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TC multidetettore nella caratterizzazione delle lesioni neuroendocrine del pancreas

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO 3

INTRODUZIONE 6

- Aspetti clinici 7

Insulinoma 9

Gastrinoma 10

Glucagonoma 12

Somatostatinoma 13

Vipoma 14

PPoma 16

- Tumori neuroendocrini del pancreas: sistemi di

classificazione ed anatomia patologica 16

- Imaging 22

Ecografia 22

Ecografia Transaddominale 22 Ecografia Endoscopica 24 Ecografia Intraoperatoria 25

Tomografia Computerizzata 26

Risonanza Magnetica 30

Medicina Nucleare 32

- Terapia 35

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Analoghi della Somatostatina 36

Interferone α 37

Chemioterapia 38

Radionuclidi 39

Chirurgia 39

Trattamento delle metastasi epatiche 41

SCOPO DELLA TESI 42

MATERIALI E METODI 43

- Pazienti 43

- Tecnica di studio

- Parametri di valutazione TC 46

RISULTATI 51

DISCUSSIONE 54

BIBLIOGRAFIA 60

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RIASSUNTO

I tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici sono neoplasie rare, più comunemente a sede pancreatica, raramente gastroenterica. Le lesioni funzionanti danno segni precoci con sindromi endocrine specifiche; quelle non funzionanti, al contrario, non avendo richiamo clinico ormonale, sono spesso oggetto di riscontro occasionale o si manifestano tardivamente per effetto compressivo. Pur essendo nel 50% dei casi maligni, con presenza di metastasi a distanza ed invasione vascolare e linfatica già al momento della diagnosi, hanno tuttavia prognosi migliore rispetto ad altre neoplasie maligne. E’ fondamentale, pertanto, formulare una corretta diagnosi ed un preciso bilancio di diffusione, al fine di scegliere la più adeguata strategia terapeutica.

Scopo della tesi è stato quello di valutare l’accuratezza diagnostica della TC multidetettore nella tipizzazione delle lesioni neuroendocrine del pancreas. Sono stati valutati 30 pazienti affetti da tumore neuroendocrino pancreatico, per un totale di 49 lesioni (2 pazienti con Sindrome MEN-1 presentavano 15 e 5 lesioni, rispettivamente, ed un paziente, non affetto da sindromi familiari o genetiche presentava 2 tumefazioni). L’esame TC è stato effettuato con scansioni a strato sottile in condizioni basali e dopo somministrazione di mezzo di contrasto iodato (5 ml/sec), in fase arteriosa precoce (15 sec), pancreatica (35 sec), venosa (70 sec) e tardiva (180 sec). Sono stati individuati tre differenti

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patterns post-contrastografici: pattern A, caratterizzato da precoce wash-in in fase arteriosa precoce e pancreatica e altrettanto rapido wash-out; pattern B, caratterizzato da precoce wash-in e assenza di wash-out anche nelle fasi tardive (B1) o lesioni che presentavano un progressivo wash-in solo nelle fasi tardive (B2). Di ogni lesione è stato anche valutato il diametro massimo. I reperti TC sono stati messi a confronto con i risultati istologici post-operatori. All’istologia 23 (47%) lesioni risultavano benigne, 18 (37%) erano maligne e 8 (16%) borderline. Alla TC 27/49 (55%) lesioni mostravano pattern A (diametro medio TC: 13 mm): all’istologia, 22/27 (81%) risultavano benigne (diametro medio < 2 cm in tutti i casi), 1/27 (4%) maligna (12 mm), 4/27 (15%) borderline (tutte < 2 cm). I pattern B1 e B2 includevano 22/49 (45%) lesioni (diametro medio TC: 41 mm); all’istologia, 17/22 (77%) lesioni risultavano maligne (diametro > 2 cm in tutti i casi: media 39 mm), 4/22 (18%) lesioni mostravano aspetti istologici borderline (diametro medio: 18 mm) e 1/22 (4%) benigni (15 mm).

Il valore predittivo positivo (VPP) del pattern A, nell’ambito delle lesioni neuroendocrine benigne del pancreas, risultava 81%, mentre il VPP del pattern B (B1 e B2), nell’ambito delle lesioni maligne, risultava 77%.

In conclusione, la TC multidetettore può suggerire la natura di una lesione neuroendocrina del pancreas ed in particolare il suo comportamento post-contrastografico può rappresentare un ulteriore criterio per sospettare la natura benigna/maligna della lesione. Sulla base dei nostri risultati, infatti, in presenza

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di una lesione con pattern A è ragionevole sospettare la benignità della neoplasia, mentre la presenza di enhancement anche in fase contrastografica tardiva, evidenziato nelle lesioni con pattern B, è da considerarsi un segno prognostico di malignità.

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INTRODUZIONE

I tumori neuroendocrini del pancreas rappresentano una piccola minoranza nell’ambito delle neoplasie pancreatiche; la loro incidenza varia infatti da 1 a 1,5 casi/100.000 abitanti [1,2]. I casi sporadici rappresentano solo l’1-3 % di tutte le neoplasie pancreatiche [2,3,4,5] ed hanno picco di incidenza nella sesta decade di vita, senza differenza tra i sessi [2,6]; si riconoscono poi alcune forme su base ereditaria o associate a specifiche sindromi genetiche (Von Hippel Lindau/ MEN-1): in questo caso le neoplasie neuroendocrine pancreatiche arrivano ad interessare anche l’82% dei pazienti affetti da tali sindromi [5,7].

Tali neoplasie originano da cellule endocrino-secernenti situate a livello delle insule ed appartenenti al sistema neuroendocrino diffuso, distribuite lungo tutto l’apparato gastroenterico. Tali cellule presentano caratteristiche comuni alle cellule nervose ed hanno la capacità, non condivisa da tutte le popolazioni cellulari, di sintetizzare ormoni e amine con attività biologica (ad esempio cromogranina). Di qui la denominazione di sistema APUD (Amine Precursors Uptake and Decarboxylation) [8]. Meno del 5% della massa totale del pancreas è costituito da cellule endocrine, tuttavia, esse ricevono il 10-20% dell’apporto ematico totale del pancreas [9,10]. Nel normale parenchima pancreatico si riconoscono tre tipi principali di cellule endocrine: le cellule beta (cellule B), le più abbondanti, secernenti insulina; le cellule alfa (cellule A) che secernono

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glucagone e le cellule delta (cellule D), secernenti somatostatina. In misura molto minore sono riconoscibili anche altre linee cellulari, anch’esse secernenti, come le cellule D1, che producono VIP e le cellule PP, secernenti il polipeptide pancreatico [9].

Da un punto di vista funzionale, le neoplasie neuroendocrine pancreatiche possono essere distinte in tumori funzionanti e non funzionanti: i primi risultano costituiti da cellule secernenti e dunque responsabili di una sintomatologia da eccessiva produzione di ormone; tali forme rappresentano il 65-80% del totale e si osservano perlopiù nei pazienti più giovani [5]. La più frequente tra le neoplasie neuroendocrine funzionanti è l’insulinoma, mentre più rari sono il glucagonoma, il gastrinoma, il vipoma, il PPoma e il somatostatinoma [11,12]; solo nel 18% circa dei casi tale secrezione è “multiormonale” [5,8,11]. Nel 15-35% dei casi la neoplasia risulta invece essere non secernente [5,8,11]; tali neoplasie si presentano più spesso come lesioni solitarie e risultano spesso maligne, fino anche all’80-90% dei casi [10,11].

ASPETTI CLINICI

Da un punto di vista clinico, come accennato, le neoplasie endocrine del pancreas vengono distinte in tumori funzionanti e non funzionanti: le neoplasie

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funzionanti sono responsabili di ipersecrezione ormonale, che si traduce sul piano clinico in una “sindrome” più o meno specifica da iperfunzione, diversa a seconda del tipo cellulare coinvolto [2]. Le neoplasie non funzionanti sono invece tumori pancreatici con differenziazione endocrina (testimoniata dalla presenza microscopica rilevata all’indagine immunoistochimica di granuli del sistema APUD), che non determinano una sindrome clinica da ipersecrezione

[2,5]; tali neoplasie sono per lo più sporadiche e rappresentano circa il 15-25% di tutti i tumori endocrini pancreatici, collocandosi al terzo posto per frequenza, dopo insulinoma e gastrinoma [10,13]. Nell’ambito delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche non secernenti sono infatti inclusi quasi tutti i tumori a cellule PP, oltre che tumori a cellule A e D [5,10]. Il termine “non funzionanti” viene impiegato per indicare sia quei tumori che non si associano ad aumento dei livelli circolanti di ormone, sia le neoplasie che pur determinando un aumento dei livelli sierici ormonali, non causano una franca sintomatologia clinica [5,10]. Nell’ambito delle neoplasie non funzionanti, si riconoscono infine le neoplasie che vengono diagnosticate sulla base di una sintomatologia dovuta all’effetto massa della lesione [10,11,13]; queste ultime sono di solito tumori di grosse dimensioni (>5 cm), solitari, maligni, che al momento della diagnosi spesso presentano invasione locale o metastatizzazione a distanza [10,11], associate a dolore, ittero, massa addominale palpabile, riscontro di ascite, steatorrea e frequenti emorragie intestinali [10,11,13].

