• Non ci sono risultati.

IL PRINCIPIO DELLA POSTERGAZIONE EX ART. 2467 C.C.: determinazione dell'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione alla luce delle ultime posizioni dottrinali e giurisprudenziali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "IL PRINCIPIO DELLA POSTERGAZIONE EX ART. 2467 C.C.: determinazione dell'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione alla luce delle ultime posizioni dottrinali e giurisprudenziali"

Copied!
73
0
0

Testo completo

(1)

INDICE

INDICE __________________________________________________________________ 1 1.PREMESSA _____________________________________________________________ 2 2. PRESUPPOSTI APPLICATIVI ________________________________________________ 5 a) Eccessivo squilibrio dell'indebitamento _________________________________________ 6 b) Situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento ______________ 11 c) Rapporto tra le due condizioni _______________________________________________ 12 3. CONCETTO DI “FINANZIAMENTO” _________________________________________ 14

a) L' autore del finanziamento __________________________________________________ 20 b) finanziamenti indiretti ______________________________________________________ 23 - Fideiussione ______________________________________________________________________ 23 - Non riscossione di crediti scaduti _____________________________________________________ 29 - Emissione di titoli di debito __________________________________________________________ 30 - Pagamento del debito ______________________________________________________________ 31 c) finanziamenti in natura _____________________________________________________ 32 4. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE ____________________________________ 33

a) Finanziamenti infragruppo __________________________________________________ 33 - Profilo soggettivo __________________________________________________________________ 35 -Finanziamenti “ascendenti” __________________________________________________________ 40 -Finanziamenti dei soci di minoranza ___________________________________________________ 43 -Profilo oggettivo ___________________________________________________________________ 47 b) S.p.a. ____________________________________________________________________ 52 -TESI NEGATIVA _____________________________________________________________________ 54 -TESI POSITIVA _____________________________________________________________________ 55 c) Società Cooperative ________________________________________________________ 61 5. Conclusioni ____________________________________________________________ 66 Bibliografia _____________________________________________________________ 69 Giurisprudenza ______________________________________________________________ 71 Documenti _________________________________________________________________ 72 Ringraziamenti __________________________________________________________ 73

(2)

2

1.PREMESSA

La pratica del ricorso a finanziamenti da parte dei soci sta assumendo una rilevanza ed una diffusione crescenti nell'ambito dell'ordinaria gestione delle aziende nel nostro Paese.

Tale fenomeno è strettamente connesso alla natura del tessuto imprenditoriale italiano, formato in maniera pressoché totalitaria da imprese di piccole e medie dimensioni.

La scelta, da parte di numerose società, di modelli di proprietà generalmente chiusi, genera come conseguenza principale l'adozione di una struttura del capitale in molti casi squilibrata e caratterizzata da un eccessivo indebitamento.

Se nelle società di persone, per loro stessa natura, esiste una fondamentale commistione ed una intensa interazione tra il patrimonio della società e quello personale dei soci, anche le società di capitali, che di frequente presentano una compagine ristretta e sono di piccole dimensioni, ovviano al problema della sottocapitalizzazione attraverso operazioni di finanziamento effettuate dagli stessi soci.

Tali iniziative costituiscono in molte circostanze un imprescindibile strumento di sostegno finanziario, strettamente legato all'endemica sottocapitalizzazione nominale delle società1 e funzionale a dotare l'impresa di mezzi finanziari adeguati all'efficace ed efficiente svolgimento dell'attività operativa, nonché al raggiungimento dello scopo sociale.

Tale fenomeno va tenuto distinto dalla cd sottocapitalizzazione materiale: infatti, mentre la prima si caratterizza per l'insufficienza del capitale di rischio e per la copertura del fabbisogno finanziario mediante l’assunzione di debiti, nella seconda la società risulta essere materialmente priva di mezzi adeguati, sia sotto forma di capitale, sia sotto forma di debito2.

1 G.B. PORTALE, Capitale sociale e società per azioni sottocapitalizzata, in Riv. Soc., 1991 2 G. CAMPOBASSO, I finanziamenti dei soci, 2004, Torino

(3)

Il frequente ricorso all'indebitamento è sostanzialmente incentivato dal fatto che sussistono una serie di vantaggi rispetto alle altre modalità di finanziamento delle società: innanzitutto permette di usufruire di vantaggi fiscali, ma soprattutto garantisce somme di denaro di pronta utilizzabilità senza dover ricorrere alle complesse procedure per l'aumento di capitale.

Tuttavia tale pratica comporta il pericolo di incrementare il livello di indebitamento fino ad un quantum non più sostenibile, e quindi un serio rischio di insolvenza. Nel caso in cui i finanziamenti siano posti in essere da parte dei soci, tale evenienza si può palesare in modo ancor più rilevante, poiché vi è, altresì, il pericolo di gestire l'impresa trasferendo, di fatto, il rischio sui creditori.

Infatti i soci, possono continuare a finanziare la società che si trova in una situazione grave, causando il peggioramento di una condizione finanziaria di per sé già seriamente compromessa.

Gli stessi, inoltre, attraverso lo sfruttamento della loro posizione privilegiata e delle informazioni a loro disposizione, sarebbero in grado di rientrare dalle proprie somme agevolmente danneggiando la società ed i suoi creditori.

I membri della compagine sociale, poi, per cercare di risanare la situazione finanziaria dell'impresa, potrebbero avventurarsi in operazioni altamente rischiose, aggravando, così, ulteriormente la situazione della società e, di conseguenza, quella dei creditori3.

Nel corso degli anni, la normativa riguardante i finanziamenti dei soci ha subito profondi cambiamenti, nell'alveo dei quali si deve inserire la norma contenuta nell'art. 2467c.c., frutto della riforma del diritto societario operata nel 2003.

L'entrata in vigore di tale norma argina il pericolo connesso proprio alla duplice posizione di un socio che diventi anche creditore della società stessa.

Lo fa stabilendo un principio di tutela dei terzi creditori.

La questione di fondo è se sia possibile permettere ai soci di partecipare al riparto

(4)

4 del patrimonio della società in posizione paritaria con i creditori4.

Il legislatore risponde a tale quesito con la norma, contenuta nel suddetto art. 2467 c.c., secondo la quale “il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito”. Si intendono per “finanziamenti dei soci a favore della società” quelli, in qualsiasi forma concessi, effettuati in un momento in cui, “anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.

Tale disposizione si applica, peraltro, anche ai “finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti” come specifica l'art. 2497-quinquies c.c..

L'intervento legislativo è certamente netto ed era auspicabile, ma la formulazione della norma in modo generico, disponendo chiaramente la postergazione in presenza di alcune condizioni insufficientemente specificate, lascia delle questioni irrisolte. Le maggiori incertezze vertono, infatti, sull'ambito complessivo di applicazione di tale principio.

In realtà tale genericità risulta, dalla Relazione di accompagnamento, come una scelta voluta dal Legislatore, poiché risultava difficoltoso individuare il punto di equilibrio tra i diversi aspetti controversi5.

Ecco che si lascia, quindi, all'interprete l'onere di dare concretezza al precetto legislativo.

Il presente elaborato si propone di evidenziare proprio le lacune e gli aspetti ancora per certi versi ambigui e di non facile interpretazione della sopracitata norma.

I profili di maggiore criticità riguardano in primis le condizioni di applicazione

4

G. CAMPOBASSO, I finanziamenti dei soci, 2004, Torino

5

(5)

oggettiva del suddetto principio di postergazione, in relazione sia al concetto di “eccessivo squilibrio dell'indebitamento” richiamato dalla norma, sia alla problematica delle forme indirette del finanziamento nonché dei finanziamenti effettuati tramite apporti in natura.

Un altro aspetto fortemente dibattuto riguarda l'ambito di applicazione soggettivo del principio sancito dall' art. 2467 c.c.: se dal tenore letterale della norma parrebbe evincersi una sua limitazione alle sole s.r.l., parte della dottrina, supportata da recente giurisprudenza, propende per la possibilità di estendere il meccanismo della postergazione anche ad altri soggetti giuridici, laddove sussistano alcuni requisiti relativi all'assetto organizzativo ed alla composizione del capitale sociale.

