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Il diritto di sciopero: finalita' e limiti.

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

Il diritto di sciopero: finalità e limiti.

Candidato: Relatore:

Emanuele Piazza Chiar.mo Prof.

Alberto Niccolai

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A mio padre e mia madre Per il supporto datomi durante questo percorso

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3 INDICE

CAPITOLO1 LO SCIOPERO E IL SUO SVILUPPO NELL’ORDINAMENTO

ITALIANO

1. Cos’è lo sciopero ……… 1

2. Sciopero pre-unitario………... 5

2.1 Lo sciopero Regno di Sardegna………. 5

2.2 Lo sciopero nel periodo liberale……… 7

2.3 Lo sciopero nel regime fascista……… 14

3. Lo sciopero in costituzione……… 20

3.1. Lo Sciopero come diritto potestativo……….. 24

3.2. La critica alle teorie del diritto potestativo……….. 26

3.2.1 Lo sciopero come diritto assoluto……… 27

3.2.2 Lo sciopero come libertà………. 29

CAPITOLO 2 LA FINALITA’ CONTRATTUALE DELLO SCIOPERO (Art 502 c.p.) SEZIONE I: LO SCIOPERO ECONOMICO-CONTRATTUALE 1. Lo sciopero con finalità contrattuali precostituzionale………... 33

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2. Lo sciopero con finalità contrattuali in costituzione……….. 36

2.1 La sentenza della corte di cassazione n. 1936/1959………. 39

2.2 L’intervento della corte costituzionale……… 42

2.3 La sentenza della corte costituzionale n. 29/1960……… 46

2.3.1 Analisi sentenza 26/1960………. 51

2.3.2 Critiche alla sentenza………... 56

3. Lo sciopero con finalità contrattuale successivo alla sentenza costituzionale n. 26/1960……….. 59

3.1 L’autunno caldo e il successivo sviluppo normativo…………... 62

SEZIONE II CAPITOLO 2 IL SUPERAMENTO DELLA TECNICA DEFINITORIA E I LIMITI DEL DIRITTO DI SCIOPERO 1. I vecchi limiti e l’apertura ai nuovi……….. 67

2. La sentenza della corte di cassazione 711/1980 ……… 70

2.1 Il sistema dei limiti “interni”……… 72

2.1.1 La critica all’originaria definizione di sciopero……… 72

2.1.2 La teoria dei limiti fondata sulle clausole generali del contratto……… 74

2.1.3 La teoria dei limiti del danno ingiusto……….. 76

2.1.4 Primo tentativo di una teoria con limiti “esterni”………. 80

2.2 L’analisi sentenza 711/1980……… 82

2.2.1 La critica alla definizione di Sciopero……….. 83

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2.2.3 La critica alla teoria delle “clausole generali”……….. 90

2.3 Conclusione sulla sentenza n.711/1980………... 93

3. L’intervento legislativo legge 146/1990……… 96

3.1 La riforma della legge 146/1990……… 101

CAPITOLO 3 LO SCIOPERO CON FINALITA’ NON CONTRATTUALI: LO SCIOPERO PER SOLIDARIETA’ 1. La legittimità dello sciopero non contrattuale……… 103

2. Lo sciopero di solidarietà……… 105

2.1 Lo sciopero di solidarietà nella storia……… 107

3. L’intervento della corte costituzionale: sentenza n.123/1962….. 110

3.1 La sentenza n.123/1962………. 112

3.2 Un’analisi della sentenza n.123/1960……… 121

4. Lo sciopero per protesta……….. 127

5. L’intervento della corte di cassazione……….. 128

5.1 La sentenza della corte di cassazione: sentenza n.2036/1963… 129 5.1.1 Critica alla sentenza 2036/1963……….. 132

5.2 La sentenza della corte di cassazione n. 2283/1963…………... 134

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5.4 Le conclusioni sulle sentenze della corte di cassazione………. 143 6. Lo sciopero di solidarietà oggi………. 146

CAPITOLO 4

LO SCIOPERO CON FINALITA’ NON CONTRATTUALI: LO SCIOPERO CON FINALITA’ POLITICHE

1. Lo sciopero politico: Definizione e sviluppo………... 149 2. Lo Sciopero Politico-economico………. 153 3. Lo sciopero politico “puro”………. 160 3.1 Legittimità dell’articolo 503 c.p.: Sentenza 290/1974………... 162 3.2 L’analisi della sentenza n. 290/1974……….. 168 3.3 La legittimità articolo 504 c.p.: Sentenza corte costituzionale 165/1983………. 171 4. Conclusioni sullo sciopero politico economico e politico puro... 176 5. Lo sciopero non contrattuale nella legge 146/1990……….. 181 5.1 Il preavviso nello sciopero politico: sentenza n.276/1993……. 185 6. I limiti dello sciopero politico……….. 193

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CAPITOLO1 LO SCIOPERO E IL SUO SVILUPPO NELL’ORDINAMENTO

ITALIANO

1. Cos’è lo sciopero

Nella continua ricerca da parte dei lavoratori di una migliore condizione di lavoro, lo sciopero rappresenta sicuramente l’arma più importante e più efficace per il raggiungimento di questo obiettivo. Prima di analizzare le molteplici finalità che lo sciopero può avere, è obbligatorio parlare di cos’è lo sciopero, di come questo si è sviluppato nella storia e di come si è integrato all’interno del nostro ordinamento. Nell’ordinamento italiano odierno lo sciopero viene interpretato come

un diritto e viene regolamentato dall’articolo 40 della costituzione1.

Lo sciopero indica un comportamento omissivo, istituito da una collettività professionale di struttura stabile o precaria e messa in atto per mezzo di un’astensione collettiva dei lavoratori dall’adempimento delle prestazioni di lavoro, il diritto di sciopero rappresenta un diritto individuale, ogni lavoratore infatti può decidere liberamente se partecipare o meno allo sciopero, questo però deve essere organizzato da una collettività di lavoratori o dai rappresentanti dei lavoratori (normalmente i sindacati), una volta che viene organizzato e indetto, lo sciopero si concretizza con la mancata presentazione sul posto o la sospensione dell’attività lavorativa da parte del gruppo di lavoratori aderente. 23

1 Art.40 costituzione: il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo

regolano.

2 Leggi d’Italia, sciopero diritto individuale, Wolters kluwer srl

3 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

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Caratteristica storica dello sciopero è quella della non volontarietà da parte dei lavoratori di sospendere definitivamente il rapporto, bensì si vuole una sospensione temporanea, con lo scopo di provocare una sorta di disagio, in modo da poter ottenere le migliorie richieste e mutare la causa scatenante dell’azione di sciopero.

Anche se viene definito come diritto, il lavoratore quando decide di partecipare allo sciopero, si sottrae agli obblighi contrattuali, venuti ad esistere nel momento della stipula del contratto, esponendosi a determinate sanzioni, per questo motivo il lavoratore partecipando allo sciopero rinuncia al diritto di percepire la retribuzione in quantità pari ai giorni di partecipazione allo sciopero, nel caso in cui i lavoratori partecipano a scioperi brevi, che riguardano solo spezzoni della giornata lavorativa (sciopero a singhiozzo), questi non hanno più diritto alla retribuzione solo nel momento in cui la prestazione giornaliera conseguenziale allo sciopero scende sotto il livello di normalità.45

Alla luce di quanto detto possiamo quindi definire lo sciopero come quel diritto che prevede l’astensione collettiva dal lavoro da parte di più lavoratori, per tutelare i propri interessi contrattuali, economici e sociali. L’azione di sciopero cerca diminuire a favore del lavoratore lo scarto fra le posizioni di datore di lavoro o organi politici e lavoratore che si era venuto a creare negli anni precedenti alla costituzione. In un primo momento, il fatto che venisse istituita un’azione di sciopero lasciava presupporre che fra le parti ci fosse un rapporto di subordinazione basato appunto sulla stipula di un contratto (lavoratore – Datore di lavoro) e che lo sciopero fosse giustificato, che quindi fosse presente in quel momento una condizione che non risultasse

4 Leggi d’Italia, sciopero diritto individuale, Wolters kluwer srl

5 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

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particolarmente favorevole per i lavoratori6. Successivamente accanto

alla causa contrattuale, con le sentenze della corte costituzionale e con l’avvicendarsi di molteplici teorie, si aggiungono altre finalità di sciopero come quella politica e sociale, che danno caratteristica di liceità alle forme di sciopero che non vedono il datore di lavoro come soggetto passivo, ma puntano a mutare o eliminare disposizioni emesse da organi politici, sempre inerenti alla materia del lavoro. L’attività di sciopero rappresenta quindi un mezzo di autotutela dei lavoratori e permette ai lavoratori, rappresentati dalle associazioni sindacali, di partecipare alla vita politica economica e sociale del

paese, facendo valere le proprie idee7.

