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Apprendimento associativo, in condizioni di ricompensa o pericolo, in Psyttalia concolor(Szépligeti), imenottero parassitoide di ditteri tefritidi di importanza economica

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INDICE

PREMESSA 2 1. Introduzione 4 1.1 I Ditteri Tefritidi 4 1.1.1 Bactrocera oleae 5 1.1.2 Ceratitis capitata 7

1.2 La ricerca dell’ospite negli imenotteri parassitoidi 8

1.3 Psyttalia concolor 11

1.3.1 Introduzione 11

1.3.2 Comportamento riproduttivo in Psyttalia concolor 13

1.3.3 Comportamento di ricerca dell’ospite in Psyttalia concolor 15

1.3.4 Psyttalia concolor: tentativi di acclimatazione e di lotta biologica in Italia 17

2. Psyttalia concolor - Ipotesi sperimentale/1: Può uno stimolo olfattivo non attrattivo

diventare attrattivo se associato ad una ricompensa alimentare? 19

2.1 Introduzione 19

2.2 Materiali e Metodi 21

2.2.1 Allevamento del parassitoide e del suo ospite 21

2.2.2 Osservazioni generali 21

2.2.3 Condizionamento del parassitoide 22

2.2.4 Prove di apprendimento associativo 23

2.2.5 Analisi statistica dei dati 24

2.3 Risultati 24

2.4 Discussione 28

3. Psyttalia concolor - Ipotesi sperimentale/2: Può uno stimolo attrattivo diventare non

attrattivo se associato ad una situazione di pericolo? 30

3.1 Introduzione 30

3.2 Materiali e Metodi 31

3.2.1 Allevamento del parassitoide e del suo ospite 31

3.2.2 Osservazioni generali 32

3.2.3 Condizionamento del parassitoide 32

3.2.4 Prove di apprendimento associativo 33

3.2.5 Analisi statistica dei dati 33

3.3 Risultati 33

3.4 Discussione 36

4. Considerazioni conclusive 37

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PREMESSA

L’apprendimento è definibile come un cambiamento del comportamento dell’animale basato su una precedente esperienza. Quando tale cambiamento deriva dall’associazione di uno stimolo con una ricompensa o con una punizione l’apprendimento è definito di tipo associativo.

L’apprendimento associativo è stato dimostrato per molte specie di insetti parassitoidi e può interessare sia stimoli olfattivi (Takasu e Lewis 2003; Meiners et al. 2003; Costa et al. 2010) che stimoli visivi (Wäckers e Lewis 1999; Oliai e King 2000; Segura et al. 2007). Visto che i parassitoidi devono interagire con una larga varietà di stimoli durante la ricerca dell’ospite, l’apprendimento di stimoli olfattivi e visivi può rappresentare una strategia vantaggiosa per incrementarne le possibilità di localizzazione dell’ospite ed aumentarne in questo modo la fitness.

L’apprendimento associativo dei parassitoidi può avere applicazioni pratiche nell’ambito del controllo biologico degli insetti fitofagi. Infatti è possibile condizionare con uno stimolo olfattivo o visivo i parassitoidi allevati in laboratorio prima del loro rilascio in una data area. Una volta in campo è possibile che i parassitoidi utilizzino gli stimoli appresi nell’ambito del condizionamento in modo da aumentare la loro efficienza nella localizzazione dell’ospite ed incrementare la parassitizzazione così da ottenere, in ultima analisi, un miglior controllo dei fitofagi.

Psyttalia concolor (Szépligeti) (Hymenoptera Braconidae) è un endoparassitoide

coinobionte in grado di attaccare gli stadi larvali di almeno 14 specie di ditteri tefritidi, incluse specie di grande importanza economica come la mosca mediterranea della frutta,

Ceratitis capitata (Wiedemann), e la mosca delle olive, Bactrocera oleae (Rossi). In

questo lavoro di tesi è stata valutata la capacità delle femmine di P. concolor di associare degli stimoli olfattivi (HIPVs rilasciati da frutti di pesca infestati da larve di C. capitata) ad 1) un vantaggio (=cibo), 2) un pericolo (=shock elettrico).

Nell’esperimento 1 è stata verificata la capacità delle femmine di P. concolor di associare una ricompensa alimentare (stimolo incondizionato) alla presenza di uno stimolo olfattivo (stimolo condizionato) che per esse risulta innatamente non attrattivo. Ciò che si è inteso appurare, quindi, è se associando HIPVs non attrattivi ad uno stimolo gratificante la loro innata non attrattività potesse essere superata e tali composti potessero così essere resi attrattivi.

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Nell’esperimento 2 è stata valutata la capacità delle femmine di P. concolor di associare un pericolo (stimolo incondizionato) con la presenza di uno stimolo olfattivo (stimolo condizionato) che su di loro è innatamente attrattivo. Si è inteso dunque verificare se l’innata attrattività di specifici HIPVs potesse essere annullata associando tali composti ad un pericolo (shock elettrico).

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1. INTRODUZIONE

1.1I DITTERI TEFRITIDI

La famiglia dei tefriditi comprende circa 4500 specie di ditteri, diffuse nelle aree tropicali, subtropicali e temperate, alcune delle quali rappresentano un’enorme minaccia per le produzione agricole di tutto il mondo. Tra queste, i principali fitofagi chiave per l’agricoltura sono: i) Ceratitis capitata (Wiedemann) o mosca mediterranea della frutta, ii)

Bactrocera cucurbitae (Coquillet) o mosca del melone, iii) Bactrocera dorsalis (Hendel) o

mosca orientale della frutta, iv) Bactrocera oleae (Rossi) o mosca delle olive, v)

Anastrepha ludens (Loew) o mosca messicana della frutta e vi) Rhagoletis pomonella

(Walsh) o mosca della mela.

Molte delle specie appartenenti alla famiglia dei tefritidi risultano altamente polifaghe ed attaccano specie vegetali di importanza economica come mango, pesco, arancio, melo, pero, pomodoro, peperone e zucche (White e Elson-Harris 1992; Liu et al. 2013), mentre altre sono oligofaghe (Daane and Johnson 2010; Dong et al. 2013). Le larve di questa famiglia possono vivere da carpofaghe, nei capolini fiorali di composite e labiate, da fillominatrici oppure da rizofaghe. Esistono poi anche specie carpofaghe con tendenze antofaghe (es. B. cucurbitae). Le femmine delle specie carpofaghe ovidepongono all’interno dei frutti ed il conseguente sviluppo della larva porta alla precoce caduta dei frutti ed al loro imputridimento.

A causa del noto potenziale invasivo di queste specie, molti paesi produttori di frutta hanno imposto rigidi vincoli di quarantena all’importazione di frutti provenienti dai paesi nei quali è stata accertata la presenza di una particolare specie di mosca della frutta.

Il controllo dei tefritidi di interesse agronomico, vista la pericolosità che questi rappresentano per le colture, è prevalentemente chimico, di tipo larvicida e/o adulticida, condotto con insetticidi convenzionali. Oltre ai mezzi chimici anche i mezzi biotecnici (tecnica del maschio sterile, utilizzo di repellenti ed attrattivi) godono di un’ampia applicazione. Come attrattivi vengono impiegate trappole chemiotropiche (a base di composti ammoniacali, di feromoni e paraferomoni) e cromotropiche. Tra i repellenti si segnala l’uso degli OMPs (oviposition marking pheromones) ovvero di feromoni ad azione deterrente rilasciati dalle femmine dopo l’ovideposizione. Gli OMPs sono stati utilizzati in campo contro Anastrepha obliqua (Macq.), C. capitata e Rhagoletis cerasi (L.) con notevoli riduzioni delle infestazioni a carico dei frutti (Silva et al. 2012).

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Un’ulteriore applicazione degli OMPs è rappresentata dal loro utilizzo nell’ambito del controllo biologico mediante nemici naturali. Infatti è stato dimostrato che la percezione degli OMPs emessi dai tefritidi (R. pomonella e Rhagoletis basiola) da parte dei loro parassitoidi (es. l’imenottero braconide Opius lectus Gahn e lo pteromalide Halticoptera

rosae Burks) può aumentarne le probabilità di successo nella ricerca dell’ospite (Prokopy e

Webster 1978; Roitberg e Lalonde 1991; Hoffmeister et al. 2000; Wang e Messing 2003). Visto poi che gli imenotteri parassiti sono in grado di apprendere stimoli olfattivi derivanti dai loro ospiti (Ngumbi et al. 2012) allora sarebbe possibile allenare i parassitoidi con gli OMPs prima del loro rilascio in modo da migliorare le loro prestazioni di ricerca dell’ospite in campo (Benelli et al. 2014b).

