• Non ci sono risultati.

Prematurità e cardiopatie congenite: management perinatale. Studio comparativo tra una popolazione di neonati pretermine dell'U.O. Neonatologia di Pisa e del Dipartimento Cardiologia-Cardiochirurgia dell'Ospedale del Cuore di Massa.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Prematurità e cardiopatie congenite: management perinatale. Studio comparativo tra una popolazione di neonati pretermine dell'U.O. Neonatologia di Pisa e del Dipartimento Cardiologia-Cardiochirurgia dell'Ospedale del Cuore di Massa."

Copied!
75
0
0

Testo completo

(1)

1

U

NIVERSITÀ DEGLI STUDI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Scuola di Specializzazione in Pediatria

Direttore Prof. G. Federico

Prematurità e cardiopatie congenite: management perinatale. Studio

comparativo tra una popolazione di neonati pretermine dell’U.O.

Neonatologia di Pisa e del Dipartimento Cardiologia-Cardiochirurgia

dell’Ospedale del Cuore di Massa

Tesi di Specializzazione

Relatore: Candidata:

Chiarissimo Prof. Antonio Boldrini Dr.ssa Ilaria Coco

Correlatori: Dr.ssa Francesca Chesi

Dr. Pierluigi Festa

(2)

2

Sommario

Riassunto ... 4

Premessa ... 7

Introduzione ... 9

Prematurità e cardiopatie congenite. ... 9

Le Cardiopatie Congenite ... 13 Quadri Clinici ... 17 DIA ... 17 DIV ... 19 Coartazione aortica ... 21 Tetralogia di Fallot... 23

Trasposizione dei grossi vasi ... 25

La pervietà del dotto arterioso di Botallo ... 27

Cambiamenti della circolazione dopo la nascita ... 27

Chiusura del dotto arterioso di Botallo ... 28

Manifestazioni cliniche ... 31 Diagnosi ... 31 Diagnosi ecocardiografica ... 31 Terapia ... 37 Terapia farmacologica ... 38 Terapia chirurgica ... 39

Obiettivi della tesi ... 41

Disegno dello studio ... 42

Metodologia ... 42

Popolazione di studio ... 42

Risultati ... 46

Popolazione di studio a confronto nei due centri ... 46

Management perinatale. ... 48

Diagnosi prenatale. ... 50

Cardiopatie congenite e sede. ... 51

Terapia eseguita durante la degenza ... 53

Timing intervento chirurgico, durata della ventilazione meccanica e giorni di degenza per cardiopatia congenita. ... 54

Morbilità e Mortalità ... 56

Pervietà del dotto di Botallo: management. ... 57

(3)

3

Fattori di rischio e prematurità. ... 61

Discussione ... 62

Conclusioni ... 68

(4)

4

Riassunto

La prematurità e le cardiopatie congenite sono due importanti cause di mortalità e di morbilità nel periodo perinatale.

Obiettivi: Il nostro obiettivo è quello di confrontare una popolazione di neonati

prematuri con cardiopatie congenite nati e/o ricoverati presso l’U.O Neonatologia dell’Ospedale di Pisa con una popolazione di neonati prematuri nati e/o degenti presso il Dipartimento Cardiologia-Cardiochirurgia dell’Ospedale del Cuore di Massa, al fine di valutare la percentuale di diagnosi prenatale della cardiopatia, il management perinatale in ambiti ospedalieri con competenze diverse (neonatologia versus cardiologia/cardiochirurgia pediatrica), il timing dell’eventuale intervento chirurgico, la durata della ventilazione meccanica e la durata complessiva della degenza. La raccolta dei dati è finalizzata inoltre alla valutazione della presenza di eventuali fattori di rischio responsabili della nascita prematura; in ultima analisi sono stati messi a confronto un gruppo di neonati pretermine con un gruppo di neonati a termine, entrambi ricoverati presso l’Ospedale del Cuore di Massa, per individuare il tipo di cardiopatia più frequente ed il timing chirurgico. Infine abbiamo analizzato la frequenza di pervietà del dotto di Botallo nel prematuro e valutato la tempistica chirurgica nei casi di fallimento della terapia farmacologica.

Metodi: E’stata condotta un’analisi retrospettiva delle cartelle cliniche di tutti i neonati

prematuri nati e/o ricoverati nel periodo 2012-2016 compreso. Sono stati arruolati 70 pazienti di Massa e 110 di Pisa (di cui 14 esclusi perché presentavano esclusivamente forame ovale pervio). Di queste due popolazioni di neonati sono state raccolte informazioni generali riguardanti dati antropometrici (peso alla nascita, lunghezza, età

(5)

5 gestazionale, sesso), tipo di cardiopatia congenita, presenza o meno di diagnosi prenatale della cardiopatia, informazioni riguardanti la modalità di parto (programmato, spontaneo, taglio cesareo) e l’assistenza ventilatoria in sala parto (SLI, necessità di ventilazione, rianimazione cardiopolmonare). Nell’ambito della popolazione di neonati con pervietà del dotto di Botallo (PDB) sono stati inoltre valutati alcuni parametri ecocardiografici significativi e l’eventuale terapia farmacologica (con ibuprofene e/o paracetamolo).

Risultati: A Massa la diagnosi di cardiopatia è stata confermata in 35 casi su 38 di

diagnosi prenatale (eccetto 3 casi di sospetta coartazione dell’aorta): 11 casi sono stati operati, 2 casi hanno effettuato un cateterismo interventistico, 5 casi sono stati sottoposti a terapia medica per aritmie. Nell’Ospedale del Cuore di Massa le cardiopatie più frequenti sono state la coartazione dell’aorta 15,9% (N 11) e la trasposizione dei grossi vasi 10,1% (N 7). Nell’U.O. Neonatologia di Pisa invece la pervietà del dotto di Botallo 62,9% (N 57) e 22,7% di difetti interventricolari (N 22). L’assistenza ventilatoria in sala parto si è resa necessaria nel 28,1% dei casi nell’ospedale di Massa e nel 53,5 % nell’ospedale di Pisa. Il 26,7% dei casi di PDB (N 12, di cui N 9 di Pisa a N 3 di Massa) è stato trattato chirurgicamente in media verso la 21a giornata di vita, per fallimento della terapia medica (31,6% di Ibuprofene vs 21,1% di Paracetamolo). Valori ecocardiografici predittivi per valutare la necessità di intervenire chirurgicamente sono risultati essere As/Ao >1,5, il diametro del dotto >1,5 mm e presenza di reverse flow in arteria cerebrale media, come riconosciuto in letteratura. I due gruppi sono stati confrontati in relazione alla tempistica chirurgica, durata della ventilazione meccanica e giorni di degenza a seconda della patologia cardiaca. Il timing chirurgico è risultato essere molto variabile, così come la durata della ventilazione meccanica e la durata del ricovero. La percentuale di neonati a

(6)

6 termine con cardiopatia congenita dell’Ospedale del Cuore di Massa è risultata essere più elevata (69,5%) rispetto alla popolazione di neonati pretermine (30,4%). Abbiamo riscontrato che la scelta del timing chirurgico è stata leggermente ritardata nei neonati pretermine rispetto ai neonati a termine, con ampia variabilità, anche se il risultato non è statisticamente significativo per le più frequenti cardiopatie. Il tasso di mortalità per entrambe le popolazioni a confronto è sovrapponibile (10,1% a Massa vs 10,5% a Pisa)

Conclusioni: In questa tesi vengono messe a confronto due popolazioni di neonati

pretermine con caratteristiche diverse: neonati con prematurità di alto grado principalmente affetti da PDB e neonati cardiopatici con prematurità di grado minore. Dall’analisi della gestione perinatale si evince che la presenza di cardiopatia non pone sempre indicazione al taglio cesareo e che la necessità di manovre rianimatorie in sala parto (SLI, ventilazione e intubazione orotracheale) è legata più frequentemente alla prematurità e non alla patologia cardiaca. La gestione del neonato cardiopatico prematuro necessita di una stretta collaborazione tra il neonatologo, il cardiologo pediatra ed il cardiochirurgo non solo per garantire al piccolo paziente l’assistenza migliore ma soprattutto per valutare la tempistica chirurgica più opportuna. La raccolta dei dati inerenti ai fattori di rischio per la nascita pretermine risulta incompleta in quanto resa difficoltosa per la provenienza estera di una parte di neonati ma si può affermare che il tasso più elevato di prematurità, è associato a PROM, diabete gestazionale, diabete mellito, IUGR e gestosi, in accordo con la letteratura (Enora Laas, 2017). Non tutti i neonati, con diagnosi prenatale di cardiopatia, ricoverati presso l’ospedale del Cuore di Massa, hanno ricevuto un trattamento chirurgico o interventistico, questo potrebbe suggerire la possibilità di valutare, caso per caso, la nascita in ospedali dove è garantita la presenza di neonatologi con competenze cardiologiche.

