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MULTICANALITA' E COMPORTAMENTO DEL CONSUMATORE

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Facoltà di Economia

CdL Magistrale in Marketing e Ricerche di Mercato

Tesi di laurea

Candidato

Mattia Latessa

Relatore

Prof. Daniele Dalli

Multicanalità e Comportamento del Consumatore

I Consumatori verso i Consumatori

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. ABSTRACT

Le pagine di questo lavoro si sviluppano seguendo una architettura che ruota attorno a quattro macrocapitoli che racchiudono al loro interno i concetti fondamentali ed i significati che in questa sede si intende fissare.

L’obiettivo è quello di fotografare un fenomeno di mercato - la multicanalità - andando a mettere a fuoco nel dettaglio le conseguenze per il consumatore, espresse in termini di dinamiche comportamentali, che a tale fenomeno sono riconducibili.

Il capitolo primo rappresenta la premessa fondamentale attraverso la quale si vuole contestualizzare il fenomeno in questione, andando ad analizzare quel cambiamento - prima di tutto sociale, ma poi anche economico e di mercato - che di fatto lo ha partorito e che porta il nome di rivoluzione digitale.

Il secondo capitolo, di carattere puramente teorico, prende in rassegna gli articoli accademici che vanno a comporre la letteratura sull’argomento con l’obiettivo di dedurre movimenti, consuetudini, scelte, priorità e - in definitiva - regole di orientamento generale in grado di descrivere il comportamento del consumatore in ambiente multicanale.

Il nuovo mondo iperconnesso, la rivoluzione digitale, la struttura multicanale assunta dai mercati aprono nuove prospettive agli individui, i quali, nel percorso che li conduce alla soddisfazione dei propri bisogni, vedono sorgere nuove possibilità affidate alle cosiddette interazioni peer to peer. Nel terzo capitolo verranno esaminati, sia dal punto di vista empirico che teorico, i meccanismi che portano i consumatori a rivolgersi ai propri pari all’interno del processo di acquisizione di un dato bene o servizio. Il capitolo quarto - di natura prettamente empirica - vuole consolidare gli argomenti e gli spunti teorici che sono emersi nel presente lavoro attraverso l’attenta analisi di tre interviste in profondità somministrate a tre consumatori che vivono il fenomeno del consumo condizionati dalle possibilità generate dalla multicanalità.

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INDICE

. CAP. I

IL PANORAMA DEL MERCATO DIGITALE

1.1 .Universo digitale 7

1.2 .E-commerce: situazione mondiale, europea ed italiana 10

1.3 .Il decollo del mobile 13

1.4 .L’advertising virtuale 14

. CAP II

L’AGIRE MULTICANALE

2.1 .I paradigmi della multicanalità 18

2.2 .Fisico VS virtuale 20

2.3 .Il fenomeno del research shopper

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2.4 .La migrazione di canale 29

2.5 .Multicanalità e l’evoluzione del processo d’acquisto 33

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. CAP III

I CONSUMATORI VERSO I CONSUMATORI

3.1 .Multicanalità:

una opportunità per interazioni tra pari 45

3.2 .Evoluzione del ruolo del consumatore 46

3.3 .L’offerta dei consumatori 49

3.4 .Il continuum dell’acquisizione 53

3.5 .Analisi delle piattaforme peer to peer 61

. CAP IV

ANALISI EMPIRICA

4.1 .Introduzione 80

4.2 .Fisico e virtuale, showrooming e webrooming 81

4.3 .Analisi del customer journey 88

4.4 .La rincorsa alle recensioni 93

. CONCLUSIONI 97

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. CAP I

IL PANORAMA DEL MERCATO DIGITALE

1.1 UNIVERSO DIGITALE

Nel momento in cui scrivo, le persone che hanno accesso alla rete internet nel mondo sono 4'018'141'586 circa il 53% della popolazione mondiale; questo dato sembra progredire secondo dopo secondo in maniera frenetica.

Il numero di siti web esistenti ammonta a 1'197'592'000 circa. Oggi sono stati inviati più di 116 miliardi di e-mail, fatte più di 3 miliardi di ricerche su google, scritti più di 2 miliardi di post sui vari blog, visualizzati oltre 3 miliardi di video sul canale Youtube, caricate oltre 41 milioni di foto su instagram, effettuate più di 137 milioni di chiamate Skype.

La popolazione Facebook che attualmente si compone di oltre 2'287'822'000 utenti può essere considerata la più grande del mondo, addirittura superiore a quella cinese.1 Queste solo alcune delle cifre della rivoluzione digitale che ha stravolto in maniera radicale i paradigmi socioeconomici globali.

L’avvento della rete internet e dell’universo virtuale, ha modificato grossa parte delle strutture della società in cui viviamo: il modo di affrontare il quotidiano, le relazioni sociali, le comunicazioni, il modo di informarsi ed ha portato ad una profonda evoluzione e rivoluzione dei mercati.

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8 La rivoluzione digitale sembra avanzare in maniera ineluttabile e tutto fa pensare che la sua corsa sia tutt’altro che terminata. La rete virtuale, il cosiddetto internet of things, entrerà a far parte della quotidianità degli individui come l’acqua corrente, la fornitura elettrica e la rete telefonica; per le future generazioni sarà impossibile immaginare un mondo senza connessione.

La rete, tuttavia, è una risorsa alimentata da investimenti infrastrutturali da un lato e dal livello di cultura digitale posseduto dai cittadini dall’altro; dallo sviluppo di questa equazione viene fuori che il grado di diffusione dell’universo digitale nel mondo è ancora caratterizzato da una certa disomogeneità.

Guardando al panorama europeo si registrano, infatti, sostanziali differenze; la percentuale degli individui compresi tra i 16 e i 74 anni che non hanno mai utilizzato internet nei diversi Paesi dell’Unione Europea ne è una efficace testimonianza. A guidare questa classifica troviamo Lussemburgo Olanda e Danimarca, dove rispettivamente soltanto il 2, 3 e 4% della popolazione non ha mai avuto accesso alla rete nel 2015; gli ultimi posti spettano, invece, a Bulgaria Romania e Grecia dove questa percentuale sale rispettivamente al 35, 32 e 30%. L’Italia si colloca parecchio indietro con una percentuale di individui che non hanno mai avuto accesso ad internet pari al 28% nel 2015. Altro dato interessante è quello riguardante la percentuale di individui compresi tra i 16 e i 74 anni che accedono ad internet almeno una volta a settimana; in Lussemburgo questo dato è addirittura pari al 97% della popolazione, in Norvegia al 96% ed in Danimarca al 93%. Dall’altra parte chiudono la classifica la Bulgaria con il 55% e l’Italia con il 63%. In Italia, tuttavia, il 62% della popolazione accede ad internet ogni giorno.2

Questi numeri lasciano chiaramente intendere che seppur il livello di diffusione del virtuale sia disomogeneo siamo di fronte ad una rivoluzione di portata colossale. Questo elemento di rottura e cambiamento che è la rivoluzione digitale, come già accennato, ha travolto anche e soprattutto le dinamiche economiche globali; il tradizionale modo di fare mercato è stato soppiantato da una nuova concezione strategica che si concretizza nello spostamento dal fisico al virtuale di parte delle fasi del processo d’offerta di beni, servizi ed informazioni per quanto riguarda le aziende e di alcune fasi del processo di acquisizione, consumo e cessione degli stessi da parte dei consumatori.

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9 Oggi, una parte considerevole delle transazioni e degli scambi di mercato avviene attraverso la rete; un numero sempre crescente delle imprese che costituiscono l’offerta mondiale di beni e servizi ha intrapreso la strada del commercio elettronico ed un numero in continua crescita di consumatori acquista attraverso piattaforme virtuali qualsiasi cosa.

