di salute della praterie rispetto alla ricostruzione della storia della praterie.
In generale i descrittori delle praterie di P. oceanica possono essere misure dirette semplici (conteggi, osservazioni in situ come densità assoluta fasci, copertura, tipologia di limite inferiore) o indirette (calcolati dalle misure dirette come densità relativa, numero, lunghezza e larghezza media delle foglie, LAI, coefficiente A). Le analisi a livello individuale, a livello della pianta, e molte delle analisi a livello di comunità richiedono la raccolta di campioni, in particolare dei fasci della pianta, e per questo sono indicate come tecniche distruttive. Al contrario per le analisi a livello di popolazione e per alcune analisi di comunità sono necessarie semplicemente dei sondaggi subacquei per ottenere i dati e per questo motivo sono definite come tecniche non distruttive (Montefalcone, 2009).
Essendo riconosciuto il ruolo di bioindicatore a livello europeo della P. oceanica, da lungo periodo ormai esistono, oltre agli studi scientifici, anche programmi di monitoraggio consolidati delle praterie finanziati dall’Unione Europea e dagli Stati, in particolare dai singoli Stati che si affacciano sul Mediterraneo: in
monitoraggio possiedono differenze nelle strategie di pianificazione, nel disegno e nei metodi di campionamento che comportano due tipologie di limitazioni alla comparabilità diretta dei dati e alla confrontabilità della qualità stessa dei dati (Lopez y Royo et al., 2010).
1.2 DESCRIZIONE
La P. oceanica è una fanerogama marina appartenente alla famiglia delle Posidoniacee (Angiosperme Monocotiledoni). A dispetto del nome, P. oceanica è una specie endemica del mar Mediterraneo, si può trovare cioè solo all’interno del bacino del Mediterraneo. Nel bacino forma una fascia pressoché continua lungo quasi tutte le coste fatta eccezione per alcune aree: non si spinge nel mar Nero; è rara o assente nel nord Adriatico, nelle zone costiere vicine allo stretto di Gibilterra e più in generale nei pressi delle foci dei grandi fiumi. Le sue praterie possono estendersi dalla superficie fino ai 30-‐35 metri di profondità, spingendosi fino a 40-‐50 metri in acque molto limpide dal momento che la sua crescita è strettamente condizionata dalla presenza della luce (Giakoumi et al., 2013; Ruiz Juan M. et al., 2009).
Le fanerogame sono piante superiori e possiedono una maggiore complessità rispetto alle alghe per la presenza di diversi organi specializzati ben individuabili:
-‐ le radici, con le quali si ancora al substrato;
-‐ il fusto detto “rizoma” che può essere di due tipi: se si accresce in senso orizzontale permettendo alla pianta di svilupparsi sul fondale è un detto plagiotropo mentre se si accresce in senso verticale opponendosi all’insabbiamento dovuto all’accumulo di sedimenti è detto ortotropo; -‐ le foglie, che si distinguono in adulte, intermedie e giovanili in base alla
loro lunghezza e alla presenza di una base lignificata, impiegate nella fotosintesi.
In particolare le foglie adulte sono caratterizzate dalla presenza di un lembo fogliare (la componente fotosintetica), una struttura concava detta “ligula” e una base e possono assumere anche una colorazione bruna in certe aree. Le foglie intermedie di colore verde non presentano base e per convenzione hanno una lunghezza minima di 5 cm; al di sotto di tale lunghezza, le foglie rientrano nella categoria di foglie giovanili. Le foglie giovanili oltre ad avere una lunghezza inferiore, sono prive di base, e sono incolori o di color verde chiaro. Le foglie sono raggruppate in fasci fogliari; ogni fascio fogliare presenta 6 o 7 foglie suddivise in tre categorie.
Un'altra caratteristica strutturale è la modularità cioè la ripetizione di moduli uguali tra loro chiamati “ramet” legati uno accanto all’altro che vanno poi a Figura 2 Foglie adulte (A e B); foglia intermedia (C); foglia giovanile (D) e fascio (E)
creare un tappeto più o meno uniforme. Ogni modulo è costituito da un rizoma da cui, sul lato dorsale, si sviluppa il fascio fogliare mentre sul lato ventrale, le radici.