Numerose sono le specie di insetti nemici naturali delle larve e delle pupe dei tefritidi. Gli imenotteri calcidoidei e braconidi sono i principali parassitoidi degli stadi larvali sulla pianta, mentre i coleotteri carabidi e stafilinidi, le formiche e gli uccelli agiscono sulle pupe a livello del terreno. Tra gli imenotteri braconidi, la subfamiglia degli Opiinae presenta alcuni dei più importanti parassitoidi delle mosche della frutta (Wharton 1997). Le femmine ovidepongono nell’uovo o nella larva del loro ospite e l’adulto sfarfalla poi dal pupario dell’ospite stesso (Fischer 1971; Rugman-Jones et al. 2008).

Nell’area mediterranea, i tefritidi considerati più pericolosi per le produzioni sono la mosca mediterranea della frutta, C. capitata e la mosca delle olive, B. oleae.

1.1.1 Bactrocera oleae

La mosca delle olive è il più importante insetto dannoso per l’olivo nell’area mediterranea; recentemente è stato individuato anche in California dove costituisce una seria minaccia per la produzione olivicola (Rice et al. 2003). Si tratta di una specie monofaga e polivoltina; in Italia, in funzione della latitudine e dell’altitudine, dell’andamento climatico e della disponibilità di frutti sulla pianta anche nel corso dell’inverno, può svolgere da 2-3 fino a 4-5 generazioni all’anno. La femmina è in grado di deporre le uova nelle olive appena ingrossate e le larve che ne schiudono si cibano del mesocarpo, scavando nel frutto una galleria. Le femmine possono anche solamente pungere l’oliva con l’ovopositore senza ovideporre, per nutrirsi del liquido che fuoriesce dalla ferita.

I danni economici dovuti agli attacchi della mosca interessano sia le olive da tavola, che non rispondono più agli standard qualitativi richiesti dal mercato, che quelle destinate alla produzione di olio. Per queste si riscontrano sia danni quantitativi, legati alla cascola delle olive attaccate e ad una riduzione della resa in olio, sia danni qualitativi, molto più

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importanti e che si manifestano come alterazioni chimico-fisiche ed organolettiche dell’olio: aumento dell’acidità e del numero di perossidi e riduzione del contenuto in polifenoli (Delrio et al. 1995).

Per quanto riguarda i metodi di lotta adottati contro B. oleae, l’uso di insetticidi rappresenta il metodo di controllo più comunemente impiegato (Delrio 2006). Questa tipologia di lotta può essere di tipo curativo (o larvicida), realizzata mediante trattamenti in copertura con esteri fosforici (prevalentemente Dimetoato o Imidacloprid), oppure di tipo preventivo (o adulticida), che si effettua con trattamenti localizzati ad una parte della chioma con esche proteiche avvelenate con l’insetticida (in genere piretroidi). I residui riscontrati nell’olio così come l’impatto sull’entomofauna utile risultano inferiori nella lotta preventiva rispetto a quella curativa (Delrio 1981; Leandri et al. 1993; Petacchi e Minocci 1994) a causa di un consumo minore di insetticidi ed alla distribuzione delle esche localizzata su una parte della chioma.

Un particolare sviluppo ha avuto recentemente il metodo delle catture massali (mass-trapping) grazie al miglioramento delle tecniche di attrazione e di cattura/abbattimento delle mosche. Tale metodo si basa sull’uso di dispositivi di carta plastificata contenenti bicarbonato d’ammonio e feromone sessuale femminile e trattati con piretroidi; questi dispositivi attraggono gli adulti dei due sessi e ne provocano la morte in virtù del contatto tra l’insetto e la superficie del dispositivo trattata con l’insetticida.

Tra i metodi di lotta alternativi si segnalano i composti rameici, sperimentati con risultati positivi (Baldacchino e Simeone 2002; Sacchetti et al. 2002; Lentini et al. 2005) ed i repellenti a base di argilla che, utilizzati in copertura con 3-4 trattamenti, possono ridurre significativamente l’infestazione (Caleca et al. 2005; Perri et al. 2005).

Non va poi dimenticata l’azione di controllo esercitata contro la mosca delle olive dai suoi insetti nemici naturali. Essi sono rappresentati da: i) Eurytoma martelli (Domenich.), ii)

Eupelmus urozonus (Dalm.), iii) Pnigalio agraules (Walk.), imenotteri calcidoidei ectofagi

e iv) Psyttalia concolor (Szépligeti), imenottero braconide endoparassitoide. L’impiego di questo braconide in programmi di controllo biologico è noto da tempo in Italia ed in altri paesi mediterranei, quali la Spagna e la Grecia, dove è stato rilasciato con lanci inondativi con successi limitati (Tzanakakis 2006; Daane e Johnson 2010), e più recentemente anche in California (Yokoyama et al. 2008).

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1.1.2 Ceratitis capitata

La mosca mediterranea della frutta è una specie altamente polifaga, in grado di attaccare almeno 250 specie vegetali comprese specie tropicali e subtropicali come banano, caffè, mango, papaia, e specie che crescono in climi temperati come albicocco, agrumi, pesco, melo, pero, ed anche specie orticole quali fragola, peperone e pomodoro. La sua origine può probabilmente essere individuata nell’Africa sub-sahariana ed oggi è ampiamente diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, nel Vicino Oriente, nel Centro e Sud America, nell’Australia occidentale e nelle Hawaii. In Italia, la sua presenza è stata documentata per la prima volta nel 1863 in Calabria (Martelli 1910).

Nel nostro paese presenta fino a 7 generazioni all’anno nel meridione, valore che scende a 2-4 man mano che ci si sposta verso il nord a causa delle temperature più fredde. La femmina depone le uova all’interno del frutto in gruppi di 3-7 e le larve si sviluppano a spese della polpa del frutto che va così incontro a marciume e cascola precoce.

Ad oggi i metodi di lotta contro C. capitata si basano essenzialmente sul mezzo chimico mediante l’utilizzo di insetticidi convenzionali (fosforganici e piretroidi) in trattamenti adulticidi e/o larvicidi. Negli interventi adulticidi l’insetticida può essere combinato con trappole innescate con proteine idrolizzate, sali di ammonio o con attrattivi feromonici.

Figura 1: Esemplari di Ceratitis capitata (Wiedemann) in copula (da Benelli et al. 2014b)

Per contenere le infestazioni di C. capitata è anche possibile ricorrere alla tecnica del maschio sterile - o lotta autocida - che consiste nel distribuire in campo maschi allevati in laboratorio e sterilizzati mediante radiazioni ionizzanti, ma che mantengono la loro competitività con i maschi selvatici. Questo metodo è stato utilizzato per la prima volta

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contro C. capitata nel 1959-1960 alle Hawaii con ottimi risultati. Si tratta comunque di un metodo di non facile applicazione a causa dei problemi tecnico-economici ed organizzativi che comporta. Uno di questi riguarda anche le difficoltà di accoppiamento dei maschi sterilizzati una volta rilasciati in campo; questi vengono respinti dalle femmine in percentuali maggiori rispetto ai maschi selvatici (Shelly e Whittier 1996; Lance et al. 2000; Lux et al. 2002). In alcuni casi ciò è da imputare a cambiamenti comportamentali dei maschi sterilizzati nel corteggiamento e nell’accoppiamento (Briceño e Eberhard 2000; Shelly 2012) rispetto a quelli selvatici.

Contro questo tefritide nel corso degli anni sono stati tentati anche programmi di controllo biologico mediante l’introduzione dei suoi nemici naturali. Il primo progetto fu intrapreso nel 1902 dal governo australiano (Wharton 1989) che inviò Compere a cercare gli antagonisti di C. capitata in giro per il mondo. Nel 1910 poi la mosca mediterranea della frutta fu rinvenuta nelle Hawaii dove divenne ben presto un serio pericolo; per questo nel 1912 Silvestri fu incaricato dal Dipartimento di Agricoltura hawaiano di individuarne i nemici naturali. Silvestri tornò dal suo viaggio con cinque specie di parassitoidi di C.

capitata ma di queste solo tre riuscirono a stabilizzarsi alle Hawaii: Dirhinus giffardii

(Silvestri) proveniente dalla Nigeria, Psyttalia humilis (Silvestri) introdotto dal Sud Africa e Biosteres tryoni (Cameron) importato dall’Australia.

Più di recente anche Israele, dove C. capitata è uno dei fitofagi chiave degli agrumeti, ha intrapreso la via del controllo biologico importando nel 2002 cinque imenotteri braconidi:

Fopius arisanus (Sonan), F. ceratitivorus (Wharton), F. caudatus (Szépl.), Diachasmimorpha krausii (Full.) e P. concolor (Argov et al. 2011).

