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"I risultati a medio e lungo termine di oltre 100 instabilita anteriori di spalla trattate chirurgicamente: studio retrospettivo"

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(1)

UNIVERSITA‟ DEGLI STUDI DI PISA

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

“RISULTATI A MEDIO E LUNGO

TERMINE DI OLTRE 100 INSTABILITA‟

ANTERIORI DI SPALLA TRATTATE

CHIRURGICAMENTE: STUDIO

RETROSPETTIVO”

Candidato:

Relatore:

Giulia Maccari

Chiar.mo Prof. Giulio Guido

(2)

Ai miei genitori,

per essere stati sempre un cosstante sostegno durante questo lungo e difficile percorso.

(3)

SOMMARIO

RIASSUNTO ... 4

ANATOMIA, FISIOLOGIA E BIOMECCANICA DELL‟ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE ... 6

EZIOPATOGENESI E CLASSIFICAZIONI DELLE INSTABILITA‟ DI SPALLA ... 27

GRUPPO TRAUMATICO: ... 27

GRUPPO ATRAUMATICO ... 28

VALUTAZIONE CLINICA E STRUMENTALE DELLE INSTABILITA‟ ... 31

STUDIO RADIOGRAFICO ... 41

STUDIO ECOGRAFICO ... 47

TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA (TAC) ... 47

RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE (RMN) ED ARTRO-RMN ... 48

INDICAZIONI E TRATTAMENTO CHIRURGICO ARTROSCOPICO ED ARTROTOMICO ... 52

S.C.O.I. TECNIQUE ... 53

TRATTAMENTO CHIRURGICO "OPEN" ... 54

STUDIO RETROSPETTIVO: MATERIALE E METODI ... 57

CONCLUSIONI ... 66

(4)

RIASSUNTO

Le instabilità di spalla sono una patologia che affligge numerosi pazienti, la gran parte dei quali in età lavorativa e soprattutto sportivi.

Fino a pochi anni fa le instabilità di spalla venivano trattate in modo

conservativo o con chirurgia a cielo aperto. Il miglioramento della diagnostica radiologica (TAC, RMN, Artro-RMN…) e l‟avvento della chirurgia artroscopica, hanno modificato molto sia i criteri classificativi (TUBS, AMBRI, ALPSA e SLAP lesion), che la possibilità di trattare con accessi chirurgici minimi, lesioni che precedentemente richiedevano un trattamento a cielo aperto o addirittura di poter trattare lesioni altrimenti non riparabili con la chirurgia tradizionale . L‟incidenza di instabilità traumatiche è del 1,7% nella popolazione generale. Il tipo più comune di instabilità è quella anteriore, rappresentando oltre il 90% di tutte le lussazioni. Lesioni associate della struttura

capsulo-cercine-ligamentosa, possono giocare un ruolo importante nell‟instabilità ricorrente. Esistono varie tecniche chirurgiche, artroscopiche e a cielo aperte o “open”, applicabili all‟instabilità anteriore: l‟opzione del trattamento deve essere legata al tipo di paziente e alle sue aspettative, per condurre all‟outcome migliore possibile.

Questo studio retrospettico ha valutato 102 pazienti, trattati chirurgicamente presso la II° Clinica Ortopedica dell‟Università di Pisa dal 2006 al 2013, di età compresa tra i 17 e i 74 anni (età media di 30,76 anni).

Ogni paziente è stato valutato pre-operativamente con due schede di valutazione: la Constant Score e la Instability Severity Index Score- I.S.I.S..

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In particolare la scheda I.S.I.S. ci ha permesso di poter indirizzare ciascun paziente verso il trattamento chirurgico più idoneo (artroscopico o a cielo aperto)

Nel post-operatorio, abbiamo utilizzato le schede di valutazione Si ple Shoulder Test, la Patient self evalutation e il Rowe score.

Il follow-up ci ha permesso di esprimere delle considerazioni sia cliniche sia di tecnica chirurgica. Ad oggi possiamo affermare che nei casi trattati sono stati raggiunti dei risultati soddisfacenti.

(6)

ANATOMIA, FISIOLOGIA E BIOMECCANICA

DELL’ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE

La spalla, articolazione prossimale dell‟arto superiore, è la più mobile di tutte le articolazioni del corpo umano. Possiede tre gradi di libertà, che le permettono di orientare l‟arto superiore nei tre piani dello spazio e di eseguire movimenti di:

 flessione (anteposizione) - estensione (retroposizione) sul piano sagittale

 abduzione-adduzione sul piano frontale

 intrarotazione-extrarotazione sul piano orizzontale.

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Le ossa che costituiscono il complesso articolare della spalla sono:

1. il cingolo scapolare costituito dalla clavicola, la scapola e lo sterno.

2. l‟omero.

La clavicola è un osso corto, cilindrico, a forma di esse, posto a ponte tra scapola e sterno; con quest‟ultimo stabilisce l‟unico contatto tra il torace e l‟arto superiore. E‟ posta nella porzione antero-superiore del torace ed ha una disposizione quasi orizzontale. La clavicola è appiattita dall‟alto in basso; pertanto nel complesso si distinguono due facce, due margini e due estremità.

(8)

La faccia superiore è in contatto diretto con la pelle,separata solo dal muscolo pellicciaio; la sua superficie è liscia ad eccezione delle due estemità, dove piccole salienze rugose corrispondono alle inserzioni del fascio clavicolare dello sternocleidomastoideo (mediale) e del deltoide e trapezio (laterale).

La faccia inferiore è convessa e a contatto con la prima costa e all‟apofisi coracoide; nel terzo medio c‟è la tuberosità costale dove si inserisce il legamento costo-clavicolare. Più lateralmente si trovano la doccia succlavia e la tuberosità coracoidea per l‟inserzione del muscolo succlavio e dei legamenti coraco-clavicolari, rispettivamente.

I due margini seguono il profilo delle curve clavicolari. Il margine anteriore dà inserzione al terzo mediale al muscolo gran pettorale e in quello laterale al deltoide. Sul margine mediale, invece, si inseriscono il fascio clavicolare dello sternocleidomastoideo e il trapezio.

L‟estremità mediale (sternale) ha forma quadrata, ovale o triangolare; inferiormente a questa c‟è una piccola depressione che corrisponde alla faccia articolare della Iª costa. L‟estremità laterale è appiattita e allargata e sul suo margine laterale è presente la faccetta articolare per l‟articolazione acromio-clavicolare.

La scapola è un osso piatto, triangolare, con due facce, anteriore e posteriore, tre angoli e tre margini. A livello dell‟angolo esterno si trova la cavità glenoidea (glena o glenoide) che è unita al corpo della scapola mediante il collo. Ha una forma ovalare o a pera ed è lievemente concava per la presenza di due poli, superiore ed inferiore, di salienze rugose (tuberosità sopra- e sottoglenoidea). Il cercine glenoideo, che si inserisce per gran parte dell‟ intera circonferenza glenoidea, contribuisce ad aumentale la concavità della stessa.

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La superficie glenoidea è rivestita da cartilagine articolare il cui spessore è assai ridotto al centro della cavità.

Le sue dimensioni sono inferiori a quelle della testa omerale ed infatti essa può accogliere solo un terzo o un quarto della contrapposta superficie articolare. Anteriormente alla glena si distacca un‟apofisi che per la forma, simile ad un becco di corvo, è stata anticamente chiamata coracoide. Sull‟apice anteriore della coracoide si inseriscono i tendini congiunti (capo breve del bicipite e coraco-brachiale); più posteriormente il coraco-omerale e il coraco-acromiale; medialmente il tendine del piccolo pettorale; superiormente, su una superficie rugosa, i legamenti coraco-clavicolari (conoide e trapezoide).

La faccia anteriore della scapola leggermente concava prende rapporto mobile con il torace. La faccia posteriore infine è divisa nel suo terzo superiore dalla spina della scapola in una fossa sopraspinata ed una fossa sottospinata.

La spina della scapola verso l‟esterno nel margine superiore forma una sporgenza appiattita, l’acromion. Su questo si distinguono una faccia superiore, a stretto contatto con la cute; una faccia inferiore concava che costituisce la volta dell‟articolazione gleno-omerale; un margine mediale dove è situata le faccetta articolare acromiale per l‟articolazione acromio-clavicolare. L‟angolo mediale o superiore è originato dall‟unione del margine mediale con quello superiore. Su di esso si inseriscono il muscolo angolare della scapola. L‟angolo inferiore, formato dall‟unione dei due margini mediale e laterale, è tondeggiante e serve da inserzione per i muscoli sottoscapolare, grande rotondo e gran dentato. L‟angolo laterale è tronco e corrisponde all‟alla cavità glenoidea.