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INSULINOMA

L’ insulinoma è la più comune neoplasia neuroendocrina pancreatica. Può essere localizzato nella testa, corpo o coda del pancreas con la stessa frequenza [12,15] ed in meno dell’1% dei casi presenta sede ectopica [5,10]. Può colpire ogni fascia d’età, ma la sua incidenza aumenta notevolmente nella V-VII decade di vita [11], con lieve prevalenza nel sesso femminile [5]. Nel 90-95% dei casi è un tumore benigno, formato da cellule con differenziazione beta, responsabili della ipersecrezione di insulina [5,11,12] e rappresenta circa il 60% delle forme funzionanti [10,14].

La sintomatologia è legata all’aumento di secrezione di insulina da parte del tumore, che determina ipoglicemia e conseguentemente cefalea, astenia, disartria, disturbi visivi, alterazioni psicologiche, confusione, fino eventualmente al coma e alla morte [5,10,11]. L’iperproduzione di insulina determina inoltre, come effetto compensatorio, la secrezione di catecolamine, con comparsa di tremori, diaforesi, palpitazioni, aritmie cardiache ed irritabilità [10,11].

A causa della precoce comparsa dei sintomi, gli insulinomi sono generalmente diagnosticati quando presentano ancora piccole dimensioni (< 1,5 cm) [5,11]; generalmente gli insulinomi sono lesioni solitarie [11,12], fatta eccezione per gli

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insulinomi presenti nell’ambito delle sindromi genetiche (30%), tipicamente multipli [10,11].

Da un punto di vista macroscopico, queste neoplasie sono lesioni ben circoscritte, di consistenza variabile, colore dal bianco-grigio al rossastro, circondate da una capsula fibrosa solitamente incompleta, mentre a livello microscopico il pattern architetturale risulta analogo a quello delle altre neoplasie endocrine pancreatiche, mostrando una struttura trabecolare [5,10]. All’indagine immunoistochimica oltre alla presenza di granularità positive per cromogranina, sinaptofisina e insulina, reperto peculiare è la presenza di sostanza amiloide localizzata sia all’interno sia alla periferia della lesione [5].

GASTRINOMA

Il gastrinoma rappresenta, per frequenza, la seconda neoplasia endocrina del pancreas [5,11]; tale neoplasia colpisce maggiormente il sesso maschile e nel 30-50% dei casi viene riscontrata nell’ambito di pazienti con sindrome MEN-1 [2,11,13]: in questi casi i gastrinomi sono solitamente multipli e solo raramente secernenti gastrina [9]. Nel 10% dei casi la neoplasia ha origine intrapancreatica, mentre nella maggior parte dei pazienti (90%), il gastrinoma origina nell’ambito del “triangolo del gastrinoma”, un’area compresa tra (a) la giunzione del dotto

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cistico con l’epatico comune, (b) la giunzione tra testa e corpo pancreatico, e (c) la seconda e terza porzione duodenale [10,11].

Macroscopicamente, i gastrinomi sono lesioni ben circoscritte, non capsulate, di consistenza variabile, le cui dimensioni variano in un range compreso tra pochi millimetri fino a 4 cm [5,11]. Nonostante la tendenza alla precoce degenerazione maligna, l’invasione dei grossi vasi sanguigni e l’infiltrazione macroscopica dei tessuti peripancreatici sono rari; più frequente, invece, l’interessamento dei linfatici peritumorali e dei piccoli vasi sanguigni perilesionali [5].

Clinicamente, nella maggior parte dei pazienti, i gastrinomi sono responsabili della ipersecrezione di gastrina (sindrome di Zollinger-Ellison), causa di un marcato incremento di produzione di acido cloridrico (HCl) da parte delle cellule parietali della mucosa gastrica; l’ipersecrezione di HCl determina la comparsa di multiple ulcere gastriche, spesso localizzate in sede anomala e ricorrenti [5,10,11], la cui presenza è causa della spiccata sintomatologia algica addominale, difficilmente trattabile con i comuni farmaci; in circa 1/3 dei casi si associa esofagite [2,11].

Sintomi aspecifici che rientrano spesso nel quadro clinico di una ipergastrinemia sono infine, la comparsa di episodi diarroici, perdita di peso (riferibili in larga parte alla inattivazione, da parte dell’ipersecrezione acida gastrica, degli enzimi pancreatici, e in misura minore ad un danno diretto, cronico, sulla mucosa intestinale) [2,5]; talvolta la malattia è scoperta proprio a causa di episodi di

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ematemesi o di perforazione di un’ulcera non diagnosticata [5]. Solo il 7% di tutti i gastrinomi è asintomatico.

GLUCAGONOMA

I glucagonomi sono neoplasie frequentemente maligne, che originano dalle cellule alfa del pancreas [5,10]; nella maggior parte dei casi sono localizzati nella coda del pancreas, di solito unici, e con crescita lenta [5,10,11]. Se funzionanti producono glucagone, determinando una sindrome clinica caratterizzata da rash cutaneo, stomatite, diabete mellito, calo ponderale e anemia [5,11].

Tale neoplasia si ritrova più spesso in pazienti dai 40 ai 70 anni, solo occasionalmente in pazienti con sindrome MEN-1 [5, 10].

La sindrome causata dal glucagonoma può comportare polimorfi quadri clinici, tra cui l’eritema necrolitico migrante di Wilkinson, caratterizzato da rash cutaneo intermittente, simmetrico, localizzato preferenzialmente a faccia, addome, perineo ed estremità distali, con tipico comportamento migratorio da una sede all’altra [5,11]. In fase iniziale tale eruzione può essere confusa con una dermatite eczematosa o bollosa tipo pemfigo [5]. Altre condizioni che possono presentarsi sono una glossite atrofica, stomatite, cheilite angolare. Il

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diabete è di solito lieve, anche asintomatico, e le complicanze diabetiche sono rare [5,11,15].

Gli esami di laboratorio mostrano caratteristicamente elevati livelli di glucagone

plasmatico, iperglicemia e ipoaminoacidemia, quest’ultima dovuta

all’incremento della gluconeogenesi e ureogenesi epatica [5]. Non sempre la sintomatologia correlata all’incremento di glucagone si presenta in maniera conclamata: spesso infatti il corteo sintomatologico è aspecifico e sfumato, e ciò comporta una diagnosi tardiva, perlopiù legata alla sintomatologia dovuta all’effetto massa causato dalle cospicue dimensioni raggiunte dalla neoplasia; in questi casi, al momento della diagnosi, sono presenti segni di invasività sia localmente sia a distanza (70% casi) [2,11]. Sedi più frequenti di metastasi sono i linfonodi locoregionali e il fegato [5,10].

Circa l’80% dei glucagonomi secernenti sono maligni [5,10,11]; nonostante questo, i pazienti hanno una buona sopravvivenza, dovuta alla lenta crescita del tumore [2,13].

SOMATOSTATINOMA

E’ un tumore che origina dalle cellule D pancreatiche, secernenti somatostatina, regolatore metabolico dell’ormone della crescita. Rappresenta meno dell’1% dei tumori endocrini secernenti del pancreas. E’ generalmente sporadico ed in

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letteratura non sono noti casi di somatostatinomi associati a MEN 1 o ad altre sindromi genetiche [5]. Può essere funzionante, causando una sindrome da ipersomatostatinemia, o non funzionante, manifestandosi principalmente con un quadro di ostruzione biliare, legata alla localizzazione preferenziale della neoplasia nella regione periampollare [5,10,16].

