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Metodi di analisi di segnali EEG in applicazioni di Brain Computer Interfaces

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Academic year: 2021

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(1)UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA. FACOLTÀ DI INGNEGNERIA Corso di Laurea Specialistica in Ingegneria Biomedica TESI DI LAUREA: METODI DI ANALISI DI SEGNALI EEG IN APPLICAZIONI DI BRAIN COMPUTER INTERFACE Relatori. Candidato. Ing. Nicola Vanello. Michele Barsotti. Dott. Antonio Frisoli Ing. Daniele Leonardis. ANNO ACCADEMICO 2010/2011.

(2) RIASSUNTO ANALITICO. Con il termine Brain Computer Interface (BCI) s’intende un sistema in grado di decodificare le intenzioni dell’utilizzatore misurandone l’attività cerebrale al fine di controllare dispositivi esterni. Esistono patologie o eventi (i.e. sclerosi amiotrofica laterale, infarti cerebrali, lesioni del midollo spinale) che purtroppo possono portare un individuo alla perdita del controllo volontario dei muscoli riducendo così la capacità di comunicazione. Tale condizione rende difficile e in alcuni casi impossibile l’utilizzo dei comuni dispositivi di assistenza. Un sistema BCI è una soluzione potenzialmente efficace sia per ripristinare parzialmente le funzioni comunicative di base, sia per fornire un contributo alla riabilitazione del controllo muscolare. L’obiettivo di questo studio è quello di implementare un sistema BCI (Brain Computer Interface) basato sul motor imagery per il controllo di una protesi robotica che esegua compiti di raggiungimento lungo traiettorie predefinite. Un sistema di questo tipo per la riabilitazione motoria in soggetti patologici deve avere le caratteristiche di robustezza, facilità di utilizzo e rapidità della sessione di addestramento. Per questo motivo il focus di questo lavoro è stato di implementare e valutare le performance di alcuni degli algoritmi presenti in letteratura che estraggono le caratteristiche del segnale, ai fini della classificazione e di svilupparne di nuovi. Nel 1999 Pfurtscheller et al. adattarono l’algoritmo denominato Common Spatial Pattern al riconoscimento ed alla classificazione delle intenzioni di movimento. A causa della variabilità inter ed intra individuale, dei rumori ambientali e della presenza di artefatti legati al movimento ed ad altri fattori fisiologici, la sfida principale è quella di ottimizzare la localizzazione di pattern differenti per diversi compiti di immaginazione motoria, sia nello spazio che in frequenza, in modo automatico. Inoltre, per soggetti patologici, tale sfida diventa più ardua. Spinta da questi motivi e dall’avanzare del livello della tecnologia, la ricerca negli ultimi anni è molto attiva nell’implementazione di algoritmi che permettano la creazione di sistemi BCI basati sul motor imagery sempre meno affetti da errori e sempre più semplici e confortevoli nell’utilizzo..

(3) Questo lavoro di tesi, attraverso la ricerca in letteratura, l’implementazione e la sperimentazione di algoritmi per un sistema BCI finalizzato al controllo di una protesi robotica, si pone l’obiettivo di dare un contributo a tale causa. Il primo capitolo introduce i sistemi BCI e l’aspetto fisiologico relativo al motor imagery. Il secondo capitolo è un’analisi degli algoritmi presenti in letteratura volti ad identificare le intenzioni di movimento. Nel terzo capitolo sono descritte le modalità di acquisizione degli esperimenti condotti in laboratorio. Nel quarto capitolo sono illustrati gli algoritmi implementati. Il quinto ed il sesto capitolo mostrano i risultati ottenuti e le conclusioni. Tale lavoro ci ha permesso di valutare direttamente le performance di algoritmi presenti nella letteratura di questi ultimi anni e, a partire da questi, di implementarne di nuovi. Sebbene gli algoritmi implementati abbiano performance simili all’algoritmo Common Spatial Pattern, hanno il vantaggio di identificare in modo automatico la localizzazione delle features sia nello spazio che nel tempo. Questo si rivela utile proprio con gli utenti finali del sistema BCI implementato, caratterizzati potenzialmente da un’elevata variabilità di localizzazione dell’attività cerebrale significativa..

(4) INDICE. 1. IL SEGNALE EEG E I SISTEMI BCI 1.1 Introduzione sui sistemi Brain Computer Interfaces 1.2 Cenni di anatomia del cervello 1.3 Modalità di acquisizione dei segnali cerebrali 1.4 Introduzione all’ElettroEncefaloGrafia 1.4.1 Standard 10-20 1.4.2 Ritmi EEG 1.4.3 Applicazioni EEG 1.5 Tipologie di sistemi BCI basati su segnali EEG 1.5.1 Segnali di controllo 1.5.1.1 Potenziali Evocati 1.5.1.2 Visual Evoked Potential: VEP 1.5.1.3 Slow Cortical Potential: SCP 1.5.1.4 Fenomeni di sincronizzazione/desincronizzazione evento correlati 1.5.1.4.1 Fenomeni ERD/ERS: Background fisiologico. 2. ALGORITMI PER L’IDENTIFICAZIONE DEI FENOMENI ERD/ERS IN APPLICAZIONI BCI 2.1 Common Spatial Patterns: CSP 2.2 Common Spatial Spectral Patterns: CSSP 2.3 Common Sparse Spectral Spatial Patterns: CSSSP 2.4 SPECtral Common Spatial Patterns: SPEC-CSP 2.5 Spatially Sparsed Common Spatial Patterns: SSCSP 2.6 Frequency Weighted Method: FWM 2.7 Disciminative Common Spatial Patterns: dCSP 2.8 Invariant Common Spatial Patterns: I-CSP 2.9 Sub Band Common Spatial Patterns: SBCSP. 3. METODOLOGIA DI ACQUISIZIONE E SIGNAL PRE-PROCESSING 3.1 Sistema di acquisizione 3.1.1 Hardware di acquisizione 3.1.2 Software di acquisizione 3.2 Protocollo di acquisizione 3.3 Configurazione elettrodi 3.4 Referenziazione e rimozione di artefatti 3.4.1 Artefatti oculari 3.4.2 Referenziazione 3.5 Pre-processing dei segnali. 4. ANALISI DEI SEGNALI 4.1 Metodo di analisi in potenza 4.2 Common Spatial Patterns 4.3 Spatially Sparsed Common Spatial Patterns.

(5) 4.4 Frequency Weighted Method 4.5 Sub Band Common Spatial Patterns 4.5.1 Sub Band Common Spatial Patterns: metodo alternativo 4.6 Riassunto descrittivo dei metodi implementati. 5. RISULTATI 5.1 Risultati. 6. CONCLUSIONI. 7. BIBLIOGRAFIA.

(6) SINTESI Introduzione Con il termine Brain Computer Interfaces (BCI) s’intende un sistema in grado di decodificare le intenzioni dell’utilizzatore sulla base della misura e l’interpretazione dell’attività cerebrale al fine di controllare dispositivi esterni. Diverse patologie neurologiche (i.e. sclerosi amiotrofica laterale, ischemia cerebrale, lesioni del midollo spinale) possono portare alla perdita del controllo della muscolatura compromettendo in modo significativo le capacità di comunicazione, percezione ed azione. Tale condizione rende difficile e in alcuni casi impossibile l’utilizzo dei comuni dispositivi di assistenza. Un sistema BCI è una soluzione potenzialmente efficace sia per ripristinare parzialmente le funzioni comunicative di base nel paziente con grave compromissione, sia per fornire un contributo alla riabilitazione del controllo neuromotorio in pazienti con ischemia cerebrale, in associazione con sistemi di feedback (visivo/propriocettivo) o di assistenza al movimento (robot riabilitativo). . SIGNAL PROCESSING and ACQUISITION. SIGNAL CLASSIFICATION. APPLICATION OUTPUT. )LJXUD²6FKHPDGHOVLVWHPD%&,LPSOHPHQWDWR.

(7) Motivazione ed obiettivi L’utilizzo efficace di sistemi di BCI nella riabilitazione neuromotoria in pazienti con ischemia cerebrale richiede algoritmi con le caratteristiche di robustezza, facilità di utilizzo e rapidità della sessione di addestramento. L’obiettivo di questo studio è stato quello di sviluppare e validare algoritmi di BCI (Brain Computer Interface) non invasivo basato su tecniche di Motor Imagery (MI) per la sua applicazione in protocolli di riabilitazione neuromotoria dell’arto superiore in pazienti con ischemia cerebrale. Gli algoritmi sviluppati sono basati sulla estrazione di features associate all’immaginazione del movimento, e sono stati validati sperimentalmente con diverse condizioni di feedback associate al movimento (nessun feedback, feedback visivo con visualizzazione di movimento di un arto virtuale, feedback propriocettivo con stimolazione propriocettiva in grado di generare un movimento illusorio).. Metodi ed attività Il focus di questo lavoro di tesi è stato lo sviluppo, l’implementazione e la valutazione sperimentale delle performance di alcuni degli algoritmi che estraggono le caratteristiche del segnale ai fini della classificazione e di svilupparne di nuovi.. (a). (b). Figura 2 – Principio di funzionamento dell’algoritmo (a) e localizzazione dei CSP associati al Motor Imagery (b).