Non sono solo gli acquisti a spingere i consumatori nel mondo virtuale, essi utilizzano la rete in maniera massiva anche per ricercare informazioni su ciò che intendono comprare. All’interno di questi nuovi schemi è addirittura possibile consumare online, basti pensare al mondo dell’intrattenimento la cui offerta si compone di una cospicua componente virtuale. Musica, cinema, radio, TV, videogames sono solo alcuni esempi di prodotti che possono essere consumati direttamente in rete.

In Europa i dati del 2015 ci dicono che la percentuale di individui che utilizza internet per ricercare informazioni su prodotti e servizi è pari al 61 % della popolazione, arrivando a toccare in Olanda, Finlandia e Germania rispettivamente 84, 83 ed 80% della popolazione. L’Italia anche qui è agli ultimi posti della classifica con una percentuale pari al solo 37% della popolazione.3 Queste cifre ci fanno ben capire, da un lato, quanto è importante per le aziende inserire nell’universo virtuale informazioni sui propri prodotti e, dall’altro, con quanta frequenza i consumatori si gettino in esso per acquisirle.

Tornando a parlare dell’acquisto online la situazione europea ricalca la disomogeneità già incontrata in precedenza: Inghilterra, Danimarca e Lussemburgo sono ai primi posti in merito alla percentuale di individui che hanno effettuato acquisti tramite piattaforma virtuale con rispettivamente l’81, il 79 e il 78 % della popolazione, a fronte di una media europea che si attesta al 53%; gli ultimi posti spettano a Cipro, Italia e Portogallo dove questa percentuale si aggira nell’ordine del 25-30 % della popolazione.4

Dato da rilevare è che in quasi tutti i paesi europei si riscontra un tasso di crescita del fenomeno costante dal 2013 al 2015 segno ancora una volta di un mercato virtuale in continua espansione.

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Report I-Com 2016 su reti e servizi di nuova generazione; FONTE DATI: Eurostat.

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1.2 E-COMMERCE: STUAZIONE MONDIALE EUROPEA ED ITALIANA

Il valore del mercato e-commerce al dettaglio a livello mondiale è stimato in 1.915 miliardi di dollari nel 2016, oltre 200 miliardi di dollari in più del 2015, e pari all’8,7% del totale del mercato di vendita al dettaglio (7,4% nel 2015). Mentre il ritmo di crescita per le vendite al dettaglio è complessivamente in calo, la quota digitale continua a espandersi rapidamente, con un tasso di crescita del 23,7% nel 2016. Le vendite e-commerce raggiungeranno i 4.058 miliardi di dollari nel 2020, arrivando a coprire il 14,6% del totale della spesa nell’anno.5

Ciò significa che se domani si spegnessero per sempre tutti i server che consentono al mondo virtuale di esistere, verrebbe meno una fetta di introiti da esso garantiti che si aggira nell’ordine delle migliaia di miliardi di dollari l’anno. Il virtuale è diventato ormai un universo parallelo che detta e governa gli equilibri economici planetari e che va considerato a tutti gli effetti un nuovo modello di mercato che si intreccia e si fonde con quello tradizionale.

L’avvento dell’internet ed il successivo violentissimo sviluppo del commercio elettronico, infatti, hanno modificato in maniera profonda le strategie di business del mondo dell’offerta; oggi un numero incredibilmente elevato di imprese ha deciso di affiancare al canale di vendita tradizionale quello elettronico, consapevoli degli enormi vantaggi di tipo economico e strategico che da esso derivano. Un altro fenomeno da considerare è il proliferare di piattaforme che si affidano al solo spazio virtuale per servire i propri clienti senza prendere in considerazione l’ipotesi di aprire un negozio fisico che andrebbe ad incidere pesantemente sui costi totali di gestione. I grandi rivenditori online, d’altro canto, si stanno muovendo in direzione opposta, affiancando al virtuale il negozio fisico con l’obiettivo di riuscire in questo modo ad ampliare la propria base clienti ed a fornire loro un’esperienza di acquisto totale ed interamente gestita dall’azienda.

A livello globale i numeri del mercato elettronico ci dicono che i grandi players gestiscono circa il 95 % del totale, lasciando il solo 5 % alle altre piattaforme che potremmo definire indipendenti.

Cina e USA sono gli stati con i maggiori introiti derivanti dal commercio elettronico: in Cina l’e-commerce ha prodotto nel 2016 un fatturato che si aggira intorno ai 900

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11 miliardi di dollari, quasi la metà (46%) del mercato globale; negli USA questa cifra è stimata intorno ai 425 miliardi di dollari con una crescita del 15% rispetto al 2015. Questi dati testimoniano che l’area Asia-Pacifico è destinata a rimanere il più grande mercato del commercio elettronico con un fatturato che supera i mille miliardi di dollari e con potenzialità effettive che potrebbero far lievitare in maniera considerevole i numeri sopracitati.

Nell’area europea il valore complessivo del commercio elettronico ha prodotto un giro d’affari che si attesta intorno ai 510 miliardi di euro nel 2016, facendo registrare una crescita del 13% rispetto al 2015. I trend e le previsioni future lasciano intendere che il mercato dell’e-commerce europeo è destinato nel giro di pochi anni a crescere esponenzialmente arrivando a toccare nel 2018 un fatturato totale di oltre 660 miliardi di euro.6 Anche l’Europa, quindi, è destinata a seguire il passo dei grandi mercati internazionali affidando al commercio elettronico una grossa fetta degli introiti totali di mercato; il modello del commercio virtuale, d’altronde, incarna perfettamente le caratteristiche di stampo globale che stanno coinvolgendo l’universo economico, diventando, di fatto, la conditio sine qua non di tutte le economie che mirano a consolidarsi in un panorama mondiale in continua evoluzione.

In Italia il mercato e-commerce ha generato un fatturato di 31,7 miliardi Euro nel 2016, crescendo complessivamente del 10% rispetto al 2015. Il fatturato e-commerce registra risultati positivi in tutti i settori, a differenza di quanto rilevato lo scorso anno. La crescita complessiva, pur rimanendo a due cifre, risulta tuttavia inferiore rispetto al 2015. Questo è dovuto principalmente alla carenza di offerta in alcuni settori, quali moda, alimentari, casa e arredamento, dove le vendite online sono ancora poco sviluppate, affiancata da una quasi saturazione dei settori più maturi come tempo libero, assicurazioni e turismo. Questi ultimi, infatti, registrano valori di crescita più contenuti rispetto ai settori meno maturi che crescono più velocemente.7

Tuttavia, se consideriamo un arco di tempo più ampio la crescita del fenomeno risulta essere molto più significativa: nel 2004, infatti, l’e-commerce italiano aveva generato soltanto 1,6 miliardi di euro; nel 2016 a distanza di 12 anni questa cifra è quasi trenta volte maggiore, facendo registrare negli anni una crescita costante impressionante che ha raggiunto una variazione massima di 58 punti percentuale nel passaggio dal 2009 al 2010.

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Casaleggio Associati: dati E-commerce in Italia 2017

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12 L’indagine Netcomm ci fornisce dati ancora più dettagliati sul commercio elettronico italiano: gli italiani che effettuano acquisti online almeno una volta ogni tre mesi sono 18,8 milioni, pari al 61% degli utenti internet; di questi, 12,7 milioni, pari al 41,5% dell’utenza online, sono acquirenti abituali, ovvero comprano in rete almeno una volta al mese. Le ultime previsioni parlano di uno sviluppo del fenomeno che nel 2020 potrebbe portare ad un giro di affari di 50 miliardi di euro, raggiungendo una incidenza del 7% delle vendite retail.8

Gli acquirenti online sono prevalentemente maschi (53,3%), con età inferiore a 44 anni, in possesso di un diploma di scuola superiore o laureati ed abitanti di un grande centro residenziale. I grandi centri urbani sono proprio quelli che ospitano la maggiore quota di acquirenti online, sia occasionali che abituali. Interessante notare come la quota di laureati fra i consumatori online (31%) è doppia rispetto a quella presente nella popolazione italiana (16%). Anche la concentrazione di giovani è superiore alla media italiana: i cittadini con meno di 35 anni sono un terzo degli acquirenti online. Le donne spendono di più per cosmetici, abbigliamento, gioielli ed arredamento, mentre gli uomini per prodotti elettronici, telefoni, componenti auto e assicurazioni. Guardando invece alle differenze per età, i più giovani spendono di più per giochi elettronici, software e attrezzature sportive mentre più in là con l’età si spende di più per arredamento, prodotti alimentari e casalinghi.9

A dispetto degli elevati tassi di crescita la spesa online per generi alimentari e prodotti per la cura della casa e del corpo (grocery) è ancora un segmento di nicchia: secondo le stime Nielsen l’acquisto in rete di prodotti grocery sviluppa circa 460 milioni di euro di fatturato, pari a 0,8% del totale mercato.10 Questo dato evidenzia una particolare attenzione del popolo italiano per il settore alimentare che per una forte tradizione culturale rappresenta una tipologia di acquisto delicato che gli italiani, più degli altri popoli Europei, preferiscono ancora compiere prevalentemente in maniera tradizionale.

