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Valutazione degli effetti biologici della movimentazione di sabbie marine mediante l'utilizzo di biomarker cellulari in Mytilus galloprovincialis.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

Corso di laurea specialistica in Biologia Marina

VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI BIOLOGICI

DELLA MOVIMENTAZIONE DI SABBIE MARINE

MEDIANTE L’UTILIZZO DI BIOMARKER

CELLULARI IN Mytilus galloprovincialis

Relatori :

Prof. Marco Nigro

Dott.

David

Pellegrini

Candidato : Andrea Gaion

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INDICE 

Riassunto pag. 3

Abstract pag. 4

1. INTRODUZIONE pag. 5

2. MATERIALI E METODI pag. 12

2.1. Metodologia di campionamento pag. 12

2.2. Indagini preliminari pag. 15

2.3. Determinazione della granulometria pag. 18 2.4. Determinazione degli elementi in traccia e

metalli pesanti pag. 19

2.5. Metodiche impiegate per i saggi tossicologici pag. 23 2.5.1. Saggio biologico con Corophium orientale pag. 23 2.5.2. Saggio biologico con Paracentrotus lividus pag. 25 2.6. Caratteristiche anatomo-fisiologiche di aa

Mytilus galloprovincialis pag. 28

2.7. Biomarker in Mytilus galloprovincialis pag. 35 2.7.1. Analisi del tempo di ritenzione del rosso neutro pag. 35 2.7.2. Valutazione della frequenza di a

cellule micronucleate pag. 37

2.7.3. Valutazione di grado di a

frammentazione del DNA pag. 40

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3. RISULTATI pag. 43

3.1. Fase I : Analisi pre-monitoraggio pag. 43 3.1.1. Determinazione della granulometria pag. 43

3.1.2. IPA pag. 44

3.1.3. PCB pag. 45

3.1.4. Idrocarburi, pesticidi organoclorurati e a

nutrienti pag. 47

3.1.5. Caratterizzazione biologica e microbiologica pag. 48 3.2. Fase II : monitoraggio del dragaggio e del ripascimento pag 50 3.2.1. Determinazione della granulometria pag. 50 3.2.2. Determinazione dei metalli nei sedimenti pag. 51

3.3. Test tossicologici pag. 52

3.3.1. Saggio biologico con Paracentrotus lividus pag. 52 3.3.2. Saggio biologico con Corophium orientale pag. 55 3.4. Bioaccumulo di metalli nei mitili pag. 57 3.5. Tempo di ritenzione del rosso neutro pag. 64 3.6. Frequenza di cellule micronucleate pag. 67

3.7. Grado di frammentazione del DNA pag. 70

3.8. Correlazione tra biomarker pag. 73

4. DISCUSSIONE pag. 75

BIBLIOGRAFIA pag. 77

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La presente tesi ha lo scopo di ampliare lo studio dell’eventuale impatto sul biota di un dragaggio di fondale marino presso l’imboccatura del porto di Viareggio, con l’utilizzo di biomarker in Mytilus galloprovincialis unitamente alla più classica analisi di bioaccumulo di metalli e test di tossicità. La prima risposta biologica analizzata è quella del tempo di ritenzione di un colorante, il rosso neutro, da parte dei lisosomi degli emociti; il tempo di ritenzione di tale colorante è direttamente proporzionale al grado di stabilità delle membrane lisosomali. È stata effettuata anche l’analisi della frequenza di cellule micro nucleate, che ci fornisce indicazioni circa i danni a livello cromosomico. Inoltre, per quantificare il danno genetico in termini di rotture al DNA, è stata effettuata l’analisi del Comet Assay, attraverso il quale viene misurato il grado di frammentazione del DNA. Per tali analisi si è scelto di utilizzare organismi da due popolazioni naturali presenti in prossimità della zona di dragaggio unitamente a mitili prelevati in una stazione non contaminata, trapiantandoli nell’area potenzialmente influenzata dall’attività di dragaggio. Come controllo, si è deciso di utilizzare gli animali presenti a Forte dei Marmi. Sono stati effettuati due campionamenti invernali, in un periodo non interessato dal dragaggio. I successivi campionamenti sono stati effettuati durante il massimo dell’attività, in particolare dal 18/03/07 al 10/05/07. I dati ottenuti dall’analisi dei biomarker sono stati integrati da esperimenti di tossicità effettuati, in collaborazione con l’ICRAM di Livorno, su Corophium

orientale e su Paracentrotus lividus. Sono state inoltre svolte analisi chimiche per

determinare i livelli di metalli nei sedimenti e negli organismi. Tramite l’analisi dei dati si può osservare una buona capacità dei biomarker nella discriminazione dei siti in analisi, anche se, sia per i biomarker che per il bioaccumulo, la variabilità naturale, prevalentemente legata alla stagionalità, appare consistente.. Il dragaggio dei fondali di Viareggio non ha mostrato effetti marcati di tossicita’ sugli organismi naturali e trapiantati, sebbene potrebbe rappresentare una componente dell’aumento di stress registrato in alcuni biomarker. In conclusione, un approccio integrato in cui trovi spazio l’utilizzo dei biomarker, oltre alle più tradizionali analisi chimiche e saggi di tossicità, appare promettente per meglio interpretare gli effetti che la movimentazione di sedimenti marini può avere sulla qualità ambientale. Per il futuro, un aspetto interessante da analizzare per arricchire ulteriormente l’approccio ambientale potrebbe essere lo studio delle variazioni delle comunità macrozoobentoniche presenti nel litorale versiliese.

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A possible dredging impact on coastal ecosystem of a in the entrance of Viareggio harbour was investigated joining a classical approach of metals bioaccumulation and toxicological tests with biomarkers analysis in Mytilus

galloprovincialis.

First response investigated was the Neutral Red Retention Time (NRRT) by lysosomes of red cells of hemolymph; retention time is proportional to stability degree of membranes and lot of elements (such as metals) damage these membranes.

Since many pollutants compromise the right migration of chromosomes to poles during cell replication, micronuclei frequency in gills cells was analyzed as a biomarker of stress condition. Furthermore, to quantify genetic damages like DNA breakages, the Comet Assay analysis was used. A software enabled us to calculate the percentage the DNA denatured after cell osmotic lysis. For this study, organisms from two natural populations were drawned near the dredging area, and mussels from a non –polluted area were transplanted in the same area. Basing our choice on previous studies, Forte dei Marmi was chosen as control area. Two experiments were carried out in winter, without any dredging activity. Other two experiments were effected in the maximum dredging period, between 18th march 2007 and 10th may 2007.

Results from biomarker analysis were integrated with toxicological experiments carried out by ICRAM (Livorno), using Corophium orientale and Paracentrotus

lividus.

Moreover, chemical analysis were taken to evaluate heavy metals in sediments and in mussel tissues. By the joining of all results, we could see a good capacity of biomarkers to discriminate experimental areas, but a seasonal variability was noticed.

Dredging activity in Viareggio area didn’t show any intense toxicological effects on natural and transplanted mussels, even if it could contribute to the increase of stress recorded for some biomarkers.