(8) E’ noto che l’esecuzione o l’immaginazione del movimento di una parte del corpo determina un’attività elettroencefalografica di desincronizzazione (Event Related Desynchronization ERD) osservabile nei ritmi alfa (7- 12Hz) e beta (13-30Hz), osservabili tipicamente nelle aree controlaterali alle parti del corpo in movimento. Filtri spaziali possono essere calcolati per ottimizzare la discriminazione dell’attività di MI rispetto ad un altro stato mentale, ed ottenere quindi una classificazione efficace dell’intenzione di movimento. La tecnica dei Common Spatial Pattern (CSP) consente la costruzione di una matrice di proiezione che proietti i segnali dallo spazio originale dei canali in un nuovo spazio con la proprietà che il primo e l’ultimo canale abbiano rispettivamente varianza massima per una condizione e minima per l’altra, ad esempio movimento immaginato (MOVE) verso attività mentale di rilassamento (REST) come possiamo osservare in figura 3.. Trial i. Trial i+1. REST. MOVE. Trial i REST. Trial i+1 MOVE. VAR MIN VAR MAX. VAR MAX VAR MIN. SEGNALE ORIGINALE. PRIMO ED ULTIMO FILTRO SPAZIALE. SEGNALE PROIETTATO. )LJXUD²3ULQFLSLRGLIXQ]LRQDPHQWRGHOO·DOJRULWPR&63  Per la costruzione della matrice di proiezione è necessario disporre di un dataset di training dove le epoche siano etichettate per le due condizioni da discriminare (ad esempio MOVE vs. REST). È opportuno filtrare i dati nella banda frequenziale di interesse poiché la varianza di dati filtrati in una banda è correlabile alla potenza spettrale in tale banda. Un modo di ottenere la matrice di proiezione.

(9) è la diagonalizzazione simultanea della matrice differenza (attività discriminativa) e della matrice somma (attività comune) delle matrici di covarianza di ciascuna classe. Sebbene l’algoritmo CSP abbia una buona efficacia di funzionamento, negli ultimi anni sono state proposte numerose varianti di questo algoritmo con lo scopo di ottimizzare le informazioni sia riguardo alla loro localizzazione spaziale (filtri spaziali) sia al loro contenuto frequenziale (filtri temporali). In questo lavoro di tesi sono state implementate le varianti più significative degli algoritmi basati su CSP. La maggior parte degli algoritmi analizzati effettua un’ottimizzazione frequenziale (in termini di discriminazione) prima di processare il segnale con l’algoritmo CSP. La restante parte delle varianti dei CSP invece, effettua un’ulteriore ottimizzazione spaziale agendo sulla formulazione matematica dell’algoritmo di base. A titolo di esempio, per quanto riguarda gli algoritmi che effettuano un’ottimizzazione frequenziale, sono stati analizzati ed implementati: algoritmo Frequency Weighted Method (FWM): Il FWM ottimizza ogni canale nello spazio di Fourier pesandone lo spettro con un vettore calcolato basandosi sull’analisi del discriminante lineare di Fisher. algoritmo SubBand-CSP (SBCSP): Il SBCSP filtra il canale in sottobande strette tramite filtri di Gabor e, per ogni sottobanda, calcola i CSP e ne estrae un punteggio tramite analisi del discriminante lineare. Una volta ottenuti i punteggi per ogni sottobanda si esegue un’eliminazione ricorsiva delle stesse mediante algoritmi di Support Vector Machine fino ad ottenerne solamente un prefissato numero (chiamato ordine dei SBCSP). A questo punto il segnale è filtrato nelle rimanenti sottobande e ne sono calcolati i CSP. Algoritmo SpatiallySparseCSP (SSCSP): Lo SSCSP svolge un’ulteriore ottimizzazione spaziale, formulando il classico problema dei CSP come un problema di ottimizzazione con vincoli e aggiungendo un termine di sparsità, legato al rapporto tra la norma uno e la norma due dei filtri da trovare, regolato con un iperparametro che determina il grado di sparsità..

(10) Per la valutazione di questi algoritmi e per la realizzazione del sistema BCI, abbiamo effettuato acquisizioni su quattro volontari sani. E’ stato stabilito un paradigma sperimentale illustrato in figura 4.. R. 0 Fixation cross. 1. 2. 3. 4. 5. beep cue. 6. 7. 8 End Random Intervall. )LJXUD²6WUXWWXUDGLXQDVLQJRODHSRFDGLVHFRQGL. Per ciascun soggetto sono state acquisite quattro sessioni, ognuna di quaranta epoche, in cui si richiedeva di eseguire un compito di immaginazione di movimento del braccio destro o di rimanere a riposo. La scelta di queste due classi è finalizzata all’utilizzo ultimo del sistema BCI da implementare: il controllo di un esoscheletro robotico che esegua compiti di raggiungimento lungo traiettorie predefinite. Le quattro sessioni si distinguono fra loro dal tipo di feedback fornito al soggetto utilizzatore. I feedback forniti consistevano in tre tipologie: • feedback visivo, in cui il soggetto vedeva in prima persona un braccio virtuale muoversi in relazione al compito di movimento, feedback modulato sulla base della classificazione online dell’attività mentale di Motor Imagery • feedback propriocettivo, in cui il soggetto, in aggiunta al feedback visivo, riceveva uno stimolo vibrazionale ad 80 Hz sul tendine dell’avambraccio in relazione al compito di movimento, feedback modulato sulla base della classificazione on-line dell’attività mentale di Motor Imagery. Lo stimolo propriocettivo era fornito con un apposito dispositivo realizzato presso il laboratorio PERCRO in grado di indurre una illusione di.

(11) movimento concorde con la distensione del muscolo interessato (una stimolazione sulla inserzione del tendine del bicipite induce una illusione di estensione del gomito). • Feedback pre-calcolato, in cui il feedback visivo e propriocettivo erano precalcolati e non dipendente dall’attività mentale del soggetto. I feedback sono stati calcolati con l’algoritmo CSP filtrando in segnale nella banda 10-24Hz che, dall’analisi di dataset acquisiti precedentemente a questi, è risultata la migliore. I dataset sono stati acquisiti con una configurazione di elettrodi che, oltre a coprire la zona della corteccia sensitivo-motoria per rilevare il segnale utile, rileva anche il segnale di blinking oculare con due elettrodi posti nella zona frontale. Le acquisizioni sono state effettuate con gli strumenti della Guger Technologies® comprendenti una cuffia (g.EEGcap) con alloggiamenti per elettrodi attivi (g.ladyBIRD), un preamplificatore (g.GAMMAsys), un amplificatore (g.USBamp) interfacciato al tool simulink® di Matlab®. Per le analisi dei segnali è stato utilizzato il software Matlab® della MathWorks® con i tools open source EEGlab e BCIlab della SCCN (Swartz Center for Computational Neuroscience) e il tools g.BSAnalyze della Guger Technologies®. Le analisi statistiche sono state eseguite con il software SPSS. Una volta acquisiti i dataset è stata condotta un’analisi sia nello spazio che in frequenza. La rimozione degli artefatti offline è un procedimento che richiede un notevole dispendio di tempo e una buona abilità nell’esperienza di analisi dei segnali. Per ovviare a questa problematica abbiamo implementato un metodo automatico per la rimozione degli artefatti oculari finalizzato a trovare una matrice di proiezione, attraverso l’analisi delle componenti indipendenti, che proietti i dati e ricostruisca il segnale eliminando gli artefatti. Tale metodo si articola come segue: •. eliminazione automatica di epoche anomale;. •. calcolo delle componenti indipendenti;.

(12) •. calcolo della correlazione spaziale tra i vettori della matrice di mixing e dei vettori costruiti ad hoc che pesano maggiormente gli elettrodi posti nella zona frontale;. •. ricostruzione del segnale eliminando le componenti relative ai vettori che hanno dimostrato una correlazione nel passo sopra.. Tale metodo ha dimostrato funzionare solo in dataset in cui si riusciva ad eliminare tutte le epoche artefattuate con il metodo automatico. Nel caso in cui non tutte le epoche anomale venivano reiettate, non riuscivamo ad identificare e isolare le componenti dovute al blinking oculare, quindi, utilizzando questo metodo, si rischiava di eliminare anche parte del segnale utile. Per questo motivo, nelle analisi successive, non abbiamo eseguito la rimozione degli artefatti con tale metodo in vista di implementare un sistema che lavori in tempo reale. Ogni algoritmo implementato è stato valutato offline su ognuno dei 4 dataset acquisiti da ciascun soggetto. Per ogni dataset abbiamo estratto due valori di correct rate di classificazione utilizzando alternativamente la metà delle features come training e l’altra metà come test. L’implementazione in matlab® degli algoritmi ci ha permesso di sviluppare un nuovo algoritmo. Il nuovo algoritmo, denominato nella tesi con l’acronimo SBCSPv3, è un’alternativa al metodo SBCSP che evita la Recursive Features Elimination attribuendo all’andamento dei punteggi per ogni sottobanda una maschera in frequenza di un filtro. Tale algoritmo ha dimostrato funzionare bene solamente quando la sessione di training era consistente. In figura 5 si riporta un esempio dell’andamento di tali filtri. Abbiamo valutato inoltre l’effetto che la sparsità dei filtri produce sugli algoritmi che operano una ottimizzazione frequenziale, sostituendo il calcolo dei filtri CSP con il calcolo dei filtri SpatiallySparseCSP. Tale introduzione non comporta evidenti miglioramenti in termini di accuratezza. di. classificazione,. ma. solo. elettroencefalografiche associate alle due classi.. di. localizzazione. spaziale. delle. componenti.