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L’epifisi prossimale dell’omero (testa omerale) ha una forma tondeggiante ed è costituita da una porzione articolare mediale e da due tuberosità, una posterolaterale, e l‟altra antero-mediale, separate da un solco inter-tuberositario.

Il confine tra la superficie articolare e le tuberosità è delimitato dal collo anatomico. Distalmente alle tuberosità, il collo chirurgico separa la testa dalla diafisi omerale.

La porzione articolare rappresenta circa un terzo di sfera; appare appiattita sul piano frontale ed è rivestita da cartilagine articolare. Rispetto all‟asse diafisario, essa è inclinata di circa 130°-150°, mentre il centro della sfera è localizzato circa 6 mm medialmente e 3 mm posteriormente.

Con il braccio in posizione anatomica, la testa omerale è retroversa medialmente di circa 25°- 30° rispetto all‟asse inter-epicondiloideo.

La grande tuberosità (trochite) è posta postero-lateralmente. Su di essa si riconoscono tre faccette su cui, dall‟alto verso il basso, si inseriscono, rispettivamente, i tendini dei muscoli sopraspinati, sottospinato e piccolo rotondo. Il tendine del muscolo sottoscapolare si inserisce, invece, sulla piccola tuberosità (trochine) che è posta antero-medialmente. Insieme al trochite contribuisce a delimitare la doccia bicipitale all‟interno della quale decorrono il tendine del capo lungo del bicipite brachiale e l‟arteria arcuata, branca della circonflessa omerale anteriore.

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Il complesso articolare della spalla è costituito di cinque articolazioni, suddivise in due sottogruppi:

A. formato dall’articolazione scapolo-omerale, più importante, e dall’articolazione sottodeltoidea o seconda articolazione della spalla, legata meccanicamente alla scapolo-omerale.

B. formato da tre articolazioni, la scapolo-toracica, che è la più importante del gruppo ma funziona solo insieme alle altre due, l’acromion-clavicolare e la sterno-costol’acromion-clavicolare.

L’articolazione sterno-claveare mette in contatto la clavicola, la prima cartilagine costale e il manubrio dello sterno permettendo alla clavicola movimenti di elevazione ed abbassamento, avanzamento e arretramento e di rotazione sul suo asse, movimenti che avvengono insieme a quelli della scapola.

Essa è rinforzata circonferenzialmente da quattro legamenti, uno anteriore ( teso tra la porzione antero-superiore dell‟estremità mediale della clavicola e la faccia anteriore del manubrio sternale), uno posteriore ( teso tra la faccia superiore e posteriore della clavicola e quella posteriore dello sterno, appena sotto la superficie articolare), superiore ed interclavicolare ; il primo è costituito da fibre brevi disposte tra le estremità superiori della clavicola e dello sterno; e da fibre lunghe, più superficiali, tese tra le estremità mediali delle due clavicole. Quest‟ ultime fibre costituiscono il legamento inter-clavicolare) e il legamento inferiore che connette la faccia inferiore della clavicola ai ¾ laterali della Iª cartilagine costale; per la sua forma è anche detto legamento romboideo.

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L’articolazione acromion-claveare è un artrodia costituita da due superfici ovalari situate sull‟acromion e sull‟estremità esterna della clavicola, che permettono un movimento di scivolamento, apertura-chiusura dell‟angolo formato dalle due ossa. L‟articolazione è rivestita da una capsula, che è particolarmente spessa anteriormente e superiormente.

Tale capsula risulta essere particolarmente lassa, ma è stabilizzata da due legamenti:

il legamento acromio-clavicolare : questo si può distinguere in un legamento superiore che è costituito da un insieme di fasci fibrosi trasversali che si inseriscono lateralmente e medialmente, sulla faccia superiore dell‟acromion e della clavicola, rispettivamente. Un secondo legamento acromio-clavicoloare è teso tra le due facce inferiormente;

legamenti coraco-clavicolari, sono due, il trapezio ed il conoide. Essi contribuiscono a rinforzare l‟articolazione acromio-clavicolare opponendosi alle traslazioni verticali; le orizzontali sono invece controllate dai legamento acromio-clavicolari. Il legamento trapezoide ha la forma di una lamina quadrilatera, disposta sagittalmente tra la porzione posteriore del margine mediale della coracoide e la linea trapezoide della faccia inferiore del terzo laterale della clavicola. Il legamento conoide si inserisce sulla base del processo coracoideo e , allargandosi a ventaglio, si porta sull‟apofisi coronoide della clavicola.

L’articolazione scapolotoracica non è una vera e propria articolazione, ma uno spazio compreso tra la superficie concava della faccia anteriore della scapola e quella posteriore della gabbia toracica. All‟interno di questo spazio sono contenuti muscoli, strutture neurovascolari e bursali.

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L’articolazione scapolo-omerale è costituita dalla testa omerale, che con l‟arto in posizione anatomica, guarda medialmente in alto e posteriormente. L‟angolo medio di inclinazione e retroversione omerale sono di 140° e 30° rispettivamente orientata.

La cartilagine articolare riveste tutta la superficie articolare omerale, anche se il suo spessore ( che è mediamente di 1,5-2mm) è inferiore vicino al polo caudale e al collo anatomico.

Figura 3: articolazione gleno-omerale.

La capsula articolare ha una forma tronco conica. La base si inserisce anteriormente e superiormente sul labbro esterno del collo anatomico, vicino alla cartilagine articolare; più inferiormente l‟inserzione si discosta dalla cartilagine per arrivare in vicinanza del collo chirurgico. Sul lato glenoideo la capsula si inserisce sul collo della scapola e successivamente si riflette per arrivare sul margine esterno del cercine. Superiormente, l‟inserzione avviene alla base del tubercolo sopraglenoideo, vicino al tendine del capo lungo del bicipite.

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Figura 4: capsula dell'articolazione gleno-omerale.

Superficialmente, la capsula trae rapporti con la faccia “articolare” dei tendini della cuffia dei rotatori. Questi contribuiscono a stabilizzare l‟articolazione gleno-omerale creando un‟effetto “concavità-compressione”. Dove la capsula non è rinforzata dai tendini o dai legamenti gleno-omerali, la membrana è molto sottile ed in una di queste zone di minor resistenza ( forame di Weitbrech), questa protrude spingendosi fino alla faccia profonda del sottoscapolare (borsa sottoscapolare).

Il cercine glenoideo è costituito da un denso tessuto fibroso a contatto con la cartilagine articolare, la capsula e il periostio del collo della scapola. Il cercine aumenta la superficie di contatto tra la testa omerale e la cavità glenoidea e raddoppia la profondità della cavità stessa ( da 2,5 mm a 5 mm). Al cercine spetta anche il compito di stabilizzare i legamenti gleno-omerali e l‟àncora bicipitale, offrendolo loro una valida inserzione ed incrementare l‟effetto “concavità-compressione” tra le due superfici articolari.

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I legamenti di questa articolazione sono i legamenti gleno-omerali che sono un rinforzo della capsula articolare. Se ne distinguono tre il legamento gleno-omerale superiore, quello medio e l‟inferiore, ulteriormente diviso in una banda anteriore e posteriore. Sono degli stabilizzatori statici dell‟articolazione gleno-omerale.

legamento gleno-omerale superiore (LGOS): origina anteriormente all‟àncora bicipitale e si inserisce nella fovea capitis, superiormente al trachite; l‟inserzione omerale è larga e indissociabile da quella del legamento coraco-omerale. Il LGOS costituisce la porzione profonda del tendine bicipitale, mentre il legamento coraco-omerale rappresenta la porzione più superficiale. E‟ teso solo durante l‟adduzione ed è il principale stabilizzatore durante la traslazione inferiore dell‟omero a braccio addotto.

legamento gleno-omerale medio (LGOM): origina dal cercine o margine glenoideo, inferiormente all‟inserzione del LGOS e termina sull‟estremità mediale del trochite. Il compito del LGOM è quello di limitare la traslazione anteriore della testa omerale e la rotazione esterna durante l‟arco di movimento compreso tra 0° e 45°.

legamento gleno-omerale inferiore (LGOI): è il più robusto, lungo e largo dei tre legamenti; è costituito da una banda anteriore e una posteriore che originano dal margine antero-inferiore e postero-inferiore del cercine e bordo glenoideo, rispettivamente, e terminano tra il limite inferiore e quello superiore del collo anatomico e chirurgico dell‟omero.