P. oceanica si differenzia da tutte le altre fanerogame marine soprattutto per la
grandezza delle foglie e per i rizomi caratterizzati dai resti delle basi fogliari, le scaglie, che sono indici degli accrescimenti degli anni precedenti. P. oceanica si sviluppa sia su substrato sabbioso che roccioso, e una prateria ben sviluppata riesce a creare un proprio substrato: la così detta “matte” che è costituita dall’intreccio dei rizomi, delle scaglie, delle radici e del sedimento intrappolato. Il sedimento può essere autoctono, se derivante dai resti degli organismi calcificati che vivono sulle foglie stesse (epifiti) o nell’habitat che le piante formano, oppure alloctono se deriva invece dalla deposizione delle particelle trasportate dalla corrente (Minelli et al., 2008). Si creano così delle strutture persistenti e sopraelevate rispetto al fondale su cui si sviluppano dei tappeti di
P. oceanica viva che vengono chiamati praterie. Il diverso substrato sul quale
queste praterie si possono sviluppare diventa un fattore chiave che crea differenti tipologie di sviluppo morfologico e crescita della P. oceanica da un substrato ad un altro (Di Maida et al., 2013). All’interno di queste praterie, che non sempre sono omogenee, si possono riconoscere altre strutture prive di piante come le “intermatte” o dei veri e propri canali che si creano a causa delle caratteristiche idrodinamiche dell’area e che rendono la prateria non uniforme. In generale sono riscontrabili tre morfologie principali di limite inferiore: il limite sfumato, il limite netto e i limite erosivo (Montefalcone, 2009). Entrambe le tre tipologie possono essere sane o regressive: la differenza sta nel fatto che nelle regressive è individuabile un’area di matte morte nella porzione di fondale appena più profonda del limite inferiore della prateria. Una morfologia regressiva indica quindi una situazione di criticità in cui l’estensione della prateria è diminuita rispetto al passato. Le matte morte vanno a costituire un substrato particolare su cui si possono insediare altre fanerogame o nuovamente la P. oceanica.
Le piante di P. oceanica producono fiori e frutti ma, dal momento che questo è un evento relativamente raro, la riproduzione asessuata per stolonizzazione,
cioè attraverso la divisione e l'accrescimento dei rizomi, è la forma prevalente (Minelli et al., 2008).
La produzione fogliare è differente durante l'anno, il suo massimo viene raggiunto in primavera e poi con l’arrivo delle stagione autunnale si assiste alla caduta delle foglie più vecchie. Le foglie più giovani e più corte sono interne mentre le foglie più vecchie sono più esterne. Dopo una vita che varia dai 5 ai 12 mesi si distaccano e vengono sparse sui fondali andando ad aumentare il detrito disponibile oppure vengono spiaggiate sugli arenili formando le così dette “banquette”. Un ruolo determinante nella perdita delle foglie adulte è quello svolto ciclicamente dalle forti mareggiate che ne facilitano il distaccamento.
1.3 INFLUENZA DELLE ATTIVITÀ ANTROPICHE E DEI PARAMETRI AMBIENTALI SULLE PRATERIE
Essendo nota l’importanza non solo ecologica della P. oceanica e al tempo stesso la sua sensibilità alle variazioni dei parametri chimico-‐fisici dell’ambiente in cui vive risulta necessaria un’attenta analisi delle relazioni che quest’ultima ha con i parametri ambientali in modo da ottimizzare la gestione di questi importanti ecosistemi.
Numerosi studi infatti parlano di un degrado e una diminuzione globale delle praterie di P. oceanica negli ultimi decenni a livello di intero bacino del Mediterraneo. Questo diffuso declino però non è attribuibile ad una sola causa generale ma bensì a una molteplicità di differenti cause locali, che spesso interagiscono tra loro, alle quali si può porre rimedio in maniera specifica (González-‐Correa et al., 2007).
La P. oceanica deve sopportare sia lo stress dovuto alle variazioni ambientali naturali sia lo stress dovuto alle variazioni dell’habitat provocate dalle attività antropiche. Ci sono infatti diverse tipologie di attività antropiche che P. oceanica soffre particolarmente come ad esempio:
-‐ il ripascimento delle spiagge (González-‐Correa et al., 2009); -‐ la creazione di opere costiere;
-‐ i dragaggi e la movimentazione di materiale dragato; -‐ la posa di cavi e condotti sottomarini;
-‐ gli scarichi di acque reflue (Chisholm and Fernex, 1997); -‐ la maricoltura costiera (Pergent-‐Martini et al., 2006); -‐ la pesca marittima con attrezzi da strascico;
-‐ gli ancoraggi e il diportismo legato al turismo (Milazzo et al., 2004). Oltre a questo stress derivato da attività antropiche e che può essere anche di tipo diretto, legato ad attività meccaniche dell’uomo, la P. oceanica deve sopportare anche possibili variazioni naturali delle condizioni ambientali (temperatura, salinità, concentrazione nutrienti, torbidità dell’acqua, idrodinamismo dell’area) del suo habitat.
