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Incidenza della ventilazione protettiva nelle Unità di Terapia Intensiva dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

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Academic year: 2021

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Ai miei genitori ed Arianna,

senza i quali

non sarei mai

potuta arrivare

fino a qui

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INDICE

RIASSUNTO

INTRODUZIONE

1. LA VENTILAZIONE PROTETTIVA: DEFINIZIONE E SCOPI 2. VENTILAZIONE MECCANICA E DANNO POLMONARE

◦ DANNO MECCANICO: BAROTRAUMA, VOLOTRAUMA, ATELECTOTRAUMA

◦ DANNO BIOLOGICO: BIOTRAUMA

◦ FISIOPATOLOGIA DEL DANNO DA VENTILAZIONE MECCANICA

3. VENTILAZIONE PROTETTIVA NELL'ARDS

◦ CONCETTO DI IPERCAPNIA PERMISSIVA

4. VENTILAZIONE PROTETTIVA NEI PAZIENTI CHE NON PRESENTANO ARDS ALL'INIZIO DELLA VENTILAZIONE: LOW TIDAL VOLUME IN SALA OPERATORIA E RIANIMAZIONE

5. RUOLO DELLA PEEP NELLA VENTILAZIONE PROTETTIVA 6. RUOLO DEL PESO IDEALE NELLA VENTILAZIONE PROTETTIVA 7. LATI NEGATIVI DELLA VENTILAZIONE PROTETTIVA: PRESENTI MA

SUPERABILI

8. APPLICAZIONI PARTICOLARI: VENTILAZIONE PROTETTIVA IN ECMO

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STUDIO CLINICO

OBIETTIVI

MATERIALI E METODI

◦ DESCRIZIONE DEL CAMPIONE

◦ DESCRIZIONE DELL'INCIDENZA DELLA VENTILAZIONE PROTETTIVA E STUDIO DELLA MORTALITA' CORRELATA

◦ CORRELAZIONE TRA L'IMPOSTAZIONE DEL VOLUME E IL PESO ◦ CORRELAZIONE TRA L'IMPOSTAZIONE DEL VOLUME E IL SESSO ◦ CORRELAZIONE TRA L'IMPOSTAZIONE DEL VOLUME E L'INCOME

RISULTATI

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

RINGRAZIAMENTI

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RIASSUNTO

La ventilazione protettiva o Low Tidal Volume Ventilation è un regime di ventilazione meccanica che consiste nel somministrare volumi tidalici ridotti (6 ml prochilo del Predicted Body Weight in pazienti affetti da ARDS e tra 6 e 8 ml prochilo del Predicted Body Wheight in pazienti che non presentano diagnosi di ARDS all'inizio della ventilaizone protettiva) e si contrappone alla ventilazione convenzionale o High Tidal Volume Ventilation che prevede l'impostazione di volumi tidalici superiori a 10 ml prochilo del Predicted Body Weight.

Lo scopo della ventilazione meccanica protettiva è quello di ridurre i danni polmonari propriamente meccanici e infiammatori, chiamati Ventilator-Induced Lung Injury, che possono culminare anche in un coinvolgimento sistemico inducendo Multi Organ Failure. Le ripercussioni negative della ventilazione meccanica sono risultate proporzionali sia alla durata della stessa, sia al volume tidalico somministrato.

Le prime evidenze di un vantaggio su molteplici fronti di questo setting ventilatorio è stato riscontrato nell'Acute Respiratory Distress Syndrome già nei decenni scorsi ma è stato ufficializzato con la pubblicazione dell'ARDSnet trial nell'anno 2000, nel quale si dimostra uno spiccato vantaggio in termini di mortalità e giorni liberi da ventilazione meccanica a 28 giorni dall'intubazione.

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Sono comunque numerosi anche i dati favorevoli ad una riduzione del danno infiammatorio polmonare e sistemico nei pazienti che non presentano ARDS all'inizio della ventilazione meccanica, dimostrando come l'applicazione di questo presidio salvavita possa sì esacerbare un danno polmonare già presente ma sia in grado anche di indurlo de novo.

E' stato condotto uno studio osservazionale prospettico al fine di valutare la reale incidenza della ventilazione protettiva nelle Rianimazioni dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. Sono inoltre stati studiati i fattori correlati al paziente influenzanti la scelta del volume tidalico da somministrare e la mortalità correlata ai diversi settings ventilatori.

Con questa analisi abbiamo potuto vedere come ancora troppi pazienti siano sottoposti ad una ventilazione non protettiva e i fattori correlati a questa evidenza sono risultati essere la tendenza generale dell'applicazione del volume tidalico in base all'Actual Body Weight anziché al Predicted Body Weight. E' stato inoltre messo in luce come l'essere portatore di patologia endocranica non induca alla scelta di un volume tidalico superiore rispetto ai pazienti non cranici e come non vi sia un rischio superiore di ipercapnia nei pazienti non portatori di ARDS ventilati in ventilazione protettiva rispetto agli altri.

Si conclude quindi come sia necessaria una maggiore attenzione nell'impostazione del volume tidalico in regime di ventilazione

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meccanica, come si necessiti di studi ampi per eliminare i bias presenti ma soprattutto di studi osservazionali che sottolineino la mancata aderenza a questa strategia nonostante le numerose evidenze. A sostegno di questo si sottolinea l'esigenza della redazione di linee guida specifiche che permettano un utilizzo più consapevole della ventilazione meccanica.

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INTRODUZIONE

1.

LA VENTILAZIONE PROTETTIVA:

DEFINIZIONE E SCOPI

La ventilazione protettiva è una strategia ventilatoria che consiste nell'impostazione di ridotti volumi tidalici da somministrare ad un paziente in ventilazione meccanica. Per questo motivo è anche definita Low Tidal Voume Ventilation.

Si contrappone invece alla cosiddetta Ventilazione Convenzionale, nella quale il volume tidalico impostato sul ventilatore è maggiore, regime per questo chiamato anche High Tidal Volume Ventilation. Questo setting ventilatorio si fonda su ormai numerose evidenze che dimostrano il generale effetto lesivo della ventilazione meccanica, proporzionale al volume somministrato, sia in pazienti che presentano già danno a livello polmonare, sia in pazienti che all'inizio della ventilazione meccanica non ne siano portatori. Da studi animali e umani è infatti apparso come la ventilazione possa sia esacerbare un danno polmonare già presente, sia indurlo de novo.

Il principale scopo della ventilazione protettiva è quello di minimizzare il trauma polmonare evitando la sovradistensione alveolare e l'associato aumento di pressione, il ripetitivo collasso alveolare, sempre provvedendo al mantenimento della

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ventilazione e quindi dell'ossigenazione1

Gli scopi di trattamento con ventilazione meccanica sono decisamente cambiati negli ultimi 20 anni: si è passati dal goal di mantenere unicamente valori emogasanalitici di pressioni parziali di ossigeno “normali”, a raggiungere valori di ossigenazionee accettabili, minimizzando però quei danni al parenchima polmonare che vengono chiamati VILI (Ventilator-Inducted Lung Injury).

Precedentemente, le VILI erano riconosciute unicamente nel momento in cui si aveva l'evenienza di uno pneumotorace. Oggi più insidiose tipologie di danno sono state definite, tra cui il volotrauma, barotrauma, atelectotrauma, che possono produrre infiammazione sia locale che sistemica portando a quella che è definita Multi Organ Failure (MOF) e morte.

Il concetto di ventilazione protettiva è evoluto nelle scorse decadi e si è focalizzato soprattutto su pazienti affetti da ARDS.

Ad oggi lo standard of care è quello di utilizzare la ventilazione protettiva in pazienti con ARDS. Comunque, esistono evidenze che la ventilazione meccanica possa causare danno polmonare e ad altri organi e sistemi in pazienti che non presentano ARDS all‟inizio della ventilazione.⁠

Per ventilazione protettiva, si intende l'utilizzo di volumi tidalici tra 6 ml/kg e 8 ml/kg del PBW o Predicted Body Weight in pazienti che

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non presentano ARDS all'inzio della ventilazione e 6 ml/kg del Predicted Body Weight in pazienti affetti da ARDS 1⁠

Infatti, 6-8 ml/kg è il normale fisiologico volume tidalico nell'uomo.2,3

Per ventilazione convenzionale, ovvero l'approccio che tradizionalmente è stato usato finchè non ci si è trovati davanti alle nuove evidenze, si intende la ventilaizone meccanica impostando un volume tidalico di 10-15 ml ABW.