Lo sciopero non è sempre stato considerato come un diritto, questo variava la sua fisionomia con il variare del periodo storico e con gli ordinamenti che si susseguivano. Prima della costituzione quindi prima di essere considerato diritto, lo sciopero era considerato un reato nel codice sardo, una libertà nel periodo liberale (codice Zanardelli) e di nuovo un reato nel periodo fascista (codice Rocco).

6 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO

7 Leggi d’Italia, Il Diritto di sciopero e i suoi limiti, a cura di Alvino Ilario, Wolters

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10 2. Sciopero pre-unitario

2.1 Lo sciopero Regno di Sardegna

Nel regno di Sardegna lo sciopero veniva considerato come un reato, in quel periodo lo sciopero era regolamentato dal codice penale sardo (1859). Lo sciopero veniva regolato all’interno del titolo V al capo 2° “delle frodi relative al commercio, alle manifatture e alle arti”, in

particolare veniva regolamentato dall’articolo 3868, in cui si punivano,

con tre mesi di carcere, tutte le intese di lavoratori che senza una ragionevole causa avevano lo scopo di sospendere, ostacolare o far rincarare la normale attività lavorativa.

Si vietavano quindi tutti gli accordi che venivano fatti da industriali o operai diretti a far pressione sulla controparte in modo che questa accettasse un accordo meno favorevole al precedente, praticamente si puntava a vietare lo sciopero dei lavoratori e la serrata dei datori di lavoro9.

Possiamo affermare che questa repressione penale è figlia teoria individualista portata dalla rivoluzione francese, si temeva quindi che concedendo la libertà ai lavoratori e ai datori di lavoro di coalizzarsi, si potessero ripristinare le vecchie coalizioni di interesse/corporazioni

che avevano segnato il XII secolo.1011

La vigenza di questa visione dello sciopero era in forte contrasto con il pensiero del periodo e con gli intenti che si venivano a proporre i

8 Art. 386 c.p. sardo: ogni concerto di operai che tenda senza ragionevole causa a

sospendere, punire o rincarare i lavori, sarà punito col carcere estendibile a 3 mesi, sempre che il concerto abbia avuto un principio di esecuzione

9 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO.

10 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO.

11 Leggi d’Italia, Commentario Costituzione – Art. 40 a cura di Orlando Roselli,

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governi degli anni 80 del XIX secolo, questi infatti prevedevano una maggiore apertura verso l’associazionismo professionale e un

riconoscimento maggiore del suo ruolo12.

L’obsolescenza di questo pensiero ha richiesto una modifica dell’ordinamento, che avrebbe dovuto portare ad una sorta tolleranza dello sciopero e della serrata, adeguandolo con il pensiero di maggiore

apertura che si aveva nel periodo in corso. 1314

12 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO.

13 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO.

14 Leggi d’Italia, Commentario Costituzione – Art. 40 a cura di Orlando Roselli,

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12 2.2 Lo sciopero nel periodo liberale.

Gli anni 80 del XIX secolo, sono anni che si caratterizzano per un orientamento maggiormente tollerante nei confronti dello sciopero rispetto a quello repressivo che si aveva nel periodo passato, come si è detto in precedenza, i governi del periodo puntavano infatti ad una

maggiore apertura verso l’associazionismo professionale. 15

Conferma di questo “liberismo” lo troviamo nel tentativo di portare un nuovo sistema penale che portasse ad una depenalizzazione dello sciopero, questa attività richiese comunque tempi lunghi, principale sostenitore di questo procedimento fu il ministro di grazia e giustizia

dell’epoca Giuseppe Zanardelli. 16

Zanardelli, dopo la bocciatura di un primo progetto, nel 1887 presento un secondo di codice penale che fu approvato e sostituii il vecchio codice sardo, il codice fu emanato nel 1890 (primo codice dopo l’unità d’Italia).

Questo codice conteneva tre articoli (165, 166, 16717) che trattavano i

delitti contro la libertà del lavoro, questi tre articoli furono approvati senza che venissero apportate grandi variazioni nel testo definitivo.

15 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO.

16 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO.

17 Art 165 c.p. Zanardelli: Chiunque con violenza o minaccia restringe o impedisce

in qualsiasi modo la libertà dell’industria o del commercio è punito con la detenzione fino a 20 mesi e con la multa da lire 100 a 3000.

Art 166 c.p. Zanardelli: chiunque con violenza o minaccia cagiona o fa perdurare una cessazione o sospensione del lavoro, per imporre sia ad operai, sia a padroni od imprenditori, una diminuzione o un aumento dei salari ovvero patti diversi da quelli precedentemente consentiti è punito con la detenzione fino a 20 mesi. Art. 167 c.p. Zanardelli: Quando vi siano capi o promotori dei fatti preveduti negli articoli precedenti la pena per essi è la detenzione da tre mesi a tre anni e la multa da 500 a 5000 lire.

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Negli articoli in oggetto non troviamo esplicitamente le parole sciopero o serrata e non menzionavano neppure il termine coalizione (l’accordo con il quale i padroni o i lavoratori si coalizzavano per porre in essere l’azione di serrata o di sciopero).

Il nuovo codice si limitava solamente ad inserire nuovi delitti contro la libertà del lavoro, questi prendevano in considerazione e puntavano a punire quei comportamenti che si venivano a definire come minacciosi o violenti, che avevano lo scopo di modificare i patti esistenti che regolamentavano il rapporto di lavoro, puniva quindi quei comportamenti che portavano ad una violenta e minacciosa sospensione delle attività da parte dei lavoratori (sciopero) ma anche del datore di lavoro (serrata)18.

Tuttavia la libertà di sciopero non fu riconosciuta senza limiti. La possibilità dello sciopero fu esclusa categoricamente per gli impiegati pubblici e per i pubblici servizi.

Il codice penale del 1889 vietava infatti all’articolo 18119 lo sciopero

dei servizi pubblici e lo puniva con l’interdizione dell’ufficio o con una multa.

Quest’articolo fu utilizzato anche allo scopo di reprimere gli scioperi

nelle ferrovie, la lg. 137/190520 e quella n. 429/190721, attribuirono la

qualifica di pubblici ufficiali a tutti gli addetti alle ferrovie statali e a

18 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-Torino.

19Art. 181. I pubblici ufficiali (207), che, in numero di tre o più, e previo concerto,

abbandonano indebitamente il proprio ufficio, sono puniti con la multa da lire cinquecento a tremila e con l'interdizione temporanea dall'ufficio.

Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale, che abbandona il proprio ufficio per impedire la trattazione di un affare, o per cagionare qualsiasi altro nocumento al pubblico servizio.

20L. 22 aprile 1905, n. 137, che approva i provvedimenti per l'esercizio di Stato delle ferrovie non concesse ad imprese private.

21 Lg n.429/1907, n. 429 sull'ordinamento dell'esercizio di Stato delle ferrovie non

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tutto il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto concessi alle imprese private o esercitati da provincie e comuni.