Finally, an integrated approach with biomarkers and classical study of metals bioaccumulation and toxicological tests, could give the opportunity to analyse in the right way the effects of sediments dredging.

In the future, it would be useful to extend our studies on variability of macrozoobenthonic populations.

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Il dragaggio dei fondali e il ripascimento delle coste sono un punto focale nella gestione della fascia costiera, in quanto influenzano in primo luogo la stabilità e la protezione della costa ma anche delle comunità macrozoobentoniche, che giocano un ruolo fondamentale nell’ecologia degli ambienti costieri di fondale sabbioso. Quindi, risulta di primaria importanza regolamentare e monitorare con procedure tecniche e scientifiche adeguate ogni intervento sui sedimenti, al fine di evitare conseguenze negative per gli ecosistemi e l’economia delle aree costiere. Le necessità specifiche di ogni territorio rivierasco possono rendere indispensabile attività di dragaggio di sedimenti in ambito portuale o fluviale, per consentire una buona agibilità da parte delle imbarcazioni nel primo caso e per eliminare eventuali depositi alla foce del corso fluviale che potrebbero causare problemi di inondazioni nel secondo caso. In altri casi il dragaggio di aree portuali può essere finalizzato all’opera di bonifica di ambienti fortemente inquinati e industrializzati. Nella figura 1.1 vengono riportati i quantitativi autorizzati per il dragaggio nel periodo 1988–1997; da tale grafico si può dedurre l’entità del fenomeno a livello nazionale. 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 198 8 1989 199 0 1991 199 2 1993 199 4 199 5 1996 199 7 m ilio n i d i m c u b i

Fig. 1.1 Milioni di metri cubi di materiale relativi all’intero territorio nazionale autorizzati allo sversamento in mare nel periodo 1988 – 1997 (Barbera, dati Min. Ambiente, Direzione S. D. M.).

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6 La valutazione della qualità dei sedimenti da dragare è premessa indispensabile a qualunque attività, ma legata soprattutto alla destinazione finale del materiale dragato.

Le possibili vie di riutilizzo del materiale dragato sono molteplici, il materiale può essere destinato alle seguenti categorie generali:

• opere civili (ricostruzione o ripascimento di litorali erosi, apporto di materiali addensanti per costruire terrapieni, banchine, colline artificiali, sottofondi stradali, riempimento di vasche di colmata o altri ambienti conterminati);

• interventi di natura ambientale (creazione di zone umide per ripopolamento ittico, berme subacquee o isole artificiali per la protezione del litorale)

Fino al 1997 circa la normativa italiana non prevedeva alcuna differenziazione riguardo al tipo di dragaggio, e la destinazione principale dei materiali dragati era lo scarico in mare. Attualmente l’unica norma di riferimento al riguardo è l’articolo 35 del D.Lgs 258/2000 (più comunemente noto come D.Lgs 152/99 o Testo unico sulle Acque)

“Immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di posa di cavi e condotte”. Tale articolo però non prende in analisi in

modo dettagliato tutte le problematiche relative al dragaggio portuale, lasciando alcuni aspetti di una attività a forte rischio di impatto ambientale non soggette a regolamentazione ambientale. Infatti tale articolo riporta testualmente:

1. “Al fine della tutela dell’ambiente marino ed in conformità alle disposizioni delle convenzioni internazionali vigenti in materia, è consentita l’immersione deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri e terrapieni costieri, dei seguenti materiali:

a) materiali di escavo di fondali marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;

b) inerti, materiali geologici inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità ambientale e l’innocuità;

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c) materiale organico e inorganico di origine marina o salmastra , prodotto durante l’attività di pesca effettuata in mare o laguna o stagni salmastri.

2. L’autorizzazione all’immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), è rilasciata dall’autorità competente solo quando è dimostrata, nell’ambito dell’istruttoria, l’impossibilità tecnica o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero ovvero lo smaltimento alternativo in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri dei lavori pubblici, dei trasporti e della navigazione e per le politiche agricole, (…omissis aggiornamenti…) previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. L’immersione in mare di materiale di cui al comma 1, lettera b), è soggetta ad autorizzazione con l’esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale. Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle opere preesistenti, è dovuta la sola comunicazione all’autorità competente.

4. L’immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non è soggetta ad autorizzazione.

5. L’attività di posa in mare di cavi e condotte è soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata, in conformità alle modalità stabilite con decreto del Ministro dell’ambiente, da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Il decreto del Ministero dell’Ambiente n. 367/2003 “Regolamento

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le sostanze pericolose ai sensi dell’art. 3 comma 4 del D.Lgs 152/1999”

fissa nuovi standard di qualità nella matrice acquosa e nei sedimenti, per quanto riguarda le sostanze di particolare pericolosità individuate a livello comunitario dalla direttiva 2000/60/CE.

I nuovi standard di qualità fissati in tabella 1 dell’allegato A del D.M. 367/2003 sono finalizzati a garantire a breve termine (colonna B) la salute umana e a lungo termine (colonna A) la tutela dell’ecosistema acquatico. Gli standard di qualità sono differenziati secondo che si tratti di acque dolci o marine e lagunari. Analoghi obiettivi vengono fissati per le acque a specifica destinazione d’uso: produzione di acqua potabile, molluschicoltura, ecc.

Le analisi sui sedimenti degli ambienti marino-costieri, delle lagune e degli stagni costieri sono rese obbligatorie per i metalli e per le sostanze organiche indicati nella tabella 2 dell’allegato A, che modifica di fatto i criteri di qualità del D. lgs. 152/1999.

Il D.M. 367/2003, pur fissando valori soglia validi su tutto il territorio nazionale, inserisce alcuni elementi di flessibilità per le differenti realtà regionali, sia per quanto riguarda i fattori di pressione, sia per quanto concerne le diverse tipologie di background geochimico. Spetta alle Regioni stabilire le sostanze pericolose da ricercare, in funzione della loro potenziale presenza in cicli industriali, scarichi, produzioni agricole e in tutte le attività in grado di causare l'inquinamento diffuso nell'ambiente idrico.

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In tale contesto, un aspetto fondamentale del monitoraggio ambientale risulta essere l’analisi degli effetti tossici esercitati sugli organismi viventi (Fossi, 2000), più o meno correlati ad un intervento antropico in una determinata area.

Per caratterizzare i sedimenti marini sottoposti a movimentazione, si possono eseguire analisi chimico-fisiche per assicurarsi che i parametri risultino inferiori ai limiti dettati dalla legislazione corrente. L’analisi chimica, infatti, può fornire dati precisi sulla presenza di una o più sostanze di cui si vuole controllare la concentrazione nell’ambiente, ma spesso essa è ristretta ad un numero limitato di parametri; quando si deve analizzare l’impatto ambientale del dragaggio di un fondale marino, ci si trova di fronte ad un’elevata varietà di sostanze la cui composizione e concentrazione possono essere difficilmente misurabili; anche per tutte le trasformazioni chimiche (reazioni di ossidoriduzione, di precipitazione, di chelazione, ecc…) cui queste molecole vanno incontro nell’ambiente in cui si trovano. Risulta chiaro quindi che l’analisi di tutte queste variabili risulta molto complessa ed economicamente onerosa (Steinberg H. J. et al., 1994).