8 Rapporto Coop 2016 9 Rapporto Coop 2016 10 Rapporto Coop 2016

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1.3 IL DECOLLO DEL MOBILE

Gli ultimi anni hanno visto il decollo degli acquisti online da dispositivo mobile, che, in Italia, ha originato il 21% del valore nel 2015 (il 7,5% da tablet e il 13,5% da smartphone). Di queste transazioni in movimento, circa la metà avviene via web e l’altra via app. Gli acquisti online da dispositivo mobile, analogamente a quelli effettuati dagli acquirenti abituali, aumentano al crescere della dimensione del comune di residenza e sono più concentrati a Nord-Ovest. Lo smartphone per la sua costante disponibilità si afferma come il principale vettore di acquisti e-commerce. L’85% dei pagamenti online è effettuato tramite una carta (carta di credito, prepagata o carta associata ad un account Paypal). Il resto è regolato attraverso pagamenti in contanti alla consegna, bonifici bancari, buoni acquisto o altri sistemi emergenti. Secondo le rilevazioni dell’Osservatorio acquisti CartaSi, nella prima metà del 2016 i settori in maggiore crescita sono quelli del dettaglio non alimentare (+65% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), i generi alimentari (+34%), e l’abbigliamento e calzature (+28%).11

Nella giornata odierna, nel mondo, sono stati venduti oltre 2,5 milioni di telefonini; quasi 630 milioni, invece, è il dato riferito alle vendite di quest’anno12

: lo smartphone è destinato a diventare una estensione del nostro corpo, un telecomando che permette di immergere il nostro io nell’universo virtuale in qualsiasi momento.

Il mobile rappresenta senza ombra di dubbio la nuova frontiera del commercio elettronico. La rapida diffusione dei cellulari smart ha contribuito in maniera decisa ad innescare il fenomeno del every where shopper; attraverso lo smartphone, gli individui hanno la possibilità di assecondare i loro bisogni da consumatori in ogni momento della giornata ed in qualunque luogo in cui si trovino: oggi è possibile acquistare prodotti e servizi dalla propria cucina di casa, sull’autobus e in treno, al mare o sulla vetta di una montagna; oggi è possibile acquistare ovunque e questo è dovuto al fatto che l’aggeggio che ci permette di portare a termine qualsiasi transazione è diventato un oggetto indispensabile e dal quale non ci separiamo mai.

A livello globale, la ricerca Criteo: state of cross device commerce 2016 ci dice che circa il 40% delle transazioni d’acquisto online avvengono tramite smartphone, con una crescita del 7 % rispetto al 2015, e che questo dato è destinato ad aumentare negli anni

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Rapporto Coop 2016

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14 alla luce di un’ulteriore maggiore diffusione del mobile tra la popolazione mondiale e dei maggiori investimenti delle aziende sul mobile commerce.

A guidare la classifica mondiale 2016 sul mobile commerce c’è il Regno Unito che con il 52% delle transazioni da mobile sul totale di quelle online ha scavalcato, nell’ultimo anno, il Giappone (51%); l’Australia (45%) è salita al terzo posto scavalcando la Corea del Sud (44%) ed ha fatto registrare la più forte crescita su base annua. L’Italia è ancora indietro in questa classifica, infatti pur essendo ai primi posti tra i paesi con il più alto grado di diffusione del mobile, soltanto il 30% delle transazioni online è attribuibile a questi dispositivi.13

In Italia, quindi, quasi un terzo degli acquisti online è completato sullo smartphone. Gli acquisti da smartphone rappresentano un quinto di tutte le vendite al dettaglio online in Italia, con un incremento su base annua del 24%, mentre quelli da tablet continuano a diminuire.

1.4 L’ADVERTISING VIRTUALE

L’avvento del digitale, e la rivoluzione che ne è seguita, ha modificato in maniera irreversibile il concetto e le modalità di fare advertising. Anche in questo caso si riscontra uno spostamento sul virtuale di grossa parte dei contenuti che le aziende utilizzano per comunicare valore ai propri clienti. L’elemento che determina un grandissimo cambiamento è che nell’universo virtuale i consumatori - così come le aziende - possiedono una propria identità e che quindi questi due mondi, domanda ed offerta, possono interagire con maggiore facilità; i consumatori, attraverso i loro avatar virtuali possono approvare o elogiare le scelte aziendali, possono lamentarsi, possono influenzare le scelte altrui, possono criticare, possono migliorare l’immagine aziendale così come possono inquinarla. Naturalmente quelli appena citati sono comportamenti che possono essere messi in pratica anche in un contesto reale (o non virtuale), ciò che cambia è che nello spazio virtuale essi vengono posti sotto una gigantesca lente di ingrandimento che il mondo dell’offerta gestisce, monitora e, talvolta, censura. Dando uno sguardo al contesto internazionale, secondo il Global Entertainment & Media Outlook elaborato come ogni anno da Pwc, il 2016 é stato l’anno in cui l’advertising sul web ha superato quello della tv a livello mondiale. Negli USA la portata del fenomeno è tale che si è già espansa a un altro comparto fondamentale della

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15 pubblicità online come i social network. Nel primo trimestre dell’anno, infatti, la raccolta pubblicitaria di Facebook è stata di 5,2 miliardi di dollari, contro gli 1,1 miliardi messi a segno da Viacom, media company cui fanno capo alcune delle reti più popolari a livello mondiale, come MTV, Nickelodeon e Comedy Central. È senza dubbio vero che i colossi del web non forniscono tendenzialmente un break down dei loro ricavi per formato dell’advertising e risulta perciò difficile scorporare il risultato dei soli video online, o ancor più cercare di geolocalizzarne la performance. Si tratta comunque di un confronto che dà la misura degli interessi in gioco e della sfida posta dai disruptor digitali non solo ai broadcaster tradizionali, ma anche ai concorrenti che cercano di superare la difficile fase del consolidamento dopo la rapida scesa nel sempre più competitivo mercato dell’intrattenimento connesso.14

Il keyword advertising si conferma come l’attività in cui si concentrano la maggior parte degli investimenti nella distribuzione del budget di marketing e advertising. L’attività di advertising online tramite l’impiego di parole chiave è, da diversi anni, al primo posto, e riceve mediamente il 29% delle risorse disponibili, come già registrato nel 2015 (23% nel 2013, 28% nel 2014). Al secondo posto si posizionano le attività di SEO alle quali viene assegnato il 19% degli investimenti di marketing, con un lieve calo rispetto al 21% del 2015. Tornano a crescere gli investimenti sui social media, che raccolgono in media il 14% del budget (12% nel 2015 e 15% nel 2014). Le attività di e-mail marketing rappresentano mediamente, come nel 2015, il 12% degli investimenti totali, dopo il calo rispetto al 15% del 2014 e il 17% del 2013. Continua, seppur in modo lieve, il calo dei siti comparatori e aree shopping, che ricevono il 6% del budget (7% nel 2015 e 11% nel 2014). Rimangono pressoché stabili gli investimenti in banner e sponsorship (4,8% contro il 5% del 2015 e il 4% del 2014). Lieve calo del budget destinato ai programmi di affiliazione, che riceve il 2,8% (rispetto al 4% del 2015 e del 2014). I media offline raccolgono complessivamente il 6,4% del budget, grazie soprattutto a un aumento degli investimenti sulla stampa che riceve il 4%, in crescita rispetto al 2% del 2015. La televisione rappresenta il 2% dell’investimento (1,8% nel 2015) e la radio lo 0,4% (0,2% nel 2015).15