Queste leggi prevedevano la risoluzione immediata del rapporto di lavoro per tutti quei soggetti che partecipavano a scioperi, con la possibilità di disporre un provvedimento meno grave dopo averne

verificato le responsabilità e l’importanza della partecipazione. 22

Nel periodo liberale, per lo sciopero assistiamo quindi ad un superamento dal punto di vista penale, infatti la valutazione giuridica aveva portata soltanto in ambito pubblico, questo però non impediva che lo sciopero in ambito privatistico costituisse un inadempimento dal punto di vista contrattuale del lavoratore, che quindi poteva rispondere nei confronti del datore di lavoro per mancato adempimento del contratto di lavoro.

Lo sciopero doveva quindi considerarsi come una colpa contrattuale e quindi si qualificava come una fonte di responsabilità per inadempimento a meno che fosse preceduta da regolare disdetta del

contratto con congruo termine di preavviso. 23

In sostanza lo sciopero non era più un reato, ma non costituiva nemmeno un diritto, poteva quindi qualificarsi come una mera libertà.24

Bisogna anche considerare che il codice penale prendeva in considerazione soltanto la situazione inerente allo sciopero contrattuale, che quindi veniva ad essere l’unico sciopero lecito, sempre se rispettava i limiti previsti dal codice.

22 LUIGI MENGONI, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, 1961. 23 V.BARASSI, Il contratto di lavoro nel diritto potestativo italiano, vol.II,

Milano, 1917, p.86.

24 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

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La riforma si dimostrò troppo avanzata per la magistratura che stentava ad adeguarvisi, nella giurisprudenza della cassazione si ebbe un interpretazione molto legata alle norme che si erano avute in precedenza, la valutazione degli scioperi veniva effettuata: o falsificando le motivazioni che effettivamente avevano portato allo sciopero, facendolo passare come violento o minaccioso, oppure si compiva un’interpretazione estensiva delle norme del codice, in modo tale da far passare qualsiasi attività inerente allo sciopero, ad esempio dichiarazioni che venivano fatte dai partecipanti, come minacciosa o

violenta, come illecita.25

Qualunque fosse l’interpretazione che veniva fatta dai giudici, questa non frenava la presa di coscienza sulla liceità delle azioni che venivano organizzate dai lavoratori, anzi ne accrebbero lo slancio necessario affinché questi potessero raggiungere un organizzazione maggiore, prova del raggiungimento di questa consapevolezza furono: la creazioni di organizzazioni come la camera del lavoro e la grande quantità di scioperi che vennero organizzate dai lavoratori che neanche un contrasto violento da parte delle autorità riuscirono a frenare.

Il forte incremento di manifestazioni di sciopero e l’associazionismo dei lavoratori preoccuparono non poco la classe dirigente, questo rischiava di distruggere una pace sociale che, anche per il fatto che i lavoratori prima del periodo liberale non era in grado di associarsi, si

era venuta a creare nell’ambito dei rapporti di lavoro.26

La risposta governativa si ebbe nel 1893, quando il governo presento un suo progetto dei consigli dei probiviri, riformulando un precedente tentativo fatto da una commissione parlamentare nel 1887, progetto che vedeva una forte opposizione da parte degli industriali, i quali lo

25 L. CASTELVETRI, il diritto del lavoro delle origini, GIUFFRÉ, Milano, 1994. 26 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

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ritenevano troppo sfavorevole nei loro confronti, il progetto originario prevedeva l’istituzione dei collegio dei probiviri, questi avevano lo scopo di appianare le divergenze che avevano portato allo sciopero, nel nome di un bene comune che era lo scopo finale dell’azienda, cioè la produzione del prodotto, l’opposizione degli industriali fece comunque in modo che la proposta che era stata fatta dalla

commissione non arrivasse neanche ad essere votata in parlamento27.

La proposta del governo venne invece presentata e successivamente

promulgata con la legge 25/189328, prevedeva anch’essa la

costituzione dei consigli dei probiviri, la proposta governativa cambiava rispetto a quella precedente per dei motivi in particolare, primo perché puntava più ad un’attività conciliativa e meno giurisdizionale, infatti l’attività giurisdizionale poteva essere effettuata solo dopo che era stato effettuato un tentativo di conciliazione, tentativo che doveva essere fatto obbligatoriamente, in secondo luogo la legge diminuiva i poteri dei consigli, indicando in

maniera esplicita i casi in cui esso poteva essere chiamato in causa29.

La legge 25/1893 prevedeva infatti che i collegi non dovevano essere formati sempre obbligatoriamente ma soltanto nel momento in cui le parti lo ritenevano opportuno, il valore delle controversie che potevano essere trattate dai consigli non poteva eccedere le 200 lire, ma soprattutto non poteva trattare per le controversie economiche collettive ma soltanto per le questioni sui concordati e orari di lavoro (contratti collettivi), solo nel momento in cui avessero comunque solo carattere personale.

27 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO.

28 Lg. n. 25/1983, legge istituzione e regolamentazione consiglio dei probiviri. 29 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

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Bisognerà aspettare il 1909 per avere un progetto che potesse riguardare anche le controversie collettive, il progetto comunque rimase tale ed anzi i collegi cominciarono a perdere efficacia fino ad

essere completamente smantellati con l’avvento del fascismo.3031

Nonostante l’impegno governativo non si riuscì comunque a porre un freno alla moltitudine di scioperi scatenati nel periodo liberale. L’apice di queste sommosse si ebbe nel 1904, sotto il governo Giolitti e dopo una lunga serie di tumulti che e di scioperi, l’Italia si rese protagonista del primo sciopero generale europeo dei lavoratori, la goccia che fece traboccare il vaso fu la repressione nel sangue da parte delle forze dell’ordine degli scioperi che si ebbero nel settembre del 1904 nei quali a causa degli spari sulla folla delle forze dell’ordine ci furono una grande quantità di feriti e di morti.

Il 15 settembre venne indetto dalla camera del lavoro lo sciopero generale, in breve tempo gran parte delle classi aderì allo sciopero, questo duro per una settimana e si concluse soltanto il 21 settembre e solo dopo che un gruppo parlamentare socialista prese l’impegno di formare un progetto di legge per vietare l’uso delle armi alle forze dell’ordine.

Questo sciopero viene ricordato, oltre per il fatto di essere il primo sciopero generale in Europa, anche perché il presidente del consiglio Giolitti non intervenne, lascio che questo scemasse da solo e approfittò dei disagi che vennero a crearsi per chiedere lo scioglimento delle

camere al re e la formazione di un nuovo governo.32

30 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO.

31 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO.

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All’indomani dello sciopero generale, l’associazionismo del periodo liberale continua con la formazione di nuove associazioni per la tutela dei lavoratori (CGIL) e del datore di lavoro (Confindustria).

Il periodo liberale, lo possiamo considerare come il periodo di massimo splendore per l’attività sindacale pre-costituzionale, periodo che comunque ha tempi brevi, visto che verrà poi quasi completamente smantellato dal regime fascista.

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19 2.3 Lo sciopero nel regime fascista

Già nella seconda decade del 900, il liberismo venne interrotto dall’avvento del regime fascista.

Il periodo fascista è caratterizzato dal fatto che, il pensiero liberista che aveva caratterizzato il periodo della fine del 800 lascia il posto ad

una forte repressione dell’attività di sciopero e della serrata33,

repressione che era anche dettato dall’idea economica fascista, che non concepiva la formazione di diverse associazioni di operai, ma prevedeva un accentramento della rappresentanza sindacale in un unico sindacato (sindacato unico fascista) che faceva capo allo stato e che lasciava allo stato stesso il compito di conciliare gli interessi

contrapposti di lavoratori e datori di lavoro.34

L’idea di repressione ebbe sfogo con le leggi fascistissime con queste si prevedeva una repressione dell’attività sindacale e di sciopero, sia per quanto riguarda l’ambito pubblico (che veniva considerato un delitto contro la pubblica amministrazione), sia nel ambito privato (considerato invece un delitto contro l’economia pubblica, l’industria

e il commercio).35

Il divieto era esplicitamente regolamentato dalla legge n. 563/1926

(integrato con il regolamento 1130/1926) al capo 3 (Art. 18 e ss)36,

chiamato proprio “della serrata e dello sciopero”, questo si occupava di regolamentare lo sciopero seguendo l’idea del codice sardo, quindi veniva considerato come un reato, sia per quanto riguarda lo sciopero

33 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO

34 Leggi d’Italia, Commentario Costituzione – Art. 40 a cura di Orlando Roselli,

Wolters Kluwer Italia Srl

35 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO

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in azienda privata (art.18) e sia per quanto riguarda quello in azienda pubblica (art.19, 20).