Alla luce di queste considerazioni, l’integrazione di questo tipo di analisi con un approccio biologico, che valuti gli effetti degli interventi antropici su organismi sentinella appartenenti ad un determinato ambiente, e sulle comunità macrozoobentoniche risulta particolarmente utile per valutarne il vero impatto; tale analisi può fornirci risultati importanti per la comprensione degli effetti dovuti alla presenza di sostanze anche non singolarmente misurate (Bayne et al., 1985; Depledge, 1994). A tale scopo, negli ultimi anni, si è cominciato ad unire ai dati chimici relativi a matrici come acqua e sedimenti, l’analisi del bioaccumulo, diversi test di tossicità e lo studio di risposte biologiche in organismi residenti nelle aree di studio (biomarker) (Regoli et al., 2004; Lera & Pellegrini, 2006).

In chiave eco tossicologica, un organismo bioindicatore viene definito come “un organismo che mediante reazioni identificabili (chimiche,

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10 fisiologiche, morfologiche, ecc…) fornisce informazioni sulla qualità dell’ambiente (o di una parte di esso)” (Fossi, 2000).

La scelta di un organismo bioindicatore dipende da molti fattori, e soprattutto dal quesito sperimentale di partenza (Vighi & Bacci, 1998). Esso deve possedere alcune caratteristiche fondamentali quali:

• Optimum ecologico ed ampia distribuzione nell’area di studio •

• Facile identificazione sistematica •

• Adeguate conoscenze sull’anatomia, fisiologia ed ecologia della specie

• Uniformità genetica e ciclo vitale sufficientemente lungo per consentirne l’impiego

• Facile reperibilità •

• Home range ben definito

Per questo studio, l’animale utilizzato è il mitilo Mytilus galloprovincialis, specie ampiamente utilizzata per il monitoraggio ambientale per i numerosi vantaggi che essa offre (Regoli et al, 2004; Frenzilli et al., 2001); infatti oltre a tutte le caratteristiche sopra citate e ad un’ottima resistenza dopo il prelievo (Dixon et al., 2002), presenta una semplicità anatomica che facilita le operazioni di dissezione ed analisi su organi e tessuti selezionati.

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Questa indagine si pone l’obiettivo di verificare l’efficacia di una batteria di analisi che comprende alcuni biomarker di risposta precoce, da affiancare al più tradizionale studio di bioaccumulo ed all’esecuzione di test di tossicità in laboratorio (Lera & Pellegrini, 2006). Pur variamente articolata, questa ricerca non pretende di fornire un quadro completo degli effetti indotti dal movimento dei sedimenti. Infatti per valutarne le eventuali conseguenze a lungo termine sarebbe necessario estendere le ricerche ai livelli più elevati dell’organizzazione biologica, ad esempio indagando la struttura e le eventuali modificazioni delle comunità macrozoobentoniche.

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Il caso di studio si è presentato nell’ambito di una collaborazione tra il Dipartimento di Morfologia Umana e Biologia Applicata e ICRAM (Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare), gruppo di lavoro con sede a Livorno. In particolare si è trattato del dragaggio di sedimenti in un’area antistante l’imboccatura del porto di Viareggio ed il successivo utilizzo dei materiali per il ripascimento dell’arenile a Nord di Viareggio. Tale intervento nasce dalla necessità di rimozione delle sabbie antistanti l’imboccatura portuale che ostacolano le usuali attività del porto stesso (Fig 1.2), e dalla esigenza di ripristinare ampi tratti di litorale soggetti a fenomeni di erosione, causa di evidenti disagi alle strutture e alle attività legate al turismo balneare.

Fig. 1.2 Imboccatura del porto di Viareggio.

Inizialmente è stato svolto uno studio preliminare per evidenziare le caratteristiche chimico-fisiche ed ecotossicologiche dei sedimenti e la loro potenziale compatibilità per un ripascimento dei litorali della costa versiliese.

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Si è deciso di utilizzare Forte dei Marmi come sito di controllo (Bacchiocchi et al., 2002) in quanto sufficientemente lontano da Viareggio da non venire influenzato da un eventuale effetto dragaggio, ma comunque con caratteristiche ambientali simili alla zona in analisi (Fig. 2.1). In particolare si è scelto di analizzare una popolazione naturale di mitili (CN) presenti sui piloni del pontile, basando tale scelta su lavori precedentemente svolti (Bolognesi et al., 2004; Bacchiocchi et al., 2002; Regoli, 1992), e utilizzare i sedimenti nel medesimo sito come controllo della qualità chimica dei sedimenti (CS1). Un ulteriore controllo dei sedimenti è stato scelto al largo della costa di Viareggio (CS2).

Fig. 2.1 Stazioni di campionamento di sedimenti e mitili.

La metodologia scelta prevedeva analisi granulometriche e chimiche dei sedimenti nel litorale di Viareggio, la valutazione dell’accumulo di metalli (Gundaker, 1999) e lo studio di biomarker cellulari (Moore et al., 2004) nei 12

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mitili naturalmente presenti in prossimità dell’area di interesse ed in quelli trapiantati.

Nel piano iniziale era stato previstolo studio dei seguenti campioni di mitili: CNÆ popolazione naturale di controllo del pontile di Forte dei Marmi, CTÆ popolazione di controllo di un eventuale effetto trapianto a Forte dei Marmi; i mitili sono stati prelevati, riposti in panni umidi per due ore e ritrapiantati in reticelle nella loro posizione originaria. DT e RTÆ popolazioni trapiantate da Forte dei Marmi nelle zone di dragaggio e ripascimento di Viareggio; DNÆ popolazione naturale presente sul molo (Fig. 2.2 A), nei pressi dell’area sottoposta a dragaggio, PNÆ popolazione naturale presente all’interno dell’imoccatura del porto (Fig.2.2 B).

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Fig 2.2 Stazioni di mitili naturali a Viareggio: A) molo, stazione adiacente alla zona di dragaggio e B) porto, stazione all’interno dell’imboccatura del porto.

Fig. 2.3 Draga in attività a Viareggio.

Il campionamento è stato effettuato 4 volte: le prime due nei mesi di dicembre e gennaio, in un periodo di non dragaggio e le seconde nei mesi

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di marzo e maggio, quando si è concentrata l’attività di dragaggio (Fig. 2.4).

Fig. 2.4 Metri cubi dragati nel periodo di massima attività.

Nei mesi invernali le stazioni trapiantate, di Forte dei Marmi e situate sulle catenarie delle boe fatte posizionare appositamente dal Comune di Viareggio, dopo tre settimane di stazionamento, non sono state più ritrovate.

Si è effettuato nuovamente il trapianto anche nei mesi primaverili, ma questa volta cambiando il posizionamento. Sono stati legati dei pesi di circa 5kg al corpo morto della boa ad una distanza di circa 6m, ad essi sono state legate le reti con gli animali, sollevate di circa 1m dal fondale per mezzo di alcuni galleggianti di volume pari a 1,5L (Fig. 2.5).