1.2 LA RICERCA DELL’OSPITE NEGLI IMENOTTERI PARASSITOIDI

Il processo di ricerca dell’ospite da parte delle femmine degli imenotteri parassitoidi è costituito da una fase preliminare rappresentata dalla localizzazione del macrohabitat (habitat preference) e da un insieme di comportamenti successivi sinteticamente suddivisibili in (Vinson 1998; Canale e Benelli 2012):

1) Localizzazione dell’habitat dell’ospite (host habitat location) 2) Localizzazione dell’ospite (host location)

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4) Accettazione dell’ospite (host acceptance)

Nella localizzazione del macrohabitat intervengono fattori fisici, quali temperatura, luce, vento ed umidità, fattori ecologici, quali la presenza di rifugi e di fonti alimentari, la presenza o l’assenza di competitori e la presenza o l’assenza di predatori, e fattori semiochimici di diversa origine come i composti volatili stabilmente prodotti dalle piante (Vinson 1991).

La localizzazione dell’habitat dell’ospite (o localizzazione del microhabitat) e dell’ospite stesso invece è guidata da stimoli di natura chimica e fisica. Gli stimoli chimici coinvolti nella localizzazione dell’habitat dell’ospite sono costituiti soprattutto da sostanze volatili, direttamente o indirettamente associate all’ospite, in grado di agire a lungo raggio sul parassitoide. Esse vengono prodotte da fonti differenti rappresentate dalla pianta, dall’ospite e dagli organismi associati all’ospite.

Gli stimoli chimici prodotti dalla pianta sono costituiti dalle sostanze rilasciate in conseguenza al danno prodotto dai fitofagi e note come HIPVs (herbivore-induced plant volatiles). Il ruolo chiave degli HIPVs nelle ricerca dell’ospite è noto fin dagli anni ’90 quando si è iniziato a dimostrare per molte specie di piante che i composti volatili indotti dall’attività trofica degli insetti sono utilizzati come stimoli per la ricerca da parte dei parassitoidi degli insetti fitofagi (Dicke e Sabelis 1988; Hare 2011; Kaplan 2012).

I volatili emessi dalle piante attaccate dagli erbivori sono qualitativamente e/o quantitativamente dipendenti da: specie - cultivar - stadio di sviluppo della pianta, specie - stadio di sviluppo dell’erbivoro (Takabayashi e Dicke 1996; Dicke 1999; Sabelis et al. 2007). Numerosi studi condotti su differenti specie di parassitoidi, inclusi pteromalidi (Belda e Riudavents 2010), encirtidi (James e Grasswitz 2005), mimaridi (Krugner et al. 2008) ed icneumonidi (Orre et al. 2010), hanno dimostrato che le femmine accoppiate risultano fortemente attratte da specifici composti volatili che derivano da piante attaccate dagli erbivori. A risultati analoghi è giunto anche un lavoro recente effettuato sul braconide

P. concolor il quale dimostra che le femmine accoppiate sono attratte da alcuni composti

volatili estratti da pesche (etil octanoato, decanale, 4-decanolide) e mele (1-butil butilato, 1-butil esanoato) infestate dalle larve di C. capitata (Benelli et al. 2013a).

Gli stimoli chimici derivanti dall’ospite utilizzati nella localizzazione dell’habitat dell’ospite vengono prodotti da uno stadio differente rispetto a quello attaccato dal parassitoide e sono rappresentati dai feromoni sessuali prodotti dagli individui adulti, la cui attrattività è stata dimostrata per molte specie di imenotteri inclusi i braconidi. Reddy et al.

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(2012) ad esempio riportano che le femmine accoppiate di Cotesia vestalis (Haliday) risultano attratte dal feromone sessuale prodotto dalle femmine del loro ospite Plutella

xylostella (L.). Anche Apanteles ruficrus (Haliday) e Microplitis rufiventris (Kok)

utilizzano il feromone sessuale rilasciato dall’ospite nella ricerca di quest’ultimo (Powell 1999). Un lavoro recente (Benelli et al. 2014a) invece mostra che le femmine di P.

concolor sono attratte dal feromone sessuale (Z)-9-tricosene (ZT, noto anche come

muscalure) il quale viene prodotto dai maschi sessualmente maturi di B. oleae per attrarre le femmine conspecifiche. Tale risultato suggerisce che le femmine di P. concolor utilizzino il feromone sessuale maschile come cairomone di ricerca per individuare un’area nella quale, essendo presumibilmente avvenuto l’accoppiamento di B. oleae, possono trovarsi olive infestate dall’ospite nelle quali ovideporre.

Anche gli organismi associati all’ospite producono semiochimici in grado di attirare il parassitoide. Ad esempio il fungo Monolinia fructicola, presente nelle pesche in putrefazione e spesso associato alla presenza di larve di ditteri tefritidi, produce acetaldeide che risulta attrarre Biosteres longicaudatus Ashmead, imenottero braconide parassitoide del dittero tefritide Anastrepha suspensa Lowe (Greany et al. 1977). Madden (1968) poi riporta che diverse specie di icneumonidi localizzano le gallerie prodotte negli alberi dai loro ospiti, appartenenti al genere Sirex, attraverso i composti chimici rilasciati dai funghi associati con gli ospiti stessi. I composti chimici coinvolti invece nella localizzazione dell’ospite sono caratterizzati da una ridotta volatilità ed hanno come fonte l’ospite. Essi sono rappresentati da feci o altri prodotti metabolici, secrezioni di difesa e secrezioni associate all’alimentazione (Vinson 1991).

Per quanto riguarda i fattori fisici coinvolti nell’individuazione dell’ospite e del suo habitat questi sono costituiti dagli stimoli visivi.

L’attività edafica dell’ospite sulla pianta può provocare lesioni, essiccazioni, galle, mine fogliari, cambiamenti cromatici o di brillantezza che possono essere visivamente percepiti dal parassitoide (Fischer et al. 2003; Segura et al. 2007). Pertanto, colore, forma e dimensione possono essere utilizzati dai parassitoidi nella localizzazione dell’ospite e del suo habitat (Michaud e Mackauer 1994; Hoffmeister et al. 1999; Fischer et al. 2003; Lobdell et al. 2005; Benelli e Canale 2012a). I colori sembrano essere lo stimolo principale a lunga distanza, vista la scarsa risoluzione degli occhi degli insetti (Brown et al. 1998), mentre le informazioni che riguardano la forma sono percepite solo a distanze più brevi (Wäckers e Lewis 1999).

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Anche le vibrazioni prodotte dai movimenti e dall’alimentazione del fitofago (substrate-borne cues) guidano il processo di ricerca del parassitoide e sembrano coinvolte nella localizzazione e nel riconoscimento dell’ospite (Meyhofer e Casas 1999). Lawrence (1981) riporta che B. longicaudatus risponde alle vibrazioni del substrato prodotte dall’attività edafica del suo ospite A. suspensa. Anche l’imenottero braconide Asobara tabida Nees utilizza le vibrazioni prodotte dal movimento dalle larve di Drosophila per orientare i suoi tentativi di penetrazione dell’ospite con l’ovopositore (Sokolowski e Turlings 1978; Janssen 1989). Nel riconoscimento dell’ospite intervengono anche stimoli fisici derivanti dall’ospite quali forma e dimensione, e stimoli chimici scarsamente volatili provenienti dalla superficie dell’ospite (Vinson 1991; Schmidt 1991). Infine, l’accettazione dell’ospite sembra essere principalmente guidata da molecole idrosolubili presenti all’interno del corpo dell’ospite che agiscono da stimolanti per l’ovideposizione (Vinson 1991, 1998).

1.3 PSYTTALIA CONCOLOR

1.3.1 Introduzione

Psyttalia concolor è un imenottero braconide endoparassita coinobionte degli stadi larvali

di molti tefritidi. Attacca almeno 14 specie di tefritidi presenti su piante differenti, coltivate e/o selvatiche. Tra i suoi ospiti si ritrovano fitofagi di grande interesse economico come la mosca mediterranea della frutta, C. capitata e la mosca delle olive, B. oleae.

Figura 2: Femmina di Psyttalia concolor (dalla copertina di Naturwissenschaften 2014 ; cfr.

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L’adulto è lungo 3-4 mm ed è di colore castano chiaro, con antenne fulvo-bruno, come la parte distale delle tibie posteriori ed i tarsi. L’ovopositore è sporgente per poco meno della lunghezza del gastro. La sua evoluzione pre-immaginale si ottiene attraverso 3 stadi larvali. Dall’uovo, di tipo imenotteriforme, deposto nelle larve dell’ospite, si ottiene una larva di prima età mandibolata, con un paio di appendici protoraciche. Questa, alla fine del suo sviluppo, si presenta molto ingrossata e curva. La larva di seconda età è sacciforme, non mandibolata ed apneustica. La larva matura, generalmente orientata con il capo verso la parte anteriore della pupa dell’ospite, è imenotteriforme, con 9 paia di stigmi e produzioni spiniformi sul tegumento, presenti anche negli stadi precedenti.