Per quanto riguarda lo sciopero inerente i rapporti fra privati l’articolo 18 non lascia spazio ad interpretazioni, infatti viene rubricato con “La serrata e lo sciopero sono vietati”. In questo articolo si vieta sia lo sciopero che la serrata, dicendo che se i lavoratori abbandonano il posto di lavoro o lo prestano in modo da turbare la continuità o la regolarità per ottenere diversi patti di lavoro dal loro datore di lavoro, questi possono essere puniti con una pena pecuniaria da 100 a 1000 lire se l’azione e attuata dal lavoratore, nel caso invece della serrata, quando il datore di lavoro impedisce ai lavoratori di compiere la propria attività con lo scopo di ottenere diversi patti di lavoro, questo può subire una pena pecuniaria da 1000 a 10000 lire. Nel caso in gli organizzatori siano più di uno questi vengono puniti con la reclusione

non inferiore ad un anno. 37

Invece si occupavano della regolamentazione dello sciopero nelle attività pubbliche gli articoli 19 e 20

L’articolo 19 tratta dello sciopero e della serrata per i soggetti che lavorano in campo pubblico, anche qui l’articolo fa riferimento a quei lavoratori che sospendono senza giustificato motivo l’attività lavorativa o che tentano di turbare la continuità del lavoro, in questo caso i soggetti sono puniti con pene differenti in base alla posizione

37 Lg. 3 Aprile1926 n. 563, art. 18. La serrata e lo sciopero sono vietati. i datori di lavoro, che senza giustificato motivo e al solo scopo di ottenere dai loro dipendenti modificazioni ai patti di lavoro vigenti, sospendono il lavoro nei loro stabilimenti, aziende od uffici, sono puniti con la multa da lire diecimila e centomila. gli impiegati ed operai, che in numero di tre o più, previo concerto, abbandonano il, lavoro, o lo prestano in modo da turbare la continuità o la regolarità, per ottenere diversi patti di lavoro dai loro principali, sono puniti con la multa da lire cento a mille. al procedimento si applicano le norme degli articoli 298 e seguenti del codice di procedura penale. quando gli autori dei reati preveduti nei precedenti comma siano più, i capi, promotori ed organizzatori sono puniti con la detenzione non inferiore ad un anno, né superiore a due, oltre la multa nei medesimi comma stabilita.

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che questi ricoprono, se sono dei semplici lavoratori che hanno aderito allo sciopero la pena può andare da uno a sei mesi di reclusione può essere accompagnata con l’interdizione dai pubblici uffici per sei mesi, per quanto riguarda i capi e le persone che hanno organizzato lo sciopero, questi possono essere puniti con la reclusione da sei mesi a due anni.

L’articolo 19 non si dimentica neanche di vietare lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, infatti al 4° comma punisce con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa di 5000 lire quei lavoratori che senza giustificato motivo sospendono il loro lavoro negli stabilimenti, aziende e uffici, se da questa sospensione ne deriva la messa in pericolo di un soggetto la pena non può essere inferiore ad un anno, mentre se la sospensione dell’attività lavorativa causa la morte di una persona in questo caso la pena non può essere inferiore a 3 anni.38

L’Articolo 20 insieme all’articolo 19 regolamenta lo sciopero dei soggetti che lavorano in campo pubblico e punisce con detenzione da sei mesi a un anno quei lavoratori e datori di lavoro che in caso di

38Lg. 3 Aprile1926 n. 563, art. 19. I dipendenti dallo stato e da altri enti pubblici e i dipendenti da imprese esercenti un servizio pubblico o di pubblica necessità che, in numero di tre o più, previo concerto, abbandonano il lavoro o lo prestano in modo da turbarne la continuità o la regolarità, sono puniti con la reclusione da uno a sei mesi, e con l'interdizione dai pubblici uffici per sei mesi. al procedimento si applicano le norme degli articoli 298 e seguenti codice procedure penale. i capi, promotori ed organizzatori sono puniti con la reclusione da sei mesi a due anni e con l'interdizione dai pubblici uffici non interiore a tre anni. gli esercenti imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità che sospendono, senza giustificato motivo, il lavoro nei loro stabilimenti, aziende od uffici, sono puniti con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da lire cinquemila, a centomila oltre la interdizione temporanea dai pubblici uffici. quando dal fatto preveduto nel presente articolo sia derivato pericolo per la incolumità delle persone, la pena restrittiva della libertà personale è della reclusione non inferiore ad un anno. ove dal fatto sia derivata la morte di una o più persone, la pena restrittiva della libertà personale è della reclusione non inferiore a tre anni.

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sciopero o serrate omettano di fare tutto quello che è in loro potere per

fermare l’azione e fare continuare regolarmente l’attività lavorativa.39

Peculiarità di queste leggi a cui non possiamo non far riferimento è data dal articolo 21, in questo articolo il legislatore si preoccupa di vietare tutte quelle attività di sciopero che non erano effettuate per scopi contrattuali, ma erano organizzate con lo scopo specifico di influenzare o di coartare le decisioni di un corpo di stato o anche semplicemente quelli di una regione o di un comune. In questo caso si prevedeva la pena della reclusione da 1 a 3 anni e l’interdizione dai pubblici uffici.40

In questo periodo vediamo quindi che per la prima volta lo sciopero non viene considerato solo come un’attività atta a modificare i rapporti contrattuali e quindi strettamente legata al contratto di lavoro, si ritiene anche possibile uno sciopero con finalità politiche atto appunto a modificare le idee delle autorità statali.

Però come abbiamo già detto durante il periodo fascista si punta a reprimere le attività di sciopero e non ad agevolarle, lo sciopero politico non fa eccezione e quindi anche questo come gli altri viene visto come reato.

Tutte le decisioni inerenti lo sciopero sono prese dalla magistratura di sorveglianza e di lavoro, questa viene affidato oltre al potere giudicante sulle attività di sciopero, il controllo di tutte le decisioni inerenti i rapporti collettivi di lavoro, ha anche il potere di emettere

39 Lg. 3 Aprile1926 n. 563, art. 20. I dipendenti dallo stato e da altri enti pubblici,

gli esercenti di servizi pubblici o di pubblica necessità e i dipendenti di questi che, in occasione di scioperi o di serrate omettano di fare tutto quanto è in loro potere per ottenere la regolare continuazione o la ripresa di un servizio pubblico o di pubblica necessità, sono puniti con la detenzione da uno a sei mesi.

40Lg. 3 Aprile1926 n. 563, art. 20. I dipendenti dallo stato e da altri enti pubblici,

gli esercenti di servizi pubblici o di pubblica necessità e i dipendenti di questi che, in occasione di scioperi o di serrate omettano di fare tutto quanto è in loro potere per ottenere la regolare continuazione o la ripresa di un servizio pubblico o di pubblica necessità, sono puniti con la detenzione da uno a sei mesi.

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disposizioni in materia di sciopero, disposizioni alla quali l’azienda si deve adeguare, il mancato adeguamento a queste disposizioni porta

anche questo a delle sanzioni41.