Quando sintomatica, la neoplasia si presenta con la classica triade data da diabete mellito, diarrea con o senza steatorrea e colelitiasi [5,11,13,16]; questi sintomi derivano dalle funzioni inibitorie esercitate dalla somatostatina sul rilascio di insulina, sulla secrezione di enzimi pancreatici e bicarbonato e sulla motilità colecistica [5,10,11]. Alla triade possono aggiungersi altri sintomi, secondari alla secrezione di altri enterormoni, frequentemente co-secreti dalla neoplasia (75% dei casi) [18]. Anche il somatostatinoma, analogamente al glucagonoma, è un tumore solitamente di grandi dimensioni e spesso accompagnato da metastasi al momento della diagnosi [5,11,13].

VIPOMA

L’80% dei VIPomi è localizzato nella ghiandola pancreatica [10,11]: questa neoplasia rappresenta l’8% di tutti i tumori endocrini dell’organo [2,5]. Generalmente unica (80% casi), è più frequentemente situata a livello della coda [2,5]; l’età media al momento della diagnosi è di circa 50 anni e si apprezza una

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lieve prevalenza nel sesso femminile [5,10]. In quanto spesso non secernente o responsabile di una sintomatologia alquanto aspecifica, al momento della diagnosi il VIPoma presenta spesso grandi dimensioni, con diametro variabile da 1 a 7 cm [2,10,11]. Nonostante una lenta crescita, questa neoplasia e’ solitamente maligna e al momento della diagnosi presenta metastasi nel 60% dei casi [9,10,11].

La sindrome da VIPoma è caratterizzata da diarrea cospicua (1-6 lt/die), acquosa e ingravescente, che mima quella del colera: da qui anche il termine di “colera pancreatico” [10]. I disturbi dell’equilibrio idro-elettrolitico, secondari alla diarrea (ipokaliemia, ipocloridria), possono portare a letargia, debolezza muscolare, aritmie cardiache, calo ponderale, dolore addominale, dispepsia [5,10]. Nel 20% dei casi è presente flushing e più raramente necrosi tubulare renale acuta [2,10,11]. Nel 75% dei pazienti si riscontra ipercalcemia accompagnata da ipofosfatemia, dovuta probabilmente ad un iperparatiroidismo secondario. Anche la stessa secrezione ormonale neoplastica può essere in grado di indurre ipercalcemia [2,10]. Circa il 50% dei pazienti presenta iperglicemia per ridotta tolleranza al glucosio [2,11]; nel 40% dei casi si può avere ipo-acloridria: tali reperti sono legati agli effetti biologici del VIP, che determina stimolazione della secrezione intestinale, inibizione della secrezione gastrica, dilatazione colecistica, promozione delle glicogenolisi e dilatazione vascolare periferica [5,13].

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PP OMA

Il PPoma si localizza più frequentemente a livello della testa pancreatica [11]. La maggior parte dei tumori costituiti da cellule con immunoistochimica positiva per il Polipeptide Pancreatico (PP) è non funzionante [5,10]; solo in una piccola percentuale di casi è possibile riscontrare elevati livelli plasmatici di PP, associati o meno a sintomatologia, la quale se presente, ha spesso caratteristiche della sindrome da carcinoide (eruzione a tipo esantema, calo ponderale, ittero e dolore addominale) [11]. La mancanza di sintomi specifici fa sì che spesso il tumore sia diagnosticato quando le sue dimensioni cospicue (>5 cm di diametro) arrivano a determinare un effetto massa [10,11]. All’analisi microscopica tali tumori appaiono ricchi di granuli e con architettura trabecolare e hanno comportamento benigno, mentre i rari PPomi maligni, oltre a presentare dimensioni cospicue, appaiono istologicamente più omogenei e scarsamente granulati [5].

TUMORI NEUROENDOCRINI DEL PANCREAS: SISTEMI DI

CLASSIFICAZIONE ED ANATOMIA PATOLOGICA

Dal punto di vista anatomo-patologico, la maggior parte delle neoplasie si presentano macroscopicamente come lesioni di consistenza lievemente

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aumentata e colore dal rosa-grigio al bianco-roseo, ben delimitate da una pseudocapsula, spesso incompleta. Nelle lesioni di grosse dimensioni sono frequenti foci di necrosi ed emorragia [2,5,10]. L’aspetto microscopico delle forme ben o moderatamente differenziate consiste in cellule uniformi, eosinofile, a morfologia cuboidale, organizzate a formare cordoni, strutture nastriformi, circolari o nidi solidi; talvolta si associano elementi ghiandolari o acinari, immersi in uno stroma riccamente vascolarizzato [2,5,10]. L’architettura istologica non è indicativa di uno specifico tipo tumorale, ad eccezione di strutture ghiandolari contenenti corpi psammomatosi, osservati spesso nei somatostatinomi della regione periampollare, e i depositi di amiloide negli insulinomi [2,5,10]. Le cellule dei carcinomi di alto grado sono rappresentate da elementi piccoli, pleiomorfi, con nuclei marcatamente ipercromici, nucleoli poco evidenti e contorni cellulari poco definiti, generalmente organizzate in nidi o tappeti [5].

In passato sono stati proposti numerosi criteri di classificazione anatomo-patologica delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche. Ad oggi il sistema di classificazione più utilizzato è quello proposto nel 2000 dall’WHO (World Health Organization) [17,18]. Questo sistema suddivide le neoplasie neuroendocrine pancreatiche in 1) tumori endocrini ben differenziati, 2) carcinomi endocrini ben differenziati e 3) carcinomi endocrini scarsamente

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differenziati; tale classificazione si basa sulle caratteristiche microscopiche cellulari (Tabella I).

L’altra classificazione attualmente utilizzata nella definizione delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche e’ quella proposta dall’AFIP (Armed Forces Institute of Pathology) nel 1995 [5]; tale classificazione suddivide le neoplasie endocrine del pancreas in tumori benigni, borderline (ad incerto potenziale maligno), a basso grado di malignità e ad alto grado di malignità (Tabella II). Entrambi tali sistemi classificativi pongono l’eventuale secrezione ormonale, ed in particolare il tipo di ormone prodotto, come aspetto saliente nella differenziazione tra neoplasie ben differenziate (costituite da cellule secernenti e con caratteristiche morfologiche di benignità) e neoplasie maligne (costituite da cellule altamente indifferenziate da un punto di vista morfologico ed incapaci di secernere ormoni, se non ectopici). Anche in caso di neoplasie non secernenti le amine pre-formate vengono pertanto ricercate all’interno della cellula con indagini immunoistochimiche e nei granuli visibili alla microscopia elettronica. In base alla classificazione della WHO, nell’ambito dei tumori neuroendocrini ben differenziati sono inclusi sia i tumori con caratteristiche morfo-funzionali del tutto benigne, sia tumori a comportamento incerto (o “borderline”), cioè neoplasie che, pur caratterizzate da molteplici aspetti di benignità, presentano anche alcuni criteri che esprimono una potenziale evolutività in senso maligno. I tumori neuroendocrini benigni sono infatti definiti come neoplasie confinate al

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pancreas, non angioinvasive, con basso indice proliferativo cellulare (≤ 2 mitosi/ HPF o Ki 67 ≤2%) e diametro inferiore ai 2 cm. Le neoplasie neuroendocrine definite “borderline”, anch’esse confinate al pancreas, sono invece caratterizzate da angioinvasione ed aumentato indice mitotico (>2/ HPF e/o Ki67 > 2%).

I carcinomi neuroendocrini ben differenziati (o di basso grado) sono tumori caratterizzati da invasione diretta di organi e strutture circostanti o metastasi (ai linfonodi regionali e/o fegato), costituiti da cellule con numero di mitosi compreso tra 2 e 10/HPF e Ki 67 >5%, mentre i carcinomi neuroendocrini scarsamente differenziati (o di alto grado), anche detti carcinomi a piccole cellule, sono lesioni altamente maligne che al momento della diagnosi presentano metastasi a distanza, determinando angioinvasione e coinvolgimento perineurale; microscopicamente, le cellule presentano alto numero di mitosi (>10/HPF) o Ki 67 >15%, perdendo la capacità di secernere ormoni omo ed eterotopici pancreatici [17].

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TABELLA I

CLASSIFICAZIONE WHO -

TUMORI DEL PANCREAS ENDOCRINO

TUMORI ENDOCRINI BEN DIFFERENZIATI

A: Benigni

Confinati al pancreas

<2 cm. ≤ 2 mitosi/HPF. ≤2% Ki67. Senza angioinvasione.

Clinicamente: di regola insulinomi o non funzionanti. Sporadici o con sindrome MEN-1.

Produzione ormonale: insulina, glucagone, PP

B: Ad incerto potenziale maligno o borderline

Confinati al pancreas

≥2 cm. > 2 mitosi/HPF. >2% Ki67 o con angioinvasione. Clinicamente: di regola funzionanti (di solito non insulinomi) o non funzionanti.

