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CAPITOLO 2: DATA ENVELOPMENT ANALYSIS 2.1 DATA ENVELOPMENT ANALYSIS

2.4 SCELTA DEL MODELLO

I modelli DEA sono pertanto utili per valutare l’efficienza delle DMU, ma, in base all’orientamento utilizzato, essi si concentrano su concetti fra loro complementari che danno così origine a ipotesi risolutive diverse.

Qualunque analista, dovendo compiere un’analisi utilizzando gli strumenti messi a disposizione dalla DEA, dovrà, in primo luogo, scegliere, fra quelli esistenti, il modello più appropriato agli obiettivi che intende proporsi ed ai dati di partenza esistenti.

Questa scelta dovrà quindi essere valutata prendendo in considerazione se il problema, nella sua formulazione, ammette ritorni di scala costanti (CRS) o variabili (VRS) e se il problema è orientato ad una soluzione che è rivolta alla massimizzazione degli output piuttosto che alla minimizzazione degli input, ovvero ad una soluzione che contemperi entrambe le soluzioni.

In base a ciò l’analista potrà scegliere uno dei modelli indicati nella tabella sottostante.

Tabella 5: Caratteristiche modelli CCR, BCC ed additivo Orientamento

Input Output Misto

Ritorni di scala costanti CCRinput CCRoutput Additivo Ritorni di scala variabili BCCinput BCCoutput Additivo

Fonte: Elaborazione propria Esistono pertanto tre modelli fondamentali che si differenziano sulla base delle scelte che vedremo di seguito in maggior dettaglio.

2.4.1 Il modello CCR

Questo è il modello base.

L’acronimo che lo identifica si deve alle iniziali dei nomi dei suoi creatori: Charnes, Cooper e Rhodes. Il modello viene descritto per la prima volta, nella sua completezza, nel corso del 1978.87

Questo modello, secondo gli Autori, si caratterizza in base a: • ritorni di scala costanti (CRS);

• efficienza relativa;

• dati numerici necessariamente positivi;

• input e output devono essere ricondotti ad un singolo input, espresso come somma pesata degli input, e ad un singolo output, espresso come somma pesata degli output. Il modello determinerà i pesi dei vari input e output che massimizzano il rapporto dei due elementi. Questo rapporto rappresenterà anche la funzione obiettivo.

Una DMU sarà perciò considerata efficiente solo se, contemporaneamente, la sua efficienza sarà pari a uno e tutte le variabili slack saranno nulle. La presenza di slack, infatti, indica che la DMU non è efficiente e sarebbe dunque possibile mantenere lo stesso livello di produzione riducendo le risorse impiegate, oppure aumentando la produzione effettuata.

87 Charnes A., Cooper W. W. and Rhodes E., “Measuring the efficiency of decision making units” in European Journal of Operational Research, 1978, vol. 2, issue 6

2.4.2 Il modello BCC

Mentre il modello CCR assume ritorni di scala costanti (CRS), nella realtà gli analisti si trovano ad affrontare spesso situazioni che mettono in evidenza situazioni spesso opposte per la cui analisi diviene necessario conoscere a priori la scala con cui operano le unità oggetto dell’analisi stessa.

Può essere altrimenti necessario conoscere le dimensioni degli input/output in corrispondenza delle quali l’inefficienza si manifesta quale diretta conseguenza dei rendimenti di scala.

Rispetto a tali problemi il modello BCC, acronimo derivato dalle iniziali dei nomi dei suoi creatori Banker, Charnes e Cooper88, si caratterizza per la presenza di rendimenti di scala variabili e quindi consente di prendere in considerazione la possibilità che la funzione di produzione possa assumere rendimenti di scala decrescenti o crescenti.

Il modello BCC permette di calcolare tre tipologie di risultati:

• VRSTE (Variable Return Scale Technical Efficiency), espressivo dell’efficienza tecnica in senso stretto;

• SE (Scale Efficiency), espressivo dell’efficienza di scala pari alla distanza tra la frontiera di efficienza a rendimenti di scala costanti e quella a rendimenti variabili;

• CRSTE (Constant Return Scale Technical Efficiency), espressivo dell’efficienza globale e pari al prodotto degli altri due punteggi.

