• Non ci sono risultati.

Abuso e dipendenza da farmaci: la minaccia del loro consumo come droga

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Abuso e dipendenza da farmaci: la minaccia del loro consumo come droga"

Copied!
101
0
0

Testo completo

(1)

1

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

ABUSO E DIPENDENZA DA FARMACI: LA MINACCIA

DEL LORO CONSUMO COME DROGA

Relatore:

Prof. Gino Giannaccini

Prof.ssa Laura Betti

Correlatore:

Candidata:

Dott.ssa Lionella Palego

Natascia Garibaldi

Anno Accademico

2019/2020

(2)

2

Sommario

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE AL FENOMENO DELLA DIPENDENZA .. 4

1.1 BREVE EXCURSUS STORICO SULLE DROGHE ... 4

1.2 DSM-5 E DISTURBO DA DIPENDENZA DA SOSTANZE ... 10

CAPITOLO 2 BASI NEUROBIOLOGICHE DELLA DIPENDENZA ... 14

2.1 FATTORI DI VULNERABILITA’ ... 14

2.2 CIRCUITI DI RICOMPENSA DELLA DOPAMINA ... 15

2.3 PROCESSI DI NEUROADATTAMENTO ... 22

2.4 SISTEMI NEUROCHIMICI COINVOLTI NELLA DIPENDENZA ... 23

CAPITOLO 3 ANALGESI OPPIODI ... 25

3.1 CRISI DEGLI OPPIOIDI ... 25

3.2 ANALGESICI OPPIOIDI ... 28

3.3 TOLLERANZA E DIPENDENZA ... 35

3.4 ABUSO E MISUSO DI ALCUNI ANALGESICI OPPIOIDI MAGGIORMENTE UTILIZZATI ... 38

3.4.1 FENTANYL C22H28N2O ... 39

3.4.2 OSSICODONE C18H21NO4 ... 41

3.4.3 TRAMADOLO C16H25NO2... 43

3.4.4 CODEINA C18H21NO3 ... 44

CAPITOLO 4 ANSIOLITICI: BARBITURICI E BENZODIAZEPINE ... 46

4.1 BARBITURICI ... 49

4.1.1 MECCANISMO D’AZIONE BARBITURICI ... 51

4.2 BENZODIAZEPINE ... 52

4.2.1 MECCANISMO D’AZIONE BDZ ... 55

4.2.2 TOLLERANZA, DIPENDENZA, ASTINENZA DA BDZ ... 56

4.3 USO IMPROPRIO DELLE BDZ, RIVOTRIL UN FARMACO FINITO PER STRADA ... 58

CAPITOLO 5 FARMACI PER IL TRATTAMENTO DELL’ADHD ... 62

5.1 DISTURBO DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE ED IPERATTIVITA’ (ADHD) .. 64

5.2 TRATTAMENTO DELL’ADHD ... 65

5.2.1 FARMACI STIMOLANTI ... 65

5.2.2 METILFENIDATO... 68

5.2.3 ANFETAMINE ... 69

(3)

3

CAPITOLO 6 KETAMINA E GHB ... 71

6.1 KETAMINA ... 71

6.1.1 MECCANISMO D’AZIONE DELLA KETAMINA ... 72

6.1.2 TOLLERANZA, DIPENDENZA ED ASTINENZA ... 74

6.2 GHB ... 75

6.2.1 MECCANISMO D’AZIONE GHB ... 76

CAPITOLO 7 LEGISLAZIONE ... 79

7.1 REGOLE PRESCRITTIVE MEDICINALI ANALGESICI OPPIACEI ... 79

7.2 REGOLE PRESCRITTIVE BARBITURICI E BENZODIAZEPINE ... 82

7.3 REGOLE PRESCRITTIVE FARMACI PER IL TRATTAMENTO DELL’ADHD ... 84

7.4 REGOLE PRESCRITTIVE KETAMINA E GHB ... 85

CONCLUSIONI ... 87

(4)

4

CAPITOLO 1: INTRODUZIONE AL FENOMENO DELLA DIPENDENZA Una sostanza d’abuso viene comunemente chiamata droga. Questa parola deriva dall’olandese “droog” che significa secco, in passato indicava i barili di sostanze secche importati dalle indie orientali che contenevano vegetali essiccati dai quali venivano estratti medicamenti e spezie. Dunque con il termine droga si indica una qualsiasi sostanza vegetale aromatica utilizzata in cibi o bevande, e/o una qualsiasi sostanza animale o vegetale che contenga un principio biologicamente attivo. Più comunemente questo termine è utilizzato per indicare sostanze usate frequentemente a scopo voluttuario capaci di indurre allucinosi e dipendenza psicosomatica dell’individuo nei confronti di tali sostanze, con l’insorgere di una dipendenza definita come tossicodipendenza. Pertanto con l’espressione “droga d’abuso” o “sostanza d’abuso” viene indicata qualsiasi sostanza naturale, semisintetica o sintetica che abbia caratteristiche psicoattive, fisioattive o psico/fisioattive (definizione dell’OMS-Organizzazione Mondiale della Sanità).

1.1 BREVE EXCURSUS STORICO SULLE DROGHE

Fin dall’antichità nelle varie epoche storiche e nelle varie culture vi è sempre stato un uso, fino a trasformarsi in un vero e proprio abuso di svariate sostanze che hanno la capacità di modificare aspetti sensoriali, relazionali, affettivi e percettivi dell’individuo. Molto spesso in passato l’assunzione di queste sostanze era collegata a riti religiosi e sociali, uso prettamente edonistico o legato all’automedicazione. Nell’antichità non sussisteva, come al giorno d’oggi, il problema morale associato al consumo di droghe.

L’uso corrente di farmaci capaci di alterare le capacità mentali dell’individuo è un fenomeno cronologicamente antichissimo, esteso a culture differenti e a svariati gruppi etnici. In passato l’utilizzo di tali sostanze presentava uno scopo prevalentemente terapeutico. Solo più tardi con il passare dei secoli si sviluppò l’abitudine al consumo di queste sostanze per scopi ludici e voluttuari.

Sin dal tempo degli assiri, dei babilonesi e degli egizi era conosciuto l’utilizzo del papavero, Papaver somniferum, come pianta medicinale. Gli egizi utilizzavano l’oppio (shepen), succo lattiginoso estratto per incisione dalle capsule del Papaver

(5)

5

somniferum, come anestetico, analgesico e calmante specialmente per i bambini (Lovari, L.P., 2016). Dall’Asia minore l’uso dell’oppio si diffuse in Grecia e in seguito nell’antica Roma. L’oppio era presente in moltissime preparazioni, esso divenne un principio curativo fondamentale della farmacopea della scuola medica araba e da questa passò alla medicina europea. Già a quei tempi si iniziarono a descrivere i primi effetti avversi scaturiti da questa sostanza, in particolare la dipendenza e la tolleranza. Nella Roma antica il medico Galeno prescriveva all’Imperatore una preparazione a base d’oppio, Theraka, come antidolorifico e per il suo effetto anestetico. Con il passare dei secoli, durante il Rinascimento, il famoso alchimista Paracelso ideò un preparato a base d’oppio utilizzato per scopi medici nel trattamento di diversi disturbi, come analgesico e come sonnifero, che prese il nome di laudano. Oggi giorno questo termine è associato principalmente ad una formula che fu ideata da un medico inglese nel XVII secolo. Intorno al XVI secolo nonostante l’aumentata diffusione dell’oppio, il consumo di tale sostanza non assunse livelli epidemici. Infatti in quel periodo esistevano principalmente consumatori occasionali, alcuni individui farmacodipendenti e gruppi considerevolmente piccoli di tossicomani. Questa condizione cambiò radicalmente con l’insorgere della Rivoluzione Industriale. In questo periodo l’oppio iniziò ad essere prodotto massicciamente e divenne una merce acquistabile a costo molto ridotto. La grande disponibilità di oppio a prezzo molto basso determinò, soprattutto nella classe operaia, l’inizio di un’epidemia d’abuso d’oppio, dovuta principalmente ad una crescita esponenziale dell’offerta e della domanda. L’oppiomania era dovuta a bisogni sociali, dipesi fondamentalmente dal repentino adattamento all’urbanesimo. L’aumento dell’offerta e la crescita della domanda vennero incentivate dalle caratteristiche farmacologiche dell’oppio, il quale induceva tolleranza e dipendenza nei consumatori. La facile disponibilità di questa sostanza portò la popolazione ad un suo abuso, ed essendo il suo consumo privo di assistenza sanitaria, veniva consumata non solo per automedicazione come analgesico per combattere il dolore, ma anche a scopo ludico (Seefelder, M., and Bordiga, R. 1990). Di conseguenza in quell’epoca l’oppio perse sempre di più il suo ruolo farmacoterapeutico, ma assunse quello di vera e propria sostanza d’abuso. Il diffondersi della produzione di farmaci in ambito industriale favorì lo sviluppo e la crescita di preparazioni a base d’oppio. Nel 1804, Armand Séquin, isolò il componente

(6)

