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Utilizzo di metodologie CFD per la valutazione di un sistema di riduzione di resistenza di attrito su una lastra piana

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Academic year: 2021

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(1)

Il presente lavoro di tesi, svolto presso il laboratorio di Aerodinamica Applicata del dipartimento di Ingegneria aerospaziale dell’università di Pisa ha come obiettivo quello di valutare l’effetto della micro-rugosità sulla transizione dello strato limite su una lastra piana mediante analisi di tipo CFD. Si vuole verificare le potenzialità del software commerciale Star-ccm+ nell’assolvere tale compito.

In particolare si fa riferimento al lavoro sperimentale di H.M Fransson, L. Brandt, A. Talamelli e C. Cossu descritto nell'articolo “Experimental and theoretical investigation of the nonmodal growth of steady streaks in a flat plate boundary layer” pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Physics of Fluids, Volume 16, Numero 10 dell'ottobre 2004.

Si studiano i modelli di turbolenza k-ε e k-ω ponendo particolare attenzione al modello di transizione gamma re-theta. Si svolgono anche delle analisi di sensibilità ad alcuni parametri ritenuti significativi per la descrizione della fisica e della geometria.

Il modello presenta infatti una certa sensibilità alle impostazioni e ai valori di turbolenza nel freestream e fornisce risultati non corretti per griglie di calcolo troppo rade.

(2)

Introduzione

Il presente lavoro di tesi, svolto presso il laboratorio di Aerodinamica Applicata del dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell’università di Pisa, ha come obiettivo quello di valutare l’effetto della micro-rugosità sulla transizione dello strato limite su una lastra piana mediante analisi di tipo CFD.

Si verificheranno le potenzialità del software commerciale Star-ccm+, versione 4.04.011, nell’assolvere tale compito.

In particolare si farà riferimento al lavoro sperimentale di H.M Fransson, L. Brandt, A. Talamelli e C. Cossu descritto nell'articolo “Experimental and theoretical investigation of the nonmodal growth of steady streaks in a flat plate boundary layer” pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Physics of Fluids, Volume 16, Numero 10 dell'ottobre 2004

In particolare si studieranno i modelli di turbolenza k-ε e k-ω focalizzando l’attenzione sul modello di transizione Gamma ReTheta, che si basa sul modello sviluppato da Menter e Langtry nel 2005. La formulazione teorica di questo metodo, congiuntamente all’analisi sintetica di pregi e difetti di quelli che l’hanno preceduto, sarà riportata nei primi due capitoli della presente tesi.

Nel terzo capitolo si descriverà il modello analizzato per lo studio della stabilità dello strato limite e verranno riassunte le problematiche legate all’impostazione del modello all’interno del software STAR-CCM+.

Si cercherà di ricostruire in maniera fedele il dominio del problema in ambiente CFD con la definizione di un’opportuna mesh per poi poter impostare in modo coerente le condizioni di flusso caratterizzanti i singoli test analizzati.

Si svolgeranno quindi delle analisi di sensibilità ad alcuni parametri ritenuti significativi per la descrizione della fisica e della geometria.

Nel quarto e quinto capitolo si andrà invece a studiare l’effetto delle pareti della galleria, prima ponendoci nelle stesse condizioni delle campagne di prove sperimentali, e successivamente studiando il caso della lastra della stessa grandezza all’interno di una galleria di dimensioni maggiori.

(3)

Capitolo 1

Generalità sulla turbolenza e sulla transizione dello strato limite

1.1 Cenni sulla turbolenza

Il moto di un fluido in un condotto rettilineo a bassa velocità risulta laminare, in tale circostanza si ha un moto ordinato del fluido assimilabile a quello di tante lamine fluide sottili che scorrono le une sulle altre.

In regime laminare, qualora le condizioni al contorno del flusso risultino costanti nel tempo, il moto del fluido è stazionario, in regime turbolento (sempre con condizioni al contorno costanti) le variazioni casuali delle grandezze caratterizzanti il flusso rendono il moto intrinsecamente non stazionario.

La causa fondamentale dell'instaurarsi di un campo di moto turbolento è da ricercarsi nella non linearità delle equazioni di conservazione che governano l'evoluzione del flusso. In dettaglio, da un punto di vista matematico, la turbolenza si genera per effetto di una instabilità del flusso a seguito dell'azione combinata dei termini non lineari, inerziali e viscosi, presenti in dette equazioni differenziali. A seguito dell'instaurarsi dell'instabilità del flusso, attraverso una progressiva amplificazione di disturbi infinitesimi il flusso passa da laminare a turbolento per effetto di un processo detto di transizione.

Risulta essere uno dei parametri fondamentali del problema il numero di Reynolds, che è definito come

ν

l

U

=

Re

dove U è la velocità del flusso asintotico, l è una scala di lunghezza caratteristica del moto e ν è la viscosità cinematica. Quando il numero di Reynolds supera un certo valore il flusso tende a diventare instabile e si ha l’innesco della turbolenza. Da un punto di vista numerico, nulla impedirebbe di risolvere le equazioni di governo di un fluido scritte nella loro forma classica. In questo modo si andrebbe a descrivere in modo praticamente esatto, partendo solo dalle equazioni dette, il comportamento del flusso anche in regime turbolento.

(4)

Tale tecnica, detta di simulazione diretta (Direct Numerical Simulation DNS) è di solito adottabile solo in casi relativamente semplici e caratterizzati da bassi numeri di Reynolds.

L'aumentare del numero di Reynolds provoca infatti un rapido incremento degli intervalli possibili per le scale temporali e di lunghezza caratterizzanti il regime turbolento del flusso. Ciò conduce ad una impossibilità pratica di attuare metodologie numeriche di tale tipologia.

Dal momento che il moto in regime turbolento è caratterizzato da fluttuazioni casuali delle grandezze in gioco, un approccio più conveniente rispetto alla soluzione numerica diretta consiste nell'effettuare un'operazione di media delle equazioni. In altri termini,si fissa l'attenzione sul valore medio delle proprietà del fluido, tralasciando gli aspetti caotici locali ed istantanei.

Pertanto, seguendo una procedura proposta da Reynolds, si esprimono tutte le grandezze come somma di una parte media ed una fluttuante e si procede mediando le equazioni differenziali fino ad ottenere delle nuove equazioni in cui le incognite siano le medie stesse.

A causa delle non linearità presenti nelle equazioni differenziali classiche di conservazione, attraverso questo processo di media compaiono dei termini incogniti ed è quindi necessario introdurre un opportuno modello di turbolenza da cui si ricavano le relazioni necessarie a chiudere il problema.

1.2 Equazioni di Navier-Stokes mediate

L’approccio introdotto da Reynolds (RANS Reynolds-Avereged Navier-Stokes) si basa appunto sul concetto di scomposizione delle variabili in una componente media e una fluttuazione ad essa sovrapposta. Si ottiene pertanto:



+

=

+

=

+

=

'

'

'

w

w

w

v

v

v

u

u

u

(5)

Facendo riferimento al sistema di Navier-Stokes scritto per un flusso incomprimibile e senza fonti di calore, per il quale il bilancio di energia risulta disaccoppiato dagli altri, si ha che il bilancio di massa può essere così scritto:

0

=

+

+

z

w

y

v

x

u

Il bilancio di quantità di moto per le generica i-esima componente può essere invece così espresso:

j ij i j i j i

x

x

p

x

u

u

t

u

+

=

+

τ

ρ

ρ

Dove

ρ: densità del fluido in esame; p: pressione;

ui: componente del vettore velocità lungo la direzione i;

+

=

i j j i ij

x

u

x

u

µ

τ

: generica componente del tensore degli sforzi viscosi.