Solitamente tollera un ampio intervallo di temperature (fra 10 e 28 °C) ma c’è una chiara relazione tra l’aumento del tasso di mortalità della P. oceanica e l’aumento delle temperature in particolar modo visibile dopo le grandi ondate di calore corrispondenti agli anni 2003 e 2006 (Marbà and Duarte, 2009). Più in generale i cambiamenti climatici in termini sia di aumento della temperatura superficiale del mare sia di diminuzione delle piogge possono influenzare il ciclo di crescita della pianta (Peirano et al., 2011). Anche i test effettuati in laboratorio da Olsen et al. (2012) esprimono la medesima cosa: si è notato una particolare vulnerabilità delle fasi vitali più giovani della pianta ad un aumento generale della temperatura mentre per le fasi più adulte non si è riscontrata una risposta lineare ma un aumento delle mortalità solo per il range più alto testato che si attesta sui 32.2°C. Questo è coerente con le osservazioni effettuate in campo poiché in queste ultime c’è un periodo di osservazione più ampio, che è un fattore determinante per una pianta a crescita lenta come P. oceanica, e in ambiente naturale inoltre ci possono essere altri effetti sinergici positivi che aumentano la mortalità della pianta.
Per quanto riguarda la risposta rispetto alla salinità P. oceanica è stenoalina per cui non si insedia nelle aree salmastre ma soffre in ogni caso le condizioni ipersaline. In particolare in laboratorio Fernández-‐Torquemada et al. (2013) hanno osservato un chiaro trend di diminuzione della germinazione dei semi e della sopravvivenza degli stessi passando da condizioni di salinità di controllo
(37) a condizioni ipersaline (superiori a 40) notando quindi una particolare vulnerabilità dei primi stadi di vita della pianta a variazioni di salinità. Allo stesso modo, secondo Marín-‐Guirao et al. (2013), esposizioni a lungo termine a condizioni ipersaline, con valori superiori a 43, anche su piante adulte generano degli cambiamenti fisiologici che provocano a livello di popolazione un significativo aumento del tasso di mortalità.
Un altro importante fattore che influenza la distribuzione di P. oceanica è la torbidità dell’acqua che a sua volta influenza la penetrazione della luce nelle acque più profonde: un elevata torbidità diminuisce la capacità fotosintetica delle piante e provoca un declino nella biomassa e nella produttività delle piante, aumentando il tasso generale di mortalità (Ruiz and Romero, 2003). Un fattore strettamente legato al precedente è quello della concentrazione dei nutrienti nella colonna d’acqua. Un aumento nella concentrazione dei nutrienti allo stesso tempo favorisce la crescita di fitoplancton, che diminuisce la quantità di luce che riesce a penetrare negli strati più profondi, e altera la comunità di epifiti presente sulle foglie di P. oceanica. In particolare aumenta la ricchezza e la diversità di specie di epifiti e ne stimola una crescita eccessiva che aumenta la copertura delle foglie diminuendone la superfice sintetizzante (Prado et al., 2008; Ruiz and Romero, 2003). Un aumento nella quantità di epifiti comporta un aumento del grazing delle foglie stesse da parte degli erbivori e a tutto ciò va sommata la crescita eccessiva delle macroalghe.
Per quanto riguarda invece la presenza di nutrienti nel sedimento si è notato come, nel caso di substrato sabbioso o costituito da matte, la presenza di sedimento è indicativa della disponibilità di nutrienti per le piante dato che le acque interstiziali dei sedimenti hanno una concentrazione di nutrienti molto superiore della colonna d'acqua. Al contrario le piante ancorate visibilmente su affioramenti rocciosi sono esposte a particolari condizioni ambientali di deposizione, risospensione e rimozione dei sedimenti che ne impediscono l'accumulo. In queste circostanze quindi un importante comparto abiotico dove i nutrienti possono essere intrappolati rimane inutilizzato con conseguente limitazione dei nutrienti che può essere responsabile di una diminuzione
della P. oceanica su roccia non supera mai quella su sabbia e matte (Di Maida et al., 2013).