Gli investimenti di breve termine delle aziende e-commerce saranno destinati, nell’anno in corso ancor più che negli anni precedenti, in primo luogo ad attività di marketing e promozione, prioritari per il 34% delle aziende (30% nel 2015). Al secondo posto in

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Rapporto i-com 2015 su reti e servizi di nuova generazione

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16 termini di priorità troviamo ancora una volta la realizzazione di interventi tesi a migliorare l’usabilità e la user experience del sito, indicata dal 28% delle aziende (in lieve aumento rispetto al 27% del 2015). Questi due gruppi di attività e gli obiettivi che si propongono si confermano quelli prioritari per la maggior parte delle aziende. Il mobile, al terzo posto, viene indicato come prioritario dal 10% delle aziende, contro il 15% del 2015. Nel 2015 le aziende hanno infatti investito sul mobile con lo sviluppo di versioni mobile del sito o app per smartphone e tablet, di cui ora dispongono. Cresce la percentuale di merchant che investirà nel potenziamento dei servizi logistici (5% contro il 2% del 2015) e del customer care (2% contro l’1% del 2015). La percentuale di aziende che non intendono effettuare investimenti nell’anno in corso continua a scendere: il 2% rispetto al 3% del 2015 e il 7% del 2014.16

Il mondo connesso, come abbiamo potuto vedere, è abitato da informazioni, individui, marchi, oggetti, merci, servizi, danaro. Queste sono le entità che gravitano nel circuito virtuale le quali, innescando traiettorie incrociate, permettono di compiere scambi ed interazioni che assumono forme diverse a seconda di come vengono combinate. Molte di queste combinazioni sfociano in meccanismi di mercato che attraverso la rete aiutano a ridurre le distanze spaziali, temporali ed operative che separano domanda ed offerta.

Naturalmente nel mondo in cui viviamo la componente reale nelle interazioni è ancora fondamentale; il mondo virtuale infatti, in un contesto di mercato, è un qualcosa che si fonde con quello reale, ma che non ne può rappresentare un’alternativa.

A tal proposito, il fenomeno che contempla le diverse modalità di interazione - sia fisiche che virtuali - tra domanda ed offerta prende il nome di multicanalità.

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. CAP II

L’AGIRE MULTICANALE

2.1 I PARADIGMI DELLA MULTICANALITA’

La multicanalità è quel fenomeno di mercato che descrive le nuove modalità di interazione tra Domanda ed Offerta generate in conseguenza ad una moltiplicazione dei punti di contatto tra questi due mondi.

Guardandolo con gli occhi dell’Offerta esso rappresenta sia una ramificazione dei canali attraverso i quali le informazioni, i prodotti e i servizi che le aziende propongono possono essere raggiunte dai consumatori, che un’espansione dei punti di contatto che le imprese possono disporre per incontrare i consumatori.

Se invece capovolgessimo la prospettiva, focalizzandola sul consumatore, la multicanalità potrebbe essere descritta come l’insieme delle possibilità, o dei canali d’accesso, a disposizione del mondo della Domanda per acquisire un bene offerto - inteso come informazione, prodotto o servizio.

Guardando al recente passato, risulta incredibilmente facile riscontrare profonde differenze nelle modalità di interazione tra individui-consumatori ed aziende rispetto a ciò che accade oggi.

L’universo digitale, come abbiamo potuto vedere nel capitolo precedente, ha rimescolato gli equilibri strategici ed economici di mercato ed ha spalancato le porte ad un approccio del tutto nuovo ai meccanismi di interazione che coinvolgono i vari attori presenti nello spazio di mercato.

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19 Un tempo, le interazioni di mercato erano gestite dal mondo dell’Offerta in maniera tradizionale, assecondando dinamiche meno complesse ma in grado di garantire comunque relazioni efficaci sia dal punto di vista strategico che relative al risultato economico. Un tempo, le traiettorie che collegavano individui ed aziende erano meno articolate e questi due mondi finivano per entrare in contatto attraverso un numero limitato di canali d’accesso.

Oggi è cambiato tutto.

I punti di contatto tra Domanda ed Offerta si sono moltiplicati in maniera incredibile finendo per creare una rete di interconnessioni dalle maglie fittissime. Individui ed aziende oggi sono legati da relazioni asfissianti consumate tramite rapporti di interscambio molto frequenti che si palesano attraverso una infinità di canali d’accesso. Tutto ciò è conseguenza dell’introduzione nelle nostre vite della realtà virtuale e del mondo digitale che ha portato le interazioni tra soggetti, e di conseguenza anche quelle tra agenti di mercato (consumatori, aziende), su di un piano diverso; in una dimensione che non conosce limiti, né spaziali né temporali, e che permette, quindi, a chi ne fa parte di interagire in maniera frenetica senza vincoli di natura fisica.

Le nuove strategie di comunicazione ne sono un chiaro esempio; l’Offerta interagisce con noi consumatori costantemente attraverso strumenti sempre più nuovi e sofisticati: e-mail, profili social, siti web, banner; essa ci raggiunge sugli schermi del nostro computer e su quelli del nostro telefono. I tradizionali sistemi di comunicazione sono stati integrati con la loro nuova versione digitale che permette interazioni più accurate, costanti, personalizzate e - in definitiva - più efficaci.

Questa è la rivoluzione multicanale, questa è l’ultima evoluzione dei mercati. In questa nuova era, come intuibile, l’interazione è diventata un elemento strategico chiave nel rapporto tra individui-consumatori ed aziende.

Il punto vendita, infatti, è diventato soltanto uno dei tanti canali che i consumatori utilizzano per acquisire informazioni, prodotti e servizi dal mondo dell’Offerta. Oggi grossa parte delle interazioni avviene in maniera elettronica attraverso gli strumenti che l’universo digitale mette a disposizione; e così, cataloghi elettronici, siti web, negozi online, profili social media diventano le mille facce virtuali della medesima azienda che in questo modo cerca di entrare in contatto con il maggior numero di clienti garantendo loro diverse strade e diversi canali di accesso alle informazioni che intendono comunicare ed ai prodotti e servizi che propongono, con l’obiettivo di intensificare la relazione che li lega a loro.

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20 Il mondo dell’Offerta è chiamato a gestire dal punto di vista strategico questo nuovo fenomeno di mercato che è la multicanalità; l’introduzione di nuovi canali d’accesso in un sistema di scambi, infatti, può portare a grossi vantaggi se gestita in maniera efficace ed esporre a grossi rischi se sottovalutata. A tal proposito, il multichannel marketing nasce con l’obiettivo di utilizzare la struttura multicanale dei mercati come leva di marketing per apportare vantaggi in termini di risultati all’azienda; ciò significa sfruttare i vari canali a disposizione presenti sia nell’universo reale che in quello virtuale, integrarli e coordinarli, con l’obiettivo di creare engaging cioè di entrare in contatto con il maggior numero di consumatori fornendo loro un set di strumenti per avviare, implementare e prolungare nel tempo la relazione che li lega all’azienda. La multicanalità, ed il conseguente nuovo approccio ai mercati e alle interazioni con i consumatori da parte del mondo dell’Offerta, ha generato importantissimi effetti anche nell’universo della Domanda.

In questo lavoro ci preoccuperemo di ispezionare il fenomeno dalla prospettiva del consumatore e di analizzare quindi, attraverso le dinamiche comportamentali, quali sono le conseguenze, le opportunità e le minacce di questo nuovo assetto di mercato per noi consumatori.