Tenendo presente le proprietà dell’operatore di media e andando a sostituire le precedenti espressioni nelle equazioni di Navier-Stokes si ottiene:

0

'

'

'

=

+

+

z

w

y

v

x

u

Bilancio di massa

+

+

=

j j j i i i j j i j

x

u

u

U

x

p

x

U

U

1

2

1

ρ

'

'

ρ

ν

(6)

Si osserva che l’equazione mediata della quantità di moto coincide con quella per flusso laminare di un fluido incomprimibile più un termine al secondo membro che può essere considerato come la componente nella direzione i-esima della forza risultate connessa con un tensore degli sforzi aggiuntivo a quello degli sforzi viscosi, detto tensore di Reynolds, avente componenti:

'

'

j

i

ij

ρ

u

u

τ

=

−∂

Tali termini sono chiamati tensioni turbolente o tensioni di Reynolds e sono dovute al trasporto medio di quantità di moto associato alle componenti fluttuanti della velocità.

Il tensore di Reynolds va ad aggiungere sei nuove incognite al nostro problema che vanno messe in relazione con le componenti medie di velocità mediante un opportuno modello di turbolenza.

I principali tra tali modelli sono:

• Modello Spalart-Allarmas • Modello k-ε

• Modello k-ω

1.2.1 Il modello k- ε

Il modello di turbolenza K-ε è uno dei più comuni. E’ un modello a due equazioni, cioè include due equazioni per rappresentare le proprietà turbolente del flusso. Questo permette di tenere in considerazione gli effetti quali la convezione e la diffusione dell’energia turbolenta.

La prima variabile di trasporto è l’energia cinetica turbolenta, mentre la seconda è la dissipazione, la quale determina le scale delle turbolenze.

Vi sono due principali formulazioni del modello K-ε.

Quello sviluppato da Launder e Sharma viene tipicamente chiamato K- ε standard. Si assume che il flusso sia completamente turbolento e che gli effetti della viscosità molecolare siano trascurabili. L’energia cinetica turbolenta K e il suo rateo di dissipazione ε si ottengono dalle seguenti equazioni [1].

(7)

M b k i k t i

Y

G

G

x

k

x

Dt

Dk

+

+





+

=

ρε

σ

µ

µ

ρ

(

)

k

C

G

C

G

k

C

x

k

x

Dt

D

b k i t i 2 2 3 1

ε

ρ

ε

σ

µ

µ

ε

ρ

ε ε ε ε

+

+





+

=

Dove il termine

Gk rappresenta la generazione dell’energia turbolenta dovuta al gradiente della

velocità media.

Gb rappresenta la generazione di energia cinetica turbolenta dovuta a

Buoyancy.

Ym è il contributo della cosiddetta “dilatation dissipation” che tiene conto degli

effetti della comprimibilità.

C1, C2, C3 sono costanti

σk e σɛ sono i coefficienti di Prandtl rispettivamente per K e ɛ.

Il termine µt (eddy or turbolent viscosity) è legato ai termini K ed ɛ come segue:

ε

ρ

µ

µ 2

k

C

t

=

dove Cµ è una costante.

Fornisce buoni risultati in quei casi in cui sono presenti piccoli gradienti di pressione , l’accuratezza diminuisce invece in presenza di forti gradienti avversi. Il modello K-ɛ realizable si propone di migliorare il modello standard modificando il parametro Cµ all’interno della “eddy viscosity”, inizialmente proposto da Reynolds e introducendo una nuova equazione per la dissipazione ɛ.

(8)

Le equazioni per K ed ɛ in questo modello sono le seguenti: M b k i k t i

Y

G

G

x

k

x

Dt

Dk

+

+





+

=

ρε

σ

µ

µ

ρ

b i t i

G

C

k

C

k

C

S

C

x

k

x

Dt

D

ε ε ε ε

ε

νε

ε

ρ

ε

ρ

σ

µ

µ

ε

ρ

1 3 2 2 1

+

+

+





+

=

Si nota che l’equazione riguardante K è la stessa del modello standard eccetto per le costanti.

La forma dell’equazione di ɛ è invece diversa rispetto all’altro modello.

Inoltre il termine µ viene modellato in altro modo, in particolare il parametro Cµ non

viene più considerato costante, ma come funzione delle proprietà del flusso medio e della turbolenza.

ε

ρ

µ

µ 2

k

C

t

=

ε

µ

k

U

A

A

C

S * 0

1

+

=

Il modello K-ɛ realizable è sostanzialmente migliore del modello standard per molte applicazioni e permette di ottenere risultati più accurati.

1.2.2 Il modello SST k-ω

Il modello k-ω è un modello di turbolenza a due equazioni, cioè un modello di turbolenza che utilizza due equazioni di trasporto per modellare le proprietà turbolente del flusso. Le due variabili utilizzate sono l’energia cinetica di turbolenza k definita come

'

'

2

1

j i

u

u

k

=

ρ

(9)

e la dissipazione specifica ω.

Le equazioni utilizzate in questo modello sono le seguenti:

( )

(

)

k k k j k j i i

S

Y

G

x

k

x

ku

x

k

t

+

+

Γ

=

+

~

ρ

ρ

( )

ρω

(

ρω

)

ω

ω

G

ω

Y

ω

S

ω

D

ω

x

x

u

x

t

i i j j

+

+

+

Γ

=

+

Dove: k t k

σ

µ

µ

+

=

Γ

è la diffusività dell’energia cinetica

ω ω

σ

µ

µ

+

t

=

Γ

è la diffusività di ω

σ

ke

σ

ω sono i rispettivi numeri di Prandtl

(

G

ρβ

k

ω

)

G

~

k

=

min

k

,

10

*

è la produzione di energia cinetica con

2 S

Gkt S è il modulo del tensore di deformazione

                  +       + = 4 4 8 Re 1 8 Re 15 4 09 . 0 * T T

β

per caso incomprimibile

µω

ρ

k T = Re k T

G

G

ν

α

ω

=

produzione di ω, con           + + = ∞ 95 . 2 Re 1 95 . 2 Re 0 T T

α

α

α

α

(10)

          + + = ∞ 6 Re 1 6 Re 024 . 0 * T T

α

α

(

1

)

,2 1 , 1 ∞ 1 ∞ ∞ =

α

+ −

α

α

F F

( )

( )



=

=

8 4 1 1 4 1 1

120

Re

exp

,

tanh

max

tanh

T

F

F

ϕ

ϕ

Dove la prima equazione si usa quando non è attivato il modello gamma re-theta, mentre la seconda si usa quando è attivato il modello di transizione.

=

2 + 2 1

4

,

500

,

09

.

0

max

min

y

cD

k

y

y

k

ω

ρ

ω

ρ

µ

ω

ϕ

=

− + 10

10

,

1

2

max

j j

x

x

k

c

D

ω

ω

ρ

ω

ω

ρβ

k

Y

k

=

* è la dissipazione dell’energia cinetica

2 *

ω

ρβ

ω

=

Y

è la dissipazione della dissipazione

(

1

)

1

0

.