(13) ΀,nj΁. ΀,nj΁. )LJXUD²0DVFKHUHGHLILOWULIUHTXHQ]LDOLRWWHQXWLFRQLOPHWRGRGDQRLSURSRVWR,QEOXq ULSRUWDWRO·DQGDPHQWRGHLSXQWHJJLSHURJQLVRWWREDQGD7UDWWHJJLDWRLQYHUGHqLOILOWUR,,5 GLRUGLQHFKHDSSURVVLPDWDOHDQGDPHQWR Risultati raggiunti Dall’analisi visiva dei filtri spaziali ottenuti con i vari algoritmi abbiamo costatato che, mentre per la classe di movimento i filtri spaziali sono tutti simili, la classe di riposo presenta un’elevata variabilità nella disposizione di tali filtri. Questo si verifica perché la classe di riposo non è determinata da variazioni specifiche del segnale. Statisticamente abbiamo analizzato i risultati con test multivariati mediante un’analisi ANOVA Within-Subjects a due fattori (tipologie di algoritmi, tipologie di feedback) e confronti multipli post-hoc..

(14) )LJXUD²0HGLHFRQUHODWLYHGHYLD]LRQLVWDQGDUGGHOOHSHUFHQWXDOHGLFRUUHFWUDWH RWWHQXWHSHUJOLDOJRULWPL&63 EOX

(15) ):0 YHUGH

(16) 6%&63 VHQDSH

(17) QHLGDWDVHWFRQIHHGEDFN SUHFDOFRODWRYLVLYRHSURSULRFHWWLYR GDVLQLVWUDYHUVRGHVWUD

(18) . A causa della bassa numerosità dei dati non è stato possibile cogliere differenze statitische significative (in termini di correct rate di classificazione) tra le performance dei diversi algoritmi. Si evidenzia comunque nel caso della condizione di feedback visivo (in assenza del feedback propriocettivo che facilita il compito di immaginazione motoria) una migliore prestazione degli algoritmi che eseguono una ottimizzazione sia nel dominio temporale sia in quello spaziale rispetto al classico algoritmo CSP (figura 6). E’ stata invece riscontrata una differenza statistica significativa nella tipologia di feedback fornito: quando al soggetto è stato fornito un feedback propriocettivo le classificazioni sono risultate significativamente migliori di quando è stato fornito un feedback di tipo solo visivo, confermando che tale stimolazione migliora l’attività di Motor Imagery. Conclusioni e lavori futuri In questo lavoro di tesi è stato realizzato un sistema BCI basato sul motor imagery per il controllo di una protesi robotica, sono stati implementati e valutati vari algoritmi per l’estrazione delle caratteristiche del segnale e, sulla base di questi, ne è stato ideato uno nuovo. L’analisi dei segnali EEG ha permesso inoltre di implementare un metodo per la rimozione automatica degli artefatti oculari. Sviluppi futuri di questo lavoro comprendono di: -. standardizzare l’estensione dell’algoritmo CSP a più di due classi per incrementare le potenzialità dei sistemi BCI;. -. migliorare l’algoritmo proposto con l’introduzione di una analisi statistica nel calcolo dei punteggi;.

(19) -. integrare il riconoscimento delle variazioni in potenza dei segnali elettroencefalografici legate all’immaginazione di movimento con il riconoscimento di altri tipi di variazioni del segnale EEG relative allo stesso compito (i.e. Bereitshaftspotential);. -. migliorare l’algoritmo di rimozione automatica degli artefatti rendendolo più robusto rispetto a singole epoche rumorose;. -. acquisire ed analizzare dati da più soggetti;. -. portare tale sistema da soggetti sani a soggetti patologici..

(20) 1. IL SEGNALE EEG E SISTEMI BCI. In questo primo capitolo si introduce il concetto di interfaccia computer-cervello. A questo proposito vengono descritte brevemente l’anatomia e la fisiologia del sistema nervoso centrale e le varie. tecniche. di. acquisizione. dei. segnali. cerebrali. con. un. particolare. focus. sull’ElettroEncefaloGrafia. Infine vengono elencati i segnali di controllo utilizzati nei sistemi BCI basati sui segnali elettroencefalografici,. con. particolare riguardo. per i. fenomeni. di. sincronizzazione e. desincronizzazione dei ritmi cerebrali correlati ad uno stato mentale.. 1.1 Introduzione sui sistemi Brain Computer Interface Da più di dieci anni la ricerca è volta all’implementazione di sistemi Brain Computer Interface che, secondo la definizione di Wolpaw (2002), “è un sistema di comunicazione in cui i messaggi e i comandi che l’individuo invia verso l’ambiente esterno non passano attraverso i normali canali di output del cervello, rappresentati da nervi periferici e muscoli”. In un BCI basato sull’EEG, per esempio, i messaggi sono codificati attraverso attività elettroencefalografica. Un sistema BCI si pone dunque l’obiettivo di decodificare e classificare i segnali derivanti dall’attività cerebrale al fine di fornire dei comandi per il controllo di varie applicazioni. Schematicamente possiamo riassumere la struttura di un sistema BCI nei seguenti blocchi: 1.. Sorgente: Segnali cerebrali. 2.. Acquisizione. 3.. Elaborazione del segnale di controllo. 4.. Classificazione del comando. 5.. Risposta. 1.

(21) ACQUISIZIONE SEGNALE. PREPROCESSING. FEATURES EXTRACTION ATTUATORE / BIO-FEEDBACK. CLASSIFICAZIONE DEL COMANDO. )LJXUD²6FKHPDDEORFFKLGLXQJHQHULFRVLVWHPD%&,. 1.2 Cenni Di Anatomia Del Cervello Il cervello, insieme al midollo spinale, costituisce il sistema nervoso centrale (SNC) che ha la funzione di interpretare i segnali che provengono sia dall’esterno sia dall’interno del corpo ed elaborare le risposte. Strutturalmente il cervello è diviso in tre parti: una parte mediana detta diencefalo e due parti simmetriche (emisferi cerebrali) che costituiscono il telencefalo. I due emisferi sono separati, fino al nucleo di materia bianca detto corpo calloso, dalla scissura interemisferica che, con le scissure di Rolando e di Silvio, divide ciascun emisfero in quattro lobi: frontale, parietale, temporale e occipitale (figura 1.2). Ogni lobo è a sua volta diviso da solchi in circonvoluzioni nelle quali si trovano le aree di proiezione, con funzioni specifiche, motorie e sensoriali. Nel 1909 Brodmann valutò la distribuzione degli strati neuronali in tutta la corteccia cerebrale e caratterizzò così 52 aree corticali differenti. Solo molti anni dopo è stata descritta la sede corticale di molte funzioni ed è stato confermato che i confini di queste zone spesso coincidono con quelli delle aree descritte da Brodmann. Schematicamente si possono riconoscere le seguenti aree cerebrali principali: aree sensitive primarie e motorie primarie; aree sensitive secondarie e motorie secondarie; aree associative.. 2.

(22) )LJXUD  ² 0DSSD GHOOD FRUWHFFLD FHUHEUDOH FKH LOOXVWUD OD ORFDOL]]D]LRQH GHOOH DUHH IXQ]LRQDOLDUHDSUHIRQWDOH IXQ]LRQLPHQWDOLVXSHULRUL

(23) DUHDSURPRWULFH RULHQWDPHQWRH FRQWUROOR GHL PRYLPHQWL GHOOD WHVWD H GHJOL RFFKL  DUHD PRWULFH FRQWUROOR GHL PRYLPHQWL YRORQWDUL

(24) DUHDVHQVLWLYD SHUFH]LRQHHLQWHUSUHWD]LRQHGHOOHVHQVD]LRQLFRUSRUHHSULPDULH

(25)  DUHDYLVLYD SHUFH]LRQHHLQWHUSUHWD]LRQHGHOOHVHQVD]LRQLYLVLYH

(26) DUHDG·DQDOLVLVHQVLWLYDH GHOOLQJXDJJLRDUHDXGLWLYDDUHDROIDWWLYD>@. Tuttavia, il concetto di localizzazione non può essere rigidamente definito, poiché ogni area cerebrale si integra con le altre in un quadro di coordinamento generale. Ai fini di questa tesi sono di particolare interesse la corteccia sensoriale e quella motoria le quali sono tra loro connesse da un ponte di fibre nervose. Nelle aree sensitive primarie avviene la percezione cosciente degli stimoli elementari. L’area sensitiva primaria più estesa è quella per la sensibilità somatica generale (corteccia somato-sensoriale), localizzata nella circonvoluzione postcentrale del lobo parietale. Dal punto di vista strutturale è costituita da una tipica corteccia a sei strati in cui è molto sviluppato quello granulare. In questa area è possibile riconoscere una 3.

(27) rappresentazione somatotopica della periferia. Ciò significa che la sensibilità somatica di parti diverse del corpo viene proiettata in porzioni della circonvoluzione post-centrale ben precise e distinte, la cui estensione corticale è proporzionale alla ricchezza di innervazione del territorio sensitivo periferico, ma non alla sua estensione. Come vediamo in figura 1.3 è possibile disegnare un diagramma, detto homunculus sensitivus , equivalente alla rappresentazione del corpo a livello di quest’area. La corteccia motoria primaria è invece deputata all’esecuzione dei movimenti volontari ed è prevalentemente localizzata nella circonvoluzione pre-centrale del lobo frontale. Come per la corteccia sensitiva primaria, anche per la corteccia motoria primaria si può disegnare un homunculus, in questo caso motorius.. )LJXUD  ² 'LVHJQR GHOOH SDUWL GHO FRUSR UDSSUHVHQWDWH QHOOD DUHD PRWRULD VLQLVWUD

(28)  H QHOO·DUHD VHQVLWLYD GHVWUD

(29)  7DOH GLVHJQR DVVXPH XQD IRUPD FDULFDWXUDOH GL ILJXUD XPDQD SRLFKp O·DUHD GHOOD FRUWHFFLD FHUHEUDOH ULVHUYDWD D RJQLSDUWHGHOFRUSRqSURSRU]LRQDOHDOODSUHFLVLRQHFRQFXLTXHVWDGHYHHVVHUH FRQWUROODWDFLRqDOODVXDLQQHUYD]LRQHHQRQDOODVXDHVWHQVLRQH. 4.