6

fondamentale dell’oppio chiamandolo morfina C₁₇H₁₉NO₃; l’anno successivo Friedrich Sertürner ideò un valido metodo per l’isolamento e la produzione della morfina. L’isolamento di tale alcaloide dell’oppio raddoppiò le applicazioni terapeutiche ma anche i rischi associati al suo consumo producendo una vera e propria piaga nella società. La morfina doveva contribuire, secondo alcune teorie mediche, ad opporsi all’epidemia dell’alcolismo e ovviare al fenomeno sociale risultante da tale abuso. Bastò poco tempo per capire la pericolosità del consumo di tale sostanza. Il consumo di morfina aumentò esponenzialmente nel corso delle guerre di secessione americana e franco-prussiana dove innumerevoli militari divennero dipendenti da tale sostanza, talché la dipendenza ad essa collegata venne chiamata “malattia del soldato”. Ciò accade perché gli ufficiali medici avevano incominciato a somministrare la morfina non esclusivamente per i suoi effetti terapeutici, come quello anestetico sui soldati feriti, ma anche per donare sollievo e risolvere un disagio di tipo psicologico indotto dallo stress della battaglia. Per rimediare all’espandersi dell’epidemia d’abuso di morfina, era necessario trovare un nuovo farmaco, altresì efficace contro il dolore, che non scatenasse il fenomeno della dipendenza. Pertanto nel 1898 la casa farmaceutica tedesca Bayer, mise sul mercato un nuovo farmaco il cui uso era indicato “Contro tutti i dolori, sedativo della tosse, per la cura di tossicomani” (Signore, G.,2013). Questo farmaco era la diacetilmorfina, il cui nome commerciale era eroina C21H23NO5, derivante dalla parola tedesca “heroisch” (energica, eroica). L’eroina venne commercializzata dunque sia per il suo effetto analgesico, ma anche per il trattamento della tosse provocata da tubercolosi, per problemi respiratori e per combattere la dipendenza da morfina (Blumir, G., 1976). Anche qui, ben presto, emersero le avversità riscontrare in seguito al consumo di tale sostanza; infatti la dipendenza da eroina era praticamente equivalente a quella della morfina, ma si instaurava più precocemente e a dosi decisamente inferiori. Per questo motivo venne proibito l’uso farmacologico di eroina, che continua tutt’oggi ad essere reperibile sui mercati clandestini. Al giorno d’oggi esistono moltissimi farmaci derivanti dall’oppio che prendono il nome di analgesici oppiacei. Gli analgesici oppiacei o oppioidi possono essere prescritti per il trattamento del dolore severo indipendentemente della sua natura.

(7)

7

Altra sostanza che ha un potente potere d’abuso è la cocaina C17H21NO4: alcaloide attivo delle foglie di Erytrhoxylon coca, comunemente chiamata coca. Anch’esso, come l’oppio, ha una storia antichissima. La coca è una pianta psicoattiva, è uno dei più antichi e potenti stimolanti di origine naturale. Gli antichi Incas, alle pendici delle Ande, masticavano le foglie di coca per incrementare il battito cardiaco e accelerare il respiro in modo tale da contrastare gli effetti dell’aria rarefatta della montagna. Sotto l’Impero Inca la coca era considerata un dono del Dio del Sole, perciò veniva masticata esclusivamente in occasione di cerimonie religiose, per fini terapeutici, per alleviare fame e sete, consentire lunghi viaggi e lavori particolarmente faticosi, soprattutto se eseguiti in altitudine. Gli Incas non consumavano la coca per scopi puramente voluttuari, infatti per tale uso la legge prevedeva pene molto severe. Nel XVI secolo quando i conquistadores spagnoli invasero il Sud America si accorsero in breve tempo delle proprietà delle foglie di coca che vennero prontamente destinate agli schiavi affinché potessero vincere la fame, la sete e la fatica. L’uso della coca cominciò a diffondersi in Europa solo alla fine del XVIII secolo. Nel 1859 il farmacista tedesco Albert Niemann isolò il principio attivo dalle foglie di coca, la cocaina; subito dopo tale scoperta si intrapresero numerose ricerche per stabilirne l’attività farmacologica, dapprima venne sperimentata come anestetico, ma come tale uso ebbe poca considerazione. In seguito Sigmund Freud sperimentò il consumo di cocaina, e divenne uno dei suoi più grandi sostenitori, pubblicando vari lavori in cui esaltava il consumo di tale farmaco, consigliandolo in piccole dosi per il trattamento di molteplici malattie tra cui: indigestioni di stomaco, cachessia, asma, per aumentare la produttività lavorativa, per combattere gli effetti dell’alcolismo e della morfina, come afrodisiaco e come anestetico locale. Inoltre Freud prescrisse la cocaina per le più svariate condizioni di debolezza psichica. Ciò scaturì in lui e nei suoi pazienti una forte dipendenza e assuefazione, provocando numerosi effetti avversi dovuti al ripetuto consumo di questa sostanza. Nel 1863 Angelo Mariani creò una bevanda a base di vino ed estratti di foglie di coca: Vin Mariani. Successivamente, nel 1886 John Pemberton commercializzò la Coca-Cola che inizialmente era indicata come bevanda per contrastare la fatica, stimolare l’attenzione e per il mal di testa; la cocaina fu un ingrediente della Coca-Cola fino al 1903 (Grzybowski A., 2007). Al giorno d’oggi la cocaina è uno dei più diffusi stupefacenti.

(8)

8

L’utilizzo della Cannabis, o canapa, era noto sin dalla preistoria. Dalla pianta di cannabis si ricavava un’ottima fibra tessile per la produzione di stoffe e cordami, per questo motivo veniva già coltivata nell’antichità in Asia e in Medio Oriente. L’utilizzo medico e terapeutico della cannabis ha radici antichissime. Nella medicina tradizionale cinese la cannabis veniva consumata per le sue potenzialità curative: impiegando i semi di questa pianta a scopo alimentare furono scoperte le sue proprietà terapeutiche. Era presente tra le prime 50 “fondamentali erbe mediche” e veniva prescritta per numerosi trattamenti. La cannabis era consigliata per moltissimi disturbi comuni di quel periodo come la gotta, i reumatismi, la malaria. Alcuni secoli dopo, sempre la medicina cinese la raccomandava addirittura per il trattamento di infezioni, parassiti, nausea. Veniva consumata come bevanda per quella che oggi chiameremmo terapia del dolore. Anche l’uso psicotropo della pianta era noto sin dall’antichità e per ciò assunse un ruolo importante durante le cerimonie religiose. In Europa la coltivazione e l’uso della cannabis vanta una lunghissima tradizione; anche nell’Italia antica, durante le Repubbliche Marinare, l’uso tessile della cannabis era incentivato per la produzione di corde e vele. Man mano con il passare dei secoli l’utilizzo della cannabis perse d’importanza a causa della comparsa di nuove fibre sintetiche e con l’arrivo di nuovi prodotti chimici immessi sul mercato dalle moderne industrie farmaceutiche. Conseguentemente il consumo della cannabis venne via via vietato, sia per gli effetti psicoattivi della sostanza, sia per la concorrenza di nuovi prodotti. Dunque la cannabis non fu utilizzata esclusivamente per scopi ricreativi, ma in passato abbiamo visto la sua importanza sia come sostanza terapeutica, sia nell’industria tessile e nelle cartiere. In tempi più moderni ha avuto un ruolo notevole anche nell’industria dell’automobile, dove ad introdurla fu Henry Ford. Attualmente sono stati evidenziati, tramite una grande varietà di dati scientifici e clinici, gli effetti medicinali dei cannabinoidi estratti dalla Cannabis sativa (Zuardi, A.W. 2006)

Nelle varie epoche e culture si è diffuso l’utilizzo di piante e sostanze allucinogene in grado di indurre stati di coscienza alterati, visioni e allucinazioni. Storicamente le piante allucinogene furono utilizzate durante riti religiosi e sociali, ma anche per finalità curative (si pensava potessero allontanare il male). Gli allucinogeni possono avere origine naturale, come ad esempio la mescalina, C11H17NO3,ricavata dal cactus

(9)

9

Peyote o la psilocibina, C12H17N2O4P, contenuta in alcuni funghi allucinogeni, oppure avere origine sintetica o semisintetica come la dietilammide dell’acido lisergico, meglio conosciuta come LSD, C20H25N3O. Tempo fa i nativi americani utilizzavano il peyote, in cui era contenuta la mescalina, per le sue proprietà allucinogene. Infatti il peyote era considerato un rimedio adeguato per risolvere tutti i mali, considerando che gli alcaloidi allucinogeni contenuti nel peyote erano in grado di reprimere stati di sofferenza. La mescalina fu identificata ed isolata nel 1897 e divenne prontamente consumata come droga d’abuso per le sue importanti proprietà allucinogene. L’LSD è una sostanza chimica proveniente da un fungo parassita, l’ergot che cresce nella segale cornuta, capace di alterare la percezione della realtà. Le sue proprietà allucinogene furono scoperte nel 1943 da Albert Hoffmann. Dopo la scoperta di Hoffmann si intraprese la produzione di LSD con finalità scientifiche. L’LSD venne distribuita gratuitamente per varie tipologie di sperimentazione e il suo impiego si diffuse in vari settori. L’LSD fu sperimentata per curar alcuni difetti psicologici come la depressione, la schizofrenia e l’autismo. Intorno alla metà degli anni 50 il suo consumo si diffuse a di fuori del servizio sanitario, con una ripercussione sociale imponente, al punto che l’LSD venne riconosciuta come una pericolosa droga d’abuso. I tentativi di utilizzare queste sostanze allucinogene nella ricerca e in ambito psichiatrico fallirono, e gli allucinogeni divennero simbolo del movimento di contestazione degli anni 60 (Gicquel T. et al., 2015).