0828

1

075

.

0

F

+

F

=

β

valida in incomprimibile

Infine la viscosità turbolenta è data da:

=

ω

α

ω

ρ

µ

31

.

0

,

1

max

1

2 *

SF

k

T Dove vale:

( )

2 2 2 =tanh

ϕ

F       =

ω

ρ

µ

ω

ϕ

2 2 500 , 09 . 0 2 max y y k

(11)

Il modello appena descritto è sicuramente fra i più utilizzati soprattutto per la capacità di fornire risultati accettabili con risorse di calcolo contenute. Il limite più evidente risiede nell'introdurre la eddy viscosity per rappresentare le componenti del tensore di Reynolds, riducendo cosi la turbolenza ad un unico parametro scalare di viscosità. In questo modo vengono persi tutti gli effetti delle anisotropie caratteristiche delle strutture vorticose.

Va segnalata inoltre la tendenza di questi modelli a sovrastimare sensibilmente la viscosità turbolenta.

1.3 Approcci CFD per lo studio della transizione

La turbolenza è un fenomeno associato all’instabilità del flusso, che oltre certi numeri di Reynolds e in presenza di perturbazioni di varia natura tende ad assumere caratteristiche caotiche e ben descrivibili solamente tramite un approccio statistico.

Capiredoveavvenga latransizionetra idueregimi dimoto assumeun’importanza rilevantenell’ambitodelprogettoedellaprevisionedelleprestazioniinmolteplici casi. Purtroppolatransizioneèunfenomenoestremamentecomplessoedi meccanismi del suo innesco dipendono da molteplici parametri come ad esempio laturbolenza del flusso esterno, i gradienti di pressione che agiscono sullo strato limite, i dettagli geometrici del corpo, la rugosità superficiale, il numero di Mach asintotico.

I più comuni meccanismi di innesco della transizione sono la “transizione naturale” e la “transizione di by pass”.

Il primo è associato alla crescita di onde instabili, dette di Tollmien-Schlichting. Si tratta di onde bidimensionali, poste in direzione trasversale rispetto al flusso, che in un certo intervallo di numeri di Reynolds possono venire amplificate fino a diventare instabili ed evolversi, tramite complessi processi tridimensionali, finché lo strato limite non diventa totalmente turbolento.

Il secondo meccanismo è invece tipico di flussi con un elevato valore di intensità di turbolenza; è un fenomeno estremamente complesso che dipende fortemente, oltre che dal livello di turbolenza del flusso, anche dalla condizione dello strato limite in termini di gradienti di pressione e separazione. Esistono inoltre studi

(12)

empirici (Mayle, 1991) che mettono in luce come l’avvento della transizione possa essere influenzato anche dalle dimensioni delle scale proprie della turbolenza. A causa della complessità del fenomeno, ad oggi non è disponibile una teoria completa né per quanto riguarda il punto d’innesco dell’instabilità, né per l’evoluzione della zona transitoria. Esistono, comunque, molteplici approcci CFD che tentano di modellare e prevedere il meccanismo della transizione.

Gli approcci CFD per lo studio del fenomeno della transizione da laminare a turbolento sono principalmente di due tipi:

• Modello eN

• Modello basato sulle correlazioni sperimentali

Il modello eN si basa sulla teoria lineare e locale per flussi paralleli per valutare

l’amplificazione delle perturbazioni che porta alla transizione. È un metodo semi-empirico in cui si assume che la transizione inizi quando l’ampiezza delle perturbazioni (eN) raggiunge il valore critico del fattore N. Questo, però, non è noto

a priori, ma deve essere valutato attraverso test di volo o prove in galleria del vento. Questo metodo ha fornito ottimi risultati per lo studio della transizione su profili isolati, ma presenta, in generale, diverse problematiche. Infatti basandosi sulla teoria lineare della stabilità del flusso non riesce a predire la transizione dovuta ad effetti non lineari come l’alta turbolenza del flusso incidente (transizione di by-pass) o la rugosità superficiale. Inoltre il modello per essere utilizzato con successo ha bisogno di un codice supplementare per lo strato limite da affiancare alle soluzioni di Navier-Stokes e non si adatta bene a simulare fenomeni tridimensionali a causa della difficoltà nello stimare l’evoluzione della perturbazione lungo le linee di flusso, soprattutto se queste non sono allineate con la griglia.

Il secondo approccio si basa sulla possibilità di mettere sperimentalmente in relazione parametri come la turbolenza del flusso incidente e i gradienti di pressione con il numero di Reynolds calcolato sullo spessore di quantità di moto associato alla transizione. Quest’ultimo si definisce in questo modo:

(13)

dove:

: spessore di quantità di moto associato alla transizione.

Nei modelli basati sulle correlazioni sperimentali si calcola il valore di Reθ

( ) locale e lo si confronta localmente con quello di transizione Reθt

stimato attraverso le correlazioni sperimentali. Quando Reθ eguaglia il valore

critico Reθt per cui si innesca la transizione, entra in gioco un’equazione di

trasporto supplementare che il modello aggiunge alle equazioni del modello di turbolenza base: l’equazione dell’intermittenza γ.

L’intermittenza è la grandezza che regola nel campo la produzione di turbolenza ed è definita come la frazione di tempo in cui il flusso è turbolento durante la transizione. In particolare si ha γ=1 nel caso si flusso totalmente turbolento e γ=0 nel caso di flusso totalmente laminare. Quando viene raggiunto il valore critico Reθt viene attivato un termine nell’equazione di trasporto dell’intermittenza che fa

aumentare bruscamente sul corpo il valore di γ e questo brusco incremento induce le equazioni del modello di turbolenza base a simulare la transizione da laminare a turbolento.

Nonostante siano modelli sufficientemente accurati, anche questi, comunque, presentano alcune problematiche legate alla difficoltà nell’interfacciarsi con i codici di Navier-Stokes. In questi modelli, infatti, è necessario andare a valutare il numero di Reynolds riferito allo spessore di quantità di moto per confrontarlo con quello critico associato alla transizione e questo è reso difficoltoso dalla non conoscenza della posizione del margine esterno dello strato limite stesso, per cui risulta necessario avere un ulteriore algoritmo di ricerca che lo valuti prima di procedere all’integrazione delle equazioni e, quindi, alla stima di Reθ. Inoltre questi

metodi non sono compatibili con l’utilizzo di griglie di calcolo non strutturate e con l’approccio, comunemente usato in CFD, di lavorare in parallelo, dividendo i domini di calcolo tra varie CPU (si dividerebbe anche lo strato limite su varie CPU e questo non permette la valutazione delle sue grandezze integrali).

Per ovviare a queste problematiche sono stati sviluppati modelli per la predizione della transizione che si basano solo su informazioni locali per l’attivazione dell’equazione dell’intermittenza, rendendoli completamente compatibili con i

(14)

codici CFD. Il collegamento tra le correlazioni sperimentali e l’equazione dell’intermittenza è ottenuto tramite l’uso del vorticity Reynolds (Reν) che è una

grandezza locale, definita dalla formula seguente, facilmente valutabile con i codici CFD.

dove:

• y : distanza dalla parete;

• S : valore assoluto del rateo di deformazione; • : modulo della vorticità.