Il 19 ottobre 1930 si ebbe la promulgazione di un nuovo codice penale, il codice Rocco, realizzato sotto la direttiva tecnica di Mazzini, alla pubblicazione, avvenuta rgl.19 ottobre 1930 n.1939, questo recava in calce le firme del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, del capo del governo Benito Mussolini e del ministro di grazia e giustizia Alfredo Rocco, da cui il codice prende il nome, il codice Rocco fece proprio la maggior parte delle disposizioni che erano dentro le leggi fascistissime e le traspose in codice, comprese quelle inerenti lo sciopero.

In questo codice lo sciopero è regolamentato nel libro II al titolo VIII (Dei delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio) dall’articolo 502 al 50842.

Sulla falsariga delle leggi fascistissime il codice Rocco tende a vietare qualsiasi forma di sciopero senza tenere conto di quali fossero le sue finalità, infatti vieta lo sciopero con finalità contrattuali, extracontrattuali e di solidarietà.

Inoltre all’interno degli articoli 33043 e 33344 si vieta lo sciopero nell’ambito del lavoro pubblico introducendo, i reati di interruzione di servizio pubblico o di pubblica necessità (art.330) e abbandono

41MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO.

42Articolo 502 c.p. Rocco – Serrata e sciopero per fini contrattuali.

Articolo 503 c.p. Rocco – Serrata e sciopero per fini non contrattuali. Articolo 504 c.p. Rocco – Coazione alla pubblica autorità mediante serrata o sciopero.

Articolo 505 c.p. Rocco – Serrata e sciopero a causa di solidarietà o protesta. Articolo 506 c.p. Rocco – Serrata di esercenti di piccole industrie o commerci. Articolo 507 c.p. Rocco – Boicottaggio.

Articolo 508 c.p. Rocco - Arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali Sabotaggio.

43 Articolo 330 c.p. Rocco – Abbandono collettivo di pubblici uffici, impieghi,

servizi o lavori.

44 Articolo 333 c.p. Rocco – Abbandono individuale di pubblici uffici, impieghi,

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24

individuale di un pubblico servizio, ufficio o lavoro, questi due reati vennero considerati come reati contro la pubblica amministrazione. Il codice Rocco ebbe validità per tutta la durata del regime fascista e fino a dopo il secondo conflitto mondiale.

Al termine del secondo conflitto mondiale si ebbe la soppressione di tutto il sistema fascista, compreso quello sindacale con rgl.9 agosto 1943, questo decreto non si estese alle norme incriminatrici presenti dello sciopero, lasciando dopo l’entrata in vigore della costituzione, il compito alla corte costituzionale di decidere sulla validità delle norme, questa aveva il compito di analizzare caso per caso la compatibilità delle disposizioni dello sciopero pre-costituzionale con quelle post costituzionali che prevedevano lo sciopero come diritto.

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25 3. Lo sciopero in costituzione

Ogni volta che si ha la trasformazione di una forma di stato i giuslavoristi si interrogano sulla efficienza della disciplina che aveva caratterizzato il periodo del passato, con il regime fascista le cose non

andarono diversamente45.

Con la caduta del regime fascista si reputo necessario un cambiamento di rotta inerente l’ordinamento nazionale, si assistette quindi ad uno smantellamento di tutte le norme che avevano caratterizzato il fascismo abrogato con il r.dl. 9 agosto 1943 n.721, convertito poi nella

lg. 5 maggio 1949 n. 17846, soltanto una parte dell’ordinamento rimase

pressoché invariato, questo fu il codice penale (codice Rocco) e con

esso tutte le norme che riguardavano lo sciopero. 47

Nel 1948 si ebbe la promulgazione della costituzione italiana, che si occupa di regolamentare i fondamenti dell’ordinamento italiano.

Lo sciopero viene regolamentato all’interno dell’art. 4048,

accompagnato dalla libertà dell’associazionismo sindacale (art 39)49.

45Leggi d’Italia, Commentario Costituzione – Art. 40 a cura di Orlando Roselli, Wolters Kluwer italia Srl.

46 Lg n. 178/1949 Soppressione degli organi corporativi centrali, del Comitato

interministeriale di coordinamento prezzi e del Comitato interministeriale per l'autarchia.

47 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO.

48 Articolo 40 Cost. – Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo

regolano.

49 Articolo 39 Cost. - L'organizzazione sindacale è libera.

Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione

presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E` condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un

ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati

unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

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26

Nell’articolo 40 la costituzione definisce lo sciopero come un diritto, che viene riconosciuto a tutti i lavoratori, l’articolo continua affidando alla legge ordinaria la regolamentazione nello specifico della materia. I padri costituenti, redigendo l’articolo 40, hanno voluto eleggere lo sciopero a diritto, hanno anche lasciato al legislatore orinario il compito di regolamentare lo sciopero per quanto attiene gli elementi

particolari (procedura, proclamazione, finalità, ecc.),50 confidando, in

cuor loro, in un intervento tempestivo da parte del legislatore, inutile dire che non fu cosi e che i tentativi furono pochi e senza riscontro positivo, il primo tentativo si è avuto il 4 dicembre 1951, quando alla camera dei deputati fu presentato un progetto di legge per la disciplina giuridica dei rapporti di lavoro (progetto Rubinacci), in questo progetto gli articoli 26 e 27 regolavano le controversie di lavoro e sciopero, il progetto non fu neanche discusso e decadde nel 1953, altro tentativo poi si ebbe per la specifica questione dello sciopero dei dipendenti pubblici, progetto di legge delega presentato il 4 dicembre del 1953 dal governo Pella, questo proponeva l’emanazione di un nuovo statuto degli impiegati civili dello stato.

Il governo chiedeva al parlamento di confermare l’illeceità dello sciopero per gli impiegati dello stato (art. 181 c.p. Zanardelli), il

parlamento ha preferito stralciare questa materia della legge delega.51

Il primo tentativo del legislatore ordinario che ebbe effettiva

concretezza fu la legge 146/199052, legge che puntava a regolare lo

sciopero nei servizi pubblici essenziali

Con una redazione di questo tipo, i padri costituenti, fecero in modo che lo sciopero diventasse una materia duttile, che si potesse adeguare

50 Leggi d’Italia, Commentario Costituzione – Art. 40 a cura di Orlando Roselli,

Wolters Kluwer italia Srl.

51 LUIGI MENGONI, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, 1961. 52 Lg. n.146/1990 Norme sull’esercizio dello sciopero nei servizi pubblici

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allo sviluppo dell’ordinamento e allo sviluppo della società, che inevitabilmente avrebbe intaccato l’ordinamento.

Nonostante tutto, redigendo in questa maniera l’articolo 40 hanno lasciato la porta aperta a molteplici interpretazioni dottrinali sul significato e sul organizzazione dell’articolo stesso, c’è chi infatti

interpretava l’art. 40 come una “norma ad applicazione differita”53 in

attesa che venisse organizzata dalle norme ordinarie, chi valutava l’art. 40 come una norma divisa in due parti, una prima che regolamentava il diritto di sciopero e una seconda che invece fa riferimento alle leggi ordinarie e saranno loro a far nascere effettivamente il diritto

ordinario54, altre ancora interpretavano invece il diritto di sciopero non

come un diritto ma come un “non divieto allo sciopero”55 delineando

lo sciopero allo stesso livello di un illecito civile.

Già Calamandrei aveva messo a tacere le voci dicendo che “le leggi regolatrici potranno venire a delineare l’ambito del suo esercizio, ma, fino a che i limiti di questo ambito non sono segnati, la mancanza di queste leggi limitatrici vuol dire soltanto che i limiti non ci sono, e che quindi il diritto può esercitarsi senza limiti per tutti i rapporti di lavoro

e per tutte le categorie di lavoratori”56, Calamandrei affidava

completamente alla legge ordinaria la delineazione dei limiti al diritto di sciopero, senza le quali non si avrebbero limiti all’applicazione del diritto. 57

Il contrasto fra le interpretazioni dei giuristi non si ha soltanto a livello letterale, si viene a creare un contrasto anche su come deve essere

53 SICA E., il “diritto di sciopero” nell’ordinamento costituzionale italiano p.150,

1950.