Queste due bande costituiscono la cosiddetta “tasca ascellare”, cioè la ridondanza inferiore della capsula articolare. L‟insieme delle due bande e della tasca ascellare formano il “complesso gleno-omerale inferiore”.

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I muscoli motori del cingolo scapolo-omerale possono essere suddivisi in:

1. scapolo-toracici: sono quelli che connettono l‟arto superiore con lo scheletro assiale attraverso le loro inserzioni sulla scapola, rachide e gabbia toracica.

2. scapolo-omerali che consentono di muovere e stabilizzare l‟articolazione gleno-omerale.

Figura 5: muscoli della spalla visti posteriormente ed anteriormente.

Al primo gruppo appartengono:

Trapezio: origina dall‟osso occipitale, dal legamento nucale, dalle apofisi spinose delle vertebre comprese tra C7 e T12; le fibre che provengono dall‟occipite si inseriscono sull‟estremità laterale della clavicola, quelle cervicali e toraciche alte sull‟acromion e sulla spina della scapola, quelle toraciche basse sulla base della spina scapolare. E‟ un muscolo detrattore della scapola; le fibre superiori sono coinvolte nel sollevamento dell‟angolo della laterale della scapola.

A riposo, il trapezio non svolge alcuna funzione per il mantenimento della sospensione scapolare.

Romboide: il piccolo romboide origina dall‟estremità inferiore del legamento nucale e dalle apofisi spinose da C7 – T1 e si inserisce sul margine mediale della scapola, vicino alla base della spina. Il grande

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romboide origina dalle apofisi spinose di T2 – T5 e si inserisce sull‟angolo inferiore innalza e ruota verso il basso la scapola fissandone l‟angolo inferiore della scapola. Funzionalmente agiscono da detrattori e si inseriscono sull‟angolo superiore della scapola. Agisce come elevatore dell‟angolo superiore, e rotatore verso l‟alto, della scapola.

Dentato anteriore: origina dal corpo delle prime nove coste sulla parete antero-laterale della gabbia toracica. Si possono distinguere tre porzioni muscolari: la prima parte, dalle prime due coste e dal relativo spazio intercostale, si porta in alto e posteriormente e si inserisce sull‟angolo superiore della scapola; la seconda è formata da tre bande che originano dalla seconda, terza e quarta costa e si inseriscono sull‟angolo mediale della scapola; l‟ultima è costituita da quattro o più bande che originano dalla quinta-nona costa e si inseriscono sull‟angoli inferiore della scapola. Il dentato anteriore traziona in avanti e ruota verso l‟alto la scapola.

Piccolo pettorale: origina dalla faccia anteriore della 2ª - 5ª costola e si inserisce sulla faccia inferiore della base della coracoide. Traziona in avanti la scapola, deprime l‟angolo laterale e ruota verso il basso la scapola.

Muscolo succlavio: è un piccolo muscolo di circa 3 cm che trae origine dalla prima costola e si inserisce sulla superficie inferiore del terzo mediale della clavicola. Stabilizza l‟articolazione sterno-clavicolare durante l‟adduzione ed estensione del braccio (soggetto appeso).

Al secondo gruppo appartengono:

Sottoscapolare: ruota internamente il braccio.

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Sottospinato: ruota esternamente l‟omero e partecipa all‟abduzione.

Piccolo rotondo: ruota esternamente l‟omero.

Deltoide.

Altri muscoli della regione della spalla sono:

Grande rotondo: origina dalla superficie dorsale della scapola in prossimità del margine ascellare dell‟angolo inferiore. Durante il suo decorso subisce una torsione di 180°, quindi le fibre che originano più posteriormente sulla scapola si inseriscono più anteriormente sul ciglio mediale della doccia bicipitale, appena al di sotto dell‟inserzione del grande dorsale. La sua funzione è quella di contribuire all‟intra-rotazione, adduzione ed estensione della spalla.

Coracobrachiale: origina medialmente al capo breve del bicipite e si inserisce sulla superficie antero-mediale della diafisi omerale. Contribuisce alla flessione ed adduzione della spalla.

Grande pettorale: questo muscolo è diviso in tre parti,quella superiore, costituita da fibre che originano dai due terzi mediali della clavicola e si inseriscono lungo il ciglio laterale del solco bicipitale; quella media, formata da fibre che provengono dal manubrio e dai ⅔ superiori del manubrio dello sterno e dalla 2ª, 3ª e 4ª costola, e si inseriscono appena posteriormente a quella della parte superiore; infine la parte inferiore formata da fibre che originano dall‟estremità distale dello sterno, dalla 5ª e 6ª costa e dalla fascia muscolare obliqua esterna.

Il grande pettorale è un intra-rotatore e adduttore del braccio; estende anche la spalla partendo dalla flessione fino alla posizione neutra e deprime l‟angolo laterale della scapola.

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Bicipite brachiale: ha due origini, dal cercine-tubercolo glenoideo, attraverso il capo lungo e dalla coracoide, tramite il capo breve. Distalmente si inserisce sulla tuberosità bicipitale del radio e, per mezzo di un aponeurosi, sulla fascia profonda dei muscoli volari dell‟avambraccio. E‟ considerato un depressore della testa omerale.

Tricipite brachiale: è formato da tre capi, lungo, laterale e mediale. Il capo lungo origina dal tubercolo sottoglenoideo della scapola e dalla tasca ascellare capsulare attraverso le sue espansioni tendinee di rinforzo; discende tra il grande e piccolo rotondo per poi unirsi agli altri due capi e dare origine ad un inserzione terminale comune. Il capo laterale origina dalla faccia posteriore e dal margine laterale dell‟omero e dal setto intermuscolare laterale. Infine il capo mediale nasce dalla faccia posteriore dell‟omero in un area compresa tra il muscolo grande rotondo superiormente e fossa oleocranica inferiormente.

La sua funzione è quella di estendere l‟avambraccio; tuttavia con il suo capo lungo funziona, contro resistenza, da adduttore della spalla.

Gran Dorsale: origina con un aponeurosi dai processi spinosi delle ultime 6 vertebre dorsale e di quelle lombari, dal sacro e dalla cresta iliaca e, a volte dalle ultime 4 coste e dall‟angolo inferiore della scapola. Si inerisce sul ciglio mediale del solco bicipitale, appena al di sopra dell‟inserzione del grande rotondo. Il muscolo gran dorsale estende ed intra-ruota l‟omero, estende la spalla e ruota verso il basso la scapola.

A causa della complessità delle parti che la formano, una trattazione della biomeccanica della spalla risulta molto elaborata.

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La funzione del cingolo scapolare è data dall‟insieme dei movimenti integrati delle articolazioni sternoclavecolari, acromionclavecolari , gleno-omerale e scapolotoracica.

Il movimento dell‟articolazione della spalla, con molta probabilità, è il più complesso di tutte le altre articolazioni del corpo.

I movimenti che competono alla suddetta articolazione sono:

l'anteposizione: si divide in tre tempi, da 0° a 60° lavorano il fascio anteriore del deltoide, il coraco-brachiale ed il fascio superiore del gran pettorale. Da 60° a 120° lavorano il trapezio ed il gran dentato. Da 120° 180° lavora il rachide andando in iperlordosi.

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la rotazione: si effettua internamente con i muscoli gran dorsale, gran rotondo, sottoscapolare e gran pettorale; esternamente con i muscoli sottospinoso e piccolo rotondo, che sono deboli ma sono coadiuvati da romboide e trapezio che adducono la scapola aumentando la rotazione.

Figura 7: movimento di rotazione della spalla.

l'abduzione: per realizzarsi, ha bisogno che il trochite omerale passi sotto il legamento coraco-acromiale e che ciò avvenga senza compressione dei tessuti interposti. Ciò è possibile solo se si hanno le seguenti condizioni:

a. una perfetta coordinazione muscolare, b. una sufficiente cedevolezza dei tessuti molli, c. un normale meccanismo di rotazione dell'omero.

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Figura 8: movimento di abduzione della spalla.

Dal punto di vista muscolare l'abduzione dipende dal sinergismo deltoide-cuffia dei rotatori. Il deltoide innalza l'omero secondo il suo asse diafisario sospingendone la testa contro il legamento coraco-acromiale. La testa omerale viene fissata nel cavo glenoideo, ruota e scivola in basso permettendo il proseguimento del movimento.