Nello specifico, siamo interessati a capire in che modo si modifica il processo di acquisto - customer journey - alla luce della multicanalità, di quali nuove fasi si compone ed attraverso quali modalità gli individui si muovono tra i vari canali a loro disposizione.

Nei paragrafi successivi seguirà una revisione degli spunti teorici che vanno a comporre la letteratura accademica in merito agli aspetti che collegano il comportamento del consumatore al fenomeno della multicanalità.

2.2FISICO VS VIRTUALE

La nuova evoluzione dei mercati prodotta dal fenomeno della multicanalità vive sulla costante combinazione e fusione di due dimensioni: quella fisica e quella virtuale. Il canale tradizionale permette ai consumatori di accedere ai prodotti ed ai servizi offerti esperendo la componente fisica del processo che li porta alla loro acquisizione. La nuova frontiera del commercio, invece, sposta grossa parte dei processi di offerta, e di conseguenza anche dei processi di acquisizione dei consumatori, nel mondo virtuale.

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21 I consumatori, quindi, vedono moltiplicarsi i percorsi a loro disposizione per l’acquisizione di informazioni, beni e servizi. Essi adesso hanno la possibilità di scegliere in che modo soddisfare i loro bisogni ed attraverso quali canali portare a termine le varie fasi del processo di acquisizione, avendo la possibilità di poter proporre all’interno di tale processo un’alternanza tra fisico e virtuale.

Naturalmente canale virtuale e canale tradizionale si contraddistinguono per caratteristiche diverse, ognuna delle quali fa sì che, dato un determinato contesto di acquisto (o di acquisizione di informazioni), i consumatori preferiscano l’uno o l’altro:

.Canale tradizionale (Fisico): possibilità di toccare e provare con mano il prodotto; contatto diretto con il bene e il venditore; relazione face to face; assistenza fisica pre e post vendita; accesso immediato al possesso del bene; consulenza di un esperto; minori rischi legati all’acquisto ed all’acquisizione di informazioni.

.

Canale digitale (Virtuale): maggiore ampiezza e profondità di assortimento; convenienza; informazioni dettagliate sull’azienda produttrice; monitoraggio sulla disponibilità dei prodotti; newsletter; forum utenti; possibilità di consultare recensioni; possibilità di disporre di una sezione personale; possibilità di eliminare vincoli di natura geografica.

E’ possibile che i consumatori decidano di utilizzare diversi canali all’interno dello stesso processo di acquisto; sfruttando, ad esempio, il canale virtuale per una o più fasi e quello tradizionale per altre.

La percezione che i consumatori hanno di questi due universi, di questi due macrocanali, quello fisico e quello virtuale, è caratterizzata da profonde diversità. A tal proposito, il lavoro di Riquelme et al (2016) dimostra come la percezione dei consumatori nei confronti delle cosiddette deceptive practices - pratiche di marketing ingannevoli - messe in atto dalle aziende, possa essere diversa a seconda del canale attraverso il quale tali pratiche vengono trasmesse.

Secondo questo studio la percived deception - l’ ”inganno” percepito dai consumatori - influenzerebbe negativamente, come ovvio, la soddisfazione generata dal prodotto; ciò che è molto interessante è che questo effetto sarebbe molto più pronunciato in un contesto online rispetto ad uno offline (H1).

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22 A sostegno di questa tesi sono state individuate quattro importanti ragioni: . l’ambiente online favorisce maggiormente la manipolazione delle informazioni che ruotano attorno al prodotto rispetto ad un contesto offline;

. la natura impersonale del web riduce l’abilità dei consumatori ad individuare questi “inganni”;

. il canale online non permette ai consumatori di esperire fisicamente il prodotto, rendendo lo shopping online intrinsecamente più rischioso;

. i consumatori, in un contesto online, sono chiamati ad un maggiore sforzo cognitivo e ad un maggiore ammontare di tempo per ricercare informazioni sul prodotto. 17 I consumatori, inoltre, quando acquistano online sembrerebbero attribuire maggiormente alla loro persona, piuttosto che al rivenditore, le colpe per una eventuale insoddisfazione legata all’acquisto di un prodotto; questo perché in un acquisto virtuale sono loro stessi a mettere in atto grossa parte dei passaggi del processo di acquisizione. Da ciò deriva che l’ “inganno percepito” influenza negativamente, come ovvio, la soddisfazione dei consumatori in merito al rivenditore, ma che questo effetto è maggiore in un contesto offline che in un contesto online (H2).

Naturalmente è vero anche il contrario: la soddisfazione legata all’acquisto di un prodotto influenza positivamente la percezione del consumatore circa il rivenditore e che, per le stesse ragioni esposte in precedenza, questo effetto è maggiore in un contesto offline che in un contesto online (H3).18

Un’altra considerazione importante che possiamo desumere dall’articolo di Riquelme et

al è relativa al rapporto tra la soddisfazione del consumatore in merito al rivenditore ed

il successivo passaparola - Word of Mouth (WOM).

La soddisfazione del cliente nei confronti del rivenditore influenza positivamente il cosiddetto WOM sia in un ambiente virtuale che in uno tradizionale19. Questo effetto, tuttavia, è maggiore in un contesto online che in un contesto offline (H4); i consumatori, infatti, sono più motivati a condividere la propria esperienza poiché mossi dal desiderio di aiutare altri consumatori all’interno di un ambiente maggiormente rischioso come

17

Riquelme et al (2016) “Consumers’ Perceprions of Online and Offline Retailers Deceptions” - Journal of Interactive marketing

18 Riquelme et al (2016) “Consumers’ Perceprions of Online and Offline Retailers Deceptions” - Journal of

Interactive marketing

19

Anderson, Eugene W. (1998) “Customer Satisfaction and World Of Mouth” Journal of Service Research 1, 1, 5-17

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23 quello online che in uno offline. Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che quando un consumatore esperisce un acquisto positivo è motivato a condividere questa propria esperienza positiva dall’obiettivo inconscio di proiettare all’esterno l’immagine che lo ritrae come un consumatore attento ed intelligente; naturalmente, ciò risulta molto più semplice in un contesto online, all’interno del quale proliferano una miriade di siti che permettono di inserire propri feedback, come ad esempio Tripadvisor.20

FIGURA 2.1: Conceptual model and hypotesies H1-H4

Un altro importante studio sulla diatriba fisico-virtuale relativa al comportamento del consumatore è quello datato 2003 di Lee et al. La ricerca evidenzia due importanti fattori che impattano nella scelta di utilizzare il canale fisico o quello virtuale per un acquisto: l’utilità del contesto di vendita e la percezione dei consumatori sui rischi legati al prodotto od al servizio.

Secondo questo studio l’utilità che i consumatori derivano da un acquisto in un negozio fisico è maggiore dell’utilità che traggono da un acquisto online; nell’acquisto in store, infatti, i negozi tradizionali garantiscono vari servizi supplementari e sono in grado di creare una atmosfera consona capace di migliorare la percezione dell’esperienza d’acquisto. La verifica empirica di questa ipotesi conferma ancora una volta che per la maggior parte dei consumatori la componente fisica nell’esperienza di acquisto è ancora molto importante.21

20 Lee et al (2003) “E-retailing versus physical retailing A theoretical model and empirical test of

consumer choice” - Journal of Business Research

21

Lee et al (2003) “E-retailing versus physical retailing A theoretical model and empirical test of consumer choice” - Journal of Business Research

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24 L’analisi empirica sembrerebbe smentire, invece, l’ipotesi secondo la quale i consumatori associno un maggior rischio percepito legato al prodotto negli acquisti online; per quanto riguarda i servizi, invece, i consumatori percepirebbero il rischio ad essi legato in maniera nettamente maggiore in un contesto online rispetto ad un contesto reale.22