L’importanza di questo parametro giace nella relazione che sussiste tra il massimo valore che esso può assumere nello strato limite e il valore del numero di Reynolds calcolato sullo spessore di quantità di moto Reθ per i profili di Blasius.

La ragione fisica per cui si usa Reν risiede nel fatto che y2S è il parametro

responsabile delle amplificazioni delle perturbazioni, mentre ν è responsabile della loro attenuazione. Visto che y2S aumenta nello strato limite, mentre ν rimane costante, la transizione si ha quando si raggiunge un valore critico per Reν. La

connessione tra questo parametro e l’amplificazione delle perturbazioni è stata messa in luce tramite prove sperimentali da Van Driest e Blumer nel 1963 e su queste ipotesi si basano i modelli di Langtry-Sjolander (2002) e di Walters-Leylek (2002).

Questi modelli, comunque, presentano problemi di calibrazione in presenza di gradienti di pressione. In presenza di questi, infatti, la relazione tra Reνmax e Reθ

varia e l’errore aumenta all’aumentare dei gradienti stessi. Nel caso di gradienti di pressione severi la posizione della transizione non è più correttamente stimata. Un approccio differente che permette di superare questi problemi è quello riassunto nel modello di Menter-Langtry (2005) che utilizza, per prevedere la

(15)

transizione, una combinazione dell’approccio basato su Reν con delle correlazioni

sperimentali che permettono di tenere in considerazione la presenza dei gradienti di pressione e di una certa intensità di turbolenza nel free-stream. Con questo modello si rinuncia a cercare di modellare all’interno della CFD la fisica del processo di transizione, ma il modello diventa un mezzo per implementare le correlazioni ricavate sperimentalmente, all’interno delle quali sono contenute le informazioni relative alla fisica del fenomeno.

(16)

Capitolo 2

Il modello di Menter e Langtry

2.1 Generalità sul modello Gamma ReTheta di Menter e Langtry

Il modello Gamma ReTheta di Menter e Langtry è un modello di predizione della transizione laminare - turbolento basato sulle correlazioni sperimentali. Consente di studiare sia la transizione naturale che quella di by-pass, in presenza o meno di gradienti di pressione. Dal punto di vista analitico si basa principalmente su due equazioni (dalle quali prende il nome il modello stesso):

• Equazione di trasporto dell’intermittenza γ: consente di valutare localmente l’innesco della transizione.

• Equazione di trasporto associata al numero di Reynolds valutato sullo spessore di quantità di moto per cui ha inizio la transizione Reθt:

consente di catturare l’influenza non locale dell’intensità di turbolenza ed è una parte essenziale del modello visto che consente di legare le correlazioni sperimentali al criterio con cui si valuta l’innesco della transizione nell’equazione dell’intermittenza.

La transizione viene forzata attivando un termine di produzione di energia cinetica turbolenta all'interno del modello di turbolenza, l'attivazione di questo termine è basata su una precisa correlazione fra il numero di Reynolds in corrispondenza dello spessore della quantità di moto (Reθ) e il Vorticity-Reynolds (Rev). La

seconda equazione rappresenta il trasporto del Reθ all'interno dello strato limite, in

particolare questa equazione di trasporto è quella che consente di introdurre le correlazioni sperimentali che sono alla base del modello di transizione.

Lo schema logico alla base del modello di transizione può essere descritto nel modo seguente:

• viene definito il valore Reθt mediante correlazioni sperimentali che lo legano

all'intensità della turbolenza nel free stream;

• questo valore del Reynolds critico viene forzato a rimanere costante all'esterno dello strato limite mentre viene fatto variare all'interno dello strato

(17)

limite mediante l'equazione del trasporto di Reθ definendo cosi (non è

altro che il valore del Reynolds in corrispondenza dello spessore di quantità di moto critico calcolato all'interno dello strato limite);

• tramite correlazioni sperimentali si mette in relazione calcolato all'interno dello strato limite con il valore di del Reynolds critico che causa la transizione Reθc;

• questo valore del Reynolds critico cosi definito entra all'interno dell'equazione del trasporto dell'intermittenza che va a forzare la transizione nelle strato limite, la transizione viene forzata valutando sia Reθ che Rev.

2.2 Equazioni di trasporto del modello di Menter e Langtry

Come si è detto nel par. 2.1, il modello di Menter e Langtry sfrutta due equazioni di trasporto: quella dell’intermittenza e quella di Reθt.

L’equazione di trasporto dell’intermittenza per questo modello è definita dalla formula seguente.

( )

(

)

        ∂ ∂         + ∂ ∂ + − + − = ∂ ∂ + ∂ ∂ j f t j j i x x E P E P x U t

γ

σ

µ

µ

γ

ρ

ργ

γ γ γ γ1 1 2 2 dove:

(

γ

)

α

ρ

γ c onset a lenghth c S F F P1 = 1

γ

γ γ1 c1P1 E = e

sono i fattori di transizione con:

(

t

)

length f

F = R~eϑ funzione che controlla la lunghezza della regione di transizione ottenibile con correlazioni sperimentali

(

2 3

)

max onset onset

onset F F

F = − funzionecheinnescaproduzione γ con:

c v onset F ϑ Re 193 . 2 Re 1 =

(

)

(

max , ,2

)

min 1 14 2 onset onset onset F F F =

(18)

              − = ,0 5 . 2 Re 1 max 3 3 T onset F Le costanti sono ca1 = 2 e ce1 = 1

I fattori di re-laminarizzazione sono:

turb a F c Pγ2 = 2

ρ

γ

γ

γ γ2 c 2P2 E = e con: 4 4 Re       − = T e

Fturb termine per disabilitare il termine di distruzione di γ fuori dallo strato limite

ca2 = 0.06 e ce2 = 50 ; 1 = f

σ

.

I fattori di re-laminarizzazione servono per tenere γ=0 nelle zone laminari e per prevedere eventualmente la re-laminarizzazione. Il parametro Fonset è la vera

novità di questo modello: la crescita di γ, e quindi l’innesco della transizione, non è direttamente regolata da Reν, ma da Fonset=f(Reν).

Il termine Reθc è il numero di Reynolds riferito allo spessore della quantità di moto

per il quale si ha l’inizio della crescita dell’intermittenza e si ottiene da correlazioni sperimentali(Reθc=f(Reθt)). Vistalasuadefinizione,deveesserenecessariamente:

Reθc < Reθt.

L’equazione di trasporto associata al numero di Reynolds valutato sullo spessore di quantità di moto per cui ha inizio la transizione per il modello di Menter e Langtry è espressa dalla formula seguente. L’equazione descrive il modo di diffondere all’interno dello strato limite della variabile , nota per mezzo di correlazioni sperimentali nel freestream.