Tefritidi ospiti Principali frutti attaccati References

Anastrepha suspensa (Loew) Eugenia uniflora L. Psidium guajava L. Prunus persica (L.) Batsch Syzygium jambos L. (Alston)

Terminalia catappa L.

Wharton e Gilstrap (1983)

Bactrocera oleae (Rossi) Olea spp. Marchal (1910)

Bactrocera pedestris (Bezzi) Numerosi frutti tropicali Silvestri (1914) Capparimyia savastani (Martelli) Caper spp. Biliotti e Delanoue

(1959) Carpomya incompleta (Becker) Zizyphus sativa Gaert.

Zizyphus lotus (L.) Lam.

Silvestri (1914) Ceratitis capitata (Wiedemann) Argania spinosa (L.)

Skeels Coffea spp.

Lycium subglobosum Dunal

Prunus persica (L.) Batsch

Féron (1952), Favard (1958), Kimani-Njogu et al. (2001)

Ceratitis (Pterandrus) colae Silvestri Cola acuminata (P. Beauv. ) Schott & Endl.

van Zwaluwenberg (1936)

Ceratitis (Ceratalaspis) cosyra (Walker) Mangifera indica L. Psidium guajava L.

van Zwaluwenberg (1936)

Ceratitis (Ceratalaspis) giffardi Bezzi Annona cherimola Mill. Sclerocarya birrea (Hochst.)

Silvestri (1914) Ceratitis (Pardalaspis) punctata (Wiedemann) Theobroma cacao L. van Zwaluwenberg

(1936) Ceratitis rosa (Karsch) Malus domestica Borkh.

Prunus persica (L.) Batsch Numerosi frutti tropicali

Kinami-Njogu et al. (2001)

Dacus ciliatus Loew (= brevistylus Bezzi) Citrullus spp. Cucumis spp. Cucurbita spp.

Munro (1932), Favard (1958)

Trirhithrum coffeae Bezzi Coffea spp. Kimani-Njogu et al.

(2001)

Trirhithrum nigrum Graham Coffea spp. van Zwaluwenberg

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La specie P. concolor è stata descritta per la prima volta in Tunisia da Marchal (1910) che la ottenne da olive infestate da B. oleae. Essa è stata utilizzata in Italia ed in altri paesi mediterranei per il controllo biologico della mosca delle olive mediante metodi inondativi e propagativi (Tzanakakis 2006; Wang et al. 2009; Daane e Johnson 2010).

Recentemente è stata impiegata anche negli oliveti della California nell’ambito di un programma di lotta biologica (Yokoyama et al. 2008).

1.3.2 Comportamento riproduttivo in Psyttalia concolor

Il comportamento di corteggiamento e accoppiamento in P. concolor, può essere sinteticamente così riassunto (Benelli et al. 2012a):

I) Latency: il maschio rimane fermo

II) Walking and drumming activity: il maschio inizia a camminare e a compiere un’intensa serie di movimenti antennali (antennal drumming) mentre le ali sono tenute sopra l’addome

III) Arrestment and antennal waving: quando il maschio si trova nelle vicinanze della femmina smette di camminare e cessa il drumming mentre inizia a muovere le antenne in varie direzioni

IV) Wing fanning: il maschio inizia a corteggiare la femmina compiendo dei caratteristici movimenti alari durante i quali le ali sono sollevate e vengono mosse ritmicamente in direzione dorso-ventrale

V) Copulation attempt: il maschio si avvicina alla femmina con uno o più (quando la femmina si rivela non recettiva) tentativi di accoppiamento montando la femmina da dietro, quindi si allinea all’asse del corpo della femmina e cerca di posizionare le sue antenne tra quelle della femmina muovendosi rapidamente da fianco a fianco e compiendo ripetuti reciproci contatti con le antenne. La femmina recettiva rimane ancora ferma mentre il maschio vibra le ali

VI) Acceptance: la femmina assume la posizione di accettazione piegando le ali sull’addome e portando indietro le antenne sulle ali

VII) Copula: a questo punto il maschio si muove all’indietro e curva l’addome verso il basso. Durante la copula la femmina rimane completamente immobile mentre il maschio continua i contatti antennali con la testa ed il torace della femmina. La copula termina quando la femmina inizia a camminare e il maschio scende dalla femmina.

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La sequenza dei momenti che portano all’accoppiamento in P. concolor, molto simile a quella descritta per altri braconidi (Antolin e Strand 1992; Kimani e Overholt 1995; Rungrojwanich e Walter 2000; De Freitas et al. 2004; McClure et al. 2007; Xiong 2008), può essere comunque suddivisa in tre fasi principali: i) corteggiamento, caratterizzato dai movimenti antennali e dall’arresto del maschio e durante il quale gli stimoli chimici ed olfattivi ricoprono probabilmente un ruolo importante; ii) fase a corto raggio, dove si osserva il wing fanning e dove a giocare un ruolo chiave possono essere gli stimoli visivi e vibrazionali; iii) fase di contatto, nella quale avvengono i tentativi di accoppiamento ed i contatti antennali da parte del maschio. Qui probabilmente a essere predominanti sono gli stimoli acustici, tattili e meccanici (Benelli et al. 2012).

Le femmine di P. concolor si accoppiano una sola volta; del resto è noto che nei braconidi le femmine sono monandre e che gli accoppiamenti plurimi invece sono rari (Rungrojwanich e Walter 2000; De Freitas et al. 2004; McClure et al. 2007).

Tra gli esemplari di P. concolor non si osservano accoppiamenti che non siano preceduti da wing fanning. Nel corteggiamento compiuto dai maschi di molti braconidi il wing fanning può ricoprire molteplici ruoli: i) contribuire alla comunicazione (McClure et al. 2007; Joyce et al. 2010); ii) influenzare la recettività delle femmine (Field e Keller 1993; Kimani e Overholt 1995); iii) intensificare l’attività delle femmine (Sivinski e Webb 1989); iv) facilitare l’orientamento maschile verso le femmine (Vinson 1972).

È stato poi dimostrato che i maschi di P. concolor compiono wing fanning e tentativi di accoppiamento anche verso maschi conspecifici (Benelli et al. 2012), come già evidenziato anche per altri braconidi quali Aphidius ervi e Diachasmimorpha longicaudata (Sivinski e Webb 1989; Xiong 2008).

Un lavoro di Benelli e Canale (2012b) mostra che individui maschi di P. concolor corteggiati da altri maschi mentre sono ancora giovani acquisiscono una maggiore intensità (ovvero maggiore wing fanning e minori tempi di latenza prima dell’inizio dello stesso) nei

successivi corteggiamenti delle femmine senza influenzarne il successo

nell’accoppiamento. Ai medesimi risultati giunge un altro lavoro che indaga sugli effetti che esperienze di corteggiamento attivo nei confronti di giovani maschi conspecifici possono avere sui successivi corteggiamenti compiuti dai maschi di P. concolor (Benelli e Canale 2013a). Per quanto riguarda il significato del corteggiamento omosessuale in P.

concolor, considerando che si tratta di una specie proterandra in cui i maschi cercano di

accoppiarsi con le femmine neo-sfarfallate poco dopo la loro emergenza e tenendo conto dei risultati citati, si può ipotizzare che un’esperienza di corteggiamento omosessuale

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permetta ai maschi di perfezionare il loro corteggiamento e di mostrare una maggiore intensità nei successivi corteggiamenti di individui femminili (Benelli e Canale 2012; Benelli e Canale 2013a).

Poco dopo lo sfarfallamento i maschi di P. concolor iniziano la ricerca delle femmine; in merito ai fattori che possono guidare i maschi verso le femmine conspecifiche uno studio recente (Benelli e Canale 2013b) ha evidenziato l’attrattività esercitata nei confronti dei maschi di P. concolor da alcuni TIFVs (tephritid-induced fruit volatiles) estratti da frutti di pesca e mela infestati da larve di C. capitata. Così come alcuni TIFVs (pesca: etil octanoato, decanale, 4-decanolide; mela: 1-butilbutilato, 1-butil-esanoato) sono risultati attrattivi per le femmine di P. concolor, suggerendo che questi semiochimici svolgano un ruolo nella localizzazione dell’ospite (Benelli et al. 2013a), allo stesso modo i TIFVs (pesca: etil octanoato, acido nonanoico, acido decanoico, acido dodecanoico; mela: 1-butil butilato, 1-butil esanoato, 1-exil(E)-2-metilbutenoato) possono guidare i maschi verso frutti infestati in prossimità dei quali essi possono trovare femmine neo-sfarfallate.