Si evince come siano volumi di molto superiori a quelli fisiologici di un soggetto normale a riposo ma che questi siano stati ritenuti necessari per mantenere la normale pressione parziale di anidride carbonica e pH. Inoltre, le atelettasie e l'edema che contraddistinguono l'ARDS riducono il polmone areato suggerendo la presenza di alte pressioni inspiratorie delle vie aeree a cui fa seguito l'eccessiva distensione o strech del polmone areato. Quindi la ventilazione meccanica può esacerbare o perpetuare il danno polmonare in pazienti con diagnosi di ARDS e aumentare il rischio di insufficienza d'organo, polmonare e non polmonare.3⁠⁠

Ormai numerose sono le evidenze che mostrano una riduzione della mortalità nell'utilizzo di low tidal volume in pazienti affetti da ARDS. La questione che rimane aperta è se questa modalità a VT intorno a 6 ml/kg pbw vada applicata anche a pazienti che non hanno evidenza di ARDS all'inizio della ventilazione meccanica.

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arrivando a definire che una buona quota di studi animali dimostrano come la sola applicazione di ventilazione meccanica a pressione positiva causi VILI. Inoltre, estrapolando dati da studi umani sulla ventilazione protettiva in ARDS, si mette in luce una ridotta mortalità in classi di pazienti che oggi, secondo la nuova definizione di Berlino, definiremo “mild Ards”, suggerendo che una popolazione più ampia possa beneficiarne.

In uno studio il cui scopo era quello di determinare la sopravvivenza e l‟importanza di determinati fattori che la influenzassero, in un campione di pazienti in terapia intensiva, è apparso come determinati fattori (pressione di picco >50 cmH2O, pressione di Plateau >35 cmH20, ARDS o sepsi sviluppati dopo l‟inizio della

ventilazione) siano indipendentemente correlati con una diminuzione della sopravvivenza.

Si deduce quindi come non solo le condizioni presenti all‟inizio della ventilazione meccanica siano significative per determinare la mortalità dei pazienti ma come lo siano anche complicanze sviluppate in seguito all‟inizio della ventilazione meccanica o diversi settings ventilatori.4

Serpa Neto et al. hanno svolto una meta-analisi dove dimostrano, in pazienti senza ARDS all'inizio della ventilazione e senza restrizioni di scenario (indifferentemente reclutati in terapia intensiva o durante intervento chirurgico in anestesia generale), la diminuzione della mortalità, la diminuzione delle infezioni polmonari e atelettasie,

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della permanenza in ospedale se ventilati con bassi volumi tidalici. In questo studio inoltre si evidenzia come, a parità di volume tidalico, diversi valori di PEEP e di Pplat non influenzano i risultati della metanalisi.5

⁠Anche una seconda analisi dell'ARDS Network trial conferma il benefico effetto della riduzione del tidalico da 12 ml/kg PBW a 6 ml/kg PBW, indipendentemente dalla Pplat e sostenendo che il LTV è consigliato anche se la Pplat è minore di 30 cmH206

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2. VENTILAZIONE MECCANICA E DANNO

POLMONARE

Fin dai primi utilizzi della ventilazione meccanica negli anni „50 fu ipotizzato un potenziale danno che l'applicazione di pressioni positive potesse arrecare alle vie aeree ed al parenchima polmonare, come anche al sistema cardiocircolatorio.

Il primo prototipo di respiratore consisteva in un pistone mobilizzato tramite un motore, responsabile anche dell‟insufflazione di aria arricchita di ossigeno. Per evitare di arrecare danno alle vie aeree tramite l‟applicazione di pressioni troppo elevate, veniva impiegato con cannula scuffiata, non garantendo però il volume tidalico impostato.7⁠

Pochi anni dopo vennero introdotti i primi sistemi intermediari tra il pistone e il circuito paziente, costituiti da valvole limitatrici di pressione, per evitare la trasmissione di elevate pressioni: fu così che nacque in Svezia il respiratore, per mano di Engstrom, fisiologo di Stoccolma8

L‟insulto iniziale del danno polmonare da ventilazione meccanica è sempre rappresentato da uno stimolo meccanico, dato o da elevato volume corrente o da elevate pressioni applicate alle vie aeree. Lo stimolo meccanico induce sempre una trasduzione del segnale meccanico applicato.9⁠ Questo culmina in un danno

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atelectotrauma, ma, spesso contemporaneamente, anche in un danno di origine biochimica/molecolare, infiammatorio, il cosiddetto “biotrauma”.

E' stato ipotizzato il “multiple hit” model, ovvero come la fisiopatologia del danno polmonare sia basata sulla presenza di fattori predisponenti come ad esempio la ventilazione meccanica ad alto volumi tidalici durante intervento chirurgico (the “primary hit”), a cui fanno seguito vari “second hits”, come trasfusioni di emoderivati, ventilazione di durata prolungata (soprattutto se ad alti volumi), aspirazione, shock o sepsi, VAP che possono dare un contributo addizionale allo sviluppo di danno polmonare e sfociare in ARDS.

DANNO MECCANICO: BAROTRAUMA,

VOLOTRAUMA, ATELECTOTRAUMA

Inizialmente solo con il termine “barotrauma” si identificava il danno polmonare da ventilazione meccanica. Il concetto di VILI nasce solo successivamente, in quanto alle origini della conoscenza del danno polmonare da ventilazione meccanica, si pensava che solo le elevate pressioni positive applicate al parenchima polmonare ventilato fossero responsabili della formazione del danno. Da questo concetto si parte per attribuire a “barotrauma” il significato di danno da ventilazione meccanica. La storia di questo termine è

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particolare e segue un‟evoluzione interessante, in quanto all'inizio degli studi di questo argomento con questo termine si identificava “la presenza spontanea, in ambiente extra alveolare, di aria, in associazione alla ventilazione meccanica”, di cui è stato individuato il meccanismo fisiopatologico responsabile: la presenza di un gradiente pressorio non fisiologico tra lo spazio intraalveolare e lo spazio perivascolare dei setti interalveolari adiacenti. Questo è ora individuato come Macklin effect dallo scopritore del meccanismo patogenetico alla base del barotrauma.10⁠

Successivamente è stato dimostrato che l‟applicazione di elevate pressioni non associate ad espansione volumetrica del torace non determini lo stesso danno polmonare. Quindi quello che conta è il grado di espansione volumetrica dato dal volume corrente somministrato o dalle pressioni transpolmonari, più che dal livello di pressioni inspiratorie applicate al sistema respiratorio.11,12⁠

Da qui i concetti diventano due: barotrauma (se presente almeno uno dei seguenti: enfisema interstiziale, pneumotorace, pneumomediastino, pneumoperitoneo, enfisema sottocutaneo, fistola bronco-pleurica)13⁠ ma anche “volotrauma”, cioè il danno

indotto dalla ciclica sovradistensione alveolare. Quindi la sovradistensione del polmone legata all'utilizzo di alti volumi tidalici e alle pressioni applicate alle vie aeree portano alla rottura della parete alveolare. Comunque i due termini “volotrauma” e “barotrauma” non sono in antitesi, infatti il grado di distensione

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alveolare determinato dal volume corrente applicato risulta essere strettamente correlato con il livello di pressione transpolmonare direttamente applicata. Quindi il volotrauma non è altro che una forma di barotrauma.8

⁠La pressione positiva data dalla ventilazione meccanica viene applicata ad una fibra costituente lo scheletro fibroso del polmone (struttura portante su cui poggiano cellule endoteliali ed epiteliali che costituiscono rispettivamente i capillari alveolari e le unità alveolari) e questa viene posta sotto stress, inteso come la tensione opposta come direzione e direttamente proporzionale alla pressione come intensità. Quindi lo stress indotto sul parenchima polmonare dalla ventilaizone meccanica è dato dalla pressione transpolmonare (differenza tra pressione delle vie aeree e la pressione pleurica), cioè quella pressione che a cavallo del parenchima polmonare è direttamente applicata ai tessuti polmonari.Quando una pressione viene applicata ad una struttura elastica, essa va incontro ad un allungamento, la cui entità è dipendente dallo stress e quindi dall'intensità della pressione applicata, che può essere quantificato mediante un'unità fisica denominata “strain”, definita secondo l'equazione:

strain= [deltaL(Lfinale-Lzero)]/Lzero .

