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L'efficienza nel settore ospedaliero: un confronto tra il caso veneto ed il caso portoghese

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE ... 2

CAPITOLO 1: LA SOSTENIBILITA’ DEL SISTEMA SANITARIO ... 8

1.1 IL LIVELLO DELLA SPESA SANITARIA NEI PAESI OCSE ... 8

1.2 I MODELLI DEI SISTEMI SANITARI ESISTENTI NEI PAESI OCSE ... 11

1.3 LE DETERMINANTI DI LUNGO PERIODO DELLA SPESA SANITARIA ... 14

1.4 FISIOLOGIA E PATOLOGIA DELLA SPESA SANITARIA ... 19

1.4.1 La fisiologia della spesa ... 19

1.4.2 Le patologie della spesa ... 20

1.5 POLITICHE SANITARIE ED ESPERIENZE DI EFFICIENTAMENTO ... 24

CAPITOLO 2: DATA ENVELOPMENT ANALYSIS ... 34

2.1 DATA ENVELOPMENT ANALYSIS ... 34

2.2 L’ EVOLUZIONE STORICA DELLA DEA ... 35

2.3 I MODELLI BASE ... 38

2.3.1 Singolo input e singolo output ... 38

2.3.2 Due input e un output ... 40

2.3.3 Due output e un input ... 42

2.3.4 Concetto di input slack e output slack ... 44

2.2.5 Modelli input oriented e output oriented ... 45

2.4 SCELTA DEL MODELLO ... 47

2.4.1 Il modello CCR ... 48

2.4.2 Il modello BCC ... 49

2.4.3 Rendimenti di scala ... 51

2.4.4 Il modello Additivo ... 52

2.5 VANTAGGI E SVANTAGGI DELLA DEA ... 52

2.6 LA DEA APPLICATA AL SETTORE OSPEDALIERO ... 55

CAPITOLO 3: IL CASO ... 57

3.1 PRESENTAZIONE DEL CASO ... 57

3.2 LA COSTRUZIONE DEI DATABASE ... 59

3.3 Modelli di analisi ... 79

3.4 La PCA, l’analisi delle componenti principali ... 82

CAPITOLO 4: ANALISI E RISULTATI ... 87

4.1 ELABORAZIONE DEI DATI ... 87

4.1.1 Analisi del modello primo modello nella regione Veneto ... 88

4.1.2 Analisi del secondo modello nella regione Veneto ... 90

4.1.3 Analisi del terzo modello nella regione Veneto ... 95

4.1.4 Analisi del primo modello in Portogallo ... 97

4.1.5 Analisi del secondo modello in Portogallo ... 99

4.1.6 Analisi del terzo modello in Portogallo ... 102

CONSIDERAZIONI DI SINTESI SUI MODELLI UTILIZZATI ... 104

BIBLIOGRAFIA ... 108

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INTRODUZIONE

Questo lavoro nasce dall’opportunità avuta di collaborare, nel corso della mia permanenza in Portogallo con una borsa di studio finalizzata alla preparazione della tesi di laurea, con il Professor Rui Cunha Marques ed il suo staff, in particolare con il Professor Diogo Filipe da Cunha Ferreira. Il prof. Marques oltre ad essere Full professor all’Università di Lisbona, è docente nell’ambito del progetto Erasmus+ Modulo Jean Monnet “European Water Utility Management” che si è svolto negli ultimi tre anni, a partire dal 2015, nel dipartimento di economia e management dell’università di Pisa.

Colgo qui l’occasione per ringraziarli della disponibilità e per avermi dato questa occasione che mi ha consentito, grazie alla loro attenta e sollecita partecipazione ed alla paziente attenzione nei miei confronti, di portarlo a termine.

La spesa sanitaria costituisce uno, se non addirittura il principale, elemento di criticità del welfare con cui le nazioni moderne si trovano oggi nella necessità di doversi confrontare.

Dobbiamo infatti considerare che il sistema di welfare degli stati occidentali costituisce non solo un elemento macroeconomico di vitale importanza, ma, nello stesso tempo, rappresenta una componente imprescindibile atta a definire il livello socio culturale di una nazione e rappresenta uno delle condizioni che costituiscono le fondamenta del patto sociale alla base della forma stato.

Il sistema sanitario rappresenta pertanto una parte sostanziale del core del sistema di welfare degli stati nazionali in quanto investe il bene salute che rappresenta fattore strategico del loro sviluppo.

La recentissima polemica sull’Obama care, che sta coinvolgendo opinione pubblica e Congresso negli USA, l’attenzione posta sugli sviluppi della stessa dai media internazionali, testimoniano quanto la spesa sanitaria costituisca sia un punto cruciale dei bilanci degli Stati, che un fattore imprescindibile della coesione sociale.

Fra i diversi elementi costituenti la spesa sanitaria, la gestione delle strutture ospedaliere – che raccolgono e concentrano la maggioranza delle funzioni legate

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alla gestione sanitaria della società – costituisce uno fra i punti di snodo privilegiati utili per poter controllare il livello della spesa sanitaria stessa.

La valutazione dell’efficienza di tali strutture diventa quindi un momento essenziale per qualunque analisi su tali ambiti.

L’importanza di tale aspetto, ovvero la valutazione dell’efficienza in funzione del miglioramento della performance, è stato ciò che mi ha spinto a sviluppare il modello di ricerca che costituisce l’oggetto di questo lavoro e che investe direttamente le strutture ospedaliere.

Il lavoro si articola in quattro capitoli.

Il primo capitolo ha la funzione di inquadrare la mia analisi nel framework più generale del sistema sanitario e della sua funzione dal punto di vista socio-economico analizzando parte della letteratura prodotta sul tema dell’efficientamento delle strutture sanitarie.

Ho pertanto voluto dare un senso all’analisi da me condotta quale elemento determinante e fondamentale della più complessiva considerazione sull’andamento della spesa sanitaria, ponendo l’attenzione sul suo manifestarsi nei principali Paesi OCSE.

Abbiamo anche brevemente illustrato la modellizzazione, riconosciuta a livello internazionale, dei sistemi sanitari: il modello Beveridge ed il modello Bismark che ne costituiscono i due poli di riferimento teorico.

Ho fornito, con riferimento alla letteratura analizzata, anche alcuni cenni relativi alle condizioni in cui la spesa in ambito sanitario si manifesta e su come le riforme sanitarie in Europa, in particolare in Italia e Portogallo, si stiano indirizzando in relazione alle condizioni di spesa. Ho sottolineato come le stesse siano dirette al miglioramento dell’efficienza della spesa stessa attraverso il miglioramento delle performance del sistema e dei suoi componenti. Di tali componenti le strutture ospedaliere costituiscono un elemento cruciale per dimensione degli investimenti e dei costi di funzionamento.

Essendo quindi obiettivo delle riforme l’efficienza del sistema nel suo complesso e, nel contesto generale, il miglioramento delle performance dei suoi componenti, ed avendo, come già detto, quale obiettivo di questo lavoro quello di

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misurare l’efficienza delle strutture ospedaliere, nel secondo capitolo, abbiamo applicato a tale ambito il modello D.E.A. per la valutazione dell’efficienza. La Data Envelopment Analysis è una tecnica di benchmarking e valutazione delle performance che negli ultimi anni si è affermata e diffusa nella comunità scientifica e fra i manager, soprattutto grazie alle sue proprietà di cui parleremo diffusamente ed allo sviluppo di software specifici che ne agevolano l’applicazione.

Il benchmarking è una metodologia per misurare e incrementare le performance di un’unità operativa individuando riferimenti eccellenti con cui confrontare le prestazioni delle varie unità.

L’utilizzo sistematico di metodologie e di strumenti di benchmarking stimola e integra i processi di apprendimento e cambiamento e, allo stesso tempo, stimola l’efficacia e l’efficienza dei processi aziendali e il rinnovamento della cultura aziendale, assicurando un miglioramento continuo grazie al costante confronto con le altre unità interne o esterne. È una tecnica che prevede diverse fasi come l’identificazione dell’area su si ritiene necessario fare l’analisi, gli indicatori da confrontare, la raccolta dei dati, l’elaborazione dei risultati e, infine, la valutazione e il controllo di questi.