Nel 900 i cambiamenti socioculturali ed il progresso della chimica farmaceutica modificarono drasticamente il quadro e le modalità d’uso di molte sostanze. La prima metà del 900 vide la comparsa sul mercato dei barbiturici, divenuti celebri per i numerosi suicidi avvenuti in seguito alla loro smodata ingestione. Intorno agli anni 30 vennero sintetizzate in laboratorio e messe in commercio alcune sostanze psicoattive con proprietà stimolante: le anfetamine. Le anfetamine furono brevettate in seguito a delle ricerche per individuare un sostituto sintetico dell’efedrina, C10H15NO, efficace nella cura dell’asma. Fin dall’inizio ebbero un enorme successo commerciale; l’impiego delle anfetamine si diffuse durante la seconda guerra mondiale poiché venivano distribuite ai soldati per accrescere il rendimento, il loro grado di concentrazione e sostenere il morale. Alcuni anni più tardi vennero sintetizzate le

(10)

10

metamfetamine (N-metil-1-fenil-propen-2-ammina) tra cui l’MDMA, C11H15NO2, (3,4 metilen-diossi-met-amfetamina) più comunemente conosciuta come ecstasy. L’MDMA fu sintetizzata da due ricercatori che stavano progettando un nuovo farmaco dimagrante. Le anfetamine e le metamfetamine rivestiranno il ruolo di precursori delle droghe definite “designer drugs”, cioè appositamente designate per rispondere ai bisogni di evasione dei giovani. Dopo la seconda guerra mondiale vennero diffusi in ambito psichiatrico alcuni farmaci per la cura di psicosi e sindromi depressive. Ciò spinse ad un aumentato abuso di medicamenti definito “tablettomania”, in particolare di psicofarmaci e specialmente di benzodiazepine (Escohotado, A. 1997).

Raggiungendo i nostri giorni, il confine tra droghe e farmaci diviene sempre più labile. Ogni epoca abbiamo visto avere la sua droga. Ma nella storia più recente quello che si sta osservando è un esponenziale aumento d’abuso di farmaci. Ciò è dovuto alla maggior reperibilità di questi farmaci, ad un costo più modesto, e ad una convinzione, basata sulle consuetudini sociali, che l’utilizzo di questi sia moralmente più accettabile.

1.2 DSM-5 E DISTURBO DA DIPENDENZA DA SOSTANZE

La dipendenza da sostanze è una patologia ad eziologia multifattoriale; a generare l’instaurarsi di questo fenomeno, infatti concorrono svariati fattori non ancora del tutto compresi, con elevata differenza interindividuale in relazione alle caratteristiche neurobiologiche, psichiche e socio-ambientali. Dall’uso di una sostanza si può andare verso una condizione d’abuso e dall’abuso si può sconfinare nella dipendenza. Con abuso si intende un utilizzo attraverso una modalità patologica, spesso caratterizzato da segni di intossicazione. Frequentemente si accompagna, non solo alla modalità di utilizzo della sostanza, ma anche agli effetti che la sostanza provoca sull’organismo. La dipendenza indica anch’essa un quadro di modalità patologica ma che sia caratterizzata anche da fenomeni di tolleranza: il soggetto si abitua a questa presente e costante azione della molecola in questione e l’organismo mette in atto dei meccanismi compensatori di natura farmacocinetica o farmacodinamica per ristabilire l’omeostasi. Dal punto di vista farmacologico, il concetto di tolleranza implica una progressiva

(11)

11

perdita di efficacia alla sostanza a parità di dosi utilizzate (Wang J.J. and Ho S.T.,1994). In seguito alla ripetuta assunzione di sostanze si acquista una tolleranza che può essere di tipo farmacodinamica o farmacocinetica: - tolleranza farmacodinamica: i recettori possono andare incontro a variazioni, può variare la sensibilità ad un determinata sostanza o possono variare il numero dei recettori liberi sui quali questa può agire (down regulation recettoriale); - tolleranza farmacocinetica: si basa sulla riduzione della biodisponibilità ed alterazioni del metabolismo. Conseguentemente si instaura il fenomeno di abitudine, e in tal caso l’effetto provocato da tale sostanza verrà raggiunto con una dose maggiorata. La sospensione di tale sostanza provocherà un forte malessere all’individuo: l’organismo si è abituato, si è instaurato un circolo vizioso, infatti non c’è più una ricerca del piacere, ma siamo in una situazione patologica, definita astinenza, caratterizzata da una vera e propria sintomatologia spesso distinta in dipendenza fisica o dipendenza psichica. L’astinenza da dipendenza fisica si può manifestare sottoforma di crisi epilettiche, stipsi, vomito,… mentre quella da dipendenza psichica si sviluppa come un desiderio irrefrenabile di assumere tale sostanza. Entrambe le dipendenze sono legate ad un deficit molecolare e neurotrasmettitoriale. Il disturbo da dipendenza da sostanze è in forte espansione e tende sempre più a presentarsi sottoforma di poli-abuso (Wish et al., 2006; Schifano et al., 1998) con dipendenza da svariate sostanze o ad associazione di forme comportamentali di dipendenza come il gioco d’azzardo, la dipendenza da cibo(Janiri, L., 2010).

Questo disturbo è considerato come una vera e propria patologia che rientra nelle malattie psichiatriche, e come tale dovranno esistere dei criteri per la diagnosi. Questi criteri vengono raccolti nel DSM-5: Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione; l’obiettivo di tale volume è definire e classificare i disturbi mentali per ottenere diagnosi e trattamenti più efficaci ed agevolare il lavoro di ricerca (American Psychiatric Association,2013). Per quanto concerne i disturbi collegati a sostanze e disturbi da dipendenza, il DSM-5 ha sostituito il precedente DSM-IV, nel quale si distinguevano due tipologie di disturbo da sostanze, stabilendo un confine netto tra quello che è un abuso vero e proprio e la dipendenza. In quest’ultimo volume sono state fuse le categorie di abuso e dipendenza da sostanze in un unico disturbo da

(12)

12

uso di sostanze misurato su una scala da lieve a grave, i cui criteri per la diagnosi sono raggruppati in un elenco di 11 sintomi:

1) Consumo della sostanza in quantità maggiori di quelle pianificate

2) Desiderio di interromperne l’assunzione o tentativi fallimentari di controllarne l’utilizzo

3) Grande quantità di tempo impiegata nell’assunzione della sostanza o in azioni finalizzate a ottenerla

4) Fallimento nell’adempiere al proprio ruolo a casa, sul lavoro o a scuola a causa della sostanza

5) Craving”, o desiderio o impulso incontrollabile di procurarsi la sostanza: Craving (fame): con questo termine si esprime un atteggiamento del soggetto nei confronti della sostanza (Calamai G. Dipendenza da sostanze). Il craving indica il desiderio impulsivo, irresistibile di assumere una determinata sostanza, desiderio che, se non viene soddisfatto, provoca nel soggetto sofferenza sia fisica che psichica, accompagnata da astenia, ansia, anoressia, depressione, aumento di aggressività.

6) Mancata interruzione dell’abuso della sostanza, nonostante i problemi di salute che ne derivano

7) Mancata interruzione dell’uso della sostanza, nonostante i suoi effetti negativi sulle relazioni interpersonali

8) Utilizzo ripetuto della sostanza in circostanze pericolose

9) Abbandono o riduzione delle attività quotidiane dovuti alla sostanza di abuso

10) Sviluppo della tolleranza alla sostanza, definita nelle seguenti modalità: - bisogno di utilizzare quantità crescenti della sostanza per ottenere l’effetto desiderato;

(13)

13

11)Sintomi dell’astinenza al cessare dell’assunzione, tipicamente: - ansia;

- irritabilità; - nausea, vomito; - tremori;

- spossatezza.

Nel DSM-5 sono stati inseriti degli indici di gravità: un disturbo da uso di sostanze lieve è suggerito dalla presenza di 2-3 sintomi, moderato da 4-5 sintomi, e grave da 6 o più sintomi. L’alterazione della gravità nel corso del tempo può essere rilevata dalla

(14)

14

CAPITOLO 2 BASI NEUROBIOLOGICHE DELLA DIPENDENZA

Esistono una serie di composti farmacologicamente attivi con meccanismi farmacodinamici e farmacocinetici completamenti diversi l’uno dall’altro; effetti finali, tossicità, sintomatologia, intossicazione acuta ed astinenza pienamente differenti, che sono uniti da un unico filo conduttore, ovvero sono accumunati dal fatto che creano una situazione d’abuso e dipendenza.