Questo avviene grazie all'azione della cuffia dei rotatori. Il muscolo sopraspinato agisce soprattutto traendo ed ancorando la testa omerale nel cavo glenoideo, mentre la sua efficacia rotatoria è modesta. Interviene in tutte le fasi dell'abduzione e non solo all'inizio e per questo ha un'importante azione quantitativa sulla forza del movimento.

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I muscoli sottospinato, sottoscapolare e piccolo rotondo fissano la testa omerale e la fanno ruotare ed abbassare, permettendole di sfuggire all'impatto con il legamento coraco-acromiale.

Considerando la sola articolarità gleno-omerale, l'abduzione attiva arriva fino a 120° solo se l'omero extraruota di 90°. Dopo il movimento avviene grazie al basculamento della scapola. La scapola scivola sulla parete toracica grazie all'articolazione scapolo-toracica e all'acromion-claveare, per attività dei muscoli trapezio e gran dentato. Il trapezio fa basculare la scapola verso l'esterno attorno all'asse centrale dell'articolazione acromion-claveare e innalza la parte inferiore della glenoide. Il gran dentato fa basculare anch'esso lateralmente la scapola.

L'abduzione completa del braccio sul piano frontale avviene pertanto secondo un armonico susseguirsi di azioni detto ritmo scapolo-omerale. Di ogni 15° di abduzione 10° si realizzano a livello gleno-omerale e 5° a livello scapolo-toracico, con uno schema integrato e ritmico. Per il deltoide, il muscolo principale dell'abduzione, è importante la rotazione scapolare per mantenere la tensione necessaria alla sua contrazione. La stabilità della spalla, specie dopo i primi 90° di abduzione, è garantita dal basculamento della scapola che modifica i rapporti tra testa omerale e glenoide cosicché ai 180° il deltoide pressoché non lavora perché l'incavo della glenoide si trova sotto la testa omerale.

Occorre anche ricordare l'importanza dell'articolazione sterno-claveare.

Infatti nell'escursione tra 0° e 90° la scapola ruota di 30° e la clavicola si eleva di altrettanto; oltre i 90° di abduzione però a livello sterno-claveare non è più possibile seguire il movimento della scapola e la clavicola ruota di 45° attorno all'asse diafisario alzando la sua estremità laterale degli altri 30° necessari al completamento del movimento armonico di abduzione.

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Studi più recenti dell'anatomia della cuffia dei rotatori hanno dimostrato che tale struttura tendinea è strutturata in cinque strati diversamente orientati, cosa che causa una notevole suddivisione delle forze e quindi più facili lesioni.

Anche l'arco coraco-acromiale è stato implicato nella patologia della cuffia, che sovrasta; un difetto di ossificazione dell'acromion o forme diverse dell'acromion possono essere fattore di rischio della patologia della cuffia. L'arco tra i 60° e i 120° di elevazione è quello dove l'acromion è più vicino alla cuffia.

Tutti questi dati e la conferma della differenza di contributo dei vari elementi nei vari gradi di movimento e quindi l'importanza del ritmo scapolo-omerale

corretto, fanno comprendere la complessità della valutazione biomeccanica della patologia degenerativa della spalla.

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Il meccanisco dell‟articolazione gleno.omerale, che è fra le un‟enartrosila più mobile, è costituita dalla superficie glenoidea e dalla testa omerale che stanno fra loro in contatto: questo è possibile grazie alla pressione atrmosferica e alla tonicità dei muscoli he circondano l‟articolazione. Nei varimovimenti, parti diverse della testa omerale vanno in contatto con la superficie glenoidea. In genere è l‟omero che si muove rispetto alla scapola.

Vi è una notevole variazione individuale nell‟anatomia caplsulo-ligamentosa che concerne la “normale” lassità della spalla e consiziona la solidità sia della cuffia dei rotatori sia del bicipite.

Alla stabilità della spalla, oltre ai suddetti fattori, hanno un ruolo importante anche la propriocezione e il movimento scapolo-toracico.

La lassità è asintomatica, per una passiva traslazione della testa dell‟omero nella cavità glenoidea, che non è associata a dolore. In una spalla normale la lassità è variamente presente ed è fondamentale per una corretta rotazioen scapolo-omerale senza restrizioni.

L‟instabilità è consizione patologica, che si manifesta con dolore associato ad un eccessivo spostamento della testa dell‟omero nella cavità glenoidea, durante il movimento attivo della spalla.

I gradi di instabilità comprendonola sub-lussazione e la lussazioneQuesti avvengono per movimenti patologici anteriori, posteriori, inferiori o per una combinazione di essi. I fattori statici e dinamici hanno un ruolo complesso e cooperativo nel mantenere stabile l‟articolazione. Neesuno dei singoli fattori è responsabile da solo della stabilità dell‟articolazione gleno-omerale e, nessuna patologia o singola lesione, causa un‟instabilità clinica.

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Tutti questi fattori possono essere modificati da un trauma, da anomalie congenite, dall‟età o dalla funzione muscolare.

I legamenti gleno-omerali stabilizzano la testa omerale nella glenoide, secondo una modalità di “distribuzione-carico”; cioè una lesione che agisce su una porzione della capsula, può far aumentare la dislocazione della testa omerale in più di una direzione. Il contributo die fattori statici e dinamici, dipende dalla posizione del braccio e dalla direzione della forza applicata. L‟insieme di tali fattori conferisce stabilità alla „articoloazione della spalla.

I fattori statrici sono rappresentati dalla congruenza articolare, dal cercine glenoideo, dalla caplsula e dai legamenti. I fattori dinamici sono rapprsentati dalla cuffia dei rotatori, dal tendine del muscolo bicipite, dalla pressione negativa e dal movimento scapolo-toracico.

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EZIOPATOGENESI E CLASSIFICAZIONI DELLE

INSTABILITA’ DI SPALLA

L‟instabilità della spalla è composta da una serie di lesioni che possono essere classificate, a seconda del grado, della direzione e della eziologia.

Un‟accurata diagnosi e classificazione delle instabilità, oltre a ridurre in maniera considerevole il numero di pazienti erroneamente misconosciuti, offre migliori posibilità di scelte nel trattamento di tali lesioni.

L‟instabilità di spalla può essere classificata in rapporto a vari fattori, fondamentali nella sua genesi.

L‟ instabilità gleno-omerali vengono tradizionalmente suddivise in due gruppi:

 Gruppo traumatico

 Gruppo atraumatico

che verranno discussi nella sezione succesiva.

GRUPPO TRAUMATICO:

un primo evento traumatico significativo supera la resistenza degli elementi stabilizzatori della spalla, causando una serie di lesioni quali:

 la disinserzione capsulo-periostea di Broca, in cui la testa omerale fuoriesce dalla cavità glenoidea, causando la lesione,

 la lesione di Bankart, in cui vi è la disinserzione del cercine e del legamento gleno omerale inferiore,

 A.L.P.S.A. lesion (Anterior Labral Periostum Slee Avulsion) in cui si ha la lesione del cercine,

 la lesione di Hill-Sachs in cui si hanno fratture da compressione della porzione postero-laterale della testa.

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Queste lesioni acquisite possono determinare la recidività ed abitualità delle lussazioni e si aggravano con il ripetersi degli episodi.

GRUPPO ATRAUMATICO

Si giunge alla prima lussazione dopo un trauma non significativo o

spontaneamente, poiché la lussazione è favorita da elementi predisponenti, come l‟alterazione dello stato della glena o della testa omerale, lassità capsulare, iperlassità legamentosa. Inoltre in alcune spalla non si trovano anomalie articolari, per cui si è ipotizzato uno squilibrio neuro-muscolare, uno sbilanciamento del sistema di coordinazione nervosa dei muscoli della spalla. Di questo gruppo fanno parte le lussazioni volontarie, in cui il paziente,

attivando dei muscoli ed inibendone altri, provoca la fuoriuscita dela testa omerale.

L‟instabilità multidirezionale è tipica di questo gruppo e può derivare oltre che dai suddetti fattori anche da mictrotraumi ripetuti, come si verifica ad esempio nei ginnasti o nei nuotatori a “farfalla” che con il continuo tirar fuori la spalla dall‟acqua, porta ad instabilità anche in assenza di lassità.

L‟instabilità può essere classificata:

 in base alla direzione,

 in base al grado,

 in base al controllo da parte del paziente,

 in base all‟eziologia.

La direzione del‟instabilità gleno-omerale può essere anteriore, posteriore, inferiore e multidirezionale. Una lussazione in una sola direzione è detta unidirezionale.