(7)

7

Premessa

Le cardiopatie congenite (CHD) sono il gruppo più frequente tra le principali anomalie congenite con una prevalenza di circa 7 per 1000 nati vivi. Nonostante i notevoli progressi della diagnostica prenatale e della gestione medica, le cardiopatie congenite restano ad oggi una causa elevata di mortalità e morbilità neonatale spesso con outcome neurologico sfavorevole.

In letteratura ci sono numerosi studi riguardo rischi di mortalità, morbilità e outcome sfavorevoli a lungo termine correlati alla nascita pretermine (prematuri < 37 settimane di età gestazionale). La prematurità e le cardiopatie congenite sono quindi due delle cause principali di mortalità e di disabilità infantile che originano nel periodo perinatale. Sebbene esistano associazioni conosciute tra anomalie congenite e prematurità, tuttavia esistono pochi studi specifici relativi al rischio di nascita prematura per i neonati con cardiopatia.

Nel nostro studio abbiamo analizzato in primis se la cardiopatia congenita fosse stata già diagnosticata in utero o meno; la diagnosi prenatale dove presente ha permesso la nascita del neonato nel centro cardiologico specialistico (Ospedale del cuore). Abbiamo valutato quindi i tipi di cardiopatie presenti nei due ospedali (Pisa versus Massa), il management perinatale dei neonati cardiopatici nei due centri con competenze diverse (neonatologia versus terapia intensiva cardiochirurgia pediatrica), il timing dell’intervento chirurgico. Dall’analisi dei dati raccolti abbiamo cercato di individuare retrospettivamente se vi fossero dei fattori di rischio che potessero giustificare il parto prematuro. Abbiamo analizzato inoltre la frequenza di pervietà del dotto di Botallo (PDB), tipica del neonato prematuro.

(8)

8

La pervietà del dotto arterioso di Botallo è una complicanza frequente nei neonati prematuri, soprattutto di alto grado. La sua presenza condiziona l’equilibrio emodinamico e predispone allo sviluppo di complicanze a breve e a lungo termine. Nonostante la conoscenza di questa problematica sia ampia e sostenuta da una letteratura molto ricca, ad oggi esiste estrema variabilità nella gestione e nel trattamento dei neonati prematuri con PDB. Alcuni centri hanno un approccio più conservativo, limitando il ricorso alla terapia farmacologica, che viene riservata principalmente a quei neonati maggiormente compromessi, con scarso accrescimento ponderale e in quelli in assistenza respiratoria (Ibrahim TK, 2014). Tale atteggiamento trova giustificazione nel fatto che, una certa percentuale di dotti si chiude spontaneamente, mentre la terapia farmacologica può esporre il neonato agli effetti collaterali potenzialmente pericolosi del trattamento stesso.

Altri centri invece, valutando i rischi cui è esposto il neonato con instabilità emodinamica legata alla presenza di dotto di Botallo ampio, hanno un atteggiamento più interventista sostenendo l’importanza di una chiusura precoce del dotto, attraverso il trattamento farmacologico.

(9)

9

Introduzione

Prematurità e cardiopatie congenite.

Il termine cardiopatia congenita si riferisce a tutte le anomalie strutturali del cuore e dei grossi vasi che risultano da errori della morfogenesi durante lo sviluppo embrionale. Le cardiopatie congenite rappresentano le malformazioni fetali e neonatali più frequenti. La loro incidenza è di 6-10/1000 nati vivi ma aumenta al 3-4 % nei nati morti e al 10-25% negli aborti spontanei.

Nel 70% dei casi le anomalie cardiache si presentano isolate e nel restante 30% sono associate a malformazioni di altri organi ed apparati che possono far parte di una sindrome specifica. Se si considerano gli aborti spontanei e i feti nati morti affetti da cardiopatia, le associazioni con difetti strutturali extracardiaci aumentano al 70% dei casi (Goldmuntz E 2001, Kovalchin J 2004 ).

Lo spettro delle malformazioni cardiache varia da difetti che non alterano la qualità e la prognosi quoad vitam, ad anomalie severe e complesse che necessitano di uno o più interventi cardiochirurgici correttivi e/o palliativi già nel periodo neonatale. La gestione del neonato con cardiopatia congenita richiede certamente personale pediatrico dedicato come il neonatologo o l’intensivista, il cardiologo e il cardiochirurgo pediatrico; crescendo la gestione del bambino cardiopatico sarà affidata ai cardiologi pediatrici, cosi come l’adulto portatore di cardiopatia congenita, beneficierà delle competenze della cardiologia dedicata ai cosiddetti “Grown Up Congenital Heart disease” (GUCH).

Negli ultimi anni, il progresso della cardiochirurgia con il miglioramento della gestione pre e postoperatoria della cardiopatia, ha comportato una riduzione della mortalità operatoria in tutti i gruppi di età (Kaltman JR, 2010). Tuttavia, i tassi di mortalità nel periodo neonatale, dopo intervento cardiochirurgico, continuano ad essere alti (Jacobs

(10)

10 JP1 2010, Kaltman JR 2010). Un neonato su 10 neonati non sopravvive dopo l’intervento chirurgico (Jacobs JP, 2010) ed i fattori che contribuiscono alla mortalità sono multipli. La prematurità ed il basso peso alla nascita rappresentano un fattore di rischio sostanziale (Costello 2010; Curzon 2008). I neonati pretermine infatti, nati prima della 37a settimana di gestazione, sono a maggior rischio di morte dopo intervento cardiaco rispetto a quelli nati dopo 37 settimane (Cnota JF2011, Costello 2010). Vi è una diminuzione graduale della mortalità tra la 37a alla 40a settimana di età gestazionale che tocca il nadir a 39-40 settimane, anche se i tassi di morte aumentano di nuovo se l’intervento cardiochirurgico viene ritardato oltre le 41 settimane (Cnota JF2011, Costello 2010). L’estensione della gravidanza da 37-38 settimane di età gestazionale a 39-40 settimane consente un aumento significativo della sopravvivenza e garantisce un minor rischio di complicazioni (Cnota JF2011, Costello 2010). Pertanto, secondo questo studio, la nascita di neonati cardiopatici prima della 39a settimane di gestazione dovrebbe essere scoraggiata, in assenza di rischio ostetrico o fetale (March of Dimes, 2012) in quanto i neonati nati nel periodo "precoce" (< 37 settimane di gestazione) sono fisiologicamente meno maturi dei neonati a termine.

Dai dati in letteratura, risulta che la cardiopatia congenita è più comune nei neonati prematuri rispetto a quelli nati a termine (Tanner K, 2005) infatti circa un neonato su cinque con cardiopatia congenita è prematuro (Laas E 2012, Costello 2010, Tanner K 2005).

Per i neonati di basso peso alla nascita (1500 g), i tassi di mortalità sono molto più alti (Archer Jm 2011). Bisogna ricordare infatti che il neonato prematuro presenta un’immaturità dello sviluppo di più apparati.

I polmoni dei nati pretermine infatti sono strutturalmente e funzionalmente immaturi in quanto carenti di surfattante. In alcune situazioni, è richiesta la somministrazione di

(11)

11 surfattante esogeno, l’ossigenoterapia, il supporto respiratorio non invasivo o addirittura la ventilazione meccanica (Engle WA 2008). Come complicanza a lungo termine il neonato può sviluppare la displasia broncopolmonare e/o dipendenza da ossigeno (Stoll BJ 2010). La prematurità, soprattutto se di alto grado, espone inoltre il neonato ad un maggior rischio di emorragia intraventricolare o retinopatia. I neonati prematuri sono soggetti inoltre a squilibri elettrolitici, necessitano di nutrizione enterale per periodi prolungati e sono ad alto rischio di sviluppare enterocolite necrotizzante, sepsi ed insufficienza renale. Pertanto, le patologie associate alla prematurità contribuiscono ad aggravare in maniera significativa il quadro cardiaco stesso. Il timing dell'intervento chirurgico per i neonati prematuri nati con malattia cardiaca, per quanto ovviamente non si possa “standardizzare” vista la complessità del piccolo paziente, non è definito. In precedenza, veniva “preferito” un peso ottimale stabilito in maniera arbitraria; la tendenza attuale è quella di operare quando è possibile, compatibilmente con il grado di prematurità del neonato. (Hickey EJ, 2012 , Ganga K 2013) .

Per i neonati di alto grado (età gestazionale 28-32 settimane) o estremamente prematuri (<28 settimane di EG), l'intervento chirurgico cardiaco è spesso impossibile o associato ad un rischio operatorio elevatissimo (Curzon CL, 2008). Pertanto, è importante ritardare l'intervento cardiaco per consentire a questi neonati di raggiungere un peso ed una maturità più adeguati.