(6)

6 Il legislatore ha delimitato selettivamente l'applicazione tanto della regola della postergazione, quanto di quella della restituzione del rimborso pre-fallimentare, alle so0le ipotesi di finanziamenti realizzati in circostanze anomale6.

Infatti ha dovuto muoversi con molta cautela per evitare che, allo scopo di contrastare un fenomeno negativo, se ne creasse un altro ugualmente negativo, costituito dall'impedire ai soci di soccorrere finanziariamente la propria società in caso di naturale bisogno7.

Il criterio dirimente, pertanto, risiede nelle condizioni in cui versa la società: al momento del finanziamento, infatti, è necessario valutare la struttura del capitale della società destinataria.

Del resto, per il creditore sociale, la maggior sicurezza è data dall'equilibrio finanziario della società dal quale essenzialmente dipende la sua solvibilità8. Vediamo i due riferimenti che utilizza il Legislatore per identificare la circostanza anomala in cui può versare una società.

a) Eccessivo squilibrio dell'indebitamento

Per quanto riguarda la prima condizione, il Legislatore parla di “eccessivo squilibrio dell'indebitamento”.

La questione più importante, nonché quella che lascia maggiori spazi all' interpretazione, consiste nell' individuare quali circostanze sono indicative della suddetta condizione in una società.

Il Legislatore, infatti, ha deciso di non scegliere un criterio standard, rispetto ai requisiti economici cui subordinare l'applicazione della disciplina, non menzionando alcun parametro certo che consenta all'interprete di definire, in concreto, quando lo squilibrio risulti eccessivo.

D'altra parte, anche se è vero che gli aziendalisti segnalano la presenza di particolari valori ottimali nel rapporto tra debiti e patrimonio netto, tuttavia, questi non

6 Cassazione, 24 Luglio 2007, n.16393 7

V. SALAFIA, I finanziamenti dei soci alla società a responsabilità limitata, in Soc., 2005

(7)

assurgono ad indizi validi in assoluto, che permettono con certezza di distinguere le situazioni economiche virtuose9.

In particolare, la Relazione di accompagnamento alla Riforma del 2003, invita l'interprete ad adottare un criterio di ragionevolezza, che tenga conto della situazione della società e che si confronti con i comportamenti che nel mercato sarebbe ragionevole attendersi10.

Per comprendere in quali casi lo squilibrio sia eccessivo, è necessario, pertanto, adottare una prospettiva di tipo economico-aziendale.

In sostanza, pur con le dovute distinzioni e nella piena consapevolezza dell'eterogeneità dei valori-soglia in base alle dimensioni dell'impresa, al settore in cui opera, al business model adottato e così via, ai fini della valutazione dell'equilibrio patrimoniale - finanziario della società, sono significativi i seguenti elementi:

 leverage ratio (debiti totali/totale attivo)11: si tratta della cd leva finanziaria, indicatore utilizzato per valutare l'indebitamento di una azienda; Il Leverage dimostra in che modo l’azienda riesce a finanziare i propri investimenti ed in particolare se con prevalenza di capitale proprio o di capitale di terzi.

LEVERAGE = 1 significa che tutti gli investimenti sono finanziati con capitale proprio, situazione più teorica che non effettiva ( assenza di capitale di terzi );

LEVERAGE è compreso tra 1 e 2 si verifica una situazione di positività, in quanto l’azienda possiede un buon rapporto tra capitale proprio e di terzi ( quest’ultimo si mantiene al di sotto del 50%);

LEVERAGE è > 2 segnala una situazione di indebitamento aziendale, che diventa più onerosa per l’azienda al crescere di tale indice. Un azienda con un leverege superiore a 2, denota una situazione finanziaria tendente allo

9 FERRI JR, Investimento e conferimento, 2001, Milano 10

RELAZIONE ILLUSTRATIVA AL D.lgs. 6/2003

(8)

8 squilibrio.

 rapporto debt/equity: (il quoziente di indebitamento) è il rapporto tra debiti finanziari netti e il patrimonio netto relativo all'ultimo bilancio disponibile. Esprime il rapporto tra i debiti su cui si pagano gli interessi e il patrimonio netto dell'azienda. Viene utilizzato per verificare il grado di dipendenza dell'impresa da fonti finanziarie esterne. Secondo gli analisti, il rapporto dovrebbe essere al massimo pari a 1, pena la perdita dell'autonomia economica e gestionale per i diritti vantati da terzi sull'impresa. Quanto più alto è il suo valore tanto meno equilibrata è giudicata la struttura finanziaria. In caso di rapporto debt/equity basso, la struttura finanziaria è probabilmente equilibrata;

 grado di copertura degli oneri finanziari: esprime la capacità dell'azienda di produrre risorse adeguate a coprire gli oneri finanziari connessi alle politiche gestionali e di finanziamento adottate;

 grado di capitalizzazione: capitale proprio/debiti finanziari12. Indica la proporzione esistente tra mezzi propri e mezzi di terzi. Rappresenta il grado di copertura che il capitale proprio garantisce ai mezzi forniti da terzi finanziatori ed esprime quindi il rischio dell’investimento di questi ultimi nell’impresa.

L’indice approfondisce le informazioni fornite dal leverage sul grado di dipendenza del capitale di terzi contribuendo a specificare la composizione delle fonti.

Si ritiene che il valore debba essere superiore a 1. Valori inferiori a 0.6 segnalano una situazione di attenzione. Una riduzione dell’indice comporta una contrazione della garanzia che i portatori di capitale di rischio possono fornire ai portatori di capitale di debito, con progressiva trasformazione del rischio del finanziatore da rischio finanziario a rischio d’impresa; se si riduce eccessivamente può comportare la difficoltà di reperire nuovi capitali.

(9)

 rapporto tra capitale circolante netto e capitale investito13.

Anche se non è un elenco esaustivo, l'analisi degli indicatori sopra riportati permette di ottenere un quadro di massima circa la solvibilità e solidità finanziaria della società nel momento della sottoscrizione del finanziamento.

Peraltro è interessante notare come alcuni indici, altrettanto illuminanti in tal senso, abbiano carattere normativo e vanno ad integrare quelli appena visti, aiutando l'interprete nel suo difficoltoso percorso di indagine:

 l'art. 2, comma I, d.lgs., 8 luglio 1999 n° 270, che assoggetta ad amministrazione straordinaria le imprese che presentano debiti non inferiori ai 2/3, sia del totale dell'attivo dello stato patrimoniale, sia dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio;

 l'art. 2412 c.c., che prevede che si possano emettere obbligazioni per un valore che non ecceda il doppio del valore dato dalla somma del capitale, della riserva legale e delle riserve disponibili, dell'ultimo bilancio.

Chiaramente con il passare degli anni assumeranno sempre maggior peso anche le pronunce giurisprudenziali, soprattutto quelle della Corte di Cassazione chiamata a pronunciarsi di volta in volta in situazioni sempre diverse.

A tal proposito è interessante evidenziare, intanto, alcuni punti fissati proprio di recente dal Tribunale di Venezia: è stato chiarito che, ai fini dell'applicazione della disciplina di cui all' art. 2467 c.c., il cd rapporto di indebitamento, costituito dal rapporto tra la somma complessiva delle fonti di finanziamento e l'ammontare dei mezzi propri, costituisce un indicatore significativo, che deve però essere confortato da ulteriori elementi probatori e valutato unitamente a questi. A tal fine occorre tenere in considerazione, innanzitutto la struttura del debito. Incide in misura inferiore sullo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto la presenza di debito a medio-lungo termine, rispetto ad una componente a breve termine, avvenendo, in tale ultima eventualità, che i finanziamenti erogati da terzi devono essere

(10)

10 necessariamente utilizzati per pagare altri debiti di imminente scadenza e non per finanziare altri investimenti14.

In sostanza viene data rilevanza non tanto ai dati mostrati dai competitors, quanto all'omogeneità temporale ed alla scansione cronologica dei debiti.

Nel solco tracciato dalla suddetta pronuncia, ancora più recentemente il Tribunale di Milano ha riconosciuto che l’ esame della clausola di “eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto”, ha spesso indotto dottrina e giurisprudenza a ricercare in altre disposizioni criteri utili per ritenere integrata in concreto tale condizione.

