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Il rischio di recidiva di epatocarcinoma dopo trapianto di fegato

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Mario Petrini

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Direttore Prof. Paolo Miccoli

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Direttore Prof. Giulio Guido

___________________________________________________________________________ _____

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Mario Petrini

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

Direttore Prof. Paolo Miccoli

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Direttore Prof. Giulio Guido

____________________________________________________________________________ ____

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE LM6

IL RISCHIO DI RECIDIVA DI

EPATOCARCINOMA DOPO TRAPIANTO DI

FEGATO

RELATORI

CHIAR.MO PROF. FRANCO FILIPPONI

CANDIDATO

MANUEL BORDONARO

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INDICE

INTRODUZIONE

1. Il trapianto di fegato per epatocarcinoma………5-7

1.1 Marcatori bioumorali (AFP)………..7-10

1.1A Des-γ-carbossiprotrombina………10-12

1.1B AFP mRNA………12-13

1.1C AFPL3%...13

1.1D Altri marcatori……….13-14

1.1E Marcatori infiammatori sistemici………..14-16

1.2 Caratteristiche radiologiche: il ruolo della PET con 18F-DG……….16-18

1.3 Istologia: la biopsia epatica pre-trapianto……….18-20

1.4 Risposta alla terapia………20-24

1.4A Prova del tempo………..24-25

1.5 Tempo di raddoppiamento del volume………25-27

1.6 Considerazioni………27

2. Materiali e metodi

2.1 Contesto della ricerca………28

2.2 Tipo di ricerca………..28

2.3 Criteri di inclusione……….28

2.4 Obiettivi dello studio………...29

2.5 Variabili e loro misurazioni………29-30

2.6 Analisi statistica………..30

2.7 Protezione dei dati………..31

2.8 Finanziamenti………..31

2.9 Sede della ricerca………31

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3. Risultati

3.1 Caratteristiche cliniche……….32-34

3.2 Risposta radiologica………34

3.3 Caratteristiche istologiche………34-35

3.4 AFP………..…..35

3.5 Recidiva di HCC……….35-36

4. Discussione e Conclusioni………..37-38

5. Bibliografia……….………39-64

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Introduzione

1. Il trapianto di fegato per epatocarcinoma

l trapianto ortotopico di fegato (OLT) è il trattamento di scelta per i pazienti selezionati con epatocarcinoma (HCC) in quanto rappresenta la cura sia del tumore che della condizione sottostante di cirrosi. Poiché la pratica del trapianto di fegato è limitata dalla carenza di organi, i criteri di selezione dei pazienti sono cruciali per massimizzare la sopravvivenza dopo OLT. L’equilibrio tra l’impatto che la decisione avrà nei pazienti che rimangono in lista d’attesa e il ricevente stesso deve basarsi su affidabili predittori di

outcome post-trapianto.

Le caratteristiche anatomopatologiche costituiscono la diretta espressione dell’aggressività biologica del tumore e, in particolare, dell’invasione micro-macrovascolare e del grading indifferenziato. L’invasione microvascolare, in particolare, rappresenta il più importante marker di aggressività dell’HCC, come dimostrato da Iwatsuki e altri nei loro studi, in base ai quali il rischio di recidiva post-trapianto è più di 4 volte superiore qualora essa fosse rilevata. Nonostante sia associata a un’eccellente capacità di predire la recidiva di HCC post-trapianto, l’invasione microvascolare, tuttavia, è difficile da rilevare alla biopsia preoperatoria. Sebbene la ricerca stia tentando di identificare nuovi marcatori, la morfologia macroscopica è stata considerato fino ad oggi il principale parametro prognostico.

La stretta aderenza ai criteri macromorfologici (Criteri di Milano) è stata considerata il miglior criterio di selezione per i pazienti con HCC nell’impostazione del trapianto poiché la grandezza e il numero di noduli sono

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considerati i migliori surrogati dell’invasione microvascolare. Sicuramente, la grandezza e il numero dei noduli sono gli standard internazionali per la selezione dei pazienti nella maggior parte dei centri; inoltre il volume tumorale totale (TTV) e l’up-to-7, che sono associati complessivamente a buoni tassi di sopravvivenza libera da malattia a medio e a lungo termine dopo il trapianto, sono i criteri morfologici più frequentemente utilizzati e validati scientificamente.