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In base al grado di instabilità si parla di lussazione dell‟articolazione gleno-omerale quando vi è la completa separazione delle superfici articolari, la testa omerale rimane spesso bloccata al di fuori dell‟articolazione.

Si parla invece di sub-lussazione quando, durante il movimento della spalla, vi è un‟eccessiva sintomantica traslazione della testa omerale nella glenoide.

Quando il paziente può controllare ed ottenere autonomamente un episodio di lussazione o sub-lussazione, si dice che l‟instabilità è volontaria, se gli episodi sono al di fuori della volontà del paziente, si dice che l‟instabilità è involontaria. Matsen, nel 1989, identifica due gruppi di istabilità: T.U.B.S. (Traumatic Unidirectional Bankart lesion Surgery) e le A.M.B.R.I. (Atraumatic Multidirectional Bilateral Rehabilitation Inferior capsular shift), ricordando che rientra e completa questa classificazione anche quel tipo di instabilità acquisita denominata A.I.O.S. (Acquired Instability Overstress Surgery)- Castagna 1996.

La T.U.B.S. è un‟instabilità unidirezionale legata da un evento traumatico: il danno è causato da una fuoriuscita totale o parziale della testa omerale dalla cavità glenoidea. Ciò provocherà la lesione del complesso capsulo-ligamentoso anteriore e inferiore e si potranno associare danni più o meno gravi del cercine o labbro glenoideo, della testa omerale o della cuffia dei rotatori.

Le altetrazioni strutturali tipiche sono una lesione di Bankart ed una lesione di Hill-Sachs.

A.M.B.R.I. consiste, invece, in un‟istabilità multidirezionale atraumatica che si sviluppa generalmente in soggetti con un‟iperlassità congenita delle strutture capsulo-ligamentose.

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Neer propone un‟ulteriore classificazione delle lussazioni recidivanti di spalla, premettendo che la maggior parte di queste sono dovute ad un‟anomalia dei legamenti, piuttosto che a difetti di ossa o muscoli.

L‟autore identifica tre tipi di instabilità: atraumatica, traumatica e acquisita (piccoli traumi tripetuti).

La lussazione o sub-lussazione atraumatica si presenta in assenza di lesioni, senza traumi significativi, in pazienti con lassità articolare congenita generalizzata, con nessuna lacerazione del labbro o alterazioni ossee e con riduzione spontanea, spesso asintomatica.

La lussazione o sub-lussazione traumatica, di solito monodirezionale, si presenta in seguito ad un‟evento traumatico significativo, in pazienti con nessun sintomo precedente, alle articolazioni della spalla.

La lussazione o sub-lussazione acquisita (definita A.I.O.S. Acquired Instability Overstress Surgery da Castagna), può essere sia unidirezionale che multidirezionale: è causata da microtraumi ripetuti, tipici di alcuni sport, caratterizzati da movimenti di abduzione-estensione sopra la testa ( nuoto, sollevamento pesi, baseball…). Sono lesioni meno gravi delle precedenti: il paziente presenta spesso lassità articolare ma con frequenza minore rispetto alle forme atraumatiche; vi è un‟ampliamento del volume articolare gleno-omerale, il labbro glenoideo è spesso intatto, tuttavia, in seguito a varie lussazioni può distaccarsi, così come si possono avere difetti della testa omerale.

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VALUTAZIONE CLINICA E STRUMENTALE DELLE

INSTABILITA‟

I mezzi più importanti per valutare un‟istabilità gleno-omerale sono un‟accurata anamnesi e un‟esame clinico accurato.

In una lussazione non ridotta, l‟esame radiografico consentirà la diagnosi, tuttavia la maggior parte delle instabilità si trovano sotto forma subdola o in un periodo intercorrente tra gli episodi. Questo fa si che per la diagnosi corretta bisogna affidarsi ad un‟accurata anamnesi ed esame fisico e l‟esame radiografico potrà avvalorare l‟evidenza di un‟istabilità.

Un‟accurata anamnesi, oltre a fornire dati importanti per una corretta diagnosi e per una classificazione di instabilità gleno-omerale, ci permette di raccogliere dati relativi al tipo di trauma (maggiore, banale, assenza). Deve essere indagato il grado, la quantità di danno iniziale, le circostanze degli episodi subentranti (numero di lussazioni che hanno richiesto la riduzione), se gli episodi si verificano, ora più facilmente e più frequentemente rispetto al passato.

La conoscenza della posizione del braccio al momento dell‟episodio iniziale e la direzione delle forze al momento della lesione iniziale, ci può essere di aiuto nello stabilire la direzione dell‟instabilità, soprattutto se non sono disponibili immagini radiografiche della lesione. Dolore e apprensione (sensazione di imminente lussazione o sub-lussazione) nell‟utilizzo della spalla in una posizione combinata di abduzione, rotazione esterna ed estensione, suggerisce una instabilità anteriore. Se inveve il braccio è in una posizione di relativa flessione, adduzione e rotazione interna, dobbiamo pensare ad una instabilità posteriore.

Bisogna indagare anche trattamenti precedenti, il tipo, la posizione del braccio durante l‟immobilizzazione, la durata, la natura di ogni programma riabilitativo.

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Se il paziente ha avuto un precedente tentativo fallito di riparazione chirurgica, è importante ricercare i sintomi e la natura degli episodi antecedenti la riparazione fallita.

I pazienti con instabilità lamentano spesso una sensazione di braccio “che scivola fuori e quindi rientra dentro” durante alcune attività specifiche. In altri la componente dolore è la maggiore rispetto alla sensazione di instabilità. Frequentemente i pazienti con instabilità hanno dolore solo in occasione di episodi di lussazione o sub-lussazione e per un breve periodo di tempo dopo l‟evento. Altri hanno dolore solo in particolari posizioni o durante una particolare attività, altri ancora hanno un dolore costante.

La semplice conoscenza della localizzazione del dolore, solo in pochissimi casi, ci può condurre ad una diagnosi di instabilità, essenso possibile che questo sia associato a numerosi altri disturbi della spalla, o che questo sia dislocato in una regione differente dalla sede di instabilità (tendinite secondaria, infiammazione sinoviale, episodi di sub-lussazione …).

La localizzazione del dolore, in rapporto alla posizione del braccio o dell‟attività che lo provoca, può essere di aiuto nel far chiarezza sulla diagnosi di instabilità (gli atleti che eseguono un lancio ed hanno dolore nella fase di caricamento, indica una instabilità anteriore, se il dolore avviene nella fase di accompagnamento, indica un‟instabilità posteriore, quelli che lo manifestano quando si porta un oggetto pesante con il braccio al fianco, suggerisce un‟instabilità inferiore). Quindi, il collocare il sintomo in un particolare contesto aiuta a determinare la o le direzioni dell‟instabilità.

Altri sintomi come la presenza di schiocci, scrosci secchi all‟interno dell‟articolazione, possono suggerire un‟instabilità gleno-omerale, ma possono anche suggerire altre patologie.

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L‟instabilità gleno-omerale può presentarsi anche con una “sindrome dell’arto morto”: i pazienti con sub-lussazione anteriore hanno un‟improvviso dolore paralizzante, per un‟attimo perdono il controllo del braccio. Simili disturbi neurologici possono essere presenti in pazienti con sub-lussazione inferiore, quando portano oggetti pesanti, spesso localizzati sul lato ulnare dell‟avambraccio e della mano. Possono presentarsi anche altri disturbi come una radicolopatia cervicale, piccole lesioni del plesso brachiale, una sindrome dello stretto toracico.

Devono, inoltre, essere indagate la perdita di funzione dovute alla instabilità: alcuni pazienti avranno una grave menomazione funzionale solo durante l‟episodio di lussazione; altri avranno sintomi durante l‟effettuazione delle attività comuni della vita o perfino a riposo.

Un attento esame obbiettivo è un altro mezzo indispensabile nella valutazione di pazienti con sospetta instabilità di spalla. Bisogna valutare entrambe le spalle, per compararle tra di loro in rapporto alla lassità, tensione, arco di movimento, la sintomatologia durante le manovre. L‟esame obbiettivo deve essere iniziato dalla parte asintomatica, in modo tale da avere un‟idea della normale elasticità del paziente, inoltre ci permette di far rilassare il paziente prima di esaminare, con manovre similari, la parte sintomatica.

Nell‟esaminare la spalla controlaterale alla lesione, bisogna porre attenzione alla elasticità nelle varie direzioni: anteriore, posteriore o inferiore, considerando che molti pazienti con istabilità multidirezionale mostrano spalla bilateralmente lasse.