Sporadici o con sindrome MEN-1.

Produzione ormonale: insulina, glucagone, PP, gastrina, VIP Somatostatina, ACTH, paratormone, GHRH.

CARCINOMI ENDOCRINI BEN DIFFERENZIATI [BASSO GRADO]

Con invasione locale e/o metastasi.

Clinicamente: funzionanti ogni tipo o non funzionanti. Sporadici o con sindrome MEN-1.

Produzione ormonale come i B.

CARCINOMI ENDOCRINI SCARSAMENTE DIFFERENZIATI [ALTO GRADO]

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TABELLA II

CLASSIFICAZIONE AFIP

-TUMORI DEL PANCREAS ENDOCRINO

BENIGNI

-Adenoma ben differenziato Insulinoma

Adenoma non producente

BORDERLINE (INCERTO POTENZIALE MALIGNO)

-Tumore non angio-invasivo ben differenziato Insulinoma

Gastrinoma, VIPoma, Glucagonoma, Somatostatinoma, altri Tumori non producenti

BASSO GRADO DI MALIGNITA’

-Carcinoma da ben a moderatamente differenziato Insulinoma

Gastrinoma, VIPoma, Glucagonoma, Somatostatinoma, altri Carcinoma non producente

ALTO GRADO DI MALIGNITA’

-Carcinoma scarsamente differenziato (carcinoma a piccole cellule) Producente

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IMAGING

La storia clinica del paziente e gli esami di laboratorio rappresentano gli strumenti di base indispensabili per sospettare la diagnosi in caso di neoplasia endocrina secernente. In tal caso l’imaging riveste un ruolo fondamentale nell’individuazione e localizzazione del nodulo secernente oltre che nella stadiazione locoregionale e a distanza. Le neoplasie endocrine non secernenti sono invece spesso diagnosticate in uno stadio avanzato, quando divengono sintomatiche per il loro effetto massa, per l’interessamento delle strutture circostanti o per la presenza di metastasi a distanza. In questo caso alle metodiche di diagnostica per immagini è richiesto in particolare di porre diagnosi differenziale con altre forme neoplastiche pancreatiche, primo tra tutti l’adenocarcinoma duttale, dato il differente approccio terapeutico [14].

ECOGRAFIA

Ecografia transaddominale

L’ecografia rappresenta solitamente la prima indagine diagnostica in caso di sospetto clinico di lesione neoplastica pancreatica. La diretta visualizzazione del tumore è spesso difficoltosa e dipende in particolare dalle dimensioni e dalla sede delle neoplasie [19,20]. La necessità di utilizzare sonde a bassa frequenza, al fine di poter esplorare la loggia retroperitoneale, comporta necessariamente

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una perdita della risoluzione spaziale della metodica ecografica transaddominale; ciò si traduce sostanzialmente in una ridotta sensibilità della metodica (dal 25 al 65%) nell’individuare lesioni focali pancreatiche [11], spesso ulteriormente ridotta dalla difficoltà di avere un buon campo di vista dell’area addominale a causa della difficile esplorabilità del paziente (gas intestinali, obesità) [11,21]; in particolare, tale metodica risulta avere scarsa sensibilità nella visualizzazione di piccole neoplasie [19,21].

All’esame ecografico, le neoplasie neuroendocrine pancreatiche di piccole dimensioni appaiono come noduli ben definiti, rotondeggianti ed omogeneamente ipoecogeni rispetto al parenchima circostante [11,20,21]; talvolta può essere presente un alone attorno alla lesione [21], mentre nel caso di lesioni di dimensioni maggiori l’aspetto ecografico può mostrare un pattern più disomogeneo, per la presenza di calcificazioni, necrosi ed emorragia [11,20], e margini sfumati ed irregolari [22,23]. Nonostante i progressi tecnologici, il limite maggiore della metodica resta tuttora la scarsa sensibilità nella definizione della stadiazione locoregionale della neoplasia.

La recente applicazione di mezzi di contrasto per ecografia allo studio del pancreas [24,25], ha portato ad un notevole incremento delle capacità diagnostiche dell’ecografia. I mezzi di contrasto di seconda generazione, caratterizzati da risposta armonica a basse pressioni acustiche (basso indice meccanico), possono essere impiegati con vantaggio nello studio

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ultrasonografico delle neoplasie neuroendocrine del pancreas, sfruttando la ipervascolarizzazione di tali lesioni; ciò offre la possibilità di un’osservazione

dinamica durante scansione ultrasonografica continua, favorendo

l’identificazione di circoli tumorali a flusso rapido. La contrastografia ultrasonografica ha inoltre permesso un incremento delle capacità diagnostiche della metodica ecografica nella stadiazione locoregionale, consentendo di determinare con maggior accuratezza i margini e le dimensioni della lesione, nonché i rapporti con i vasi arteriosi e venosi peripancreatici [26].

Ecografia endoscopica

L’ecografia endoscopica è considerata attualmente una metodica altamente attendibile nella determinazione della diffusione loco-regionale delle neoplasie pancreatiche. La stretta vicinanza della sonda ecografica alla regione di interesse permette infatti l’utilizzo di alte frequenze di emissione (7.5-10 MHz), aumentando così la risoluzione dell’immagine. Si evitano inoltre i problemi legati alla presenza dei gas intestinali e all’obesità [11,21]. La testa del pancreas e il duodeno sono valutati posizionando la sonda in duodeno, il corpo e la coda del pancreas ponendola nello stomaco. E’ una tecnica particolarmente utile per la dimostrazione di piccole lesioni della testa, della parete duodenale e dei linfonodi regionali [21]. E’, però, una metodica non impiegabile su larga scala perché invasiva. Inoltre, le lesioni in sede extrapancreatica e quelle della coda

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del pancreas sono difficili da individuare in ecoendoscopia [11,20,21], e il fegato non può essere ben valutato [21]. Da vari studi emerge, tuttavia, come in mani esperte essa offra una sensibilità del 70-100% [20,21].

Ecografia intraoperatoria

L’ecografia intraoperatoria (IOUS) o da contatto, nata negli anni ’70, ha subito notevoli miglioramenti. Attualmente vengono utilizzate sonde ad alta frequenza (5-10 Mhz), dotate di color Doppler e con potere di risoluzione fino a 2 mm [27]. La IOUS fornisce una miglior definizione dell’immagine in quanto viene eliminata l’interferenza delle strutture adiacenti, specie i visceri cavi, che di norma limitano l’esplorazione ecografica transaddominale [27]. Il timing ottimale per la valutazione ecografica intraoperatoria del pancreas è all’apertura dell’addome, prima della mobilizzazione della ghiandola e della dissezione chirurgica, manovre queste ultime che possono ostacolare l’esplorazione per l’interposizione di microbolle di aria nei vari piani anatomici dissecati [28]. Inizialmente lo studio viene condotto per via transgastrica o transduodenale utilizzando sonde da 5 Mhz al fine di ottenere una visione panoramica della regione pancreatica, quindi prosegue con trasduttori da 7,5-10 MHz [28,29]. Viene affiancata alla palpazione intraoperatoria, aumentandone la sensibilità [20,21], soprattutto per lesioni di piccole dimensioni (fino al 97% per piccoli tumori della testa del pancreas e lesioni multiple) [11,21].

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TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA

La TC rappresenta attualmente la metodica di riferimento per la valutazione delle neoplasie pancreatiche, in quanto è in grado di identificare e caratterizzare le lesioni e di permettere in un unico esame la stadiazione locoregionale e a distanza della neoplasia [11]. La TC a tecnologia multidetettore in particolare ha introdotto un ulteriore miglioramento nella risoluzione spaziale ed una notevole riduzione dei tempi di acquisizione con la possibilità di ottimizzare lo studio post-contrastografico, imponendosi pertanto come metodica di prima scelta insieme alla risonanza magnetica nella diagnosi e nella stadiazione dei tumori pancreatici [30,31]. Lo studio con tecnica spirale ed in particolare con apparecchiature multistrato consente attualmente di studiare il pancreas con scansioni a strato sottile in più fasi post-contrastografiche, ottenute dopo somministrazione di mezzo di contrasto iodato alla velocità di infusione di 3-5 ml/sec. Il massimo enhancement del parenchima pancreatico si ottiene nella fase “pancreatica”, con un ritardo di scansione di 35-40 secondi. Lo studio TC del pancreas include anche una fase porto-venosa con un ritardo di scansioni di 70-80 secondi [21]. L’avvento della TC a tecnologia multidetettore ha permesso un ulteriore incremento nella velocità di acquisizione tale da consentire una scansione in una fase post-contrastografica ancora più precoce (ritardo di 15-20 secondi) [31]. La possibilità di studiare il pancreas in tali differenti fasi

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post-contrastografiche ha drasticamente incrementato le capacità di identificazione e caratterizzazione delle lesioni focali pancreatiche, in particolare delle lesioni ipervascolari, oltre che permettere una valutazione a maggior dettaglio dei rapporti con le strutture circostanti e delle strutture vascolari.