Stress e strain alveolare sono legati correlati secondo l'equazione stress = k *strain

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stress è applicato. Se lo stress applicato durante la ventilazione meccanica supera le proprietà elastiche intrinseche dello scheletro fibroso del parenchima polmonare e conseguentemente del tessuto endoteliale ed epiteliale ad esso adesi, si ottiene una rottura. Se lo strain alveolare risultante dallo stress applicato supera lo strain alveolare fisiologico, l'insulto meccanico iniziale scatena quella trasduzione del segnale e quell'attivazione di differenti vie biosintetiche che porta ad una infiammazione generale del tessuto polmonare. In quest'ottica il danno polmonare da ventilazione meccanica non è altro che un eccessivo stress o strain.8

Ma per capire quale è il reale ruolo delle pressioni e dei volumi, è opportuno ricercare quali evidenze vi siano in letteratura

L'ARMAnet riporta che per ventilazione protettiva nell'ARDS si intende l'utilizzo sì di bassi volumi tidalici ma anche di pressioni di plateau inferiori ad un determinato valore.

Si è visto infatti quanto non sia la pressione di picco la reale pressione distensiva trasmessa agli alveoli, quindi questa non è derimente. La pressione di distensione è invece correlata alla Pplat, definita come la pressione misurata dopo 0,5 secondi di pausa teleinspiratoria in paziente ventilati con modalità volume-controlled. In realtà la reale pressione causante danno polmonare è quella transpolmonare, come definito da Mecklin ma la difficoltà nella sua misurazione non ne permette l'ottenimento di prassi.1

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posizione eretta, l‟esofago e lo spazio pleurico sono molto vicini. Ciò ha consentito di stimare la Ppl partendo da misure di pressione esofagea (Pes) ottenute con un trasduttore di pressione basato su catetere a palloncino20⁠ Tuttavia, questo metodo è stato

raramente applicato in pazienti con danno polmonare acuto, probabilmente a causa della diffusa convinzione che, in questi pazienti, gli artefatti legati al cuore e al peso del mediastino rendono la P esofagea un parametro inaffidabile21

Schultz et al.22⁠ affermano come di fronte ad un paziente senza

patologie polmonari che viene sottoposto a ventilazione meccanica, ad esempio in seguito ad intervento chirurgico d'elezione, se la pressione di Pplat non eccede sopra 15 cmH2O, i LTV non sono indicati in particolare con un regime di PEEP bassa o ZEEP in quanto questo può portare ad atelettasia. Quindi è sufficiente impostare una PEEP utile perchè questo non accada, diminuendo l'insorgenza di atelettasie e migliorando l'ossigenazione. Inoltre affermano come la Pplat non si dirimente per fornire informazioni sul reale potenziale dannoso della ventilazione meccanica. Questo perchè di fronte ad un paziente che compie molti respiri spontanei la Pplat può essere bassa ma quella transalveolare e la sovradistensione polmonare possono essere elevate per la presenza di una grande P negativa intrapleurica. Al contrario, in pazienti con una diminuita compliance polmonare, ad esempio per aumento della pressione intraaddominale o obesità, la

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Pplat può essere alta senza che vi sia sovradistensione polmonare. Altro meccanismo tramite il quale l'applicazione di una ventilazione a pressione positiva può arrecare danno è quello che si chiama “atelectotrauma”, ovvero quell'ingiuria data dalla ripetuta apertura e chiusura degli alveoli e dei bronchioli respiratori.

A questo proposito è stata introdotta una modalità di ventilazione che possa limitare l'escursione di queste porzioni delle vie aeree: è la High-Frequency Ventilation. Questa ha dei potenziali vantaggi in pazienti con Ards: la HFV usa VT molto piccoli e PEEP elevate ottenendo la minor distensione possibile delle vie aeree e nonostante questo si riescono a mantenere livelli di pCO2 in un range di normalità. Si ottiene quindi un ottimale recruitment senza causare sovradistensione alveolare mantenendo normali parametri acido-base. Numerosi studi animali e pediatrici sono incoraggianti ma manca ancora un evidente vantaggio costo/beneficio nell'outcome clinico di pazienti adulti con ARDS. Quindi la HFV rimane una modalità promettente ma ancora sperimentale per ventilare pazienti con ARDS.14

Oltre alla rottura della continuità della parete alveolare, associata ad emorragia alveolare, evenienza più grave, la ventilazione meccanica può causare anche alterazioni microscopiche a carico delle strutture polmonari derivate sia dalla formazione di emorragia alveolare15⁠ associata ad una discontinuità della membrana

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la nascita del più ampio concetto di VILI (Ventilator-Induced Lung Injury)16

Le differenti manifestazioni del danno meccanico conseguente all'insulto applicato alle strutture polmonari durante la ventilazione meccanica sono rappresentate, prima ad un livello macroscopico e poi ad uno microscopico, come la rottura da stress dei capillari polmonari o “capillary stress failure”17⁠ e dalla rottura da stress della

membrana plasmatica o “plasma membrana stress failure”18⁠⁠

Di fronte all'insulto da ventilazione meccanica si attua una “ deformation-induced lipid trafficking”, ovvero l'esocitosi di lipidi provenienti dai depositi intracitoplasmatici con la funzione di prevenire e riparare il danno tramite meccanismi di regolazione dell'area di superficie cellulare.19⁠⁠

DANNO BIOLOGICO: BIOTRAUMA

Non solo il danno meccanico diretto porta allo sviluppo di VILI ma anche il rilascio di mediatori dell'infiammazione a causa dello stiramento tissutale.23⁠

Le forze meccaniche sono percepite dalle cellule epiteliali alveolari tramite un meccanismo di “meccanosensibilità” e trasformate in un segnale cellulare a cascata chiamato “meccanotrasduzione”. Per meccanosensibilità si intende un aumento del calcio intracellulare prodotto da entrata di calcio dall'esterno e rilascio di

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quest'ultimo dalle riserve intracellulari del reticolo sarcoplasmatico. L'innalzamento dei livelli ci calcio citoplasmatici è indotto dall'axial strech, ovvero lo stiramento alveolare indotto dalle pressioni positive, che causa anche la distruzione delle connessioni cellula-cellula epiteliale polmonare, aumentando la permeabilità paracellulare. Non meno importante è il contributo dell'airflow related shear stress, ovvero il danno dato dall'azione del flusso d'aria parallelo alle cellule epiteliali alveolari.

In più vi è anche un ruolo da parte dell'alterazione della tensione superficiale all'interfaccia tra aria e liquido, cosiddetto stress d'interfaccia (a cui fa seguito un o stimolo all'esocitosi di surfactante)

L'aumento del calcio intracellulare media la “meccanotrasduzione” che termina in una up-regulation di alcuni geni, quali fattori di trascrizione come Egr-1 e c-Jun, stress protein come HSP-70 e mediatori dell'infiammazione come IL-1beta, IL-6, TNF, chemokine ligand (Cxcl-) e Cxcl-2. E' stato provato che questa sovraespressione è il primo step verso i processi infiammatori, di apoptosi, fibrogenesi e transizione epitelio-mesenchimale tipici del danno da ventilazione meccanica e che precede la loro insorgenza.