Vanno ricercati altri segni di lassità ligamentosa generalizzata (iperestensione del gomito, articolazione metacarpofalangee, capacità di toccare con il pollice abdotto l‟avambraccio omolaterale); ciò ci può dirigere verso una lassità

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multidirezionale, specie se il dolore e la vigilanza del paziente, impediscono di eseguire una buona valutazione obbiettiva della spalla sede dell‟instabilità. Esaminando una spalla instabile non si evidenzia una atrofia del deltoide o dei muscoli spinati, solo occasionalmente, a causa di una lesione nervosa e/o una lesione della cuffia dei rotatori. Il danno al nervo ascellare può determinare una atrofia del deltoide e una incapacità a sollevare il braccio oltre la testa, mentre un danno alla cuffia dei rotatori può determinare una atrofia dei muscoli spinati e una persistente debolezza. Una scapola alata, potrà essere notata nei casi di instabilità della spalla posteriore ricorrente: questa rappresenta il tentativo di proteggere la spalla da una sub-lussazione posteriore, per riorientamento della posizione della scapola. Maggiori gradi di scapola alata, dovrebbero suggerire un danno al nervo accessorio spinale o al lungo toracico.

La palpazione della spalla, dovrà includere l‟articolazione sterno-clavicolare e acromion-clavicolare, oltre alla regione gleno-omerale.

I pazienti con instabilità anteriore gleno-omerale, hanno spesso dolorabilità alla palpazione nella regione anteriore della spalla, segno, tuttavia aspecifico, essendo presente in numerose patologie della spalla (es. sindrome sub-acromiale). Una dolorabilità nella regione gleno-omerale posteriore, in pazienti con instabilità posteriore, è più frequente rispetto all‟anteriore, ma anch‟essa, è tuttavia, un segno aspecifico.

L’arco di movimento di una spalla instabile, deve essere misurato e confrontato con quella controlaterale: questi pazienti hanno, generalmente, un‟arco di movimento completo. La stabilità della spalla deve essere valutata attraverso l‟esecuzione di manovre evocative, destinate a riprodurre i sintomi di instabilità del paziente.

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La stabilità di una spalla problematica viene valutata con test che indicano sia il grado di lassità, cioè il grado di traslazione della spalla, iniziando da posizioni in cui i legamenti sono normalmente lassi, sia con test che indicano il grado di stabilità, cioè la capacità della spalla di resistere ai tentativi di destabilizzarla in posizioni che portano i legamenti in tensione.

SEGNO DEL SOLCO: accennato da Neer nel 1980, ma descritto in modo esauriente da Silliman nel 1983, in una spalla instabile multidirezionale, è usato per identificare la componente di instabilità inferiore; è eseguito trazionando verso il basso il braccio del paziente posto di fianco al corpo; quindi la manovra è ripetuta con il braccio abdotto a 90°, mentre si applica una trazione in direzione distale all‟omero prossimale. Durante questa manovra i muscoli della spalla devono essere rilassati per permettere di poter interpretare correttamente i risultati. Se compare un solco o una depressione inferiormente all‟acromion, è evidente una lassità inferiore.

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TEST DEL CASSETTO ANTERIORE: proposto da Gerber nel 1984, questo test valuta la traslazione anteriore della testa dell‟omero; quantifica una lassità in direzione anteriore e posteriore; il paziente è in posizione seduta, gli si afferra l‟omero prossimale fra pollice ed indice, con il braccio del paziente al fianco e si spinge la testa dell‟omero al centro della cavità glenoidea con un minimo carico compressivo, prima in avanti e poi indietro, valutando così il grado di spostamento rispetto alla scapola. Uno scatto, uno schioco alla sub-lussazione anteriore può indicare la rottura del cercine o la lesione di Bankart.

Figura 11: test del cassetto anteriore.

TEST DELL’APPRENSIONE (APPRHENSION TEST): test pubblicato da Rowe e Zarins nel 1981, valuta l‟instabilità anteriore della gleno-omerale; iI soggetto è posto seduto od in piedi, l'arto viene posto in abduzione di 90° ed in rotazione esterna. Si imprime una leggera forza di rotazione ed una spinta dall'indietro in avanti sulla testa omerale. La manovra è considerata positiva con presenza di

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instabilità se il paziente si difende ruotando il tronco e riferisce di avere paura o di avere la sensazione che la spalla esca fuori dalla sede. Gli Autori anglosassoni descrivono questo segno con la definizione di “Fulcrum test” e lo praticano in posizione supina. Più raramente viene anche testata l'instabilità inferiore con il test dell'apprensione inferiore. Il paziente viene posto con arto a 90° con omero in rotazione neutra. L'esaminatore con le mani appoggiate sul terzo superiore del braccio determina una forza verso il basso. Il test viene considerato positivo se determina un'apprensione nel soggetto in esame.

Figura 12: test dell'apprensione.

RELOCATION TEST: si esegue il test dell‟apprensione a paziente supino, quindi si spinge posteriormente la testa dell‟omero,

riposizionandola nella glena. Se quest‟ultima manovra riduce i sintomi, la diagnosi di sub-lussazione è probabile.

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Figura 13: Relocation test.

CRANK TEST: il paziente è seduto, il braccio da testare è portato in abduzione di 160° sul piano scapolare, con una mano l‟esaminatore spinge l‟omero contro la glena, mentre con l‟altra effettua delle rotazioni. La positività al test è data dalla comparsa di dolore con o senza rumori articolari, oppure dalla riproduzione dei sintomi del paziente.

Figura 14: Crank test.

O’BRIEN TEST (ACTIVE COMPRESSION TEST): pubblicato nel 1998 da O‟Brien è considerato il test migliore per la lesione S.L.A.P. Al paziente viene chiesto di portare l‟arto da esaminare in flessione a

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basso). L‟esaminatore effettua una spinta verso il basso a cui il paziente deve resistere, quindi si ripete il test nella stessa posizione ma in completa extra-rotazione. Il test è considerato positivo se il dolore provocato dalla prima parte del test viene eliminato o ridotto nella seconda parte del test. Se il dolore è riferito dal paziente come superficiale indicherà l‟interessamento dell‟articolazione acromio- claveare, mentre se il dolore è profondo, di difficile individuazione sarà sospettata una lesione S.L.A.P.

BICEPS LOAD TEST: questo test è stato progettato da Kim e al. nel 1999 per individuare le lesioni S.L.A.P. associate ad instabilità anteriore. Il paziente giace supino, l‟esaminatore effettua il test

dell‟apprensione: quando durante l‟extra-rotazione, il paziente diventa apprensivo si ferma il movimento e si chiede una flessione del

gomito, resistita dall‟esaminatore con la presa al polso. Se la

sintomatologia diminuisce il test è negativo. Se la sintomatologia non cambia o aumenta il dolore è positivo. L‟avambraccio deve essere supinato.

BICEPS LOAD TEST II: nel 2001 Kim e al. pubblicano questo nuovo test per individuare solo le lesioni S.L.A.P.. Il paziente giace disteso supino, con l‟arto in abduzione a 120°, extra-ruotato massimalmente, gomito flesso a 90° ed avambraccio supinato. A questo punto viene richiesta una flessione del gomito resistita dall‟esaminatore con la sua presa al polso. Il test è considerato positivo se la contrazione produce

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dolore oppure se il dolore è aumentato rispetto a quello suscitato dalla posizione di partenza.

Le lesioni tipo S.L.A.P. provocano dolore alla spalla ma spesso hanno una scarsa evidenza obbiettiva.

Due test usati per analizzare il tendine del capo lungo del bicipite (C.L.B.) hanno valore anche nella diagnosi clinica di una lesione del cercine superiore (tipo SLAP II). Si tratta dei test di YERGASON e dello SPEED TEST.

TEST DI YERGASON: definito anche come segno della

supinazione da Yergason stesso nel 1931, è un test ideato per evidenziare lesioni del tendine del capo lungo del bicipite

(tendinite, tenosinovite, lesioni parziali). Al paziente con l‟omero in posizione neutra, il gomito flesso a 90° e l‟avambraccio pronato, viene chiesto di supinare, mentre l‟esaminatore con la presa al polso effettua la resistenza. La positività al test è data dalla comparsa del dolore a livello della faccia anteriore della spalla.