Nella stazione di Forte dei Marmi, il trapianto per il controllo artefatto è stato nuovamente effettuato fissando le reticelle ai piloni del pontile, ad una profondità di 1m circa.

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Gli animali destinati al trapianto sono stati prelevati in gruppo, cercando di recare il minor stress possibile e posti nelle apposite reti di plastica.

Fig. 2.5 Messa in opera delle reti contenenti i mitili.

Al momento dell’ultimo campionamento, sono state ritrovate le stazioni trapiantate a Viareggio, ma non quella trapiantata a Forte dei Marmi.

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Prima dell’inizio del lavoro di tesi, il gruppo dell’ICRAM aveva effettuato una campagna di analisi per caratterizzare la zona adibita al dragaggio e la zona adibita al ripascimento, sono state effettuate analisi biologiche, analisi granulometriche, analisi di metalli, analisi di sostanze lipofile (IPA, PCB), misurazioni di sostanza organica, nutrienti e test tossicologici sui sedimenti.

La zona da investigare in corrispondenza dell’imboccatura del porto è stata suddivisa in 4 sub-aree adiacenti, applicando una griglia a maglia quadrata avente il lato di lunghezza pari a 100 metri (Fig. 2.6); all’interno di ciascuna di queste sub-aree è stata individuata una stazione di campionamento (V1, V2, V3, V4).

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Fig. 2.6 Schema delle stazioni di campionamento posizionate nell’area dell’imboccatura del porto di Viareggio da sottoporre ad intervento di dragaggio.

Inoltre, poiché il progetto prevedeva l’utilizzo dei materiali dragati (qualora ritenuti idonei) per il ripascimento di un arenile esterno al sito di dragaggio, sono state individuate due ulteriori stazioni di campionamento (V5, V6) in prossimità dell’area di ripascimento, per verificare la qualità ambientale e la compatibilità con i materiali da deporvi (Fig. 2.7). Un’ulteriore stazione (V7) è stata posizionata sulla spiaggia in prossimità dello sbocco del sabbiodotto che trasporta la sabbia dragata dal porto verso l’area di ripascimento (Fig. 2.7).

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Fig. 2.7 Schema delle stazioni di campionamento posizionate nell’area marina sottoposta ad intervento di ripascimento.

Per ogni stazione sono state annotate le coordinate (Tab. 2.1): Tab. 2.1 Coordinate delle stazioni di campionamento.

Staz. di

campionam. V1 V2 V3 V4 V5 V6 V7

Coord. 43.861838° N 10.234746° E 43.862271° N 10.233873° E 43.862921° N 10.233158° E 43.863885° N 10.231932° E 43.871206° N 10.234835° E 43.875083° N 10.232049° E 43.869723° N 10.239409° E

N° campioni 4 5 2 4 1 1 1

Le metodologie di prelievo dei sedimenti per le analisi preliminari sono state differenziate in:

- bennate, per l’asportazione dei soli primi 30cm di materiale

- carotaggi, per l’asportazione sia della parte superficiale che di quella profonda fino ad una profondità di 3 metri.

Le bennate sono state effettuate con una benna Van Venn da 5 litri che è stata usata esclusivamente per il prelievo dei campioni nell’area di ripascimento, calando lo strumento nei punti di campionamento prescelti.

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18 Per i carotaggi invece è stato utilizzato il Carotiere S.H.S.B.D. (Self-sheathing Hydraulic Sampling Bottom Device) che utilizza una macchina vibro/percussiva che sviluppa una energia per colpo di 85 joule e 1450 colpi al minuto, che permette una immediata infissione della carota diminuendo le probabilità di disturbo.

Il metodo di raccolta del sedimento permette allo stesso di avanzare racchiuso in una speciale guaina elastica, che accompagna lo scorrimento della carota nell'avanzamento, evitando attriti interni tra il sedimento e le pareti del liner ed annullando quindi tutti i problemi ad esso connessi.

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Per la determinazione delle caratteristiche granulometriche dei sedimenti marini si tratta ogni campione (circa 70g) con una soluzione di perossido di idrogeno ed acqua distillata (1:8) per 48 ore a temperatura ambiente per facilitare la separazione dei granuli.

In seguito, si separa il sedimento su maglia da 63µm in umido con acqua distillata; le due frazioni ottenute vengono essiccate in stufa a 60°C e successivamente pesate.

Si procede a vagliare la frazione >63µm (sabbia e ghiaia) con pile di setacci da 2000, 1000, 500, 250, 125 e 63µm della serie ASTM; si pesa il sedimento corrispondente a ciascun intervallo e al termine delle operazioni si calcola in quale percentuale le varie frazioni sono presenti all’interno del campione.

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I termini “metalli pesanti” o “elementi in traccia”, sebbene non siano stati definiti in modo chiaro ed univoco, sono stati comunemente utilizzati ed accettati, generalmente sono adottati per indicare un insieme di metalli e metalloidi considerati tossici ed inquinanti, tuttavia includono anche elementi indispensabili per gli organismi, sebbene in concentrazioni molto basse. Da un punto di vista biologico gli elementi in tracce si dividono in essenziali (macroelementi e microelementi) e non essenziali.

I macroelementi sono quelli che partecipano in modo massiccio al metabolismo cellulare e vanno a costituire in piccola percentuale la materia vivente, ad esempio il sodio, il potassio, il magnesio.

I microelementi, presenti in quantità minori, sono essenziali per una regolare funzione degli enzimi e comprendono il cobalto, il rame, il ferro, il molibdeno, il selenio, lo zinco, il manganese (Manley & Davenport, 2001). Gli elementi non essenziali, come il mercurio, il berillio, il cadmio, il piombo, l’alluminio, non hanno una funzione biologica e non sono indispensabili per l’organismo, la loro presenza all’interno degli esseri viventi è correlata alla disponibilità ambientaleM (Naimo, 1995).

Secondo la definizione data da Förstner e Wittmann (1981), il termine “elementi in tracce” è usato per gli elementi che sono presenti in piccole concentrazioni negli organismi, e più precisamente, gli elementi la cui concentrazione non superi lo 0,01 % della massa dell’organismo.

I metalli sono presenti naturalmente e si ridistribuiscono sia tramite cicli geologici che biologici (Perin et al., 1998). In atmosfera, i metalli si presentano generalmente associati al particolato e la provenienza è molto varia: secondo alcuni studi, sebbene un 30/50 % sembri derivare da sorgenti naturali (azione erosiva del vento, attività vulcanica, aerosol marini, incendi, ecc..) una frazione decisamente maggiore ed in continuo aumento è di provenienza antropica (Steinberg et al., 1994); il ciclo biologico comprende invece l’accumulo in piante ed animali, e l’inclusione nelle catene alimentari.

(21)

20 Secondo Förstner e Wittmann è possibile distinguere cinque principali differenti fonti di inquinamento da metalli:

1. l’erosione ed il dilavamento della crosta terrestre, 2. l’utilizzo industriale dei minerali e dei metalli stessi, 3. l’uso di metalli e di componenti metallici,

4. il trattamento dei rifiuti e le discariche,

5. le escrezioni animali e umane che contengono metalli pesanti.