(

) (

)

(

)

        ∂ ∂ + ∂ ∂ + = ∂ ∂ + ∂ ∂ j t t t j t j t j t x x P x U t ϑ ϑ ϑ ϑ ϑ

ρ

σ

µ

µ

ρ

R~e R~e R~e

(19)

dove:

(

t t

)

(

t

)

t t F t c Pϑ = ϑ ρ Reϑ −R~eϑ 1− ϑ 03 . 0 = t cϑ 2 500 U t ρ µ =                               − − − =      − 1 , 1 1 1 1 , max min 2 2 2 4 e e y wake t c c e F F

γ

δ ϑ 2 5 10 Re      − = ω e Fwake

µ

ρω

ω 2 Re = y BL U y δ δ =50Ω BL BL ϑ δ 2 15 = U t BL ρ µ ϑ Reϑ ~ = 2 = t ϑ σ

Il termine serve a forzare il valore di nello strato limite a coincidere con il valore locale di nel freestream, mentre è una funzione di mescolamento che attiva il termine nello strato limite e permette a di diffondere dal freestream allo strato limite ( nel freestream e nello strato limite). Nel caso di flussi laminari con bolla di separazione, l’equazione di trasporto dell’intermittenza data dalla (2.2) non riesce a predire in modo corretto il punto di transizione e soprattutto prevede un riattacco dello strato limite più a valle della realtà. Questo è dovuto ad alcuni problemi nella definizione di k, che deve poter crescere rapidamente dentro lo strato limite separato. Per ottenere l’aumento di k, si permette che sia γ>1 nel flusso separato nello strato limite e, quindi, si varia la

(20)

relazione tra Reν e Reθc. L’equazione che permette di tenere conto dell’effetto

della bolla di separazione è la seguente:

t reattach c v sep s F Fϑ ϑ γ               −       = 1 ,2 Re 235 . 3 Re max min 1 dove:

s1 : controlla la grandezza della bolla di separazione;

4 20 Re      = T e

Freattach : disabilita le “modifiche” quando ReT è abbastanza grande da

avere riattacco;

Naturalmente il valore effettivo di γ sarà dato da:

(

sep

)

eff γ γ

γ =max ,

Per quanto riguarda l’interazione tra il modello di transizione e il modello di turbolenza SST k-ω i termini di produzione e distruzione si possono porre pari a: k eff k G G~ =γ

(

)

(

eff

)

k k Y Y~ =min maxγ ,0.1,1

Per il modello di Menter e Langtry, per quanto detto, vengono utilizzate tre correlazioni sperimentali:

• : valore del numero di Reynolds valutato sullo spessore di quantità di moto per cui si ha transizione funzione dell’intensità di turbolenza e del gradiente di pressione presenti nel freestream (la correlazione vale solo nel freestream);

Flength f

(

Reϑt

)

~

= : lunghezza della zona in cui avviene la transizione funzione di (ottenuta da diverse sperimentazioni svolte su lastra piana);

• ϑc f

(

Reϑt

)

~

Re = : il valore di Reynolds al quale si “attiva” il modello

(21)

Gli autori del modello Gamma ReTheta Menter e Langtry ([2], [3]) non hanno divulgato le correlazioni sperimentali necessarie per completare il loro modello e nel software StarCCM+ sono implementate le equazioni riportate sopra. Il programma, comunque, permette la modifica di queste nel caso in cui si sia in possesso di correlazioni sperimentali sviluppate autonomamente.

2.3 Modello di transizione Gamma ReTheta in StarCCM+

Il modello Gamma ReTheta si presenta come alternativa al modello di transizione precedente basato sulla soppressione della turbolenza.

Il modello Gamma ReTheta può essere attivato dal comando che gestisce i modelli fisici che descrivono il problema considerato (Physics models). In particolare si attiva una volta attivato il modello di turbolenza SST k-ω.

Per poter utilizzare correttamente il modello in questione, oltre a tutte le altre impostazioni indipendenti dalla transizione che è necessario impostare per descrivere al meglio la fisica del problema, occorre:

• impostare in una determinata sezione di ingresso i valori di intensità di turbolenza (I) e di Turbulent viscosity ratio (TVR);

• definire il valore massimo dell’altezza dello strato limite a partire dalla parete del corpo (FSE – Free Stream Edge);

• impostare una griglia di calcolo in modo che il Dimensionless Wall Distance (y+) sia compreso tra determinati valori.

La prima condizione si riferisce alla definizione delle variabili necessarie per rappresentare, in termini di turbolenza, il flusso esterno e la definizione delle due costanti deve essere impostata in una sezione posta a monte del corpo ad una distanza ben definita in modo da prevedere con correttezza il decadimento della turbolenza nel flusso esterno.

In particolare il parametro TVR (Turbulent viscosity ratio) è definito in questo modo:

Questi due parametri vengono definiti in corrispondenza delle zone di inlet del dominio di calcolo per cui si deve considerare anche come queste due grandezze decadono all'interno del flusso. All'interno del codice di calcolo le equazioni che

(22)

regolano il decadimento di queste grandezze sono state ricavate da quelle utilizzate all'interno del modello di turbolenza per descrivere l'andamento di k e ω:

087 . 1 0828 . 0 1 − ∞       + = inlet inlet U x k k ω 1 0828 . 0 1 − ∞       + = inlet inlet U x ω ω ω

Nelle equazioni sopra riportate con x si indica la distanza dalla superficie di inlet mentre con U∞ si indica la velocità asintotica del flusso che viene considerata

costante in tutto il dominio di calcolo. Dalle leggi di decadenza di k e ω è possibile ricavare quelle di I e TVR introducendo le seguenti equazioni che mostrano il legame fra le varie grandezze:

∞ = U k I (2 3) ωµ k TVR=

Sostituendo si ottengono le seguenti leggi di decadimento:

5435 . 0 2 1242 . 0 1 − ∞       + = inlet inlet inlet TVR I U x I I µ ρ 087 . 0 2 1242 . 0 1 − ∞       + = inlet inlet inlet TVR I U x TVR TVR µ ρ

L’impostazione di questi due parametri, come si vedrà in seguito, rappresenta un fattore estremamente importante per la buona riuscita della valutazione del punto di transizione dello strato limite.

Per quanto riguarda i valori da assegnare a queste grandezze il manuale di star-ccm+ consiglia solamente di mantenere il valore di TVR in corrispondenza dell'inlet in un intervallo di valori che va da 1 a 10 se si stanno studiando fenomeni di transizione naturale o con bassi effetti di by-pass. Per l'intensità di turbolenza

(23)

non viene riportato alcun vincolo, in letteratura vengono definiti dei valori plausibili dell'intensità di turbolenza che dipendono dal tipo di flusso:

• per flussi a bassa turbolenza si arriva all'1% (I=0.01); • per flussi a media turbolenza si arriva al 5% (I=0.05); • per flussi ad elevata turbolenza si arriva al 10% (I=0.1).

La seconda condizione riguarda la definizione approssimativa del margine esterno dello strato limite, o per meglio dire una stima iniziale del massimo spessore dello strato limite. La stima di questo valore può essere ottenuta, visto che si tratta di analisi su lastre piane, dalla formula seguente.

Essendo una prima stima, ci si rifà ad una distanza x=L (con L lunghezza della piastra) supponendo, come plausibile, che lì si abbia il valore massimo di spessore dello strato limite e si prende la velocità pari alla velocità del flusso incidente. La costante A si prende pari a 5.