La Data Envelopment Analysis (DEA) è un metodo impiegato per la misurazione dell’efficienza delle unità decisionali, decision-making units (DMU), come, ad esempio, imprese o istituti pubblici. Ampia è la letteratura che ha utilizzato la DEA per studiare l’efficienza di ospedali e più in generale per analizzare le performance dei sistemi sanitari. Lo studio di Campedelli, Guerrini, Romano Leardini del 2014, di cui tratteremo nel secondo capitolo, pone in evidenza la vastità degli studi in cui la stessa è impiegata in Italia ed all’estero e la validità della metodologia in ordine all’interpretazione dei risultati

Nel terzo capitolo ho individuato un caso che potesse costituire un momento di applicazione dell’analisi e che ponesse a confronto due sistemi organizzativi delle strutture ospedaliere che contenessero elementi di confrontabilità.

Per questo abbiamo selezionato due ambiti di riferimento nel cui contesto individuare le strutture da porre sotto osservazione: quello portoghese, di livello

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nazionale, e quello veneto. Non abbiamo usato come riferimento il sistema nazionale italiano in quanto l’organizzazione sanitaria e la relativa spesa, com’è noto, sono, in Italia, in carico alle Regioni.

A tal fine sono stati selezionati, in collaborazione con il Professor Ferreira, i 27 ospedali completamente pubblici in Portogallo (gli EPE).

Nel Veneto abbiamo selezionato tutte le strutture ospedaliere completamente pubbliche, compresi i due grandi nosocomi universitari della regione: Verona e Padova, per un totale di 23 strutture.

La scelta del Veneto è stata determinata principalmente dalla disponibilità a collaborare della Regione Veneto, rispetto alle altre Regioni, e grazie alla disponibilità completa dei bilanci e delle altre informazioni necessarie disponibili all’interno della sezione “Amministrazione Trasparente” di ciascun ente coinvolto. Ringraziamo quindi Regione Veneto per la trasparenza della sua azione amministrativa, come potrà essere rilevato visitando i link riportati nella sitografia, e per la disponibilità data nel fornire i dati altrimenti non reperibili on line. Per questo rivolgo un ringraziamento doveroso al Professor Andrea Guerrini dell’Università di Verona che mi ha dato l’opportunità di comunicare con gli apparati regionali.

Per poter procedere nell’analisi ho quindi dovuto costruire un data base nel quale inserire tutti gli elementi ritenuti imprescindibili per l’analisi stessa.

Costruire il data base e individuare e rilevare gli indicatori da utilizzare nell’analisi, ha rappresentato un’operazione lunga e complessa di ricerca e ricombinazione. In particolare ho dovuto procedere all’analisi dei bilanci delle diverse aziende ospedaliere per estrapolare i dati necessari.

Al termine di questa operazione ho individuato come significativi i seguenti indicatori:

• il totale dei costi di produzione annuali;

• il numero dei posti letto disponibili per ciascuna struttura nell’anno di riferimento;

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• il numero degli infermieri impiegati direttamente dalla struttura ospedaliera;

• il totale dei giorni di ricovero dei pazienti nell’anno di riferimento; • il totale dei ricavi ospedalieri in un anno;

• il numero dei pazienti dimissionati per anno;

• il numero delle setticemie post operatorie verificatesi nell’anno di riferimento;

• il numero dei decessi avvenuti nella struttura ospedaliera nell’anno.

Questi indicatori sono stati scelti perché certi e comparabili fra il sistema veneto e quello portoghese.

Nel quarto e ultimo capitolo, con l'aiuto e la supervisione di entrambi i professori, abbiamo predisposto tre modelli diversi su cui applicare il modello DEA usando il software MATLAB.

La costruzione di questi tre modelli è stata il frutto di una scelta fra diverse opzioni.

I tre individuati rappresentano, infatti, quelli che, ad avviso di chi scrive, meglio potevano dare una visione significativa della situazione di entrambi i paesi.

Infine, nella parte conclusiva del capitolo, mi sono dedicato all’analisi dei risultati emersi dall’applicazione dei tre modelli scelti.

E’ qui opportuno fornire alcune precisazioni, in quanto questo studio deve essere considerato un lavoro preliminare. In effetti, anche se abbiamo analizzato un elevato numero di imprese ospedaliere, considerando quanto solitamente fatto dai ricercatori europei, quest’analisi presenta alcuni limiti.

Il primo è il confronto temporale. Per quanto concerne il Portogallo, infatti, i dati oggetto di analisi sono relativi all’anno 2015, mentre, per quanto concerne l'Italia, abbiamo deciso di costruire il database prendendo in considerazione sia il 2013 che il 2014. I dati del Veneto sono gli ultimi disponibili. Per rendere i dati confrontabili gli stessi sono stati inflazionati all’anno di riferimento 2015.

Il secondo limite è insito nello stesso modello DEA. Il modello permette, infatti, solo di calcolare se la Decision Makers Units è efficiente o meno. Il modello non ci fornisce alcuna informazione sulle cause di una possibile inefficienza. In ogni

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caso abbiamo cercato di dare una spiegazione, per quanto preliminare, ai risultati, soprattutto nelle situazioni in cui il punteggio del modello DEA era inefficiente. Abbiamo analizzato i risultati attraverso i vari modelli precedentemente enunciati, questo mi ha portato ad affermare che, secondo la mia personale opinione, il primo modello tende a sopravvalutare l’efficienza delle varie DMU come appare evidente sia nel caso della Regione Veneto che nel caso degli ospedali EPE portoghesi. E’ quindi più opportuno prendere in considerazione il secondo ed il terzo modello che si presentano molto simili tra loro come risultati, ma che fanno emergere maggiormente le differenze tra le diverse DMU.

Nel secondo modello vediamo come, infatti, in entrambi i casi presi in esame in questo lavoro, appare fortemente caratterizzato lo scostamento dei risultati rispetto al primo modello. Questo sta a significare, secondo la mia opinione, che incidono in misura rilevante sul modello le variabili che vengono prese in considerazione all’interno dell’input sintetico, variabili che non sono presenti nel primo modello analizzato.

E’ quindi possibile ipotizzare che fra queste variabili ci siano gli elementi di fragilità del sistema e che, attraverso il miglioramento di questi parametri nelle strutture che presentino valori inefficienti, gli enti potrebbero giungere ad avere, in entrambi i casi analizzati, una situazione di efficienza più simile a quella emergente dal primo modello in cui gli ospedali paiono essere quasi totalmente efficienti.

Riteniamo possibile affermare, inoltre, che, attraverso continui studi sull’efficienza e attraverso un’analisi approfondita delle variabili che incidono sulle situazioni maggiormente inefficienti, sarebbe possibile giungere a determinare le cause che portano ai risultati di inefficienza precedentemente esposti.

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CAPITOLO 1: LA SOSTENIBILITA’ DEL SISTEMA SANITARIO

1.1 IL LIVELLO DELLA SPESA SANITARIA NEI PAESI OCSE

La pubblicazione dei dati OCSE1 ci offre un’occasione favorevole per guardare i dati disponibili della spesa sanitaria dei principali paesi occidentali, dandoci l’opportunità di confrontare anche diversi paesi tra loro. Visto che il confronto basato sui valori assoluti di spesa non avrebbe senso, in quanto rischierebbe di mettere sullo stesso piano differenze di popolazione o di ricchezza, procederemo a confrontare i valori della spesa sanitaria dei paesi OCSE con riferimento sia alla spesa sanitaria pro-capite, ovvero per abitante, che in percentuale del PIL.2 La figura 13 mostra i dati della spesa sanitaria pro-capite dei principali paesi OCSE. La spesa è espressa a parità di potere d’acquisto e con riferimento al dollaro statunitense. In media, tra tutti i paesi OCSE, si spendono 3440 dollari per abitante (indicata con la linea verticale rossa riportata nella figura 1). Lo scarto quadratico medio è di circa 1600 dollari. Questo sta a significare che esiste una notevole sperequazione fra la spesa sanitaria dei diversi paesi.

Il paese ove si spende di meno per abitante è il Messico (poco più di 1.000 euro), mentre il paese in cui si spende di più sono gli Stati Uniti d’America (circa 8.400 dollari per abitante).