Inoltre la ventilazione con alti volumi tidalici diminuisce la clearance del fluido alveolare causata da una alterazione della funzionalità della pompa Na+/K+ ATPasi, responsabile del flusso di Na

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transmembrana che consente il riassorbimento di liquido dagli spazi alveolari. La pompa è inibita dall'aumento dei ROS indotti dalla ventilazione con alti tidalici.24

Interessante è vedere come non solo vi sia una infiammazione locale ma come sia presente anche il rilasico di citochine nella circolazione sistemica. Questo può indurre febbre, leucocitosi e nuovi infiltrati polmonari che può essere intepretata come una Ventilator Associated Pneumonia o VAP. L'assenza di criteri stretti per la diagnosi di polmonite, come ad esempio l'identificazione del microrganismo nel plasma o nel broncolavaggio può portare a diagnosi errata, identificando erroneamente come VAP una situazione di VILI, portando a sottostima della reale incidenza di queste lesioni5⁠⁠

Per la diagnosi di polmonite associata alla ventilazione si richiede la presenza di infiltrati polmonari di nuova insorgenza riscontrati all'rx torace in paziente che è in ventilazione meccanica invasiva da almeno 48h o che è stato svezzato da meno di 24 ore, più almeno due evenienze tra: una leucocitosi o leucopenia, temperatura corporea di almeno 38,5°C o meno di 35°C, espettorato purulento o cambiamento nell'aspetto dell'espettorato o isolamento di batteri patogeni dal lavaggio tracheale.25,26⁠⁠

Sono stati confrontati alcuni biomarkers di VILI (i livelli di citochine TNF-alfa, MIP-2, KC, IL-6 nel bal e nel plasma, i livelli di proteine e neutrofili in bal, il wet to dry ratio, ifattori della coagulazione TATc,

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PAI-1, il pH ed il lung histopathology score) nel topo con polmoni sani ventilato in due modalità, con Low Tidal Volume e High Tidal Volume confrontato con il gruppo di controllo ed è risultato che la sola ventilazione induce VILI, soprattutto nell' high tidal volume ma anche nel low tidal volume, anche se in quest'ultimo in misura inferiore (inducendo uno stato transitorio infiammatorio che preserva l'integrità tissutale polmonare). Inoltre, nonostante il pH sia risultato inferiore nel gruppo ventilato con LTD e questo possa peggiorare le VILI, è stato dimostrato che la correzione dell'equilibrio acido base tramite la somministrazione di bicarbonati non interferisca con l'insorgenza di VILI, quindi questa acidosi è un elemento che non influisce nella scelta di un'impostazione ventilatoria con Low Tidal Volume.27

Come già evidenziato, l'infiammazione da ventilazione meccanica produce anche un alterazione del bilancio emostatico con una tendenza procoagulante che promuove la deposizione di fibrina nelle vie aeree, fattore caratterizzante del danno polmonare. Da una parte. La formazione di fibrina ha un fattore protettivo per il paziente con scopo di contenimento dell'infezione e di riparazione e mantenimento della barriera alveolo-epiteliale. Dall'altra però ha anche un significato pro-infiammatorio, minando l'integrità anatomica e funzionale del polmone28⁠⁠

I danni da ventilazione sono quindi caratterizzati istologicamente da edema, stravaso di GB, danno endoteliale ed epiteliale. Sia studi

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animali che umani suggeriscono che la deformazione delle cellule alveolari durante ventilazione sono responsabili del rilascio di citochine e chemochine che guidano stravaso, attivazione e reclutamento dei leucociti causando VALI e VILI. Inoltre VALI eVILI perpetuano l'infiammazione cronica durante ARDS e MODS.29

Studi animali hanno dimostrato un aumento della permeabilità polmonare e dell'infiammazione polmonare nei topi ventilati con alti volumi tidalici rispetto ai controlli e ai ventilati con LTV, testimoniato dall'aumento nell'espressione di TLR2, TLR4, TLR9 sulla superficie dei macrofagi e dell'aumento nel rilascio di citochine proinfiammatorie quali MyD-88, NF-kB e della concentrazione di IL-6, IL-1beta.30

In studi animali è stato dimostrato come l'aggravarsi di alcuni aspetti delle VILI sia legato non solo al setting ventilatorio (htv/zeep vs ltv/peep) ma sia anche proporzionale alla durata della ventilazione meccanica, confrontando il danno polmonare di topi sani ventilati per un tempo inferiore alle 5 ore e per una durata superiore alle 12 ore.31

E' stato inoltre visto che la durata influisce di più se utilizzata una modalità htv/zeep, nonostante aumenti il danno anche se il setting è ltv/peep. Aumentando la durata, non solo si aggrava lo status infiammatorio polmonare ma evolve proprio in morfologia, con una precoce presentazione di disfunzione della barriera alveolo-capillare e un'infiltrazione neutrofilica crescente e più pronunciata

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dopo le 12 ore. Dopo le 12 ore di ventilazione non sono invece stati riscontrati macrofagi nel bal e questo può essere considerato come un segno della loro attivazione ed adesione per svolgere il loro ruolo proinfiammatorio e di reclutamento di neutrofili. Un'altra spiegazione si può ritrovare in un loro eventuale ruolo protettivo verso lo sviluppo di VILI, a sostegno di questo c'è la correlazione inversa tra il numero di macrofagi nel bal e il wet to dry ratio. Questo ruolo protettivo è esplicato in uno studio in cui viene sottolineato sì il loro ruolo pro infiammatorio iniziale ma come questo sia protettivo e culmini nella clearance di un eventuale patogeno presente o comunque nella risoluzione e cicatrizzazione del danno presente, con formazione di nuovo tessuto e remodeling, riportando all'omeostasi la funzione polmonare. Si sottoline ala plasticità di queste cellule, sviluppanti un fenotipo pro o anti-infiammatorio a seconda dei segnali proventienti dall'esterno.32⁠

FISIOPATOLOGIA DEL DANNO DA VENTILAZIONE

MECCANICA

L'edema polmonare è dato da un aumento della filtrazione e da alterazione della permeabilità epiteliale ed endoteliale.

La permeabilità paracellulare o epiteliale è causata dalla distruzione delle connessioni cellula-cellula epiteliale polmonare indotta dallo stiramento alveolare causato dalle pressioni positive

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applicate. Questo fenomeno è chiamato “axial strech”.

L'aumento della permeabilità endoteliale è indotto dal numeroso numero di citochine proinfiammatorie rilasciate in seguito a ventilazione meccanica per i meccanismi di meccanosensibilità e meccanotrasduzione responsabili di un aumento di trascrizione genica di mediatori dell'infiammazione.

L'aumento delle forze idrostatiche intravascolari di filtrazione ha un effetto sinergico con l'alterazione della permeabilità endoteliale. Vi è l'insorgenza di alterazioni idrostatiche per un aumento delle forze di tensione superficiale alveolare per l'inattivazione del surfactante, con diminuzione della pressione negativa che circonda i vasi alveolari che risulta in un aumento della pressione transmurale e un incremento della filtrazione. Vi è quindi il cosiddetto “stress d'interfaccia”, cioè l'alterazione della tensione superficiale all'interfaccia tra aria e liquido.

Inoltre la ventilazione con alti volumi tidalici diminuisce la clearance del fluido alveolare causata da una alterazione della funzionalità della pompa Na+/K+ ATPasi, responsabile del flusso di Na transmembrana che consente il riassorbimento di liquido dagli spazi alveolari. La pompa è inibita dall'aumento dei ROS indotti dalla ventilazione con alti tidalici.21

La deposizione di fibrina nelle vie aeree, fattore caratterizzante del danno polmonare, è indotta dall'alterazione del bilancio emostatico causata dall'infiammazione da ventilazione

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meccanica. La formazione di fibrina ha un fattore protettivo per il paziente con scopo di contenimento dell'infezione e di riparazione e mantenimento della barriera alveolo-epiteliale. Dall'altra però ha anche un significato pro-infiammatorio, minando l'integrità anatomica e funzionale del polmone

La teroia del “multiple hit” model sostiene come la presenza di fattori predisponenti (“the primary hit”), ad esempio la ventilazione meccanica ad alto volumi tidalici durante intervento chirurgico (the “primary hit”), a cui fanno seguito vari “second hits”, come trasfusioni di emoderivati, ventilazione di durata prolungata (soprattutto se ad alti volumi), aspirazione, shock o sepsi, VAP che possono dare un contributo addizionale allo sviluppo di danno polmonare e sfociare in ARDS.

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3. VENTILAZIONE PROTETTIVA NELL'ARDS

L'ARDSnet nel 2000 ha condotto lo studio che ha fatto sì che ad oggi la ventilazione protettiva sia fortemente consigliata nei pazienti con ARDS. Sono stati confrontati due gruppi di pazienti, uno ventilato con 12 ml/kg PBW e Pplat minore o uguale a 50 cmH20, l'altro con 6 ml/kg PBW e Pplat minore o uguale a 30 cmH20. I risultati sono stati soddisfacenti, con una diminuzione di mortalità nel secondo gruppo dal 39.8 al 31.0% e del numero di giorni di ventilazione rischiesta nei successivi 28 giorni, da 12 a 10. Si è quindi potuto concludere come l'utilizzo di un basso volume tidalico rispetto a quello tradizionalmente usato è correlato ad una diminuzione della mortalità e dell'aumento di giorni liberi da ventilatore. 3

E' bene ricordare che di recente la definizione di ARDS è cambiata, quindi si userà il termine ARDS riferendosi anche a quelle che una volta erano chiamate ALI, Acute Lung Injury. Secondo la nuova definizione di Berlino, l'ARDS è definita come un tipo di danno polmonare infiammatorio acuto e diffuso, caratterizzato dall'aumento di permeabilità vascolare, del peso del polmone e perdita di parenchima polmonare areato. Clinicamente caratterizzato da ipossiemia (stratificata in tre gradi a seconda del valore del rapporto PaO2/FiO2: mild tra 300 e 200 mmHg, moderate tra 200 e 100, severe sotto 100) e infiltrati bilaterali all'rx torace,

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aumento dello shunt, dello spazio morto e da una diminuzione della complianza. Istologicamente invece è caratterizzata da un danno alveolare diffusoMild, moderate e severe ARDS sono associate progressivamente ad un aumento dell amortalità e della durata media della ventilazione. E' quindi eliminata la distinzione tra ARDS ed ALI.