A questo studio se ne aggiunge un altro (Benelli et al. 2014a) dal quale emerge che i maschi di P. concolor, vergini e accoppiati, sono attratti dal feromone sessuale (Z)-9-tricosene (ZT, noto anche come muscalure), prodotto dai maschi di B. oleae sessualmente maturi. Lo stesso feromone risulta attrattivo anche nei confronti delle femmine conspecifiche. Mentre l’attrattività dello ZT nei confronti delle femmine suggerisce che queste se ne servano come cairomone nella ricerca dell’ospite in cui ovideporre (foraging kairomone), l’attrattività sui maschi lascia supporre che questi lo utilizzino come cairomone sessuale, aumentando così la loro possibilità di localizzare femmine recettive neo-sfarfallate dalle pupe di B. oleae parassitizzate.

1.3.3 Comportamento di ricerca dell’ospite in Psyttalia concolor

In presenza dell’ospite la sequenza delle fasi che portano all’ovideposizione inizia con un periodo di latenza (40-50 secondi) durante il quale la femmina rimane ferma senza effettuare la ricerca dell’ospite. In questa fase le antenne sono mantenute larghe e sollevate dalla superficie ed i palpi passano da essere piegati parallelamente alla superficie ad essere portati in posizione perpendicolare. Dopo il periodo di latenza la femmina inizia a camminare velocemente sbattendo le antenne alternativamente sulla superficie (antennal drumming); durante il drumming le antenne sono posizionate in avanti e la porzione apicale è ricurva verso l’esterno in modo da essere a contatto con la superficie. Durante questa fase i palpi, sia quelli labiali che quelli mascellari, sono tenuti perpendicolari alla

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superficie ma senza toccarla. Quando invece la ricerca dell’ospite avviene in presenza di olive infestate da B. oleae è stato osservato che i palpi mascellari toccano la superficie dell’oliva durante la fase di drumming. Quando la femmina si trova in prossimità del punto in cui è collocato l’ospite i suoi movimenti antennali diventano più frequenti. L’esatta localizzazione dell’ospite è associata ad una tipica postura della femmina la quale si ferma sulla larva, tiene le antenne parallele alla superficie e forma tra queste una angolo di circa 180°. A questo punto la femmina, ferma nel punto in cui si trova l’ospite, piega l’addome e inserisce l’ovopositore nella larva (probing). Così facendo essa valuta il potenziale ospite per decidere se deporvi l’uovo oppure scartarlo. Generalmente la femmina ovidepone quando rimane con l’ovopositore inserito nella larva per almeno 30-40 secondi, in caso contrario si considera che abbia rifiutato l’ospite non avendolo valutato idoneo all’ovideposizione. All’ovideposizione, così come al rifiuto dell’ospite, segue la pulizia delle antenne e dei palpi attraverso un’apposita struttura a pettine presente sul primo paio di zampe e composta dallo sperone tibiale e dal primo segmento del tarso, e quella dell’ovopositore attraverso una struttura a spazzola collocata nella parte ventrale della tibia e del tarso del terzo paio di zampe. Questa struttura viene utilizzata anche per la pulizia della parte laterale dell’addome, delle ali e del secondo paio di zampe e per sfregare il terzo paio di zampe (Canale e Raspi 2000).

La sequenza di ricerca dell’ospite descritta per le femmine di P. concolor in presenza di larve di III età di C. capitata non presenta differenze con quella mostrata dalle stesse in presenza di larve di III età di B. oleae (Canale e Benelli 2012).

Per quanto riguarda l’ospite, le femmine di P. concolor non manifestano un’innata preferenza, larve di C. capitata e larve B. oleae si rivelano entrambe ugualmente idonee per l’ovideposizione. Allo stesso modo non si riscontrano differenze di preferenze tra larve di II e III età di C. capitata (Canale e Benelli 2012).

Esperimenti di host location condotti su femmine di P. concolor che avevano già avuto esperienze di parassitizzazione su larve di C. capitata e su larve di B. oleae hanno però evidenziato che l’esperienza è in grado di influenzare la preferenza nei confronti dell’ospite. Infatti femmine con esperienza di ovideposizione su larve di C. capitata cercano, e scelgono maggiormente, queste larve rispetto a quelle di B. oleae mentre femmine con esperienza di ovideposizione su larve di B. oleae cercano ed ovidepongono maggiormente nelle larve della mosca delle olive piuttosto che in quelle di C. capitata (Canale e Benelli 2012).

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Per quanto riguarda il ruolo dello stadio di sviluppo dell’ospite nella localizzazione e nell’accettazione dell’ospite, uno studio di Canale e Loni (2006) mostra che P. concolor ovidepone in larve di C. capitata sia di II sia di III età tuttavia la localizzazione delle larve di II età risulta significativamente minore rispetto a quella delle larve di III età. Considerando uno studio di Canale (2003) dal quale emerge che in P. concolor ospiti mobili inducono un maggiore livello di probing rispetto a ospiti immobili (ospite= larve di III età di C. capitata), si può ipotizzare che la minore localizzazione delle larve di II età sia imputabile alle minori vibrazioni prodotte da questo stadio durante la sua alimentazione ed il suo movimento (Canale e Loni 2006).

Così come accade per diverse specie di parassitoidi (van Alphen e Jervis 1996), anche le femmine di P. concolor possono superparassitizzare i loro ospiti (Raspi e Canale 2000) ovideponendo in larve già parassitizzate. E’ stato dimostrato che in larve di C. capitata di III età la condizione ottimale per ottenere la migliore risposta in termini di progenie è rappresentata da due uova per ospite (Canale 1998) mentre su larve di II età è sufficiente una singola ovideposizione per garantire lo sfarfallamento di P. concolor (Raspi e Canale 2000).

1.3.4 Psyttalia concolor: tentativi di acclimatazione e di lotta biologica in Italia

I primi tentativi di acclimatazione di P. concolor in Italia furono compiuti dal 1914 al 1929 da Silvestri che liberò a più riprese il braconide, importato dall’Africa settentrionale, in Calabria, Puglia, Campania, Lazio e Sicilia. In particolare, nel 1923 più di 65.000 esemplari vennero liberati nelle province di Salerno e Reggio Calabria e nel 1929 un ultimo tentativo venne effettuato a Caltanissetta (Silvestri 1916; Silvestri 1922; Silvestri 1933; Fenili e Pegazzano 1962).

Nel 1958 circa 800 adulti di P. concolor furono distribuiti nelle province di Genova e La Spezia tra novembre e dicembre da Jannone e Binaghi (Jannone e Binaghi 1959). Sempre nello stesso anno in Toscana Fenili e Pegazzano tentarono l’introduzione del parassitoide nel grossetano (Alberese) e nell’Isola d’Elba (Fenili e Pegazzano 1962). Il parassita fu ritrovato solo tre anni più tardi in basse percentuali di parassitizzazione ad Alberese (0.18% di pupe parassitizzate) mentre in alte percentuali nell’Isola d’Elba (33.85-56.2%). Nel 1963 e 1964 il braconide fu nuovamente trovato nell’isola ma in percentuali molto basse mentre negli anni 1967 e 1968 non vi fu alcun ritrovamento di P. concolor ad Alberese (Fenili e Pegazzano 1965; Fenili e Pegazzano 1971).

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Una svolta decisiva per l’utilizzazione di P. concolor nella lotta biologica fu la realizzazione del primo allevamento di C. capitata su substrato artificiale nel 1950 (Marucci e Clansy 1950; Grison e al. 1950). In seguito infatti si verificò che il braconide era in grado di parassitizzare in laboratorio le larve di C. capitata (Sacantanis 1957). Così nel 1959 fu allestito il primo allevamento massivo di P. concolor utilizzando come ospite la mosca mediterranea della frutta (Biliotti e Delanoue 1959). La possibilità di allevare il braconide in laboratorio permise di utilizzarlo con il metodo inondativo, come dimostrano le prove effettuate a partire dal 1960 in Italia, principalmente ad opera dell’Istituto di Entomologia agraria di Palermo, in Francia, in Spagna e in Grecia ( Monastero e Genduso 1962 e 1963; Genduso 1967; Monastero 1967; Genduso 1981; Jimenez et al. 1990).

Negli anni 1992-1993 la sezione di Entomologia agraria dell’Università di Pisa ha liberato esemplari di P. concolor negli oliveti delle province di Imperia e Pisa, nel tentativo di acclimatare la specie (Raspi e Loni 1994). Negli anni del rilascio sono stati trovati pochi esemplari del braconide in Liguria mentre nessuno in Toscana. Ciò nonostante nel 1995 sono sfarfallati nel tardo autunno esemplari di P. concolor da olive infestate provenienti dal monte Pisano e da olive provenienti dal Parco Regionale della Maremma e raccolte tra fine ottobre e inizio novembre (Raspi et al. 1996).

Studi più recenti infine dimostrano che l’insetto è presente naturalmente nell’Italia peninsulare come dimostrano i rilevamenti compiti su mosca delle olive in tardo autunno in Sicilia, Sardegna meridionale e in varie zone della costa toscana (Raspi et al. 2007).