Alcuni metalli pesanti come il mercurio, il piombo ed il cadmio sono in grado di danneggiare direttamente gli organi riproduttivi provocandone degenerazione o necrosi (Tsapakos & Wetterhahn, 1983)

Altri metalli pesanti sono riconosciuti per i loro marcati effetti genotossici (Mitchelmore, 1998), come ad esempio il cromo e mercurio, o anche di metalli di transizione come ferro e rame riconosciuti come capaci di catalizzare la formazione del radicale ossidrilico attraverso la reazione di Fenton e di Haber-Weiss (Winston et al., 1996); tramite tale reazione si possono originare radicali che possono influenzare direttamente la stabilità del DNA (ossidazione delle basi azotate, strand breaks).

Tale rezione porta alla formazione del radicale OH dalla riduzione del H2O2 da parte dell’anione superossido (reazione di Haber-Weiss), un processo in due fasi che è catalizzato da metalli di transizione (Fe3 + e Cu3 +) e coinvolge la reazione di Fenton:

Fe3 + + .O2- → Fe2 + + O2

Fe2 + + H2O2 → Fe3 + + OH - + .OH Reazione di Fenton .O

2-+ H2O2 → O2 + OH - + .OH Reazione di Haber-Weiss

Tutte le componenti cellulari sono soggette all’attacco dei ROS (Regoli et

al., 2002), in particolare del .OH; i ROS possono anche danneggiare il

DNA modificandone le basi, ossidandole, o provocando rotture nell’ossatura zucchero-fosfato (Fig. 2.8).

(22)

Fig. 2.8 Possibili danni genotossici causati dai ROS.

Per la determinazione dei metalli nei sedimenti marini, il campione di sedimento umido viene seccato in stufa a 45°C per 24h, o comunque fino a peso costante, quindi frantumato in un pestello in porcellana decontaminato fino ad ottenere un composto fine ed omogeneo.

Nella metodica analitica seguita si pesano circa 0,3g p.f. di campione che viene mineralizzato mediante l’aggiunta di 3ml di acido nitrico HNO3 (65%) e 1ml di acido cloridrico HCl (30%) ultrapuri e con l’impiego di un microonde opportunamente programmato, portando poi a volume con acqua ultrapura a 25ml finali.

La determinazione analitica è effettuata sia mediante l’impiego di Spettrofotometria ad Emissione Atomica (Varian Liberty AX Sequential ICP-AES) che di Spettrofotometria ad Assorbimento Atomico in fornetto di grafite (Varian Spectra AA 200 Z). La determinazione del Hg è eseguita secondo la metodica dei vapori freddi (CVAA Bacharach Coleman model 50B) dopo aggiunta di SnCl2, come indicato nel manuale di metodologie analitiche di riferimento pubblicato da Min. Ambiente – ICRAM (2001). L’accuratezza della metodica è stata valutata impiegando il materiale standard di riferimento LGC-6156 Harbour Sediment (National Research Council, Canada), che è stato processato con le stesse modalità dei

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campioni. Il limite di rilevabilità della metodica per ogni metallo analizzato è riportato nella tabella seguente (Tab. 2.2).

Tab. 2.2 Limite di rilevabilità per ogni metallo.

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I saggi biologici sono stati applicati all’elutriato e direttamente alla fase solida. Gli elutriati sono stati preparati miscelando aliquote di sedimento ed acqua di mare artificiale ISO in rapporto 4:1 di peso secco, lasciando le miscele in agitazione per un’ora e centrifugando per 20 minuti a 3500rpm. Il sovranatante, filtrato a 0.45µm al fine di eliminare eventuali particelle di sedimento in sospensione, è stato successivamente utilizzato per il saggio entro 24 h dalla preparazione delle matrice. La fase solida è stata preparata per semplice centrifugazione refrigerata (3500rpm a 4°C per 30’), eliminando successivamente l’acqua interstiziale come sovranatante.

2

2..55..11 SSaaggggiioo bbiioollooggiiccoo ccoonn CCoorroopphhiiuumm oorriieennttaallee

Il saggio è stato eseguito secondo le metodiche riportate in “ISO 2003. Water Quality - Determination of acute toxicity of marine or estuarine sediments to amphipods” e secondo quanto riportato in Bigongiari et al. (2001).

Gli organismi sono raccolti e selezionati in campo (fiume Magra) in base alla classe di taglia desiderata (2-4mm). Per ogni campione sono allestite 3 repliche, in ogni becher sono aggiunti circa 200 cc di sedimento da testare e circa 750cc d’acqua di mare filtrata. Dopo una opportuna ossigenazione, sono introdotti nei becher 25 organismi. Al termine del saggio biologico a breve termine (10 giorni) l’end-point preso in considerazione è la mortalità. La valutazione qualitativa dei sedimenti è stata effettuata tenendo conto sia della differenza matematica (∆m) che statistica (p<0,05) tra la mortalità ritrovata nel campione da saggiare e la mortalità nel controllo. All’inizio e al termine dei test sono stati controllati alcuni parametri chimico-fisici (pH, temperatura, salinità e O2 disciolto) fonti di possibili stress per gli organismi.

La sensibilità degli anfipodi è valutata determinando il valore di LC5 0 (concentrazione alla quale si verifica la morte del 50 % degli individui) con il cloruro di cadmio. A tal fine gli organismi sono posti in soluzioni acquose a concentrazioni crescenti di CdCl2 per 96h, in assenza di

(25)

24 sedimento. Il valore di LC5 0 e i relativi limiti di confidenza al 95% sono calcolati con il metodo Trimmed Spearman-Karber (www.epa.gov).

Il saggio biologico è considerato valido quando nel sedimento di controllo la mortalità media è ≤15% e la mortalità nella singola replica per l'intero periodo di esposizione è ≤20%. E’ stata calcolata la media della mortalità ± la deviazione standard (espessa in %) nel periodo di esposizione considerato, sia nei sedimenti da testare che nel sedimento di controllo. I dati di mortalità di ogni campione sono quindi confrontati con quelli del sedimento di controllo. E’ stato applicato il test T per verificare l’eventuale differenza statistica (p<0,05) tra la mortalità nel sedimento da testare e quella nel sedimento di controllo. Prima di applicare il test T, è stata verificata l’omogeneità delle varianze per scegliere il tipo di test T più opportuno.

La valutazione della tossicità è eseguita prendendo in considerazione la mortalità ritrovata nei campioni da saggiare corretta con la formula di Abbott (M):

Abbott= (X-Y) / (100-Y) . 100

X = % nel campione da testare; Y = % nel controllo.

La scala adottata per la quantificazione della tossicità è riportata nella tabella 2.3:

Tab. 2.3 Scala di tossicità relativa a Corophium orientale

C. orientale Tossicità

M ≤ 15% Assente

15% < M ≤ 30% Bassa

30% < M ≤ 60% Media

M > 60% Alta

Il valore numerico di m2 8 è stato stabilito sulla base dell'esperienza acquisita da ICRAM in questi anni. E' stata fissata cioè la soglia di ∆m2 8=15% come valore discriminante della tossicità a lungo termine. I valori successivi di ∆m sono stati determinati secondo una scala geometrica.