In particolare, in alcuni casi si è fatto riferimento:

a) all’art. 2545-quinquies c.c., concernente i limiti alla distribuzione di utili e delle riserve nelle cooperative;

b) all’art. 2412 c.c., avente ad oggetto i limiti all’emissione di obbligazioni; c) all’art. 98 TUIR (abrogato) regolante la deducibilità di interessi passivi in relazione al rapporto tra un finanziamento effettuato da un socio e il valore “di libro” della sua partecipazione.

Al riguardo, il Tribunale, dopo aver evidenziato le ragioni che rendono inadeguate le soluzioni prospettate, riconosce nella norma in esame (art. 2467c.c.) una “clausola aperta che vede i suoi criteri e principi regolatori individuati con rimando alle analisi aziendali (cioè agli indici di bilancio e alle relative conclusioni in tema di squilibrio nell’indebitamento e nella capitalizzazione), da applicarsi alla concreta situazione economico-finanziaria e patrimoniale della società”. E dall’esame di tali dati, che fotografano lo stato di quest’ultima al momento dell’erogazione del prestito, il Tribunale riconosce essersi verificato uno squilibrio eccessivo tra il patrimonio netto e l’indebitamento dell’ente, qualora sussista un rapporto tra i due valori inferiore allo 0,5, così che, in tali condizioni, “nessun finanziatore avrebbe concesso altro credito” alla società e “sarebbe stato invece ragionevole un conferimento”15.

14

Tribunale di Venezia, Sezione Fallimentare, Decreto del 14 Aprile 2011

(11)

Ad oggi, in conclusione, l'analisi circa il concetto di “eccessivo squilibrio dell'indebitamento” è compito assai arduo che spetta all'interprete: se dalla sua valutazione d'insieme, valutando tutti i dati sopra analizzati, risulterà sussistente tale condizione, potrà ben dirsi applicabile il principio della postergazione di cui all'art. 2467c.c..

b) Situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento

Oltre alla condizione di eccessivo squilibrio dell'indebitamento, da considerare comunque come un parametro fondamentale, il secondo comma dell'art. 2467 c.c. stabilisce la necessità di individuare le circostanze in cui, attesa la precaria situazione finanziaria della società “sarebbe stato ragionevole un conferimento”. Tale presupposto appare addirittura più generico rispetto a quello precedente, in relazione al quale è quantomeno possibile, fare ricorso ad alcuni parametri oggettivi: la seconda condizione dettata dalla norma è di difficile interpretazione in quanto, potenzialmente, in ogni situazione di carenza di risorse finanziarie un conferimento da parte dei soci potrebbe essere considerato ragionevole16.

Ad una visione d'insieme, appare chiaro che, se il primo dei due criteri di cui all'art. 2467 c.c. limita e non poco l'ambito dei finanziamenti postergati nel rimborso, il secondo invece lo allarga17.

Tuttavia tale secondo criterio non può vanificare il primo, ma lo deve integrare: il primo fa riferimento ad una situazione di squilibrio “in atto”; il secondo ad una situazione “in divenire” in cui solo il ricorso a mezzi propri sarebbe ragionevole, perché quello squilibrio si determinerebbe se la società ricorresse al credito (alle condizioni di mercato naturalmente) invece che “capitalizzarsi”.

Esemplare è il caso in cui, dovendosi procedere ad un investimento, si ricorra ai prestiti gratuiti dei soci perché la redditività dell'investimento non consentirebbe il pagamento di interessi e/o il rimborso di un prestito assunto a condizioni di mercato.

16 L.MANDRIOLI, La disciplina del finanziamento soci nelle società di capitali, in Le società. 17 Commento di ETTORE FAZZUTTI in La riforma delle società, di Sandulli e Vittorio Santore

(12)

12 Restano, perciò, esclusi dall'ambito di applicazione del comma I dell'art. 2467 c.c. i casi in cui i soci, pur potendo la società ricorrere al credito senza creare situazioni di eccessivo squilibrio tra “mezzi propri” ed indebitamento, abbiano preferito finanziare loro stessi la società; nonché i finanziamenti fatti per ovviare ad esigenze di carattere transitorio.

Sono, inoltre, estranei alla ratio della norma, i presiti “onerosi”, anche se a condizioni più favorevoli di quelle di mercato, a meno che il tasso d'interesse sia simbolico (e fissato, quindi, per finalità elusive, specie se poi non viene riscosso nemmeno).

In definitiva, quindi, la “ragionevolezza” è un concetto riferibile a soggettive valutazioni di opportunità18: deve risultare più opportuno un apporto a titolo di conferimento che uno a titolo di finanziamento19.

c) Rapporto tra le due condizioni

In merito al rapporto intercorrente tra le due condizioni richiamate dall'a rt. 2467 c.c., va detto che ad una prima lettura parrebbe trovarsi di fronte a due presupposti autonomi.

La questione ha coinvolto negli anni vari studiosi e giuristi.

-AUTONOMIAC'è chi sostiene l'autonomia dei due criteri afferendo che il riferimento alla ragionevolezza del conferimento è volto a coprire, come criterio residuale, tutte le ipotesi in cui la società sia in difficoltà per ragioni diverse dall'eccessivo indebitamento, come nel caso in cui non disponga di liquidità20.

-COLLEGAMENTOTuttavia la dottrina maggioritaria sostiene una tesi ben diversa: vediamo i ragionamenti più ricorrenti a sostegno di tale tesi.

 In primis si ritiene che, per un verso lo squilibrio tra indebitamento e patrimonio netto indica che in quella specifica situazione, nell'ottica della società, sarebbe

18 O. CANGRASSO, La società a responsabilità limitata, in Trattato di diritto commerciale diretto da G.

Cottino, vol. V, 2007, Padova

19

G.GUERRIERI, I finanziamenti dei soci: ambito applicativo e relativa disciplina

(13)

stato ragionevole un conferimento, ossia un apporto di capitale di rischio invece che di credito (è banale osservare che lo squilibrio in atto può essere riequilibrato solo in 2 modi: o riducendo l'indebitamento o aumentando il patrimonio netto), per altro verso la situazione finanziaria della società è elemento essenziale per la diagnosi sull'equilibrio tra lo stock dei mezzi propri e quello dell'indebitamento21.

 Soffermandosi più che altro sull'aspetto semantico della norma, poi, c'è chi sostiene che la congiunzione “oppure” dell'art. 2467c.c. debba essere intesa come “ossia”, cosicché la clausola generale della ragionevolezza trova un riscontro tangibile nell'indice di bilancio espresso dal rapporto tra indebitamento e patrimonio netto22.

 Altri studiosi fanno perno sulla dicotomia primo criterio-squilibrio in atto / secondo criterio-squilibrio potenziale, a cui si è fatto cenno nel sottoparagrafo precedente23.

 Altri ancora affermano che il criterio dell'eccessivo squilibrio allude ad una valutazione astratta, mentre quello della ragionevolezza ad un criterio casistico di natura finanziaria24.

In definitiva, aderendo a tele ultima tesi, possiamo sostenere che entrambe le circostanze delineate dall'art. 2467 c.c. identificano una situazione in cui, al momento del finanziamento, non sussistono adeguate garanzie finanziarie della società che facciano presumere una ragionevole possibilità di rimborso25.

21

Commento di G. PRESTI, Articolo 2467- I finanziamenti dei soci, in Codice commentato delle srl, UTET, 2006

22 IRRERA, La nuova disciplina dei prestiti dei soci alla società , in “La riforma delle società, profili della

nuova disciplina”, a cura di S. Ambrosini, 2003, Torino.

23 FAZZUTTI, Commento sub articolo 2467, in La riforma della società, a cura di Sandrulli e Santoro, 2003,

Torino

24 TERRANOVA, Commento sub articolo 2467, in Società di capitali. commentario, a cura di Niccolini,

2004, Napoli

(14)

14

3. CONCETTO DI “FINANZIAMENTO”

Giunti a questo punto dell'analisi del dettato normativo, tuttavia, sorge spontaneo chiedersi che cosa debba intendersi specificatamente per “finanziamento”.

L’ampia formulazione dell’art. 2467 c.c., che richiama i ”finanziamenti in qualsiasi forma effettuati”, lascia spazio a variegate forme tecniche di apporto di risorse, anche alternative alla fattispecie maggiormente significativa, ma non esclusiva, del mutuo.