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2. Psyttalia concolor - Ipotesi sperimentale/1: PU0’ UNO STIMOLO

OLFATTIVO NON ATTRATTIVO DIVENTARE ATTRATTIVO SE

ASSOCIATO AD UNA RICOMPENSA ALIMENTARE?

2.1 INTRODUZIONE

Gli imenotteri parassiti nell’ambito della localizzazione dei loro ospiti utilizzano un’ampia varietà di stimoli compresi quelli visivi (Segura et al. 2007; Benelli e Canale 2012a), quelli olfattivi e quelli vibrazionali derivanti dal movimento e/o dalla attività trofica delle loro vittime (Meyhöfer e Casas 1999).

Gli stimoli olfattivi che le femmine dei parassitoidi utilizzano nella localizzazione delle loro vittime sono detti cairomoni di ricerca (foraging kairomone) e possono provenire da fonti diverse. Essi infatti comprendono semiochimici prodotti dall’ospite quali feromoni, idrocarburi cuticolari, feci ed altri prodotti metabolici (Ruther et al. 2002) e semiochimici prodotti dal microhabitat dell’ospite (Kaplan 2012). In riferimento a questi ultimi un esempio di fondamentale importanza è rappresentato dagli HIPVs (herbivore-induced plant volatiles) i quali vengono prodotti sistematicamente dalle piante in seguito all’attacco degli erbivori.

L’apprendimento, che è definito come un cambiamento comportamentale dell’animale basato su una precedente esperienza, permette alle specie animali di utilizzare nel modo migliore le caratteristiche peculiari di un dato contesto ecologico così da aumentare la loro fitness (Dukas 2008; Dukas 2013). Il successo riproduttivo dei parassitoidi è molto legato al numero ed alla qualità degli ospiti parassitizzati, vi è pertanto uno stretto legame tra il successo della localizzazione dell’ospite e la fitness del parassitoide. L’apprendimento associativo, definito come la creazione attraverso l’esperienza di un’associazione tra due stimoli o tra uno stimolo ed una risposta, è una strategia attraverso la quale i parassitoidi possono ottimizzare la loro ricerca dell’ospite (Vet et al. 1991; Wäckers e Lewis 1994). Il ruolo dell’apprendimento nel comportamento di ricerca dell’ospite da parte degli imenotteri parassiti è stato ampiamente studiato non solo per l’importante ruolo che questi insetti ricoprono nei programmi di lotta biologica contro i fitofagi ma anche perché sono animali da laboratorio ideali per testare diverse ipotesi sperimentali nell’ambito dell’ecologia comportamentale (Lewis e Takasu 1990; Tamò et al. 2006; Smid et al. 2007; Hoedies et al. 2011; Froissart et al. 2012: Ngumbi et al. 2012).

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L’apprendimento associativo è stato dimostrato per varie specie d’imenotteri parassitoidi. In alcuni casi è stato dimostrato l’apprendimento associativo di stimoli olfattivi (Takasu e Lewis 1996; Geervilet et al. 1998; Fukushima et al. 2002; Meiner et al. 2003; Ngumbi et al. 2012), in altri è stato dimostrato l’apprendimento associativo di stimoli visivi (Wäckers e Lewis 1999; Oliai e King 2000; Segura et al. 2007; Benelli e Canale 2012a). Il ruolo adattativo della capacità di apprendimento degli imenotteri parassitoidi è stato ampiamente studiato facendo ricorso all’approccio comparativo tra specie aventi differente grado di specializzazione (Bleeker et al. 2006; Gols et al. 2012, Ngumbi et al. 2012). Infatti, se l’apprendimento ha significato adattativo, ci si potrà aspettare l’esistenza di una correlazione tra l’ecologia di una specie e la sua capacità di apprendimento (Potting et al. 1997).

Per quanto ci è dato sapere, poco si conosce dell’apprendimento associativo degli stimoli olfattivi nei parassitoidi dei ditteri tefritidi (Dukas e Duan 2000). Pertanto, oggetto della presente tesi sperimentale è l’approfondimento di tale apprendimento in questi parassitoidi attraverso lo studio dell’apprendimento associativo di stimoli olfattivi nell’imenottero braconide P. concolor. Un lavoro recente condotto su P. concolor ha dimostrato che un blend sintetico che riproduce gli odori emessi da frutti di pesca infestati da larve del tefritide C. capitata risulta attrattivo nei confronti delle femmine del braconide (Benelli et al. 2013a). L’attrattività di tale blend è dovuta a specifici HIPVs (etil octanoato, decanale, 4-decanolide) mentre altri (quali acido nonanoico, acido decanoico e geranil acetone), nonostante siano risultati elettrofisiologicamente percepiti dalle femmine di P. concolor, non risultano esercitare su di loro alcuna innata attrattività (Benelli et al. 2013a).

Visto che le femmine di P. concolor possono percepire questi HIPVs in associazione con risorse essenziali quali cibo (essudati zuccherini provenienti da frutti infestati dai ditteri tefritidi) ed ospite, allora si ipotizza che queste possano imparare a rispondere favorevolmente a tali stimoli nelle esperienze successive. Sulla base di questo nel presente lavoro valutiamo la capacità di apprendimento associativo di questi stimoli olfattivi indotti dall’ospite nelle femmine di P. concolor.

Quello che si è voluto indagare è se le femmine di questo parassitoide siano in grado di associare una ricompensa alimentare (stimolo incondizionato) a differenti dosaggi di tre HIPVs derivanti da pesche infestate da C. capitata (stimolo condizionato) e per natura non attrattivi, così da sviluppare per questi semiochimici una preferenza.

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2.2 MATERIALI E METODI

2.2.1 Allevamento del parassitoide e del suo ospite

L’allevamento di P. concolor e del suo ospite C. capitata è effettuato presso il Laboratorio di Entomologia dell’Università di Pisa continuativamente dal 1990. Il ceppo originario di

P. concolor deriva da olive infestate raccolte a Palermo nel 1990. Durante gli anni di

allevamento la popolazione del braconide è stata rinnovata tre volte (1995, 1998 e 2004) attraverso l’introduzione di esemplari selvatici provenienti da olive infestate raccolte in Toscana (1995 e 1998) ed in Calabria (2004).

Il parassitoide ed il suo ospite sono stati allevati come descritto da Canale e Benelli (2012). Le unità di produzione di C. capitata sono rappresentate da gabbie cilindriche in PVC contenenti ognuna circa 2000 individui adulti (maschi/femmine=1:1) i quali vengono alimentati con una dieta secca costituita da zucchero ed estratto di lievito in rapporto 10:1. Le uova prodotte da C. capitata vengono raccolte ogni due giorni e distribuite all’interno di vaschette di plastica (50×15×2 cm) contenenti ciascuna 0.5 kg di substrato colturale il quale è costituito da lievito, farina di erba medica, zucchero, benzoato sodico ed acido citrico. Da queste vaschette si ottengono le larve di III età di C. capitata che vengono parassitizzate dalle femmine di P. concolor. Le gabbie per l’allevamento di P. concolor sono formate da tubi di plexiglas trasparente (diametro 40 cm e lunghezza 50 cm) all’interno dei quali sono presenti circa 1500 adulti (maschi/femmine=0.3-0.5). Per permettere la parassitizzazione, all’interno delle gabbie di P. concolor vengono introdotti dei sacchetti di nylon a maglie contenenti ognuno circa 600-800 larve di III età di C.

capitata. Per ottenere un buon tasso di parassitizzazione le larve vengono lasciate nelle

gabbie del parassitoide per circa 15 minuti.

Dall’emergenza fino al loro utilizzo nei test i parassitoidi sono stati tenuti in gabbie cilindriche (diametro 40 cm e lunghezza 50 cm) [temperatura 21±1°C, umidità relativa 50±5% e fotoperiodo 16:8 (L:B)] ed alimentati con una soluzione zuccherina al 20% .

2.2.2 Osservazioni generali

Tutti gli esperimenti sono stati eseguiti in una stanza illuminata con luce al neon e con una temperatura di 21±1°C ed umidità relativa del 50±5%. I biosaggi sono stati eseguiti da ottobre a febbraio 2014 tra le ore 10.00 e le 16.00. Tutte le femmine di P. concolor utilizzate per i test erano accoppiate ed avevano un’età compresa tra 6 e 12 giorni. I parassitoidi sono stati allenati e testati in condizioni di two-choice test utilizzando 3 HIPVs

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artificiali caratteristici di frutti di pesca infestati da C. capitata e che non hanno alcuna innata attrattività sulle femmine di P. concolor (Benelli et al. 2013a). Tali HIPVs, utilizzati come stimolo condizionato, sono: 1) acido nonanoico, 2) acido decanoico, 3) geranil acetone.