Naturalmente, l’altezza massima dello strato limite è ignota a priori e, quindi, occorrerà verificare il suo valore a posteriori. Dal punto di vista computazionale il modello implementato in StarCCM+ necessita di questo valore per poter definire in modo corretto le equazioni di trasporto che descrivono il modello stesso. In particolare il valore di FSE viene impostato attraverso la definizione di una Field Function che riesce a distinguere tra la zona interna allo strato limite (dove vale 0) e la zona esterna allo strato limite (dove vale 1). La sintassi con cui viene impostata la Field Function è la seguente (distanza della parete per ipotesi pari a 50 mm):

$WallDistance>0.050?1:0

L’ultima condizione riguarda la qualità della griglia di calcolo in termini di infittimento delle celle in direzione perpendicolare alla parete. Il parametro che descrive la bontà della scelta rispetto a questa caratteristica è il Dimensionless Wall Distance (y+), definito come segue:

(24)

dove:

τ: tensione tangenziale alla parete nel generico punto x lungo la lastra.

Secondo il manuale di StarCCM+ si deve fare in modo che la griglia sia tale da avere 0.1<y+<1, mentre secondo [3] conviene che sia y≈1. All’aumentare del valore di y+ (soprattutto per y+>5) ci si può aspettare un anticipo del punto di transizione. Non è possibile conoscere il valore di tale parametro a priori, ma deve essere verificato alla fine del processo computazionale. Nel caso non siano verificate le precedenti condizioni si deve andare a correggere opportunamente la griglia di calcolo (mesh).

(25)

Capitolo 3

Analisi della stabilità dello strato limite

3.1 Descrizione del modello

Nel paragrafo 1.3 sono stati descritti i due principali meccanismi di innesco della transizione, in particolare facciamo riferimento alla transizione naturale. La transizione naturale si innesca a causa della presenza nello strato limite delle Tollmien-Schlichting waves, onde bidimensionali che si generano trasversalmente al flusso. Questo onde bidimensionali, superato un valore critico del numero di Reynolds, tendono a diventare instabili causando la transizione dello strato limite da laminare a turbolento.

Nello studiare la stabilità lineare non viscosa dello strato limite, Anderson osservò che introducendo delle linee vorticose, in corrispondenza del bordo di attacco di una lastra piana, queste avevano un effetto stabilizzante sulle T-S waves. Si riusciva quindi a spostare la transizione verso valori del numero di Reynolds critico più alti.

Il modo più semplice di generare questi vortici stabili risulta essere quello di introdurre della rugosità all'interno dello strato limite. A tale proposito, Bakchinov ha utilizzato una serie di elementi rugosi costituiti da prismi a base quadrata per generare le linee vorticose.

Tutte le prove sperimentali che sono state svolte su lastre piane con bassa velocità del flusso hanno mostrato come gli effetti benefici dell'interazione fra le T-S waves e le linee vorticose sono massimi quando l'altezza degli elementi che costituiscono la rugosità risulta essere pari a:

δ

2

k

U

x

ν

δ

(26)

Dato che si fa riferimento a una lastra piana, dalla teoria di Blasius possiamo anche ricavare l'altezza dello strato limite che può essere espressa nel modo seguente:

Re

5

ν

x

δ

Si deduce che l'altezza della rugosità deve essere pari a circa il 40% dell'altezza dello strato limite che si viene a generare sulla lastra piana. Quanto riportato è vero in maniera esatta solo nel caso della lastra piana ad incidenza nulla in quanto sono nulli i gradienti di pressione.

Facendo riferimento all'articolo “Experimental and theoretical investigation of the nonmodal growth of steady streaks in a flat plate boundary layer” pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Physics of Fluids, Volume 16, Numero 10 dell'ottobre 2004 si descrive il lavoro di H.M Fransson, L. Brandt, A. Talamelli e C. Cossu [4].

Si tratta di una campagna di prove su una lastra piana in cui gli elementi che costituiscono la rugosità sono dei cilindri che generano dei vortici a ferro di cavallo. Tali vortici mostrano un effetto stabilizzante sulle T-S waves che consente di ridurre la resistenza di attrito sulla lastra piana.

Per semplificare l’esperimento, questi elementi vengono posizionati nella porzione centrale della lastra dove lo strato limite è sostanzialmente più sottile. Per ottenere una buona omogeneità, si introducono nove elementi equidistanti fra loro.

I parametri rilevanti in questo studio sono quindi l’altezza dello strato limite, l’altezza e il diametro dei cilindri, la loro spaziatura e la distanza dal bordo d’attacco.

La geometria utilizzata durante queste prove sperimentali è costituita da una lastra piana lunga 4,2 m e larga 1,2 m che presenta un flap sul bordo di uscita il cui scopo è quello di annullare i gradienti di pressione sulla lastra. La rugosità è costituita da 9 cilindretti posti ad una distanza fissata dal bordo di attacco aventi diametro di 2mm, altezza di 0,780 mm ed interasse di 8mm. La geometria viene riportata nell'immagine seguente.

(27)

Figura 3.1: Apparato sperimentale

Nell'immagine riportata di seguito vengono illustrate le linee vorticose che si generano in corrispondenza della rugosità impressa sulla lastra. Queste linee vorticose che si vengono a generare sono molto efficienti nell'allontanare dalla parete il fluido con bassa energia mentre spingono verso la parete il fluido con elevata energia, trasportandolo dalle zone più esterne dello strato limite.

(28)

3.2 Impostazione delle prove CFD

Il corpo centrale di questa tesi è la simulazione tramite CFD delle prove sperimentali che sono state effettuate da H.M Fransson, L. Brandt, A. Talamelli e C. Cossu.

Si vuole dunque studiare il flusso sulla lastra piana all’interno della galleria del vento.

Le dimensioni di questa sono fissate, si costruisce quindi un box dalle dimensioni tali da far corrispondere le sue pareti con quelle della galleria stessa.

Si aggiunge poi, a monte e a valle della galleria, un dominio con la stessa sezione trasversale.

Le dimensioni di tale dominio sono comunque oggetto di prove di sensibilità, in modo da garantire che la scelta della sua lunghezza non influenzi il risultato delle simulazioni.

La lastra è ricavata da uno dei lati (boundary) del dominio di calcolo: il boundary in questione è diviso in 5 parti di cui quelle più esterne (a monte e a valle della galleria) vengono modellate come piani di simmetria mentre le tre centrali sono modellate come pareti solide e corrispondono al piano di galleria.

E’ necessario però che queste tre parti siano fra loro distinte per poter valutare la forza che agisce solo sulla porzione di piano che corrisponde alla lastra.

3.2.1 Il modello K-ɛ

Come precedentemente detto, è necessario andare a valutare l’influenza della grandezza del dominio di calcolo sui risultati delle prove.

In particolare si sono valutati tre diversi box via via crescenti.

Per questo tipo di prova di sensibilità si sceglie una griglia di calcolo che si mantiene costante per i tre casi, mantenendo lo stesso valore di intensità di turbolenza e di TVR.