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2..55..22 SSaaggggiioo bbiioollooggiiccoo ccoonn PPaarraacceennttrroottuuss lliivviidduuss

Il saggio biologico ha come endpoint la fertilizzazione dei gameti e lo sviluppo della larva dell’echinoderma Paracentrotus lividus. Questa specie endemica del Mar Mediterraneo è stata adottata già a partire dagli anni 70 da agenzie e società scientifiche internazionali (ASTM) per la valutazione della tossicità di acque superficiali e di sedimenti.

Il saggio biologico con P. lividus può essere impiegato sia nella valutazione della qualità di matrici ambientali (acque e sedimenti marini) sia nella stima della tossicità di sostanze o preparati solubili in acqua di mare (Lera et al., 2006). In particolare, per quanto riguarda i sedimenti marini esso è compatibile con l'acqua interstiziale e l'elutriato.

Gli organismi sono stati raccolti in zone costiere relativamente incontaminate a basso impatto antropico.

Gli organismi prelevati sono stati avvolti in carta bibula bagnata con acqua di mare e trasportati in una borsa termica presso il laboratorio, dove sono stati trasferiti e mantenuti in un acquario refrigerato per alcuni giorni. Prima di eseguire il test vero e proprio, si procede alla preparazione della matrice dal campione come precedentemente descritto.

I gameti sono stati recuperati mediante l’iniezione di circa 1ml di KCl 0,5M nel riccio. I gameti maschili sono stati prelevati “a secco”, mentre quelli femminili sono stati recuperati in acqua di mare filtrata. Prima di procedere all’esecuzione del test è stata valutata la qualità dei gameti: motilità e potere fecondante per lo sperma e forma, colore e fecondabilità per le uova.

Tutta la procedura del test, dalla conservazione degli animali, all’emissione dei gameti, all’esecuzione del saggio è stata condotta alla temperatura di 16 - 18°C, seguendo la metodica indicata da Novelli et al. (2001).

I gameti sono stati conteggiati ed opportunamente diluiti in modo da raggiungere un rapporto ottimale sperma/uovo di 15.000:1 per ogni provetta.

Per l’esperimento sono stati utilizzate provette di vetro all’interno delle quali sono stati immessi 10ml dell’elutriato da testare.

Lo sperma è stato esposto all’elutriato per 60 minuti, dopodiché sono state aggiunte le uova (1000 per ogni camera test); per la prova di fecondazione

(27)

26 il test è stato bloccato con formaldeide dopo 20 minuti dall'aggiunta delle uova, mentre per lo studio dello sviluppo larvale il saggio biologico è stato bloccato dopo circa 48 ore, cioè fino al raggiungimento del normale stadio di pluteo nel controllo.

Per ogni campione sono state effettuate tre repliche e parallelamente ai test sono stati allestiti controlli positivi (con nitrato di rame) e negativi (con acqua di mare filtrata).

(28)

27 All’inizio del test sono stati monitorati alcuni parametri chimico-fisici degli elutriati che possono influire negativamente sul risultato delle prove, verificando che rientrassero in un range di accettabilità:

ƒ temperatura (16-18°C); ƒ salinità (34–36 ‰);

ƒ ossigeno disciolto (>60 %); ƒ pH (8,0±0,2);

ƒ NH4+ (0-1 mg/l).

Per ciascun campione, sia in riferimento alla fecondazione delle uova che allo sviluppo fino allo stadio di pluteo, è stata verificata la differenza statistica tra il campione ed il controllo mediante il test-T di Student.

Al fine di compensare la percentuale di uova che nel controllo non vengono fecondate (test di fertilizzazione) o non arrivano allo stadio di pluteo (test di sviluppo) è stata calcolata la "correzione di Abbott", mediante la seguente formula:

ƒ Abbott= (X-Y) / (100-Y) .

100

X = % di uova non fecondate (o embrioni non sviluppati a pluteo) nel campione da testare;

Y = % di uova non fecondate (o embrioni non sviluppati a pluteo) nel controllo.

Il giudizio sulla tossicità dei sedimenti è riportato in Tabella 2.4 e si basa sul calcolo dell’EC2 0 ed EC5 0.

Il test è considerato accettabile quando, relativamente alla fecondazione, è stata ritrovata una percentuale di uova fecondate nel controllo negativo maggiore dell’80% ma minore del 100%. Il valore minimo assicura la significatività della prova ed il valore massimo esclude un'eventuale sovrastima della tossicità del campione.

Tab. 2.4 Scala di tossicità acuta e cronica adottata per il saggio con P. lividus

Paracentrotus lividus Tossicità

EC20 ≥ 90% Assente

EC20 < 90% e Bassa 40% ≤ EC50 < 100% Media

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STRUTTURA MORFOLOGICA

La conchiglia dei bivalvi (Mengoli, 1998) è composta da due valve generalmente simmetriche, una destra e una sinistra, separate dai relativi lobi del mantello e destinate a proteggere i visceri (Fig. 2.9). Esse sono unite da un legamento e una cerniera, e sono costituite da una matrice organica formata da proteine, mucopolisaccaridi e cristalli di carbonato di calcio, generalmente sotto forma di calcite (cristalli esagonali) o aragonite (cristalli rombici). Il legamento, a forma di fuso, è fissato ai bordi dorsali delle valve e grazie alla sua elasticità e alla sua posizione intercalare determina l’apertura delle valve (Gosling, 1985). È separato dal mantello a livello della zona dorsale posta fra i suoi due lobi (istmo palleale). I muscoli adduttori, inseriti perpendicolarmente rispetto alle valve, si oppongono all’azione meccanica del legamento e chiudono la conchiglia. Nel loro punto d’inserzione sulla faccia interna delle valve essi determinano le cosiddette «inserzioni».

Fig. 2.9 Mitilo: organi interni (previa asportazione della branchia sinistra): 1) branchia dx; 2) bisso; 3) piede; 4) epatopancreas; 5) muscolatura.