Uno studio recente del 2017, analizzando il database Kids’ Inpatient dal 2003 al 2012 negli Stati Uniti, ha individuato su 249.011 neonati prematuri di alto grado, 28.806 con cardiopatia congenita (Chu PY 2017). I neonati con cardiopatia congenita erano 116 su 1000 nascite. Neonati estremamente prematuri con gravi anomalie cardiache presentavano una mortalità del 26,3% in ospedale e una probabilità di morte aumentata di 7,5 volte rispetto a quelli senza cardiopatia.

(12)

12 La mortalità valutata in questo studio varia ampiamente nei neonati estremamente prematuri. Considerato l'aumento della prevalenza di nascita di neonati prematuri di alto grado con cardiopatie congenite, sono giustificati interventi intensivi volti a ridurre la probabilità di parto prematuro in presenza di diagnosi prenatale di cardiopatia congenita (Chu PY 2017).

Un altro studio retrospettivo meno recente, del 2011, eseguito su 14,9 milioni di record, conclude che il tasso di mortalità in caso di cardiopatia congenita, diminuisce quanto più l’età gestazionale si avvicina alla 40a

settimana di età gestazionale (Cnota 2011). Da uno studio eseguito a Parigi invece, su una popolazione di circa 2000 neonati con cardiopatia congenita, emerge come i neonati prematuri fossero quasi il doppio rispetto alla popolazione di riferimento (Laas E, 2012). Questo sembrerebbe sostanzialmente essere dovuto ad un aumento delle nascite premature, indipendentemente dalla cardiopatia. Solo una piccola percentuale (15%) dell'incremento della prematurità veniva giustificato dall’ associazione tra cardiopatie ad altre anomalie. Secondo questo studio il rischio di prematurità era più alto per alcune cardiopatie (anomalie del tratto di deflusso ventricolare, difetti interventricolari isolati e anomalie del ritorno venoso). Il rischio più elevato di prematurità per alcune cardiopatie può essere spiegato in parte dalle loro associazioni con altre malformazioni. In particolare, il rischio di prematurità è diminuito in misura minore per le categorie di anomalie delle giunzioni atrioventricolari e anomalie delle valvole, escludendo i casi associati con anomalie cromosomiche (difetti interatriali che sono noti per essere più frequente nei neonati con Sindrome di Down ) (Hajdú J, 2005).

Questo studio aveva inoltre lo scopo di individuare se il rischio più elevato di pervietà del dotto di Botallo nei neonati con cardiopatia congenita era sostanzialmente dovuto

(13)

13 ad un aumento della prematurità indotta da altre cause o dalla cardiopatia stessa (Laas E, 2012).

In letteratura sono stati analizzati infine fattori di rischio che possano giustificare sia la cardiopatia che la prematurità.

In particolare l'inquinamento atmosferico è stato riportato come fattore di rischio per le anomalie cardiache (Dolk H , 2010) così come il basso peso alla nascita e la prematurità (Slama R 2007, Wu J 2011), l’infezione virale in gravidanza, il diabete (Lisowski LA 2010, Oster ME 2010) e anche la presenza di polidramnios (Ott WJ 2005).

Un'altra spiegazione per il rischio più elevato di prematurità nei neonati con cardiopatia potrebbe essere una maggiore probabilità di nascita prematura indotta dai farmaci, come è stato dimostrato per alcune anomalie congenite (Lingman G 2005, Logghe HL 2005). La restrizione di crescita intrauterina, IUGR, è nota per essere associata alla prematurità (Zeitlin J, 2000) ed è anche più frequente per i neonati con cardiopatia (Malik S, 2007). Per alcune cardiopatie inoltre (in particolare la tetralogia di Fallot e atresia polmonare con DIV) è dimostrata un’associazione con ritardo di crescita, morti fetali e prematurità (Tanner K, 2005).

Quindi vi è un rischio maggiore di prematurità per i neonati con cardiopatia e tale rischio varia significativamente tra le categorie di cardiopatie. (Laas E, 2012).

Le Cardiopatie Congenite

Esistono diverse classificazioni delle cardiopatie congenite, basate su diversi criteri. Su base prettamente clinica, le cardiopatie possono essere distinte in:

• Lievi, gruppo di alterazioni a carico dell'apparato cardiaco che per la scarsa entità dei sintomi clinici, nella maggior parte si risolvono spontaneamente pochi giorni dopo la

(14)

14 nascita (piccoli DIV, piccoli DIA, stenosi polmonari di media entità, dotto di Botallo di piccolo calibro);

• Moderate, alterazioni dell'apparato cardiaco che mostrano complicanze cliniche più significative delle precedenti, tali da richiedere un trattamento cardiologico più o meno intensivo (stenosi o insufficienza aortica moderata, stenosi o insufficienza polmonare moderata, ampio DIA).

• Severe, complessa serie di alterazioni che, per la loro gravità, possono condurre alla prematura morte del feto durante il periodo di gestazione; per i nati vivi è necessario eseguire un intervento chirurgico di correzione, nella maggior parte dei casi palliativo, in quanto per risolvere alcune gravi malformazioni si rende necessario nel tempo, più di un intervento.

Un’altra distinzione è quella che suddivide le cardiopatie congenite in cianogene e non cianogene. I segni visibili di cianosi sono la cute, le labbra e la lingua dal colorito bluastro, un rigonfiamento delle falangi terminali delle dita dei piedi e delle mani (Hb ridotta > 5g%). Nelle cianosi di lieve entità tale fenomeno acquista il nome di clubbing o ippocratismo digitale, con le dita a forma di bacchetta di tamburo e le unghie a forma di vetrino d'orologio. Un'altra importante caratteristica delle cardiopatie cianogene è la policitemia. L’organismo reagisce infatti alla cianosi aumentando il numero di globuli rossi e contestualmente di emoglobina allo scopo di saturarsi della maggior quota di O2 disponibile. Nelle cardiopatie congenite cianogene deve essere necessariamente presente una malformazione anatomica che determini il passaggio di sangue non ossigenato dalle sezioni cardiache di destra a quelle di sinistra, senza che avvenga il passaggio attraverso il circolo polmonare.

(15)

15 • Cardiopatie congenite cianogene con ipoafflusso polmonare, caratterizzate da una mancata formazione delle strutture cardiache destre, motivo per cui il sangue venoso passa alle sezioni di sinistra per poi raggiungere il circolo polmonare attraverso il dotto di Botallo (ipoplasia del cuore destra, atresia della tricuspide, atresia della polmonare con DIV, stenosi polmonare severa con shunt dx-sn),

• Cardiopatie congenite cianogene con flusso polmonare normale o iperafflusso polmonare, caratterizzate da un’ampia comunicazione tra le sezioni di sinistra e destra, ipoplasia delle sezioni di sinistra o anomala connessione tra le strutture cardiache e quelle vascolari (atrio comune, ventricolo comune, ventricolo sinistro ipoplastico, tetralogia di Fallot, ritorno venoso polmonare anomalo totale). Le cardiopatie congenite acianogene sono quelle in cui non è presenta comunicazione tra le due circolazioni (vizi valvolari, coartazione aortica), oppure è presente un difetto di settazione semplice con passaggio di sangue dalle sezioni di sinistra (a pressione più elevate) a quelle di destra (DIA, DIV, Botallo). Anche difetti semplici possono determinare delle conseguenze emodinamiche gravi nei neonati. Infatti, alla nascita il cuore del neonato presenta una minore riserva rispetto a quello dell’adulto (ridotta riserva diastolica, ridotta riserva di frequenza). Pertanto, molte cardiopatie congenite possono rendersi evidenti sin dalla nascita, anche se con sintomi del tutto aspecifici. Tra i più comuni si hanno: progressiva comparsa di cianosi o pallore che possono peggiorare con il pianto, tachipnea, letargia, sudorazione durante le poppate, accrescimento insufficiente. Data l’aspecificità dei sintomi, è importante eseguire un esame obiettivo accurato. All’ispezione è necessario porre attenzione al colorito della cute e delle mucose (cianosi o pallore) ed alla bozza precordiale (cardiomegalia, itto sollevante). Alla palpazione dovrà essere valutata l’area cardiaca, l’eventuale presenza di fremiti ed i polsi arteriosi (nei casi di coartazione aortica i polsi femorali saranno iposfigmici rispetti a quelli radiali). L’auscultazione

(16)

16 permette, invece, di andare ad apprezzare l’intensità ed il ritmo dei toni cardiaci, la presenza di soffi o rumori aggiunti. Ovviamente, l’esame clinico deve essere affiancato dalla diagnostica strumentale.

Gli esami diagnostici più utili al fine di rilevare una cardiopatia congenita sono: • Saturimetria transcutanea (cianosi);

• ECG (ritmo, frequenza cardiaca, anomalie dell’attivazione ventricolare);

•Rx del Torace (situs, dimensioni ombra cardiaca, parenchima polmonare, vascolarizzazione polmonare);

• Ecocardiogramma; • Cateterismo cardiaco; • Angiografia.