2.1 FATTORI DI VULNERABILITA’

La vulnerabilità alla dipendenza da sostanze d’abuso è controllata da tre aspetti: 1) fattori genetici; 2) fattori psicopatologici; 3) fattori ambientali; che influenzano

profondamente l’insorgere della tossicodipendenza (Bergeret, J., et al., 1984). Il progredire della dipendenza può essere correlato alla componente genetica. I tratti genetici che predispongono alla dipendenza possono essere sostanza-specifici o hanno la capacità di controllare meccanismi non specifici che incoraggiano la progressione della dipendenza da più sostanze. L’ambiente e l’azione farmacologica delle sostanze d’abuso sono profondamene influenzate dalla funzione di un gruppo di geni che predispongono allo sviluppo della tossicomania. Un altro fattore predisponente alla dipendenza è la comorbilità tra tossicodipendenza e patologie psichiatriche; ad esempio è molto diffuso l’abuso di alcol in pazienti ansiosi e depressi, ciò è dovuto alla capacità dell’alcol di attenuare stati ansiosi e sindromi depressive, pertanto il consumo di tale sostanza rappresenterebbe un tentativo di automedicazione. Inoltre è stata documentata comorbilità con schizofrenia in circa il 10% di consumatori di oppiacei. Le malattie psicopatologiche non sono solo fattori predisponenti, ma spesso sono la conseguenza del consumo di tali sostanze d’abuso. Anche i fattori ambientali ricoprono una notevole importanza: la disponibilità della sostanza stupefacenti è la condizione necessaria affinché un individuo possa interagire con essa ed inizi il suo consumo. Appartenere ad un determinato gruppo sociale o cercare di imitare un familiare o un amico sono elementi cruciali per iniziare l’assunzione di tale sostanza. Il contesto ambientale inoltre contribuisce il passaggio dal consumo di tipo occasionale

(15)

15

e ricreativo della sostanza ad un uso via via più ricorrente e compulsivo (Serpelloni, G. et al., 2010).

In aggiunta lo stress sembra innescare il comportamento di ricerca compulsiva e l’assunzione attraverso la secrezione ipotalamica del fattore di rilascio della corticotropina, CRF, un neuropeptide strettamente preposto alla risposta dell’organismo a situazione stressogene ed implicato negli effetti avversi dell’astinenza da molteplici sostanze d’abuso (Koob, G. F. and Le Moal, M., 2005).

2.2 CIRCUITI DI RICOMPENSA DELLA DOPAMINA

Una sostanza d’abuso induce dipendenza se ha la capacità di causare, dal punto di vista psicologico, un rinforzo, ovvero presenta effetti piacevoli capaci di incrementare la probabilità che l’assunzione si ripeta successivamente. Il rinforzo può essere di due tipi: positivo e negativo. Il rinforzo positivo induce e mantiene un processo di apprendimento che assicura la ripetizione di comportamenti che suscitano piaceri naturali, spesso legati alla sopravvivenza ( Deneau, G. et al., 1969). Tali comportamenti comprendono: attività nutritive (ricerca di cibo e liquidi), sessuali/riproduttive e parentali. Invece il rinforzo negativo si verifica quando uno specifico comportamento riduce uno stimolo avverso in grado di causare malessere e disagio, ad esempio l’avvicinamento al consumo di una sostanza psicoattiva può essere dovuto alla necessità di attenuare condizioni che inducono dolore o sofferenza psicologica e ciò può indurre lo sviluppo di tossicodipendenza. Dunque il piacere è uno dei fattori chiave che ha permesso l’evoluzione e la sopravvivenza della specie umana. Il nostro cervello è programmato per spingerci a ricercare e ripetere le attività

piacevoli. Le sostanze d’abuso che agiscono da rinforzo utilizzano meccanismi fisiologici che

stimolano questi comportamenti motivanti. Differentemente ai rinforzi naturali che operano sui meccanismi cerebrali in maniera fisiologica, le sostanze d’abuso presentano un’azione considerevolmente più potente che induce un neuroadattamento in seguito ad esposizione cronica. Tutte le sostanze che provocano dipendenza psicologica possiedono proprietà di rinforzo. Sebbene queste sostanze presentino

(16)

16

diversità chimiche e diversi bersagli recettoriali nel cervello, esiste un meccanismo d’azione comune alla base dell’insorgere del fenomeno della dipendenza. Nel cervello è presente un importante sistema neuroanatomico dove agiscono le sostanze rinforzanti aumentando il rilascio del neurotrasmettitore dopamina C8H11NO2, appartenente alla famiglia delle catecolamine.

Figura 2.1 Struttura del neurotrasmettitore dopamina

Molti studi hanno fornito le basi della “Teoria dopaminergica” della dipendenza: certe sostanze hanno potenziale d’abuso in base alla loro capacità di attivare le vie dopaminergiche della gratificazione. I neuroni dopaminergici che si trovano nell’area del mesencefalo, chiamata area del tegmento ventrale, VTA, proiettano i propri assoni al Nucleo Accumbens, NAcc, e alla corteccia prefrontale, PFC (Volkow, N. D., et al., 2017; 2011; Nutt, D.J. et al., 2015). Questo sistema neuroanatomico è chiamato “Brain Reward System”, sistema cerebrale di ricompensa o piacere, o più correttamente sono le vie mesocorticolimbiche dopaminergiche (Hyman, S. E., et al., 2006).

(17)

17 Figura 2.2: Reward System.

Fonte https://player.slideplayer.com/21/6246683/data/images/img17.jpg

Tutti i circuiti nervosi sono costituiti da cellule nervose: i neuroni. Ogni neurone presenta un soma, o corpo cellulare, da cui si dipartono due prolungamenti: i dendriti, che ricevono segnali da neuroni afferenti e li conducono al soma con direzione centripeta, e gli assoni che conducono il segnale in direzione centrifuga verso i neuroni. Il collegamento tra neuroni avviene tramite sinapsi, ovvero la connessione tra la parte terminale dell’assone del neurone presinaptico e il pirenoforo, un dendrite di un altro neurone postsinaptico, al fine di garantire il passaggio dell’eccitamento da un neurone all’altro. L’impulso elettrico giunge alla parte terminale dell’assone e spinge il neurotrasmettitore, in tal caso la dopamina, ad essere rilasciato nel vallo sinaptico, dove raggiunge il neurone postsinaptico.

Sulla superficie del neurone postsinaptico, la dopamina si lega a specifiche proteine, i recettori D1 e D2 della dopamina. Una volta legata ai recettori viene trasmesso il segnale (Volkow, N. D., et al., 2011).

Figura 2.3 interazione del neurotrasmettitore dopamina con i propri recettori. Fonte “Fondamenti di psicopatologia delle dipendenze”

(18)

18

La cessazione del segnale è legata ad un meccanismo di re-uptake: il neurone presinaptico riassorbe dopamina grazie ad uno specifico trasportatore di membrana espresso sulla membrana cellulare di questo neurone che riconosce specificatamente questo neurotrasmettitore. L’eventuale eccesso di dopamina in giro per il citosol, viene degradato, metabolizzato dalle monoamminoossidasi (MAO), enzimi mitocondriali (Clementi, F. and Fumagalli G. 2016). Inoltre la trasmissione può essere modulata, cioè amplificata o ridotta da neuromodulatori, come le endorfine. Il neuromodulatore si lega ai suoi corrispondenti recettori, le endorfine si regolano ai recettori per gli oppioidi.

Le sostanze d’abuso attivano questi sistemi dopaminergici attraverso meccanismo molto diversi: gli psicostimolanti come le anfetamine e la cocaina agiscono direttamente sui sistemi di ricaptazione del rilascio di dopamina favorendo un incremento dei livelli extra-sinaptici di dopamina. Altre sostanze come i derivati dell’oppio, tra cui morfina ed eroina, e l’alcol agiscono in forma indiretta riducendo il rilascio di sostanze che presentano un effetto inibitorio sul rilascio del neurotrasmettitore dopamina provocandone un suo aumento (Goodman, A., 2008).

(19)

19 Figura 2.4: BRAIN REWARD CIRCUITRY

Diagramma del circuito di ricompensa del cervello dei mammiferi (ratto di laboratorio), con siti in cui vari farmaci che creano dipendenza agiscono per migliorare i meccanismi di ricompensa del cervello e quindi per produrre comportamento di ricerca di droga, comportamento di assunzione di droga, craving e recidiva comportamento in cerca di droga.

Fonte:

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/corecgi/tileshop/tileshop.fcgi?p=PMC3&id=673514& s=53&r=2&c=2

Di conseguenza l’azione comune, che è alla base dell’insorgere della dipendenza, è l’aumento di dopamina in determinate strutture cerebrali e in particolare nel Nucleo Accumbens.

Le strutture cerebrali implicate nella dipendenza, oltre alle già citate VTA e NAcc che sono fondamentali nel sistema cerebrale di gratificazione, sono: la corteccia prefrontale, PFC, regione implicata nella pianificazione dei comportamenti cognitivi complessi e nella presa di decisioni; l’amigdala e l’ippocampo, facenti parte del sistema limbico che controllano impulsi, emozioni e memoria; la corteccia orbitofrontale coinvolta nell’elaborazione di processi decisionali e la corteccia

cingolata anteriore (Serpelloni, G. et al., 2010) (Figura 2.5).

(20)

20 Fonte:

http://www.neuroscienzedipendenze.it/com/filedownloadlink/allegatoQ.php?key=73 79/

Il rilascio di dopamina a livello delle vie mesocorticolimbiche, regola un’informazione con significato piacevole favorendone l’apprendimento, affinché questo possa regolare il comportamento motivato. Ciò è alla base del Brain Reward System che è strutturato in modo tale da dare piacere e gratificazione alle attività che sostengono la vita, così da essere indotti a ripeterle. Tutte le volte che tale circuito viene attivato, il nostro cervello riconosce che quel comportamento è importante da ricordare: il cervello stesso ci istruisce a ripetere nuovamente quel comportamento che viene considerato come un piacevole bisogno. Il circuito di ricompensa è stato scoperto attraverso esperimenti su cavie da laboratorio. Quando le cavie spingevano una leva veniva trasmesso un lieve stimolo elettrico nell’area del NAcc tramite un elettrodo localizzato in quella regione cerebrale. L’immediata sensazione di piacere, come una ricompensa per l’azione svolta, esortava le cavie a spingere nuovamente la leva per ottenere nuovamente lo stimolo piacevole, assumendo un comportamento compulsivo (Gardner, E. L., 2015). Se l’elettrodo veniva spostato in un’altra area cerebrale, le cavie non spingevano più tale leva in quanto non ricavavano più piacere poiché l’elettrodo non era più collegato al NAcc, responsabile dell’attivazione del Reward System.