In Italia la spesa supera di poco i 3.000 dollari per abitante, mentre in Portogallo si attesta intorno ai 2.500 dollari. Il valore italiano è di poco inferiore alla media (3.440 dollari), mentre quello portoghese si posiziona quasi 1.000 dollari al di sotto della media OCSE. Ciò che appare comunque evidente è il fatto che in entrambi i paesi la spesa si attesti su valori inferiori a quelli registrati nei Paesi

1 L'OCSE è un’organizzazione internazionale che è stata istituita con la Convenzione sull'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, firmata il 14 dicembre 1960,ed entrata in vigore il 30 settembre 1961, sostituendo l'OECE, creata nel 1948 per amministrare il cosiddetto "Piano Marshall" per la ricostruzione postbellica dell'economia europea.Tratto da:

http://www.esteri.it/mae/it/politica_estera/organizzazioni_internazionali/ocse.html 2 I dati OCSE sono reperibili su http://www.oecd-ilibrary.org

3 Elaborazione a cura di Carrieri Vincenzo, “Molto o troppo? Quanto costa la sanità in Italia”, eticaeconomia, 15 gennaio 2015

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che spesso sono oggetto di confronto diretto con gli stessi. Infatti, la Germania, ad esempio, spende 4.650 dollari per abitante, la Francia 4.121. Il Regno Unito, anch’esso dotato di un servizio sanitario nazionale pubblico spende 3.172 dollari. Solo la Spagna, tra i paesi più spesso comparati con Italia e Portogallo, spende poco meno dell’Italia (2.943 dollari), ma presenta, comunque, dati di spesa superiori a quelli del Portogallo.

Dunque, sia l’Italia che il Portogallo, non spendono più della media OCSE, anzi spendono meno.

Figura 1: Spesa sanitaria Pro-capite, paesi OCSE (anno 2012)

Fonte: OECD, Health Data I dati indicati in figura 1, però, non consentono di valutare la sostenibilità della spesa. In altri termini, non ci dicono quanta parte della ricchezza prodotta nel paese viene dedicata alla sanità. Ecco allora che si rende necessaria una diversa

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impostazione dell’analisi del dato, messa in evidenza dalla figura 24, che mostra la spesa sanitaria rapportata in percentuale al PIL per tutti i paesi OCSE.

Figura 2: Spesa sanitaria in percentuale del PIL, paesi OCSE (anno 2012)

Fonte: OECD, Health Data Da questa seconda elaborazione appare che, in media, i paesi OCSE destinano alla sanità il 9,05% del PIL (valore rappresentato dalla linea verticale nera in figura 2), con uno scarto quadratico medio di circa 2 punti percentuali.

Il paese che spende meno, in relazione al PIL, è l’Estonia, mentre, ancora una volta, gli Stati Uniti spendono più di ogni altra nazione.

L’Italia spende meno della media, attestandosi intorno all’8,3% del PIL, il Portogallo, al contrario, spende di più, circa il 9,5% del PIL.

Il Regno Unito si posiziona vicinissimo alla media dei paesi OCSE (spende l’8,94%), mentre Germania (10,89%) e Francia (11,16%), spendono entrambe molto di più di Italia e Portogallo.

Rispetto al PIL, infine, l’Italia spende meno della Spagna (9,16%), mentre il

4 Elaborazione a cura di Carrieri Vincenzo, “Molto o troppo? Quanto costa la sanità in Italia”, eticaeconomia, 15 gennaio 2015

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Portogallo spende poco di più.

Anche in questo caso, l’Italia si attesta su un rapporto appena inferiore a quello della media dei paesi OCSE; per quanto riguarda il Portogallo possiamo affermare che, al contrario dell’analisi precedente, spende più della norma rispetto alla ricchezza prodotta dal Paese.

Possiamo pertanto affermare che, a nostro avviso, la spesa sanitaria in Italia e Portogallo non appare eccessiva rispetto a quella degli altri paesi OCSE.

1.2 I MODELLI DEI SISTEMI SANITARI ESISTENTI NEI PAESI OCSE

Al fine di meglio comprendere i dati sopra esposti relativi ai livelli di spesa nei paesi OCSE, è necessario introdurre, almeno sommariamente, le tipologie dei sistemi sanitari attivi nei paesi stessi ed il loro modello di classificazione di riferimento.

«Nella classificazione dei sistemi sanitari, assume particolare rilievo il grado di intervento pubblico alla luce di due dimensioni: il finanziamento del sistema e la responsabilità di produzione ed erogazione dei servizi.

Rispetto alla prima dimensione, in particolare, l’intervento pubblico sgancia il contributo delle famiglie dall’effettivo utilizzo dei servizi collegandolo a criteri propri del sistema fiscale, primo fra tutti quello della capacità contributiva: in questo ambito le entrate delle strutture di offerta provengono prevalentemente da enti pubblici, che si finanziano presso le famiglie attraverso forme di prelievo obbligatorio.

Nei sistemi a finanziamento privato, invece, le entrate delle strutture di offerta sanitaria attingono prevalentemente dalle famiglie, nonché dalle imprese di assicurazione con cui le famiglie stipulano contratti di assicurazione volontaria».5 A questo punto è quindi opportuno articolare la classificazione dei sistemi a finanziamento pubblico. Al riguardo, la distinzione più utilizzata fa riferimento al meccanismo prevalente del prelievo obbligatorio: l’imposizione di contributi

5 Cit. Anessi Pessina E., Longhi S., “Beveridge vs Bismarck”, Saluteinternazionale.info, 8 giugno 2009

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sociali (sistemi di social health insurance o SHI, noti anche come sistemi mutualistici, modello Bismarck), oppure la destinazione alla sanità di una quota di gettito proveniente dalla fiscalità generale (sistemi tax-financed, noti anche come servizi sanitari nazionali, modello Beveridge).6

Vediamo più da vicino i due modelli qui citati.

Il modello Beveridge, conosciuto anche come Sistema Sanitario Nazionale, è un modello inglese, nato in seguito alle risultanze del Rapporto di Lord Beveridge del 19427, il quale propugna il diritto sociale del cittadino ad avere un buono stato di salute e perciò la necessità di garantire una copertura universale a tutti coloro che risiedono o dimorano nel territorio di quello Stato.

Questo modello vede come fonte di finanziamento il gettito fiscale pubblico ed anche gli erogatori del servizio devono essere, prevalentemente, pubblici. Questo è il modello a cui si ispira, ad esempio, il Sistema Sanitario Nazionale italiano. Il Modello Bismarck, noto anche come sistema di assicurazione sanitaria e sociale, è un modello che affonda le sue radici nella fine dell’800, precisamente nel 1883, e si riferisce al sistema di welfare ideato dal cancelliere dell’impero tedesco Otto Von Bismarck al fine favorire i ceti più bisognosi.8

Si tratta di un modello basato sul principio assicurativo che garantisce al lavoratore e alla sua famiglia la copertura sanitaria in base ai contributi versati. Il sistema sanitario che si riferisce a questo modello di welfare è finanziato attraverso il ricorso a contributi obbligatori versati sia dai datori di lavoro che dai dipendenti. I servizi e le prestazioni assistenziali e sanitarie vengono erogati sia attraverso il ricorso a soggetti pubblici che a privati.

Al riguardo, la ricerca di Wagstaff 9 pone il confronto fra i due sistemi, non solo sul piano qualitativo ma anche su quello quantitativo. Questo costituisce un

6 Tratto da Anessi Pessina E., Longhi S., “Beveridge vs Bismarck”, Saluteinternazionale.info, 8 giugno 2009 7 Beveridge W., Social insurance and allied services: Report by Sir William Beveridge, Londra, presso la Stamperia Reale, 1942 8 Vincenzo Galasso, I sistemi di welfare in Europa e nel mondo, Atlante Geopolitico Treccani, Treccani.it, 2012

9 Adam Wagstaff. Social Health Insurance vs. Tax-Financed Health Systems. Evidence from the OECD, The World Bank, January 2009

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mutamento di approccio in cui l’elemento chiave è la presenza, nel periodo che va dal 1960 al 2006, di ben otto Paesi OCSE (tra cui l’Italia) che sono passati da un modello SHI a un modello tax financing, a fronte di altri quattro che hanno percorso il cammino opposto.

Tra gli altri 18 Paesi OCSE, nello stesso periodo, 11 hanno mantenuto un sistema di SHI, 6 un sistema di tax financing, mentre gli Stati Uniti vengono esclusi dall’analisi per la prevalenza del finanziamento privato. E’ interessante notare, anche ai fini della nostra ricerca, come anche nella classificazione di Wagstaff i sistemi italiano e portoghese siano accomunati nello stesso raggruppamento (Figura 3).