Il muscolo madreperlaceo, essendo formato da fibre lisce, fornisce contrazioni lente ed a basso consumo energetico , mentre invece i muscoli vitrei formati da fibre striate danno luogo a contrazioni rapide ad alto consumo. Sono queste ultime che presiedono alla chiusura rapida delle valve mentre le prime provvedono alla chiusura protratta per lunghi periodi

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29 di tempo. I muscoli adduttori presentano un’attività ritmica costituita da un periodo di rilassamento, che si effettua con lentezza e lascia una fessura tra le due valve, seguito da una contrazione rapida che provoca la chiusura delle valve stesse. Entrambi i tipi di muscoli partecipano al realizzarsi di questo ritmo. Questi muscoli rivestono un ruolo importante nella sopravvivenza dei molluschi, infatti dalla chiusura delle loro valve dipende la possibilità di potersi difendere dai predatori durante la permanenza in mare, ed inoltre la loro sopravvivenza nella zona intertidale, grazie alla possibilità di captare l’ossigeno atmosferico a condizione che le loro branchie restino umide. Da ciò deriva l’importanza di poter mantenere le valve più o meno chiuse per trattenere il liquido intervalvare mantenendo così umide le branchie il più a lungo possibile. Il mantello è formato da un tessuto a struttura molle che avvolge i visceri del mollusco. Presenta un’ampia apertura inalante nella regione ventrale, attraverso cui entra l’acqua, e un orifizio esalante, vicino al muscolo adduttore posteriore, da cui la espelle dopo aver captato l’ossigeno disciolto e le particelle alimentari. Il bordo presenta dei prolungamenti che, all’atto di apertura delle valve, s’intrecciano costituendo una sorta di filtro per evitare che penetrino al suo interno delle particelle di grandi dimensioni. Il mantello è generalmente attraversato da due sottili muscoli adduttori anteriori e da uno grosso posteriore, inseriti nella parte interna delle valve. La bocca, subterminale, è una fenditura trasversale le cui labbra si prolungano su entrambi i lati dell’orifizio in due paia di tentacoli labiali, lamine appiattite a forma di foglia di alloro. In Mytilus, sulla linea medioventrale del piede si apre la ghiandola bissogena, la quale produce dei filamenti o

bisso che, partendo in fascio divergente dal suo orifizio, si fissano a un

supporto mediante la propria estremità. Questi filamenti sono costituiti a base di amminoacidi e la loro abbondanza e resistenza dipende dallo stato fisiologico del mollusco; il bisso rappresenta un ottimo adattamento ad un habitat con forti correnti che, di conseguenza, garantisce all’animale un’ elevata capacità di filtrazione e rifornimento di ossigeno.

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30

APPARATO DIGERENTE

L’apparato digerente dei molluschi bivalvi (Mengoli, 1998) consta di un esofago, brevetubo che sbocca in un ampio stomaco, a pareti pieghettate, crivellato di fori che sono gli orifizi dei diverticoli digerenti (Fig. 2.10). Questi si presentano notevolmente ramificati e terminano in sacche cieche formate da acini ghiandolari. L’insieme costituisce la ghiandola digerente. I tubuli digerenti sono composti da cellule cigliate (come lo stomaco e l’esofago) e da cellule vacuolari ricche di pigmenti carotenoidi, glucoproteidi e lipidi. A proposito delle loro funzioni, esistono pareri discordi: digestione intracellulare, digestione extracellulare con produzione di enzimi digestivi; probabilmente i tubuli assommano entrambe queste funzioni. Lo stomaco si presenta come un lungo diverticolo cieco (il cieco dello stilo) che contiene lo stilo del cristallino, sottile fusto trasparente che va a poggiarsi su uno scudo gastrico. Tutti i bivalvi, a eccezione di pochi casi, possiedono questo stilo cristallino, contenuto come detto in una sacca cieca che si apre nello stomaco o in un canale profondo della parte iniziale dell’intestino. Detto stilo è traslucido o giallognolo e ha una dimensione notevole rispetto a quella del mollusco. È costituito da strati concentrici di mucoproteidi secreti continuativamente dalle pareti ghiandolari del fondo della sacca (tiflosolio). La sua estremità anteriore sporge nello stomaco e urta contro uno strato cuticolare dentellato della parete dello stoma c o . Come vedremo meglio in seguito, nella maggior parte delle specie, lo stilo, mosso da ciglia vibratili, gira su se stesso (da 10 a 80 volte al minuto), liberando enzimi.

(32)

Fig. 2.10 Apparato digerente di mitilo.

L’intestino è relativamente lungo, più o meno ripiegato su se stesso, si apre al di sotto del muscolo adduttore posteriore ed è anch’esso cigliato. Nel suo percorso attraversa il ventricolo cardiaco prolungandosi fino al retto per sboccare nell’ano.

ALIMENTAZIONE E DIGESTIONE

L’alimentazione dei molluschi bivalvi (Mengoli, 1998) è microfaga, ossia a base plancton e di particelle organiche mantenute in sospensione nell’acqua. In condizioni normali, un mitilo di media dimensione, filtra all’incirca da 4 a 5 litri d’acqua all’ora, ed è in grado di trattenere il 90% delle particelle contenute in essa, sempre che rientrino nella gamma delle dimensioni filtrabili. Sono le ciglia laterali delle branchie che con il loro battito creano la corrente alimentare inalante. Il ritmo del battito, in un mitilo a esempio, è di 2-5 pulsazioni al secondo, che possono arrivare fino a 20 pulsazioni in acque calde e povere di O2. Questa corrente formata dalle ciglia laterali è più che sufficiente ad assicurare la respirazione dell’individuo. Con le valve leggermente socchiuse, si produce una lieve corrente inalante che fornisce nuova acqua alla zona ventrale della cavità palleale. Questa corrente penetra nell’emibranchia passando tra i filamenti adiacenti; le ciglia latero-frontali, le cui estremità vanno praticamente a toccare le corrispondenti estremità del filamento adiacente, fanno da setaccio trattenendo le particelle trasportate da detta corrente. Le

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32 dimensioni delle particelle trattenute dalle ciglia latero-frontali, in generale, sono comprese tra un massimo di circa 400-500 micron, e un diametro minimo di 1-5 micron. Al di sopra della dimensione massima, la penetrazione delle particelle nella cavità palleale è impedita dai bordi del mantello. Al di sotto di pochi micron, vengono trattenute soltanto le particelle adsorbite sulle particelle di maggiori dimensioni (cosa frequente nei mezzi liquidi). Questa gamma di misure comprende un gran numero di batteri liberi (le cui dimensioni medie sono comprese tra 0,5-1 micron e 1-5 micron), particelle di argilla, organismi planctonici, larve e uova di un gran numero di specie, resti di organismi vegetali e animali. Le particelle trattenute dalle ciglia latero-frontali vengono «consegnate» alle ciglia frontali del filamento branchiale che provvedono a mescolarle nel muco secreto dalle cellule glandolari e a trasportarle verso i solchi alimentari. Questi solchi sono depressioni cigliate che corrono su tutta la lunghezza delle lamine branchiali e sono situati sul bordo ventrale e dorsale delle medesime. Nei casi più semplici, come i mitili, le ciglia frontali spostano le particelle verso i solchi alimentari ventrali o dorsali delle lamine branchiali, dove vengono trasportate in direzione anteriore fino ai palpi buccali che realizzano la selezione delle particelle. La raccolta delle particelle in sospensione nell’acqua avviene quindi tramite i filamenti branchiali: una volta captate le particelle vengono dirette verso i solchi marginali (congiunzione delle branchie dirette e riflesse dei filamenti branchiali) o dorsali (ripiegamento all’estremità delle branchie riflesse) e convogliate verso i palpi labiali e la bocca. Le particelle alimentari agglutinate all’interno di un cordone mucoso, penetrano nella bocca e vengono convogliate attraverso un breve esofago cigliato che sbocca nello stomaco. Questo organo è circondato da una grande massa ghiandolare a funzioni primordialmente digerenti: la ghiandola digerente o epatopancreas. Lo stomaco ha due regioni chiaramente differenziate: quella dorsale, nella quale sboccano l’esofago ed i condotti della ghiandola digerente; e la regione ventrale a forma di sacca, nella quale si trova lo stilo cristallino, anch’essa ghiandolare, secernente una serie di enzimi, quali amilasi, cellulasi e lipasi. Questi enzimi vengono assorbiti dalla matrice proteica mano a mano che questa si forma sul fondo della sacca. Le