L’ecocardiogramma trans-toracico, ed eventualmente trans-esofageo in casi selezionati, è l’indagine diagnostica non invasiva che con più accuratezza permette di diagnosticare una cardiopatia congenita. Con questo esame è infatti possibile valutare: il situs, l’eventuale presenza di destrocardia, le connessioni viscero-atriali (vene polmonari-atrio sinistro, vene cave- atrio destro), la concordanza tra atri e ventricoli, la concordanza tra ventricoli e strutture arteriose, l’integrità dei setti, l’anatomia e la funzione degli apparati valvolari, la funzione sistolica ventricolare. Talvolta, è tuttavia necessario ricorrere al cateterismo cardiaco. Con tale indagine invasiva, infatti, è possibile valutare con certezza la portata cardiaca sistemica e polmonare, calcolare l’entità di un eventuale shunt, misurare le resistenze vascolari polmonari e sistemiche, eseguire interventi palliativi al fine di poter in seguito effettuare un intervento cardiochirurgico. Inoltre, mediante l’iniezione di mezzo di contrasto è possibile visualizzare direttamente le strutture anatomiche (camere cardiache, strutture vascolari) e gli eventuali shunts.

(17)

17

Quadri Clinici

Descriviamo di seguito alcune tra le cardiopatie più frequenti, riscontrate nel nostro studio (Batisse, 2013).

DIA

Per difetto del setto interatriale si intende la presenza di una soluzione di continuità del setto interatriale. Rappresenta il 15% delle cardiopatie congenite diagnosticate dopo il 1° anno di età. La maggior parte dei pazienti è asintomatica durante l’infanzia, mentre i primi sintomi si manifestano in genere dalla II decade in poi. I DIA di ampie dimensioni si rendono evidenti più precocemente, mentre quelli di piccole dimensioni possono rimanere asintomatici sino alle VI-VII decade. Talvolta, nei DIA di ampie dimensioni le uniche manifestazioni durante l’infanzia sono le bronchiti ricorrenti ed un ritardo dell’accrescimento. In base alla localizzazione, si distinguono i seguenti difetti del setto interatriale:

- DIA tipo Ostium Secundum, in corrispondenza dell’ostium secundum presente durante la vita fetale (tipo più comune)

- DIA tipo Ostium Primum, in corrispondenza dell’ostium primum del septum primum della vita fetale, in prossimità del piano atrioventricolare; spesso si associa a difetti del piano atrioventricolare (anomalie della valvola mitrale, difetti della porzione membranosa del setto interventricolare)

- DIA tipo Seno Venoso, in corrispondenza del seno venoso della vita fetale (in prossimità degli sbocchi venosi sistemici e polmonari); a sua volta può essere distinto in seno venoso superiore (in prossimità della vena cava superiore) o inferiore; spesso si associa ad uno sbocco anomalo delle vene polmonari in atrio destro;

- DIA tipo Seno Coronarico, in corrispondenza dello sbocco del seno coronarico in atrio desto. Questi pazienti presentano un sovraccarico di volume delle sezioni destre

(18)

18 con conseguente dilatazione delle stesse. Nei pazienti adulti la dilatazione atriale destra predispone alla comparsa di aritmie sopra-ventricolari, soprattutto della fibrillazione atriale.

L’esame obiettivo è caratterizzato da: - Sdoppiamento fisso del secondo tono;

- Soffio sistolico eiettivo in area polmonare (iperafflusso attraverso valvola polmonare) - Soffio diastolico tricuspidale (raro, solo nei DIA di ampie dimensioni per notevole afflusso attraverso la tricuspide);

- Soffio sistolico mitralico (nei casi di DIA ostium primum con difetto della valvola mitrale tale da determinarne insufficienza). Nei rari casi in cui compare ipertensione polmonare per rimodellamento vascolare polmonare (DIA di ampie dimensioni in soggetti adulti) compaiono un rinforzo del II tono ed un soffio diastolico da rigurgito della valvola polmonare. L’ECG mostra i segni del sovraccarico destro: onda P polmonare, asse elettrico deviato a destra, blocco di branca destra incompleto, turbe della fase di ripolarizzazione ventricolare da V1 a V3 e nelle periferiche inferiori (D2, D3, aVF). L’Rx torace mostra un ingrandimento dell’ombra cardiaca a carico delle sezioni destre ed un aumento del calibro delle arterie polmonari. L’ecocardiogramma permette di identificare il difetto e di valutarne: sede, dimensioni, entità e direzione dello shunt, entità della dilatazione delle sezioni destre, presenza di difetti associati. In alcuni casi si rende necessario il cateterismo cardiaco per meglio valutare l’entità dello shunt e le eventuali conseguenze sul circolo polmonare. Nei DIA di ampie dimensioni è indicata la correzione, questa può essere percutanea (DIA ostium secundum) o chirurgica (DIA ostium secundum di dimensioni ampie, DIA ostimum primum, seno venoso e seno coronarico).

(19)

19 Figura 1 DIA tipo OS, proiezione sottocostale.

DIV

Comunicazione tra i due ventricoli per incompleta formazione delle componenti del setto interventricolare. E’ la cardiopatia congenita più frequente, rappresentando circa il 40 e il 25% di tutte le malformazioni cardiache congenite a seconda dell’età di rilevamento. E’ molto frequente nei pazienti con trisomia 21. In base alla sede si distinguono:

- Difetti del setto membranoso

- Difetti del setto muscolare: possono interessare la regione posteriore (di afflusso), quella antero-superiore (di efflusso) o quella apicale (trabecolare anteriore e/o posteriore). Un difetto è solitamente singolo, più raramente, quando interessa la regione trabecolare, è multiplo. Può essere isolato o far parte di un complesso malformativo. L’entità dello shunt dipende dalle dimensioni del difetto e dal gradiente pressorio presente tra ventricolo sinistro e destro. Se il difetto è piccolo, il flusso di sangue verso il ventricolo destro è scarso e le pressioni nel ventricolo destro e nel circolo polmonare restano normali. Questa condizione anomala viene indicata come malattia di Roger.

(20)

20 Nelle forme di ampie dimensioni il sovraccarico pressorio e volumetrico conduce alla S. di Eisenmenger. Questi pazienti sono generalmente asintomatici nei primi giorni/settimane di vita; successivamente presentano difficoltà dell’alimentazione, scarso incremento del peso corporeo, bronchiti ricorrenti, ridotta tolleranza allo sforzo, scompenso cardiaco nelle forme più avanzate. L’esame obiettivo evidenzia:

- Soffio sistolico (olosistolico nei DIV di piccole dimensioni, protomesosistolico nei DIV ampi) sulla margino-sternale sinistra a livello del IV spazio intercostale (fremito corrispondente alla palpazione);

- Aumento d’intensità della componente polmonare del II tono;

- Soffio sistolico eiettivo sul focolaio polmonare (iperafflusso polmonare; - Comparsa del III tono (scompenso ventricolare);

- Cianosi (sindrome di Eisenmenger). L’ECG nei DIV di piccole dimensioni è del tutto normale. Nei DIV più ampi sono presenti i segni di ipertrofia ventricolare sinistra con sovraccarico, mentre nella S. di Eisenmenger possono anche comparire i segni di ipertrofia ventricolare destra. L’Rx torace nei DIV piccoli e nei casi in cui non si è ancora sviluppata la S. di Eisenmenger mostra una dilatazione delle arterie polmonari sino a quelle di piccolo calibro; una volta comparsa la S. di Eisenmenger, per il restringimento delle arterie di piccolo calibro, l’Rx mostra un aspetto “ad albero potato” con estrema dilatazione delle grosse arterie e mancata visualizzazione dei rami polmonari periferici. L’ecocardiogramma, anche in questo caso, permette di evidenziare la presenza del difetto e di valutarne sede, dimensioni, entità e direzione dello shunt, conseguenze sulle strutture cardiovascolari, presenza di difetti associati. E’ spesso necessario eseguire il cateterismo cardiaco per meglio valutare le resistenze vascolari polmonari al fine di programmare la correzione, chirurgica o percutanea del difetto. Infatti, nei casi in cui sia manifesta la S. di Eisenmenger è manifesta il difetto

(21)

21 non è più passibile di trattamento. In questi pazienti l’unico trattamento è quello dell’ipertensione polmonare e dell’eventuale scompenso ventricolare destro.

Figura 2 DIV perimembranoso in proiezione sottocostale.

Coartazione aortica

Restringimento congenito dell’aorta a livello istmo aortico. Può presentarsi come un cercine posteriore o come un restringimento diffuso. Rappresenta l’8% delle cardiopatie congenite, con maggiore incidenza nei soggetti di sesso maschile. Spesso è associata a bicuspida valvolare aortica (80% dei casi) e, talvolta, ad anomalie dell’arteria succlavia. Si distinguono due forme:

-Forme pre-duttali, o del neonato; - Forme post-duttali, o dell’adulto.