Negli USA si verificano circa 200.000 casi di ARDS all'anno e rimane una delle cause principali di mortalità nei pazienti critici con un tasso del 30% ma che si innalza al 60% negli anziani. Non solo ha un impatto a breve termine con un alta mortalità ma questa patologia è anche legata a sequele a lungo termine, quali compromissione neuropsicologica (depressione, declino cognitivo), astenia persistente, disfunzione polmonare e quindi ridotta qualità di vita33

Nell‟ARDS c‟è un‟alterazione della normale archituettura polmonare, la perdita della funzione polmonare e lo sviluppo di edema polmonare. Tutto questo risulta in una diminuzione della compliance e in una eterogeneità parenchimale. Applicare la ventilazione meccanica a pressione positiva a questo polmone è inevitabile visto il rapporto PaO2/FiO2 che contraddistingue l‟ARDS ma è potenzialmente dannosa perché può causare effetti avversi sia sistemici che locali, individuati nel termine VILI (Ventilator Inducted Lung Injury), fisiopatologicamente individuati da un effetto diretto dell‟alta pressione somministrata sul polmone (barotrauma), da un danno causato dalla sovradistensione polmonare

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(volotrauma), dallo “shear stress dato dal ripetitivo chiudersi e aprirsi degli alveoli (atelectotrauma, dalla produzione di citochine e altri fattori pro-infiammatori (biotrauma).1⁠

Altro fattore di rischio nello sviluppo di ARDS, per quanto riguarda il management ventilatorio, sono elevati valori di PEEP (>5cmH20) Fattori di rischio non ventilatori sono sepsi, acidosi, lattati elevati, ipoalbuminemia, trasfusioni EC o plasma, alto bilancio idrico netto24 ma anche trauma, polmonite e alte pressioni di picco (>30 cmH20)25

Dati da studi randomizzati hanno dimostrato come la diminuzione dell amortalità in pazienti riceventi LTV sia riscontrabile solo se questi pazienti sono contrmporaneamente ventilati con pressioni di picco maggiori di 32 cmH20. Vasilyev et al.26 hanno riportato come la presisone di picco >50 cmH20 all‟inizio dell‟osservazione sia associata ad una diminuzione della sopravvivenza del 20% mentre una pressione di picco <30 cmH20 sia correlata ad una sopravvivenza del 60%.3

Il ruolo della ventilazione protettiva come strategia nei pazienti affetti da ARDS è stata ben definita ma i medici non sempre si attengono alle linee guida. Mikkelse34⁠ et al. riportano come solo

circa un terzo dei pazienti sono ventilati con ventilazione protettiva a 48 ore e ipotizzano che una delle principali ragioni per cui questo accade è l'incertezza nella diagnosi di ARDS.

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Di fronte alle forti evidenze di beneficio nell'uso di LTV scontrate nell'ARDSnet3⁠ Hager et al.35⁠ hanno valutato come pazienti

ventilati con alti volumi hanno una Pplat al di sotto di 30 cmH20. E' stato comunque dimostrato che la riduzione del tidalico, anche in questi pazienti con basse Pplat possa avere un beneficio in sopravvivenza.

CONCETTO DI IPERCAPNIA PERMISSIVA

Per ipercapnia permissiva si intende una tecnica ventilatoria che accetta una pressione parziale di anidride carbonica elevata a favore di una riduzione del volume tidalico somministrato allo scopo di ridurre il rischio di barotrauma. Con una riduzione del volume tidalico in range di ventilazione protettiva, si ha inevitabilmente una diminuzione del volume-minuto e di un aumento dei valori plasmatici di pCO2, comunque tollerati. Per ovviare all'eventuale instaurarsi di grave acidosi respiratoria (pH<7,20), un aumento degli atti respiratori per minuto può essere impostato.1

L'ipercapnia porta inevitabilmente a effetti collaterali quali l'ipertensione polmonare e l'aumento della pressione intracranica in pazienti sottoposti a procedure neurochirurgiche o con traumi cranici. Infatti in alcune categorie di pazienti una pCO2 elevata è una controindicazione assoluta, ad esempio in pazienti con ipertensione endocranica ma anche in quelli con acidosi

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metabolica o in cui una grave insufficienza renale impedisca il compenso metabolico alla acidosi respiratoria.

Il concetto di ipercapnia permissiva nasce nell'ARDS nella quale la riduzione del danno polmonare ottenuta con la ventilazione meccanica in range permissivo rimane di maggiore importanza in pazienti con ARDS.36

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4. VENTILAZIONE PROTETTIVA NEI PAZIENTI

CHE NON PRESENTANO ARDS ALL'INIZIO

DELLA VENTILAZIONE: LOW TIDAL VOLUME

IN SALA OPERATORIA E RIANIMAZIONE

E' importante precisare come la ventilazione durante intervento chirurgico differisca da quella in ICU, per i tempi ridotti e per la differente condizione polmonare che i pazienti sottoposti a ventilazione hanno: i pazienti in intervento chirurgico hanno più probabilità di avere un polmone sano.37

Numerosi studi hanno riscontrato come VT bassi associati a PEEP elevate, rispetto ad alti VT con bassi livelli di PEEP o ZEEP, impostati come settings ventilatori in pazienti sottoposti a chirurgia in anestesia generale, siano correlati alla⁠ diminuzione del livello dei markers infiammatori e della durata della ventilazione, come un miglioramento dell‟ossigenazione in pazienti sottoposti ad esofagectomia38⁠-; alla diminuzione delle infezioni polmonari e

della durata della ventilazione meccanica per i pazienti sottoposti a vari tipi di chirurgia in anestesia generale39⁠; al miglioramento della

meccanica respiratoria e dell‟ossigenazione in pazienti sottoposti a chirurgia maggiore addominale40l; all'attivazione della

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intervento chirurgico in vm28⁠ Il bilancio emostatico risulta alterato,

dimostrato da un aumento marcato del complesso trombina-antitrombina, TF, fattore VIIa. Inoltre nel Bal si è ritrovato un aumento della trombomodulina solubile e bassi livelli di proteina C attivata. Si conclude quindi che l'aumento della deposizione di fibrina deriva da tre meccanismi, quali l'aumento dell'attività della via estrinseca della coagulazione, relativa insufficienza della via anti coagulante della proteina C e l'inibizione della fibrinolisi (infatti è stata sì verificata una up-regulation dell'attivazione del plasminogeno ma che non è immediatamente evidente come attività fibrinolitica, probabilmente per l'effetto inibitorio del PAI-1, anch'esso sottoposto a sovra espressione in ventilazione meccanica).