SPEED TEST: l‟arto viene posto in flessione con il gomito esteso e l‟avambraccio supinato, l‟esaminatore facendo resistenza a livello del polso chiede di spingere l‟arto versol‟alto. La positività al test è data dalla comparsa di dolore sulla faccia anteriore della spalla (Crenshaw e Kilgore,1966). Questo test è sensibile ma non specifico per le lesioni S.L.A.P. (Bennett,1998).

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Dopo un‟episodio traumatico della spalla, dove si sospetti una lussazione, è indispensabile fare una valutazione radiografica che deve precedere anche l‟eventuale manovra riduttiva, con la finalità di evidenziare eventuali fratture concomitanti la lussazione.

Esistono, poi, passata la fase acuta, indagini di secondo e terzo livello, per poter porre un‟accurata diagnosi strumentale di instabilità , con le quali vengono identificate le possibili lesioni articolari a carico dei tessuti molli e le possibili lesioni ossee dei due versanti articolari, che ci consentiranno di fare una precisa diagnosi di instabilità e di poter indirizzare il paziente verso una scelta

chirurgica.

STUDIO RADIOGRAFICO

Nella lussazione o sub-lussazione anteriore dell‟articolazione gleno-omerale, può essere presente una lesione scheletrica o una calcificazione dei tessuti molli vicini al margine anteriore, più frequentemente antero-inferiore della glena. Le proiezioni radiografiche raccomandate sono la antero-posteriore vera, la proiezione ascellare di West-Point, la proiezione apicale obliqua e la proiezione di Bernageau.

La proiezione antero-posteriore vera può evidenziare una frattura della parte inferiore della glena, scarsamente visualizzabile nelle proiezioni antero-posteriori fatte sul piano del torace.

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Figura 15: proiezione antero-posteriore vera.

La proiezione ascellare di West Point e la proiezione apicale obliqua forniscono maggiori informazioni rispetto alla proiezione ascellare laterale. In una

lussazione anteriore di spalla può esserci associata una frattura del margine anteriore della glena, visualizzabile, nella routin con una radiografia in

proiezione ascellare laterale. Quando si deve valutare una sub-lussazione anteriore post traumatica, il difetto della glena interessa il margine antero-inferiore di questa, non evidenziabile sulla proiezione ascellare laterale di routine. Per valutare il margine antero-inferiore si sfruttano, quindi la proiezione di West Point e la apicale obliqua.

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Figura 17:proiezione assiale di West-Point.

La proiezione ascellare vera fu descritta da Roukous, Feagin e Abbott: il paziente è in posizione prona sul tavolo radiografico con la spalla sollevata di circa 8 cm dal piano del tavolo, la testa e il collo sono ruotati sul lato opposto; si pone la cassetta radiografica contro il versante superiore della spalla, il fascio di radiazioni è centrato nell‟ascella ed angolato verso il basso di 25° rispetto alla linea mediana.

La radiografia che ne risulta è una proiezione tangenziale del margine antero-inferiore della glena.

Figura 18: proiezione ascellare vera.

Nella sub-lussazione anteriore post-traumatica, spesso è visibile una calcificazione delle parti molli anteriori al margine della glena.

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La proiezione apicale obliqua, descritta da Garth, Slappey, Ochs, permette di dimostrare in maniera affidabile la patologia dell‟articolazione gleno-omerale. Il paziente è seduto sul tavolo radiografico con l‟arto tutelato nello sling, la

cassetta è posta posteriormente, parallela alla spina della scapola, il fascio delle radiazioni diretto attraverso l‟articolazione gleno-omerale, in basso verso la cassetta, ad un angolo di 45° rispetto al piano del torace e inclinato di 45°. Caudalmente si metterà, così, in mostra le calcificazioni antero-inferiori o le fratture del margine glenoideo. Con questa proiezione si osservano anche le lussazioni dell‟articolazione gleno-omerale e le fratture postero-laterali per compressione della testa omerale.

Per valuare, invece, le fratture da compressione posteriori della testa omerale, associate a lussazione anteriore di spalla, è raccomandata l‟esecuzione della proiezione di Stryker, cioè una proiezione antero-posteriore con l‟arto superore in completa intra-rotazione.

Figura 19: proiezione di Stryker.

Dopo una lussazione anteriore di spalla, un‟altra sequela è la frattura per compressione della parte postero-laterale della testa omerale che si può

verificare durante la prima lussazione o durante gli episodi recidivanti: lesione di Hill-Sachs. Tale frattura può essere osservata sulla proiezione antero-posteriore

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e nella proiezione ascellare se l‟arto superiore viene portato in massima intrarotazione.

Il modo migliore per identificare questa frattura è la proiezione di Strycker: il paziente viene posto supino sul letto radiografico, la cassetta radiogradfica è posta sotto la spalla lesa, il palmo della mano dell‟arto leso è posto sulla testa con le dita dirette verso la nuca, il fascio di radiazioni è angolato cranialmente di 10° e centrato sul processo coracoideo. Se positiva, si evidenzia un difetto nella porzione postero-laterale della testa omerale.

Le lussazioni posteriori di spalla, anche se rare (0,3 % di tutte le lussazioni di spalla), passano spesso misconosciute o non correttamentre diagnosticata. Allo scopo di ridurre al minimo l‟errore diagnostico, è bene aggiungere alla

proiezione antero-posteriore con l‟arto leso in intra e extra-rotazione, anche una delle precedenti proiezioni laterali. Se il pazeiente non è in grado di abdurre sufficientemente l‟arto, tanto da premettere di eseguire una vera proiezione ascellare, si dovrà ricorrere alla proiezione scapolare laterale, alla ascellare modificata o ad una scansione TAC.

La proiezione di Bernageau: ci permette di vedere chiaramente la glena omerale: il paziente, in apnea durante l‟esame, è prono o in posizione ortostatica con petto e spalla in esame appoggiatti anteriormente al tavolo radiologico. Con l‟arto superiore completamente esteso e posizionanto sopra la testa. Viene fatto ruotare il tronco dai 40° ai 50°, sotto osservazione

radioscopica, fino ad ottenere la visualizzazione della glena omerale non sovrapposta alle coste.

Il raggio di incidenza è incidente al centro della spalla con obliquità di circa 25° in senso cranio-caudale.

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Figura 20: proiezione di Bernageau.

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STUDIO ECOGRAFICO

Questa metodica non consente di poter effettuare una diagnosi corretta e completa delle instabilità di spalla in quanto non riesce ad evidenziare le

strutture più importanti intra-articolari, quali i legamenti gleno-omerali e i cercini fibro-cartilaginei.

In corso di traumatismi importanti, può esser associata la lussazione o sub-lussazione completa del tendine, in sede prevalentemente mediale, per lesione associata del tendine sottoscapolare, del legamento trasverso e del legamento gleno-omerale superiore. Le lesioni della cuffia dei rotatori sono più facilmente valutabili con l‟arto in extra rotazione, che mette in tensione il tendine

sottoscapolare e ne dimostra l‟eventuale lesione parziale o completa all‟inserzione sul trochite.

L‟ecografia, dunque, non trova alcuna utilità nello studio dell‟instabilità di spalla, laddove indagioni con la Rx, TAC e in particolare la RMN forniscono utilissimi elementi diagnostici al chirurgo.

TOMOGRAFIA ASSIALE COMPUTERIZZATA (TAC)

Talvolta, nei pazienti con lussazione o sub-lussazione anteriore o posteriore recidivante di spalla, sulle radiografie non si osservano anomalie ossee, ma può essere presente un‟anomalia dei tessuti molli.

L aTAC risulta essere l‟indagine fondamentale per lo studio di eventuali lesioni ossee.

La scansione TAC combinata con l‟artrografia, può definire ulteriormente lo stato della parte anteriore ed antero-inferiore del cercine glenoideo. Anche la TAC con doppio contrasto può essere utilizzata per la visione del cercine, rilevando un‟elevato grado di accuratezza.

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L‟Artro-TC consiste nell‟introdurre in articolazione un M.D.C. radiopaco ed uno gassoso per distendere la capsula articolare e separare le varie strutture tra di loro.

Lo studio TAC viene effettuato con strati sottili di 3 mm e avanzamento di 3 mm a partire dal bordo glenoideo inferiore fino alla superficie inferiore

dell‟articolazione acromion-claveare. Il limite maggiore di questa metodica è la monoplanetarietà ma ha il vantaggio di essere molto sensibile nella diagnosi di lesioni ossee secondarie proprie dell‟instabilità anche multidirezionale e per visualizzare la parte antero-inferiore del cercine glenoideo. Tuttavia le notevoli variazioni anatomiche ne hanno inficiato il suo utilizzo per la scarsa accuratezza ed affidabilità.