Nella forma infantile il restringimento interessa l’aorta nel segmento prossimale al dotto di Botallo ed è di solito caratterizzato dall’ipoplasia di un tratto esteso dell’arco aortico. Sia la forma pre-duttale che quella post-duttale ostacolano il regolare flusso di sangue dall’arco aortico all’aorta discendente. Tutte le strutture vascolari che stanno a monte dell’ostruzione sono sottoposte ad aumento della pressione ematica (per tale motivo rappresenta la causa più frequente di ipertensione arteriosa secondaria in età

(22)

22 pediatrica ed una delle cause più frequenti di scompenso cardiaco nel neonato). Al contempo, tutte le strutture a valle sono sottoposte a riduzione della pressione (ridotta perfusione renale, ridotto sviluppo parte inferiore corpo). Si crea, pertanto, un gradiente di pressione tra i vasi che originano dal tratto di aorta posto sopra e quelli che originano dal tratto posto sotto la coartazione. Questo gradiente facilita il flusso di sangue attraverso le arterie che mettono in comunicazione i due distretti a lato della coartazione; si sviluppa un circolo collaterale rappresentato dalle arterie succlavie e dai loro rami che, attraverso le arterie intercostali, portano sangue alle arterie mammarie interne. Queste sono a loro volta connesse col circolo arterioso collegato con l’aorta nella sua porzione distale alla coartazione Le forme pre-duttali si rendono evidenti precocemente; il neonato presenta infatti segni di bassa portata a 7-10 giorni di vita, ipotonia diffusa, ridotta diuresi, ipoasfigmia dei polsi arteriosi femorali, acidosi metabolica. Le forme post-duttali si manifestano più tardivamente. I soggetti possono presentare un aspetto fisico con torace più sviluppato rispetto alla metà inferiore del corpo. Caratteristica è l’ipertensione agli arti superiori e l’iposfigmia dei polsi arteriosi femorali. Inoltre, per l’instaurarsi dei circoli collaterali, potranno evidenziarsi le pulsazioni delle arterie intercostali. All’auscultazione è possibile apprezzare un click d’eiezione aortico ed un soffio sistolico, in crescendo, sulla parasternale sinistra e sul dorso. L’ECG mostra i segni dell’ipertrofia ventricolare sinistra. L’Rx torace evidenzia un’ectasia dell’aorta ascendente e del bottone aortico. L’ecocardiogramma mostra l’ipertrofia ventricolare sinistra, l’ectasia dell’aorta ascendente, il restringimento all’istmo con la presenza di un gradiente trans-istmico, l’eventuale presenza di una bicuspidia aortica associata.

(23)

23 - Nel neonato si stabilizza l’emodinamica cercando di mantenere aperto con mezzi farmacologici (PGE1) il dotto di Botallo, al fine di eseguire l’intervento cardiochirurgico di coartectomia;

- Nel lattante si esegue un follow-up stretto trattando farmacologicamente l’ipertensione al fine di eseguire un intervento di angioplastica percutanea dopo il 1° anno di vita;

- Nell’adulto si esegue l’angioplastica percutanea con applicazione di stent.

Figura 3 Coartazione dell’aorta, proiezione sovrasternale.

Tetralogia di Fallot.

E’ la cardiopatia congenita complessa, severa, cianogena più frequente e più rappresentativa del gruppo delle malformazioni caratterizzate da ipoafflusso polmonare Le componenti morfologiche della tetrade sono:

- Stenosi infundibolo-valvolare polmonare e a volte sopravalvolare; - Difetto interventricolare da deviazione anteriore del setto infundibolare; - Aorta destroposta ed a cavallo del setto interventricolare;

-Ipertrofia Ventricolare destra.

Il sangue spinto dal ventricolo destro verso l’arteria polmonare viene ostacolato dall’ostruzione dell’infundibolo e solo in parte prende la via del circolo polmonare. I

(24)

24 vasi polmonari sono, pertanto, ipoperfusi. La quota di sangue che non può passare nel circolo polmonare ha due alternative: l’aorta (che in parte origina dal ventricolo destro) ed il difetto settale. In entrambi i casi, il sangue venoso entra nel circolo sistemico determinando ipossiemia arteriosa e cianosi. Il ventricolo destro opera in condizioni di sovraccarico di pressione, diventando, pertanto, ipertrofico. La severità del quadro clinico dipendente dalla severità della stenosi polmonare (che può variare da una stenosi moderata sino alla completa atresia della valvola polmonare).

I segni caratteristici sono:

- Cianosi con soffio sistolico eiettivo; - Crisi ipossiche da spasmo infundibolare; - Irritabilità;

-Difficoltà nella suzione ; -Dispnea da sforzo;

-Squatting (l’infante assume questa posizione per aumentare le resistenze sistemiche così da ridurre entità dello shunt).

All’esame obiettivo è possibile apprezzare la cianosi. All’auscultazione è evidente un soffio sistolico, rude, in crescendo-decrescendo, soprattutto sul focolaio della polmonare, ed uno sdoppiamento del II tono. L’ECG mostra i segni dell’ipertrofia ventricolare destra. L’Rx evidenzia l’ipoafflusso polmonare e la dilatazione delle sezioni destre. Il trattamento è chirurgico.

(25)

25 Figura 4 Disegno semplificativo della Tetralogia di Fallot

Trasposizione dei grossi vasi

La trasposizione dei grossi vasi (TGV), è una cardiopatia congenita caratterizzata dall’origine incorretta delle grandi arterie dai ventricoli cardiaci. Nella forma semplice di TGV sono inclusi i pazienti che hanno una corretta o concordante connessione tra atri e ventricoli e un’incorretta o discordante connessione tra ventricoli e grandi arterie. La TGV è la cardiopatia cianogena più frequente nel neonato. Similmente ad altre cardiopatie congenite, non sono stati definiti precisi fattori eziologici, tuttavia l’abuso di alcool, la malnutrizione ed eventi stressanti in gravidanza possono essere fattori di rischio. Inoltre, le madri diabetiche hanno un rischio più alto di avere prole con TGV. L’ecocardiografia è il “gold standard” nella diagnosi di TGV, in quanto oltre ad evidenziare gli elementi diagnostici rilevanti, come la concordanza della giunzione atrioventricolare e la discordanza ventricolo-arteriosa, permette di valutare gli aspetti morfologici utili alla correzione chirurgica: la posizione reciproca dei grossi vasi, la dimensione in valore assoluto della valvola aortica e polmonare, il grado di allineamento delle commissure aortiche e polmonari, la morfologia e dimensioni del

(26)

26 tratto di efflusso del ventricolo sinistro, l’origine delle coronarie ed eventuali loro anomalie come il decorso intramurale, il drenaggio venoso, la dimensione del difetto interatriale pre- e post-Rashkind, l’arco aortico e istmo aortico in caso di coartazione, l’adeguatezza del ventricolo destro e della valvola tricuspide, le patologie associate eventuali. L’uso della risonanza magnetica cardiaca e del cateterismo cardiaco è limitato ai casi di dubbia interpretazione morfologica e funzionale. La cianosi moderata è la presentazione più frequente quando il neonato ha una comunicazione interatriale adeguata. Se la fossa ovale è restrittiva, la cianosi può essere più marcata e richiede intervento cardiologico urgente (atriosettostomia secondo Rashkind). In caso di ampia comunicazione interventricolare e ampio dotto arterioso la cianosi può essere minima. La valutazione dei polsi aiuta a dirimere il sospetto di coartazione aortica. Il trattamento anatomico della TGA semplice è quello dello switch arterioso (Uricchio, 2015).

(27)

27

La pervietà del dotto arterioso di Botallo

La pervietà del dotto arterioso di Botallo è una condizione patologica congenita caratterizzata dalla mancata chiusura del vaso che, durante la vita fetale, mette in comunicazione l’aorta e l’arteria polmonare (Piazza L, 2012). È una complicanza frequente nel neonato prematuro e la sua frequenza è inversamente proporzionale all’età gestazionale (Bose CL, 2007).

Cambiamenti della circolazione dopo la nascita

Alla nascita, si verificano alcuni importanti cambiamenti che determinano il passaggio ad una circolazione di tipo adulto (vedi Figura 6). In primo luogo, si verifica un rapido aumento delle resistenze vascolari periferiche, dovuto al clampaggio del cordone ombelicale con rimozione della placenta (circolo a bassa resistenza) e alla chiusura del dotto venoso. In secondo luogo, l’espansione polmonare conseguente ai primi atti respiratori, determina una riduzione delle resistenze vascolari polmonari con conseguente incremento del flusso ematico polmonare. Inoltre, si verifica la chiusura meccanica passiva del forame ovale dovuto alla differenza tra la pressione in atrio destro e sinistro. La pressione nei due atri infatti, si inverte per l’incremento del ritorno venoso polmonare all’atrio sinistro e alla riduzione del ritorno venoso all’atrio destro dopo la chiusura del dotto venoso. Infine, inizia il processo di chiusura del dotto arterioso di Botallo (Piazza L, 2012).