Le sostanze d’abuso attivano questo circuito di ricompensa inducendo effetti simili ai piaceri naturali, ma, a differenza di questi rinforzi naturali che rilasciano dopamina in seguito all’attivazione di queste vie mesocorticolimbiche in maniera regolata ed omeostatica, le sostanze d’abuso agiscono in modo molto più intenso e prolungato nel tempo. Questa incrementata risposta neurochimica, dovuta a tali sostanze, giustifica il potente effetto rinforzante e l’emergere, dopo trattamenti ripetuti, di un neuroadattamento.

Studi precedenti sostenevano che la dopamina fosse il neurotrasmettitore collegato esclusivamente al piacere edonistico. Nuove ricerche, svolte in maniera dettagliata, hanno attribuito un ruolo più complesso e differenziato a questo neurotrasmettitore che ha il compito di modulare un sistema di apprendimento neuronale

(21)

esperienza-21

dipendente (Agnoletti, M. La funzione dei circuiti neuronali dopaminergici della ricompensa, 2019). Ultimamente, secondo alcuni studi, è stato riconosciuto che il sistema mesolimbico del circuito dopaminergico, in grado di dare maggiore salienza alla gratificazione immediata associata allo stimolo condizionato nel “qui ed ora”, comunichi costantemente, tramite vie neurali con il sistema della corteccia prefrontale, che controlla comportamenti complessi come la pianificazione, le scelte e le decisioni che possono coinvolgere ipotetiche situazioni future. Le costanti interazioni tra questi due sistemi neuronali, ovvero tra il tratto mesolimbico e la PFC, presentano variazioni epigenetiche esperienza-dipendenti che comportano l’instaurarsi della plasticità neuronale. Questa plasticità, secondo questi studi, ci consentirebbe di delineare la diversità tra le persone che, esposte alla stessa esperienza edonistica, possono andare incontro ad una dipendenza psicologica, oppure possono trovarsi in una condizione di benessere generale. Questa condizione di benessere psicofisico è contraddistinta da un bilanciamento tra il sistema della PFC e quello mesolimbico dopaminergico, ovvero tra necessità del momento presente “qui ed ora” e le potenziali ripercussioni future. Un fenomeno di dipendenza clinica potrebbe essere dato dal predominio funzionale del sistema mesolimbico in confronto a quello della PFC, attraverso un aumentata attivazione dei neuroni di tale sistema. Secondo il profilo fenomenologico ciò si esprime come la priorità dei bisogni presenti (del qui ed ora) rispetto a possibili ripercussioni future. (Bickel, W. K., et al., 2018).

Il medico Hyman affermò che le attività della corteccia prefrontale di selezionare nuovi obiettivi ed evitare la ripetizione compulsiva di un determinato comportamento o pensiero siano controllate dal rilascio di dopamina. Le modificazioni nella segnalazione dopaminergica possono influenzare la PFC. Ciò sembra essere affermato da vari studi che riguardano il rilascio detto fasico della dopamina. (Schultz, W. 2006) Le sostanze d’abuso che creano dipendenza trasmettono un segnale molto più potente che stravolge il normale processo di apprendimento associato alla dopamina nella PFC. Questa ipotesi è appoggiata da studi di Neuroimaging, cioè tecniche di neuro-visualizzazione che permettono di rilevare e di riprodurre graficamente, tramite vari metodi e strumenti, l’attività cerebrale in termini anatomici e funzionali, dove si è potuto registrare in seguito all’assunzione di sostanze psicoattive la stimolazione

(22)

22

eccessiva di rilascio di dopamina nel NAcc e nella PFC, provocando uno sbilanciamento omeostatico tra questi due sistemi.

2.3 PROCESSI DI NEUROADATTAMENTO

Il consumo di sostanze d’abuso inizialmente incrementa il rilascio di dopamina, ma in seguito un utilizzo cronico provoca una drastica diminuzione di tale rilascio. Il cervello abbassa l’effetto risultante dall’eccessiva liberazione del neurotrasmettitore innescando una down regulation della segnalazione dopaminergica ed una riduzione dell’attività del sistema di ricompensa. Questa down regulation si verifica tramite una diminuzione del numero di recettori dopaminergici postsinaptici, specialmente recettori D-2, che possono ricevere il segnale (Uhl, G.R et al., 2019).

Figura 2.6: diminuzione dei recettori dopaminergici nei soggetti che presentano dipendenza. Fonte https://player.slideplayer.com/21/6246683/data/images/img27.jpg Pertanto i livelli di dopamina abitualmente utilizzati dal cervello di chi consuma sostanze che creano dipendenza, potranno diventare eccessivamente bassi in assenza di tali sostanze, così facendo le vie mesocorticolimbiche diventeranno meno sensibili agli effetti ricompensanti delle attività quotidiane in coloro che fanno abuso di droghe.

(23)

23

Nonostante ciò, dosi incrementate di sostanze che danno dipendenza, possono produrre grandi aumenti di dopamina che sono in grado di attivare i circuiti di ricompensa, cosicché poco per volta, queste sostanze diventeranno l’unica fonte di piacere. Questa diminuita attività del circuito dopaminergico della ricompensa può protrarsi per mesi dopo l’astinenza e può essere la spiegazione per cui molti tossicodipendenti possono presentare una ricaduta mesi o persino anni dopo essere diventati astinenti.

I significativi cambiamenti neuronali nelle vie dopaminergiche dovute al consumo di sostanze d’abuso, determinano delle modificazioni nel cervello, definiti neuroadattamenti, che causano dei cambiamenti plastici per un lungo periodo, osservabili nelle persone coinvolte nella dipendenza. Una riduzione dei recettori dopaminergici è collegata ad una diminuzione dell’attività della corteccia prefrontale, deputata al controllo volontario dei comportamenti. L’utilizzo cronico di sostanze stupefacenti, nonostante la consapevolezza delle conseguenze negative, è il risultato di una perdita di controllo sul proprio comportamento. I soggetti che presentano una sorta di uso continuativo di sostanze stupefacenti presentano deficit dell’attenzione, della memoria, ridotta capacità di prendere decisioni e frenare determinati comportamenti. I centri cerebrali preposti all’apprendimento, al giudizio e alla memoria cominciamo a subire mutamenti a lunga durata. Ricapitolando la dipendenza è riconducibile ad una serie di neuroadattamenti cerebrali che provocano delle modificazioni cognitive fondamentali per conservare il ciclo della dipendenza, ciò ci può dare una spiegazione per cui alcuni utilizzatori smettano mentre altri continuino a consumare queste sostanze anche dopo che i loro effetti ricompensanti sono terminati e malgrado le conseguenze sociali e fisiche derivanti dal loro consumo.

2.4 SISTEMI NEUROCHIMICI COINVOLTI NELLA DIPENDENZA

Oltre al sistema dopaminergico anche il Sistema Oppioide Endogeno del cervello riveste un ruolo importante nella tossicodipendenza. È un sistema di neurotrasmettitori peptidici: endorfine, encefaline, dinorfina, correlato ai tre recettori oppioidi μ (mu), δ (delta) e k (kappa). I recettori mu sono collegati agli effetti piacevoli, sia delle sostanze oppiacee esogene, tra cui morfina ed eroina, che a quelle degli oppioidi endogeni come

(24)

24

le endorfine. Le endorfine sono neurotrasmettitori dotati di proprietà analgesiche. I cambiamenti dei recettori oppioidi a livello cerebrale potrebbero avere, così come quelli dopaminergici, un coinvolgimento nella dipendenza di altre sostanze, questo potrebbe giustificare il perché gli antagonisti dei recettori oppioidi potrebbero avere successo nel trattamento di svariate dipendenze (Serpelloni, G. et al.2010)

Le sostanze d’abuso, indipendentemente dalla capacità di aumentare i livelli di dopamina nel sistema mesocorticolimico, sono in grado di modificare vari sistemi neurochimici complessi che regolano il normale funzionamento del cervello e sono coinvolti nella dipendenza. Oltre al già citato sistema oppioide endogeno altri sistemi particolarmente sensibili alla presenza di sostanze stupefacenti sono:

- Sistema serotoninergico: riveste una funzione cruciale nella regolazione dell’umore, nel controllo dell’appetito, del sonno, dell’attivazione psicofisica; - Sistema noradrenergico: esercita un ruolo importante nella regolazione delle

risposte comportamentali e del sistema nervoso autonomo verso stimoli ambientali eventualmente pericolosi;

- Sistema GABAergico: preposto alla regolazione dell’eccitabilità neuronale in tutto il sistema nervoso;

- Sistema degli endocannabinoidi: collegato in svariati processi fisiologici, fra i quali il controllo motorio, memoria e apprendimento, percezione del dolore, regolazione dell’equilibrio energetico e in comportamenti come il nutrirsi. Le sostanze d’abuso sono in grado di modificare profondamente questi sistemi e la costante iperstimolazione di questi può provocare una radicale trasformazione sia della loro struttura che del loro regolare funzionamento.