La stessa Relazione illustrativa al d.lgs. 17 gennaio 2003 n° 6 riconosce, a tal proposito, la difficoltà di individuare in maniera puntuale i conferimenti da assoggettare alla disciplina della postergazione.

Detto ciò, alcune osservazioni possono essere immediatamente fatte:

1) le cd. Riserve, che non rappresentano prestiti dei soci, ma poste del Patrimonio Netto, tuttavia non gravate da vincoli di indistribuibilità paragonabili a quelli della Riserva Legale, vi rientrano?

In tale categoria ricordiamo in particolare i versamenti in conto capitale e i versamenti a fondo perduto, a copertura perdite o in conto futuro aumento di capitale.

Si ritiene che nell’ambito di applicazione dell’art. 2467 c.c. non debbano rientrare tali fattispecie; ciò per due ordini di ragioni.

-In primo luogo, un conto è la “restituzione” di un prestito (“rimborso” nella norma), altro è la “distribuzione” di una riserva, che implica un diverso procedimento.

-In secondo luogo, e più sostanzialmente, mentre attraverso il prestito non si migliorano i coefficienti patrimoniali della società, nel caso di somme appostate a riserva l’effetto è esattamente l’opposto: il socio rende la società più consistente da un punto di vista patrimoniale e rinuncia a porsi sullo stesso piano dei creditori sociali, poiché le riserve sono soggette alle perdite addirittura prima del capitale nominale.

(15)

2) Così anche per le somme versate dai soci a copertura di un aumento di capitale, deliberato o meno, non ancora eseguito: in questo caso l’erogazione delle somme non è funzionalmente collegata all’insorgere di un rapporto di credito, ma ad un conferimento.

A tutela delle ipotesi nelle quali tali somme vengano restituite sono predisposte altre norme, tra cui quelle in materia di responsabilità degli organi sociali, nonché la disciplina penale in materia di integrità del patrimonio sociale.

3) Alla luce di queste osservazioni possiamo avanzare una tale ipotesi interpretativa ed applicativa: l' art. 2467 c.c. va limitato ai soli casi di rapporti di credito tra i soci e la società, ma non anche a rapporti che abbiano una diversa causa.

Così definiti esternamente i confini dell’istituto, escludendo tutto ciò che non sia legato, direttamente o indirettamente, all’insorgere di un rapporto di credito, si prende per vero che il concetto di finanziamento vada inteso in senso lato ed ampio. Ma una tale nozione di finanziamento, risulta eccessivamente onnicomprensiva, ed incapace di distinguere i mezzi che vanno a costituire capitale di rischio da quelli che invece restano vero e proprio capitale di credito, differenti non solo sul piano strutturale quanto soprattutto sul piano funzionale.

4) Più appropriata sembra una nozione più pregnante da un punto di vista giuridico, che riconosce nel finanziamento il dato caratterizzante, da un punto di vista funzionale, di una categoria di contratti sinallagmatici.

La formulazione di questa categoria è frutto di due diversi approcci:

a) quello più recente sembra incentrato sul concetto di “utilitas”: l'uso dell'espressione "utilitas" vuole indicare, a differenza del godimento, che il finanziato usa il bene in modo da trarne tutti i possibili vantaggi economici, senza preoccuparsi di dover agire, disponendone materialmente, rispettando determinate regole a tutela degli interessi vantati dal finanziatore; quest'ultimo, infatti, ha solo un diritto di credito: deve ottenere la restituzione

(16)

16 del tantundem26;

b) la ricostruzione tradizionale (che preferisce fare ricorso alla definizione di “contratti di credito”) tende a porre l’accento sull’elemento del differimento. Si tratta, in realtà, di accentuazioni di elementi diversi necessariamente compresenti nel concetto di finanziamento, che anzi paiono l’uno implicare l’altro, come facce di una stessa medaglia: la stessa dottrina che pone l’accento sul binomio utilitas-restituzione sottolinea poi la natura di contratto di durata che è propria del contratto di finanziamento, come pure riconosce l’essenzialità dei termini di restituzione e il carattere dell’onerosità quali principi generali delle operazioni in questione27

.

Allo stesso modo, anche la dottrina che privilegia l’aspetto del differimento si è preoccupata di approfondire, attraverso l’uso del concetto di “sostituzione”, il binomio consegna-restituzione, in quanto essenziale alla categoria dei contratti di credito.

Se questi sono i caratteri propri dei contratti di finanziamento, restano escluse da questa nozione, evidentemente, le operazioni finanziarie che trovano una giustificazione causale nel contratto di società o in altri contratti associativi, dove manca un obbligo di restituzione.

In sostanza, per finanziamento si intende la concessione di somme con obbligo di restituzione, con o senza la corresponsione di un interesse; è necessario indicare fin dall’inizio il termine di restituzione, che può essere a scadenza fissa o con scadenza rinnovabile.

Ai fini dell'attrazione nell'ambito applicativo dell'art. 2467 c.c., non bisogna, quindi, attribuire rilevanza al nomen iuris o allo schema contrattuale utilizzato, ma è necessario adottare un approccio di tipo teleologico: l'elemento distintivo deve essere ricercato nell'esistenza di un diritto alla restituzione da parte della società e dalla fruizione, da parte di quest' ultima, di un beneficio e un' utilità non reperibile

26

R.CLARIZIA, I contratti di finanziamento, leasing e factoring, 1989, Torino.

(17)

nel mercato in maniera ordinaria con altri mezzi28.

Dalla natura di debito discende inoltre che, nel caso in cui la società decidesse di trasferire a capitale sociale le somme versate a titolo di finanziamento, sarà prima necessaria la rinuncia dei soci al diritto alla restituzione.

La riserva, che viene ad essere costituita con la rinuncia al credito vantato dai soci, avrà così natura di riserva di capitale, e ciò sia se essa dovrà partecipare alla copertura della perdita, sia se dovrà alimentare futuri aumenti di capitale.

Data questa natura ibrida delle operazioni di finanziamento da parte dei soci, è utile analizzare anche le posizioni che i Tribunali hanno assunto negli anni: la giurisprudenza ha, infatti, fornito elementi importanti per fugare alcuni dubbi interpretativi.

La Corte di Cassazione è intervenuta, ad esempio, nel dirimere la controversia relativa alla natura del finanziamento effettuato senza esplicitarne la causa sottostante: ha affermato che la volontà delle parti può essere desunta dalla delibera assembleare di approvazione del bilancio.

La Suprema Corte ha testualmente chiosato: “la chiave di lettura della qualificazione non può che essere ricercata nella terminologia adottata dal bilancio: questo è soggetto all' approvazione dei soci e le qualificazioni che i versamenti hanno ricevuto nel bilancio diventano determinanti per stabilire se si tratta di finanziamento o di conferimento”29

.

Una tale pronuncia parrebbe in contrasto con l' affermata irrilevanza del solo nomen iuris, ma risulta invece esserne conferma poiché, in ogni caso, la soluzione prospettata configura una presunzione non assoluta ma relativa, suscettibile di modifiche nel caso in cui emergano elementi e fattispecie di rilievo che motivino una riqualificazione delle somme versate.

In sostanza si riafferma la necessaria prevalenza del dato sostanziale su quello formale.

28

MAUGERI, Sul regime concorsuale dei finanziamenti soci, in Giur.Comm., n.5/2010

(18)

18 Significativa è anche una pronuncia del Tribunale di Trani, che si occupa del caso in cui non siano definite in modo chiaro modalità, tempi e termini di restituzione del finanziamento.

Afferma che quest' ultimo, ancorché collocato in bilancio tra i debiti, potrà essere “convertito” e riqualificato, giungendo alla sua imputazione come apporto di capitale di rischio vero e proprio: la mancata indicazione della data di restituzione degli importi erogati potrebbe costituire un rilevante indizio di un negozio simulato, la cui configurazione farebbe venire meno il diritto al rimborso del socio.