I tumori endocrini funzionanti appaiono solitamente piccoli alla TC, senza alterazioni visibili del profilo pancreatico. Essi sono in genere isodensi in fase pre-contrastografica, mentre, grazie alla loro ipervascolarizzazione, captano avidamente ed omogeneamente il Mdc [9,21,32]. Raramente questi tumori, se di grosse dimensioni, possono apparire iperdensi o presentare calcificazioni nelle immagini senza contrasto, oppure apparire ipovascolari, cistici o ipodensi dopo somministrazione del mdc [9,33,34]. Il comportamento più frequente di queste lesioni, comunque, consiste nell’ipercaptazione in fase arteriosa e nella dismissione in quella venosa. Le rare forme funzionanti maligne tendono ad essere più grandi e più eterogenee, con aree di necrosi e calcificazioni [14,20,21] e possono mostrare invasione delle strutture circostanti [21].

I tumori non funzionanti, di solito maligni (fino 90% dei casi), tendono ad essere più grandi (diametro medio 8,4 cm) e mostrano più frequentemente necrosi, aree cistiche e calcificazioni [9,14,20, 21]. Si evidenziano come masse voluminose, ben capsulate, con enhancement eterogeneo in fase contrastografica arteriosa [11,14,20]. In quelli particolarmente voluminosi, l’ipervascolarizzazione

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interessa solo la porzione più periferica della lesione, per la presenza in sede centrale di zone di necrosi, fibrosi o degenerazione cistica [11,35].

Nella maggior parte degli studi riportati in letteratura, per lo studio delle lesioni neuroendocrine è stata impiegata una tecnica di acquisizione post-contrastografica bifasica [36,37,38,39,40,41] con scansioni in fase arteriosa o, alternativamente, pancreatica [37,41], seguita da una fase portale [37], con risultati variabili relativamente alla sensibilità di tali fasi nell’identificazione delle lesioni: nella maggior parte dei lavori [9,32,39,42] le immagini in fase arteriosa hanno consentito più spesso di apprezzare l’ipercaptazione di neoplasie neuroendocrine funzionanti. Il più recente tra questi, realizzato da Horton et al nel 2006 utilizza un protocollo di studio TC multidetettore con fase arteriosa (a 15-20”) e portale precoce (55-60”), concludendo che le lesioni endocrine pancreatiche, specie quelle di piccole dimensioni, risultano meglio identificabili in fase arteriosa [9]. In uno studio del 2000, comprendente 19 pazienti per un totale di 26 lesioni, Ichikawa et al affermava invece la maggior sensibilità, seppur lieve, della fase venosa portale rispetto alla arteriosa (69-73% vs 65-73%) nell’identificazione delle lesioni neuroendocrine del pancreas, pur attribuendo, tuttavia, un ruolo importante alle scansioni ottenute in fase arteriosa per quanto riguarda la detezione di metastasi epatiche [36]; per questo motivo l’esecuzione di scansioni bifasiche aumenta la sensibilità fino a valori superiori all’80% [21,32,39] nell’identificazione delle lesioni neuroendocrine e delle

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lesioni secondarie [21]. L’ipervascolarizzazione può raramente mancare in alcune forme di tumore non funzionante, spesso maligno, con marcata reazione desmoplastica: in questi casi, studi effettuati con tecnica post-contrastografica bifasica evidenziavano un comportamento anomalo, con enhancement ritardato rispetto a quanto comunemente avveniva nelle neoplasie funzionanti [20,36]. In altri casi è stato evidenziato un ritardato wash-out: tale reperto veniva attribuito, in uno studio TC del 1997 condotto da Koito et al su pazienti con diagnosi istologica definitiva di neoplasia neuroendocrina, ad una trombosi neoplastica delle vene peritumorali e considerato come segno di malignità della lesione stessa [43].

La tecnica trifasica di acquisizione (con fase arteriosa, pancreatica e portale) è stata utilizzata solo in pochi studi in letteratura [37,44]. Uno di questi, condotto nel 2003 da Fiedler e Fletcher, suggerisce che la fase pancreatica possa sostituire la fase arteriosa nei protocolli di studio degli insulinomi [37]. Tale affermazione trova conferma in un recente studio (2007) condotto retrospettivamente su 29 lesioni in 23 pazienti con diagnosi istologica di neoplasia endocrina pancreatica. Nelle immagini ottenute, interpretate separatamente da due radiologi, la fase pancreatica si è dimostrata superiore a quella arteriosa nella identificazione dei tumori endocrini pancreatici, anche nel caso di lesioni di piccole dimensioni (inferiori a 2 cm) [44].

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La TC multidetettore svolge infine un ruolo fondamentale anche nella stadiazione locoregionale e a distanza delle forme maligne [35]; per quanto riguarda la valutazione della invasione linfonodale, il criterio più seguito è quello di considerare patologico un linfonodo quando il suo asse corto è maggiore di 1 cm [45]. Il limite maggiore della metodica rimane tuttavia l’impossibilità di escludere foci microscopici di metastatizzazione in linfonodi di dimensioni normali [46]. Il fegato rappresenta la sede di metastatizzazione più frequente delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche e le lesioni ripetitive riproducono in genere le caratteristiche della lesione primitiva, apparendo tipicamente ipervascolarizzate, raramente ipovascolarizzate [47]. La sensibilità della TC spirale nella individuazione delle lesioni epatiche è molto elevata anche in presenza di lesioni <1 cm (90%), mentre più scarsa appare in questi casi la sua specificità per la possibilità di falsi positivi. In tal senso trovano un ruolo di completamento diagnostico la RM con utilizzo di mdc organo-specifico e l’ecografia intraoperatoria da contatto [28].

RISONANZA MAGNETICA

Gli aggiornamenti tecnologici hanno dato notevole impulso allo studio del pancreas con risonanza magnetica (RM) e, grazie all’utilizzo di sequenze veloci (fast imaging), hanno permesso di superare alcuni limiti della metodica quali gli

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artefatti da movimento (respiratori, vascolari e peristaltici) e la bassa risoluzione spaziale [20,48]. La RM consente di effettuare nel corso di un unico esame una valutazione completa della regione pancreatica, fornendo informazioni, non solo sul parenchima, ma anche sul sistema duttale e sulle strutture vascolari locoregionali, sia con sequenze basali che dopo introduzione di mdc endovenoso. Le neoplasie endocrine del pancreas presentano un basso segnale di risonanza nelle sequenze T1-pesate (iperintensità nelle T2-pesate) [14,20,21,49], ma mostrano un marcato aumento del segnale nelle sequenze T1-pesate dinamiche dopo somministrazione del mdc [21,22]. Dopo somministrazione del mdc paramagnetico si assiste ad un enhancement omogeneo da parte della lesione, espressione dell’ipervascolarizzazione della lesione stessa [21,22]. Immagini T1-pesate con soppressione del grasso vengono spesso utilizzate per aumentare la differenza di intensità del segnale tra tumore e parenchima normale [36,48,50]. Secondo i risultati dello studio di Ichikawa (2000), le sequenze migliori per la valutazione delle lesioni neuroendocrine del pancreas sono le T1-pesate con soppressione del grasso e le T1-T1-pesate dinamiche dopo somministrazione di mdc: con l’uso di tali sequenze si raggiungono valori di sensibilità nella individuazione delle lesioni neuroendocrine pancreatiche analoghi a quelli della TC [36]. Sulla base di esperienze acquisite in ambito epatico, sono stati recentemente utilizzati per lo studio del pancreas anche mezzi di contrasto tessuto-specifici, come ad esempio composti del Manganese

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(es:MnDPDP) che, aumentando il segnale del tessuto pancreatico sano, permettono di valutare meglio le differenze tessuto/tumore, raggiungendo una accuratezza del 93% nella individuazione delle lesioni primarie [51,52]. L’utilizzo del Manganese, inoltre, aumenta l’accuratezza diagnostica nella identificazione delle metastasi epatiche [49,53]. Utilizzando sequenze particolari che esaltano il segnale dei fluidi statici (fortemente pesate in T2) o mediante la somministrazione di mdc ad escrezione biliare (Gadolinio BOPTA), la RM permette di ottenere anche una mappa panoramica dell’albero biliare (colangio-RM) e del sistema escretore pancreatico, con un’accuratezza diagnostica del tutto simile all’ERCP (colangiopancreatografia retrograda endoscopica). In tal caso è possibile ottenere informazioni contemporanee sul sistema duttale bilio-pancreatico, dimostrando in particolare eventuali alterazioni morfologiche, irregolarità intraduttali, il livello di ostruzione e la probabile causa [48].