54 SIMI V., il diritto di sciopero, 1956, GIUFFRÈ, Milano

55 SERMONTI A. sul “diritto” di sciopero e di serrata. Prospettive di legislazione

italiana p. 138, 1948

56 CALAMANDREI P. Significato costituzionale del diritto di sciopero, in RGL

p.240, 1952

57 MASSIMO D’ANTONA, Letture di diritto sindacale, JOVENE EDITORE,

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effettivamente interpretato il diritto di sciopero. I giuristi in questo caso cercano di dare un’interpretazione del diritto di sciopero e cercano di identificare la tipologia di sciopero che esso rappresenta basandosi sulla loro esperienza giuridica e sul periodo in cui questi espongono la propria teoria.

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29 3.1 Lo Sciopero come diritto potestativo

La teoria del diritto di sciopero come diritto potestativo, vede il suo più grande sostenitore in Francesco Santoro-Passerelli.

Francesco Santoro-Passerelli, vede nell’art.40 un diritto soggettivo, quest’interpretazione è perfettamente calzante con l’idea che la costruzione del art. 40 sia atta a rendere lecito lo sciopero anche dal punto di vista civile, quindi contrattualmente lecita l’astensione dal rapporto di lavoro, seguendo questa teoria non si può fare a meno di notare che il diritto soggettivo portato avanti dal lavoratore, vede come

unico destinatario e l’antagonista il datore di lavoro.58

Francesco Santoro-Passerelli parlando dello sciopero afferma che “è un diritto potestativo perché è in potere del titolare di modificare con la sua volontà e col semplice esercizio del diritto una situazione di cui è parte un altro soggetto, con effetto rispetto a quest’ultimo, che

soggiace alle conseguenze dell’applicazione del diritto di sciopero”.59

La potestatività del diritto di sciopero viene manifestata dal fatto che nell’attuazione della sospensione del rapporto di lavoro il datore di lavoro, che in questo caso rappresenta la controparte non risulta avere voce in capito, esso si deve limitare semplicemente a subire l’attività sindacale senza che ad esso venga richiesta la collaborazione della controparte o un obbligo di comportamento, si trova quindi nella tipica fase di soggezione.

La definizione che veniva data di sciopero come diritto potestativo, prevede un’interpretazione ristretta del diritto di sciopero, perché si limitava ad interpretarlo come un diritto soggettivo e concepiva lo

58 GUIDO ZANGARI, Il diritto di sciopero, GIUFFRÈ, Milano, 1976. 59 SANTORO – PASSERELLI F. (1949), Autonomia collettiva, giurisdizione,

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30

sciopero con una mera finalità contrattuale, perché permetteva l’applicazione del art. 40 soltanto per quei soggetti che erano titolari di un contratto e quindi di un rapporto di lavoro o di qualcosa

strettamente equiparato.60

Alla luce di tutto questo, seguendo la teoria potestativa si ha la tendenza ad escludere, sia dal punto di vista giurisprudenziale e sia dal punto di vista dottrinale, dalla tutela del diritto di sciopero soggetti che non sono sotto contratto o che non si avvicinano a questo status e si escludono anche quelle forme di lotta che non hanno come fine o come causa scatenante quello di scagliarsi contro il soggetto passivo del rapporto di lavoro, come ad esempio lo sciopero politico o di solidarietà.61

La teoria dello sciopero come diritto potestativo, è una teoria fortemente civilista, come civilista era il suo propositore, infatti Santoro-Passerelli pone come prevalente il problema degli effetti dell’esercizio del diritto di sciopero, sul contratto individuale di lavoro, in particolare da una grande attenzione ai temi della stabilità del posto di lavoro e sulla retribuzione, mentre lascia in disparte il tema riguardante l’inquadramento dello sciopero tra i diritti fondamentali o tra i diritti pubblici soggettivi, come a voler far pensare che il problema contrattuale rappresenta quello principale e che una volta risolto questo tutti gli altri si risolveranno in maniera conseguenziale, anche quello della situazione giuridica soggettiva dei titolari del diritto nei confronti dello stato. 62

60 MARIO RUSCIANO, Il lascito culturale di Francesco Santoro-Passerelli, Il

Mulino, 2009

61 MASSIMO D’ANTONA, Letture di diritto sindacale, JOVENE EDITORE,

1990

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31

3.2 La critica alle teorie del diritto potestativo

Negli anni sessanta si vengono a formare delle riletture dell’interpretazione dello sciopero come diritto potestativo.

Si sviluppano in quegli anni delle tesi liberali di stampo prevalentemente pubblicistico, che si contrapponevano alla teoria precedente di stampo privatistico.

Le teorie e i giuristi che presentano le teorie sono molteplici, il giurista

Simi, parla di uno sciopero come un “diritto di uguaglianza sociale”63,

perché è un’attività che punta ad appianare le posizioni fra il lavoratore (contraente più debole e quello più forte il datore di lavoro), altri lo definiscono come un diritto della personalità, perché a differenza di altri che puntano alla tutela patrimoniale questo invece punta a favorire

un benessere personale.64

Le principali teorie critiche di cui dobbiamo tenere conto sono due, la prima teorizza il diritto di sciopero come un diritto assoluto soggettivo, la seconda invece parla del diritto di sciopero come una libertà,

rispettivamente sostenute da Luigi Mengoni e Giuseppe Suppiej. 65

63 SIMI V., Il diritto di sciopero, 1956, GIUFFRÈ, Milano

64 MASSIMO D’ANTONA, Letture di diritto sindacale, JOVENE EDITORE,

1990

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32 3.2.1 Lo sciopero come diritto assoluto

Per quanto riguarda la prima teoria vede in Luigi Mengoni il suo più grande sostenitore.

Emblematico fu il percorso fatto da Mengoni, infatti, prima di sostenere la teoria del diritto assoluto soggettivo, era un grande sostenitore della teoria tradizionalista della legittimità dello sciopero con una mera finalità contrattuale e che lo vedeva come un diritto potestativo, successivamente cambia la sua opinione e considera il diritto di sciopero come un diritto assoluto della persona essendo coinvolta una persona che dando vita allo sciopero, si pone come obbiettivo lo sviluppo e la diminuzione della disuguaglianza sociale in cui versano.66

Mengoni sostenendo la teoria del diritto potestativo si poneva l’obbiettivo di allargare la tutela del diritto di sciopero anche a quelle forme che esulavano dalla finalità contrattuale e che non venivano prese in considerazione dalla teoria potestativa, un’interpretazione del diritto di sciopero come diritto assoluto permette di emancipare questo dal rapporto contrattuale e quindi allarga l’applicazione dell’art 40 anche a finalità di sciopero che non sono strettamente legate al rapporto di lavoro e che non vedono obbligatoriamente la figura del datore di lavoro come soggetto passivo o comunque nemico del lavoratore (es. sciopero si solidarietà o politico) rimanendo comunque fermo il punto che l’esistenza del contratto rimane una condizione

fondamentale per l’applicazione del diritto di sciopero.67

Il Mengoni afferma che “se il diritto di sciopero è un diritto potestativo del lavoratore, inserito nel rapporto col datore di lavoro, consegue che

66 MASSIMO D’ANTONA, Letture di diritto sindacale, JOVENE EDITORE,

1990

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33

il medesimo non può essere esercitato se non in funzione di una pretesa contro il datore di lavoro, e non anche per appoggiare rivendicazioni non attinenti al regolamento contrattuale del rapporto e il cui accoglimento non può essere deciso dal datore.

Se invece si abbandona l’idea del diritto potestativo e si riconosce che il diritto di sciopero è un diritto assoluto della persona, condizionato si all’esistenza di un contratto di lavoro, ma di per se estraneo al rapporto giuridico col datore di lavoro, allora quella conseguenza cade e si apre la via ad una visione più amplia dello sciopero economico-professionale, meglio adeguata all’evoluzione della valutazione sociale dello sciopero”68.