Ecco le parole specifiche tratte dalla motivazione della sentenza: “Tutti gli elementi sopra enucleati vale a dire, l'assenza di un contratto scritto inquadrabile nello schema del mutuo, l'inattendibilità della classificazione delle relative poste contenuta nelle scritture contabili dell' impresa, la posizione soggettiva assunta dai soci esclusivamente in un rapporto interno alla società, l'assenza di un predeterminato termine di restituzione ai soci, la dichiarata ed esplicita finalità pratica perseguita, l' interesse economico effettivamente soddisfatto, l' obbligatorietà nonché la proporzionalità rispetto alle quote sociali, portano a concludere univocamente che la reale intenzione dei soci....sia stata quella di realizzare degli apporti finanziari destinati ad aggiungersi ai conferimenti eseguiti all' atto di costituzione della società...., e che si sono tradotti in incrementi del patrimonio netto della società nel preciso intento di incrementare stabilmente l'attività imprenditoriale”30

.

Ancora più recentemente la Corte di Cassazione ha, altresì, affermato che l' elemento che distingue i versamenti denominati “ in conto capitale” o “in conto copertura perdite” rispetto a quelli effettuati a titolo di mutuo risiede nel fatto che, a differenza di questi ultimi, per i quali la società è obbligata alla restituzione ad una determinata scadenza, i primi non generano crediti esigibili nel corso della vita della società, in quanto la loro restituzione può realizzarsi solo a seguito dello scioglimento della stessa e solo nei limiti dell' eventuale attivo di bilancio di

(19)

liquidazione residuo: simili caratteristiche avvicinano le risorse in questione al capitale di rischio, piuttosto che a quello di credito, in quanto tali somme sono soggette al rischio di impresa parimenti all' equity versato, attesa l' eventualità e la residualità della restituzione rispetto al soddisfacimento dei creditori sociali31. Dopo aver affermato ciò la Suprema Corte afferma (e conferma quanto sopra detto) che per una adeguata distinzione ai fini dell' applicazione della postergazione, è rilevante la volontà del finanziatore e non, invece, la registrazione di quell' operazione dal punto di vista contabile.

Nel caso di specie l'accordo di finanziamento subordinava il rimborso all' adempimento di tutte le obbligazioni, al ripianamento di tutti i debiti che le somme erano destinate a soddisfare, nonché alla presenza di eventuali attivi residui derivanti dall' attività di liquidazione.

Appare chiaro come, nell' ambito della vicenda affrontata, tali condizioni avvicinino la fattispecie ad un conferimento del capitale di rischio, pur in mancanza dei requisiti formali e procedurali: l'aver stabilito una mera postergazione del credito alla restituzione delle somme versate dai soci rende il diritto al rimborso non incondizionato, ma subordinato all' esito della liquidazione, equiparando la posizione di questi ultimi, per tali somme, a quella dei residual claimanis autorizzati a far valere le proprie pretese solo in seguito al soddisfacimento di tutti i creditori sociali.

La Cassazione, dunque, ha ritenuto ininfluente sia l ' utilizzo del termine “finanziamenti”, sia il fatto che le posizioni dei soci non fossero equivalenti: in relazione a quest' ultimo aspetto, è stato valutato come una eterogenea gradazione nei loro diritti non modifichi la fattispecie sostanziale in base alla quale i versamenti hanno costituito un vero e proprio incremento del patrimonio della società, destinato a soddisfare principalmente le pretese dei creditori.

Le considerazioni appena fatte evidenziano, quindi, come nemmeno l'esposizione in bilancio (oltre al nomen iuris) influisce di per sé sull' applicazione dell' art. 2467 c.c.

(20)

20 poiché l' interprete non è vincolato alle modalità di rilevazione contabile utilizzate32. Sono utili, infine, due ultime considerazioni, anch' esse emerse in sede giurisprudenziale:

- per i finanziamenti dei soci non è richiesta alcuna delibera assembleare e non è necessario che i prestiti siano proporzionali alle quote;

- l’art. 1815 c.c. stabilisce la presunzione (relativa) di onerosità dei capitali dati a mutuo, ma essendo appunto una presunzione relativa è ammessa la prova contraria: per vincerla, infatti, è sufficiente l’indicazione scritta mediante atto pubblico, scrittura privata autenticata o scrittura privata registrata.

a) L' autore del finanziamento

Merita attenzione, naturalmente, anche il soggetto da cui deve provenire il finanziamento soggetto alla regola della postergazione.

Su tre punti non sembra esserci dubbio:

- sono soggetti al regime particolare solo i finanziamenti effettuati dai soci e non quelli provenienti dai terzi;

- tutti i soci, e non solo quelli cd “rilevanti”, sono sottoposti alla regola della postergazione;

- la qualità di socio è rilevante nel momento della concessione del finanziamento: non sono, quindi, soggetti alla postergazione i finanziamenti erogati da un soggetto che solo successivamente diviene socio della società.

La regola analizzata, infatti, non rappresenta una caratteristica intrinseca del credito, ma si basa sulla coincidenza tra socio e finanziatore e da luogo a un' eccezione personale fondata su tale concorso di qualità.

Viene spontaneo, tuttavia, chiedersi se la regola della postergazione si applica anche in riferimento al finanziamento erogato dal socio che, successivamente, cessa di essere tale.

(21)

Anche in questo caso, come per gli altri vari aspetti inerenti l'art. 2467 c.c. sopra analizzati, sussistono posizioni discordanti in dottrina.

Una prima tesi afferma che tale regola non dovrebbe applicarsi quando la concomitanza delle due posizioni viene meno: in entrambe le possibili ipotesi, infatti, scompare la ragione di sospetto per imporre al credito una disciplina particolare in quanto il finanziatore non cumula più la pretesa fissa creditoria con quella residuale di socio33.

Tuttavia, c'è chi critica tale posizione, perché sembra sottendere una indebita sovrapposizione tra i due piani della fattispecie e della disciplina, che risultano viceversa rigorosamente distinti nell' impianto normativo.

La qualificazione della fattispecie come “finanziamento anomalo” è infatti operata dal legislatore con riferimento alla situazione esistente nel momento genetico del rapporto di finanziamento; ciò tanto per i suoi presupposti oggettivi (la situazione di squilibrio finanziario), quanto per i suoi presupposti soggettivi (la qualifica del finanziatore come socio o società soggetta alla medesima attività di direzione e coordinamento)34.

L' interpretazione qui criticata permetterebbe, peraltro, una troppo agevole elusione del disposto normativo di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. mediante una cessione strumentale del solo credito oppure della sola partecipazione sociale (nella società finanziata o nella società consorella che aveva effettuato il finanziamento), addossando sui creditori (ed in caso di fallimento sulla curatela fallimentare) l'onere di dimostrare la configurabilità di un negozio in frode alla legge.

Sotto questa angolatura, al fine di salvaguardare gli interessi dell'ex socio o del cessionario estraneo alla compagine sociale, verrebbero ingiustificatamente ed illegittimamente pretermesse le esigenze di tutela della posizione del ceto creditorio,

33 Commento di G. PRESTI, Articolo 2467- I finanziamenti dei soci, in Codice commentato delle srl, UTET,

2006

34 G.BALP, I finanziamenti dei soci sostitutivi del capitale di rischio: ricostruzione della fattispecie e questioni interpretative, in Riv. Soc., 2007 e M.MAUGERI, Finanziamenti anomali dei soci e tutela del patrimonio nelle societa’ di capitali, 2005, Milano

(22)

22 che, invece, il legislatore dimostra chiaramente di considerare prevalente35.

I fautori di tale critica sostengono, evidentemente, l'opposta tesi secondo la quale è irrilevante l'eventuale scissione tra la posizione di socio e quella di creditore determinatasi in ragione di successive vicende della partecipazione sociale o del credito.

Ritengono, infatti, che in questi casi l'atto negoziale riferibile al socio, sia che si tratti di cessione della partecipazione sociale, di recesso dalla società, ovvero di cessione del credito postergato, risulta inidoneo ad incidere sulla regola imperativa della subordinazione del credito, che, proprio in virtù della sua fonte legale, riveste efficacia “reale” e continua, pertanto, a produrre effetti tanto nei riguardi dell' ex socio, quanto nei confronti del successivo cessionario del credito, con la conseguente perdurante facoltà per la società debitrice di opporre l'eccezione fondata sull' art. 2467 c.c.36

L' esclusiva rilevanza del momento in cui viene effettuato il finanziamento è del resto implicitamente presupposta dall' unico precedente giurisprudenziale edito, ove si osserva che l' art. 2497-quinquies c.c., lungi dal dimostrare il carattere eccezionale della norma, ne svela il fondamento generale, dal momento che ne conferma l' operatività con riguardo ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti, restando così chiarito che la postergazione del credito restitutorio, finalizzata ad evitare che i soci riversino il rischio d' impresa sui creditori, esprime una regola valevole in ogni caso in cui il prestito anomalo sia effettuato dal socio cd “imprenditore”, il quale non operi come mero investitore, ma sia in grado di influenzare la decisione di finanziamento37.