Ciononostante, è largamente riconosciuto che l’utilizzo dei criteri macromorfologici pre-trapianto nel processo di selezione dei candidati al trapianto pone un rilevante numero di inconvenienti. È stato allo stesso modo dimostrato che in una larga quota di pazienti, variabile dal 15% al 25%, c’è una significativa discrepanza tra la stadiazione radiologica pre-trapianto e l’anatomia patologica. Tali risultati sono parzialmente attribuibili al lasso di tempo che intercorre tra l’ultima valutazione radiologica e il trapianto stesso, durante il quale il tumore e la stadiazione possono progredire. Tale discrepanza può essere anche spiegata con informazioni radiologiche approssimative che portano a sottostimare il numero/grandezza dei noduli. Inoltre, potrebbe anche esserci un’incompleta sovrapposizione delle caratteristiche macromorfologiche e l’assenza di invasione microvascolare; infatti, seppur raro, piccoli HCC paucinodulari possono presentare biologicamente caratteristiche di aggressività che sembrerebbero predire un outcome post-trapianto non favorevole.

Infine, e ancora più importante, la stretta adesione ai criteri macromorfologici porterebbe all’esclusione di un rilevante numero di pazienti, i quali, invece, avrebbero benefici dal trapianto. Nonostante siano al di fuori degli attuali criteri di trapianto, è stato dimostrato che esistono HCC multinodulari e relativamente grandi che possiedono un comportamento biologico non aggressivo e, quindi,

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una accettabile sopravvivenza libera da malattia (DFS) a lungo termine dopo il trapianto. In virtù di tali risultati, numerosi trials clinici hanno posto l’attenzione sull’espansione dei criteri di Milano. In accordo con il concetto del “Metroticket”, tuttavia, maggiore sarà l’espansione dei criteri di stadiazione per l’HCC per il trapianto, maggiore sarà il costo in termini di recidiva; al contrario, quando i protocolli morfologici di selezione, come quelli di Milano, includono altri predittori di recidiva, la loro capacità di predire la recidiva del tumore sembra essere migliorata, suggerendo l’esistenza di altri fattori prognostici che possono essere utili per migliorare l’accuratezza prognostica.

Queste considerazioni evidenziano come una migliore conoscenza dell’attività proliferativa dell’HCC può essere d’aiuto nel migliorare i criteri di selezione per il trapianto e ottimizzare la distribuzione delle risorse. Anche se al momento una caratterizzazione definitiva è irraggiungibile, è stata fatta recentemente luce sulla valutazione dell’aggressività dell’HCC. Di seguito riportiamo sui principali fattori e parametri clinico-biologici associati alla prognosi dell’HCC in ambito trapiantologico: 1) marcatori bio-umorali; 2) caratteristiche radiologiche; 3) istologia; 4) risposta alla terapia; 5) tempo di raddoppiamento del tumore. 1.1 Marcatori bio-umorali

L’alfafetoproteina (AFP) è una glicoproteina fetale-specifica la cui importanza nella diagnosi dell’HCC è ben comprovata; inoltre maggiori evidenze suggeriscono che essa abbia un ruolo anche nel predire l’outcome dopo il trapianto. Poiché numerosi studi hanno evidenziato una correlazione tra i valori sierici di AFP pre-trapianto e la sopravvivenza globale post-trapianto nei pazienti con HCC, l’AFP è considerata un predittore indipendente della sopravvivenza post-trapianto. Toso e altri hanno riportato tassi di sopravvivenza a 1, 3 , 5 anni rispettivamente dell’84%, 77%, 72% per valori di AFP ≤ 200 µg/L contro il 65%, 42% e 34% per valori di AFP ≥ 1000 µg/L. Berry

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e altri hanno riportato che pazienti con HCC sottoposti a trapianto e livelli sierici di AFP ≤ 15ng/mL al momento del trapianto non avevano un aumento della mortalità post-trapianto rispetto ai pazienti trapiantati senza HCC; pazienti che avevano livelli sierici di AFP compresi tra 16 e 65 ng/mL, tra 65 e 320 e ≥ 320 ng/mL, avevano tassi di mortalità post-trapianto progressivamente peggiori rispetto ai pazienti senza HCC. Questi autori hanno anche riportato che i pazienti al di fuori dei criteri di Milano avevano un outcome eccellente se i valori di AFP erano inferiori a 15ng/mL, mentre quelli che soddisfacevano i criteri di Milano ma alti livelli sierici di AFP avevano tassi di sopravvivenza bassi.