Dobbiamo comunque dire che la ricostruzione di Mengoni presenta alcune lacune, soprattutto per delle incompatibilità fra diritto di sciopero e diritto assoluto soggettivo, in primo luogo per il fatto che il diritto assoluto soggettivo dovrebbe avere valenza erga omnes, caratteristica che il diritto di sciopero non presenta visto che è ancora strettamente legato all’esistenza del contratto, come esplicitamente indicato dallo stesso Mengoni che definisce la presenza di un contratto come condizione fondamentale affinché si possa usufruire del diritto di sciopero e in secondo luogo, perché il diritto di sciopero risulta poco compatibile la caratteristica dell’individualità, considerato che non può essere indetto da una singola persona, ma deve essere organizzato e indetto da associazioni sindacali che rappresentano il singolo lavoratore. 69

68 MENGONI L. (1961) sciopero serrata nel diritto italiano, in G. Boldt, P.

durand, P. Horion, A Kayser, L. Mengoni, A.N. Molenaar (a cura di) sciopero e serrata, GIUFFRÈ, Milano

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34 3.2.2 Lo sciopero come libertà

La seconda teoria che si contrappone e tenta una revisione della teoria del diritto potestativo è quella sostenuta da Giuseppe Suppiej, questo interpreta lo sciopero come una libertà del soggetto nei confronti dello stato e faceva rientrare il diritto di sciopero fra quei diritti che una volta che venivano fatti valere dal soggetto, non potevano essere oggetto di

sanzione penale, come i diritti sulla personalità70, veniva quindi

ritenuta errata una valutazione dello sciopero come un diritto da far

valere esclusivamente nei confronti del datore di lavoro.71

Particolarmente spinosa si presenta la parte della teoria inerente la sospensione dell’attività lavorativa per la partecipazione all’azione sciopero.

Sotto questo punto di vista Suppiej teorizza due gruppi di scioperi, il primo, più grande, riguarda quella tipologia di sciopero che anche se valutato come libertà porta a conseguenze civilistiche, causate dal fatto che viene attribuito il compito di indire lo sciopero ai singoli lavoratori, il fatto che i singoli lavoratori non esercitino l’attività lavorativa porta ad una violazione dell’obbligazione che nasce con la stipula del contratto di lavoro.

Dall’altro lato troviamo invece un secondo gruppo, più ristretto, di scioperi che invece possono essere definiti leciti per il fatto che questi scioperi hanno lo scopo di tutelare un interesse della collettività, interesse definito come superiore rispetto a quello del singolo

(economico-professionale).72

70 GUIDO ZANGARI, Il diritto di sciopero, GIUFFRÈ, Milano, 1976. 71 GISEPPE PERA, Serrata e diritto di sciopero, GIUFFRÈ EDITORE, 1969. 72 MASSIMO D’ANTONA, Letture di diritto sindacale, JOVENE EDITORE,

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35

Come indicato dallo stesso Suppiej, quando si afferma l’esistenza di un potere dei lavoratori di indire uno sciopero e di sospendere dei contratti individuali, si concede a questi soggetti un diritto potestativo, si permette infatti di interrompere un’attività lavorativa in nome di un diritto che non è esclusivamente suo, anche se lui fa effettivamente parte di questa collettività.73

Secondo questa teoria, se è inconcepibile che possa costituire esercizio di un diritto nei confronti del datore di lavoro il ricorso allo sciopero quando l’astensione avviene per una pretesa che non è deducibile nei confronti del rapporto contrattuale, come si verifica nello sciopero di solidarietà e in quello politico, anche queste forme dovrebbero rientrare nella garanzia libertà ritenuta nei confronti dello stato che non potrebbe nemmeno incriminarle penalmente.

In sostanza secondo Suppiej coesisterebbero nel nostro ordinamento una sfera più vasta di sciopero-libertà e una sfera più ristretta in cui opererebbe la potestà di sciopero, come la potestà di astensione dal lavoro per un interesse economico-professionale.

Per lo sciopero-libertà sarebbero configurabili solo limiti esterni derivanti o dalla stessa nozione di sciopero o dalla necessità di tutelare

interessi preminenti come quelli attinenti alla sicurezza pubblica.74

Invece, la potestà di sciopero avrebbe, per sua natura anche limiti interni o di funzione, soprattutto attinente al carattere economico-professionale della pretesa nei confronti del datore di lavoro.

Suppiej tentava di qualificare la fattispecie del diritto di sciopero secondo uno schema che superasse la prospettiva civilista del diritto potestativo o comunque del diritto soggettivo privato, propendendo

73 SUPPIEJ G. (1965) Diritto di sciopero e potestà di sciopero nel sistema della

costituzione, in RDL.

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36

verso un sciopero che tutelasse l’interesse della la collettività,75

cercando di far rientrare nel diritto di sciopero anche gli scioperi con finalità differenti da quelle contrattuali.

Questo punto della teoria viene fortemente criticato da molti giuristi, essi ritengono che in materia di sciopero la collettività degli scioperanti è proiezione del singolo individuo, quindi l’interesse della collettività rappresenta anche l’interesse del singolo, sostenere quindi che la volontà della collettività possa in qualche modo portare alla variazione degli interessi del soggetto singolo, significa aver male interpretato il significato di diritto potestativo76.

Infatti come detto precedentemente l’elevazione dello sciopero a diritto aveva la finalità di portare un beneficio a tutti i lavoratori, fornendo loro un mezzo che potesse ridurre il divario fra le parti e portare un’equità di valore nei ruoli nella redazione dei patti di lavoro, evitando ai lavoratori di subire conseguenze negative conseguenziali alla partecipazione allo sciopero.

Si volle quindi lo sciopero come un diritto a fini sociali, diritto che altrimenti, alla stregua del diritto comune delle obbligazioni avrebbe dovuto qualificarsi come un inadempimento delle obbligazioni contrattuali. 77

Altre critiche vengono infine mosse nei confronti dell’interpretazione di diritto di sciopero come un diritto nei confronti dello stato, infatti l’art.40 non ha mai vietato l’attuazione del diritto di sciopero nei confronti di privati, anzi, eleggendo lo sciopero a diritto i padri costituenti volevano proprio portare una sorta di uguaglianza in modo

75 MASSIMO D’ANTONA, Letture di diritto sindacale, JOVENE EDITORE,

1990

76 ZANGARI G. (1968), Contributo alla teoria del diritto di sciopero, in

ZANGARI (1976)

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37

tale da far valere il diritto di sciopero indifferentemente nei confronti di organi statuari o di soggetti privati.78

Suppiej risponde alle critiche che gli vengono mosse, sottolineando come queste siano molto superficiali, non riuscendo a scavare all’interno della sua teoria, limitandosi molto spesso ad una mera

interpretazione letterale.79

Ultimata l’analisi dei due principali tentativi di critica alla teoria del diritto potestativo che abbiamo analizzato, possiamo dire che nessuno delle due porta una teoria convincente, il primo tentativo (fatto da Mengoni) si risolve con una debole critica alla teoria del diritto potestativo, mentre il secondo (teorizzato da Suppiej), finisce per riportare una pallida riproduzione, con una differente visione

metodologica, i termini essenziali della teoria potestativa.80

Per concludere il nostro viaggio storico dobbiamo comunque sottolineare che sarà l’intervento degli organi costituzionali con le sentenze inerenti le modifiche del codice penale, appoggiato poi anche dalle teorie di alcuni giuristi, a segnare un definitivo ampliamento di quelle che sono le finalità del diritto di sciopero, portandolo ad essere un diritto non soltanto legato al rapporto di lavoro (finalità contrattuale) ma allargando le sue finalità anche ad argomenti politici economici e sociali, tanto da farlo diventare una sorta di arma in mano alle associazioni sindacali per diffondere il pensiero e influenzare l’andamento politico, economico e sociale.