L’aumento dei nutrienti è un problema molto studiato nei casi in cui si valutano gli effetti negativi dello scarico di acque reflue e delle attività di allevamento costiero (Pergent-‐Martini et al., 2006; Puhr and Pikelj, 2012).
Un altro fattore fisico che gioca un ruolo importante nella determinazione della posizione della prateria è l’idrodinamismo della costa. In particolare si è notato di come ci sia una correlazione tra la profondità del limite inferiore mai più profondo del limite d’interazione fra onde e fondali marini. Il limite superiore invece risente maggiormente dell’influenza delle condizioni idrodinamiche e in particolare della forza delle onde ed è inoltre fortemente condizionato dalle attività antropiche meccaniche. Nei tratti costieri colpiti da onde meno intense la riduzione del movimento dell’acqua con la profondità rappresenta il vincolo più importante per lo sviluppo della prateria mentre la disponibilità della luce gioca un ruolo importante nelle praterie colpite da onde più intense (Vacchi et al., 2012).
È facile quindi capire come le caratteristiche individuali delle piante (es. il numero, la lunghezza e larghezza delle foglie, la densità, la superfice fogliare) e la morfologia delle praterie (es. la posizione e la profondità del limite inferiore, la presenza di matte morte e intermatte, la copertura del fondale) non siano un qualcosa di fisso e immutabile ma al contrario siano variabili e governate dai parametri fisici dell’ambiente qui sopra appena descritti.
Lo studio generale a carattere regionale delle relazioni tra la P. oceanica e i parametri fisici del suo habitat naturale però è poco diffuso dal momento che ci si concentra molto di più sulla valutazione degli effetti provocati dalle attività umane su questi stessi parametri ad una scala locale. Risultano invece molto importanti i programmi di monitoraggio a livello regionale, su più ampia scala, in modo tale da aiutare a creare pratiche ottimali di gestione delle praterie a livello eco-‐regionale. Lo sforzo però viene spesso vanificato dall’eterogeneità dei dati e dalla mancanza di distribuzione degli stessi che impedisce un approccio su ampia scala.
1.4 LO SCOPO DEL LAVORO
Nonostante la grande diffusione di questa pianta acquatica, presente nella maggior parte delle coste del bacino del mar Mediterraneo, la maggior parte degli studi che hanno come oggetto le praterie di P. oceanica sono a scala locale. Analizzano cioè le praterie tramite campionamenti puntuali in una specifica area o al massimo in una specifica regione: raramente vengono presi in considerazione dati riferibili a diverse aree del Mediterraneo come si vede ad esempio negli studi di (Bacci et al., 2013; Lopez y Royo et al., 2011).
Il presente lavoro invece si prefigge di stimare l’influenza di alcuni parametri ambientali (chimico-‐fisici) sulle principali caratteristiche delle popolazioni di P.
oceanica a scala regionale. Questo attraverso un’ampia revisione di letteratura
specifica effettuata a livello dell'intero areale di distribuzione (bacino del Mediterraneo) correlata da una ricerca dei parametri ambientali derivati da telerilevamento satellitare e poi rielaborati in ambiente GIS. Una revisione della letteratura per un dato argomento rischia però di creare un lungo elenco di studi, con diversi gradi di coerenza nella metodologia sperimentale, diversità nelle specie di studio e nell’approccio analitico utilizzato ed oltretutto spesso con delle conclusioni molto diverse.
La meta-‐analisi fornisce un metodo statisticamente rigoroso per confrontare quantitativamente impatti attraverso studi diversi e quindi identificare, se esistono, degli impatti generali al di là della grande variabilità che caratterizza i diversi esperimenti ecologici (Gurevitch and Hedges, 1999). La meta-‐analisi è uno strumento potente e informativo per la ricerca di base e applicata di ecologia e biologia evolutiva. Essa fornisce un rigoroso quadro statistico per sintetizzare e confrontare i risultati di studi diversi che hanno testato una particolare ipotesi e che spesso si basano su campioni di piccole dimensioni a causa dei vincoli di tempo e di manodopera e quindi hanno bassa potenza statistica (Harrison, 2011).
Esistono delle linee guida ben precise, riconosciute a livello internazionale, che aiutano nella pianificazione, organizzazione e implementazione della meta-‐
analisi a partire dal proprio database . È importante prima di tutto selezionare l’effetto che sta alla base dell’analisi. L’effetto può essere facilmente identificabile in campo medico (es. l’effetto di un farmaco sulla salute) ma è riscontrabile anche in campo ambientale: in questo lavoro coincide con l’effetto delle condizioni ambientali sulle caratteristiche di P. oceanica. A seconda della natura dei dati considerati verrà scelta una misura significativa della dimensione dell'effetto e poi, a seconda dell’eterogeneità degli studi considerati, delle tecniche statistiche adatte per combinare le dimensioni degli effetti di vari studi.