È stato dimostrato che caratteristiche del comportamento biologico, come l’invasione vascolare e il grading del tumore, sono correlate con i livelli sierici di AFP; Fujiki e altri hanno dimostrato che valori di AFP ≥ 800 µg/L erano associati ad un aumentato rischio di invasione microvascolare e a scarsa differenziazione dell’HCC rispetto a valori di AFP ≤ 200 µg/L. In aggiunta, l’invasione vascolare e la differenziazione del tumore avevano il più alto valore di odds ratio con i livelli di AFP in un’analisi multivariata di Duvoux e altri. Sulla base di tali evidenze, sono stati studiati nuovi criteri di selezione per il trapianto che includono l’AFP. Toso e altri hanno riportato che il TTV e i livelli sierici di AFP erano entrambi dei predittori significativi di sopravvivenza; è stato allora sviluppato uno score combinato per la selezione dei pazienti basato sul TTV e sui livelli di AFP, il quale era stato creato per essere il miglior predittore della sopravvivenza. Successivamente, Duvoux e altri hanno studiato 2 coorti di popolazioni di pazienti che erano stati sottoposti a trapianto per HCC nel contesto di uno studio retrospettivo multicentrico e hanno identificato 3 predittori di recidiva indipendenti pre-trapianto: il numero dei noduli tumorali; la dimensione del tumore, e i livelli di AFP. Questi parametri sono stati integrati

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per sviluppare un modello di stratificazione del basso e alto rischio di recidiva. Tale modello ha dimostrato di avere un impatto sulla recidiva e sulla sopravvivenza e il netto miglioramento della riclassificazione ha mostrato che la sua prevedibilità era superiore a quella dei criteri di Milano. Tale modello è attualmente utilizzato in Francia e nel Regno Unito e recentemente è stato introdotto in Spagna e in Italia; un recente studio americano ha confermato il forte potere prognostico di livelli di AFP ≥ 1000 ng/mL soglia nei pazienti sottoposti a trapianto con HCC che soddisfano i criteri di Milano.

Sebbene un cut-off unanime sia ancora in fase di definizione, è stato visto che l’AFP predice certamente l’outcome dei pazienti con HCC sottoposti a trapianto. Tuttavia, occorre ricordare che una singola valutazione dei livelli sierici di AFP non è capace di esprimere i cambiamenti dinamici del comportamento biologico del tumore; poiché l’aggressività del tumore mostra una tendenza alla progressione, sono necessarie almeno due misurazioni dilazionate nel tempo per stabilire se l’andamento biologico della neoplasia è stabile o in progressione.

Uno studio di Kondili del 2007 ha mostrato che un rapido incremento di AFP prima del trapianto rappresenta un fattore di rischio di recidiva del tumore. Un altro studio eseguito da Han ha dimostrato che la progressione di AFP superiore a 50 µg/L al mese era in maniera significativa correlata sia ad invasione vascolare che a scarsa differenziazione del tumore. Vibert e altri misurarono i livelli di AFP una volta al mese in 153 pazienti in lista d’attesa per il trapianto con l’intento di dimostrare l’importanza delle variazioni dinamiche dell’AFP e scoprirono che la progressione di AFP era un fattore predittivo di recidiva del tumore e di scarsa sopravvivenza dopo il trapianto migliore rispetto agli atri valori statici; una pendenza superiore a 15µg/L fu identificata come cut-off.

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Come suggerito da Merani e altri, anche un decremento dei valori di AFP sembra di avere un significato clinico; studiando 6817 casi di HCC, essi riportarono che i pazienti sottoposti con successo a downstaging da valori di AFP ≥ 400 µg/L a valori di AFP ≤ 400 µg/L avevano un outcome post-trapianto migliore rispetto ai pazienti i cui valori di AFP rimanevano superiori a 400 µg/L dopo il downstaging. In aggiunta, sia l’incremento sia il decremento dei livelli di AFP sono stati considerati rilevanti ai fini della valutazione del comportamento oncologico dell’HCC e dell’identificazione dei tumori che tendono ad avere una evoluzione positiva o negativa.