MEDICINA NUCLEARE

Le tecniche di Medicina Nucleare sono sempre più utilizzate per la diagnostica dei tumori neuroendocrini. Molti radiofarmaci sono stati proposti per lo studio di tali tumori, alcuni basati su meccanismi specifici di captazione ed altri su meccanismi non specifici, comuni a diverse popolazioni cellulari neoplastiche.

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Il primo radiofarmaco utilizzato per lo studio dei tumori GEP è stata la meta-iodo-benzil-guanidina (MIBG). Questa molecola è stata sviluppata nei primi anni ‘80 per la visualizzazione di tumori originati dalla midollare del surrene [54]. Chimicamente è un equivalente strutturale della noradrenalina [55]. Il ruolo della MIBG per lo studio dei tumori GEP si è notevolmente ridotto da quando la scintigrafia dei recettori per la somatostatina (SRS) è entrata nella pratica clinica.

Il primo analogo radiomarcato della somatostatina utilizzato per la valutazione scintigrafica di tumori neuroendocrini è stato lo 123I-Tyr3-octreotide. Dopo i primi incoraggianti risultati, questo tracciante ha però rivelato alcuni problemi che hanno scoraggiato il suo impiego nella pratica clinica [56]. E’ stato quindi sviluppato un nuovo tracciante, legando una molecola di octreotide con acido dietilene-triamino-penta-acetico (DTPA) a formare il pentetreotide. Questo, radiomarcato con Indio-111, forma il radiofarmaco 111In-pentetreotide, noto commercialmente come Octreoscan. Tale tracciante è in grado di visualizzare i sottotipi recettoriali per l’analogo della somatostatina di tipo 2 e 5 ed è oggi largamente impiegato in ambito clinico per la valutazione dei principali tumori neuroendocrini. In particolare, la SRS con 111In-pentetreotide può essere d’aiuto nella localizzazione del tumore primitivo, nella stadiazione della malattia metastatica e nella valutazione dello stato recettoriale del tumore [20, 57.]. La sensibilità della SRS va dal 71 al 100% [58,59,60,61], risultando più bassa nei

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tumori neuroendocrini di più piccole dimensioni e in quelli del duodeno, nonché nei casi di neoplasie francamente maligne, in quanto i recettori transmembrana di legame possono non essere presenti a causa della scarsa differenziazione cellulare [62,59]. Pur essendo una metodica altamente sensibile, la SRS presenta alcuni svantaggi principalmente legati alla scarsa risoluzione spaziale della metodica. L’avvento della tomografia ad emissione di fotone singolo (SPECT) ha consentito un sostanziale incremento dell’accuratezza diagnostica della metodica [63]. Un ulteriore significativo miglioramento della capacità diagnostica è stato di recente ottenuto grazie all’introduzione di sistemi integrati SPECT/TC. Tali apparecchiature sono costitute dalla combinazione di tomografi SPECT e TC (generalmente a singola o doppia fila di detettori e con tubo TC a bassa dose) e sono in grado di fornire, in tempi rapidi, ottimali immagini di fusione con abbinamento dell’informazione metabolica e del dato anatomico rendendo più precisa e rapida la localizzazione delle lesioni.

Rimangono comunque ancora da risolvere alcuni problemi diagnostici legati alla relativa bassa specificità del tracciante impiegato: sono infatti possibili falsi positivi, in particolare in pazienti con malattie tiroidee, mammarie, granulomatosi polmonare e altre patologie infiammatorie [20,60,64].

Sebbene la tomografia ad emissione di positroni (PET) rivesta un ruolo di fondamentale importanza in ambito oncologico, il suo impiego nei tumori neuroendocrini rimane ancora marginale. E’ ben noto infatti che il tracciante

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PET più utilizzato, ossia il 18F-Fluorodesossiglucosio (FDG), non sia in grado di visualizzare accuratamente tumori a basso tasso di proliferazione, come la maggior parte dei tumori d’origine neuroendocrina [65]. Per sopperire all’impossibilità di visualizzare tali tumori con 18F-FDG, sono stati realizzati altri traccianti PET. Risultati interessanti sono stati pubblicati sull’impiego di L-DOPA e 5-idrossi-triptofano marcati con 11C nello studio di tumori neuroendocrini secernenti del pancreas e dell’intestino [66]. La maggiore limitazione per questo radiofarmaco è legata alla bassa sensibilità diagnostica riportata per tumori non secernenti. Più recentemente altri autori hanno proposto l’impiego di traccianti quali l’idrossi-efedrina marcata con 11C [67] e fluoro-iodo-benzil-guanidina marcata con 18F [68] per l’identificazione di tumori neuroendocrini con risultati soddisfacenti.

TERAPIA

Sebbene la chirurgia debba essere considerata il trattamento di scelta delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche, sia nel caso di forme secernenti, al fine di rimuovere la causa della iperincrezione ormonale, sia nel caso di forme non funzionanti, spesso maligne, il trattamento medico risulta spesso indispensabile, in quanto adiuvante della chirurgia e, in taluni casi, sostitutivo.

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TERAPIA MEDICA

Analoghi della somatostatina

Quando la completa rimozione chirurgica del tumore non è possibile, a causa di metastasi epatiche estese, ampia invasione locale o rapida crescita, trova indicazione la terapia con analoghi della somatostatina [10]. Gli analoghi della somatostatina sono farmaci che agiscono a livello dei recettori somatostatinergici presenti sulla membrana cellulare delle cellule APUD; in particolare, gli analoghi modificati per l’utilizzo nella terapia delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche agiscono mediante l’interazione con i sottotipi recettoriali 2 e 5, per i quali mostrano alta affinità [69,57].

Generalmente, gli analoghi vengono preferiti all’ormone stesso, in quanto possiedono un’emivita molto più lunga (1-2 ore rispetto a 1-2 minuti) [69,57]; i due analoghi più frequentemente utilizzati sono l’octreotide, somministrato per via parenterale o sottocutanea e il lanreotide, somministrato per via intramuscolare, la cui efficacia si è dimostrata sovrapponibile [61,69]; è attualmente in fase sperimentale un analogo con affinità per quattro dei cinque recettori (tutti eccetto il 4), il SOM 230 [62,69].

Gli analoghi della somatostatina possono essere considerati come “inibitori universali” della secrezione ormonale; grazie a questa loro peculiare caratteristica, permettono dunque un controllo della sintomatologia, inibendo la

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proliferazione cellulare neoplastica e controllando così la crescita del tumore [61,70] anche se non possono essere considerati come terapia radicale, specialmente in neoplasie neuroendocrine metastatiche. Caratteristico di tali farmaci, che mostrano ridotta azione tumoricida, è lo spiccato effetto tumoristatico, mediante il quale si ottiene, specialmente in terapie di lunga durata, una “stabilizzazione” dimensionale del tumore [61,70,71,72].

In generale però la compliance dei pazienti al trattamento è buona, perciò rappresenta il gold standard terapeutico per il controllo dei sintomi [73,74].

Interferone αααα

L’uso dell’interferone alfa nella terapia sistemica delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche ha il suo razionale nella capacità di tali sostanze di agire quali modificatori della risposta biologica, in quanto capaci di interagire con fattori di regolazione cellulare [70,75]. L’interferone può essere usato da solo o in combinazione con gli analoghi SS o chemioterapici e la sua azione antitumorale si esplica mediante inibizione della proliferazione cellulare e induzione di apoptosi [70,75]; possiede inoltre un’azione immunomodulatrice, che concorre ad indurre fibrosi nelle lesioni metastatiche, soprattutto epatiche [75,76]. Così come gli analoghi della SS, anche l’interferone alfa non riveste un ruolo curativo [12], ma il suo impiego è finalizzato ad una riduzione sintomatica, che si verifica in circa il 50% dei casi; la combinazione di INF-α e analoghi SS può

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inoltre minimizzare il fenomeno della tachifilassi nei confronti degli analoghi, quando usati in monoterapia [62], mentre l’associazione tra INF e chemioterapici non ha mostrato aspetto sinergico e si è dimostrata, invece, associata ad una aumentata tossicità [72].