(28)

28

Figura 6. Rappresentazione schematica dei cambiamenti della circolazione sanguigna

dopo la nascita (Modificazione di Dawes, 1954) .

Chiusura del dotto arterioso di Botallo

Il processo di chiusura del dotto si realizza attraverso una fase iniziale di tipo

funzionale, che avviene grazie alla contrazione delle cellule muscolari lisce della tunica

media entro 48-96 ore dalla nascita nel neonato a termine. Dopo questa iniziale costrizione, si susseguono una serie di cambiamenti istologici che portano alla obliterazione definitiva (chiusura strutturale) del dotto con la formazione del ligamento

arterioso. L’intero processo può richiede fino a 3‐ 4 settimane. Sebbene i meccanismi

che causano la chiusura funzionale del dotto non siano totalmente noti, due fattori sembrano giocare un ruolo preponderante: la pressione parziale di ossigeno (pO2) e i

livelli di prostaglandine E (PGE2) nel sangue. L’ossigeno agirebbe su canali del potassio ossigeno‐ sensibili presenti nelle cellule muscolari lisce del dotto, inducendo contrazione cellulare. Al contrario, le PGE2 avrebbero un effetto vasodilatante sul dotto. Durante la vita fetale, basse pO2 e alti livelli di PGE2 manterrebbero il dotto

(29)

29 pervio (Thebaud B, 2004). Dopo la nascita si osserva una brusca caduta dei livelli ematici di PGE2 in seguito alla rimozione della placenta, fonte considerevole di PGE2 e al loro maggior catabolismo a livello polmonare, associato ad un progressivo aumento della pO2, con conseguente contrazione delle cellule muscolari lisce del dotto. Questa

contrazione col tempo provocherebbe una sofferenza ischemica delle cellule più interne, che faciliterebbero l’innesco del processo infiammatorio locale che, grazie al rilascio di diversi mediatori infiammatori e fattori di crescita, porterebbero alla trasformazione del dotto in un legamento (Aoki R, 2014; Hermes‐ DeSantis ER 2006). Oltre a questi fattori, anche l’acidosi ematica sembrerebbe in grado di far rilasciare il dotto e costringere le arteriole polmonari (Van Overmeire B, 2012).

Nel neonato pretermine si osserva una minor tendenza alla chiusura del dotto dopo la nascita essenzialmente per due motivi:

1. la struttura duttale non è ancora del tutto formata, si rileva un minor tono intrinseco, una certa scarsità delle fibre muscolari e un minor numero di cushions subendoteliali, per cui la risposta costrittrice, all’aumento della pO2, risulta incompleta (Hammerman

C, 1995);

2. si hanno livelli aumentati di PGE2 circolanti, sia per aumentata produzione polmonare in corso di distress respiratorio, sia per diminuita degradazione. Inoltre, nel neonato prematuro la sensibilità all’azione delle prostaglandine circolanti, rimane elevata in maniera direttamente proporzionale all’età gestazionale.

Dopo la nascita, la risposta rapida ai fattori costrittivi rappresenta il fattore più importante per l’innesco dei processi istologici di chiusura: nel neonato pretermine tali risposte sono generalmente lente (Koch J, 2006) Inoltre, anche quando la costrizione duttale avviene regolarmente si può verificare una successiva riapertura legata al

(30)

30 mancato raggiungimento di livelli sufficienti di ipossia ischemica con conseguente comparsa della sintomatologia correlata (Hermes‐ DeSantis ER, 2006) .

Figura 7. Rappresentazione della pervietà del dotto di Botallo. Le frecce rosse

mostrano la direzione del flusso di sangue ossigenato che dal ventricolo sinistro viene pompato in aorta; le frecce blu indicano la direzione del flusso di sangue deossigenato che va verso arteria polmonare; la freccia viola mette in evidenza il flusso di sangue che proviene in parte dall’atrio destro (sangue deossigenato) e in parte dall’arco aortico (sangue ossigenato), attraverso il dotto (modificata da Kris C, 2014)

(31)

31

Manifestazioni cliniche

Il segno clinico classico del PDB è il soffio cardiaco continuo o sistolico, udibile a livello del margine sternale superiore nell’area intraclavicolare sinistra. Oltre al soffio si possono osservare tachicardia, l’iperattività precordiale e polsi periferici scoccanti. Questi reperti caratteristici tuttavia, sembrano avere una bassa sensibilità nell’identificazione di PDB significativi, perché compaiono solo quando le pressioni polmonari si riducono e lo shunt attraverso il dotto diventa sinistro‐ destro. A volte, perfino alla fine della prima settimana di vita non tutti i dotti pervi generano segni clinici. Segni di sospetto sono rappresentati da tachipnea, ossigeno‐ dipendenza con difficoltà della sospensione della assistenza respiratoria o ipotensione persistente.

Diagnosi

Diagnosi ecocardiografica

Lo studio ecocardiografico del cuore e dei grossi vasi rappresenta il gold standard per diagnosticare la presenza del dotto, definire le sue caratteristiche e monitorare la sua evoluzione successivo nel tempo (Tavera MC, 2009). La valutazione del dotto prevede la misurazione di alcuni parametri, che permettono di distinguere dotti di Botallo emodinamicamente significativi che necessiteranno di uno stretto follow up e di eventuale terapia, da quelli non significativi. Tra i vari parametri ecocardiografici valutati, quelli principali sono:

• Diametro interno del dotto (esempio in Figura 8)

• Direzione e flusso dello shunt durante il ciclo cardiaco

(32)

32 • Effetti sulla circolazione periferica (sequestri diastolici a carico della aorta addominale

e del circolo cerebrale)

Figura 8. Immagine ecocardiografica che mostra un ampio PDB

[NeonatalEchoSkills,http://neonatalechoskills.com/AssessPDA.html,consultato il 20.06.2016]

(33)

33

Figura 9. Immagine ecocardiografica in modalità M‐ mode, in asse lungo,

parasternale che mostra l’atrio sinistro e la radice dell’aorta. Il rapporto LA/Ao>1,4, è suggestivo di dilatazione atriale sinistra. [NeonatalEchoSkills, http://neonatalechoskills.com/AssessPDA.html, consultato il 20.06.2016]

La finestra ecocardiografica migliore per la visualizzazione del dotto è quella parasternale sinistra, in asse corto e la soprasternale. La modalità M‐ mode permette di misurare le dimensioni delle camere cardiache e la funzione ventricolare sinistra. Il rapporto tra il diametro atriale sinistro e la radice dell’aorta (LA/AO ratio) rappresenta un fattore predittivo di PDB significativo con una sensibilità del 29% e specificità del 91% quando >1,5(Kluckow M, 1995) (Figura 9).

Con il color doppler è possibile ottenere una elevata sensibilità nel riconoscere il PDB e per stimarne l’entità. Gli studi Doppler del dotto consentono inoltre di ottenere importanti informazioni funzionali, come i pattern dello shunt duttale: destro‐ sinistro, bidirezionale o prevalentemente sinistro‐ destro (SU BH, 1999). Su et al. hanno dimostrato che possono essere identificati quattro pattern di shunt nel PDB:

(34)

34 • pattern da ipertensione polmonare (vedi Figura 10): shunt bidirezionale,

destro-sinistro nella protosistole e destro-sinistro‐ destro durante la diastole. È indice di elevate resistenze polmonari ed è comune nel neonato nelle prime 12 ore di vita;

Figura 10. Immagini ecocardiografiche di pattern da ipertensione polmonare.

• growing pattern (vedi Figura 11): shunt bidirezionale, con progressiva riduzione della componente destra‐ sinistra e incremento della componente sinistra‐ destra. Indica un crescente flusso sinistro‐ destro attraverso un dotto ampio accompagnato dalla caduta delle resistenze polmonari;

(35)

35

• pulsatile pattern (vedi Figura 12): shunt puramente sinistro‐ destro, pulsatile, con un picco di velocità di circa 1,5 m/sec; è tipico di dotti di grosse dimensioni;

Figura 12. Immagini ecocardiografiche di pulsatile pattern.

• closing pattern (vedi Figura 13): shunt sinistro‐ destro, molto simile al pulsatile

pattern, con cui si differenzia solamente per la mancanza di pulsatilità. Il flusso è

costante durante tutto il ciclo cardiaco, raggiungendo una velocità di circa 2 m/sec.