Figura 3: Health financing, provider payment methods, and existence of gatekeeper10

Fonte: WHO Health in Transition series: http://www.euro.who.int/observatory/Hits/TopPage

10 Per una più immediata lettura della tabella: FFS (Fee For Service): Tariffa per prestazione. CAPITATION: Quota capitaria (ammontare fisso annuo per assistito). DRG: Tariffa predeterminata per il Raggruppamento Omogeneo di Diagnosi (Diagnostic Related Group) in cui viene classificato il paziente. PER DIEM: Tariffa per giornata di degenza. GLOBAL BUDGET: Ammontare complessivo predeterminato, destinato a finanziare l’intera attività della struttura.

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1.3 LE DETERMINANTI DI LUNGO PERIODO DELLA SPESA SANITARIA

In tutti i paesi avanzati, al di là dei differenti livelli che essi fanno registrare nel rapporto tra spesa sanitaria e prodotto interno lordo, si osserva una tendenza di lungo periodo alla crescita di tale rapporto. Questa tendenza ha subito in numerosi paesi europei e non solo, una interruzione tra la fine degli anni Ottanta e la metà degli anni Novanta a seguito delle politiche di risanamento finanziario e di miglioramento dell’efficienza dell’offerta pubblica, ma il trend di lungo periodo resta inequivocabilmente in aumento e appare sostanzialmente generalizzato.11

Davanti a questo andamento della spesa i sistemi di sicurezza sociale dei Paesi industriali più evoluti sono chiamati ad affrontare una grande sfida, indotta dal fenomeno del cosiddetto “sviluppo demografico”. Le popolazioni, infatti, “invecchiano”: in altre parole la percentuale relativa delle persone ultrasessantenni e di chi ha superato i 65 anni d’età aumenta costantemente, come possiamo notare dalla figura 4, mentre, nello stesso tempo, cala la percentuale rappresentata dalle persone in età attiva.12

11 Armeni P., Fenech L., Furnari A., Longo F., Petracca F., Ricci A., Rapporto OASI, Il sole 24 ore, 2016

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Figura 4: Percentuale di persone anziane (over 65) sul totale della popolazione europea nel 1990 e nel 2010 13.

Fonte: Eurostat (online data code: demo_pjanind) Da questo consegue, in relazione ai sistemi di welfare (per es. la previdenza pensionistica) che il numero dei beneficiari aumenta, mentre cala il numero dei contribuenti. Una tale situazione inevitabilmente crea problemi di finanziamento. Nei confronti dei sistemi sanitari a finanziamento statale non appaiono però chiari gli effetti che su di essi avranno i cambiamenti demografici.

Su tale argomento si sono moltiplicati gli studi in materia14 i cui esiti fanno supporre l’esistenza di un nesso tra le variazioni demografiche e quelle di

13 Nella figura numero 4 possiamo notare come la popolazione over 65 tra il 1990 e

il 2010 in Europa sia passata dal 13,5% circa del numero totale degli abitanti nel 1990, al 17,5% nel 2010. Quest’aumento del 4% è indicativo dell’invecchiamento della popolazione europea

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carattere epidemiologico. Questo metterebbe così in risalto il fatto che non soltanto aumenterebbero le speranze di vita, ma che la maggiore età verrebbe raggiunta in uno stato di salute migliore.15

A ciò corrisponde la teoria della "Compression of Morbidity” di James Fries16 il quale afferma che i mutamenti della struttura demografica hanno effetti esigui nei confronti del finanziamento della previdenza sanitaria, dato che i componenti della popolazione s'ammalano soltanto negli ultimi mesi precedenti la morte, creando in tal modo un fenomeno di “compressione temporale” degli oneri sanitari.

Oltre all’evoluzione demografica in corso nei paesi avanzati (ovvero l’invecchiamento della popolazione), sulla spesa sanitaria agiscono altre due determinanti di fondo: la prima è la cosiddetta “malattia dei costi” o “morbo di Baumol” in quanto prende il nome dell’economista che per primo ha chiarito la natura di tale fenomeno macroeconomico nel 1967, la seconda è l’elevata elasticità della domanda di servizi sanitari rispetto al reddito.17

Vediamo queste due determinanti in modo sintetico, ad iniziare dal “morbo di Baumol”. È noto che la produttività del lavoro non cresce in modo uniforme nei vari settori dell’economia, in particolare essa tende a crescere più rapidamente laddove la prestazione di lavoro ha carattere strumentale e può quindi essere sostituita da macchine via via che l’innovazione tecnologica procede, mentre essa cresce più lentamente fra quelle attività nelle quali il prodotto si identifica con la prestazione stessa e dove, quindi, il lavoro non è altrettanto sostituibile dalle macchine. Tipici esempi dei due tipi di attività, caratterizzate rispettivamente da elevata e da bassa dinamica della produttività, sono, per le prime, quelle afferenti al settore industriale mentre, per le seconde, quelle dei

14 Si veda quanto affermato in merito da Scarcella C., Indelicato A., Levaggi R., Lonati F., Magoni M., “Spesa sanitaria e invecchiamento della popolazione: il ruolo delle patologie croniche” Politiche sanitarie, 2007, 8 (4). pp. 177-187

15 Fries J.F., “The Compression of Morbidity”, in the Milbank Quarterly, dicembre 2005, 801-823

16 Fries J.F., “The Compression of Morbidity”, in the Milbank Quarterly, dicembre 2005, 801-823

17 De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006

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servizi alle persone. D’altra parte, la dinamica delle retribuzioni per lo svolgimento di lavori con la medesima qualificazione tende, nel lungo periodo, a essere uniforme nei vari settori.

La conseguenza di una tale dinamica che, da un lato, è differenziata per la produttività e, dall’altro, omogenea per i salari è quella per cui nei settori a più bassa dinamica della produttività si ha, nei confronti dei settori a più alta dinamica, un aumento del costo del lavoro per unità di prodotto.18

Come osserva ironicamente Baumol, sembra a prima vista «impossibile raccontare la storia del morbo dei costi senza attribuirle l’aura di una tragedia (…) in cui ogni ingrediente rilevante della qualità della vita» per lo meno quelli prodotti da importanti attività del terziario «è gradualmente emarginato dal mercato a causa dell’ascesa irresistibile e priva di remore dei propri costi».19 In realtà, le cose non stanno così: la crescita della produttività nell’insieme del sistema economico crea le risorse necessarie a sostenere lo sviluppo anche dei settori a bassa dinamica della produttività.20

Come si presenta allora il “morbo dei costi” nella sanità? Si tratta certamente di uno dei settori destinati a risentirne maggiormente: è chiaro che nella produzione dei servizi di cura sanitaria la prestazione di lavoro non può avere prevalente carattere strumentale, anzi il prodotto si identifica largamente nella prestazione stessa. Ciò non toglie che nella sanità risulti accentuato il progresso scientifico e tecnologico21, ma esso ha natura diversa da quello tipico, ad esempio, del settore industriale, in quanto è essenzialmente volto non a sostituire il lavoro ma a

18 Baumol W.J., “On the Cost Disease and its True Policy Implications for the Arts”, in

Greenaway D., Shaw G. K., Public Choice, Public Finance and Public Policy, Essays

in Honour of Alan T. Peacock, Basil Blackwell, Oxford 1985; trad. it.: G. Pennella, M.

Trimarchi, Stato e mercato nel settore culturale, il Mulino, Bologna 1993

19 Baumol W.J., “On the Cost Disease and its True Policy Implications for the Arts”, in

Greenaway D., Shaw G. K., Public Choice, Public Finance and Public Policy, Essays

in Honour of Alan T. Peacock, Basil Blackwell, Oxford 1985; trad. it.: G. Pennella, M.

Trimarchi, Stato e mercato nel settore culturale, il Mulino, Bologna 1993, p. 200 20 Si veda quanto affermato in merito da De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006

21 Si veda quanto affermato in merito nell’articolo “Meridiano Sanità 2012: il Ssn

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supportarlo meglio nel conseguimento di risultati terapeutici sempre più soddisfacenti.

Nella sanità, spesso, lo stesso progresso tecnologico implica un aumento dei costi dovuto alla continua ricerca di tecniche all’avanguardia.22

Per tale motivo il “morbo dei costi” è una caratteristica, per così dire, costitutiva del settore sanitario e questa è, senz’altro, una determinante sottesa alla crescita di lungo periodo del rapporto spesa sanitaria/PIL.