(25)

25 CAPITOLO 3 ANALGESI OPPIODI

Nel corso dei secoli gli uomini hanno sempre usato determinate sostanze per modificare le proprie percezioni e discostarsi dalla realtà. Si può affermare che ogni epoca storica dispone della sua droga, da quelle più accettate, come il vino e il tabacco, a quelle più disapprovate, come l’oppio e derivati, e le più attuali droghe sintetiche. Ciò a cui si sta assistendo è il cambiamento dall’uso di sostanze ad azione breve e piuttosto specifica, a quello di farmaci che possono essere impiegati per tutta la vita. Il confine tra droga e farmaco è sempre più labile. Svariati casi di cronaca confermano il problema dovuto all’uso inappropriato di sostanze che, pur avendo una ben nota efficacia clinica, possono essere particolarmente dannose. Molte persone fanno abuso di farmaci. Emerge la tendenza, in particolare tra i giovani ad utilizzare nuove droghe, soprattutto medicinali a base di oppiacei, ma anche antidepressivi, ansiolitici, dimagranti, stimolanti, che sono in grado di causare dipendenza. Con il termine di abuso di farmaci si indica l’assunzione continuativa, ripetuta e smodata di una varietà di medicinali. In Italia, negli ultimi 15 anni l’impiego di farmaci è aumentato del 60% e, tra la popolazione, il 20% consuma medicinali al di fuori della prescrizione medica (Rapporto Nazionale sull' uso dei Farmaci presentato dall’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco del 2018). Questa percentuale si raddoppia tra coloro che hanno un’età compresa tra i 25 e i 40 anni. Ad indurre la dipendenza non è il farmaco in sé, se tali farmaci vengono assunti nelle dosi corrette e negli appropriati contesti psicofisici, possono favorire la cura di determinate patologie che possono verificarsi in alcune persone, contrariamente possono essere dannose se la dose assunta è eccessiva e fuori dalle disposizioni mediche e i tempi di assunzione sono prolungati, ovvero facendo un uso del farmaco sempre più frequente e senza controllo.

3.1 CRISI DEGLI OPPIOIDI

Uno dei più grandi rischi per la Salute Pubblica, che già da molti anni dilaga negli Stati Uniti, è la crisi degli oppioidi, che è causa di numerose vittime. Dalla pubblicazione del report del National Safety Council (NSC) riguardo ai rischi di morte evitabili per la popolazione americana, risalta come morire per overdose accidentale da oppioidi spicchi al quinto posto nella classifica di morti evitabili, superando, secondo i dati del

(26)

26

2017, quello di morti stradali (Bonfranceschi, A. L. Dilaga l’epidemia degli oppioidi negli stati Uniti). Questa crisi si sta aggravando sempre di più anche a causa di usi illeciti di sostanze oppioidi, in particolare di Fentanyl (Rudd RA et al., 2016). A questa crisi, che negli USA si può definire come una vera e propria epidemia, partecipano significativamente anche i farmaci da prescrizione. Il pessimo consumo degli oppioidi ha origine negli anni ’90. A quei tempi i medici, tranquillizzati dalle aziende farmaceutiche, iniziarono a prescrivere una moltitudine di medicinali a base d’oppio. L’espansione dell’uso, e in particolare del misuso ed abuso da oppioidi da prescrizione o non, provocò, nel passare degli anni, l’insorgere di questa epidemia (Bolliger, L. & Stevens, H., 2019).

Secondo i dati riportati dai Centri per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie americani (CDC: Centers for Disease Control and Prevention), la prescrizione degli oppioidi negli anni ‘90, impiegati anche per il trattamento di dolore lieve, ad esempio associati ad osteoartrite o mal di schiena, è stata la prima causa della comparsa della crisi di oppioidi. Inoltre secondo questi dati, riportati in figura 3.1, gli oppioidi, da prescrizione o no, sono la causa di circa 400 mila morti per overdose dal 1999 al 2017.

Figura 3.1 grafico a barre che mostra il numero totale di decessi per overdose negli Stati Uniti che coinvolgono oppioidi dal 1999 al 2017. Includono oppioidi da

(27)

27

prescrizione (e metadone), eroina e altri narcotici sintetici (principalmente fentanyl). I decessi per overdose di droga sono passati da 8.048 nel 1999 a 47.600 nel 2017. Fonte: https://www.drugabuse.gov/

Tra il 2000 e il 2012 è aumentato di circa 5 volte il numero di bambini con sindrome neonatale, nati da mamme che hanno assunto oppioidi durante la gravidanza (Pryor, J. R. et al.,2017). Degli oltre 70 mila morti all’anno per abuso di farmaci più di 47 mila sono legati al consumo di oppioidi, oltre tre volte a quelli legati al consumo di eroina (figura3.2)

Figura 3.2: tassi di mortalità per overdose che coinvolgono oppioidi, per tipo, dal 2000 al 2017.

Fonte: https://www.cdc.gov/

Il 26 aprile scorso la casa Farmaceutica Johnson & Johnson è stata condannata a pagare 570 milioni di dollari allo stato dell’Oklahoma per aver contribuito alla diffusione di oppioidi ed alimentato una vera e propria opioid epidemic, commercializzando in maniera fuorviante antidolorifici che creano dipendenza; in particolare sono finiti sotto osservazione due farmaci della casa farmaceutica: Durogesic (contenete fentanyl) e

(28)

28

Nucynta (tapentadolo). L’anno precedente l’azienda Pardue Pharma, oggi disposta a dichiarare il proprio fallimento, era stata incolpata dallo stato di New York, di aver intenzionalmente ignorato la pericolosità della dipendenza associata ai suoi farmaci a base d’oppio e accusata di aver scatenato l’epidemia di dipendenza da antidolorifici con l’introduzione del farmaco Oxycontin (ossicodone) nel 1996 (Hotten, R. BBC Opioid crisis; Johnson & johnson hit by landmark ruling).

Questo fenomeno largamente diffuso negli Stati Uniti, ma anche nel Nord Europa, in Italia non ha ancora preso del tutto il largo. “L’attenzione di tutte le autorità sanitarie in Italia e in Europa, è massima. Ma da noi non si può parlare di un’epidemia da oppiacei” dichiara Roberta Pacifici, direttore del Centro Nazionale dipendenza e doping dell’Istituto Superiore di Sanità (Humanitas salute. Oppioidi, l’Italia ne fa più uso o più abuso?). Bisogna però non abbassare la guardia, e aggiunge “Benché l’utilizzo di analgesici oppiacei in Italia sia di gran lunga inferiore al Nord Europa e agli USA, bisogna fare molta attenzione ad evitare il rischio di abuso, pur garantendo a tutti i pazienti con dolore il diritto all’accesso alle cure come previsto dalla legge 38/2010, accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore. Nel nostro paese, recentemente, alcuni fatti di cronaca, in particolare la morte di due fratelli belgi a Firenze il 29 settembre 2019 dovuta all’assunzione di un’ingente quantità di farmaci a base di ossicodone cloridrato (Oxycontin), associata ad alcol, hanno allertato la comunità scientifica su questa emergenza (La Nazione Firenze Fratelli belgi morti in hotel: 'mix di alcol e farmaci').

In particolare, nel corso dell’ultimo anno si sta assistendo ad un’inversione di tendenza con incremento di consumo a scopo ricreativo di farmaci oppioidi anche sul territorio italiano.

3.2 ANALGESICI OPPIOIDI

Con il termine analgesici oppiacei o oppioidi si indica sia gli alcaloidi naturali dell’oppio, tra cui morfina, codeina e tebaina, sia derivati semisintetici o sintetici che hanno azione simile all’oppio ed in particolare analoghe proprietà farmacologiche

(29)

29

della morfina, le cui azioni sono bloccate dall’antagonista non selettivo naloxone. I farmaci oppioidi presentano le seguenti strutture riportate nella figura 3.3.

Figura 3.3: esempi di alcuni analgesici oppioidi utilizzati nella pratica clinica. Fonte:https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4412049/bin/IJMC2012-208039.001.jpg

Gli oppioidi sono il principale presidio nel trattamento del dolore, in particolare sono una risorsa importante per la terapia del dolore severo, soprattutto per ridotti periodi di tempo, come nel caso di interventi chirurgici, tumori o patologie croniche non oncologiche. Il dolore rappresenta il mezzo con cui l’organismo segnala un danno tissutale, secondo la definizione della IASP (International Association for the Study of Pain) e dell’Organizzazione mondiale della Sanità “il dolore è un’esperienza sensoriale

(30)

30

ed emozionale speciale associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termine di danno” (Ministero della Salute. Definire e valutare il dolore).

Questi farmaci oppioidi potenziano l’effetto analgesico degli oppioidi endogeni mimando l’azione di queste molecole di natura peptidica. Gli oppioidi endogeni derivano dai macropeptidi, che, dopo essere sottoposti a processi di idrolisi enzimatica, vengono distinti in 4 tipologie: encefaline, endorfine, dinorfine e nocicettine (McCurdy, C. R. et al., 2003) (riportati in tabella 3.4).

Tabella 3.4: classificazione peptidi endogeni che agiscono sui recettori oppioidi. Gli effetti analgesici degli oppioidi sono dovuti alla loro azione su specifici recettori, sia pre- che postsinaptici, che sono gli stessi su cui agiscono gli oppioidi endogeni prodotti dell’organismo. Esistono 3 tipologie recettoriali con le quali gli oppioidi interagiscono avendo un ordine d’affinità e selettività diverso. Le 3 classi principali sono μ (MOP), k (KOP), δ (DOP), a questi si aggiunge un quarto recettore NOP (Shang, Y. And Filizola, M., 2015) (tabella 3.5).