Si sceglie di lasciare i valori di default del programma ovvero: I= 0,01 e TVR= 10

Per quanto riguarda la griglia di calcolo utilizzata per lo studio, si è scelta una griglia con celle poliedriche (mesh poliedrica) che poi viene infittita alla parete

(29)

tramite opportuni “strati” di mesh aggiunti alla griglia base (prism layer mesher), per andare a cogliere lo strato limite. Si riportano quindi i modelli di STAR-CCM+ e i principali valori di riferimento della griglia:

■ Modelli

• Surface remesher • Polyedral mesher • Prism Layer mesher

■ Valori di riferimento

• Base size 0.25 m

• Prism Layer Stretching 1.5

• Prism Layer thickness 0.075 m

• Surface curvature 36.0

• Surface grow rate 1.2

• Surface size:

- Relative minimum size 25% - Relative Target size 100% • Polyedral density

- density 1

- growth factor 1

I dati relativi alla griglia sono quelli generali. Sulle varie superfici in cui è suddiviso il corpo questi valori sono stati modificati, in particolare la griglia è stata infittita in prossimità della lastra e dei cilindretti per aumentare l’accuratezza del risultato. Si riportano di seguito anche le caratteristiche del modello fisico impostato.

• three dimensional; • stationary;

(30)

• gas (air); • segregated flow; • constant density; • turbulent; • Reynolds-average Navier-Stockes; • K-Epsilon turbulence: - turbulence intensity 0.01; - turbulent viscosity ratio 10.

Si riportano in tabella le caratteristiche dei tre box con il coefficiente di resistenza di attrito della lastra che viene scelto come parametro per il confronto.

Dimensione anteriore

Dimensione

posteriore Surface Size Box

N° gallerie metri N° gallerie metri

min size [Cm] target size [Cm]

Celle

Cd

1

1 7 2 14 6 12 116000 0,004011

1-1

1 7 2 14 3 5 311000 0,004011

2

2 14 3 21 6 12 123000 0,004011

2-1

2 14 3 21 3 5 488860 0,004010

3

3 21 5 35 6 12 157000 0,004010

3-1

3 21 5 35 3 5 617000 0,004002

Tabella 3.1: Sensibilità alle dimensioni del dominio

In tabella viene anche indicato il surface size relativo alla parte anteriore e posteriore del dominio di calcolo. In virtù dei risultati ottenuti, è lecito pensare che in questo specifico problema le dimensioni del box e la relativa mesh non siano così influenti. Si sceglie pertanto di lavorare con il Box 1 poiché richiede un numero più basso di celle.

Sensibilità ai parametri della griglia

Si ritiene indispensabile in una prima fase di studio valutare l’influenza della griglia di calcolo sui risultati. Si fanno quindi variare i parametri caratteristici come base size, surface size, altezza del prism layer e numero di prism layer.

(31)

In particolare gli ultimi due parametri definiscono il valore dell’y+ che per il modello

k- ɛ deve essere superiore a 30.

Surface Size Lastra

Prova

Base Size

[m]

Min Size [cm] Target Size [cm]

N° Celle

Cd

1

0,25 1,5 3,0 116000 0,004011

2

0,20 1,0 2,0 346000 0,003967

3

0,25 1,0 1,0 723000 0,004023

Tabella 3.2: Sensibilità ai parametri della mesh

Grafico 3.1: Coefficiente d’attrito delle prove 1, 2, 3

Prova

Base Size

[m]

N° Prism

Layer

Prism Layer

Thickness [cm]

N° Celle

Cd

A

0,25 5 7,5 190000 0,004027

B

0,25 8 7,5 230000 0,003864

C

0,25 12 7,5 316000 0,004093

D

0,25 16 7,5 350000 divergenza

(32)

Grafico 3.2: Coefficiente d’attrito delle prove A, B, C

Grafico 3.3: Valori dell’y+ delle prove A, B, C

Sensibilità ai parametri della turbolenza

In prima analisi si decide di mantenere costante l’intensità di turbolenza pari ad un valore intermedio (I=0,035) e si modifica il valore di TVR in ingresso fra valori compresi tra 1 e 10.

(33)

Si ottengono così i seguenti risultati:

Prova

I

TVR

N° Celle

Cd

1-1

0,035

1

116000 0,002526

1-5

0,035

5

116000 0,003564

1-10

0,035

10

116000 0,004011

Tabella 3.4: Sensibilità al valore del TVR

Grafico 3.4: Coefficiente d’attrito delle prove 1-1, 1-5, 1-10

Per la teoria di Blasius per un flusso completamente turbolento si ha:

5

Re

072

.

0

=

Cd

e nel nostro caso si ottiene Re=2013698 e Cd=0.003949.

Si nota quindi come le simulazioni con un TVR pari a 10 abbiano un valore molto vicino a quello teorico.

In mancanza di altre indicazioni si ritiene opportuno effettuare le prove successive con il valore di TVR fissato e pari a 10.

(34)

Successivamente, mantenendo costante il valore del TVR pari a 10, si fa variare il valore dell’intensità di turbolenza in ingresso fra valori compresi tra l’ 1% e il 5%, ottenendo i seguenti risultati:

Prova

TVR

I

Cd

2-0.01

10 0,01 0,003996

2-0.035

10 0,035 0,003967

2-0.05

10 0,05 0,003975

Tabella 3.5: Sensibilità al valore dell’intensità di turbolenza

Analizzando i risultati si vede come il parametro I non sia influente per il caso in cui si utilizzi il modello K-ɛ che modella il flusso come se fosse completamente turbolento.

Individuati così tutti i parametri che definiscono sia la griglia (si farà riferimento alla prova 2) che la fisica del problema (parametri della turbolenza), si aggiungono i cilindretti sulla lastra, in modo da valutare il loro effetto sul coefficiente di resistenza.

La mesh rimane sostanzialmente invariata tranne che per la presenza di un volume di controllo nell’intorno dei cilindretti, in modo da poter infittire la griglia in tale zona.

La prova con i cilindretti si ripete per tre griglie di calcolo che si differenziano tra loro per le dimensioni e l’infittimento del volume di controllo.

In particolare si è preso in considerazione un volume di controllo dalle dimensioni appena maggiori della zona interessata dai cilindretti (prove C e C-2), ed uno dalle dimensioni maggiori nella direzione del flusso (prova C-1).

Prova

Base

Size [m]

Base Size volume

di controllo [m]

Celle

Cd

C

0,25 7,5 exp - 4 395000 0,003976

C-1

0,25 7,5 exp - 4 490000 0,003976

C-2

0,25 3,75 exp - 4 524000 0,003976

(35)

Si nota quindi dalla tabella come la soluzione sia indipendente dalle dimensioni del volume di controllo e dal suo infittimento, purché le celle siano sufficientemente piccole per poter rappresentare i cilindretti.

Nelle immagini seguenti si mettono in risalto le streamlines e il campo di velocità nell’intorno dei cilindretti per verificare che le linee vorticose siano state generate e descritte in maniera corretta.

Figura 3.3: Streamlines

(36)

Entrambe le immagine confermano la presenza dei vortici che si formano dietro i cilindretti, la prima mostrando le streamlines e la seconda il campo di velocità indotto dai vortici stessi.

Nella tabella successiva si riportano invece i risultati, in termini di coefficiente di resistenza, al variare dell’intensità di turbolenza.

Prova

Base

Size [m]

Intensità di

turbolenza

Celle

Cd

C-0.01

0,25 0,01 395000 0,003987

C-0.035

0,25 0,035 395000 0,003976

C-0.05

0,25 0,05 395000 0,004021 Tabella 3.7: Sensibilità al valore dell’intensità di turbolenza per la lastra con i cilindretti

Grafico 3.5: Coefficiente d’attrito per le prove C-0.01, C-0.0035, C-0.05

Siamo ora in grado di poter effettuare il confronto tra le prove con la lastra piana con i cilindretti e quelle con la sola lastra.