Inoltre, affinché ci sia quella crescita occorre che la società sia disposta a riproporzionare la spesa complessiva a favore dei servizi sanitari. Questo è quanto accade se la domanda di servizi sanitari presenta una elasticità rispetto al reddito superiore all’unità (ossia per ogni punto percentuale di reddito in più la domanda di questo bene aumenta più dell’1%).23

Questo aspetto rappresenta l’altra determinante della crescita del rapporto spesa sanitaria/PIL, determinante che appare essere confermata dalle analisi empiriche disponibili: deflazionando sia il PIL che la spesa sanitaria attraverso i rispettivi indici di prezzo, in tutti i paesi si osserva una elasticità di lungo periodo della spesa privata per servizi sanitari superiore a uno.24 La stessa crescita della spesa

pubblica in rapporto al PIL incorpora una risposta dei governi a una domanda di servizi derivante dalla popolazione.25

22 Ibidem

23 De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006

24 Summers R., “Services in the International Economy”, in Inman R.P., Managing the Service Economy, Cambridge University Press, Cambridge 1985

25 De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006

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1.4 FISIOLOGIA E PATOLOGIA DELLA SPESA SANITARIA

1.4.1 La fisiologia della spesa

Non c’è quindi da meravigliarsi se la spesa sanitaria abbia manifestato una tendenza di lungo periodo a crescere più del PIL, trascinata da una elevata elasticità del reddito e spinta dal “morbo dei costi”.

Quello che deve invece essere compreso è il motivo per cui sia stato possibile nel corso degli anni Novanta realizzare, in alcuni paesi, una frenata del rapporto tra spesa sanitaria e PIL.26

Si tratta di un punto cruciale essenziale per comprendere il fenomeno.

Possiamo dire che il “morbo dei costi” rappresenta un fenomeno fisiologico, in quanto esso deriva da una causa strutturale non eliminabile che è costituita dalle caratteristiche diversificate che il progresso tecnologico assume nei diversi settori e, in particolare, dalle specifiche caratteristiche che esso assume nel comparto sanitario. La sua esistenza, però, non può coprire la presenza di inefficienze di natura patologica, in quanto derivanti da modelli di organizzazione e gestione del servizio sanitario spesso scarsamente razionali e poco economici.27

Il «morbo dei costi» determina una inevitabile tendenza alla crescita di lungo periodo dei costi di produzione dei servizi sanitari, ma non riesce a giustificare la loro dimensione il cui livello è superiore a quella necessario per un’organizzazione dei servizi in questione più razionale ed efficiente.28

26 Armeni P., Fenech L., Furnari A., Longo F., Petracca F., Ricci A., “Rapporto Oasi 2016”, il Sole 24 Ore, 2016

27 De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006

28 Baumol W.J., “On the Cost Disease and its True Policy Implications for the Arts”, in

Greenaway D., Shaw G. K., Public Choice, Public Finance and Public Policy, Essays

in Honour of Alan T. Peacock, Basil Blackwell, Oxford 1985; trad. it.: G. Pennella, M.

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La presenza di sacche di inefficienza patologica spiega la possibilità, anzi: la necessità, di azioni di riduzione degli sprechi e quindi di contenimento dei costi e della spesa sanitaria complessiva.29

D’altro canto il problema della performance è strutturale rispetto ai servizi di pubblica utilità, infatti «sul piano applicativo la necessità di pervenire a sistemi di valutazione della performance che non attengano ai soli risultati economici, ma che includano, altresì, la percezione di utilità sociale dell’azione politico-amministrativa ha reso estremamente complesso definire delle misure realmente evocative dei fenomeni che si intende indagare. In altri termini occorre mettere in relazione l’impiego delle risorse che hanno un valore economico con i risultati conseguiti, non tutti sintetizzabili dalla metrica monetaria, in quanto correlati alla soddisfazione dei bisogni e al giudizio di utilità istituzionale complessiva.»30 Proprio per questo, negli anni Novanta, in vari paesi europei, si è dato l’avvio allo sviluppo di un processo di miglioramento dell’efficienza organizzativa delle strutture sanitarie attraverso l’avvio di importanti programmi di riforma.31

1.4.2 Le patologie della spesa

Nel panorama sanitario europeo sono ancora molti gli elementi patologici di costo su cui è necessario incidere.

De Vincenti ne ha individuati quattro32 che, specie se riferiti al panorama italiano, hanno un ruolo fondamentale nell’incremento della spesa sanitaria: due di essi sono riconducibili all’appropriatezza delle prestazioni erogate e altri due all’efficienza e alla qualità dei servizi ed al modo in cui gli stessi sono offerti.

29 De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006 30 Anselmi L., Lazzini S., Zarone V., Brunelli S., “Sono davvero misurabili le performance delle amministrazione pubbliche?”, Aideia, Convegno del bicentenario, il ruolo dell’azienda nell’economia, 2013 31 Campedelli B., Guerrini A., Romano G., Leardini C., “La performance della rete ospedaliera pubblica della Regione Veneto. L’impatto delle variabili ambientali e operative sull’efficienza”, Mecosan, 92, 2014

32 Si veda quanto affermato in merito da De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006

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In primo luogo viene evidenziato l’utilizzo improprio dei ricoveri ospedalieri e della medicina d’urgenza (il pronto soccorso) che fa lievitare in modo non necessario i costi delle strutture di ricovero. Questa ipotesi viene confermata dallo studio citato di Campedelli, Guerrini, Romano, Leardini, sulla situazione della Sanità della Regione Veneto dove «con riferimento ai presidi osservati con questa ricerca emerge che alcune scelte strutturali e di lungo termine, come l’assenza di pronto soccorso e la grande scala operativa, permettono di ottenere vantaggi di costo notevoli. Tuttavia, va da sé che la prima scelta concerne solamente poche strutture, dal momento che il pronto soccorso costituisce un livello essenziale di assistenza che le regioni devono offrire in maniera diffusa sul territorio.»33

Marino34 attribuisce tale esito all’uso inadeguato, spesso eccessivo, dei ricoveri ed al ricorso continuo alla medicina d’urgenza anche in casi banali, individuando la causa in un modello prevalentemente burocratico dell’organizzazione dei servizi di medicina di base.

Sempre nel lavoro di Campedelli et al. viene però osservato che «i risultati del pronto soccorso, pur non producendo effetti sui proventi, in quanto non vi è tariffazione DRG delle prestazioni fornite, dovrebbero essere valutati con riferimento al numero, alla complessità e alla qualità delle prestazioni erogate nell’ambito della più complessiva analisi delle performance dei presidi ospedalieri.»35

L’osservazione degli Autori tende a rendere molto meno drastica la valutazione d’impatto di tale causa in quanto, anche se determinante l’incremento della spesa, la presenza dei servizi di emergenza nelle strutture ospedaliere non solo deve rientrare nell’ambito dei servizi obbligatoriamente erogati ai cittadini, ma non possono nemmeno essere considerati, senza un’adeguata

33 Campedelli B., Guerrini A., Romano G., Leardini C., “La performance della rete ospedaliera pubblica della Regione Veneto. L’impatto delle variabili ambientali e operative sull’efficienza”, Mecosan, 92, 2014, 135

34 Marino I., “I cittadini al centro della sanità”, in Italianieuropei, aprile 2005 35 Campedelli B., Guerrini A., Romano G., Leardini C., “La performance della rete ospedaliera pubblica della Regione Veneto. L’impatto delle variabili ambientali e operative sull’efficienza”, Mecosan, 92, 2014, 135

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contestualizzazione, elementi di inefficienza del servizio sanitario della specifica struttura e del servizio sanitario in generale.