Una importante scoperta legata a questa ricerca è relativa al fatto che i consumatori meno avversi al rischio sarebbero più propensi all’acquisto online rispetto a quelli più avversi al rischio; questa correlazione sembrerebbe suggerire ai negozi tradizionali che hanno intenzione di aprire un canale online di concentrarsi su quei consumatori meno avversi al rischio come target iniziale.23

In generale i consumatori sono più propensi ad acquistare online quei prodotti ai quali è associato un basso rischio legato all’acquisto rispetto a quelli con un alto rischio per i quali si preferisce un acquisto di tipo tradizionale; ciò sembrerebbe suggerire ai negozi tradizionali di focalizzarsi su quei prodotti con un alto rischio percepito. I consumatori, inoltre, preferiscono acquistare online quei prodotti associati a marchi conosciuti rispetto a prodotti di brand meno noti; in più, essi preferirebbero acquistare attraverso rivenditori virtuali affidabili prodotti di marchi meno noti che acquistare da rivenditori meno conosciuti prodotti di brand molto noti.24

Come abbiamo avuto modo di riscontrare queste due dimensioni, quella fisica e quella virtuale, assumono per i consumatori significati diversi. Ogni dimensione possiede le sue particolari caratteristiche, i suoi pro ed i suoi contro; ognuna di esse viene percepita in maniera differente dai consumatori, generando conseguenze molto importanti nel campo dell’analisi del comportamento del consumatore.

Nei paragrafi successivi andremo ad investigare le modalità attraverso le quali i consumatori si spostano da un canale all’altro ed il perché per alcune fasi del processo d’acquisto essi preferiscono il canale virtuale e per altre quello fisico. Inoltre, cercheremo di fornire delle spiegazioni al fenomeno del research shopper e della cosiddetta migrazione di canale.

22

Lee et al (2003) “E-retailing versus physical retailing A theoretical model and empirical test of consumer choice” - Journal of Business Research

23 Lee et al (2003) “E-retailing versus physical retailing A theoretical model and empirical test of

consumer choice” - Journal of Business Research

24

Lee et al (2003) “E-retailing versus physical retailing A theoretical model and empirical test of consumer choice” - Journal of Business Research

(25)

25

2.3 IL FENOMENO DEL RESEARCH SHOPPER

L’ambiente multicanale ha generato diverse conseguenze e sfide sia per il mondo dell’Offerta che per quello dei consumatori. In questo paragrafo andremo ad ispezionare il cosiddetto fenomeno del research shopper attraverso un’analisi degli articoli accademici che compongono la letteratura teorica in merito a questo particolare argomento.

Questo fenomeno individua per le aziende la possibilità di perdere clienti durante le fasi del processo di acquisto e descrive, per i consumatori, la propensione a ricercare informazioni sui prodotti e servizi attraverso un canale ed effettuarne l’acquisto su un altro. Nel settore dell’industria delle agenzie di viaggio, ad esempio, il 30% dei consumatori utilizza un canale per la ricerca delle informazioni ed un altro per effettuare l’acquisto comportandosi, quindi, da research shoppers.

Lo studio condotto nel 2007 da Verhoef et al. ci dice che la forma più comune del fenomeno è quella del cosiddetto webrooming che contempla una ricerca delle informazioni online ed il successivo acquisto in negozio fisico; secondo la ricerca la percentuale dei research shoppers che utilizzano il webrooming sarebbe pari al 43% del totale.25 Naturalmente esistono altre forme di questo fenomeno: ricerca di informazioni

in store ed acquisto online - showrooming (16%), ricerca su catalogo ed acquisto in store (19%), ricerca su catalogo ed acquisto online (11%); poco utilizzate, invece, le

formule di ricerca in store ed acquisto su catalogo (5%) e ricerca online ed acquisto su catalogo (6%).26

FIGURA 2.2: Previous evidence of research shopping

25 Venherof et al (2007) “Multichannel customer management: Understanding the research-shopper

phenomenon” - International Journal of Research in Marketing

26

Venherof et al (2007) “Multichannel customer management: Understanding the research-shopper phenomenon” - International Journal of Research in Marketing

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26 Un importante spunto di riflessione aperto dalla ricerca in questione è quello relativo ai fattori che porterebbero i consumatori a comportarsi da research shoppers; l’articolo di

Verhoef et al. ne individua tre fondamentali: gli attributi del canale che guidano la scelta

di quello da utilizzare nelle varie fasi del processo di acquisto, la carenza di lock-in di canale e le sinergie tra i canali.

L’assunto base di questa ricerca è che la percezione dei consumatori circa gli attributi del canale in merito alla ricerca di informazioni ed all’acquisto si traduce nel grado di attrattività del canale per quanto riguarda queste due fasi del processo d’acquisto; quindi, ad esempio, migliore sarà la percezione del consumatore circa gli attributi riferiti alla ricerca delle informazioni di un determinato canale, maggiore risulterà l’attrattività del canale per questa fase del processo d’acquisto e, di conseguenza, maggiore sarà la probabilità che questi utilizzi tale canale per portare a termine questo compito.27 Alla luce di questa premessa sarà più semplice capire ed analizzare i tre fattori che portano i consumatori a comportarsi da research shoppers.

.Attribute-based decision-making

(gli attributi del canale che guidano la scelta di quello da utilizzare nelle varie fasi del processo di acquisto)

Questo meccanismo è basato sulla percezione dei consumatori secondo la quale un canale eccelle sugli attributi di ricerca delle informazioni, mentre un altro eccelle su quelli che guidano l’acquisto. Ad esempio, l’Internet è ritenuto un canale conveniente per l’acquisizione di informazioni, ma allo stesso tempo è considerato un veicolo rischioso per quanto riguarda l’acquisto. I consumatori, quindi, potrebbero considerare laboriosa una ricerca di informazioni in store, ma potrebbero invece preferire questo canale per la decisione d’acquisto finale. Queste ragioni potrebbero portare i consumatori a ricercare le informazioni su internet per poi portare a termine l’acquisto in un negozio fisico, comportandosi quindi da research shoppers.28

27 Venherof et al (2007) “Multichannel customer management: Understanding the research-shopper

phenomenon” - International Journal of Research in Marketing

28

Venherof et al (2007) “Multichannel customer management: Understanding the research-shopper phenomenon” - International Journal of Research in Marketing

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27 . Lack of channel lock-in (carenza di lock-in di canale)

Il lock-in di canale si potrebbe spiegare tramite la correlazione secondo la quale una maggiore attitudine a ricercare informazioni nel canale A si traduce in una maggiore probabilità che l’acquisto venga effettuato nello stesso, e viceversa. Naturalmente, alti livelli di lock-in di canale scoraggiano il fenomeno del research shopper poiché la ricerca delle informazioni ed il successivo acquisto diventerebbero altamente correlati. D’altro canto, bassi livelli di lock-in di canale farebbero si che elevate attitudini alla ricerca delle informazioni su uno specifico canale non si tradurrebbero per forza in comportamenti di acquisto nello stesso, provocando di fatto il research shopping. Ad esempio, possiamo ipotizzare che l’Internet abbia dei bassi livelli di lock-in, perché i consumatori utilizzano comunemente questo strumento per ricercare informazioni, in più esso viene categorizzato nella mente degli individui come una “fonte di informazioni” e non come “shopping venue”. Non a caso, infatti, la forma più comune di research shopping prevede una fase di ricerca delle informazioni online.29 . Cross-channel synergy (sinergie di canale)

La presenza di sinergie di canale potrebbe essere causa di research shopping, poiché in questa configurazione, ricercare informazioni attraverso il canale A intensifica la possibilità di esperire l’acquisto attraverso il canale B. A sostegno di questa tesi, per prima cosa bisogna sottolineare che ricercare informazioni su un canale e acquistare su un altro porta a benefici di tipo economico; ad esempio, effettuare una ricerca su Internet fornisce ai consumatori informazioni sui prezzi e permette di ottenere vantaggi in termini di scelta ottimale nel successivo acquisto in store. Inoltre, dal punto di vista psicologico, il research shopping può fornire ai consumatori la sensazione di aver compiuto un processo d’acquisto “intelligente” ed accrescere l’immagine di sé. Queste sensazioni sorgono poiché i consumatori credono che ricercare da sé informazioni su un canale permetta loro di ottenere una migliore decisione d’acquisto su un altro dovuta, appunto, al proprio “percorso multicanale di ricerca intelligente”.30

29 Venherof et al (2007) “Multichannel customer management: Understanding the research-shopper

phenomenon” - International Journal of Research in Marketing

30

Venherof et al (2007) “Multichannel customer management: Understanding the research-shopper phenomenon” - International Journal of Research in Marketing

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28 Come possiamo vedere, in ambiente multicanale risulta abbastanza facile e conveniente per il consumatore svolgere alcune fasi del processo d’acquisizione su un canale ed altre fasi su uno alternativo. I consumatori sfruttano questa possibilità per rendere più efficiente il percorso che li porta all’acquisizione dei prodotti e dei servizi proposti dal mondo dell’Offerta.