Chemioterapia

Sebbene la terapia biologica con analoghi della SS associati o meno a interferone alfa sia in grado di controllare la sintomatologia del paziente in un’alta percentuale di casi e di interferire negativamente sulla crescita tumorale, la chemioterapia può riservare benefici in particolare nelle forme avanzate di tumore pancreatico, non rispondenti alle altre terapie [74,77,78]. E’ riservata ai tumori progressivi e non indicata nella gestione iniziale della malattia [77,78]; in passato sono stati testati vari regimi terapeutici, inizialmente in monochemioterapia e successivamente impiegando schemi di combinazioni come, ad esempio, di streptozotocina (STZ) e doxorubicina e, nelle forme non funzionanti, di etoposide e cisplatino [79,80].

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Radionuclidi

Basandosi sui principi della medicina nucleare e sull’impiego di molecole radiomarcate altamente affini alla neoplasia, sono attualmente entrati in uso terapeutico gli analoghi della somatostatina, in particolare l’octreotide, chelati con radioisotopi beta (β) emittenti, quali l’Ittrio90 (Y90), il Lutezio 177 (Lu

177), il quale emette anche particelle gamma (γ), e l’Indio 111 (In111), prevalentemente γ emittente [62].

L’uso di tali isotopi ha il suo razionale nell’energia ceduta durante il decadimento della molecola, che determina danno cellulare e nel corto raggio di azione del decadimento beta, grazie al quale viene risparmiato il tessuto sano circostante alla neoplasia [58,81].

CHIRURGIA

La chirurgia rappresenta l’unica terapia curativa delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche, anche di grandi dimensioni ed in fase metastatica.

Nel caso di neoplasia primitiva non metastatica, infatti, la chirurgia trova indicazione come intervento curativo di prima scelta per la rimozione del tumore e la risoluzione della eventuale sindrome endocrina; anche nel caso di malattia metastatica, tuttavia, pur non essendo possibile una resezione curativa, va

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[10,82.]. Il tipo di intervento dipende dalla localizzazione e dalla estensione della neoplasia [83]: tumori benigni, di piccole dimensioni (diametro < 2-3 cm) e superficiali possono essere trattati con la enucleazione, o rimossi per via laparoscopica [12,27,82]. Sebbene la via laparotomica sia quella più frequentemente utilizzata, infatti, in casi selezionati si ricorre sempre più spesso ad approcci laparoscopici [83,84,85]; tali interventi sono riservati perlopiù a neoplasie di piccole dimensioni localizzate nel pancreas distale [84,87] e consentono nella maggior parte dei casi la conservazione dei vasi splenici e della milza, con ridotti tempi di intervento e di degenza post-operatoria [85]. Molto spesso, tuttavia, l’enucleazione non è possibile e l’intervento chirurgico di scelta è rappresentato dalla resezione pancreatica, totale o parziale [10,86]; la pancreasectomia totale è perlopiù riservata ai casi di neoplasie di grosse dimensioni infiltranti le strutture anatomiche peripancreatiche, oltre che ai casi di lesioni multifocali [10,87]. Gli interventi di resezione parziale comprendono la duodenocefalopancreasectomia, per neoplasie localizzate alla testa del pancreas, e la pancreasectomia distale, nel caso di tumori della coda e della porzione distale del corpo pancreatico [10,87]. In alcuni centri specializzati, sono infine applicate resezioni segmentali medio-pancreatiche nei casi di lesioni benigne del corpo [88].

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TRATTAMENTO DELLE METASTASI EPATICHE

A differenza di altre lesioni solide secondarie, le metastasi epatiche da tumore neuroendocrino pancreatico possono essere trattate mediante resezione chirurgica. La resezione epatica è riservata a lesioni metastatiche anche di dimensioni cospicue, confinate in un unico segmento o ad un lobo, con lenta crescita e in pazienti con funzionalità epatica conservata. La rimozione chirurgica delle metastasi si associa con un significativo aumento della sopravvivenza e miglioramento della sintomatologia, sebbene raramente sia curativa. La rimozione del tumore primitivo prima della resezione epatica contribuisce ulteriormente ad aumentare la sopravvivenza di questi pazienti [62]. La recente introduzione di più specifiche tecniche di ablazione locale, che permettono la distruzione di lesioni metastatiche in situ, senza necessità di ricorrere alla chirurgia classica, ha ampliato le possibilità di trattamento delle metastasi epatiche; attualmente le tecniche impiegate sono varie, dall’iniezione di etanolo (alcoolizzazione), alla criochirurgia (in cui le cellule sono distrutte dall’iniezione di azoto liquido, alla temperatura di -196°C), alla

chemioembolizzazione ed alla termoablazione a radiofrequenza, che mediante necrosi coagulativa indotta dal calore, porta a distruzione della lesione [62,89,90].

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SCOPO DELLA TESI

Scopo della tesi è stato valutare la possibilità, mediante studio TC multidetettore, di determinare la natura benigna o maligna delle neoplasie neuroendocrine pancreatiche, in base al comportamento post-contrastografico e alla dimensione delle stesse. A tale scopo i reperti dell’esame TC sono stati posti a confronto con i risultati dell’esame isto-patologico dopo resezione.

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MATERIALI E METODI

PAZIENTI

Nel periodo compreso tra Gennaio 2005 e Settembre 2007 sono giunti alla nostra osservazione presso il Dipartimento Immagini di Cisanello 30 pazienti (17 F e 13 M, età media 58 aa) con neoplasia neuroendocrina pancreatica per eseguire studio TC dell’addome; i pazienti provenivano in parte dalla Divisione di Chirurgia Generale e dei Trapianti, in parte dal Dipartimento di Endocrinologia dell’Ospedale di Cisanello.

Clinicamente, 9 pazienti presentavano una sindrome clinica da ipersecrezione ormonale: 8 presentavano sintomatologia compatibile con insulinoma e 1 paziente presentava una sintomatologia scarsamente specifica (dolore addominale e diarrea). 4 dei 30 pazienti erano affetti da sindrome MEN-1 e 3 di essi mostravano una sintomatologia clinica compatibile con ipersecrezione insulinica.

TECNICA DI STUDIO

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System, Milwaukee, USA). L’indagine è stata preceduta dalla distensione idrica gastro-duodenale mediante somministrazione per os di 500-750 mL di acqua, seguita da ipotonizzazione farmacologica (Buscopan®).

Il protocollo TC è stato il seguente: ● Studio basale.

Acquisizioni dalla cupola epatica fino al carrefour aortico utilizzando i seguenti parametri:

- spessore di strato 5mm, intervallo di ricostruzione 5mm, pitch 3 (modalità HQ), velocità di rotazione del tubo radiogeno 0.8 sec, 120 Kv, 220 mA. ● Studio post-contrastografico.

Ha compreso 4 fasi ottenute dopo somministrazione di 120mL di mezzo di contrasto ad alta densità (Iomeron 400, Bracco) con velocità di flusso elevata (5ml/sec).

-fase arteriosa precoce: (delay 15-20”). Il campo di indagine ha incluso la parte dell’addome compresa tra la cupola epatica e il margine inferiore del corpo pancreatico. I parametri utilizzati sono stati: spessore di strato 1,25mm, intervallo di ricostruzione 0,6mm, pitch 6 (modalità High Speed-HS), velocità di rotazione del tubo radiogeno 0,5sec, 120 Kv, 320-350 mA.

-fase pancreatica: (delay 35”). Ottenuta nella stessa apnea inspiratoria della fase arteriosa precoce con scansioni dal basso verso l’alto includenti il pancreas e la radice mesenteriale. I parametri utilizzati sono stati: spessore di

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strato 2,5mm, intervallo di ricostruzione 1,25mm, pitch 6 (modalità HS), velocità di rotazione del tubo radiogeno 0,5 sec, 120 kV, 300 mA.

-fase porto-venosa: (delay 70”). Sono state eseguite scansioni dalla cupola epatica fino al carrefour aortico. I parametri di acquisizione sono stati: spessore di strato 2,5mm, intervallo di ricostruzione 1,25mm, pitch 3 (HQ), velocità di rotazione del tubo radiogeno 0,5 sec, 120 Kv, 300 mA.