La meta-‐analisi è sempre più utilizzata in ambito ambientale per diversi scopi e alcuni esempi sono: esaminare gli effetti dell’ontogenesi, del tipo di foglia e della quantità di luce sui rapporti tra biomassa fogliare per area e tolleranza all’ombra delle piante (Lusk and Warton, 2007); comprendere ed analizzare gli impatti delle alghe sulle fanerogame marine a scala locale per una gestione proattiva che prevenga perdite a scale più ampie (Thomsen et al., 2012); ottenere un’evidenza sperimentale a riguardo della deterrenza chimica da parte della P. oceanica contro una vasta gamma di consumatori erbivori (Vergés et al., 2007).
Le meta-‐analisi sono quindi in tutto e per tutto delle revisioni sistematiche alle quali si applicano tecniche statistiche per “fondere” insieme risultati di studi omogenei condotti sullo stesso argomento. Questo metodo è stato utilizzato anche nel presente lavoro per integrare i diversi studi dai quali sono state tratte le informazioni. In particolare il lavoro è stato organizzato in tre parti:
1. individuazione di indicatori relativi alle caratteristiche delle praterie per l’intero Mediterraneo;
2. caratterizzazione delle condizioni ambientali per le praterie precedentemente selezionate;
3. analisi statistica delle relazioni tra le due tipologie di dati tramite due approcci, uno di meta-‐analisi e uno più generale, e inferenze sulle possibili relazioni fra variabili ambientali e caratteristiche delle praterie. L’obbiettivo finale è quello di individuare delle relazioni tra alcune variabili abiotiche, che descrivono l’ambiente, e alcune variabili biotiche, che descrivono
le caratteristiche della prateria, che siano significative e valide per l’intero areale di distribuzione (mar Mediterraneo). Questo obbiettivo è stato ottenuto mediante l’utilizzo di una meta-‐analisi che consenta di generalizzare le conoscenze ricavate da studi sul campo, a scala puntuale, che sono legate alle particolari condizioni ambientali influenzate spesso dalle attività antropiche di quell’area presa in esame (es. scarichi di acque reflue, siti di maricoltura costiera).
2. MATERIALI E METODI
2.1 AREA DI STUDIO
L’area oggetto di questo studio coincide con l’intero areale di distribuzione di P.
oceanica ed è riconducibile alla totalità delle coste del bacino del mar
Mediterraneo nella fascia batimetrica compresa dalla superficie ai 50 metri di profondità massimi (Minelli et al., 2008): dalle coste occidentali dell’Algeria e della Spagna nei pressi dello stretto di Gibilterra alle coste della Turchia, e dalle coste delle Tunisia a quelle della Croazia. Possiede quindi un’estesa distribuzione sia in senso longitudinale che in senso latitudinale. Al contrario non si spinge nel mar Nero, scarseggia nel mar Adriatico, nel mar di Levante, nelle vicinanze dello stretto di Gibilterra e più in generale nelle vicinanze dei grandi fiumi (Ruiz Juan M., 2009). In particolare è poco presente nel mar di Levante a causa delle elevate temperature che ne inibiscono la crescita (Celebi and Gucu, 2006).
Il mar Mediterraneo è il più ampio mare semi-‐chiuso d'Europa caratterizzato da una forte evaporazione e da un ridotto apporto di acque dolci fluviali influenzato spesso da attività umane (dighe e sbarramenti). Questo provoca un costante deficit idrico che viene compensato dall’acqua in ingresso dall’Oceano Atlantico tramite lo stretto di Gibilterra. Questo apporto di grandi quantità d'acqua fredde ma poco salate che quindi rimangono in superficie provoca correnti superficiali durante tutto l'anno che rimanendo in superfice procedono principalmente da ovest verso est mentre le correnti intermedie hanno direzione opposta.