(30) Il cervello è costituito da 1010 – 1011 neuroni intimamente interconnessi da assoni e dendriti. Le cellule neuronali costituiscono, insieme alle cellule gliali, il tessuto nervoso. Le cellule gliali superano numericamente quelle neuronali e hanno sia una funzione nutritiva, di sostegno e di protezione per i neuroni sia un ruolo nella trasmissione degli impulsi nervosi. Esistono diversi tipi di neuroni corticali. Essi non sono distribuiti in maniera casuale sulla superficie della corteccia cerebrale, ma mostrano un certo ordine di disposizione nella corteccia, formando i cosiddetti strati corticali. Si possono distinguere due tipi principali di cellule neuronali corticali: le cellule piramidali e le cellule non piramidali.. 1.3 Modalità Di Acquisizione Dei Segnali Cerebrali Per misurare l’attività cerebrale esistono varie tecniche basate su diversi principi fisici. Di seguito si riporta una breve descrizione di queste. fMRI: functional Magnetic Resonance Imaging, tecnica di imaging non invasiva che permette di rilevare informazioni sul metabolismo cerebrale usando il segnale BOLD (Blood Oxygen Level Dependent). Grazie alla buona risoluzione spaziale attraverso l’analisi fMRI sono stati condotti studi sui possibili segnali di controllo per un sistema BCI [5][7]. La bassa risoluzione temporale, le dimensioni e il costo dell’equipaggiamento non permettono un’implementazione di sistemi BCI portatili e accessibili a tutti. MEG: Magneto EncefaloGraphy, misura il campo magnetico prodotto dalle correnti interne. Presenta una buona risoluzione sia spaziale che temporale che ha permesso lo studio accurato delle caratteristiche dei segnali cerebrali [6], ma anche questa tecnica, a causa dei piccoli campi magnetici da misurare e della consistenza del sistema di misura, non è utilizzata per l’implementazione di sistemi BCI volti al largo consumo ma piuttosto per indagini di tipo neurofisiologico. PET: Positron Emission Tomography, misura l’attività metabolica tramite la rilevazione dell’attività di radioisotopi immessi nel paziente. Non è possibile usare questa tecnica per un 5.

(31) sistema BCI a causa della bassa risoluzione spaziale e soprattutto per l’invasività e il costo di produzione del radiofarmaco. NIRS: Near-InfraRed Spectroscopy, è una tecnica diagnostica non invasiva ed in tempo reale, in grado di misurare l’ossigenazione tissutale utilizzando strumentazioni portatili, relativamente a basso costo. Questa tecnica potrà essere usata in futuro per applicazioni BCI [3][4]. ECoG: ElectroCorticoGrafia, tecnica con ottima risoluzione spaziale e temporale, bassa vulnerabilità agli artefatti muscolari e ambientali ma, data la sua invasività, non è pensabile di applicarla per sistemi BCI portatili sebbene negli ultimi dieci anni siano stati sviluppati sistemi che utilizzano l’ECoG anche su soggetti umani [8][9][10][11]. EEG: ElettroEncefaloGrafia, grazie alla buona risoluzione temporale, alla facilità di uso e alla non invasività è la scelta più comune per l’acquisizione dati nei sistemi BCI anche se porta con se lo svantaggio di una bassa risoluzione spaziale dovuta alla dispersione del segnale nel mezzo. 5LVROX]LRQHVSD]LDOH>FP@. conduttore.. 5LVROX]LRQHWHPSRUDOH>V@ )LJXUD  ² &RQIURQWR GL GLYHUVH WHFQLFKH GL DFTXLVL]LRQH GL VHJQDOL ((* EDVDWR VXOOD ULVROX]LRQHVSD]LDOH DVVHGHOOH\

(32) HULVROX]LRQHWHPSRUDOH DVVHGHOOH[

(33) . 6.

(34) 1.4 Introduzione all’ElettroEncefaloGrafia L’EEG registra l’attività cerebrale risultante sulla superficie dell’encefalo. I segnali elettroencefalografici (EEG) non derivano dalla somma dei potenziali di azione degli assoni neuronali ma dai potenziali dendritici incrociati delle cellule piramidali che sono orientate verticalmente nella corteccia, con i loro dendriti disposti parallelamente uno all’altro. La variazione di potenziale di una parte della cellula rispetto ad un’altra crea un campo che imprime una corrente extracellulare, pertanto una differenza di potenziale risulta misurabile in superficie. La prima testimonianza relativa a registrazioni di attività bioelettriche cerebrali risale al 1875, quando Richard Caton pubblicò i risultati dei suoi esperimenti su animali. Successivamente, nel 1924, Hans Berger riuscì ad ottenere la prima registrazione di segnali elettrici cerebrali su un uomo, usando strisce metalliche attaccate allo scalpo del soggetto come elettrodi e un sensibile galvanometro come strumento di registrazione. Berger fu il primo ad osservare i pattern temporali delle onde elettriche cerebrali e dal 1924 al 1938 egli pose le basi per molte delle presenti applicazioni dell’elettroencefalografia e coniò il termine elettroencefalogramma, usato oggi comunemente per descrivere la registrazione dei potenziali elettrici cerebrali [1].. 1.4.1 Standard 10-20 Ad oggi è consolidato l’uso dello standard 10-20 per la registrazione dell’EEG che consiste nel trovare il centro della testa alla metà della lunghezza nasion-inion e collocare gli elettrodi lungo cinque linee trasversali a distanze pari al 10% o al 20% di tale lunghezza.. 7.

(35) )LJXUH²5DSSUHVHQWD]LRQHGHOORVWDQGDUGSHUDFTXLVL]LRQLGLVHJQDOL((*. 1.4.2 Ritmi EEG L’attività ritmica del cervello è caratterizzata da frequenze tipiche la cui composizione armonica è generalmente complessa. Cinque tipi di onde sono particolarmente importanti: ALPHA (Į). Sono nel range frequenziale tra gli 8 e i 13 Hz con 30-50 ȝV di ampiezza e sono caratteristiche di condizioni di veglia e di riposo mentale, ma non sono presenti nel sonno fatta eccezione per lo stadio REM . BETA (ȕ). Variano tra 13 e 30 Hz e hanno voltaggi bassi tra 5-30 ȝV. Le onde Beta sono associate a stati di attenzione. THETA (ș). Le onde Theta sono presenti tra 4 – 7 Hz con ampiezze in genere maggiori di 20 ȝV. Sono onde associate allo stress emozionale come la frustrazione e il disappunto ma sono presenti anche in stati di ispirazione creativa e di profonda meditazione. Nei soggetti adulti in fase di veglia l’attività Theta è generalmente assente, ma appare durante il sonno o l’iperventilazione, mentre si trova abitualmente nei bambini.. 8.

(36) DELTA (į). Presentano una frequenza compresa tra 0.5 e 4 Hz ; sono presenti nel bambino ma non in condizioni fisiologiche nello stato di veglia nell'età adulta; compaiano nell'anestesia generale ed in alcune malattie cerebrali e sono predominanti durante le fasi del sonno. MU (ȝ). Hanno contenuto frequenziale tra i 7 – 12 Hz. Sono onde associate all’attività motoria e sono registrate maggiormente nei pressi della corteccia motoria. Diminuiscono con il movimento o con l’intenzione di movimento. La differenza tra le onde ȝ e le onde Į risiede nel fatto che mentre le prime sono misurate sull’area motoria le Į sono misurate sull’area occipitale. Il ritmo Į-occipitale si si distingue molto bene nel tracciato elettroencefalografico quando il soggetto chiude gli occhi e riflette uno stato di inattivazione della corteccia visiva, mentre il ritmo ȝ (denominato anche Sensori Motor Rhithm, SMR) è molto più debole in ampiezza e lo si riesce a vedere solo dopo un accurato signal processing.. 1.4.3 Applicazioni EEG Dal punto di vista diagnostico l'elettroencefalogramma viene generalmente eseguito a causa di traumi cranici, infezioni cerebrali, problemi di memoria, disturbi cerebrovascolari, disturbi del sonno ed inoltre ha un’elevata sensibilità nella diagnosi di epilessia. Dal punto di vista della ricerca dal 1974 si fanno i primi passi verso la diretta comunicazione tra computer e cervello attraverso l’elaborazione di segnali elettroencefalografici [19].. 1.5 Tipologie di sistemi BCI basati su segnali EEG Possiamo classificare i sistemi BCI in base a due principali caratteristiche: esogeni/endogeni a seconda della necessità di avere o meno uno stimolo esterno per elicitare il segnale di interesse ; dipendenti/indipendenti riferito alla dipendenza della stimolazione delle normali vie di uscita (sensi) per elicitare il segnale di interesse.. 9.