2.2.3 Condizionamento del parassitoide

Scopo dei test è valutare se le femmine accoppiate di P. concolor siano in grado di associare una ricompensa alimentare (stimolo incondizionato) con la presenza di differenti dosaggi di tre HIPVs (stimolo condizionato) arrivando così a sviluppare una preferenza per degli odori che altrimenti non risulterebbero attrattivi.

Tutte le femmine testate, per le 48 ore precedenti alla fase di allenamento sono state private del cibo. L’allenamento è stato eseguito all’interno di una capsula Petri (diametro 50 mm e altezza 30 mm). Per ogni HIPV sono state testate due concentrazioni: 1µg/µL e 10µg/µL. Durante l’allenamento l’arena conteneva un piccolo disco di carta da filtro (diametro 10 mm) trattato con 2 µL di una soluzione contenente del solvente (esano) ed uno specifico HIPV (stimolo condizionato) e, in prossimità del filtro, un piccolo dispenser di plastica (diametro 10 mm ed altezza 0.5 mm) contenente un tampone di cotone trattato con 0.4 mL di una soluzione zuccherina al 20% (stimolo incondizionato). Per l’allenamento ogni femmina è stata trasferita con delicatezza all’interno dell’arena utilizzando una provetta di vetro ed è stata osservata alimentarsi sulla soluzione zuccherina per 20 sec. Terminati i 20 sec la femmina è stata rimossa dall’arena e collocata all’interno di una provetta di vetro fino al momento del test. Per ogni sessione di allenamento è stato rinnovato il filtro contenente l’HIPV. L’intervallo di tempo trascorso tra l’allenamento ed il test è stato di 2 min.

Come controllo si sono utilizzate femmine accoppiate di P. concolor esposte alla procedura appena descritta con la differenza che il filtro presente all’interno dell’arena non è stato trattato con alcuna soluzione. Le femmine del controllo (femmine naïve), quindi, mentre si sono alimentate non sono venute in contatto con gli HIPVs ma solamente con aria. Seguendo un lavoro di Ngumbi et al. (2012) durante l’allenamento si è scelto di utilizzare l’aria come controllo (e non il solvente) poiché non si può escludere l’apprendimento associativo del solvente da parte dei parassitoidi.

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2.2.4 Prove di apprendimento associativo

Per verificare l’apprendimento del parassitoide è stato messo a punto un two-choice test utilizzando l’arena descritta da Carpita et al. (2012). Questa è costituita da un’unità di plexiglas delle dimensioni di 150×150×30 mm al centro della quale si trova una camera circolare avente diametro di 40 mm dentro la quale viene rilasciato l’esemplare da testare. La camera centrale è collegata a due identiche camere attraverso due corridoi dritti lunghi 20 mm e larghi 10 mm disposti in modo da formare un angolo di 90°. Sull’arena è poi presente un pannello di vetro rimovibile il quale durante le prove impedisce all’insetto testato di fuggire (Fig. 1).

Durante la fase di test delle femmine di P. concolor, sia quelle allenate sia quelle naïve, una delle due camere laterali conteneva un pezzo di carta da filtro (diametro 10 mm) non trattato (= controllo) mentre l’altra conteneva un pezzo di carta da filtro analogo ma trattato con 2 µL della soluzione costituita da esano e da uno dei tre HIPVs testati. Ogni HIPV è stato testato a due concentrazioni: 1µg/µL e 10µg/µL.

Per ogni prova l’insetto è stato rilasciato con delicatezza all’interno della camera centrale ed osservato per 8 min. Si è ritenuto che la femmina avesse compiuto una scelta dopo essere entrata in una delle due camere ed esserci rimasta per più di 20 sec mostrando un Figura 1: Schema dell'arena utilizzata per i two-choice test (da Benelli et al. 2014c)

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comportamento di ricerca (walking, antennal drumming) (Canale e Benelli 2012). La prova è stata considerata conclusa una volta che la femmina aveva abbandonato lo stimolo scelto. Gli esemplari che non hanno compiuto alcuna scelta entro 7 min dal rilascio sono stati scartati.

Per ogni prova effettuata, sia per le femmine allenate che per quelle naïve, sono stati raccolti i seguenti dati: a) tempo di latenza (tempo intercorso tra il rilascio dell’insetto e la scelta dello stimolo), b) lo stimolo scelto, c) il tempo di permanenza sullo stimolo scelto (Benelli e Canale 2013b; Benelli et al. 2013).

Per ogni HIPV testato e per ogni concentrazione sono state eseguite 30 repliche. Gli stimoli sono stati rinnovati dopo ogni test, mentre l’arena è stata accuratamente lavata ogni 5 test con acqua tiepida e sapone, asciugata ed infine trattata con l’esano. Per escludere poi che la posizione dell’arena potesse avere un effetto sulla scelta, ogni 5 test l’arena è stata ruotata e la conseguente disposizione degli stimoli invertita.

2.2.5 Analisi statistica dei dati

In ogni choice-test, per confrontare il numero di femmine di P. concolor che hanno scelto un dato stimolo è stato utilizzato il test del χ2

con correzione di Yates. I dati concernenti il tempo di latenza ed al tempo di permanenza sono stati analizzati utilizzando un modello lineare generalizzato (GLM) con un fattore fisso: y = Xß + ε dove y è il vettore delle osservazioni (tempo di latenza, tempo di permanenza), X è la matrice di incidenza, ß è il vettore degli effetti fissi (il trattamento e le femmine allenate o naïve) e ε è il vettore dei residui effetti casuali. Per stabilire la significatività delle differenze tra i valori medi è stato adottato un livello di probabilità P<0.05.

2.3 RISULTATI

Analizzando i risultati delle prove si osserva che le femmine accoppiate del braconide P.

concolor rispondono favorevolmente agli stimoli olfattivi appresi. Infatti, i parassitoidi

allenati sui tre differenti HIPVs preferiscono l’odore associato alla ricompensa (cibo)

piuttosto che il controllo, sia per il dosaggio minore (acido nonanoico: χ2 = 5.63, d.f. = 1,

P<0.05; acido decanoico: χ2 = 5.63, d.f. = 1, P<0.05; geranil acetone: χ2 = 12.03, d.f. = 1,

P<0.05) che per quello maggiore (acido nonanoico: χ2 = 12.03, d.f. = 1, P<0.05; acido decanoico: χ2 = 12.03, d.f. = 1, P<0.05; geranil acetone: χ2 = 14.70, d.f. = 1, P<0.05) (Fig.

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2). Le femmine naïve, invece, non mostrano alcuna preferenza significativa per nessuno dei tre composti, né alla concentrazione minore né a quella maggiore (Fig. 2).

Figura 2: Effetto dell'apprendimento associativo sull’attrattività esercitata da tre differenti HIPVs

nei confronti di femmine accoppiate di P. concolor. Gli HIPVs sono stati testati all’interno di una arena in un two-choice test vs aria. Per ogni esperimento, l’asterisco indica differenze significative nelle scelte delle femmine di P. concolor ( test del χ2 con correzione di Yates, P<0.05; naïve = femmine che non hanno subito il condizionamento; trained = femmine condizionate mediante associazione tra stimolo e ricompensa alimentare) (da Canale et al. 2014)

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Per quanto riguarda i tempi di latenza, per le femmine trained non si osservano differenze tra quelle che scelgono lo stimolo associato alla ricompensa e quelle che scelgono il controllo (Tab. 1). Fa eccezione il risultato ottenuto per l’acido nonanoico alla concentrazione di 1µg/µl; in questo test, infatti, il tempo impiegato dalle femmine prima di scegliere l’HIPV è significativamente maggiore rispetto a quello impiegato dalle femmine che hanno scelto il controllo ( χ2 = 5.123, d.f. = 1, P = 0.023). Nelle prove che hanno coinvolto invece le femmine naïve non si osservano differenze nei tempi di latenza (Tab. 1).

In merito ai tempi di permanenza sullo stimolo, confrontando le femmine allenate e quelle naïve si osserva che sia le une che le altre non stazionano per più tempo sugli HIPVs rispetto al controllo (Tab. 2).