In secondo luogo, la carenza dei servizi di assistenza domiciliare integrata (ADI) per i non autosufficienti implica costi notevoli in termini di ricoveri impropri e di ricorso a strutture residenziali il cui costo, in Italia, si colloca, in media, intorno ai 2.500 euro al mese, di cui 1.000 a carico del Servizio Sanitario Nazionale e il resto a carico dei Comuni e, seppur in misura minore, anche degli stessi anziani.36

Tali inefficienze si esplicitano, in particolare, nel minor indice di utilizzo dei posti letto e in un livello di spesa farmaceutica per abitante (ponderato in relazione all’anzianità e alle condizioni di salute della popolazione) di un paese rispetto ad un altro e, all’interno di essi, nel confronto tra una regione rispetto ad un’altra. Deve essere rilevato anche l’elevato valore del rapporto personale/posti letto esistente nelle strutture di ricovero pubbliche di alcuni paesi rispetto ad altri paesi considerati efficienti e, all’interno di questi, rispetto a strutture private accreditate.37

Infine, l’inadeguata qualità dei servizi sanitari all’interno di alcune nazioni in alcune specifiche regioni, implica costi significativi in termini di mobilità interregionale dei pazienti. Un esempio emblematico di questo è proprio l’Italia dove i costi di mobilità dal Sud verso le strutture del Centro-Nord sono elevati. Tali costi sono molto alti e causati non tanto dalla insufficiente dotazione quantitativa di strutture di ricovero, quanto dalle a significative differenze qualitative delle stesse.38

D’altro canto De Nicola, Gitto e Mancuso39 pongono in evidenza il fatto che in Italia, la riduzione del numero delle ASL, passato dalla 659 del 1992 alle 195 del

36 Dati rielaborati sulla base del progetto Obiettivo Anziani promosso dal Ministero

della Salute

37 Aronica A. De Vincenti, La sanità nella transizione al federalismo, ricerche, Roma

2003, cap. 3 38 Ibid.

39 De Nicola A., Gitto S., Mancuso P., “A two-stage DEA model to evaluate the

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2005 ed alle attuali 8040, consente di ottenere vantaggi da economie di scala derivanti anche dal diritto dei pazienti di essere ammessi in qualunque unità sanitaria locale, anche se al di fuori del proprio distretto di residenza. Questo fattore ha un forte impatto sulle Regioni più povere, in particolare quelle caratterizzate da un basso gettito fiscale, che potrebbe renderle non in grado di garantire lo stesso servizio delle altre Regioni, in termini qualitativi e quantitativi. Questo determina un ulteriore “outflow” di pazienti verso altre regioni determinando un ulteriore diminuzione delle risorse disponibili e quindi un’ ulteriore involuzione del servizio reso, a meno di interventi compensativi del Governo Nazionale. E’ comunque opinione degli Autori che l’analisi della mobilità dei pazienti possa gettare una nuova luce sull’efficienza del SSN italiano.41

Le operazioni di ridefinizione del sistema divengono pertanto necessarie al fine di accrescere l’efficienza produttiva e allocativa del sistema intervenendo sui costi di natura patologica.

D’altro canto il valore economico del dato sulla migrazione dei pazienti è stato oggetto di specifiche indagini. Infatti De Nicola, Mancuso, Valdmanis, nel loro studio del 2013, hanno definito fra le variabili determinanti l’efficienza delle strutture ospedaliere in Italia, l’entità della migrazione dei pazienti dalla loro regione di origine ad un altra per motivi di assistenza sanitaria. Infatti il SSN prevede che in Italia i rimborsi ospedalieri in Italia siano basati su specifici schemi di finanziamento basati su budget predefiniti. Inoltre, il meccanismo di pagamento è determinato anche dai costi medi per la cura. Presumendo che i costi medi diminuiscono quando gli ospedali operano a rendimenti crescenti in scala, trattare più pazienti ridurrà questi costi. Viceversa, se una regione perde pazienti a favore di altre regioni, questi costi medi possono aumentare o

40 Nel 2015 le ASL in Italia erano ulteriormente scese a 139 cui andavano ad aggiungersi 86 fra Aziende Ospedaliere e Ospedaliere Universitarie. Dal 2010 al 2015 era già avvenuto un ulteriore taglio. Nel 2017, dopo le ultime riforme, Le ASL si sono ridotte a 97, le AO e le AOU a 80 (fonte FIASO, Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere).

41 De Nicola A., Gitto S., Mancuso P., “A two-stage DEA model to evaluate the

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diminuire a seconda delle economie di scala. In entrambi i casi, i rimborsi verranno ad essere influenzati dai flussi di pazienti.42

Si tratta di avvicinare i costi effettivi sostenuti dal SSN ai costi relativi ad un sistema efficiente. Su tale situazione poi non potrà che operare la tendenza fisiologica di lungo periodo evidenziata dal “morbo di Baumol”.43

Sarà proprio la consapevolezza di questa tendenza a indurre la cura del disegno dei meccanismi allocativi in modo tale da evitare di sommare alla dinamica fisiologica dei costi una dinamica viziata da vere e proprie inefficienze produttive e organizzative.44

1.5 POLITICHE SANITARIE ED ESPERIENZE DI EFFICIENTAMENTO

Tenendo conto della situazione e dei problemi sopra accennati, appare indicato considerare più dettagliatamente gli sviluppi delle politiche sanitarie in atto nei vari Paesi europei. In particolare è importante considerare come il problema del miglioramento dell’efficienza per abbattere i costi venga affrontato nei diversi scenari.

Complessivamente si rilevano diversi approcci alla riforma dei sistemi, approcci che, tuttavia, si presentano talvolta, in sé stessi, contrastanti.

Da un lato, infatti, si spinge per tenere in debito conto gli strumenti di mercato quali:

• la concorrenza tra gli istituti d’assicurazione contro la malattia e la concorrenza tra gli erogatori;

• le agevolazioni economiche a favore di pazienti e di erogatori in termini di aiuti, o in base a modelli di compensazione forfetaria).

42 De Nicola A., Mancuso P., Valdmanis V., “Quality and health care performance in the Italian regions”, in MPRA, October 2013

43 De Vincenti C., “Sostenibilità, efficacia ed efficienza del sistema sanitario”, in Italianieuropei, Marzo 2006

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Dall’altro lato si osservano tentativi di regolamentazione attuati da parte dello Stato centrale come:

• la definizione di cataloghi delle prestazioni; • la pianificazione centralizzata dell'offerta.

Il Sistema Sanitario Nazionale italiano, della cui struttura parleremo più diffusamente nel capitolo 3, ha subito negli ultimi cinquant’anni una serie rilevante di riforme e di riorganizzazioni del modello di erogazione del servizio. La prima grande riforma è contenuta nella Legge n. 833 del 23 dicembre 1978, con la quale nasce il Sistema Sanitario Nazionale quale servizio diffuso a tutti i cittadini.

La prima riforma del SSN, avviene con la Legge n.502/1992 e tenta di dare una risposta alla crisi finanziaria che la Legge 833/1978 non aveva in alcun modo risolto. La riforma del ’92 si basa su tre obiettivi fondamentali:

- l’aziendalizzazione del sistema; - l’orientamento al “mercato”;

- la distribuzione di parte delle responsabilità alle Regioni.

L’insostenibilità cronica del sistema porta poi all’ultima grande riforma sanitaria la Legge 229/1999, nota come decreto Bindi, chiamata anche la Riforma-ter. Essa ha costituito l’ultimo passo legislativo di ampio respiro che, dal 1978 ad oggi, il sistema sanitario ha compiuto dalla sua costituzione completando il processo di organizzazione e razionalizzazione necessario per raggiungere un servizio sanitario efficiente ed efficace. Essa non modifica gli strumenti politici per l’apporto di risorse economico-finanziarie da destinare al SSN per cui rimane centrale il DPEF, il Documento di Programmazione economico-finanziario, ma attraverso il Piano Sanitario Nazionale verranno stabiliti i Livelli Essenziali di Assistenza (LSA) del triennio.

Il Piano Sanitario Nazionale stabilisce i livelli essenziali ed uniformi di assistenza (LEA) che lo Stato garantisce al cittadino in maniera gratuita o con partecipazione (ticket).

Le regioni, che hanno potere legislativo ove non vi sia esclusività da parte dello Stato, vedono specificate le modalità di gestione politica della sanità a livello

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regionale.

Vengono delineati i limiti economico funzionali dei servizi sanitari, impostando una mentalità basata sull’evidenza scientifica, o evidence based medicine.

L’evidenza scientifica e l’appropriatezza clinica di ogni trattamento sono gli strumenti che ne autorizza l’eventuale uso. La legge stabilisce che non vengono garantite prestazioni quando le stesse:

- non rispondano a necessità assistenziali previste dai principi inspiratori; - non vengano ritenute efficaci sulla base delle evidenze scientifiche o non

siano ritenute efficaci per soggetti che non corrispondano alla situazione clinica raccomandata;

- esista un trattamento che, a parità di risultati, sia più economico.

Il PSN ha durata triennale: per questo motivo gli ECM vengono definiti nel triennio affinché corrispondano agli interessi generali del SSN ed ai quali gli operatori devono formarsi ed attenersi.