(37) Generalmente i BCI di tipo esogeno, rispetto a quelli endogeni, hanno il vantaggio di essere più robusti alla variabilità inter-individuale e di avere un elevato rate di trasferimento dell’informazione a discapito della necessità di avere un equipaggiamento per la stimolazione e quindi un utilizzo meno confortevole. In un sistema BCI indipendente le normali vie di uscita non hanno un ruolo essenziale quindi anche persone con gravi disabilità sono in grado di utilizzarlo. Questi motivi fanno sì che il focus della ricerca siano i sistemi BCI esogeni e indipendenti. Inoltre possiamo distinguere sistemi BCI sincroni da sistemi asincroni ( self paced ) a seconda se l’utente è vincolato da un preciso istante scandito esternamente in cui fornire il comando oppure è libero di fornirlo quando vuole. La tipologia di BCI dipende molto dal protocollo di acquisizione e quindi dal tipo di segnale di controllo che si intende utilizzare.. 1.5.1 Segnali di controllo Di seguito si riporta una breve descrizione dei vari segnali di controllo maggiormente utilizzati nei sistemi brain computer interface:. 1.5.1.1 Potenziali Evocati I Potenziali Evocati sono una variazione di voltaggio del tracciato EEG a seguito di una stimolazione di una via sensoriale. Poiché tali variazioni sono piccole rispetto all’intero tracciato si rilevano attraverso un processo di media (averaging) su più trial che permette di ridurre le variazioni che non sono sincronizzate con lo stimolo. Così facendo l’onda evocata media si evidenzia nettamente e si caratterizza per la polarità (Positiva o Negativa) e per la latenza dallo stimolo. I parametri analizzati nello studio dei potenziali evocati sono quindi l’ampiezza, la latenza e la topografia (da quale regione dello scalpo proviene). 10.

(38) Si possono distinguere i potenziali evocati in due tipi fondamentali: - Stimolo-correlati: sono dipendenti dalle caratteristiche fisiche dello stimolo e hanno una latenza dipendente dall’ambito temporale della percezione. - Evento-correlati o ERPs (Event Related Potentials): dipendono dal contenuto informativo dello stimolo e dal contesto psicologico e compaiono solamente quando il soggetto presta attenzione allo stimolo. Lo studio di questi tipi di potenziali è incominciato attorno agli anni settanta e nel corso del tempo per ogni componente è stato dato un nome che ne riassume la polarità e la latenza. Nell’ambito dei sistemi BCI il potenziale ERP più usato è stato il P300 grazie a Farwell e Donchin [12] che nel 1988 inventarono il P300 speller che consiste nel presentare all’utente una matrice di lettere 6x6 le cui righe e colonne lampeggiano a frequenze differenti e attraverso un operazione di media sul tracciato EEG dell’utente viene individuata la lettera alla quale questo ultimo presta attenzione. Su questo tipo di potenziale la ricerca è tuttora attiva [13][14].. 1.5.1.2 Visual Evoked Potential: VEP Rappresentano la risposta (di tipo esogeno) registrata nella zona occipitale a seguito di stimoli visivi. Gli SSVEP (Steady State Visual Evoked Potential) differentemente dai VEP presentano uno stimolo costante ad una determinata frequenza. Questa tipologia di risposta è oggi la preferita per il comando di on/off: ad esempio se presentiamo all’utente due LED che si illuminano a frequenze differenti (i.e. 8Hz e 13Hz) possiamo attivare o disattivare un certo tipo di controllo a seconda delle risposte cerebrali ad una o all’altra frequenza [15].. 1.5.1.3 Slow Cortical Potential: SCP Il tracciato EEG è in parte composto da lenti cambiamenti di voltaggio originati negli strati superficiali della corteccia dai dendriti dei neuroni piramidali [16]. Queste variazioni si identificano 11.

(39) in frequenze sotto i 10 Hz includendo armoniche molto vicine alla continua. Gli SCP negativi sono in genere associati con il movimento e con altre funzioni che implicano l’attivazione corticale, mentre SCP positivi sono associati ad una diminuzione dell’attivazione corticale[17]. Ad oggi è dimostrato che gli utenti possono imparare a controllare questi potenziali per utilizzare sistemi BCI. Purtroppo la fase di apprendimento da parte del soggetto può durare alcune settimane e il rate di trasferimento dell’informazione non è elevato.. 1.5.1.4 Fenomeni di sincronizzazione/desincronizzazione evento correlati Sino dai tempi di Berger (1930) è stato dimostrato che alcuni tipi di eventi possono bloccare o “desincronizzare” l’attività delle onde alpha nell’andamento del segnale EEG. Un esempio di questo fenomeno fu descritto da Peneld e Jasper (1954) [20] a seguito di un esperimento condotto con Albert Einstein come soggetto al quale venne richiesto di fare un calcolo matematico: “…Einstein was found to show a fairly continuous alpha rhythm while carrying out rather intricate mathematical operations, which, however, were fairly automatic for him. Suddenly his alpha waves dropped out and he appeared restless. When asked if there was anything wrong, he replied that he had found a mistake in the calculations he had made the day before. He asked to telephone Princeton immediately.” In un esperimento del 1970, condotto da Lopes da Silva misurando l’ECoG su di un cane, fu dimostrato che quando questo dormiva l’attività delle onde alpha, beta e gamma era comune in tutta la corteccia, mentre quando il cane era sveglio e prestava attenzione a qualche stimolo questo tipo di attività era molto più variabile sia nello spazio che nella frequenza. Questo tipo di fenomeno fu denominato Event Related De/Synchronization (ERD/ERS) da Pfurtscheller a Aranibar nel 1979 [22]. A differenza dei tradizionali potenziali evento correlati (ERPs) che possono essere considerati come risposte post-sinaptiche dei principali neuroni piramidali a seguito di uno stimolo, i fenomeni ERD/ERS possono essere visti come generati da cambiamenti dei parametri che controllano le oscillazioni nelle reti neuronali [21]. 12.

(40) I principali fattori che determinano le proprietà delle oscillazioni di un tracciato EEG sono: - Le proprietà intrinseche della membrana dei neuroni e le dinamiche dei processi di sinapsi; - La forza e l’estensione delle interconnessioni tra gli elementi della rete di neuroni. Possiamo assumere che gli ERPs rappresentano le risposte dei neuroni corticali dovute a cambiamenti nelle attività afferenti, mentre gli ERD/ERS riflettono i cambiamenti nelle interazioni locali tra i principali neuroni e interneuroni che comandano le componenti frequenziali del tracciato EEG [23]. I fenomeni ERD/ERS, a differenza degli ERPs, sono definiti “not phase-locked” a causa della forte dipendenza dal contenuto frequenziale. Seguendo le raccomandazioni di Pfurtscheller e Lopes da Silva [23], per riferire un ERD/ERS in un tracciato EEG dobbiamo prima di tutto specificare la banda frequenziale nella quale ha senso parlare di desincronizzazione solo se la baseline (misurata qualche secondo prima dell’evento) presenta un chiaro picco nello spettro di potenza; analogamente ha senso parlare di sincronizzazione se l’evento risultante mostra una componente ritmica nello spettro di potenza che non era presente nella baseline. Questi autori suggeriscono anche il modo per quantificare i fenomeni di ERD/ERS [24]. Per diminuire l’errore e rendere più robusta la misura è fortemente consigliato avere un numero di trial event-related maggiore di dieci. I passi per la quantificazione dell’ERD/ERS sono: a- collezionare l’andamento dell’elettrodo di interesse nelle varie epoche b- filtrare il segnale nella frequenza di interesse, c- calcolare la potenza elevando al quadrato i campioni filtrati, d- calcolare la media su tutti i trials e- eseguire uno smooth dei dati nel tempo. f- Infine, indicando con A la potenza nel periodo temporale successivo all’evento e con R la potenza nel periodo di baseline possiamo calcolare il valore della percentuale di ERD/ERS come ERD% = (A – R)/R * 100. 13.

(41) I passi sopraccitati per la quantificazione dell’ERS/ERD sono illustrati in figura 1.6. Tale figura è l’analisi di un’epoca dove il soggetto immaginava il movimento della mano destra. Il dataset proviene da una acquisizione da noi eseguita in laboratorio e il canale preso in considerazione è solamente il C3.. a. b. c. d. e. f )LJXUD²5DSSUHVHQWD]LRQHJUDILFDGHLSDVVLSHUODTXDQWLILFD]LRQHGHOODGHVLQFURQL]]D]LRQH GHOOH RQGH ǂ OHJDWD DOO·LPPDJLQD]LRQH GL PRYLPHQWR GHOOD PDQR GHVWUD ,Q D

(42)  RVVHUYLDPR O·DQGDPHQWRGHOO·HOHWWURGR&SHUOHYDULHHSRFKHGLPRWRULPDJHU\GHOODPDQRGHVWUD,Q E

(43)  DEELDPR OR VWHVVR JUDILFR GL D

(44)  PD GRSR LO ILOWUDJJLR QHOOD EDQGD +] ,Q F

(45)  DEELDPR OD TXDGUDWXUDGLRJQLHSRFDHLQ G

(46) ODPHGLDHIIHWWXDWDVXWXWWHOHHSRFKHVXGGHWWH,Q H

(47) qVWDWR HVHJXLWR OR VPRRWK GHL GDWL FRQ XQD ILQHVWUD PRELOH GL  VHFRQGR ,QILQH LQ H

(48)  DEELDPR OD TXDQWLILFD]LRQH GHOOD GHVLQFURQL]]D]LRQH FDOFRODWD FRPH $5

(49) 5  GRYH VL LQWHQGH FRQ $ O·DQGDPHQWRGHOVHJQDOHHFRQ5ODPHGLDGHOO·DQGDPHQWRQHOSHULRGRSUHHYHQWR7DOHYDORUHq HVSUHVVRLQSHUFHQWXDOH. 14.