Inoltre l'utilizzo di ventilazione protettiva (VT minore o uguale a 7.35 ml/kg) durante intervento di pneumectomia è stato identificato come uno dei fattori protettivi rispetto allo sviluppo di complicanze post-operatorie, come ad esempio insufficienza respiratoria.41⁠

Gli alti tidalici applicati costituirebbero solo un aggiunto elemento causante l'aumento di pressione nelle vie aeree, oltre ai già esistenti aumento delle resistenze (per broncospasmo) e diminuzione della compliance (per una diminuzione del numero degli alveoli reclutabili)27

In uno studio osservazionale multicentrico condotto in Francia37⁠

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vario tipo, svolto su un campione rappresentativo, è stato visto che il 18% dei pazienti è stato ventilato con HTV (10 ml/kg IBW), probabilmente legato al fatto che era stato proposto un setting ventilatorio di questo tipo associato a ZEEP per evitare l'instaurarsi di atelettasie e migliorare l'ossigenazione. E' però stato visto che in realtà l'ossigenazione non migliora con l'aumento del tidalico in pazienti con obesità grave durante intervento chirurgico42⁠

Inoltre ad un alto BMI è associato ad un maggiore utilizzo di un High Tidal Volume, legato probabilmente ad una sovrastima del volume polmonare in pazienti obesi e all'applicazione del tidalico in base al peso attuale e non al predetto. E' stato visto che generalmente l'ABW sovrastima l'IBW del 10-20% ma nei pazienti obesi lo sovrastima del 20-50%, grado di percentuale direttamente correlato con il peso del paziente. Quindi, secondo queste evidenze, si trovano a maggior rischio di VILI i pazienti obesi, anche a fronte di uno studio che supporta la teoria della favorita risposta infiammatoria e alterazioni endoteliali da parte dell'obesità.43⁠

Per quanto riguarda l'applicazione di low tidal volume nelle donne, è stato dimostrato in uno studio osservazionale di coorte come soggetti di sesso femminile (che sono risultati di più bassa statura) affetti da ARDS sepsi correlata siano più a rischio di high tidal volume rispetto agli uomini ma che queste differenze vengano meno se i volumi vengono aggiustati per l'altezza. Questo porta alla conclusione che soggetti di sesso femminile e di più bassa statura

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siano più inclini a ricevere alti volumi tidalici.44

Anche Gajic et al. conducendo uno studio retrospettivo di coorte su pazienti misti medico-chirurgici e riceventi vm da più di 48 ore, evidenzia come le donne tendono a riceve un volume tidalico più alto rispetto agli uomini (11.4 vs 10.4) e che sviluppino ARDS più frequentemente (29% vs 20%).45⁠

Questo potrebbe in parte spiegare perchè le donne con IRA che richiede vm hanno una prognosi peggiore rispetto agli uomini, con una mortalità e tempo di ricovero più alti rispetto al sesso maschile.46

La ventilazione meccanica durante anestesia permette lo scambio dei gas, il controllo delle vie aeree e fornisce un condotto per gli anestetici inalatori. Certamente non è esente da rischi, quali quelli conosciuti tali da sviluppare VILI il cui rischio di sviluppo è già presente dopo poco tempo di vm, in particolare in presenza di ipossiemia (riduzione del oxigen ratio) intraoperatoria, evenienza comune in pazienti in anestesia generale. Siccome la causa principale di questa ipossia è la formazione di atelettasie, l'innalzamento del tidalico da 10 a 12 e della PEEP è stato in passato considerato terapeutico. In ICU invece si riconosce come principale causa di marcata ipossiemia la presenza di ARDS e si fa fronte all'ipossiemia utilizzando bassi tidalici per evitare il peggioramento dell'ARDS e manovre di reclutamento o PEEP elevate anche per evitare il danno da elevati livelli di ossigeno.

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E' stato visto in uno studio in più di 11 000 pazienti in anestesia generale che in realtà esiste una differenza esigua sull'utilizzo dei volumi tidalici in pazienti ipossiemici e non, risultando una media di 8.6-9.16 ml/kg PBW di tidalico e una PEEP di 2.8-5.5 cmH20). Quindi anch ein pazienti fortemente ipossiemici che potrebbero avere ARDS (P/F ratio <100) sono utilizzati tidalici superiori ai 6ml/kg del Pbw ormai riconosciuti da 15 anni come lesivi

Nemmeno nei pazienti obesi l'aumento del volume tidalico non migliora l'ossigenazione durante intervento chirurgico di chirurgia addominale ma la pO2 è determinata solo dal peso corporeo e i due valori saranno inversamente proporzionali⁠

Vi è una sempre crescente evidenza degli effetti lesivi della ventilazione meccanica anche se di durata breve durante intervento chirurgico e del ruolo protettivo nello sviluppo di VILI con l'uso di bassi volumi tidalici con/o peep elevata

E' ancora incerto il ruolo vantaggioso della ventilazione protettiva nei pazienti sottoposti a intervento chirurgico in vm di durata breve, intendendo come ventilaizone protettiva la presenza di bassi vt, alti livelli di PEEP e/o manovre di reclutamento. Comunque è stato verificato che vi è una riduzione delle complicanze post-operatorie se i pazienti sono ventilati con questi regimi, come una riduzione nello sviluppo di VILI, infezioni polmonari ed atelettasie47

Anche in cardiochirurgia vi sono forti evidenze di un ruolo importante della ventilazione protettiva. Nel post operatorio

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di bypass aortocoronarico in pazienti con polmone sano, indifferentemente fumatori e non fumatori, è risultato significativamente più basso il livello di TNF-alfa nel BAL se durante l‟intervento veniva utilizzato un setting ventilatorio che prevedeva un LTV (6 ml/kg PBW) rispetto ad un HTV (12 ml/kg PBW)48

Anche il livello di citochine IL-8 e IL-6 nel bal ma anche nel plasma di pazienti post cardiochirurgia è risultato più elevato nei pazienti sottoposti, durante l‟intervento, a ventilazione con LTV (8 ml/kg) rispetto al HTV (10-12 ml/kg).49

Altri studi hanno dimostrato come l‟applicazione di bassi volumi tidalici associati a PEEP elevate rispetto a VT più alti con ZEEP o PEEP più basse, durante interventi di bypass aorto-coronarico o di sostituzione valvolare, siano associati al miglioramento dell‟ossigenazione50⁠ e alla diminuzione del numero di pazienti

intubati a 6h dall‟intervento. Non è chiaro se questa precocità nello svezzamento sia legata ad un reale effetto benefico del LTV/high PEEP o allo stimolo del drive respiratorio legato all‟aumento della pCO2 e del diminuito livello di pH che si instaurano durante la ventilazione protettiva. Comunque, si è osservata anche una diminuzione nel numero di pazienti che hanno richiesto la reintubazione51⁠⁠

Si è vista inoltre la diminuzione della disfunzione d‟organo e della permaneza in ICU per più di sette giorni52, con la riduzione del

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dell‟incidenza di instabilità emodinamica a 28 h.⁠

C'è stato poi un più rapido decremento delle citochine pro-infiammatorie sieriche in seguito a ventilazione con “open lung concept” (OLC) rispetto alla ventilazione convenzionale, legata al fatto che l‟intervento di CABG è associato ad una risposta infiammatoria sistemica importante legata all'utilizzo della circolazione extracorporea49,53⁠

L‟open lung protective ventilation non solo è risultata in un non peggioramento dei livelli di citochine pro-infiammatorie plasmatiche ma anche in un miglioramento dell‟ossigenazione e meccanica respiratoria intraoperatoria, è inoltre tollerata emodinamicamente40

In contrasto con l'ormai acquisita idea del beneficio del LTV nei pazienti con diagnosi di ARDS, nei pazienti che all'inizio della ventilazione meccanica non presentano danno polmonare il ruolo della ventilazione protettiva non è stato del tutto accertato. Storicamente si pensava che l'uso di alti volumi tidalici non solo fosse sicuro ma che fosse preferito per ridurre l'ipossia, la formazione di atelettasie e per ridurre l'acidosi respiratoria associata alla ventilazione con bassi volumi. Solo successivamente, da dati sperimentali si evince come il volume tidale sia il maggiore responsabile per lo sviluppo di VILI.12

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solo può culminare nello sviluppo delle cosidette VILI ma può essere correlata anche con lo sviluppo di ARDS. Un aovlta che il polmone è “iniziato da un insulto quale una polmonite, ab ingestis, sepsi, trasfusioni o bypass cardio-polmonare, la ventilazione può stimolare una risposta infiammatoria locale e sistemica correlata allo svulippo di ARDS45⁠Questo dimostra quindi come questa sindrome,

impostando un setting ventilatorio corretto, possa essere prevenibile33

Fuller et al33⁠hanno dimostrato come la ventilazione con bassi

volumi tidalici (6ml/kg PBW) sia correlata alla diminuzione del 10.9% della probabilità di sviluppare ARDS, rispetto al gruppo ventilato con HTV (10ml/kg) in pazienti ventilati meccanicamente con scenario misto (sala operatoria o ICU) che all'inizio della ventilaizone non presentavano danno polmonare. Inoltre è stato verificato che l'HTV è un fattore predittivo indipendente di sviluppo di ARDS, cheil volume tidalico è proporzionale alla probabilità di sviluppo di ARDS e che non si sono verificati effetti negativi nell'utilizzo di bassi volumi tidalici. Gli autori discutono anche come certamente le evidenze siano molte ma come sia necessario porre attenzione anche all'eterogeneità del campione, sia nei tempi d'esposizione alla ventilaizone meccanica, sia al potenziale rischio di partenza nello sviluppare ARDS, ad esempio tra pazienti critici in ICU e post-operatori soggetti ad interventi chirurgici in elezione. E' stato visto infatti che l'incidenza dello sviluppo dell'ARDS è maggiore in

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pazienti in ICU (44%) rispetto a pazienti a basso rischio sottoposti a intervento chirurgico (<2%).