Infine la legge porta definitivamente a termine il processo di aziendalizzazione delle USL che vengono definite aziende secondo le norme di diritto privato e sono tenute al rispetto del vincolo di bilancio. I Direttori generali rispondono direttamente alla regione sugli obiettivi assegnati, pur mantenendo i propri poteri gestionali.45

Oggi, come illustrato da Guerrini et al.46 siamo davanti all’incremento dei problemi legati alla sostenibilità determinata dalla riduzione delle risorse, alla persistenza della crisi economica, all’aumento della domanda di cure, alla crescita delle aspettative di vita. Conseguentemente i piani regionali mostrano la necessità di strumenti di governo della spesa che pongano al centro la sostenibilità economica del sistema attraverso un appropriato impiego delle

45 Cellini R., Pignataro G., Rizzo I., “Competition and efficiency in health care: An analysis of the Italian case” in International Tax and Public Finance, 2000, 7(4–5). Il seguito delle modifiche legislative di natura tecnico-organizzativa rispetto all’impianto originario è ritrovabile sul sito del Ministero della Sanità:

http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_6.jsp?lingua=italiano

46 Guerrini A., Romano G., Campedelli B., Moggi S., Leardini C., “Public vs. Private in Hospital Efficiency: Exploring Determinants in a Competitive Environment” in

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risorse disponibili.

Come riassunto da De Nicola, Gitto e Mancuso nel loro lavoro del 201147, il SSN, come definito nella Legge 229/1999 e successive modifiche ed integrazioni, comprende tre soggetti dotati di potere decisionale.

I governi regionali sono responsabili e hanno autonomo potere decisionale in merito alle funzioni legislative e amministrative in campo sanitario; pianificano le attività di assistenza sanitaria monitorando la qualità, l’appropriatezza, l’efficienza dei servizi sanitari. Essi hanno il potere di implementare il livello dei tributi locali per finanziare servizi sanitari addizionali rispetto ai LEA prestabiliti a livello nazionale, intervenendo a modificare, eventualmente, anche le tariffe nazionali dei servizi stessi.

Oltre alle Regioni, gli altri decisori sono costituiti dagli Enti e dalle Istituzioni di rilievo nazionale (Consiglio Superiore di Sanità, Istituto Superiore di Sanità, etc.) e dallo Stato, nella figura del Ministero della Sanità. Le prerogative riservate alle Regioni determinano comunque un panorama vasto e diversificato di sistemi sanitari con caratteristiche fra loro molto diverse, in relazione alle scelte specifiche dei governi regionali, e comunque con strutture che in tal modo possono presentare differenti livelli di efficienza. Inoltre le norme stabiliscono che i servizi di assistenza sanitaria possano essere realizzati da strutture private di tipo profit e da organizzazioni no-profit, che agiscono in regime sussidiario, integrativo e di concorrenza con l’obiettivo di migliorare il livello di prestazione del servizio.48

Il sistema sanitario della Regione Veneto si presenta quindi con caratteristiche specifiche, ma comunque in linea con quelle del contesto nazionale, per quanto attiene ai dati relativi alle aspettativa di vita dei residenti, all’aumento della popolazione anziana con le conseguenti patologie e comorbilità che determinano un incremento della domanda di accesso ai servizi sanitari, alla crescita della

47 De Nicola A., Gitto S., Mancuso P., “A two-stage DEA model to evaluate the

efficiency of the Italian health system”, in MPRA, June 2011

48 Barbetta G. P., Turati G., Zago A. M., “Behavioral differences between public and private not-for-profit hospitals in the Italian national health service” in Health

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mobilità dei pazienti, ad un accesso improprio ai servizi di pronto soccorso.49 Questo ne ha fatto un modello interessante di rappresentazione del sistema sanitario italiano.

Gli interventi di riforma del sistema sanitario della Regione Veneto si sono concentrati, fra il 2010 ed il 2016, sulla «riorganizzazione della rete ospedaliera, con la finalità di ottenere una maggiore omogeneità sul territorio regionale; tale obiettivo è stato perseguito attraverso un processo di aggregazione delle strutture, in modo tale da garantire maggiore efficienza, massima sicurezza per il cittadini e elevata qualità professionale degli operatori sanitari».50

Per realizzare questa operazione «il modello organizzativo veneto ha spostato il baricentro dell’assistenza dall’Ospedale al “Territorio”: in particolare, nel nuovo modello l’ospedale rappresenta esclusivamente, o almeno principalmente, il luogo deputato ad erogare cure ad alta complessità nella fase acuta delle patologie ed in quella immediatamente successiva. Alla rete di assistenza territoriale è invece demandato il presidio di tutti gli altri servizi sanitari.»51

Il sistema sanitario portoghese, dal suo canto, nello stesso periodo, ha subito una trasformazione ed una riorganizzazione determinata, sostanzialmente dagli stessi motivi. A fronte di un incremento sempre più rapido della spesa pubblica per l’assistenza sanitaria, dal 2002 al 2014 il sistema sanitario portoghese è passato ad un sistema misto dove le strutture pubbliche sono gestite secondo modelli organizzativi e legislativi di tipo privatistico, nel tentativo di migliorare le performance delle strutture ospedaliere.52

In entrambi i contesti, lo strumento più utilizzato per controllare le variazioni della performance delle strutture ospedaliere, è stata la DEA ovvero la Data 49 Campedelli B., Guerrini A., Romano G., Leardini C., “La performance della rete ospedaliera pubblica della Regione Veneto. L’impatto delle variabili ambientali e operative sull’efficienza”, Mecosan, 92, 2014 50 ibidem 51 Campedelli B., Guerrini A., Romano G., Leardini C., “La performance della rete ospedaliera pubblica della Regione Veneto. L’impatto delle variabili ambientali e operative sull’efficienza”, Mecosan, 92, 2014 52 Ferreira D., Marques R.C., “Did the corporatization of Portuguese hospitals significantly change their productivity?” in The European Journal of Health Economics, Marzo 2014

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Envelopment Analysis, che ha consentito di valutare gli effetti delle modifiche organizzative e il loro impatto sull’efficienza del funzionamento delle strutture. Vedremo più avanti cos’è la DEA, per il momento ne acquisiamo il concetto di strumento operativo. Strumento che in letteratura sembra essere il più diffuso nel campo della misurazione dell’efficienza delle strutture sanitarie.

Già Rebba et al.53, nel 2000, sostengono che «La misurazione dell’efficienza tecnica relativa degli ospedali può essere effettuata rapportando gli output ottenuti rispetto agli input utilizzati, sulla base di semplici indicatori di attività, di risorse e di struttura quali, ad esempio: durata media della degenza, tasso di occupazione dei posti letto, indice di rotazione dei posti letto, intervallo di turn over, indice di case mix, indice comparativo di performance, rapporto tra numero di pazienti e dotazioni di personale (medico e non), rapporto tra dotazioni di personale e dotazioni di posti letto, ecc.

Attraverso l’utilizzo combinato di alcuni degli indicatori appena ricordati, e di altri relativi alle attività non legate alle degenze, è possibile operare dei confronti dell’efficienza produttiva delle diverse strutture, tenendo conto anche (attraverso l’indice di case mix) della complessità della casistica trattata.»54

Che la tecnica DEA sia vocata alla misurazione della performance delle strutture ospedaliere e che l’utilizzazione di tale strumento sia molto diffusa appare anche dall’articolo di Bruce Hollingsworth55 che evidenzia come «la misurazione dell’efficienza e della produttività della somministrazione dei servizi sanitari sia diventata una piccola industria» riferendosi al fatto che sempre più autori utilizzino tale strumento per valutare le performance delle strutture sanitarie.

53 Rebba V., Rizzi D., “Analisi dell'efficienza relativa delle strutture di ricovero con il metodo DEA Il caso degli ospedali del Veneto.” Paper presentato al Convegno “La sanità tra Stato e mercato”, Associazione Italiana di Economia Sanitaria, Padova, 13-14 ottobre 2000

54 Rebba V., Rizzi D., “Analisi dell'efficienza relativadelle strutture di ricovero con il metodo DEA Il caso degli ospedali del Veneto.” Paper presentato al Convegno “La sanità tra Stato e mercato”, Associazione Italiana di Economia Sanitaria, Padova, 13-14 ottobre 2000

55 Hollingsworth B, “The measurement of efficiency and productivity of health

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Anche il saggio di Liam O’Neill e al.56, nel presentare una ricerca sugli studi di efficienza relativi alle strutture ospedaliere e sviluppati attraverso la DEA e le tecniche ad essa correlate, pubblicati in lingua inglese fra 1984 ed il 2004, mette in evidenza la diffusione dello strumento considerando ben 79 articoli che interessano 12 paesi e fornendo indicazioni utili per la costruzione di nuovi modelli DEA.