(50) Generalmente possiamo considerare questi fenomeni evento-correlati come l’incremento o il decremento di potenza in una determinata banda. Per questo motivo la cosa più importante da fare in un analisi di ERD/ERS è determinare i limiti del filtro passa banda. A questo proposito esistono due metodi principali: 1- determinare le frequenze più reattive confrontando gli spettri di potenza di due segmenti temporali presi rispettivamente nel periodo pre-evento e post-evento. 2- fare una analisi tempo-frequenza attraverso i classici metodi (spettrogramma, wavelet) Il primo metodo consiste nel comparare due densità spettrali di potenza calcolate su periodi di circa un secondo e mediate su tutti i trial. È possibile eseguire la comparazione facendone la differenza per ogni trial e graficando la media di questa differenza all’interno di un intervallo di confidenza del 99% (pari a tre deviazioni standard). Di seguito, in figura 1.8, si riporta un esempio di questo metodo applicato ad un dataset dove il soggetto immagina di muovere la mano destra e l’elettrodo considerato è il C3 situato nell’emisfero sinistro in corrispondenza della corteccia sensori-motoria.. >+]@. >+]@ )LJXUD  ² ,GHQWLILFD]LRQH JUDILFD GHOOD EDQGDIUHTXHQ]LDOH GLLQWHUHVVH QHO IHQRPHQR GL GHVLQFURQL]]D]LRQH OHJDWR DO PRYLPHQWR LPPDJLQDWR GHOOD PDQR GHVWUD 1HOOD ILJXUD LQ DOWR VRQR ULSRUWDWH OH GHQVLWj VSHWWUDOL GL SRWHQ]D FDOFRODWH LQ XQ VHFRQGR QHO SHULRGR GL ULSRVRHQHOSHULRGRGLPRWRULPDJHU\1HOJUDILFRLQEDVVRqLOOXVWUDWDLQYHFHODGLIIHUHQ]D WUD OH GXH GHQVLWj VSHWWUDOL GL SRWHQ]D DOO·LQWHUQR GHOO·LQWHUYDOOR GL FRQILGHQ]D GL WUH GHYLD]LRQLVWDQGDUG,SXQWLGRYHWDOHFXUYDHVFHGDOO·LQWHUYDOORSRVVRQRHVVHUHFRQVLGHUDWL FRPHOLPLWLSHUVHOH]LRQDUHODEDQGDGLLQWHUHVVH. 15.

(51) Il secondo metodo fa uso di quelle tecniche che forniscono una rappresentazione in un piano tempo-frequenza, nel senso che localizzano temporalmente le componenti spettrali. Di queste tecniche le più importanti sono la Short Time Fourier Trasform (STFT) e l’analisi Wavelet. La prima analizza il segnale calcolando la trasformata di Fourier di segmenti di uguale durata temporale. Tale operazione, se la finestra di osservazione è rettangolare, può essere considerata come campionamento dello spettro continuo mediante una funzione sinc (trasformata di Fourier della finestra rettangolare). La risoluzione frequenziale è quindi inversamente proporzionale alla durata temporale della finestra ed è costante su tutta la banda frequenziale. L’analisi Wavelet supera il limite di risoluzione fissa della STFT costruendo il piano tempo-frequenza analizzando il segnale attraverso versioni scalate e traslate di una funzione chiamata “wavelet madre”. Questo algoritmo permette di rispettare il teorema di Nyquist alle varie frequenze. Di fondamentale importanza è normalizzare la rappresentazione sul periodo di baseline per evidenziare i decrementi o gli incrementi di potenza. Di seguito si riporta la visualizzazione tempo-frequenza con la tecnica STFT dell’elettrodo C3 di un dataset con il compito di motor imaging della mano destra.. )LJXUD²*UDILFRWHPSRIUHTXHQ]DQRUPDOL]]DWRVXOSHULRGRGLULSRVRFKHLOOXVWUDOD GHVLQFURQL]]D]LRQHGXOOHRQGHǂHǃDVHJXLWRGHOPRWRULPDJHU\GHOODPDQRGHVWUD /·HOHWWURGRSUHVRLQFRQVLGHUD]LRQHqO·HOHWWURGR&. [ 16.

(52) È ben noto che l’ampiezza delle fluttuazioni diminuisce all’aumentare della frequenza: questa relazione è valida sia per frequenze relativamente distanti tra loro (basse beta ~20Hz e oscillazioni gamma 40Hz) sia per frequenze molto vicine tra loro come le alpha a 10Hz e a 12Hz. Per questo motivo l’analisi della banda individuale deve essere eseguita considerando piccole bande frequenziali per evidenziare meglio le differenze anche a frequenze più alte: la variabilità della banda alpha essendo maggiore in ampiezza potrebbe coprire quella della banda beta.. 1.5.1.4.1 Fenomeni ERS/ERD: Background Fisiologico L’incremento ed il decremento della potenza in una determinata banda correlato a eventi sensorimotori e di immaginazione motoria è un campo di indagine ancora aperto sebbene siano stati condotti numerosi studi a riguardo. Generalmente possiamo dire che l’ampiezza di specifici ritmi corticali cambia a seguito di determinati eventi[24] e che questo comportamento è diverso nei due emisferi cerebrali (concetto di lateralizzazione [29]). È ormai consolidato che il movimento di alcune parti del corpo è preceduto dalla desincronizzazione (blocking) delle onde alpha (mu) 8-13Hz e delle onde beta 14-25Hz e la cessazione di tale movimento è spesso seguito da una sincronizzazione delle onde beta nella regione precentrale del cervello [30]. La lateralizzazione dell’attività neurale correlata al movimento è generalmente associata ad una significativa desinscronizzazione sul lato controlaterale del movimento e una significativa sincronizzazione nel lato ipsilaterale al termine del movimento. Ad esempio, riscontriamo una diminuizione di potenza nelle onde alpha e beta circa un secondo prima che venga eseguito un movimento nella zona controlaterale che diventa bilaterale durante l’esecuzione del movimento e, alla fine del movimento, è associato un aumento di potenza ipsilaterale. Questo fenomeno è riscontrato ampiamente sia nel caso di movimenti eseguiti che nel caso di movimenti immaginati.. 17.

(53) Lo scenario appena descritto è un quadro semplificato di ciò che accade, in realtà il fenomeno è molto più complesso a causa della vastità di esperienze senso-motorie possibili, della variabilità interindividuale e delle condizioni ambientali. Ad esempio la durata del movimento (breve o continuo) non mostra significative differenze sulle desincronizazioni mu e beta prima dell’esecuzione ma mostra differenze sul ritorno alla baseline (sincronizzazione): la potenza nella banda mu ritorna più velocemente al valore di base nel caso di movimento continuo piuttosto che nel caso di movimento breve e, mentre in quest’ultimo caso non si nota una significativa differenza nella lateralizzazione, nel caso di movimento continuo la beta ERS è situata maggiormente nell’emisfero ipsilaterale [25]. Gli ERD che compaiono prima del movimento e durante il movimento immaginato potrebbero riflettere uno stesso tipo di preparazione o preselezione delle reti neuronali nell’area sensori motoria.[26]. Il ritmo mu si presenta in assenza di elaborazione di informazioni sensoriali o di uscite motorie. Per questo porta a pensare che tale ritmo rifletta uno stato di “idling” nella corteccia, quindi è stato ipotizzato che gli ERS a 10Hz sono prodotti dalla de-attivazione delle aree corticali e potrebbero rappresentare un’attività inibitoria della corteccia[24][26][32]. Oltre ad aver osservato il presentarsi di fenomeni ERD prima e durante il movimento e fenomeni ERS alla fine dello stesso, sono stati osservati ERD e ERS allo stesso tempo ma in differenti locazioni dello scalpo. Questo fenomeno è stato denominato “focal ERD/surround ERS”[33] ed è interpretato come una inibizione della rete neuronale corticale nella zona non direttamente interessata nell’esecuzione del task. I fenomeni di ERS nella banda beta che si verificano al termine del movimento (beta rebound post movement) si presentano con distinte distribuzioni spaziali dopo differenti tipi di motorimagery. Pfurtscheller e Escalante nel 2009 hanno trovato che il beta rebound dopo un rapido movimento dei piedi (sia eseguito che immaginato) è un fenomeno abbastanza stabile e potrebbe essere utilizzato come un ‘Brain Switch’ nei sistemi BCI [34]. 18.

(54) Il vantaggio di questo tipo di segnale è che mostra un pattern simile sia per movimenti attivi che passivi, immaginati o indotti con stimolazione elettrica o vibrotattile. L’ingresso di un sistema BCI deve essere “Affidabile e significativamente correlato a stati specifici del cervello ” [31]. In questo lavoro di tesi abbiamo usato il segnale di controllo chiamato “Motor Imagery” (MI), definito come una simulazione mentale del movimento, che ha mostrato essere una strategia mentale efficiente per le applicazioni dirette di BCI [49].. 19.

(55) 2. ALGORITMI PER L’IDENTIFICAZIONE DEI FENOMENI ERD/ERS IN APPLICAZIONI BCI. Nel primo capitolo abbiamo gia discusso circa l’identificazione dei fenomeni di sincronizzazione e desincronizzazione ma sempre prendendo in analisi un singolo elettrodo ed una singola banda frequenziale, metodo che consente in maniera limitata l’estrazione delle caratteristiche che permettono la classificazione di due diversi stati mentali. Quello che vorremmo idealmente è un metodo di estrazione delle caratteristiche che sia quanto più insensibile alla variabilità inter ed intra individuale. A tale proposito recentemente sono stati implementati diversi algoritmi con lo scopo di individuare sia spazialmente che temporalmente le caratteristiche salienti di un segnale EEG che permettano di distinguere due diversi stati mentali del soggetto utilizzatore di un sistema BCI. Gli stati mentali presi in considerazione sono per la maggior parte il movimento immaginato di varie parti del corpo tra cui: la mano destra, la mano sinistra, i piedi e la lingua. Queste parti del corpo sono state scelte a causa della loro vasta rappresentazione sulla corteccia sensori-motoria. Di seguito si riporta l’analisi degli algoritmi presenti in letteratura volti all’estrazione delle caratteristiche per la classificazione di due diversi stati mentali. Tali algoritmi sono recenti varianti dell’algoritmo CSP (Pfurtscheller et al. 1999) che sarà descritto nel primo paragrafo di questo capitolo. Diverse estensioni dell’algoritmo CSP si pongono diversi obiettivi. La maggior parte è incentrata nell’ottimizzazione della localizzazione sia spaziale che frequenziale delle caratteristiche salienti delle classi da discriminare. Altri, come il “SCSP” e l’ “I-CSP”, hanno l’obiettivo di rimuovere le componenti meno rilevanti dai filtri spaziali. Altri ancora, come il d-CSP, hanno l’obiettivo di ottimizzare ulteriormente la localizzazione spaziale agendo sulla formulazione matematica del problema.. 20.