(37)

In tabella si va a riassumere i risultati ottenuti con le condizioni che sembrano dare risultati più accurati.

Intensità di

turbolenza

N° Celle

Cd

Cd [%]

Lastra

0,01 346000 0,003996

Cilindretti

0,01 395000 0,003987 -0,23

Lastra

0,035 346000 0,003967

Cilindretti

0,035 395000 0,003976 0,23

Lastra

0,05 346000 0,003975

Cilindretti

0,05 395000 0,004021 1,14

Tabella 3.8: Confronto tra la lastra piana e la lastra con i cilindretti

Le percentuali riportate in tabella vanno a sottolineare il fatto che non si siano riscontrate particolari differenze fra i due casi.

(38)

3.2.2 Il modello

k-ω

Data l’insensibilità alla presenza dei cilindretti del modello K-ɛ, si ritiene necessario valutare l’effetto della micro rugosità sul flusso con il modello k- ω.

Il modello che definisce la griglia rimane invariato, quello fisico cambia solo per il modello di turbolenza.

Parte dei ragionamenti fatti sulle prove di sensibilità effettuate per il modello K-ɛ rimangono validi. In particolare non si ripetono le prove di sensibilità al dominio utilizzandoilbox1esimantienefissatoilvaloredelTVRparia10pertuttele prove. Il modello utilizzato in questa fase è in grado di prevedere la linea di transizione per cui si effettuano prove di sensibilità per valutare l’effetto della griglia sulla posizione di tale linea oltre che sui coefficienti di forza. La spaziatura della griglia superficiale sulla lastra può influenzare infatti la posizione della linea di transizione poiché i termini di produzione di turbolenza nelle equazioni vengono attivati in corrispondenza della cella in cui si raggiungono le condizione critiche del Reynolds calcolato sullo spessore di quantità di moto, per cui una griglia troppo rada può falsare la zona in cui si innesca la transizione.

Si passa da una mesh con 200˙000 celle, con un base size pari a 0.3m, con delle celle superficiali sulla lastra di 18mm a una mesh con 600˙000 celle e con lo stesso base size ma con delle celle superficiali sulla lastra pari a 7.5mm. Si sono effettuate anche delle prove in cui si è fatto in modo di mantenere il valore dell’y+ nel giusto intervallo variando l’altezza del prism layer.

Si ritiene utile eseguire anche un’analisi di sensibilità all’y+ poiché i valori richiesti dal modello per questo parametro (0.1<y+<1) sono estremamente ridotti e questo ha la grossa controindicazione di richiedere elevati numeri di celle per le griglie di calcolo. Questo aspetto può diventare computazionalmente oneroso per uno studio tridimensionale con una geometria più complessa, pertanto risulta utile andare a valutare se in effetti si possa lavorare con valori di y+ maggiori rispetto a quelli consigliati.

Si studia anche il comportamento del flusso al variare dell’intensità di turbolenza in ingresso;taliprovedisensibilitàsonofinalizzateallavalutazionedella propagazione dell’eventuale errore legato ad una non corretta stima di questa variabile e all’individuazione di eventuali effetti caratteristici di un dato livello di turbolenza.

(39)

L’ultima analisi di sensibilità si riferisce al Free Stream Edge ed è importante valutare l’effetto di questo parametro perché essendo un dato necessario per il modello, ma non noto a priori, è interessante capire se una precisa valutazione di questo sia necessaria ai fini di ottenere un buon risultato. In caso contrario, sarà possibile fissare un valore ragionevole senza dover di volta in volta verificare a posteriori il suo effetto.

Sensibilità ai parametri della griglia

La griglia di calcolo è uno degli elementi essenziali nell’ambito di un’analisi agli volumi finiti in quanto consente di suddividere il dominio continuo in analisi in un certo numero di elementi di forma definita. Forma e infittimento degli elementi della griglia possono influenzare anche in maniera significativa il risultato di un’analisi CFD, motivo per cui è evidente che le mesh utilizzate debbano avere buone caratteristiche in termini di qualità delle celle e debbano avere un numero sufficiente di elementi a descrivere il dominio in esame.

Da questo punto di vista un analisi con il modello k-omega è molto delicata poiché si deve generare una mesh tale da verificare certi requisiti.

Si sceglie di effettuare tutte le prove di sensibilità ai parametri che caratterizzano la griglia ad un livello di intensità di turbolenza fissato a 0.035, valore intermedio fra quelli considerati per il modello k-epsilon.

Si riportano in tabella i dati relativi alle griglie di calcolo delle prove effettuate specificando la dimensione delle celle superficiali sulla lastra piana.

Surface Size Lastra

Prova

Base Size

[m]

Min Size [cm] Target Size [cm]

Celle

Cd

1

0,25 6,0 12,0 59000 0,003312

2

0,25 3,75 7,5 139000 0,003266

3

0,25 1,25 2,5 328000 0,003135

4

0,20 0,75 1,5 587000 0,003144

5

0,20 0,5 1,0 951000 0,003136

(40)

Si nota che oltre un certo livello di infittimento sulla lastra piana la soluzione risulta stabile. Griglie di calcolo con celle più grandi forniscono risultati meno accurati, ciò si può spiegare analizzando i grafici seguenti che descrivono l’andamento del coefficiente di attrito lungo la lastra, mettendo in evidenza il punto di transizione. Infatti la transizione da regime laminare a turbolento si caratterizza per un incremento delle forze tangenziali legate al gradiente di velocità alla parete.

Grafico 3.7: Coefficiente d’attrito per le prove al variare del numero di celle

Si vede come le due prove a basso infittimento descrivano in modo parziale e scorretto la zona di transizione. Si può evidenziare meglio questo effetto riportando un ingrandimento di tale parte del grafico.

(41)

Lo stesso tipo di prova è stata effettuata anche ad un livello di intensità di turbolenza più basso (I=0,0035) e mette in risalto come il punto di transizione sia significativamente mal rappresentato dalle prove a basso numero di celle.

Grafico 3.9: Coefficiente d’attrito per le prove a un’intensità di turbolenza di 0.0035 E’ interessante valutare l’effetto dell’altezza del prism layer (strato limite); si sono fatte prove con altezze variabili e con un numero di prism layer diverso per mantenere il valore dell’y+ compreso nell’intervallo richiesto dal modello d transizione. Gli altri dati caratteristici della griglia sono rimasti invariati rispetto alla prova 3.

Prova

N° Prism

Layer

Prism Layer

Thickness [cm]

Celle

Cd

3-A

12 3 294000 0,003133

3-B

14 5 328000 0,003186

3-C

14 7,5 328000 0,003135

3-D

16 10 365000 0,003156

Tabella 3.10: Sensibilità all’altezza e al numero di prism layer

Valutando i valori del coefficiente di resistenza ottenuti si nota come non ci sia una sostanziale differenza fra i quattro casi e la differenza, in valore percentuale, si mantiene in un intorno del’1%.

Figura

Figura 3.2: Rappresentazione delle linee vorticose
Tabella 3.1: Sensibilità alle dimensioni del dominio
Tabella 3.3: Sensibilità al numero dei prism layer
Tabella 3.6: Sensibilità alle dimensioni del volume di controllo per la lastra con i cilindretti
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