Il fenomeno del research shopper porta con sé conseguenze importanti che le imprese sono chiamate a considerare e gestire in maniera ottimale; in particolare ad esso è legato un altro importante fenomeno che, se sottovalutato, potrebbe incidere in maniera negativa sul risultato aziendale: il cosiddetto problema del free riding. Quando i consumatori utilizzano più di un canale per una singola transazione, essi potrebbero ottenere dei servizi da un retailer e portare a termine la transazione presso un altro rivenditore; in questa configurazione soltanto il rivenditore a valle del processo di acquisto verrebbe “ripagato” dal consumatore attraverso l’acquisto, mentre quello a monte non vedrebbe risarciti i servizi da esso messi a disposizione per la ricerca delle informazioni relative al suddetto acquisto. In questo caso il consumatore si comporterebbe da free rider. Naturalmente se i free riders passassero da un canale ad un altro gestito dallo stesso retailer l’effetto negativo per l’azienda sarebbe nullo, in quanto i servizi da essa proposti circa la ricerca delle informazioni verrebbero ripagati nel momento dell’acquisto del prodotto; infatti, seppur il consumatore sfruttasse due canali per le due fasi del processo d’acquisto (ricerca informazioni ed acquisto), questi sarebbero gestiti dalla medesima azienda che, in questo modo, verrebbe “risarcita” delle due tipologie di servizi offerti (ricerca informazioni ed acquisto) attraverso la transazione economica finale.

In un mercato multicanale il problema maggiore legato al free riding è quello che si configura quando i consumatori ricercano informazioni legate ai prodotti in store per poi concludere l’acquisto online presso un altro retailer. Come fanno notare Carlton e

Chevalier (2001) l’effetto del free riding nella direzione opposta - ricerca online ed

acquisto in store (webrooming) - non sarebbe egualmente problematico, soprattutto perché i costi dei negozi online sono per grossa parte “fissi” (le informazioni online sono da considerare una risorsa pubblica), mentre i costi di un negozio tradizionale dipendono fortemente dal numero dei visitatori giornalieri.31

(29)

29 Estendendo l’analisi all’intero contesto di mercato andrebbero considerati free riders anche i rivenditori a valle del processo d’acquisto del consumatore che, in qualche modo, sfruttano indirettamente le informazioni che i propri concorrenti offrono a quei consumatori che nell’ultima fase del processo decidono di acquistare il prodotto attraverso i canali di vendita dei rivenditori a valle.32

L’ambiente multicanale, per gli aspetti sopracitati, è contraddistinto da una sorta di deregulation in quanto tutti gli agenti che vi operano sono liberi di sfruttare le risorse messe a disposizione da questo sistema, senza limiti; il free riding, quindi, in quest’ottica, rappresenterebbe un problema che le imprese sono chiamate a risolvere da sé - o quanto meno limitare - attraverso operazioni di ordine strategico mirate. Una delle possibili soluzioni potrebbe essere quella di proporre ai consumatori un percorso d’acquisto contraddistinto dall’integrazione e coordinazione dei vari canali così che tutte le fasi del processo di acquisto possano essere gestite e monitorate dalla stessa azienda che, in questo modo, ridurrebbe la possibilità di perdere clienti durante le fasi di cui tale processo si compone.

Nel paragrafo successivo proseguiremo nell’analisi dei meccanismi che guidano i consumatori all’interno di un contesto multicanale, andando ad investigare le modalità attraverso le quali essi scelgono e migrano tra i canali.

2.4 SCELTA E MIGRAZIONE DI CANALE

Nel paragrafo precedente abbiamo introdotto la possibilità che si presenta ai consumatori in ambiente multicanale di poter spostarsi da un canale all’altro durante le varie fasi del processo d’acquisto; in questa sede, cercheremo di spiegare quelli che sono i fattori che influenzano il rapporto tra i consumatori ed i canali che scelgono di percorrere per soddisfare i loro bisogni. Andremo ad ispezionare le caratteristiche dei vari canali e gli obiettivi dei consumatori nei diversi stadi del processo di acquisto, così da rendere più chiare le ragioni alla base della scelta e della migrazione di canale. Innanzitutto occorre sottolineare che i consumatori utilizzano diversi canali nei diversi

stages del loro personale processo decisionale e d’acquisto; essi scelgono ed usano i

canali a seconda dei loro obiettivi specifici in un determinato punto del processo, a seconda delle loro precedenti esperienze e delle loro competenze, a seconda delle

(30)

30 caratteristiche del canale, della percezione che hanno di esso e dei rischi ad esso associati.33

Gli obiettivi che i consumatori incontrano durante le fasi del processo d’acquisto sono diversi e, naturalmente, differiscono a seconda di quello che è l’oggetto della transazione ed il loro coinvolgimento in tale processo; di seguito una sequenza dei possibili obiettivi che i consumatori seguono nel processo decisionale e d’acquisto: ricercare informazioni, confrontare prezzi, testare il prodotto, provare il prodotto, acquistare il prodotto/servizio, confrontare le prestazioni del prodotto/servizio, risolvere problemi legati al corretto funzionamento, smaltire il prodotto. 34

Una prima distinzione tra le caratteristiche dei canali d’accesso, invece, è quella tra canali per la ricerca di informazioni e quelli utilizzati per l’acquisto; ogni canale può fornire entrambe le funzioni od una sola. I canali per la ricerca delle informazioni vengono utilizzati sia prima che dopo l’acquisto e permettono elevati gradi di accessibilità e interattività.

Un'altra dimensione critica tra le caratteristiche dei canali è quella esposta nel paragrafo precedente, ovvero quella che li divide a seconda della loro natura fisica o virtuale.35 I canali, inoltre, variano a seconda del loro grado di accessibilità; la rete internet permette ai canali che su di essa si appoggiano di essere accessibili da tutti e da qualsiasi parte del globo; altri, invece, come ad esempio i negozi fisici e gli ATM, sono fissi e quindi disponibili solo ad una base di consumatori geograficamente limitata. La quarta dimensione riguarda il tipo di comunicazione che il canale permette. Per esempio, alcuni canali permettono solo comunicazioni asincrone; all’opposto, altri canali quali call-center, chat room, ecc.. permettono comunicazioni real-time sincrone con il rivenditore.

I canali variano a seconda della natura della loro interfaccia. Per esempio, i canali fisici offrono una interfaccia fissa o comunque identica per tutti i consumatori, mentre un negozio virtuale può modificarla ed adattarla più facilmente a seconda delle preferenze e dei gusti dei propri clienti; in alcuni casi è il consumatore stesso che può

33

Dholakia et al (2010) “Consumer Behaviour in a Multichannel, Multimedia retailing Environment” - Journal of Interactive Marketing

34

Dholakia et al (2010) “Consumer Behaviour in a Multichannel, Multimedia retailing Environment” - Journal of Interactive Marketing

(31)

31 personalizzare a suo piacimento l’interfaccia che gli si presenta davanti.