Il bacino ovest del Mediterraneo infatti ha temperature medie, alla profondità di massima salinità, comprese tra 12.8°C-‐12.93°C e la salinità media compresa fra tra 38.44-‐38.48, ad eccezione del Mar Tirreno per il quale si hanno temperature di circa 13.1°C e salinità di circa 38.53. Lo Ionio raggiunge temperature medie comprese fra 13.45°C-‐13.55°C e valori di salinità compresi fra 38.73-‐ 38.75. Il Bacino Levantino e il Mar Egeo invece sono i mari più caldi e salati con
temperatura media compresa fra 13.55°C-‐13.65°C e salinità compresa fra 38.77-‐ 38.8.
Il bacino Mediterraneo occidentale quindi risulta essere più freddo e meno salato mentre il Mediterraneo orientale appare più caldo e più salato e il mar Tirreno si trova in mezzo tra i valori di temperatura e salinità dei Bacini Ovest ed Est.
Definendo come oligotrofici i bacini con concentrazione di clorofilla inferiore a 0.1 mg/m-‐3, mesotrofici quelli con concentrazione di clorofilla compresa tra 0.1 e 1 mg/m-‐3, ed eutrofici quelli con concentrazione di clorofilla superiore a 1 mg/m-‐3, il Mediterraneo è considerato appartenere alla prima categoria. La presenza però di varie strutture e situazioni possono portare, in determinati periodi dell’anno, ad aumenti di biomassa locali piuttosto importanti. In particolari nonostante la bassa produttività in generale è stato osservato un gradiente longitudinale con una oligotrofia che tende ad aumentare verso est (Moutin and Raimbault, 2002).
2.2 BASE DI DATI
Dal momento che questo è uno studio a scala regionale, relativo all’intero bacino del Mediterraneo, risulta determinante la selezione dei dati da analizzare. È importante avere una distribuzione quanto più ampia e uniforme possibile dei dati su tutta l’area oggetto di studio per poter avere dei risultati la cui validità possa poi essere realmente estesa all’intero bacino. Per questo motivo è stata posta particolare attenzione alla fase di ricerca dei dati riguardanti le caratteristiche delle praterie di P. oceanica, alla quantità di dati individuati ma soprattutto alla loro distribuzione spaziale e temporale. In particolar modo, dopo una ricerca descritta qui di seguito, il database è stato integrato attraverso la raccolta del maggior numero di informazioni per quelle aree caratterizzate da una scarsa disponibilità di dati, come nel caso delle coste dell’Africa settentrionale e delle coste più orientali, Balcani compresi.
La raccolta di dati si è focalizzata su due tipologie principali: dati biotici riguardanti le caratteristiche (cfr. par. 2.2.1) delle praterie di P. oceanica e dati abiotici riguardanti le caratteristiche ambientali dell’habitat di ciascuna prateria presa in considerazione.
I dati biotici sono sempre derivanti da campionamenti in situ e sono stati ricavati tramite una ricerca bibliografica sistematica effettuata su diversi supporti:
-‐ articoli scientifici pubblicati sui riviste scientifiche (ISI) ricercati attraverso il motore di ricerca Scopus;
-‐ review degli interventi e dei risultati dei progetti del programma ambientale LIFE Plus della Commissione Europea;
-‐ review dei risultati di campagne di monitoraggio sulla praterie di P.
oceanica organizzate e finanziate dagli enti responsabili della gestione
della fascia costiera (Stato, Regioni, Province, Comuni);
-‐ libri scientifici elaborati da associazioni ambientali o da privati.
Per quanto riguarda la ricerca bibliografica sistematica di articoli scientifici è stato utilizzato il motore di ricerca Scopus (http://www.scopus.com/) analizzando tutti i risultati ottenuti (al 30 dicembre 2013) con i seguenti campi di ricerca:
-‐ come criterio da ricercare nel titolo, nell’abstract o nelle parole chiavi dell’articolo le parole “Posidonia” e “oceanica”;
-‐ come tipi di documenti in cui ricercare “articoli o review”; -‐ come periodo l'arco temporale compreso tra il 2001 e il 2012;
-‐ come sottoinsiemi di ricerca sono stati selezionati solo “life sciences” e “physical sciences”.
Per quanto riguarda le altre tipologie di documenti, utilizzate per integrare la ricerca effettuata sulle riviste scientifiche, è stato utilizzato il motore di ricerca Google scholar (http://scholar.google.it/) con diverse parole chiave ma con il medesimo obbiettivo: ottenere informazioni quantitative relative alle praterie di P. oceanica tra il 2001 e il 2012 per tutto il bacino del Mediterraneo.
Per integrare i dati così ottenuti ed avere una distribuzione geografica il più possibile omogenea, sono state effettuate anche delle ricerche mirate, inserendo