La Figura 11 ci permette di comprendere le misure di efficienza elaborate attraverso la DEA.

In essa sono rappresentate le due frontiere:

• la CRS, valida in caso di ipotesi di rendimenti di scala costanti; • la VRS, valida in caso di ipotesi di rendimenti di scala variabili.

88 Banker R.D., Charnes A., Cooper W.W., “Some models for estimating technical and scale inefficiencies in Data Envelopment Analysis”, in Management Science 30(9),1984

Figura 11: Le frontiere CRS e VRS elaborate attraverso la DEA

Fonte: Ray S.C., Kumbhakar S.C., Dua P., Benchmarking for performance evaluation. A production frontier approach, Springer, 2015, 98 Come si vede le unità B, C e D rappresentano unità efficienti in ipotesi di rendimenti di scala variabili, mentre E, F ed N sono unità efficienti in un contesto di ipotesi di rendimento di scala costanti.

Come si evince A rappresenta l’unità inefficiente in entrambi i casi.

A seconda dell’orientamento intrapreso si hanno diverse misure dell’efficienza: se adottiamo un orientamento input l’efficienza sarà misurata dalla distanza orizzontale tra i punti inefficienti e la frontiera; se, all’opposto, adottiamo un orientamento output l’efficienza sarà misurata dalla distanza verticale tra i punti inefficienti e la frontiera.

Calcoliamo l’efficienza del punto A in entrambe le fattispecie: • orientamento input: - CRSTE = XN / XA; - VRSTE = XB / XA; - SE = XN / XB • orientamento output: - CRSTE = YF/YA - VRSTE = YC/YA - SE = YF/YC

L’adozione dell’uno o dell’altro orientamento dipende dal contesto analizzato e dagli obiettivi prefissati. È plausibile pensare che si sceglierà un orientamento rivolto agli output se lo scopo dell’analisi sarà quello di definire la quantità di output in più da realizzare affinché la produzione passi da inefficiente ad efficiente. Diviene altresì plausibile che si prospetterà l’impiego di un orientamento rivolto agli input o agli output secondo la possibilità di controllo che i responsabili delle decisioni avranno rispetto all’uno o all’altro componente.

2.4.3 Rendimenti di scala

Come si è precedentemente accennato il modello BCC e, volendo, anche il CCR, si caratterizzano per possibili rendimenti di scala.

Con ciò si intende la relazione esistente tra la variazione degli input di produzione in una unità produttiva e la variazione del suo output.

I rendimenti di scala si definiscono, in relazione ai parametri che li caratterizzano, come:

• costanti (CRS): se in presenza di un aumento o di una diminuzione degli input seguono un aumento od una diminuzione proporzionale degli output; • crescenti (IRS): se in presenza di un aumento o di una diminuzione degli input

segue un aumento, ovvero una diminuzione più che proporzionale dell'output;

• decrescenti (DRS): se in presenza di un aumento o di una diminuzione degli input segue un aumento od una diminuzione meno che proporzionale dell'output.

2.4.4 Il modello Additivo

Nel modello Additivo, elaborato da Charnes, Cooper, Golany, Seiford e Stutz89 nel 1985, diversamente dai precedenti, una DMU si potrà definire efficiente solo se gli indici delle funzioni utilizzate assumono contemporaneamente valore nullo. Risulterà invece inefficiente quando tali valori saranno negativi e le variabili slack, relative agli input e agli output, ne assumono uno positivo. La frontiera di efficienza verrà sempre stimata imponendo il passaggio per le DMU efficienti. Una particolarità del modello Additivo è che non esiste la distinzione tra situazioni input oriented e situazioni output oriented. Infatti, nel modello additivo vengono presi contemporaneamente in considerazione entrambi gli orientamenti attraverso l’adozione delle variabili slack che, valutate graficamente, se positive indicano la distanza che l’unità inefficiente deve percorrere per raggiungere la frontiera e anche la direzione in cui le stesse devono muoversi.

In termini strategici ciò sta ad indicare la variazione nelle quantità di input e di output che l’unità inefficiente deve necessariamente apportare alle sue prestazioni produttive per renderla efficiente. Il modello Additivo è anch’esso caratterizzato da VRS.

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