Numerosi studi hanno dismostrato come valutando i settings ventilatori (VT e PEEP) in pazienti medici o post-chirurgici ricoverati in ICU, volumi tidalici più alti associati a PEEP più basse siano correlati con un aumento dell‟OR per ARDS di 1,3 per ogni ml di volume pro chilo PBW applicato al di sopra dei 6 ml/kg PBW45⁠ e un OR per

ARDS di 2,6 con VT> 700ml54⁠ quindi un aumento del rischio di

sviluppo di ARDS. Inoltre un regime ad alti volumi genera un livello maggiore di citochine pro infiammatorie sieriche e nel BAL55⁠

E‟ interessante osservare come in uno studio randomizzato by Mascia et al. Si evinca come il gruppo ventilato con una ventilazione protettiva di 6-8 ml/kg e PEEP di 8-10 cmH2O risulti, a confronto dei pazienti ventilati in ventilazione convenzionale (10-12 ml/kg PBW con una PEEP di 3-5 cmH2O), in un ampio aumento del numero dei donatori polmonari elegibili, come del numero di pazienti in cui i polmoni sono stati espiantati. Questa evidenza suggerisce come una minor esposizione a ventilazione convenzionale o ad un miglior reclutamento dato da elevati livelli di PEEP risultino in un diminuito danneggiamento polmonare.56

Lee et al. Evidenziano come in pazienti post-chirurgici ricoverati in ICU, escludendo i neurotraumi e pazienti sottoposti a cardiochirurgia, e ventilati meccanicamente, l'utilizzo di VT bassi (12 vs 6), sia diminuita l'incidenza di infezioni polmonari, la riduzione

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della permanenza in ICU e della durata dell'intubazione39⁠⁠

La ventilazione nei pazienti ARDS è stata fissata secondo linee guida e considerata come una terapia ma altre classi di pazienti in ventilazione meccanica che non presentano criteri ards sono ventilati con volumi molto variabili, al fine di mantenere valori emogasanalitici accettabili. E' stato visto come, in una coorte di pazienti di terapia intensiva che non presentavano ARDS all'inizio della vm, l'Ards si è presentata nel 25% pazienti e concentrata a tre giorni dall'intubazione e il maggior fattore di rischio per lo sviluppo della sindrome sia l'utilizzo di htv, suggerendo come le VALI siano importanti fattori di rischio per questa sindrome in particolare per i pazienti a rischio ARDS.45

Un ampio studio condotto al fine di descrivere le caratteristiche della vm in ICU americane ed europee, misura tra gli altri parametri, valori di setting ventilatorio come la media dei VT utilizzati (9ml/kg) e delle pressioni di supporto (18cmH20).57⁠

Nella scorsa decade sono stati condotti numerosi studi randomizzati che rivelano il miglioramento nella sicurezza della ventilazione meccanica. In uno studio “before-after”internazionale osservazionale del è stata verificata l'evoluzione nel settings della ventilazione meccanica confrontando dei dati ottenuti in un analogo studio del 1998 ed è apparsa una riduzione significativa nel volume tidale applicato in pazienti con ARDS: nel 2004 solo il 7,5% era settato su un vt >10ml/kg vs 29,6% del 1998 e il 19,6% hanno

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un VT<6ml/kg pbw. L'uso della PEEP è variato nel seguente modo: è aumentata l'incidenza di una PEEP>10 cmH20 (40%vs28%) e rimasta invariata quella <5cmH20 (22%vs 26%). Questo studio non verifica gli outcomes, serve quindi a sostegno dei numerosi studi che si dedicano a questo ed evidenzia come la letteratura presenti forti evidenze nell'uso di determinati settings ventilatori ma che in realtà ci siano pochi studi che verifichino la reale applicazione di queste evidenze.58

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5. RUOLO DELLA PEEP NELLA VENTILAZIONE

PROTETTIVA

Ridotti volumi tidalici causano nel tempo una diminuzione della compliance toraco-polmonare, indice di dereclutamento alveolare, prevenuta dall'uso di PEEP elevate in corso di ventilaizone protettiva. L'uso della PEEP ha numerosi vantaggi durante la ventilaizone protettiva. La PEEP è utilizzata in questo contesto per mantenere gli alveoli aperti e minimizzare quindi l'atelectotrauma, prevenendo il meccanismo di collasso-riapertura ciclica ad ogni atto respiratorio, evitando il collasso alveolare di fine espirazione a cui farebbe seguito il danno parenchimale da apertura-chiusura ciclica. Si esegue quella modalità di ventilazione chiamata “a polmone aperto”, open lung strategy: open the lung and keep the lung open8. La PEEP protegge quindi dal derecruitment e

dall'ipossiemia legata a quest'ultimo mentre diminuisce la richiesta di ossigeno da somministrare, evitando le atelettasie da denitrogenazione (per FiO2>60%) e i potenziali danni da tossicità ossigeno-mediata.

In sintesi, è importante l'interazione tra il volume corrente (un grande volume tidalico genera pressioni d'apertura in grado di massimizzare il reclutamento alveolare) e PEEP nei sui due aspetti, ovvero il mantenimento della presisone al di sopra della soglia di chiusura e lo zoccolo di pressione al quale si aggiunge il volume

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Da numerosi dati clinici47–49 ⁠è stato dimostrato come una PEEP tra

5 e 24 cmH2O sia non solo sicura ma sia associata con un miglioramento dell'ossigenazione, con la diminuzione dell'uso della terapia a seguito di ipossiemia refrattaria e la riduzione nell'incidenza di MOF. Il concetto di corretto valore di PEEP, quindi quale debba essere questo livello e come debba essere determinato è ancora controverso. Comunque, l'uso della PEEP a zero, cosiddetta ZEEP è associato ad un peggiore outcome per aumento dell'ipossiemia, VAP e mortalità intraospedaliera. Infatti si osserva come durante l'applicazione di bassi volumi tidalici, eliminando quindi l'effetto della sovradistensione alveolare un utilizzo di un livello di PEEP al di sotto della pressione corrispondente al punto di flesso della curva pressione-volume, pressione alla quale si pensava avvenisse la maggior parte del reclutamento alveolare, portava alla formazione di un danno polmonare di tipo infiammatorio (infiltrati leucocitari, formazione di membrane ialine), rispetto ad una ventilazione con il medesimo volume corrente ed una PEEP superiore alla pressione corrispondente al punto di flesso della curva pressione-volume. Si attua quindi quella strategia ventilatoria denominata “open lung approach: open the lung and keep the lung open”8⁠ Anche trials come ALVEOLI, LOVS, EXPRESS,

Villar et al62⁠ mostrano come vari metodi per il calcolo della PEEP

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Risultati del beneficio della ventilazione con bassi volumi tidalici sono stati dimostrati anche in presenza di PEEP elevata3

La differenza di PEEP tra il gruppo ventilato con alti volumi tidalici e quello in ventilazione protettiva nell'ARDSnet3, quindi l'utilizzo di una

PEEP alta con un VT basso non è stato incluso nella definizione di ventilazione protettiva ma si è reso necessario per manetenere una ossigenazione arteriosa simile al gruppo ventilato con alti volumi. Comunque è stato visto come una PEEP alta associata a LTV sia correlata alla diminuzione nella mortalità, se confrontata con setting ventilatorio tradizionale63

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6. RUOLO DEL PESO IDEALE NELLA

VENTILAZIONE PROTETTIVA

Va fatta un'importante premessa sulla ventilazione protettiva: l'altezza ed il genere sono i predittori principali delle dimensioni polmonari, rispetto all'abw. Infatti, nell'ARDS-NET trial il volume tidale è impostato sul pbw che tiene appunto conto di altezza e genere. L'ARMAnel specifica come il volume tidalico da utilizzare in regimi di ventilaizone protettiva è di 6 ml/kg PBW.5

E' cruciale l'utilizzo del PBW e non dell'ABW nel calcolo del VT da utilizzare, in quanto l'uso dell'ABW può sovrastimare la richiesta di volume1

Inoltre, sempre nell'ARDSnet trial, tra i criteri di esclusione c'è l‟essere portatore di un BMI elevato3

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7. LATI NEGATIVI DELLA VENTILAZIONE

PROTETTIVA: PRESENTI MA TOLLERABILI

La ventilazione protettiva nasce come presidio terapeutico nell'ARDS al fine di evitare il peggioramento del quadro polmonare a causa del perpetuarsi del danno già presente. E' proprio in questa patologia che nasce il concetto di ipercapnia permissiva a cui può essere associata un'acidosi respratoria. Come detto precedentemente, la tolleranza dell'ipercapnia e i presidi terapeutici per far fronte all'acidosi instauratasi hanno dimostrato una buona applicabilità.