Female wasps Treatment A Latency (s) (±SE) Treatment B Latency (s) (±SE) χ2 d.f. P Compound Dosage (µg/µL) Trained Nonanoic acid 1 179.59 ± 36.65 Blank 36.00 ± 27.71 5.123 1 0.023 * 10 115.88 ± 26.06 209.20 ± 92.81 1.821 1 0.177 ns Decanoic acid 1 133.00 ± 25.28 200.25 ± 51.03 1.752 1 0.186 ns 10 204.32 ± 28.36 325.00 ± 44.46 3.297 1 0.070 ns Geranyl acetone 1 155.56 ± 28.53 185.60 ± 71.98 0.190 1 0.663 ns 10 157.88 ± 24.80 287.25 ± 95.08 3.243 1 0.072 ns Naïve Nonanoic acid 1 173.27 ± 30.15 Blank 182.07 ± 26.48 0.077 1 0.782 ns 10 166.56 ± 27.45 162.29 ± 30.46 0.830 1 0.362 ns Decanoic acid 1 145.11 ± 24.07 147.41 ± 24.95 0.029 1 0.865 ns 10 187.93 ± 28.32 194.87 ± 26.03 1.495 1 0.221 ns Geranyl acetone 1 170.94 ± 26.62 186.15 ± 26.93 1.972 1 0.160 ns 10 201.80 ± 33.61 211.67 ± 31.69 0.027 1 0.871 ns

Tabella 1: Tempo medio di latenza (sec) (± errore standard) speso da femmine di P. concolor

precedentemente esposte agli HIPVs unitamente ad una ricompensa alimentare (trained) o no (naïve). Per ogni riga, l’asterisco indica una differenza significativa; ns = mancanza di significatività; d.f.= grado di libertà (Modello Lineare Generalizzato, P<0.05) (da Canale et al. 2014)

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27 Female wasps Treatment A Time spent on the cue (s) (±SE) Treatment B Time spent on the cue (s) (±SE) χ2 d.f. P Compound Dosage (µg/µL) Trained Nonanoic acid 1 356.44 ± 36.17 Blank 392.25 ± 51.87 6.296 1 0.012 * 10 303.84 ± 29.85 270.80 ± 92.81 0.192 1 0.661 ns Decanoic acid 1 215.72 ± 26.69 258.12 ± 59.72 0.592 1 0.442 ns 10 231.52 ± 26.95 155.00 ± 44.46 1.501 1 0.221 ns Geranyl acetone 1 265.64 ± 28.93 294.40 ± 71.98 0.170 1 0.680 ns 10 266.26 ± 27.98 185.50 ± 98.45 1.065 1 0.302 ns Naïve Nonanoic acid 1 301.73 ± 36.67 Blank 326.40 ± 31.91 0.880 1 0.348 ns 10 291.56 ± 37.10 301.00 ± 39.84 3.695 1 0.060 ns Decanoic acid 1 220.72 ± 26.79 203.41 ± 36.62 0.012 1 0.913 ns 10 202.73 ± 27.63 208.27 ± 32.78 0.224 1 0.636 ns Geranyl acetone 1 268.24 ± 26.31 252.08 ± 41.97 0.399 1 0.527 ns 10 192.73 ± 34.27 198.20 ± 29.68 0.478 1 0.871 ns

Tabella 2: Tempo medio speso sullo stimolo da femmine di P. concolor precedentemente esposte agli

HIPVs unitamente ad una ricompensa alimentare (trained) o no (naïve). Per ogni riga, l’asterisco indica una differenza significativa; ns = mancanza di significatività; d.f.= grado di libertà (Modello Lineare Generalizzato, P<0.05) (da Canale et al. 2014)

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2.4 DISCUSSIONE

I risultati di questo parte del lavoro di tesi mostrano che le femmine accoppiate di P.

concolor rispondono favorevolmente agli stimoli olfattivi appresi in presenza di una

ricompensa nelle loro esperienze successive. Attraverso l’apprendimento associativo in un contesto vantaggioso (cibo) le femmine del parassitoide sono in grado di sviluppare una preferenza per degli stimoli olfattivi che sono noti non esercitare su di esse alcuna attrattività innata (Benelli et al. 2013a).

L’apprendimento associativo di stimoli olfattivi è stato evidenziato per diverse specie di imenotteri braconidi, quali Microplitis croceipes (Cresson) (Takasu e Lewis 1996; Wäckers et al. 2002; Meiners et al. 2003; Olson et al. 2003; Takasu e Lewis 2003; Ngumbi et al. 2012), Cotesia marginiventris (Cresson) (Costa et al. 2010; Ngumbi et al. 2012),

Cotesia kariyai (Watanabe) (Fukushima et al. 2002), Cotesia glomerata (L.), Cotesia rubecula (Marshall) (Geervliet et al. 1998; Bleeker et al. 2006; Smid et al. 2007). Per

queste specie l’apprendimento è stato dimostrato in presenza di differenti stimoli incondizionati. Infatti, in alcuni casi l’apprendimento è avvenuto associando lo stimolo olfattivo all’ospite o a dei suoi prodotti (feci), in altri, come per M. croceipes ( Olson et al. 2003; Takasu e Lewis 1996; Wäckers et al. 2002; Ngumbi et al. 2012) e C. marginiventris (Ngumbi et al. 2012), l’apprendimento è avvenuto in presenza di una ricompensa alimentare, come avvenuto nel presente lavoro. L’apprendimento associativo di stimoli olfattivi invece si è rivelato assente per il braconide endoparassitoide Cotesia flavipes (Cameron) (Potting et al. 1997). Per quanto ci è dato conoscere, ad oggi l’apprendimento associativo degli imenotteri parassitoidi dei ditteri tefritidi è stato dimostrato solamente per i braconidi Fopius arisanus (Sonan) (Dukas e Duan 2000), P. concolor (Benelli e Canale 2012a) e Diachasmimorpha longicaudata (Ashmead) (Segura et al. 2007). Per F. arisanus è stato evidenziato l’apprendimento associativo di stimoli olfattivi derivanti da frutti infestati mentre per P. concolor e D. longicaudata è stato dimostrato l’apprendimento di stimoli visivi. Nello specifico, P. concolor e D. longicaudata mostrano capacità di apprendimento associativo per i colori, mentre non sono in grado di apprendere forme differenti associate all’ospite. La capacità di associare le forme all’ospite è invece stata evidenziata per il braconide M. croceipes (Wäckers e Lewis 1999). Le differenze riscontrate nella capacità di apprendimento delle forme in questi braconidi può essere ricondotta al fatto che mentre gli ospiti di P. concolor e D. longicaudata si trovano

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nascosti all’interno di frutti di differenti specie, quelli di M. croceipes stanno all’interno di strutture della pianta (fiori, foglie, frutti, fusti) la cui variabilità nella forma è maggiore rispetto a quella dei frutti. Pertanto si può immaginare che per M. croceipes la forma sia uno stimolo importante per la ricerca dell’ospite mentre non lo sia per P. concolor e D.

longicaudata (Segura et al 2007) e che l’apprendimento delle forme per M. croceipes

abbia un valore adattativo.

P. concolor è un parassitoide generalista (che può vivere, cioè, a carico di diverse specie

ospiti) per il quale gli habitat dei potenziali ospiti variano da una generazione all’altra, ma sono piuttosto costanti all’interno di una stessa generazione. Pertanto la capacità di apprendimento dimostrata dalle femmine del braconide è in accordo con quanto sostenuto da Stephens (1993) per il quale condizione fondamentale affinché si verifichi l’apprendimento è che l’ambiente cambi da una generazione all’altra, ma rimanga costante all’interno di una generazione. Allora, visto che l’habitat dei loro ospiti è abbastanza costante all’interno di una generazione, le femmine di P. concolor possono trovare gli ospiti associati con uno o più stimoli olfattivi caratterizzanti un certo microhabitat nei successivi tentativi di ricerca. Attraverso l’apprendimento di stimoli olfattivi le femmine del parassitoide possono restringere la loro ricerca nei futuri tentativi di localizzazione degli ospiti così da renderla più veloce ed efficiente ed aumentando così il loro successo riproduttivo. Pertanto l’apprendimento associativo potrebbe comportare un vantaggio in termini di fitness dato che riduce il tempo impiegato dalla femmina a decidere dove effettuare la ricerca dell’ospite.

Il fatto che le femmine di P. concolor abbiano mostrato la capacità di apprendere stimoli olfattivi associati ad un contesto vantaggioso può avere delle implicazioni applicative nell’ambito di programmi di controllo biologico dei fitofagi attraverso l’uso di entomofagi. Infatti, sarebbe possibile applicare un protocollo che utilizzi il cibo o l’ospite come stimolo incondizionato ed un odore derivante da un ospite del parassitoide come stimolo condizionato per allenare esemplari di femmine di P. concolor, allevate in laboratorio prima del loro rilascio in campo, così da migliorare la loro efficienza di ricerca dell’ospite e aumentare la quota di ospiti parassitizzati. Un lavoro condotto sull’apprendimento di stimoli olfattivi da parte dell’endoparassitoide Leptopilina heterotoma (Hymenoptera Eucoilidae) in condizioni di campo supporta questa possibilità (Papaj e Vet 1990). Questo lavoro, infatti, dimostra che un’esperienza di ovideposizione in laboratorio nelle larve dell’ospite presenti all’interno di due distinti substrati (mela e fungo marcescenti = microhabitat) aumenta la capacità di ricerca dell’ospite da parte del parassitoide in campo.

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