78 GUIDO ZANGARI, Il diritto di sciopero, GIUFFRÈ, MILANO, 1976

79 SUPPIEJ G. (1989), Trent’anni di giurisprudenza costituzionale sullo sciopero e

sulla serrata

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38 CAPITOLO 2

LA FINALITA’ CONTRATTUALE DELLO SCIOPERO (Art 502 c.p.)

SEZIONE I: LO SCIOPERO ECONOMICO-CONTRATTUALE

1. Lo sciopero con finalità contrattuali precostituzionale

Redigendo l’art 40 i padri costituenti non hanno soltanto eletto lo sciopero a diritto, hanno anche lasciato alla legge il compito di

regolamentare e di limitare il diritto di sciopero.81

Argomento particolarmente spinoso era quello inerente ai limiti dell’attività di sciopero, per cercare di colmare questa lacuna si ebbero una serie di teorie82 da parte dei giuristi la teoria predominante fu quella di Calamandrei, secondo la quale, i limiti del diritto allo sciopero dovevano essere predisposti da norme regolatrici emanate da organi competenti, in mancanza di queste, il diritto di sciopero può essere esercitato senza limiti e da parte di tutte le categorie di lavoratori83.

81 LUIGI MENGONI, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, 1961

82 Questa tesi, Capitolo 1, par. 3, pag. 22: “c’è chi infatti interpretava l’art. 40 come

una “norma ad applicazione differita” in attesa che venisse organizzata dalle norme ordinarie, chi valutava l’art. 40 come una norma divisa in due parti, una prima che regolamentava il diritto di sciopero e una seconda che invece fa riferimento alle leggi ordinarie e saranno loro a far nascere effettivamente il diritto ordinario, altre ancora interpretavano invece il diritto di sciopero non come un diritto ma come un “non divieto allo sciopero” delineando lo sciopero allo stesso livello di un illecito civile”.

83 CALAMANDREI P. (1952) Significato costituzionale del diritto di sciopero, in

RGL p.240 “le leggi regolatrici potranno venire a delineare l’ambito del suo esercizio, ma, fino a che i limiti di questo ambito non sono segnati, la mancanza di queste leggi limitatrici vuol dire soltanto che i limiti non ci sono, e che quindi il

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39

L’attività maggiore di regolamentazione è fatta dalla corte costituzionale, questa attraverso le sentenze, si è occupata di regolamentare la materia dello sciopero, adeguando le norme del vecchio ordinamento (codice Rocco) nel migliore dei modi a quello

nuovo costituzionale84.

Queste normative hanno poi spianato la strada ai successivi interventi del legislatore ordinario, e alla corte di cassazione che sono intervenuti

rispettivamente con la legge 146/199085 e con la sentenza

n.711/198086.

L’attività più importante della corte costituzionale si è avuta nella seconda metà del 900.

La sentenza che dà il via alle modifiche della materia è la sentenza

n.29/196087, con questa la corte costituzionale rendeva

incostituzionale l’art 502 del codice penale, rubricato “Serrata e sciopero per fini contrattuali”, questo prevedeva delle sanzioni pecuniarie per i datori di lavoro e i lavoratori che con lo scopo di modificare o sospendere i patti stipulati in origine, sospendevano l’attività lavorativa, cosi da turbare la continuità e la regolarità dell’attività lavorativa.88

diritto può esercitarsi senza limiti per tutti i rapporti di lavoro e per tutte le categorie di lavoratori”.

84 MARIA VITTORIA BALLESTRERO, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE- TORINO

85 Lg. n.146/1990 Norme sull’esercizio dello sciopero nei servizi pubblici

essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati

86 Sezione lavoro; sentenza 30 gennaio 1980, n. 711; Pres. Tresca, Est. O. Fanelli,

P.M. Grimaldi (concl. conf.); Soc. Happening Mode (Avv. Tommasini, Cartella) c. Garbelli e altri.

88 502 c.p. Serrata e sciopero per fini contrattuali, Il datore di lavoro, che, col solo

scopo d'imporre ai suoi dipendenti modificazioni ai patti stabiliti, o di opporsi a modificazioni di tali patti, ovvero di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sospende in tutto o in parte il lavoro nei suoi stabilimenti, aziende o uffici, è punito con la multa non inferiore a lire due milioni.

I lavoratori addetti a stabilimenti, aziende o uffici, che, in numero di tre o più abbandonano collettivamente il lavoro, ovvero lo prestano in modo da turbarne la continuità o la regolarità, col solo scopo di imporre ai datori di lavoro patti diversi

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Gli scioperi con finalità contrattuali, sono quindi quegli scioperi che prevedono una manifestazione a fine contrattuale, con la quale si voleva mettere pressione al datore di lavoro con lo scopo di far modificare una clausola del contratto in modo tale da poter ottenere un migliore trattamento economico o normativo rispetto a quello concordato in origine, in questo tipo di sciopero era solo il datore di lavoro che poteva porre fine alle manifestazioni di sciopero, mostrando la sua disponibilità al raggiungimento di un accordo con i manifestanti, un esempio di sciopero contrattuale e quello che viene indetto con lo scopo di stipulare, modificare o rinnovare il contratto collettivo89.

Come si è visto in precedenza, lo sciopero con finalità contrattuali era l’unico sciopero che veniva concepito nel periodo liberale dal codice Zanardelli (1889), a condizione comunque che questo non fosse caratterizzato da violenza o minaccia, nei confronti del datore di lavoro, tolleranza data dal pensiero liberale che si aveva in quel periodo.90

La stessa tipologia di sciopero venne poi resa illecita nel periodo fascista, con l’art.502 del codice Rocco (articolo che verrà poi abrogato dalla sentenza della corte costituzionale), che riportava le

disposizioni date dalle leggi fascistissime91, posizione dovuta anche

questa al pensiero repressivo che caratterizzava il periodo corporativo.92

da quelli stabiliti, ovvero di opporsi a modificazioni di tali patti o, comunque, di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sono puniti con la multa fino a lire duecentomila.

89 GIUSEPPE SANTORO PASSERELLI, Diritto dei Lavori, diritto sindacale e

rapporti di lavoro, GIAPPICHELLI EDITORE, TORINO

90 ORONZO MAZZOTTA, Diritto Sindacale, G. GIAPPICHELLI

EDITORE-TORINO

91 Lg. 3 Aprile1926 n. 563, Disciplina Giuridica dei rapporti collettivi del lavoro. 92 LUIGI MENGONI, Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, 1961

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2. Lo sciopero con finalità contrattuali in costituzione

Con l’avvento della costituzione si ebbe l’elevazione dello sciopero a diritto, questo puntava a chiudere definitivamente con il periodo corporativo fascista, dando una maggiore tutela ai lavoratori che veniva definita come parte debole, nel rapporto fra datore di lavoro e lavoratore, si permetteva loro di astenersi e sospendere l’attività lavorativa senza che questi incorressero in sanzioni penali o civili, anche il datore di lavoro davanti all’astensione dei lavoratori non potevano opporsi, a meno che i lavoratori non si comportavano in

maniera antisindacale. 93

Un elemento che fu tenuto fuori dalla normativa costituzionale fu la serrata, questa rappresentava l’azione sindacale dei datori di lavoro rispondeva ai tumulti o alle manifestazioni che venivano messe in essere dai lavoratori, che consisteva nella chiusura dell’azienda senza permettere ai lavoratori di compiere la loro attività lavorativa.

La mancata regolamentazione della serrata fu oggetto di animata discussione fra i vari giuristi proprio perché non essendo tutelata dalla costituzione come lo sciopero, questa poteva tranquillamente considerarsi ancora regolata dagli articoli del codice penale, poteva quindi considerarsi ancora come un reato.

Facendo sì che si venisse a creare una grande disuguaglianza tra datore di lavoro e lavoratore, perché uno vedeva tutelata la possibilità di compiere l’azione sindacale direttamente dalla costituzione, mentre l’altro non aveva neanche la concessione di una libertà di compiere l’azione sindacale che lo riguardava, vedendola ancora regolamentata come un reato.

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