Neurotrasmetti tori

(31)

31

RECETTORE LOCALIZZAZIONE RISPOSTA ALLA

ATTIVAZIONE µ (MU) µ1 µ2 SOPRASPINALE SPINALE ANALGESIA, DEPRESSIONE RESPIRATORIA, MIOSI; EUFORIA, RIDOTTA MOTILITA’ INTESTINALE, RILASCIO DI PROLATTINA k (KAPPA) K1 K2 K3 SPINALE SOPRASPINALE ANALGESIA, DEPRESSIONE RESPIRATORIA, DISFORIA, MIOSI EFFETTI PSICOMIMETICI, CONTROLLO DELL’APPETITO δ (DELTA) δ1 δ2 SPINALE SOPRASPINALE ANALGESIA, RILASCIO DELL’ORMONE DELLA CRESCITA NOP IPPOCAMPO NEURONI SENSORIALI CIRCUITO DISCENDENTE ANALGESIA, IPERALGESIA BIFASICA

(32)

32

Questi recettori appartengono ad una medesima famiglia: sono recettori inibitori legati a proteina G e condividono numerose sequenze polipeptidiche. Sono stati scoperti numerosi sottotipi recettoriali (Al-Hasani, R. & Bruchas, M. R., 2011).

Pertanto gli analgesici oppioidi inducono analgesia legandosi a questi specifici recettori accoppiati a proteina G, situati principalmente a livello cerebrale e nelle strutture del Sistema Nervoso periferico e spinale. L’azione molecolare degli agonisti oppioidi è contraddistinta dalla capacità di tali molecole di modificare il flusso ionico a livello pre- e postsinaptico. Dopo essersi legati ai recettori, l’attivazione di essi inibisce l’enzima adenilato ciclasi provocando la ridotta produzione di AMP ciclico e la riduzione dell’entrata degli ioni Calcio, in modo da provocare un’inibizione dell’eccitabilità della cellula; l’attivazione dei recettori, sui terminali delle fibre afferenti, determina un minor rilascio di neurotrasmettitore, in particolare di trasmettitori eccitatori associati al dolore (glutammato, sostanza P). A livello postsinaptico l’attivazione dei recettori aumenta la fuoriuscita di ioni al Potassio determinando la comparsa di potenziali postsinaptici inibitori e riducendo la reattività del recettore a livello postsinaptico nei confronti del neurotrasmettitore, con conseguente riduzione dello scarico di neuroni diretti ai centri superiori (Lugoboni, F. e Zamboni L., 2015; Williams, J. T. et al., 2001). Figura 3.6

(33)

33

Figura 3.6: Meccanismo d’azione analgesici oppioidi.

Fonte:https://clinicalgate.com/wp-content/uploads/2015/03/F000178f017-001-9780323073981.jpg

Gli effetti massimi prodotti da un particolare oppioide sono determinati dalla natura delle sue interazioni con la proteina G accoppiate ai recettori (Selley, D. E. et al., 1998; 2003).

Gli agonisti oppioidi presentano diverse distribuzioni cellulari e regionali, per tale motivo possono produrre effetti farmacologici diversi. Gli oppioidi possono avere maggiore affinità per un recettore o per un altro, ma anche i farmaci che agiscono sullo stesso recettore possono produrre diversi effetti farmacologici. Gli oppioidi sono classificati in base al legame con i propri recettori e in base alla loro affinità.

Vengono classificati:

 Agonisti totali: lo stimolo del recettore indotto da un agonista raggiunge la capacità di risposta massima del sistema, produrrà la risposta massima del sistema e sarà un agonista completo in quel sistema.

 Agonista parziale: in un dato tessuto e in determinate condizioni, non può suscitare un effetto così grande (anche se applicato ad alta concentrazione, in modo che tutti i recettori debbano essere occupati) come un agonista completo che agisce attraverso gli stessi recettori nello stesso tessuto.

 Agonista-antagonista: farmaco che in alcune condizioni si comporta come un agonista (una sostanza che attiva completamente il recettore a cui si lega) mentre in altre condizioni, si comporta come un antagonista (una sostanza che si lega a un recettore ma non si attiva e può bloccare l'attività di altri agonisti).  Antagonista: farmaco che si lega ad un recettore ed è incapace di attivarlo ma

inibisce, parzialmente o totalmente l’effetto dell’agonista (o del ligando endogeno) che agisce sullo stesso recettore. (Figura 3.7).

(34)

34

Tabella 3.7: esempi di oppioidi in base al legame al recettore

Sia gli oppioidi endogeni, che quelli esogeni, questi ultimi agendo in modo più potente ed efficace, inibiscono la trasmissione dello stimolo doloroso operando su diversi livelli, in modo tale da ridurre la percezione dolorosa causata dai nocicettori. La maggior parte di questi analgesici agisce sui recettori μ, e gli effetti farmacologici come l’analgesia, euforia, depressione respiratoria ma anche la dipendenza (Kreek , M. J. et al. , 2012; Zhang, J. et al.; 1998) e disturbi dell'umore (Lutz, P. E. & Kieffer, B. L., 2013)sono associati all’attivazione di questo recettore. Gli effetti sono intricati e riguardano anche l’attivazione dei recettori δ e K. L’azione analgesica degli oppioidi si esercita sia a livello della trasmissione assonale mielinizzata che a livello delle corna posteriori del midollo spinale, rafforzando sia l’inibizione discendente che la trasmissione ascendente. Per tali ragioni questi farmaci presentano un’azione analgesica spinale. I recettori sono localizzati anche a livello del talamo, dei nuclei della base e in considerevoli aree del SNC, in tal caso parliamo di azione analgesica sovraspinale. Questa seconda azione si esplica anche incrementando l’inibizione discendente che è principalmente a trasmissione monoaminergica, in aggiunta non va

tralasciata l’azione euforizzante dovuta a numerose strutture del SNC. AGONISTI TOTALI AGONISTI PARZIALI AGONISTI-

ANTAGONISTI ANTAGONISTI CODEINA EROINA FENTANYL IDROCODONE IDROMORFONE LEVORFANOLO MEPERIDINA METADONE MORFINA OSSICODONE OSSIMORFINA BUPRENORFINA BUTORFANOLO PENTAZOCINA TRAMADOLO BUPRENORFINA BUTORFANOLO NALBUFINA PENTAZOCINA NALMEFENE NALOXONE NALTREXONE

(35)

35

Dunque l’analgesia da oppiodi si esercita perlomeno su 4 livelli: 1) effetto periferico;

2) a livello spinale tramite il blocco presinaptico della neurotrasmissione sulle afferenze primarie alle corna posteriori del midollo ed inibizione postsinaptica del secondo neurone;

3) stimolazione a livello della sostanza grigia periacqueduttale che ha un ruolo cardine nella modulazione del dolore tramite un’influenza sulla via discendente rafe-spinale (teoria del controllo del cancello);

4) modulazione affettiva della percezione del dolore.

3.3 TOLLERANZA E DIPENDENZA

Gli analgesici oppioidi, detti anche painkillers (PK), sono in grado di dare dipendenza e ancor peggio assuefazione: occorre aumentare sempre di più le dosi per ottenere il medesimo effetto iniziale. Essi, per la medicina, sono una risorsa molto importante, in quanto sono in grado di trattare persone con dolore che prima sarebbero state curate incongruamente, ma possono presentare gravi conseguenze per i pazienti che hanno sviluppato dipendenza e tolleranza in seguito a prescrizioni superficiali di farmaci oppioidi o per usi illeciti. Per quanto riguarda i meccanismi neurobiologici, l’origine del problema dei painkillers è dovuta a due proprietà farmacologiche degli analgesici oppioidi:

- le proprietà di rinforzo (possibilità di causare dipendenza comportamentale);

- tolleranza (progressiva riduzione della capacità di favorire l’effetto terapeutico).

Ciascuna delle due proprietà sono imputabili ad un neuroadattamento riconducibile all’esposizione continua e ripetuta della sostanza. Come abbiamo visto gli oppioidi si legano a propri recettori esercitando, in maniera più o meno potente ed efficace, gli effetti analgesici, sedativi e ad alte dosi ipnotici. Inoltre provocano una sensazione di piacere, detta rush, con intensità collegata alla quantità e rapidità con qui raggiungono

(36)

36

le aree cerebrali. Come tutti i farmaci che creano dipendenza anche gli analgesici oppioidi agiscono principalmente sui circuiti neuronali del cervello che sono responsabili dell’attivazione di comportamenti adattativi motivati. Il sistema alla base dell’insorgere della dipendenza è quello mesolimbico in cui è coinvolta la dopamina, o via della ricompensa, che si dirama dai neuroni dopaminergici del VTA alla corteccia prefrontale (PFC), all'amigdala e al Nucleo Accumbens (NAcc) (Misty, C.J. et al., 2014). Il meccanismo farmacologico degli oppioidi riguarda le proprietà di rinforzo collegate al sistema di ricompensa della dopamina. I recettori µ sono collocati a livello di corpi cellulari dei recettori GABAergici, qui attivano l’efflusso di potassio provocando iperpolarizzazione e ridotta eccitabilità del neurone inibitorio GABAergico in modo da promuovere un’ulteriore e generale disinibizione dell’area tegmentale ventrale (VTA) (Kalivas, P. W. et al., 2009). Conseguentemente i livelli sinaptici di dopamina si alzano e rimangono più a lungo a quelle concentrazioni capaci di stimolare i recettori dopaminergici nel NAcc e nella PFC (Fields H. L. & Margolis, E. B.,2014). Questa particolare risposta neurochimica causata dagli oppioidi giustifica il notevole effetto rinforzante e dopo trattamenti prolungati il derivante neuroadattamento (Nestler, E. J., et al., 2001) (Figura 3.8)

Figura 3.8: meccanismo d’azione che coinvolge il neurotrasmettitore dopamina. E il neurotrasmettitore GABA.