(56) 2.1 Common Spatial Patterns: CSP Con il termine “Common Spatial Patterns” si intende un metodo per costruire filtri spaziali che portino a nuove serie temporali con la proprietà di avere varianza massima per una condizione e nello stesso tempo minima per l’altra. Questo metodo è stato introdotto da Koles et al. nel 1990 [35] con lo scopo diagnostico di distinguere automaticamente una popolazione di individui sani da una di individui malati. In seguito questo algoritmo è stato utilizzato per estrarre componenti anormali nel tracciato EEG [36] e per la localizzione delle sorgenti (Koles et al. 1995). Dal 1999 grazie al lavoro di Muller, Pfurtscheller e Flyvbjergc [48] è stato utilizzato con successo nella discriminazione di due diversi stati mentali. È un approccio di tipo esplorativo (o data-driven cioè che non richiede la conoscenza a priori del modello probabilistico) basato sulla diagonalizzazione simultanea delle matrici di covarianza relative alle due classi da discriminare. Il fine di tale metodo è la costruzione di una matrice di proiezione che proietti i segnali dallo spazio originale dei sensori ad uno spazio surrogato dei sensori con la proprietà che il primo e l’ultimo canale abbiano rispettivamente varianza minima (o massima) per una condizione e varianza massima (o minima) per l’altra. Per la costruzione della matrice di proiezione è necessario disporre di un dataset di training dove i trials siano classificati (etichettati) per le due condizioni da discriminare. Prendiamo Xdi ȯ ℜ NxT i dati grezzi del trial i nella condizione d ȯ {a,b} ( che in un esperimento di motor imagery possono essere il movimento della mano destra e il movimento della mano sinistra) come una matrice NxT con N i canali dell’EEG e T gli istanti temporali relativi ad un trial. Un istante temporale può essere quindi visto come un punto in uno spazio N-dimensionale e un tracciato EEG come la distribuzione di tali punti. Se eliminiamo la componente continua filtrando con un filtro passa alto, la media di tale distribuzione è nulla. Questo ci costringe a cercare. 21.

(57) informazioni caratteristiche nei momenti del secondo ordine come la covarianza. Le matrici di covarianza vengono calcolate e normalizzate nel seguente modo Rai = Xai XaiT / trace(Xai XaiT) Rbi = Xbi XbiT / trace(Xbi XbiT) La normalizzazione sulla somma della diagonale della matrice di covarianza è eseguita in modo da eliminare le variazioni intertrials dei valori assoluti dei momenti. Calcolate le matrici di covarianza per ogni trial queste vengono mediate in modo da avere le matrici di covarianza per le due condizioni a e b: Ra = <Rai>trial Rb = <Rbi>trial A questo punto possiamo calcolare la matrice di covarianza composta : Rc = Ra + Rb È utile adesso cercare la matrice di sbiancamento della covarianza composta cioè rendere tale matrice ortogonale in modo che la sua covarianza sia la matrice di identità. Per cercare la matrice di sbiancamento si fattorizza la matrice nei suoi autovettori : Rc = Bc Ȝ BcT Dove Bc (NxN) sono gli autovettori tali che BcBcT=INxN e Ȝ (NxN) è la corrispondente matrice diagonale degli autovalori. La matrice di sbiancamento che equalizza la varianza nello spazio attraversato dagli autovettori è ottenuta nel seguente modo: W = Ȝ-1/2 BcT Ora si trasformano le matrici di covarianza individualmente in modo da portarle nello stesso spazio e che condividano quindi gli stessi autovalori: Sa = W Ra WT Sb = W Rb WT Le matrici Sa e Sb condividono gli stessi autovalori dal momento che Sa + Sb = W Rc WT 22.

(58) Se decomponiamo queste matrici otteniamo quindi: Sa = U ĭa UT Sb = U ĭb UT I corrispondenti autovalori sono tali che ĭa + ĭb = I dove con I si intende la matrice di identità. Di conseguenza la proiezione dell’EEG sbiancato su U ci darà vettori caratteristici ottimali per la discriminazione delle due popolazioni rispetto alla loro varianza. La matrice di proiezione di interesse è quindi: PT = UT W E le serie temporali si ottengono filtrando nel seguente modo: Z = PT X Invertendo questa equazione otteniamo nuovamente i dati originali dai coefficienti di espansione: X = (P -1)T Z In questo caso le colonne della matrice P sono i filtri spaziali (righe della matrice PT) e le righe della matrice A=(P -1) sono i pattern spaziali. Ogni filtro pj estrae l’attività del pattern aj. Se avessimo indicato con Z = WX il filtraggio spaziale avremmo avuto le righe della matrice W come filtri spaziali e le colonne della matrice W–1 come patterns spaziali. Questa trattazione può essere riassunta brevemente con la simultanea diagonalizzazione delle due matrici di covarianza normalizzate Ȉa e Ȉb : P T Ȉa P = ȁa P T Ȉb P = ȁb Dove la matrice P è determinata dalla condizione ȁa + ȁb = I, che è risolvibile risolvendo il problema denominato “generalized eigenvalue problem” :. 23.

(59) Ȉa p = Ȝ Ȉb p Indicando con Ȝ particolare che: Ȝ. j. j. (d). a. gli elementi diagonali di ȁ(d) nella condizione (d) troviamo la condizione. + Ȝ. j. b. = 1. Quindi un valore prossimo a 1 di Ȝ. j. a. (Ȝ. j. b. ) indica che il. corrispondente filtro spaziale pj produce una alta varianza nella condizione a (b) e una varianza piccola per la condizione b (a). Koles [36] spiega che la decomposizione appena vista offre una base comune per le due condizioni in quanto il segnale filtrato xCSP(t) = PTx(t) è incorrelato in entrambe le condizioni, la cui incorrelazione implicherebbe indipendenza nel caso di variabili aleatorie Gaussiane. Un’altra visione dello stesso problema si ottiene valutando le attività comune e quelle differenziali nel seguente modo: Ac = Ȉa + Ȉb Ad = Ȉa – Ȉb Dove con Ac indichiamo l’attività comune alla quale non siamo interessati e con Ad si intende l’attività discriminativa (i.e. la differenza della potenza di banda tra le due condizioni). Quindi una soluzione per questo problema si può ottenere risolvendo lo stesso problema generalizzato degli autovalori : maximize{ p ȯ ℜ C } [pT Ad p / pT Ac p ] Pertanto possiamo notare che i filtri pj hanno l’obiettivo di massimizzare le differenze tra Ȝja – Ȝjb (assumendo come sopra che Ȝ j a + Ȝ j b = 1). Abbiamo precedentemente stabilito che una volta ricavata la matrice P di proiezione, ordinata secondo valori crescenti degli autovalori, si ottiene la proiezione dei dati nello spazio degli elettrodi surrogati. Z = PT Xi Questi nuovi dati Z (coefficienti di espansione) hanno la proprietà che la varianza della prima riga è massima per i trials del gruppo a ed allo stesso tempo è minima per i trials del gruppo b 24.

(60) mentre per l’ultima riga succede l’opposto. Quindi, ai fini della classificazione, utilizziamo solo m filtri e le features che estraiamo sono rappresentate dalla varianza dei coefficienti di espansione normalizzata in scala logaritmica. Indicando con varip la varianza della p-esima riga di Zi il vettore delle features per il trial i è composto dalle varianze normalizzate delle prime e delle ultime m righe: fpi = log ( varpi / sum(varip=1:m; N-m : m ) La trasformazione logaritmica è eseguita con lo scopo di approssimare la distribuzione degli elementi di f i ad una distribuzione normale. La varianza estratta per segnali prefiltrati passa banda corrisponde alla potenza spettrale in tale banda. La lunghezza dell’intervallo che usiamo per estrarre le features è scelta in base a un compromesso: finestre temporali brevi offrono ad un ridotto tempo di ritardo di estrazione delle features a scapito di una più elevata sensibilità a disturbi, mentre finestre temporali lunghe corrispondono ad un maggiore ritardo nell'estrazione delle features ma anche ad una maggiore robustezza a disturbi transitori.. Data la linearità del metodo l’operazione di filtraggio in frequenza può essere eseguita sia prima che dopo il filtraggio spaziale, anche se questo non sempre applicabile a causa della stima non ottima della matrice di covarianza [37]. Per l’interpretazione fisiologica dei filtri spaziali (colonne della matrice P) e dei patterns spaziali (colonne della matrice (P-1)T ) bisogna ricordare che l’algoritmo CSP non è volto alla separazione di sorgenti ma a massimizzare la varianza per una classe minimizzandola per l’altra. Ad esempio, considerando un filtro che massimizza la varianza per la classe movimento dei piedi e la minimizza per la classe movimento della mano destra, un focus di tale filtro sull’emisfero sinistro (preponderante per il movimento della mano destra) potrebbe avere diverse spiegazioni: può essere originato da un ERD causato dal movimento della mano destra, da un ERS causato dal movimento dei piedi oppure dalla somma dei due effetti (anche se per il compito di discriminazione questo ultimo caso sarebbe dannoso [37]). 25.