In Italia Daidone e D’Amico, sviluppano uno studio sull’efficienza degli ospedali del Lazio, nel periodo dal 2000 al 2005, confrontando l’efficienza nell’utilizzazione delle risorse fra strutture sanitarie pubbliche, no profit e private. Il risultato della loro analisi evidenzia la miglior performance propria delle strutture pubbliche. Il livello di efficienza tecnica delle prime due, in base al modello output oriented da loro impiegato, appare decisamente più alto di quello raggiunto dalle terze e fra le prime, le Aziende Ospedaliere sembrano raggiungere i migliori risultati.57 Anche lo studio di Fabbri58 del 2000, citato da

Canta e al., «applicando la tecnica della DEA a dati relativi all'attività di 45 ospedali pubblici dell'Emilia Romagna nel periodo 1994-1997, rileva un miglioramento dell'efficienza tecnica nel periodo considerato, la presenza di economie di scala (la scala efficiente si ha in corrispondenza di 200 posti letto circa), e una maggiore efficienza tecnica delle AO rispetto ai presidi gestiti dalle ASL.»59 che, secondo alcuni autori presentano però maggior margini di miglioramento. La differenza di performance fra strutture pubbliche e no-profit o for-profit appare in qualche modo più controversa apparendo, secondo alcuni

56 O’Neill L., Rauner M., Heidenberger K., Kraus M., “A cross-national comparison and taxonomy of DEA-based hospital efficiency studies” in Socio-Economic Planning Sciences, Volume 42, Issue 3, September 2008, Pages 158-189. 57Daidone S., D’Amico F., “Technical Efficiency, Specialization and Ownership Form: Evidences from a Pooling of Italian Hospitals” in CEIS Tor Vergata Research Paper Series, n. 143, Febbraio 2009. 58Fabbri D., “Riforma sanitaria e produzione ospedaliera” in Economia pubblica, 1, 132-164. 59 Canta C., Piacenza M., Turati G,. “Riforme del SSN e dinamica dell’efficienza ospedaliera in Piemonte” in Ceris CNR , W. P., n.15, 2005. Una precedente versione del saggio è stata presentata alla XVII Conferenza della Società Italiana di Economia Pubblica, Università di Pavia, Dipartimento di economia pubblica e territoriale, 15-16 settembre 2005.

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studi, meglio dimensionate le strutture for-profit.60

Sempre per evidenziare l’interesse e l’importanza che ha in questo momento l’efficientamento delle strutture sanitarie, in Lombardia, il CRISP, Centro di Ricerca Interuniversitario per i Servizi di Pubblica Utilità, Università degli studi di Milano Bicocca, ha pubblicato il “Manuale del sistema di valutazione degli ospedali lombardi”, dove vengono presentati numerosi modelli atti ad investigare i vari aspetti dell’efficienza tecnica e qualitativa delle strutture ospedaliere di Regione Lombardia attraverso l’impiego di diverse tecniche di analisi e di indagine.61

Anche il Portogallo, come accennato, è interessato a questo tipo di ricerca sulla performance delle strutture sanitarie.

Fra il 1979 e il 2002, tutti gli ospedali pubblici erano parte del Settore Amministrativo Pubblico (SPA), soggetti alla normativa della Pubblica Amministrazione. Alla fine del 2002, venne modificata la natura legale del 40% di questi Ospedali originariamente appartenenti allo SPA. Essi furono trasformati in Aziende ospedaliere (SA), con responsabilità limitata, diventando soggetti alle norme del settore amministrativo di tipo privatistico, equivalenti quindi alle corrispondenti strutture private in ambito sanitario. Nel 2005 tutte le SA furono trasformate in società pubbliche (EPE). Dal 2005 il numero delle EPE è cresciuto ed attualmente sono 53 fra ospedali e centri ospedalieri.62

Questo passaggio, in Portogallo, da un sistema sanitario di natura esclusivamente pubblica, soggetto alla norma statale, ad uno basato su di un sistema sì pubblico, ma legato a prerogative prettamente aziendali, è stato innescato dall’applicazione del modello NPM. Il New Public Management è definibile come un modello gestionale proprio del settore pubblico che tende ad integrare il diritto amministrativo e le pratiche gestionali tradizionali di un ente pubblico con una metodologia più orientata al risultato, dove il risultato è comunque l’interesse

60 ibidem

61 Vittadini G., a cura di, Manuale del sistema di valutazione degli ospedali lombardi, Aracne Editrice, novembre 2012.

62 Ferreira D., Marques R.C., “Did the corporatization of Portuguese hospitals significantly change their productivity?” in The European Journal of Health

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pubblico, ma le tecniche sono mutuate dal settore privato.

Uno dei principali obiettivi del modello NPM utilizzato in Portogallo è stato quello di implementare l’efficienza delle strutture ospedaliere attraverso incentivi e la creazione di un mercato della salute che mettesse in competizione fra loro le strutture sanitarie.63

In realtà va osservato che « con l’avvento del New Public Management … si è avuta a pioggia l’applicazione al settore pubblico di una serie di strumenti e principi organizzativi … che hanno avuto come effetto quello di traslare molto spesso in maniera pedissequa le impostazioni derivate dal mondo delle imprese. La criticità emersa è stata quella di innestare una cultura della misurazione spesso circoscritta agli elementi di più facile commisurazione monetaria con il rischio di trascurare tutte quelle componenti, per nulla secondarie, anzi, essenziali e peculiari dei servizi pubblici che però si scontrano con una difficile traducibilità in cifre»64

Nondimeno, nonostante questi limiti, anche in Portogallo, la necessità di valutare il livello di efficienza delle strutture sanitarie, ospedaliere in particolare, è diventato progressivamente indispensabile ed irrinunciabile.

Non esistono molti studi in Portogallo sull’impatto e sugli effetti della riforma societaria delle strutture SPA in SA e in EPE ed i risultati delle ricerche sembrano essere divergenti, in relazione al modello di indagine utilizzato.65 Molte delle ricerche impiegano la metodologia DEA.

Il lavoro di Ferreira e Marques del 2014 intende «contribuire alla letteratura esistente applicando solide disposizioni di efficienza e produttività al caso del sistema sanitario portoghese, al fine di valutare se la trasformazione in società ospedaliere delle SA ha evidenziato un miglioramento dell’efficienza e della

63 Ferreira D., Marques R.C., malmquist anf Hicks-Moorsteen Productivity Indexes for Clusters Performance evaluation, international journal of information technology and decision making, vol.15, 2016 64 Anselmi L., Lazzini S., Zarone V., Brunelli S., “Sono davvero misurabili le performance delle amministrazione pubbliche?”, Aideia, Convegno del bicentenario, il ruolo dell’azienda nell’economia, 2013 65 Ferreira D., Marques R.C., “Did the corporatization of Portuguese hospitals significantly change their productivity?” in The European Journal of Health Economics, Marzo 2014

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produttività rispetto alle SA»66 Il metodo proposto è comunque quello della DEA. I risultati della ricerca non sembrano comunque omogenei anche se, in estrema sintesi, sembra che il tradizionale management pubblico si riveli più efficace e produttivo rispetto al sistema con elevata autonomia gestionale che utilizza strumenti del management privato.

Comunque, in tutti i modelli utilizzati da Ferreira e Marques, è possibile trovare qualche oggetto con natura societaria più produttivo di alcuni ospedali con struttura SPA. Ciò pone in evidenza che alcune DMU non trasformate in aziende possono ritrovare buone pratiche nelle SA e nei gruppi EPE. Allo stesso modo è stato possibile ritrovare qualche ospedale SA che potrebbe costituire uno standard per alcuni ospedali EPE.67

La ricerca che porterò avanti nei prossimi capitoli, su un gruppo di strutture sanitarie venete e su un altro gruppo di strutture sanitarie portoghesi di tipo EPE, si inserisce quindi in una linea di analisi che, seppur più semplice, dati gli obiettivi dello studio, segue le indicazioni dei professori Ferreira e Marques.

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