Una tale conclusione, che va ritenuta pertanto tesi maggioritaria, implica, tra l' altro,

35 N.ABRIANI, Struttura finanziaria dell’impresa e funzioni del capitale sociale; e M.MAUGERI, Finanziamenti anomali dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, 2005, Milano.

36 N.ABRIANI, Finanziamenti anomali infragruppo e successiva rinegoziazione tra postergazione legale e privilegio convenzionale in Riv. Soc., 2005

(23)

che ai fini dell' obbligo di restituzione di quanto percepito nell' anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, non rileva chi (socio, ex socio o avente causa del socio) sia attualmente creditore della società o sia già stato da essa rimborsato, ma soltanto che il finanziamento a suo tempo erogato alla società fosse soggetto alla disciplina in esame38.

b) finanziamenti indiretti

Avendo chiarito, nel modo migliore possibile, l'ambito operativo “ordinario” di applicazione della regola della postergazione, occorre adesso analizzare l'ipotesi, piuttosto frequente, in cui si operi un finanziamento “indiretto”, intendendosi per esso “tutte le forme tecniche che consentono, sostanzialmente, di rafforzare la struttura patrimoniale ed incrementare le risorse finanziarie della società”39.

Esempi di questo tipo sono la fideiussione40, la non riscossione di crediti scaduti41, nonché, ma con minor rilievo, le anticipazioni di fattura o l'emissione di effetti cambiari.

- Fideiussione

Per quanto riguarda questa forma di finanziamento indiretto, l'analisi nasconde alla base, in realtà, un quesito ancor più pregnante: l’esplicito ed esclusivo riferimento al «socio» impone di verificare se ed in quali situazioni possa parificarsi ad esso il finanziatore non socio.

In termini generali, può osservarsi infatti che si ha il problema del cosiddetto

38

FAZZUTTI, Commento sub articolo 2467, in La riforma della società, a cura di Sandrulli e Santoro, 2003, Torino

39 ISTITUTO DI RICERCA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, Profili di criticità nell’applicazione dell’articolo 2467c.c.: società di capitali diverse dalla srl e finanziamenti indiretti.

40 F.GALGANO, Il nuovo diritto societario, in trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico per l’economia, 2003, Padova.

41

G.B.PORTALE, Riforma delle società di capitali e limiti di effettività del diritto nazionale, in Corriere giur., 2003

(24)

24 finanziamento sostitutivo indiretto qualora i soci tentino di conseguire il risultato disciplinato dalla norma in via mediata.

E' questo tipicamente il caso che si determina per i prestiti rilasciati alla società da finanziatori istituzionali, che si fanno garantire dai soci, i quali poi agiscono in regresso nei confronti della società.

La ratio della disciplina di cui all' art. 2467 c.c., almeno in prima approssimazione, è agevolmente ricostruibile, in riferimento a tale evenienza.

Con la norma in questione il legislatore della riforma ha inteso «evitare che con finanziamenti formalmente diversi dai conferimenti, il socio possa sottrarsi al proprio tipico rischio e presentarsi per questo aspetto su un piano di parità con i creditori»42.

Come è stato scritto, la nuova norma si muove chiaramente nella direzione di una «moralizzazione del sistema», in quanto intende fornire una risposta il più possibile adeguata ad una legittima istanza di tutela dei creditori sociali, sui quali verrebbe altrimenti a gravare in maniera eccessiva il rischio connesso all'esercizio dell'impresa societaria, in una misura cioè ulteriore rispetto a quanto già consegue dalla regola che postula la limitazione della responsabilità.

Nei lavori preparatori della riforma si può escludere che il problema del finanziamento dei terzi sia stato preso espressamente in considerazione, essendosi la Commissione di riforma del diritto societario impegnata essenzialmente nell'individuare i prestiti destinati a cadere nel regime della postergazione43.

Per rispondere a questo interrogativo è quindi necessario guardare alle interpretazioni di norme di contenuto e/o funzione analoghi vigenti in altri ordinamenti giuridici.

In effetti proprio la dottrina che ha più approfondito il tema della sottocapitalizzazione delle società nel nostro ordinamento ha segnalato, sulla base

42

C.ANGELICI, La riforma della società di capitali. lezioni di diritto commerciale, 2003, Padova

43

G.PARISOTTI, Riflessioni generali in le grandi opzioni della riforma del diritto societario, a cura di G. Cian, 2004, Padova

(25)

dell'esperienza comparatistica, il problema dell'estensione del portato precettivo della norma a fattispecie diverse dal prestito direttamente effettuato dal socio (e peraltro di ciò l'interprete italiano è immediatamente avvertito anche dalla relazione che ha accompagnato il decreto legislativo 6/2003)44.

Un ottimo campo di studio in tal senso è offerto dal diritto tedesco.

L'esperienza tedesca può vantare, infatti, una consuetudine interpretativa ormai sufficientemente lunga e consolidata con una norma che, in maniera (almeno in apparenza) analoga al nostro art. 2467 c.c., dispone appunto la "postergazione" delle pretese restitutorie insorgenti da finanziamenti erogati dai soci alla società in un momento in cui ragionevolmente - «als ordentliche Kaufleute», per usare la formula del legislatore tedesco – da essi ci si sarebbe attesi piuttosto un apporto di capitali di rischio (§ 32a, 1º comma, GmbH-Gesetz).

In sostanza dispone che, se un socio ha concesso un prestito alla società in un momento in cui, comportandosi come fa un ordinario uomo d'affari, avrebbe piuttosto conferito del capitale proprio, (situazione, questa, che il legislatore identifica senz'altro come "crisi" della società), allora, in una eventuale procedura di insolvenza, può far valere la propria pretesa alla restituzione del finanziamento erogato soltanto quale creditore postergato della massa.

Ora, la giurisprudenza e la dottrina tedesche prevalenti sono senz'altro dell'avviso che, ai fini dell'applicabilità della disciplina del § 32a, 1º comma, GmbH-Gesetz, debba anzitutto ritenersi decisivo lo status formale di socio e che, in caso di intestazione fiduciaria della quota, tale status debba essere riconosciuto al fiduciario. Né, si dice, rileva se si tratti di una fiducia "egoistica" (fiducia cum creditore) o di una fiducia altruistica (fiducia cum amico), ovvero se il finanziamento sia stato erogato dal fiduciario per proprio conto o per conto del fiduciante45.

La dottrina e la giurisprudenza tedesca argomentano esclusivamente a partire da

44 G. PORTALE, Il finanziamento dei soci nella società a responsabilità limitata sottocapitalizzata,

dattiloscritto negli atti del convegno tenutesi a Milano

(26)

26 uno schema tradizionale di rapporto fiduciario, quello della fiducia c.d. "romanistica", caratterizzato, come è ben noto, dal trasferimento in capo al fiduciario di un diritto pieno, illimitato e incondizionato dal punto di vista reale. In tal caso è fin troppo evidente che, con l'intestazione della partecipazione sociale, il fiduciario consegue altresì lo status di socio con tutti i diritti e gli obblighi connessi.

E' arduo in questi casi, quindi, dubitare del fatto che la disciplina dei finanziamenti dei soci trovi applicazione anche nell'ipotesi del finanziamento concesso dal socio fiduciario.

Non bisogna dimenticare, però, che un rapporto fiduciario può costituirsi anche attraverso l'attribuzione di un semplice potere di disposizione del bene fiduciato; e che, in tal caso, il fiduciario acquista soltanto una legittimazione ad amministrare e/o a disporre in nome proprio di quel bene, senza tuttavia assumerne la titolarità.

Il ricorso a questa forma di intestazione fiduciaria, generalmente ammessa nel diritto tedesco in forza della previsione del § 185, 1º comma, BGB, deve ritenersi praticabile anche nel nostro ordinamento ogni qual volta la fiducia abbia ad oggetto azioni e quote di s.r.l. e la legittimazione sia concessa ad una società fiduciaria46. Infatti nel caso di intestazioni di azioni e di quote in capo ad una società fiduciaria, quanto meno nelle ipotesi di amministrazione c.d. "statica", proprio lo schema tradizionale della fiducia "romanistica" può ragionevolmente essere escluso.