-fase tardiva (delay 180”). Sono state eseguite scansioni includenti solo il parenchima pancreatico. I parametri di acquisizione sono stati: spessore di strato 2,5mm, intervallo di ricostruzione 1,25mm, pitch 3 (HQ), velocità di rotazione del tubo radiogeno 0,5 sec, 120 Kv, 300 mA.

POST – PROCESSING

Le immagini TC native assiali acquisite sono state inviate ad una stazione di lavoro dedicata (Advantage Windows 4.0, GE Medical System, Milwaukee, USA) ed elaborate mediante algoritmi di ricostruzione multiplanare e della massima intensità di proiezione (MIP). L’integrazione tra le immagini assiali e le elaborazioni bidimensionali, in particolare le MIP, ha consentito una migliore visualizzazione delle lesioni di più piccole dimensioni, permettendo una più precisa definizione dei confini nodulari e dei rapporti di contiguità con le strutture vascolari.

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PARAMETRI DI VALUTAZIONE TC

All’esame TC è stata effettuata una valutazione del comportamento post-contrastografico delle lesioni rispetto al circostante parenchima pancreatico nelle diverse fasi di acquisizione; sono stati individuati due possibili pattern di impregnazione (Fig.1):

Pattern A

 ha incluso le lesioni caratterizzate da enhancement post-contrastografico precoce (nelle fasi arteriosa precoce o pancreatica) e rapido wash-out con isodensità rispetto al circostante parenchima nelle fasi porto-venosa e/o tardiva (Fig.2)

Pattern B

 ha incluso sia le lesioni che mostravano precoce wash-in nella fase arteriosa precoce e/o pancreatica, e assenza di wash-out anche nelle fasi porto-venosa e/o tardiva (pattern B1), sia le lesioni isodense rispetto al parenchima circostante nelle fasi di acquisizione precoci e caratterizzate da enhancement post-contrastografico evidente solo nelle fasi porto-venosa e/o tardiva (pattern B2) (Fig.4),

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All’esame TC, per ogni lesione è stata inoltre valutata la dimensione maggiore, considerata come valido criterio di predizione di benignità/malignità di lesione neuroendocrina, in base all’ultima classificazione della WHO (2000).

I risultati della valutazione TC sono stati poi confrontati con i risultati isto-patologici dopo chirurgia resettiva.

Fig. 1 Relazione tra enhancement contrastografico delle lesioni e tempo: si nota la mancanza di wash-out nelle lesioni che mostrano pattern B (B1 e B2).

0 00 0 5 0 5 05 0 5 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 1 5 0 1 5 0 1 5 0 1 5 0 2 0 0 2 0 0 2 0 0 2 0 0 2 5 0 2 5 0 2 5 0 2 5 0 0 15 35 70 180 s e c s e c s e c s e c H U H U H U H U

A

B1

B2

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Fig. 2-Pattern A-Dopo somministrazione di mezzo di contrasto, la lesione neuroendocrina della coda pancreatica mostra enhancement già marcatamente evidente nella fase arteriosa precoce; il wash-in risulta inoltre ancora ben evidente nella fase pancreatica, mentre la lesione appare sostanzialmente isodensa al circostante parenchima sia nella fase venosa sia nella fase tardiva a 180”.

Pancreatica

Tardiva Arteriosa precoce

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Fig. 3-Pattern B1-Dopo somministrazione del mezzo di contrasto la lesione neuroendocrina pancreatica appare evidente fin dalla fase arteriosa precoce, con persistere del wash-in anche nelle fasi venosa e tardiva.

Tardiva

Arteriosa precoce Pancreatica

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Fig. 4-Pattern B2-La sospetta lesione neuroendocrina pancreatica resta isodensa rispetto al circostante parenchima ghiandolare sia nella fase arteriosa precoce sia nella fase pancreatica, con lento wash-in che inizia solo nella fase venosa e diventa marcatamente evidente nella fase tardiva.

Arteriosa precoce Pancreatica

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RISULTATI

Nei 30 pazienti valutati, allo studio TC sono state individuate nel complesso 49 lesioni; la discordanza tra numero di pazienti e numero di neoplasie era dovuta al fatto che 2 pazienti, affetti da sindrome MEN-1 presentavano rispettivamente 5 e 15 lesioni ed 1 paziente, non affetto da sindromi familiari/genetiche presentava 2 tumefazioni. In 3 casi su 30, l’esame TC ha inoltre posto il sospetto di lesioni ripetitive a livello epatico; in tutti gli altri casi non erano evidenti segni di ripetizioni locoregionali o a distanza.

All’esame TC, 27/49 lesioni hanno mostrato pattern di tipo A; tali lesioni mostravano un range dimensionale alla TC compreso tra 5 e 20mm (media dimensionale-m.d: 13mm); le nodularità erano distribuite a carico di tutta la ghiandola pancreatica; il pattern B è stato evidenziato in 22/49 lesioni che presentavano una dimensione alla TC compresa tra 12 e 100mm (m.d: 41mm): 15 lesioni risultavano avere un pattern di tipo B1 (m.d: 38mm) e 7 di tipo B2 (m.d: 49mm).

Tutti i pazienti sono stati successivamente operati; in totale sono state eseguite 4 enucleazioni lesionali, 5 interventi di duodenocefalopancreasectomia (DCP), 16 pancreasectomie sinistre, 4 pancreasectomie totali; in 1 caso è stata eseguita una pancreasectomia regionale; nei 3 casi in cui la TC aveva sospettato la presenza

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di ripetizioni epatiche è stata associata una resezione di parenchima epatico per l’analisi isto-patologica.

Alla valutazione istologica del pezzo operatorio, 23 lesioni sono risultate essere tumori neuroendocrini pancreatici benigni, 8 tumori ad incerto potenziale di malignità e 18 carcinomi a basso grado di malignità.

L’istologia ha confermato la presenza di metastasi epatiche in tutti i tre casi in cui era stato posto il sospetto di lesioni secondarie all’esame TC; 6/30 pazienti, tutti affetti da carcinoma a basso grado presentavano infiltrazione linfonodale e 3 di essi erano pazienti con metastasi epatiche.

Alla valutazione istologica, 22 delle 27 lesioni (81%) con pattern A sono risultate neoplasie neuroendocrine di tipo benigno (m.d: 8mm), 4 tumori neuroendocrini ad incerto potenziale di malignità (m.d: 16mm) e 1 lesione, di dimensione massima di 12mm, è risultata essere un carcinoma neuroendocrino a basso grado di malignità. La media dimensionale delle lesioni con pattern A è risultata di 12mm all’istologia.

All’esame istologico 17 delle 22 lesioni (77%) con pattern B sono risultati carcinomi a basso grado (m.d: 39mm), 4 tumori ad incerto potenziale di malignità (m.d: 18mm) ed 1 lesione, delle dimensioni massime di 15mm, è risultata essere tumore neuroendocrino benigno. In questo caso la media dimensionale, misurata all’ istologia, è risultata essere 24mm.

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Tutte le 7 lesioni con pattern TC di tipo B2 sono risultate carcinomi a basso grado di malignità alla valutazione isto-patologica.

In generale, il riscontro di un pattern di tipo A ha mostrato un valore predittivo positivo dell’81% nell’individuare la benignità della lesione, mentre il riscontro di un pattern di tipo B ha mostrato un VPP del 77% nel predire la malignità della lesione stessa. TABELLA 1 4 1

B

M.d:41mm

4 22

A

M.d:13mm Borderline Benigne

Istologia

1 17 Maligne M.d:8mm M.d:16mm M.d:12mm M.d:15mm M.d:18mm

TC

M.d:39mm

Figura

Fig. 1  Relazione tra  enhancement  contrastografico delle lesioni  e tempo:  si  nota la mancanza di wash-out nelle lesioni che mostrano pattern B (B1 e B2)
Fig. 2-Pattern A- Dopo somministrazione di mezzo di contrasto, la lesione neuroendocrina  della coda pancreatica mostra enhancement  già marcatamente evidente nella fase arteriosa  precoce;  il  wash-in  risulta  inoltre  ancora  ben  evidente  nella  fase
Fig.  3-Pattern  B1- Dopo  somministrazione  del  mezzo  di  contrasto  la  lesione  neuroendocrina pancreatica  appare evidente fin dalla fase arteriosa precoce, con persistere  del wash-in anche nelle fasi  venosa e tardiva
Fig. 4 - Pattern B2- La sospetta lesione neuroendocrina pancreatica resta isodensa rispetto  al  circostante  parenchima  ghiandolare  sia  nella  fase  arteriosa  precoce  sia  nella  fase  pancreatica,  con  lento  wash-in  che  inizia  solo  nella  fase

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