Figura 13. Immagini ecocardiografiche di closing pattern

(36)

36 L’osservazione Doppler del tipo di pattern dello shunt riflette i cambiamenti emodinamici che si verificano dopo la nascita e soprattutto permette di identificare quei pattern (growing e pulsatile) che corrispondono ad una maggior probabilità di sviluppare un dotto emodinamicamente significativo. (Vedi Figura 14).

Figura 14. Sequenza di immagini ecocardiografiche che mostrano i cambiamenti di

pattern flussimetrico dal growing al pulsatile.

Attraverso lo studio doppler è possibile valutare l’eventuale presenza di furti diastolici: in presenza di dotto ampio il sangue fluisce in aorta discendente durante la sistole, mentre in diastole si crea un flusso retrogrado (‘ductal steal’) attraverso il dotto nell’arteria polmonare. Grossi shunt duttali possono coinvolgere più del 50% del flusso ematico, determinando un’ipoperfusione di tutte le arterie sistemiche con conseguente danno a carico degli organi periferici, soprattutto encefalo, intestino e rene. Quindi, un flusso aortico assente o retrogrado durante la diastole rappresenta un marker di PDB clinicamente significativo, anche un’alta velocità del flusso diastolico attraverso i rami dell’arteria polmonare, come conseguenza del flusso continuo di sangue proveniente dall’aorta attraverso il dotto, rappresenta un’importante fattore predittivo di significatività del PDB. Una velocità di 0,2 m/s nell’arteria polmonare sinistra rappresenta un ottimo cutt-off per identificare PDB significativi (Van Overmeire B, 2012; Tavera 2009). La valutazione dell’entità e della rilevanza clinica dello shunt

(37)

37 sinistro‐ destro rappresenta un obiettivo fondamentale nella caratterizzazione del dotto (Tavera, 2009). La Tabella 1 sono evidenziati alcuni parametri coi relativi valori soglia che consentono di predire la significatività del PDB (Tavera, 2009).

Elementi ecocardiografici Piccolo shunt sin‐ dx Moderato shunt sin‐ dx Grave shunt sin‐ dx Diametro duttale <1,5 mm 1,5 – 2,0 mm >2 mm Rapporto LA:Ao <1,4:1 1,4:1‐ 1,6:1 >1,6:1 Flusso diastolico in Ao discendente Prevalentemente anterogrado, talvolta assente Assente o moderatamente inverso (<30% del flusso in avanti) Inverso durante la diastole (>30% flusso in avanti) Picco di flusso diastolico in arteria polmonare sinistra <30 cm/s 30/50 cm/s >50 cm/s

Tabella 1. Descrizione dei parametri principali e dei relativi punti di cut off usati per

la definizione di PDB emodinamicamente significativi (Tavera, 2009; El‐Khuffash A, 2008).

Terapia

Ancora oggi il dibattito sull’opportunità o meno di trattare il dotto pervio, così come sulla scelta del tipo di terapia e del timing più opportuno è più che mai aperto (Alan S, 2013).

(38)

38 Sono molti i fattori che entrano in gioco nella scelta del miglior approccio terapeutico del neonato affetto da PDB: il grado di pervietà e le caratteristiche del dotto, le condizioni cliniche del neonato, la sua dipendenza dall’assistenza respiratoria e dall’ossigenoterapia, la presenza o meno di segni di sofferenza a carico di vari organi.

La mancanza di evidenza a supportare la causalità tra presenza di dotto e complicanze, il fallimento in alcuni casi della terapia farmacologica, i rischi intrinseci legati alla terapia mediche e chirurgiche e un’alta percentuale di chiusura spontanea rendono la scelta spesso molto difficile (Benitz WE, 2012).

Terapia farmacologica

Le terapie del PDB proposte negli anni hanno avuto l’obiettivo di favorire la chiusura completa o funzionale del dotto, riducendo l’incidenza degli effetti collaterali a breve e a lungo termine conseguenti alla presenza di uno shunt ad alto flusso attraverso il dotto stesso (Van Overmeire B, 2012). I farmaci più utilizzati nel trattamento del PDB sono inibitori delle ciclossigenasi (farmaci anti‐ infiammatori non steroidei ‐ FANS):

l’ibuprofene, maggiormente impiegato in Europa e Asia e l’indometacina, più usata nel

Nord America e il paracetamolo proposto negli ultimi anni come farmaco alternativo ai primi due (Jain A, 2015). Questi farmaci sono in grado di ridurre la concentrazione plasmatica di prostaglandine agendo direttamente sul sistema enzimatico chiamato prostaglandine‐ H2 sintetasi (PGHS) che è composto da due attività: ciclo‐ ossigenasi (COX) e perossidasi. Indometacina e ibuprofene sono COX‐ inibitori (Terrin G, 2014). Il successo terapeutico di questi farmaci raggiunge il 70%‐ l’85% nei prematuri di peso <1750 gr, con un rischio di riapertura superiore del 20% nei neonati con peso <1000 gr (Erdeve O, 2012). L’elevata efficacia dei COX‐ inibitori è però contrastata dalla possibilità di indurre importanti effetti collaterali, costringendo non solo il dotto arterioso, ma anche le arterie che portano il sangue al cuore, al cervello, ai reni e

(39)

39 all’intestino. La somministrazione di questi farmaci può infatti essere causa di complicanze ischemiche, anche gravi, come la perforazione intestinale, soprattutto quando somministrati in concomitanza con steroidi. Questo rischio sembra sovrapponibile per entrambi i farmaci perché è legato ai cambiamenti microvascolari e non alle modificazioni della perfusione locale. Le principali controindicazione alla somministrazione dei FANS sono:

• Evidenza ecocardiografica di IVH di 3° o 4° grado;

• Piastrinopenia (<100.000/mm3

);

• Manifestazioni cliniche o radiologiche di NEC;

• Ipercreatininemia (>1,8 mg/dl);

• Iperpotassiemia (>7 mEq/L);

• Ipersodiemia (>150 mEq/L)/iposodiemia (<120 mEq/L);

• Oliguria (<0,5 ml/kg/h).

Terapia chirurgica

Il ricorso alla chiusura chirurgica, avviene generalmente per pazienti con PDBes, dopo fallimento della terapia farmacologica o per la presenza di controindicazioni all’utilizzo di FANS come: presenza di NEC, IVH, emorragia polmonare, piastrinopenia, oliguria grave (El‐Khuffash AF, 2013).Dopo i primi giorni di vita, l’efficacia dei FANS nella chiusura del dotto tende a ridursi rapidamente, a causa di una fisiologica minor suscettibilità alle prostaglandine. In questi casi, la chiusura chirurgica rappresenta l’unica possibile alternativa di trattamento. L’intervento chirurgico prevede il posizionamento di una o più clips metalliche ed è gravato da alcune possibili complicanze quali: pneumotorace, sanguinamento, IVH, chilotorace (conseguente a

(40)

40 danno a carico del dotto toracico), paralisi delle corde vocali, infezione della ferita, ipotensione, insufficienza ventricolare sinistra (Sorensen CM, 2010). La mortalità legata all’intervento oscilla tra lo 0% e il 10% e la morbilità tra l’1% e il 16%, sebbene negli ultimi 20 anni si osservato un minor numero di complicanze (Van Overmeire B., 2012). Alcuni autori, hanno ipotizzato un’associazione tra l’intervento chirurgico di chiusura del dotto ad outcome neurologico peggiore. I neonati candidati al trattamento chirurgico, rappresenterebbero una popolazione “a rischio” di complicanze neurologiche, perché oltre a risentire della ridotta perfusione cerebrale legata al presenza del dotto, subiscono una compromissione della ossigenazione cerebrale durante l’intervento e della instabilità emodinamica dopo. Tutti questi fattori potrebbero concorrere al danno neurologico (El Khuffash AF, 2013). L’intervento chirurgico per via transcatetere (vedi Figura 15) è l’intervento di scelta nei neonati a termine e nei bambini più grandi in quanto meno invasivo e gravato da un minor rischio di complicanze oltre che inestetismi legati alle cicatrici chirurgiche (Paquette L, 2006; Oncel MY, 2013).

Figura 15. Illustrazione della tecnica di chiusura transcateterale del dotto arterioso di

Botallo. L’immagine A mostra il device (Amplatzer Duct Occluder tipo II); l’immagine mostra la radiografia pre‐ chiusura; l’immagine C mostra la radiografia post‐ chiusura. [Modificato da Butera G, 2014]

(41)

41

Obiettivi della tesi

Obiettivo primario. L’obiettivo primario è stato quello di confrontare una popolazione

di neonati prematuri con cardiopatie congenite nati e/o ricoverati presso l’U.O Neonatologia dell’Ospedale di Pisa con una popolazione di neonati prematuri nati e/o degenti presso il Dipartimento Cardiologia-Cardiochirurgia dell’Ospedale del Cuore di Massa, al fine di valutare il tasso di mortalità, le principali cause di morbilità, il management neonatologico perinatale ed infine l’impatto della prematurità sul timing dell’eventuale intervento chirurgico e sul decorso post-operatorio.