E ciò anche in considerazione del carattere "trasparente" che in tal caso assume l'intestazione fiduciaria47.

Conseguentemente, al fiduciario non potrà riconoscersi lo status di socio, neppure soltanto sotto il profilo formale, perché è il fiduciante il termine effettivo del rapporto associativo, atteso che questi assume le decisioni sull'esercizio dei diritti che gli competono.

46 JAEGER, Sull’intestazione fiduciaria di quote di società’ a responsabilità’ limitata, in Giurisprudenza

commentata, 1979

47

F.DI MAIO, La societa’ fiduciaria e il controllo fiduciario nella giurisprudenza e nella prassi degli organi

(27)

Ciò che appare decisivo è, dunque, la reale "appartenenza" dei titoli.

Al di là di quest' ultima e residuale ipotesi, non si deve comunque tacere che i commentatori che si sono rappresentati il problema, non nutrono alcun dubbio in ordine al fatto che la norma sui finanziamenti dei soci debba trovare applicazione anche ai prestiti erogati per interposta persona48.

D'altra parte questa conclusione non manca di argomenti a proprio sostegno, in particolare ove si ritiene che l'obiettivo perseguito dal legislatore sia quello di realizzare una maggiore tutela dei creditori sociali, come sopra detto.

Pare evidente, allora, che l'ampliamento dell'ambito dei destinatari della norma, con particolare riferimento ai soggetti terzi che abbiano concesso un aiuto finanziario alla società in nome proprio, ma per conto e/o valendosi dei mezzi di un socio, rappresenterebbe una conclusione difficilmente eludibile.

La proposta assimilazione della posizione di soggetti che non sono soci a quella dei soci ai fini della "postergazione" del credito insorgente dal finanziamento erogato a favore della società, appare il risultato di un'interpretazione estensiva più che analogica della norma in questione.

Non si tratta, infatti, di colmare una lacuna legislativa, ma di attribuire un significato più ampio ad uno dei termini della fattispecie individuata dal legislatore, in piena conformità con le finalità della norma.

Proprio utilizzando, come bussola della evoluzione normativa, quanto scritto dalla dottrina e dalla giurisprudenza tedesche rispetto al § 32a GmbH-Gesetz, questa conclusione viene effettivamente confermata.

In particolare, con riferimento alla possibilità di un'interpretazione estensiva della cerchia dei destinatari della norma, si è rilevato con estrema chiarezza che «non si tratta soltanto di garantire l'effettività della disciplina dei finanziamenti sostitutivi del capitale nei confronti di tentativi di elusione da parte dei consulenti delle imprese, ma sopratutto di determinare l'ambito originario di applicazione della

48

G.PORTALE, I finanziamenti dei soci nelle società di capitali, Relazione svolta nel convegno “il nuovo diritto nelle società cooperative e di capitali”, 2003, Milano

(28)

28 norma»49.

Anche in questo caso si tratta di un risultato interpretativo ormai consolidato.

In effetti, fin dal 1959 la Corte federale tedesca ha deciso che, ai fini dell'applicazione della disciplina sui finanziamenti sostitutivi del capitale proprio, deve essere trattato come socio anche colui che, con mezzi finanziari propri, abbia costituito una società a responsabilità limitata attraverso un prestanome e l’abbia successivamente finanziata "dall'esterno".

La Corte federale continua ancora oggi a seguire un simile orientamento, che, del resto, ha trovato un generale consenso anche in dottrina.

E la soluzione indicata, s'impone proprio «aus Gründen eines effektiven Gläubigerschutzes», al fine cioè di garantire l'effettività della tutela dei creditori. Le considerazioni sinora illustrate autorizzano a concludere che, per quanto sussistano validi e convincenti argomenti avverso l'applicazione della disciplina dei finanziamenti dei soci alle società fiduciarie, la giurisprudenza italiana potrebbe assumere un atteggiamento non difforme da quella tedesca.

In effetti, solo per citarne una, si è espressa in tal senso ad esempio la sentenza del Tribunale di Udine del 21 febbraio 2009.

Vero è, comunque, che vi sono determinate limitazioni da tenere bene a mente: innanzitutto è stato correttamente affermato che l'idoneità della garanzia a costituire una forma indiretta di finanziamento sia configurabile solo nel caso in cui il suo rilascio costituisca elemento fondamentale per l'ottenimento del finanziamento. Inoltre, deve avvenire contemporaneamente alla sua erogazione, ma sul punto c'è chi ritiene non sia necessaria tale contestualità50.

Urge evidenziare, poi, che la postergazione non colpisce il creditore garantito dal socio, bensì esclusivamente il credito del socio escusso, che si surroga nella posizione del primo.

In ogni caso, nell'ipotesi in cui la società fiduciaria si limiti a svolgere il ruolo di

49 JOHLKE E SCHRODER, in Handbuch des kapitalersarzrechts, a cura di H.Von, Gerkan e P.Hommelhoff,

2003, Koln

(29)

semplice intermediario nell'operazione di finanziamento senza partecipare la società sovvenzionata, graverà sul curatore fallimentare l'onere di dimostrare che la società fiduciaria ha agito per conto di uno dei soci. Sino a quel momento, infatti, il prestito non potrà subire l'effetto della postergazione.

Merita peraltro rilevare che, ove la società fiduciaria sia a conoscenza che il fiduciante è socio della società finanziata, sarà tenuta ad informare di ciò gli amministratori ai fini della corretta iscrizione in bilancio del finanziamento.

Infatti, ai sensi dell'art. 2424 c.c., tutti i finanziamenti devono essere iscritti alla voce D3 del passivo.

- Non riscossione di crediti scaduti

Anche riguardo alla non riscossione di crediti scaduti per forniture da parte dei soci, è opportuno sottolineare la presenza di diverse posizioni, soprattutto in relazione ad alcuni aspetti pratici: da un lato si ritiene che la mera inerzia del socio in relazione al credito scaduto vantato nei confronti della società, non supportata da riscontri documentali, non sia da considerarsi sufficiente a dimostrare un accordo idoneo a riconvertire il preesistente credito51.

Un orientamento alternativo, probabilmente più corretto, per attrarre un finanziamento cd indiretto nel perimetro applicativo dell' art. 2467 c.c., reputa invece sufficiente il comportamento concludente, cioè la mancata riscossione del credito nei termini pattuiti, sempre che, sulla base delle condizioni patrimoniali e finanziarie della società, un fornitore terzo non avrebbe previsto alcuna dilazione52. Tale impostazione è stata recentemente confermata dalla giurisprudenza, secondo la quale è da ricondurre all' interno della disciplina dell'art. 2467 c.c. “l'effettuazione di forniture a credito da parte del socio, ove i crediti in tal modo maturati assumano

51 G.TERRANOVA, Commento all’articolo 2467cc, in COMMENTARIO, a cura di Niccolini-Stagno

d’alcontres, 2004

52 M.MAUGERI, Finanziamenti anomali dei soci e tutela del patrimonio nelle societa’ di capitali, 2005,

Milano; sul punto anche N.ABRIANI, Finanziamenti anomali dei soci e regole di corretto finanziamento

nella società a responsabilità limitata in Il diritto delle società oggi – innovazioni e persistenze, 2011,

(30)

30 connotazioni anomale e incompatibili con un' ordinaria attività commerciale, nell' ambito della peculiare situazione economico-finanziaria in cui versava la società”53. In definitiva, è sicuramente necessario un accordo delle parti anche se implicito: questo perché la nostra disciplina sottopone a postergazione i "finanziamenti" dei soci e non, genericamente, "le obbligazioni della società nei confronti dei soci", le quali possono avere anche fonte non negoziale; mentre al contrario "finanziamento" è solo la volontaria concessione della disponibilità di una somma di denaro, con obbligo di rimborso.

Pertanto è necessario che la mancata riscossione del pagamento esprima la "volontà di concedere nuovo credito oppure di rinnovare un finanziamento preesistente". L'inerzia volontaria del socio non può dar luogo all'applicazione della disciplina dei finanziamenti sostitutivi di capitale nel caso, ad esempio, in cui il socio non agisce nei confronti della società perché ignora di aver subito un danno, oppure non si è avveduto di aver effettuato un pagamento indebito54.