La ventilazione a bassi volumi tidalici può essere correlata con l'aumento dello spazio morto ventilatorio e della diminuzione del volume minuto, fattori che inducono dispnea e discomfort del paziente indipendentemente dal setting ventilatorio utilizzato, suggerendo un'eventuale necessità di aumentare durata ed intensità della sedazione del paziente che inficerebbero il beneficio dell'utilizzo del basso volume tidalico, ad esempio perchè si aumenterebbe la durata totale della ventilazione. Sulla reale necessità di aumentare la sedazione in pazienti sottoposti a ventilazione protettiva ci sono evidenze contrastanti, anche se dagli ultimi studi effettuati è stato visto come nell'ARDS non sia necessario un aumento nella sedazione nei primi giorni di ventilazione e che l'ipercapnia derivante da questa strategia porti ad un aumento

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nell'uso di propofol ma non di midazolam od oppioidi. Inoltre gli stessi Serpa Neto et al.64⁠ hanno dimostrato, nella loro meta analisi,

come pazienti che non presentano ARDS ad inizio della ventilazione, sottoposti a ventilazione con VT<6ml/kg PBW beneficiano anzi di una durata di ventilaizone minore, non richiedendo aumento della sedazione né dell'uso di oppioidi e NMBA. In più, in accordo con gli studi effettuati su pazienti con diagnosi di ARDS3⁠, vi è una diminuzione del numero dei pazienti

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8. APPLICAZIONI PARTICOLARI: VENTILAZIONE

PROTETTIVA IN ECMO

⁠Le linee guida dall' Extracorporeal Life Support Organization indicano l'ECMO per l'ARDS non responsiva al managment convenzionale. La nuova definizione di Berlino indirizza i clinici verso il miglior trattamento dell'ARDS rispettivamente alla diversa gravità del quadro, indicando come fortemente consigliata l'ECMO nell'ARDS severa e propone come lo scopo di questa strategia possa passare dal trattamento di scelta per l'ipossiemia refrattaria al trattamento di scelta per limitare le VILI65

Attualmente molti centri usano la venovenous extracorporeal membrane oxygenation (VV-ECMO) come strategia aggiuntiva alla ventllazione meccanica per il mantenimento dello scambio dei gas nei pazienti con ARDS grave e ipossiemia refrattaria. Come questi pazienti vadano ventilati durante questa procedura rimane una controversia. E' certo però che questo supporto riduce o abolisce addiriuttura il bisogno di ventilazione, usata in regimi convenzionali per facilitare l'ossigenazione e la clearance dell'anidride carbonica. L'ECMO ha quindi un ruolo positivo nel ridurre il rischio di ventilator induced lung injury.66

Extracorporeal carbon dioxide removal (ECCO2R) è un tipo di ECMO che induce un minimo supporto d'ossigenazione ma una efficiente rimozione dell'anidride carbonica dal sangue tramite una

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cannula sottile e sicura. ECCO2R facilita l'utilizzo dello standard of care ventilatorio a bassi volumi tidalici quando la compliance del sistema respiratorio è bassa. Le evidenze suggeriscono inoltre come usando ECCO2R sia possibile una una strategia a “very low volume”(ultra–lung-protective ventilation), quindi sotto gli standard of care accettati con una riduzione delle VILI che possa offrire un beneficio addizionale nell'ARDS di diversa gravità. E' comunque da verificare ulteriormente questa evidenza soprattutto nel caso delle ARDS cosiddette mild. Inoltre questi bassi volumi tidalici possono essere utilizzati solo in regimi ECCOR2 che corregge l'acidosi respiratoria dovuta all'ipercapnia permissiva. Lo Xtravent study compara il regime standard di ventilazione protettiva con l'ultra-lung protective ventilation associato ad ECCO2R per quanto riguarda la durata della ventilazione meccanica necessaria ed evidenzia come in questa ultima strategia la necessità di ventilazione meccanica non si allunghi ed anzi, nell'ARDS grave è risultato un aumento nei giorni liberi da ventilatore a 60 giorni dall'intubazione.67

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STUDIO CLINICO

OBIETTIVI DELLO STUDIO

E' stato deciso di effettuare questo studio osservazionale prospettico al fine di valutare la reale incidenza della ventilazione protettiva nelle rianimazioni dell'azienda ospedaliero-universitaria pisana, dimostrare l'importanza di determinati fattori riferiti al paziente, quali il genere, il BMI e l'essere portatori di patologie endocraniche, nella scelta del volume tidalico da impostare e se l'outcome possa essere influenzato dalla scelta del volume tidalico impostato, noto il potenziale danno polmonare e sistemico indotto dalla ventilazione meccanica ad alti volumi.

E' stato inoltre osservato il parametro emogasanalitico pressione parziale di anidride carbonica plasmatica in pazienti che ricevevano ventilazione protettiva e in pazienti che non la ricevevano, per valutare quanto la ventilaizone protettiva incida su questo parametro non presentando diagnosi di ARDS.

MATERIALI E METODI

E' stato condotto uno studio osservazionale prospettico nel periodo tra gennaio e settembre 2015 in quattro delle Unità di Terapia Intensiva e Rianimazione dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria

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Pisana. Le rianimazioni prese in esame sono state: l'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione 5 Cardiotoracica, l'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione 4 Universitaria, l'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione 2 Neurochirugica e Neurorianimazione, l'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione 6 – Pronto Soccorso. La Terapia Intensiva Neurochirugica e Neurorianimazione svolge l'attività di ricovero e cura su pazienti con patologie neurochirurgiche endocraniche e del midollo( tumorali, vascolari, traumatiche); pazienti provenienti dalla Neuroradiologia che hanno praticato embolizzazioni per aneurismi o altri interventi endoscopici La U.O. di Anestesia e Rianimazione 6 – Pronto Soccorso ha come "mission" il trattamento intensivo di patologie acute afferenti al D.E.U. in emergenza-urgenza sia di tipo medico che chirurgico che di tipo traumatologico

L'Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione 4 Universitaria ha come "mission" il trattamento intensivo e di monitoraggio dei principali quadri post chirurgici; il trattamento specialistico della sepsi e dello shock settico; assistenza anestesiologica, durante gli interventi chirurgici,

L'Unità Operativa Anestesia e Rianimazione Cardiotoracica svolge attività di anestesia cardiotoracica e di Terapia Intensiva. L'attività assistenziale anestesiologica viene svolta presso le sale operatorie della Cardiochirurgia, della Chirurgia Toracica ed alla chirurgia robotica multispecialistica e presso le sale di Emodinamica per

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pazienti cardiologici da sottoporre a procedure di cardiologia interventistica ed elettrofisiologia. Inoltre viene assicurata l'assistenza anestesiologica ai pazienti ad alto rischio sottoposti a procedure presso la sezione di endoscopia toracica. L'attività di Terapia intensiva comprende la gestione postoperatoria dei pazienti cardiochirurgici e dei pazienti ad alto rischio sottoposti a chirurgia toracica, la gestione intensiva di pazienti con scompenso cardiaco acuto e scompenso respiratorio acuto.

Sono stati reclutati 56 pazienti adulti I quali ricevevano ventilazione meccanica invasiva durante la loro permanenza nelle varie Unità di Terapia Intensiva.

Le loro caratteristiche anagrafiche, cliniche e riguardanti il setting ventilatorio ricevuto sono state raccolte tramite il riempimento di un form precostituito. (Figura 1)

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54 Figura 1

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