Fonte:

http://www.area-c54.it/public/la%20terapia%20del%20dolore%20tra%20fans%20e%20oppioidi.pdf

La somministrazione persistente di analgesici oppioidi determina l’emergere del fenomeno della tolleranza a queste sostanze che si presenta come la necessità di

(37)

37

assumere una dose maggiore del farmaco per produrre uno specifico effetto. I meccanismi che mediano lo sviluppo di tolleranza agli agonisti oppioidi sono collegati alla funzionalità dei recettori degli oppioidi. Questa funzionalità coinvolge la desensibilizzazione, la fosforilazione, la risensibilizzazione e l’iternalizzazione

(endocitosi) dei recettori oppioidi. (Figura 3.9)

Figura 3.9: Differenze nella regolazione dei recettori per oppioidi da parte di agonisti a basso e alto grado di internalizzazione.

(38)

38

La desensibilizzazione dei recettori comporta la perdita della loro funzione. Avviene mediante il mancato accoppiamento tra il recettore e la proteina G a seguito della fosforilazione della proteina del recettore e al successivo rinforzo del legame con leβ -arrestine (Christie, M. J., 2008). La risensibilizzazione può verificarsi mediante il suo riciclo attraverso le vie intracellulari. Per i recettori degli oppioidi tale processo può causare la fosforilazione del recettore legato all’agonista seguito dal legame di questo alla beta-arrestina. Questa struttura recettoriale in un secondo momento subisce endocitosi e i recettori risensibilizzati nella cellula vengono riciclati alla superfice di essa (Dang, V. C. & Christie, M. J., 2012). La tolleranza alla morfina è dovuta principalmente al fatto che i recettori desensibilizzati rimangono sulla superficie della cellula in seguito ad esposizione cronica a tale sostanza. L’esposizione prolungata alla morfina può causare la persistenza della desensibilizzazione che può essere correlato a modificazioni nei sistemi di segnalazione (Christie, M. J., 2008). La somministrazione di alcuni agonisti totali oppioidi come fentanyl e metadone, provoca una risensibilizzazione dei recettori μ mediante un meccanismo che può determinare l’internalizzazione di questi recettori all’interno del neurone (Schultz, S. et al.,2004). L’intossicazione può provocare coma o morte per inibizione del centro del respiro (Volkow, N. D. & McLellan, A. T.,2016). Gli analgesici oppioidi interferiscono con il sistema oppioidergico endogeno scaturendo un insieme di eventi compensatori da parte dell’organismo che diventano evidenti durante l’astinenza. Se un farmaco oppioide viene interrotto bruscamente, anche se usato secondo prescrizione medica, si presenta un comportamento che viene definito sindrome di astinenza.

I sintomi classici dell’astinenza sono: ansia, dolori muscolari ed ossei, diarrea, vomito, brividi, scarso appetito, contrazioni muscolari. L’intensità e la durata di tale sindrome sono dipese dal tipo di principio attivo, dalla quantità e dal periodo di assunzione.

3.4 ABUSO E MISUSO DI ALCUNI ANALGESICI OPPIOIDI MAGGIORMENTE UTILIZZATI

Essendo già a conoscenza degli effetti psicotropi e pericolosi della morfina, che induce l’instaurarsi di tossicodipendenza, ci soffermeremo ad analizzare alcuni farmaci

(39)

39

derivati da essa che stanno prendendo piede, in particolare tra i giovani, anche nel nostro paese. Il consumo errato di farmaci, soprattutto quando vengo consumati come vere e proprie droghe, al di fuori di prescrizione medica, può essere molto pericolosa e in alcuni casi letale, provocando gravi effetti sulla salute e instaurando l’insorgere della dipendenza. Tra questi farmaci analizzeremo più nel dettaglio:

Fentanyl Ossicodone

Tramadolo Codeina

3.4.1 FENTANYL C22H28N2O

Figura 3.10: Struttura chimica Fentanyl.

È un analgesico oppioide sintetico molto potente appartenente alla classe delle fenilpiperidine in particolare delle 4-anilidopiperidine. Venne sintetizzato nel 1960 da Janssen in un’epoca in cui si cercavano oppioidi sempre più potenti. È 80-100 volte più potente della morfina e 25-40 volte dell’eroina; la dose letale nell’uomo è intorno ai 2 mg. Esistono numerosi rischi correlati ad un uso improprio delle formule di prescrizione ed anche ad un uso illegale della sostanza. I derivati di tale sostanza sono potenzialmente innumerevoli grazie al fatto che lo scheletro base del Fentanyl ha almeno 5 posizioni in cui è possibili introdurre varianti chimiche mantenendone l’azione desiderata, ovvero di agonista di recettori µ (Ellis, C. R. et al., 2018). Ciò è stato sfruttato dai drug designer per sviluppare ed incrementare la diffusione di nuove molecole derivate dal Fentanyl che hanno invaso il mercato illegale. Come farmaco il

(40)

40

Fentanyl viene prescritto ai pazienti per l’anestesia, prima di un’operazione o per

ridurre il dolore, solitamente per il trattamento del dolore cronico di origine tumorale. Nomi commerciali: - Durogesic®

- Instanyl® - Ionsys® - Effentora® - PecFent®

Come già accennato precedentemente, negli USA, è stato il principale responsabile delle morti associate al consumo di oppioidi ed è stato stimato che nel 2019 il suo abuso provocherà circa 90 mila morti per overdose. Alcuni dati riportati in figura 3.11.

Figura 3.11: dati statistici riportati dal CDC che coinvolgono il numero di decessi da

altri oppioidi sintetici, prevalentemente Fentanyl dal 2002 al 2017. Fonte https://www.graniterecoverycenters.com

(41)

41

Anche in Italia si può parlare di allarme Fentanyl. Nonostante nel nostro Paese il farmaco sia utilizzato per persone gravemente malate e rientrando nei farmaci prescrivibili il cui costo è a carico dello Stato, si è assistito ad un incremento di truffe al Sistema Sanitario e ad un aumento di sostanze sul mercato illegale. Si stima che dal 1 agosto al 20 novembre 2019 si siano registrate in Italia 76 casi di overdose con decesso. La maggior potenza e pericolosità del Fentanyl rispetto alla morfina, ma anche all’eroina, è dovuta alla farmacocinetica e al fatto che questa sostanza è molto più liposolubile. Essa si distribuisce nei lipidi circa 1000 volte meglio della morfina, e in questo modo riesce a superare più velocemente le barriere organiche, tra cui cute, mucose e barriera ematoencefalica (BEE) e raggiungere più rapidamente i recettori µ (Taylor, D. R., 2005). Grazie alla sua liposolubilità riesce ad entrare facilmente, ma altrettanto facilmente esce dal SNC, per tale motivo i suoi effetti sono più brevi rispetto all’eroina. La rapida durata di azione del Fentanyl causa l’insorgenza di sintomi astinenziali anticipati e più marcati di quelli della morfina ed eroina (Mayer, S. et al., 2018) e spinge il consumatore al redosing, cioè a ripetere la somministrazione più volte in breve tempo (Abdulrahim, D. & Bowden Jones, O., 2018), potenziandone gli inconvenienti sanitari e sociali. Per tale motivo il Fentanyl è causa della maggior frequenza di overdose, in quanto il passaggio dallo stato di incoscienza, alla depressione respiratoria e alla morte è molto rapido.

3.4.2 OSSICODONE C18H21NO4

Riferimenti

Documenti correlati

In other words, if the reflective view is to be contiguous with the argument from common sentiment and constitutional identity, we have to close the gap between the ‘is’ of

Questo normalmente non avviene, quindi i due caratteri in genere saranno dipendenti in media, però come al solito abbiamo bisogno di un indice statistico per valutare l’intensità

La pande- mia ha messo in evidenza le croniche carenze della medicina del territorio, stavolta se ne sono accorti proprio tutti, finan- che i nostri “distratti” e

ƒ Giuliana Guadagnini – psicologa responsabile del “Punto provinciale di ascolto” dell’USP Verona - Sportello Ascolto CIC ULSS 20. ƒ Vanessa Foletto –

lactis, standard curves were constructed both from pure cultures and using grated cheese, simulating a long ripened cheese matrix, inoculated with pure cultures of L.. Lactococci

The K µ ν ee selection is characterized by the presence of three charged tracks and a missing momentum carried away by the undetected neutrino.The missing mass for such a mode is

La sintomatologia di lunga durata del disturbo d’ansia generalizzato incoraggia il prolungamento d’uso delle BDZ; tali pazienti si autosomministrano ansiolitici per le

Le benzodiazepine (BDZ) rappresentano la categoria di farmaci maggiormente prescritta in Italia e nei paesi occidentali, tanto da ritenere che vi sia un iperuso di essi.