(61) Oltre al numero di filtri che si possono scegliere (nella maggior parte degli studi vengono usati solamente il primo e l’ultimo), altro parametro fondamentale nell’applicazione dei CSP è la banda frequenziale entro la quale filtriamo il segnale. Una scelta molto comune è quella di filtrare il segnale in un intervallo 7-30Hz in modo da includere i fenomeni di desincronizzazione e sincronizzazione dei ritmi alpha e beta. Con lo scopo di aumentare l’accuratezza della classificazione e di migliorare l’approccio a sistemi BCI basati su algoritmi CSP sono stati proposte diverse varianti di tale metodo incentrate sull’ottimizzazione delle frequenze da analizzare. Un approccio di tipo “brute force” implementato è quello di aumentare il numero dei canali EEG con gli stessi canali filtrati a bande differenti. Questo approccio porta a dei buoni risultati tuttavia il numero di frequenze analizzate diviene elevato (solitamente maggiore di 50 bande) con un conseguente notevole aumento del costo computazionale.. 2.2 Common Spatial Spectral Patterns: CSSP Con lo scopo di ridurre il tempo di training e di selezionare automaticamente le frequenze ottime alla discriminazione nel 2005 è stata introdotta una nuova versione dell’algoritmo CSP [38]. Tale versione è un’estensione dei CSP nello spazio delle fasi sfruttando il concetto di caos deterministico basso dimensionale sebbene i sistemi naturali deterministici e a basse dimensioni siano pochi. Nel senso matematico un sistema deterministico significa che esiste un sistema autonomo definibile attraverso una equazione differenziale Ǥ = f(y) in uno spazio ī ȯ ℜ D del quale possiamo misurare una singola quantità s = h(y). Questo sistema possiede D variabili naturali delle quali possiamo misurare solo una proiezione non lineare in un valore scalare. Per recuperare le proprietà deterministiche di questo sistema dobbiamo ricostruire uno spazio della fase equivalente allo spazio ī. A questo scopo ci viene in aiuto il metodo chiamato “time delay embedding method” che consiste nel costruire un nuovo vettore di misura ricavato dal vettore originale ritardato di un tempo IJ. Lo scopo dei CSSP non è di. 26.

(62) ricostruire l’intera dinamica del segnale EEG ma di estrarre caratteristiche robuste. A tale scopo l’equazione finale del “classico” algoritmo CSP si trasforma come segue: Zk = P(0)X k + P( IJ)į( IJ)X k Dove l’operatore į( IJ) ha la proprietà di ritardo di un tempo IJ. Per agire in questo modo al segnale EEG dobbiamo concatenare il segnale EEG ritardato come segue: Ӻ = [ X k ; į( IJ)X k ] Adesso, chiamando p la i-esima riga della matrice di decomposizione della matrice P* = [P( IJ) P(0)] possiamo scrivere: Zˆ ik = p ( 0 ) X k + p (τ )δ (τ ) X k = C. = ¦ p c( 0) X ck + p c(τ )δ (τ ) X ck = c =1. C § p (0) · p (τ ) = ¦ γ c ¨¨ c X ck + c δ (τ ) X ck ¸¸ γc c =1 © γc ¹. Dove (Ȗc) c=1,..,C. § p ( 0) 6 7τ −18 p (τ ) è un filtro spaziale puro e ¨ c ,0,...,0, c ¨ γc γc ©. · ¸ definisce il filtro FIR per ogni ¸ ¹. elettrodo c . I coefficienti di Ȗc sono definiti così:. γc =. (p ) + (p ) sign ( p ). (τ ) 2 c. (0) 2 c. (0) c. A questo punto può essere parametrizzato il filtro FIR con un angolo Ɏc(IJ) come segue: (τ ). Φc. § pc(0 ) · ª π π º = a tan¨¨ (τ ) ¸¸ ∈ «− , » © pc ¹ ¬ 2 2 ¼. Questo metodo aggiungendo nuovi canali al tracciato, ottenuti ritardando di un tempo IJ gli originali e processandoli con un algoritmo CSP riesce a calcolare contemporaneamente sia i classici filtri spaziali che nuovi semplici filtri FIR. In questo modo ottiene l’ottimizzazione simultanea di filtri spaziali e frequenziali. Tuttavia, con solo un tempo di ritardo, la flessibilità del filtro in frequenza è molto limitata. Aggiungendo tempi di ritardo si moltiplicano i canali da elaborare ed. 27.

(63) aumentano le variabili da parametrizzare quindi è stato concluso che per questo metodo la scelta di un solo tempo di ritardo è la scelta migliore. È da notare inoltre che per ogni canale di ingresso viene definito un filtro temporale.. 2.3 Common Sparse Spectral Spatial Pattern: CSSSP A causa della limitata flessibilità dei filtri frequenziali nell’algoritmo CSSP, nel 2006 è stato implementato un nuovo algoritmo denominato CSSSP [39] con lo scopo di migliorare ancora la classificazione dei segnali cerebrali correlati ai fenomeni di ERD/ERS dovuti all’esecuzione, alla immaginazione e alla stimolazione del movimento. Questo algoritmo si basa sia sull’idea fondamentale dei CSP, cioè quella di trovare filtri spaziali p le cui proiezioni abbiano potenza elevata per una classe e minima per l’altra, sia sul principio dei CSSP che è quello di combinare filtri spaziali e frequenziali calcolandoli simultaneamente. Al contrario dei CSSP nei CSSSP non viene calcolato un filtro FIR per ogni canale ma ne viene calcolato solamente uno sebbene con una complessità molto maggiore. L’algoritmo CSSSP elude il problema della selezione manuale delle bande frequenziali in un'altra maniera. Per ogni condizione (classe) viene calcolata la matrice di covarianza tra il segnale originale e il segnale ritardato di un tempo IJ assumendo che traslando temporalmente il segnale originale la matrice calcolata sia identica. Indicando con b(i) i coefficienti del filtro FIR digitale il problema si risolve attraverso le seguenti equazioni: ­ ­° T § T −1 § T −τ · ½°½° · τ ° ¨ ¸ ¨ ¸ ( ) ( ) τ p b j b j + Σ ® ® ¦ max max ¨¦ ¸ classe1 ¸ p ¾¾; ¨ ¹ ¹ °¿°¿ p ,b ,b =1 ° ¯ p °¯ © υ =0 © j =1 § T −1 § T −τ · · p T ¨ ¦ ¨¨ ¦ b( j )b( j + τ )¸¸ Στclasse1 + Στclasse 2 ¸ p = 1 ¸ ¨ υ =0 j =1 ¹ © © ¹. (. ). Dove con Στy si intende la matrice di covarianza per la classe y calcolata tra i segnali originali e i segnali ritardati di IJ. In questo modo con la tecnica standard dei CSP possiamo calcolare i filtri 28.

(64) ottimi p per ogni coefficiente b quindi per ogni classe otteniamo un filtro frequenziale ed un pattern spaziale. Dal momento che il primo coefficiente b(1) viene assunto pari ad 1, rimane un problema T-1 dimensionale che può essere risolto con la tecnica del gradiente sempre che T non sia troppo grande. All’aumentare di T aumenta la complessità del filtro frequenziale che deve essere controllata per non cadere nell’overfitting. Un metodo per contenere l’eccessiva complessità è quello di vincolare le soluzioni per i coefficienti b introducendo un termine di regolarizzazione C. ­° max ® max p ,b ,b =1 ° ¯ p. ­° T § T −1 § T −τ · ½°½° C · τ ® p ¨¨ ¦ ¨¨ ¦ b( j )b( j + τ )¸¸Σ classe1 ¸¸ p ¾¾ − b ; °¯ © υ = 0 © j =1 ¹ ¹ °¿°¿ T. § T −1 § T −τ · p T ¨ ¦ ¨¨ ¦ b( j )b( j + τ )¸¸ Στclasse1 + Στclasse 2 ¨ υ = 0 j =1 ¹ © ©. (. ·. )¸¸ p = 1 ¹. Il termine di regolarizzazione C deve essere scelto non negativo: scegliendolo uguale a zero si annulla questa regolarizzazione e aumenta il problema di overfitting, scegliendo un valore alto (i.e. 5) si ottengono soluzioni sparse per i coefficienti di b fino ad annullare l’effetto del filtro FIR.. 2.4 Spectral-Common Spatial Patterns: SPEC-CSP Una ulteriore variante dell’algoritmo CSP simile alle due precedentemente descritte è il metodo denominato SPEC-CSP [40]. È una generalizzazione dei CSP che incorpora pesi non omogenei della matrice cross-spettro intesa come la trasformata di Fourier della matrice di covarianza. Anche qui indichiamo con X ȯ ℜ d. x N. il segnale di un singolo trial composto di T istanti. temporali e d canali. Il vettore delle features viene chiamato “log-power features” ed è formato nel seguente modo:. Φ j (X ; w j , B j ) = log wTj B j B Tj w j. ( con j = 1,…,J numero di trial). Dove con wj ȯ ℜ d si intende il filtro spaziale che proietta il segnale in una singola dimensione e con Bj ȯ ℜ NxN. Il simbolo. T. rappresenta la coniugata trasposta che per segnali reali corrisponde. semplicemente alla trasposta.. 29.

Figura

Figura 2 – Principio di funzionamento dell’algoritmo (a) e localizzazione dei CSP associati al  Motor Imagery (b)
Figura 5.4 – Performance degli algoritmi CSP, FWM, SBCSP nelle sessioni con feedback  propriocettivo e feedback visivo

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