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33 pareti del tratto superiore della sacca sono rivestite di ciglia che imprimono allo stilo, come già precedentemente visto, un movimento rotatorio. Cosicché quest’ultimo, che ha un’estremità poggiante sullo scudo gastrico, si consuma per sfregamento, liberando nello stomaco gli enzimi che contiene. La velocità di rotazione dello stilo è condizionata dalla temperatura, dal pH e dalla pressione del cibo presente nello stomaco. Il cordone mucoso che penetra attraverso l’esofago è diretto verso lo stilo, il quale agisce a mo’ di argano, facilitando sia la penetrazione del cordone alimentare nello stomaco sia, durante il disfacimento del cordone stesso, il mescolarsi delle particelle alimentari con gli enzimi e la loro distribuzione sulle pareti dello stomaco. L’intestino, anch’esso cigliato, è relativamente lungo e forma varie anse nella zona stomacale della ghiandola, prolungandosi posteriormente verso il retto, il quale attraversa il pericardio e il ventricolo per sboccare nell’ano, situato all’altezza del muscolo adduttore posteriore, nella cavità soprabranchiale, da dove le feci vengono espulse all’esterno. Le feci, che contengono sia i residui della digestione intracellulare sia le particelle parzialmente digerite e poi respinte nello stomaco, sono relativamente compatte e dense, per cui si sedimentano rapidamente in acqua.

APPARATO RESPIRATORIO

La respirazione (Mengoli, 1998) viene effettuata attraverso le branchie, che sono responsabili dell’interscambio gassoso, oltre a essere il luogo in cui si realizza la captazione delle particelle alimentari che penetrano nella cavità palleale. Esse sono situate a sinistra ed a destra del corpo, e tra la massa viscerale ed il mantello; normalmente ve ne sono due su ciascun lato (Fig. 2.11). All’interno dei Bivalvi, si distinguono diversi gradi di complessità delle strutture branchiali: dalle forme più semplici, chiamate filibranchie (come quelle dei mitili), passando per branchie più complesse, le pseudolamellibranchie (pettinidi, ostriche), fino a quelle con struttura più specializzata come le eulamellibranchie di canolicchi o capalunghe (Ensis

ensis e Ensis siliquia). Questo aumento di complessità delle branchie è

volto quasi esclusivamente alla specializzazione nella captazione di cibo: quanto più primitiva è la struttura della branchia, tanto più predomina la

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funzione respiratoria su quella alimentare. Nei lamellibranchi, le branchie sono formate da filamenti più o meno lunghi che si diramano da un asse longitudinale. L’insieme di filamenti di una medesima linea forma una lamina branchiale. I filamenti si ripiegano su se stessi, tutti al medesimo livello, a una certa distanza dal loro punto di inserzione, formando una lamina diretta e una lamina riflessa. La lamina branchiale esterna si riflette verso l’esterno, la linea branchiale interna, verso l’interno (aspetto a W della sezione trasversale di una branchia). I filamenti di una stessa lamina sono tenuti uniti da ciuffi di ciglia vibratili, che s’inseriscono le une nelle altre come le setole sovrapposte di due spazzole.

Fig. 2.11 Sezione trasversale schematica di un mitilo. Si nota per ogni branchia: la branchia diretta (1) e la branchia riflessa (2) del filamento esterno; la branchia diretta (3) e la branchia riflessa (4) del filamento interno. A destra: branchie.

Attraverso le branchie i molluschi bivalvi sono in grado di captare, oltre all’ossigeno disciolto nell’acqua, anche altre sostanze disciolte quali macromolecole e ioni, in quanto essi agiscono come un filtro nel quale vengono trattenute le particelle alimentari attaccate al muco che la superficie delle branchie possiede. Per questa ragione, la superficie branchiale supera di molto le necessità respiratorie: a esempio, un mitilo di 6-7cm di lunghezza possiede una superficie branchiale di 100-110 centimetri quadrati sebbene per la respirazione basterebbe il 5-10% di tale superficie.

APPARATO RIPRODUTTORE

I mitili sono animali a sessi separati nei quali la fecondazione è esterna. Le femmine producono nelle ovaie una sostanza che, spargendosi nell’acqua di 34

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35 mare, provoca l’eiaculazione nei maschi vicini e, a sua volta, lo sperma eiaculato nell’acqua scatena nelle femmine la deposizione delle uova. Non vi è quindi copulazione e la fecondazione è esterna, oppure avviene nella cavità del mantello della madre. Ciò spiega il fatto che, se in un vivaio o vasca di depurazione inizia la fregola, essa interessa indistintamente maschi e femmine, ossia la totalità dei soggetti sessualmente maturi e influirà in modo determinante sulla loro vitalità e depurazione.

APPARATO CIRCOLATORIO

L’apparato circolatorio (Mengoli, 1998) è costituito da un cuore dorsale racchiuso in un pericardio che comprende un ventricolo e due atri laterali. La circolazione dei bivalvi è aperta, ossia il sangue inonda i tessuti formando un sistema lagunare in parte del suo percorso. I molluschi sono animali a sangue freddo e quindi la loro temperatura corporea si adatta a quella dell’ambiente. Il loro sangue è altresì incoagulabile. Alcuni bivalvi sono privi dei pigmenti respiratori per cui l’ossigeno si dissolve direttamente nel plasma. In altri, il pigmento respiratorio contenuto nel plasma sanguigno è l’emocianina, nella quale il rame svolge lo stesso ruolo del ferro per l’emoglobina.

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La prima risposta biologica analizzata è quella del tempo di ritenzione del rosso neutro (Neutral Red Retention Time). È un’analisi che va effettuata con gli emociti presenti nell’emolinfa prelevata dal muscolo adduttore del mitilo (Peackall, 1993, Dailianisa, 2003). Si somministra alle cellule prelevate un colorante vitale, il rosso neutro, che viene sequestrato nei lisosomi. In un individuo sano si possono osservare nel citoplasma incolore della cellula i lisosomi colorati di rosso al loro interno, perfettamente delineati (Fig. 2.12). Quando un animale è esposto a stress ambientale, le membrane dei lisosomi risultano essere meno stabili (Koukouzika & Dimitriadis, 2005) e rilasciano il colorante rosso nel citoplasma.

Figura

Fig 2.2 Stazioni di mitili naturali a Viareggio: A) molo, stazione adiacente alla zona di  dragaggio e B) porto, stazione all’interno dell’imboccatura del porto
Fig. 2.5 Messa in opera delle reti contenenti i mitili.
Fig. 2.7 Schema delle stazioni di campionamento posizionate nell’area marina sottoposta  ad intervento di ripascimento
Tab. 2.2 Limite di rilevabilità per ogni metallo.
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