La sesta dimensione riguarda il livello di convenienza che il canale offre ai propri consumatori. Solitamente un più alto grado di convenienza si traduce in più alti costi per il consumatore; per esempio, ad una convenienza di prossimità geografica offerta da un negozio (una boutique in pieno centro città), consegue una maggiorazione dei prezzi, e viceversa.

I canali variano anche a seconda di quanto facilmente essi permettono ai consumatori di passare da un canale all’altro della stessa azienda o ad uno di un competitors, a seconda, quindi, dei livelli di lock-in presenti; in un contesto online, attraverso un click, risulta molto semplice passare da un retailer ad un altro, in un contesto reale invece ci sono dei costi che i consumatori devono considerare per fare uno switch di canale. Infine, i canali variano a seconda di come memorizzano la storia comportamentale dei propri clienti. Alcuni canali virtuali mantengono una memoria permanente delle interazioni che il consumatore ha effettuato con l’azienda; queste informazioni possono essere utilizzate dalle aziende per proporre ai consumatori informazioni pubblicitarie personalizzate, offerte mirate ed indirizzate ad hoc al singolo cliente; per un negozio fisico invece risulta molto più complicato immagazzinare prima e sfruttare poi tali informazioni ad personam.36

Descritti gli obiettivi dei consumatori nelle diverse fasi del processo d’acquisto e le varie caratteristiche dei canali d’accesso è possibile approfondire l’analisi dei fattori che influenzano il rapporto tra le interazioni poste in essere dai consumatori e i canali attraverso i quali tali interazioni vengono portate a termine.

Il lavoro di Dholakia et al (2010) individua tre processi base in grado di influenzare il suddetto rapporto: ciò che i consumatori “portano” (what consumers bring), ciò che i consumatori “incontrano” (what consumers encounter) e ciò che i consumatori “fanno”

(what consumers do).

36

Dholakia et al (2010) “Consumer Behaviour in a Multichannel, Multimedia retailing Environment” - Journal of Interactive Marketing

(32)

32 . What Consumers Bring - ciò che i consumatori “portano”

I consumatori possiedono numerose caratteristiche che influenzano la scelta di usare un determinato canale o di spostarsi dall’uno all’altro; in tal senso essi “portano” queste caratteristiche nelle loro interazioni con i vari canali. Prima di tutto, come già accennato, i consumatori hanno degli obiettivi specifici per ciascun processo d’acquisto e per ciascuna fase dello stesso; alcuni di questi sono fissi, altri possono essere determinati dalla situazione del momento.

Inoltre, essi vengono influenzati nella loro scelta del canale da utilizzare da personali valori specifici (come, ad esempio, supportare business locali piuttosto che attingere dalle multinazionali). La scelta dei canali da utilizzare è guidata anche dalle precedenti esperienze, dai precedenti percorsi e processi d’acquisto e dalla percezione delle precedenti esperienze di canale. Direttamente collegato a questo fattore di influenza c’è quello dell’abitudine che, più o meno consciamente, dirige il consumatore verso un canale e/o lo scoraggia dall’utilizzarne un altro. Inoltre, i pregiudizi nei confronti di determinati canali esistono ed influenzano negativamente la scelta del consumatore di utilizzare tale canale.37

. What Consumers Encounter - ciò che i consumatori “incontrano”

Naturalmente un forte elemento di influenza nella scelta di utilizzare un canale o di migrare verso un altro è determinato dalle caratteristiche dei canali stessi. I consumatori valutano ciò che “incontrano” o che “incontreranno” nel canale che intendono sfruttare e scelgono o migrano verso quello che più si adatta agli obiettivi che caratterizzano il processo d’acquisto (o quella determinata fase del processo d’acquisto).38

. What Consumers Do - ciò che i consumatori “fanno”

Quando interagisce con un particolare canale, il consumatore può mettere in atto una varietà di comportamenti che dipendono fondamentalmente dall’obiettivo che lo muove all’interno di un determinato processo d’acquisto o di una data fase del processo stesso; questi obiettivi influenzano la scelta del canale da utilizzare e/o la migrazione verso un altro. Così ad esempio egli sceglierà il canale che ritiene migliore per la ricerca delle

37 Dholakia et al (2010) “Consumer Behaviour in a Multichannel, Multimedia retailing Environment” -

Journal of Interactive Marketing

38

Dholakia et al (2010) “Consumer Behaviour in a Multichannel, Multimedia retailing Environment” - Journal of Interactive Marketing

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33 informazioni, per la selezione del prodotto, per portare a termine la transazione, per testare il prodotto, per rilasciare un feedback sul prodotto ecc..; egli potrebbe scegliere di compiere tutte queste fasi attraverso un canale, oppure muoversi tra i canali nelle varie fasi assecondando quelli che sono gli obiettivi che vanno via via delineandosi all’interno del processo d’acquisto.39

Secondo lo studio condotto da Dholakia et al sono questi i tre macrofattori che influenzano la scelta e la migrazione tra i canali all’interno di un processo d’acquisto. La loro combinazione potrebbe produrre diversi percorsi nel sentiero che porta il consumatore alla soddisfazione dei propri bisogni.

Il prossimo paragrafo tratterà, appunto, della profonda evoluzione subita dal processo d’acquisto del consumatore alla luce della moltiplicazione dei percorsi che, incrociandosi e sovrapponendosi nello sviluppo delle varie fasi di cui esso si scompone, collegano gli individui ai prodotti ed ai servizi offerti.

2.5 MULTICANALITA’ E

L’EVOLUZIONE DEL PROCESSO D’ACQUISTO

L’avvento del mercato multicanale ha portato ad una profonda evoluzione del processo d’acquisto del consumatore che, alla luce dei nuovi strumenti messi a disposizione dalla rivoluzione digitale, fa sì che tale processo si arricchisca di nuovi elementi all’interno di ciascuna delle tre fasi di cui si compone: la fase che precede l’acquisto, l’acquisto e quella ad esso successiva.

Di seguito analizzeremo i customer journeys (processi di acquisto) di tre tipologie di prodotti - un televisore 32”, un giubbotto invernale e una cassa di acqua minerale - evidenziando i nuovi possibili percorsi, in ciascuna delle tre fasi, che il mercato multicanale mette a disposizione del consumatore.

39

Dholakia et al (2010) “Consumer Behaviour in a Multichannel, Multimedia retailing Environment” - Journal of Interactive Marketing

(34)

34

.Customer Journey n°1:

TELEVISORE 32”

FASE I: PRE-ACQUISTO (ricerca di informazioni)

CANALE TRADIZIONALE

Il consumatore può affidarsi al canale tradizionale per la ricerca delle informazioni e rivolgersi alle cosiddette “agenzie fisiche” per rispondere alle esigenze che questa particolare fase del processo d’acquisto richiede.

Egli, quindi, visiterà i negozi rivenditori di televisori per guardare il prodotto, valutarne le caratteristiche (immagine, suono, dimensioni, ecc..), toccarlo con mano, chiedere informazioni agli esperti presenti nel punto vendita e valutare possibili offerte.

Chiederà consigli ad amici che hanno acquistato di recente un televisore e/o ad amici esperti di prodotti tecnologici (passaparola).

CANALE DIGITALE

Il consumatore, in alternativa o parallelamente, può decidere di scegliere il percorso virtuale per acquisire quelle informazioni che utilizzerà poi nelle fasi decisionali del processo.

Egli, quindi, visiterà i siti dei brand presenti nel proprio set-evocato

http://www.philips.it/ - http://www.samsung.com - https://www.sony.it/ -

http://www.lg.com/it

per:

. ricercare informazioni relative ai vari modelli disponibili

. ricercare informazioni relative alle specifiche tecniche dei vari modelli presi in considerazione (immagine, suono, dimensioni, ecc..)

. ricercare informazioni relative al prezzo (almeno una sua indicazione) . consultare le recensioni presenti sul sito ufficiale relative al modello o ai modelli presi in considerazione

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