Figura 21: TAC spalla.

RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE (RMN) ED ARTRO-RMN

E‟ considerata la metodica più completa nella valutazione delle varie patologie interessanti l‟articolazione della spalla, per la possibilità di individuare con elevata sensibilità ed in modo panoramico, lesioni che interessano parti molli, tendini e muscoli della cuffia dei rotatori e strutture scheletriche e

fibro-carilaginee scapolo-omerali. In particolare, nell‟ambito del quadro dell‟instabilità di spalla, risulta la più efficace tra le metodiche non invasive nell‟evidenziare le alterazioni che minano l‟integrità del compleso capsulo-ligmentoso-labrale, principale elemento stabilizzante passivo dell‟articolazione. Di fronte a quadri

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acuti con versamento articolare, l‟utilizzo di sequenze T2 pesate che esaltano il liquido presente, consente un‟adeguata individuazione delle lesioni interressanti il cercine glenoideo; le sequenze T1 pesate, di solito associate, perché dotate di maggior dettaglio, possono, in alcuni casi contribuire alla diagnosi.

Davanti a quadri cronici, con versamento articolare scarso o assente, rimane piuttosto elevato il numero di situazioni in cui la RMN può dare solo risposte dubbie o sospette a causa del collabimento delle strutture capsulo-ligamentose non distese dal liquido; in questi casi l‟esecuzione di un‟artrografia con

risonanza magnetica (Artro-RMN), che distende la capsula con l‟introduzione di soluzione fisiologica o soluzione di gadolino diluita, rappresenta la migliore soluzione per ottenere una precisa identificazion e definizione delle lesioni. L‟Artro-RMN è utile nello studio dei pazienti che presentano segni clinici di instabilità di spalla (dolore che si esacerba in seguito a particolari manovre e movimenti, sensazione di instabilità di spalla, associata a lussazioni recidivanti), ed in cui le altre indagini diagnostiche appaiono negative o dubbie.

Oltre alle lesioni capsulari, come la disinserzione acuta con stravaso di contrasto nelle parti molli che non posono essere riconosciute nelle immagini basali, posssono essere identificate lesioni labrali (del cercine anteriore, del

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superiore e posteriore), alcune delle quali possono anche apparire totalmente negative alle ingagini eseguite senza contrasto.

Negli altri casi i rilievi ottenuti con l‟esame basale, che facciamo usualmnete precedere all‟Artro-RMN, allo scopo di evitare, quando posiibile, l‟iniezione intra articolare, possono anche essere dubitativi.

Il guadagno diagnostico ottenuto con l‟Artro-RMN è risultato importante

soprattutto per quanto riguarda le lesioni del cercine superiore (circa nel 50% le lesioni non sono identificabili né sospettabili senza l‟iniezione del mezzo di contrasto intra-articolare).

L‟iniezione intra-articolare di soluzione di gadolino (0,5-1%) permette la facile documentazione e conferma della prenza di una lesione concomitante alla cuffia dei rotatori, con fuoriuscita del contrasto in sede extra-articolare, nei casi di lesione completa o il riconoscimento di lesioni parziali.

L‟Artro-RMN è importante anche nell‟indirizzare correttamente i pazienti verso un‟approccio ricostruttivo capsulo-labrale di tipo artoscopico, oggi senpre più utilizzato perché meno cruento e con più rapido recupero funzionale, o verso una chirurgia a cielo aperto. La ricostruzione artroscopica presuppone che il cercine lesionato sia presente e discretamente conservato, in modo da poterlo rifissare alla glena mediante infissione nell‟osso di mezzi di sintesi (ancorette e viti) e successiva legatura con punti e fili. Quando invece il cercine è

eccessivamente degenerato o concomitano lesioni importanti, in particolare ampie lesioni ossee (Hill-Sachs e Bankart), ci si deve di solito rivolgere ad una chirurgia artrotomica.

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Nei controlli post-chirurgici la RMN, pur essendo parzialmente limitata (specie nelle sequenze FFE), dalla presenza di artefatti ferromagnetici dovuti

all‟intervento (ora ridotti con l‟uso di viti in titanio), è in grado di mostrare correttamente la sede degli impianti di sintesi ricostruttivi capsulo-labrali e le eventuali complicanze.

In conclusione la RMN deve ritenersi, senza alcun dubbio, l‟esame principe nella valutazione clinica e pre-chirurgica delle instabilità di spalla.

Si è visto, infatti, che la scelta di un corretto trattamento chirurgico riduce notevomente il numero di insuccessi.

La scelta della tipologia di trattamento chirurgico secondo la nostra esperienza si basa su l‟utilizzo di una scheda di valutazione pre-operatoria chiamata I.S.I.S e Instability Severity Index Score: tale scheda permette di indirizzare il paziente verso un trattamento artroscopico o artrotomico.

Le tecniche da Noi utilizzate peranto sono il trattamento artroscopico, la

procedura chirurgica a cielo aperto ( riparazione Bankart + shift capsulare ) e la plastica secondo Latarjet.

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INDICAZIONI E TRATTAMENTO CHIRURGICO

ARTROSCOPICO ED ARTROTOMICO

La selezione del paziente, nella Nostra esperienza, risulta essere il fattore più importante per un corretto trattamento delle instabilità anteriori di spalla con la finalità di ridurre al minimo i rischi di una eventuale recidiva.

In accordo con quanto detto da Burkat et al. e Boileau, i criteri fondametali da prendere in considerazione per un corretto inquadramento terapeutico, sono i seguenti: età, evento traumatico, numero totale di lussazioni, attività sportiva, deficit ossei (superficie glenoidea con deficit osseo superiore al 25% e lesione di Hill-Sachs). Come si evince dalla letteratura internazionale, numerosi autori, hanno infatti sottolineatao i limiti del trattamento artroscopico in alcune

categorie di pazienti con istabilità antero-inferiore di spalla (giovani che praticano sport traumatici, soggetti con lassità costituzionale, pazienti con importanti deficit ossei glenoidei e/o omerali), ed hanno posto l‟attenzione sull‟importanza di una corretta indicazione chirurgica, basata prevalentemente su dati anamnestici, clinici e di immaging (Rx, TAC, RMN), al fine di intervenire nella maniera più idonea sia essa artrocopica o a cielo aperto.

Si è visto, infatti, che la scelta di un corretto trattamento chirurgico riduce notevomente il numero di insuccessi.

Presso la Nostra Clinica le tecniche chirurgiche utilizzate per il trattamento dell‟instabilità della spalla vanno dalla pura tecnica riparativa artroscopia a quella a cielo aperto con riparazione del cercine glenoideo e lo shify capsulatre, fino alla tecnica di Latarjet.

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S.C.O.I. TECNIQUE

Sono molte le teniche artroscopiche descritte per la riparazione del complesso cercine legamentoso.

La tecnica da Noi utilizzata è quella della Souther california Orthopaedics Clinic (S.C.O.I.), descritta da Dr. Stephen Snyder, punto di riferimento per la chirurgia artroscopica di spalla.

E‟ una tecnica che si basa sull‟utilizzo dello Shuttel-Relay, un passafilo che permette il passaggio attraverso i tessuti di un filo di sutura non riassorbibile. Il paziente è posizionato sul fianco, leggermente inclinato posteriormente, con arto superiore trazionato a 70° di abduzione e 20° di flessione con apparato di trazione Artex Star Sleeve.

L‟accesso posteriore è standar e attraverso di esso con tecnica In-Out viene effettuato il secondo portale anteriore, davanti al CLB.

Il terzo portale antero-laterale medio-glenoideo (middle-glenoideo) è eseguito con una tecnica Out-In, utilizzando un‟ago da spinale come repere per

l‟esecuzione del portale.

Con l‟ottica nel portale antero superiore si inserisce lo shaver nella cannula antero-laterale per ripulire il collo della glenoide dai tessuti molli e sinovia. Quindi attraverso l‟utilizzo di una fresa da 4 mm si va a decorticare il collo della glenoide a partire dal bordo della cartilagine articolare fino alla posizione più mediale e inferiore possibile. Un punzonatore o un trapano con guida apposita, vengono utilizzati per creare l‟alloggio per le mini viti precaricate con fili di sutura, esattamente all‟angolo della superficie articolare con un‟inclinazione di circa 45° rispetto al piano glenoideo. Bisogna evitare di rompere la cartilagine articolare o di forare la corticale posteriore o inferiore: i fori vanno fatti

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