Soprattutto non può attribuirsi rilievo alla circostanza che, al sopraggiungere della crisi della società, il socio mantenga fermi i finanziamenti precedentemente accordati, senza esercitare la facoltà di recesso che eventualmente gli competa55. In tale ipotesi il socio non effettua una nuova decisione di finanziamento, ma si limita a ribadire la scelta precedentemente effettuata: non vi è alcuna volontà di concedere nuovo credito oppure di rinnovare un finanziamento preesistente.

- Emissione di titoli di debito

È ipotizzabile, altresì, che l’emissione di titoli di debito, se sottoscritti da soci in periodi “sospetti”, ne determinino la postergazione rispetto agli altri crediti.

Una variante di quest’ultimo schema è rappresentata dall’ipotesi che i titoli di debito siano sottoscritti da investitori istituzionali e successivamente acquistati da

53 Tribunale di Messina, Decreto del 4 marzo 2009 54 CAMPOBASSO, I finanziamenti dei soci, 2004, Torino 55

G.TERRANOVA, Commento all’articolo 2467cc, in COMMENTARIO, a cura di Niccolini-Stagno d’alcontres, 2004, Napoli

(31)

soci finanziatori.

In questo caso tuttavia, onde poter superare l’obiezione secondo cui la postergazione deve riferirsi al momento in cui il titolo viene sottoscritto dall’investitore istituzionale e non a quello in cui quest’ultimo cede il titolo al socio, occorre dimostrare che il primo agiva quale mero intermediario e che pertanto sin dall’inizio l’operazione era stata congegnata quale finanziamento del socio in condizioni di squilibrio finanziario56.

- Pagamento del debito

Vista l'ampia portata dell'art. 2467 c.c. e il suo scopo primario di tutela dei creditori, devono essere fatti rientrare nel concetto di finanziamento anche i casi in cui i soci, invece di erogare una somma di denaro direttamente alla società, manifestino il loro sostegno economico adempiendone i debiti.

Il pagamento di debito altrui costituisce finanziamento qualora dal rapporto fra adempiente e debitore (cosiddetto rapporto di provvista) risulti che l'adempimento ha lo scopo di assicurare al debitore la disponibilità temporanea di una somma di denaro, attraverso la delegazione di pagamento o il pagamento di terzo.

Per applicare la disciplina dei finanziamenti sostitutivi di capitale non si deve guardare al rapporto tra socio adempiente e beneficiario del pagamento, bensì al rapporto interno tra socio e società.

Così non si avrà finanziamento nel caso in cui la banca paghi un assegno addebitandone contestualmente l'importo; oppure quando la finanziaria di un gruppo effettui un pagamento per conto di una società del gruppo, addebitando senza indugio il conto di gestione della società ordinante.

A tali operazioni va infatti riconosciuta esclusivamente la funzione di realizzare un servizio di cassa. Chiaramente diversa è la situazione quando il socio si astiene volontariamente dall'esercitare il regresso verso la società, oppure concorda che il

56

G.CABRAS, Commento all’articolo 2483, in Le società di capitali. commentario, a cura di Niccolini-Stagno D’alcontres, 2004, Napoli

(32)

32 rimborso avvenga dopo un certo periodo.

c) finanziamenti in natura

In ultimo, giova analizzare le ipotesi nelle quali il rapporto tra socio e società si basi sulla concessione di beni in godimento, mediante operazioni quali affitto d’azienda, licenza di marchi ecc. e persino prestazioni d’opera o di servizi.

Appare discutibile che tali operazioni possano farsi rientrare nell' alveo dell' art. 2467 c.c. giacché pur comportando un beneficio finanziario alla società, non implicano un diritto alla restituzione di un importo monetario57.

Dubbi interpretativi, rispetto al tenore letterale della norma, sorgono, quindi, anche in tali ipotesi.

Il richiamo letterale dell'art. 2467 c.c. ad apporti “in qualsiasi forma effettuati”, nonché la possibilità per le s.r.l. di conferire parte del capitale sociale tramite ”tutti gli elementi dell' attivo suscettibili di valutazione economica” (art. 2464 secondo comma c.c.), dovrebbero far comunque propendere a favore della possibilità che un finanziamento da parte dei soci possa avvenire anche grazie ad un apporto di beni, diritti e così via.

Secondo tale impostazione, una simile tecnica, dal punto di vista funzionale e finalistico, si configurerebbe in maniera analoga ad un contratto di mutuo, trasferendo il rischio di insolvenza della società in capo ai creditori58.

Per queste ragioni, si deve ritenere che non vi sia alcun motivo per sottoporre ad un diverso trattamento giuridico l'apporto di un socio che, per fronteggiare una situazione di crisi e per riequilibrare la struttura del capitale della società, invece di conferire capitale di rischio attraverso un' iniezione di liquidità, metta a disposizione della società il valore del godimento del bene59.

57M.MAUGERI, Finanziamenti anomali dei soci e tutela del patrimonio nelle società di capitali, 2005,

Milano

58 N.ABRIANI, Finanziamenti anomali infragruppo e successiva rinegoziazione: tra postergazione legale e privilegio convenzionale in Riv.Dir.Soc. n.4/2009

59

ISTITUTO DI RICERCA DEI DOTTORI COMMERCIALISTI E DEGLI ESPERTI CONTABILI, Profili

(33)

4. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE

Dopo aver analizzato attentamente l' ambito oggettivo di applicazione della regola della postergazione ex art. 2467 c.c., non resta che occuparci del contesto soggetti-vo: occorre cioè valutare a quali realtà societarie tale principio si applichi.

Laddove espressamente la norma parla di S.r.l., visto che è inserita nel Capo V , Ti-tolo VII del libro del Codice Civile dedicato alle Società, il quesito può essere così posto: la norma risulta applicabile anche oltre il campo delle S.r.l. ?

La risposta è tutt' altro che scontata, dovendo anche in questo caso l' interprete muo-vere in un campo dove il Legislatore è intervenuto in modo blando e tutt' altro che netto.

a) Finanziamenti infragruppo

Innanzitutto ogni analisi dell' art. 2467 c.c. che si rispetti non può esentarsi dal con-siderare l' art. 2497-quinquies, che espressamente estende l' applicazione della nor-ma in esame ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti. Questo esplicito rinvio ci permette di introdurre il tema dell' eventuale applicazione della regola della postergazione anche ai finanziamenti cd “infragruppo”.

Sono, però, necessarie alcune brevi premesse.

Anzitutto, il legislatore non ha predisposto un sistema organico di disciplina dei gruppi, ma ha introdotto regole di responsabilità per “violazione dei corretti principi di gestione societaria e imprenditoriale”.

Questo regime si fonda su una serie di presupposti:  l’esercizio della direzione unitaria;

 la violazione, per l’appunto, dei principi di corretta gestione societaria e im-prenditoriale;

 il fatto di agire nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui;

Riferimenti

Documenti correlati

1. La Segreteria di Stato per le Finanze ed il Bilancio ricevuta la richiesta dall’Istituto finanziatore si attiva, tramite il Dipartimento Finanze e Bilancio, ai

c) non essere titolari di una quota superiore al venticinque per cento del diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento su una abitazione, ovunque ubicata, adeguata

La perizia e la documentazione a corredo si intende inviata nel termine qualora dalla ricevuta di accettazione, nella quale sono contenuti i

c) l'elenco delle aree protette in Campania, di cui all'allegato 4 che forma parte integrante della presente legge. Gli elenchi di cui al comma 1, allegati 2 e 3, sono aggiornati

1) Il Patto di integrità è lo strumento che la Ex Provincia di Carbonia Iglesias adotta al fine di disciplinare i comportamenti degli operatori economici e del

ART. La nomina, la designazione e la revoca dei rappresentanti del Comune di Rho presso Enti, Aziende, Istituzioni, Fondazioni, Società di capitali costituite

La normativa di riferimento è costituita dal D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, dalla Delibera ANAC n. 1097 del 26  ottobre  2016  –  Linee  Guida  n.  4 

b) possibilità per il tirocinante di partecipare direttamente alle attività ritenute basilari per l’attività professionale futura, secondo i livelli di autonomia