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Italian Journal of Special Education for Inclusion | © Pensa MultiMedia Editore srl | ISSN 2282–6041 (on line) |

RECENSIONE

Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online

di Stefano Pasta, Scholé 2018 Umberto Zona

Università Roma Tre, Dipartimento di Scienze della Formazione, umberto.zona@uniroma3.it

Il libro di Stefano Pasta merita una lettura attenta per più di un motivo, il primo dei quali chiama direttamente in causa i tempi oscuri che stiamo vivendo. Per leggere, infatti, un presente segnato da un groviglio di passioni tristi, pulsioni (auto)distruttive, disegni autoritari e derive plebiscitarie occorre uno sguardo in-terdisciplinare, capace di cogliere i nessi storici, geopolitici, culturali su cui si struttura la crisi della post-modernità. Esiste un legame funzionale fra populismo e razzismo? Che rapporto intercorre fra crisi della rappresentanza e manipola-zione mediatica del consenso? Quali sono i meccanismi – e i dispositivi - che con-sentono ai linguaggi dell’odio di migrare dal mondo reale a quello della Rete e viceversa? Razzismi 2.0 – come si evince dal titolo – si concentra soprattutto su quest’ultimo aspetto ma, prima di arrivare in media res, ripercorre in modo agile ma documentato le dinamiche sociali e culturali che hanno portato al dilagare dell’odio online, assumendo un punto di vista dichiaratamente educativo. Come sottolinea Pasta, infatti, il proliferare dell’odio digitale interpella sia l’educazione interculturale che la media education e quest’ultima, a sua volta, è chiamata a produrre riflessione sulla presunta libertà della Rete e sulla pretesa di poter dire ciò che si vuole, in ogni circostanza, su qualsiasi tema e senza alcuna considera-zione per il prossimo. A tale proposito, l’autore passa in rassegna le varie versioni del razzismo – divenuto oggi un “fatto sociale totale”, per dirla con Balibar e Wal-lerstein –, esaminando il razzismo ideologico, quello biologico, quello simbolico e, soprattutto, quello culturale. Quest’ultimo è, probabilmente, il punto di rac-cordo tra reale e virtuale, giacché ha determinato la caduta dei tabù culturali nei confronti dell'’odio manifesto, ha sdoganato “l’essere cattivi” e aperto la caccia al cosiddetto buonismo. “La Rete precorre l’offline – scrive Pasta – e dalla critica al politicamente corretto passa la liberazione della parola razzista”. Tale passag-gio, purtroppo, veicola anche una paradossale proposta di “educazione morale” implicita in molti razzismi online, che si sorreggono su teorie imperniate sul “co-me crescere, su co“co-me educare i ‘nostri’ giovani proteggendoli dalla complessità del mondo. Si tratta della comunità che educa (socializza) i membri, sfuggendo alla distinzione classica tra educazione formale e informale, ma chiamando in causa il carattere pervasivo della dimensione educativa rispetto all’esperienza quotidiana. Appare pertanto fondamentale richiamare la riflessione sulle peda-gogie implicite, il ‘senso comune’ interiorizzato dalla collettività e dalla tradizione culturale”. Quella sull’educazione è probabilmente una delle parti più interessanti di Razzismi 2.0 che, mettendo in relazione il concetto di pedagogia popolare in

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Bruner con quella “pedagogia del senso comune” tanto ben descritta da Gramsci, racconta il modo di pensare “disgregato e occasionale, privo di consapevolezza critica, legato a una concezione del mondo imposta meccanicamente dall’am-biente esterno, e cioè da uno dei tanti gruppi sociali in cui ognuno è automati-camente coinvolto fin dalla sua entrata nel mondo cosciente”.

Altro tema di grande interesse sollecitato da Pasta è quello che rimanda al rapporto fra desiderio di ordine e sicurezza e etnicizzazione: l’invocazione del-l’ordine, infatti, è connessa a un altro caposaldo delle pedagogie implicite e cioè il rimpianto per lo Stato forte dei tempi passati, una delle cui componenti era proprio la pretesa “purezza etnica”, che oggi si vorrebbe minacciata dalla globa-lizzazione e dalla miriade di “complotti” orditi ai danni dell’Occidente dall’inva-sore di turno (uno per tutti, il fantomatico “piano di sostituzione etnica” attribuito a Coudenhove-Kalergi).

Per quanto concerne la Rete, Pasta individua nel passaggio al cosiddetto Web 2.0 il momento in cui l’ambiente digitale inizia a influenzare direttamente gli at-teggiamenti d’odio e, richiamando il concetto di bidirezionalità vygotskijano (“L’uomo supera i vincoli dell’ambiente esterno tramite i media, ma si modifica egli stesso attraverso l’uso che ne fa”), sottolinea come in tale contesto sia im-possibile non comunicare ma solo scegliere come farlo. Il Web 2.0 trasforma lo spettatore in “spettautore” e “commentautore”: il primo crea o riorganizza con-tenuti esistenti secondo le proprie esigenze comunicative, il secondo li discute e li condivide con la propria cerchia di amici. Dunque, si assiste – scrive Pasta – a una cultura sempre più soggettiva, costituita dalle interpretazioni che ne danno gli individui”. Nelle pagine successive vengono analizzati i nuovi canoni di auto-rialità, l’importanza dell’uso dell’immagine e, in particolare, dei meme, quelle vi-gnette stereotipate che, riprodotte con leggere variazioni, “si propagano passando da un cervello all’altro”, accelerando i processi di banalizzazione e mi-stificazione della realtà tipici del razzismo online. A tale proposito, Pasta, richia-mando uno dei cavalli di battaglia delle neuroscienze, ricorda anche come il cosiddetto analfabetismo emotivo favorisca l’incitamento all’odio: “Nel momento in cui l’interazione mediata sostituisce la fisicità del corpo, attiviamo meno mec-canismi di simulazione corporea, riducendo la capacità di attivare i neuroni spec-chio per comprendere l’altro”. Da ciò deriva, da un lato, una minore capacità di riconoscere le proprie emozioni e accettare quelle altrui e, dall’altro, il sempre più frequente ricorso alle emozioni dopate confezionate dagli spacciatori d’odio online.

Ci fermiamo qui, anche se Razzismi 2.0 contiene molti altri temi che meritano l’attenzione del lettore, come la preziosa sezione dedicata ai dispositivi di con-trasto al razzismo digitale e quella incentrata sul ruolo dell’educazione; temi af-frontati in maniera mai banale e con dovizia di sfumature, che contribuiscono a fare di questo volume uno strumento indispensabile per leggere la complessità del presente.

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