Obiettivo secondario. Secondariamente, l’attenzione è stata focalizzata alla ricerca di

eventuali fattori di rischio responsabili della nascita prematura; alla frequenza di pervietà del dotto di Botallo nel prematuro e all’atteggiamento terapeutico. Inoltre è stato confrontato il timing chirurgico dei neonati pretermine rispetto ai neonati cardiopatici a termine dell’Ospedale del Cuore di Massa.

(42)

42

Disegno dello studio

Metodologia

La raccolta dati è stata eseguita in maniera retrospettiva, attraverso la revisione delle cartelle cliniche di tutti i neonati prematuri di età gestazionale compresa tra 23+0 e 36+6 settimane, ammessi nella terapia intensiva neonatale dell’Ospedale di Santa Chiara di Pisa e in quella del Dipartimento Cardiologia-Cardiochirurgia dell’Ospedale del Cuore di Massa dal primo gennaio 2012 al 31 dicembre 2016.

Popolazione di studio

I criteri di inclusione sono stati:

-tutti i neonati pretermine nati e/o ricoverati con cardiopatia congenita che avevo ricevuto diagnosi ecocardiografica pre-natale e post-natale.

-tutti i neonati della popolazione selezionata che avevano ricevuto diagnosi ecocardiografica di PDB prima della dimissione. I criteri ecocardiografici per definire PDB emodinamicamente significativo sono stati gli stessi per entrambi i centri: presenza di due o più dei seguenti parametri ecocardiografici:

‐ diametro interno del dotto ≥1,5 mm,

‐ dilatazione atriale sinistra (LA/Ao ratio ≥1,4)

‐ presenza al doppler di reverse flow a carico dell’arteria cerebrale media e/o dell’aorta discendente.

I criteri di esclusione sono stati:

(43)

43

Dati valutati

Di tutti i pazienti sono state raccolte le informazioni seguenti:

-diagnosi prenatale o postnatale (percentuale di diagnosi per le singole cardiopatie congenite , nei rispettivi centri);

-sede di nascita con eventuale trasferimento;

-modalità di parto (programmato, spontaneo o TC);

-trasporto in utero,

-assistenza in sala parto;

-terapia farmacologica eseguita;

-giorni di degenza;

-timing dell’intervento chirurgico e dell’estubazione.

Di tutti i pazienti sono poi stati valutati parametri antropometrici: • sesso;

• età gestazionale alla nascita; • peso alla nascita;

• punteggio APGAR; • lunghezza.

Per quanto riguarda la pervietà del Dotto di Botallo sono stati analizzati i seguenti dati: • eventuali fattori di rischio materni associati;

(44)

44 • farmaco scelto prima di un eventuale intervento chirurgico. Per entrambi i centri, i

farmaci utilizzati sono stati l’ibuprofene somministrato ogni 24 ore per 3 giorni per via endovenosa secondo lo schema 10‐ 5‐ 5 mg/kg/dose e nel caso di controindicazioni all’uso di ibuprofene (piastrinopenia (<100.000/mm3

), ipercreatininemia (Cr>130 mmol/L), grave instabilità clinica ed emodinamica) è stato somministrato il paracetamolo endovena alla dose di 15 mg/kg/6h, per un periodo di tempo variabile da 3‐ 7 giorni.

• eventuale ricorso alla legatura chirurgica del dotto ed età al momento dell’intervento. La chiusura del dotto per i neonati di Pisa è stata eseguita nella stessa TIN o in quella dell’Ospedale Meyer di Firenze in caso di precedente trasferimento per cause chirurgiche. In entrambi i casi l’equipe cardio‐ chirurgica è stata quella dell’Ospedale Pediatrico Apuano di Massa.

Nel particolare, sono stati valutati di tutti i pazienti gli outcomes a breve termine (ovvero verificatisi durante il ricovero):

• infezioni,

• NEC,

• Ipoglicemia;

• Squilibri ideoelettrolitici

• Altre complicanze.

Inoltre è stata valutata: • La durata della degenza;

(45)

45

4.1 Analisi statistica

L’analisi statistica è stata eseguita tramite l’inserimento dei dati nel programma SPSSversione 19.0 (Statistical Package of Social Sciences, SPSS Inc., Chicago, IL, USA). I risultati sono stati espressi come media ± DS o mediana e range quando appropriato .

La comparazione dei valori medi tra due gruppi è stata effettuata mediante test t di

Student (t) o test non parametrico di Wilcoxon (Mann‐ Whitney), come appropriato.

L’analisi di contingenza è stata effettuata mediante test del Chi quadrato (χ2

) o test di Fischer, come appropriato.

E’ stato considerato significativo un valore di p<0.05 per tutte le analisi statistiche effettuate.

(46)

46

Risultati

Popolazione di studio a confronto nei due centri

In questo studio sono stati arruolati un totale di 180 neonati (70 dell’Ospedale del cuore a Massa e 110 di Pisa) di età gestazionale <36+6 settimane, di cui 14 con minima pervietà del forame ovale e quindi esclusi dallo studio.

Il trasferimento di neonati pretermine da Pisa a Massa nell’arco dei 5 anni è avvenuto nel 4,3 % dei casi (N 4).

Dei 70 casi di neonati pretermine ricoverati a Massa, il 43,5 % (N 33) proveniva da altre sedi.

Il trasporto in utero, per prematurità di alto grado, è avvenuto nel 12,7 % dei casi dei nati a Pisa (valore statisticamente significativo con correzione di continuità p<0.05). La nascita è stata programmata c/o l’Ospedale del Cuore di Massa in N 34/38 di neonati con diagnosi prenatale di cardiopatia congenita.

I dati antropometrici sono riassunti nella Tabella 2.

Le due popolazioni analizzate sono risultate non omogenee per EG. A Massa la media di EG risultava di 34,8 ± 1,5 settimane, a Pisa 30,4± 4 settimane (p<0,001). Infatti sui 58 pretermine di alto grado (<32 settimane di EG) che rappresentano il 35,8 % della popolazione totale, N 56 sono stati ricoverati a Pisa e N 2 a Massa (il valore è statisticamente significativo con una correzione di continuità p <0.05) (Grafico 1). Il peso medio alla nascita è stato di 1421 ±743,067 gr per la popolazione del Santa Chiara (SC) e 2585,28 ±603,425 gr per quella di Massa (M), p<0,001.

La percentuale più elevata di nascite gemellari con cardiopatia congenita si è verificata nel 27,5% dei casi (N 30) a Pisa, rispetto all’11,6% (N 8) a Massa. Nessuna differenza

(47)

47 significativa è risultata anche dall’analisi della distribuzione per sesso: i maschi erano il 50% nella popolazione di M e il 55% in quella del SC.

Massa (N=70) Pisa (N=96) P Lunghezza (cm) 43,2 ±10,46 38, 41 ±6,36 0,019* Peso (gr) 2585,28 ±603,425 1421 ±743,067 0,000* EG media (gg) 34,8 ± 1,5 30,4± 4 <0.001* EG < 32 4,28% 63 % < 0,001* pH 7,02 ±0,19 7,28 ±0,12 0,001* Apgar 9 (6-10) 8 (2-10) < 0,000*

Tabella 2 . Descrizione della popolazione inclusa nello studio.

Di seguito, è riportata la distribuzione della popolazione per EG.

Grafico 1: Età gestazionale media a Massa e a Pisa, distinti per prematurità ad alto

grado e medio grado 0 10 20 30 40 50 60 70 MASSA PISA

Età gestazionale

Riferimenti

Documenti correlati

As a result, we can use Erlang approximation for modelling deterministic cycle times for each product and, according to the specific sequence, we can build an approximate

Table 2 – The EU-28 regions with priorities classified in the three selected codes of priorities Bio economy, Blue Economy, Energy Production, Efficiency and

These results are summarized in a conceptual model of the assembly rules of the Badesi sand dune plant community (Fig. The gradient of stress in this dune system acts

Manoscritti librari moderni e contemporanei: modelli di catalogazione e prospettive di ricer- ca: atti della giornata di studio, Trento, 10 giugno 2002, a cura di Adriana

I costrutti psicologici indagati (depressione, stress post-traumatico perinatale, autoefficacia genitoriale) sono rilevanti poichè direttamente connsessi alla qualità della

Una ulteriore modalità di contabilizzazione, che va ad aggiungersi alle precedenti, è rappresentata dalla “fair value option” (Fair Value Option (FVO): possibilità, per

Gli  angoli  laterali  sono  i  cosiddetti  recessi  laterali,  che  terminano  con  un  foro   (foro  del  Luschka)  che  fa  comunicare  la  cavità  del

ripresa  emopoietica.  Seconda  finalità  è  di  creare  una  condizione  di