A dispetto dei numerosi dati presenti in letteratura sull’AFP, qualsiasi conclusione al momento è ancora prematura. In primo luogo, poiché l’AFP è un biomarcatore, sono inevitabili errori legati ai differenti metodi di laboratorio e alle tecniche di processazione. Pertanto, le comparazioni dei risultati provenienti da diversi laboratori/studi risultano incerti. In secondo luogo, è probabile che la frequente esclusione dei pazienti trapiantati che muoiono entro 30 giorni dall’intervento ha escluso i dati riguardanti i tumori più aggressivi. Infine, le valutazioni prognostiche basate sui livelli di AFP sono fatte solo facendo riferimento ai pazienti i cui livelli sierici sono superiori al normale (≥20 µg/L), a dispetto del fatto che una considerevole percentuale di pazienti con HCC sono AFP-negativi. Sebbene la valutazione dinamica di tale biomarcatore (AFP slope) potrebbe ovviare a questo problema, ulteriori studi specificatamente rivolti a pazienti con HCC con valori di AFP nel range di normalità sono necessari.

1.1.A Des-γ-carbossiprotrombina

La Des-γ-carbossiprotrombina (DCP), conosciuta anche come proteina indotta dall’assenza di vitamina K o antagonista II (PIVKA-II), è stata descritta più di 20 anni dopo la descrizione dell’AFP. Il ruolo della DCP come biomarcatore per la

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diagnosi di HCC è stato confermato nel corso degli anni, come lo è stato anche il suo potenziale di rilevare HCC allo stadio precoce, considerata l’alta sensibilità del dosaggio immunologico che è stato sviluppato. La sensibilità e la specificità della DCP nella diagnosi dell’HCC sembra essere migliore di quella dell’AFP, ed è stato proposto il dosaggio simultaneo di entrambi i marcatori per il rilevamento del tumore. In maniera interessante, la DCP ha mostrato di essere anche un fattore predittivo dell’outcome, indipendentemente dal trattamento. In accordo con gli studi di Imamura e altri, la DCP è stata capace di predire la recidiva dopo la resezione per HCC di piccole dimensioni e, analogamente, Sakaguchi ha dimostrato che valori di DCP ≥ 100 mAU/mL erano associati a prognosi negativa nei pazienti con HCC dentro i criteri di Milano dopo essere stati sottoposti a resezione. Alcuni studi inoltre hanno confermato che la DCP ha un significato predittivo anche riguardo al risultato del trapianto e che è un forte marcatore sierico predittivo. Shindoh e altri hanno evidenziato che la prognosi dei pazienti sottoposti a trapianto da donatore vivente era strettamente correlata con i valori sierici di AFP e DCP pre-trapianto; successivamente un’analisi multivariata condotta all’Università di Kyoto ha dimostrato che valori di DCP ≥ 400 mAU/mL erano un fattore di rischio indipendente per la recidiva del tumore dopo il trapianto. Taketomi ha suggerito un differente cut-off per DCP (DCP ≤ 300 mAU/mL). Recentemente il ruolo della DCP è stato confermato in uno studio americano: livelli sierici di DCP ≥ 7.5 mAU/mL in 127 pazienti con HCC sottoposti a trapianto erano

correlati con recidiva del tumore (HR= 3.5). Il ruolo prognostico della DCP sembra essere legato alla sua associazione con

l’elevata proliferazione cellulare, con il tasso di crescita del tumore e, inoltre, con la crescita altamente infiltrativa e con l’invasione vascolare. Recentemente Potè e altri hanno riportato che livelli sierici di DCP > 90 mAU/mL erano un

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fattore predittivo indipendente d’invasione microvascolare, mentre l’espressione tissutale di alti livelli di DCP era associata a scarsa differenziazione del tumore. Alcuni studi in vitro hanno provato k la DCP è capace di promuovere la proliferazione e la migrazione cellulare, così come essa induce l’espressione di fattori angiogenetici come EGFR e VEGF. Mentre i risultati clinici e biologici e gli studi in vitro supportano l’idea che la DCP sia un indice dell’aggressività dell’HCC, la sua importanza clinica relativa è ancora oggetto di dibattito.

1.1.B AFP mRNA

Le recidive dei tumori post-trapianto sono quasi certamente dovute a cellule neoplastiche residue provenienti dal tumore rimosso, e il rilevamento di cellule dell’HCC nel sangue periferico sembrano essere un metodo diretto e accurato per predire la recidiva del tumore. Allo stesso tempo, l’espressione di mRNA dell’AFP nel sangue periferico è un marcatore affidabile della circolazione delle cellule neoplastiche. Uno studio condotto da Cillo e altri ha riportato che i livelli preoperatori di AFP mRNA sono un significativo predittore della sopravvivenza dopo terapia radicale per HCC; invece Ijichi e altri, utilizzando la PCR, hanno riportato che la presenza preoperatoria di cellule che esprimono AFP mRNA nel sangue periferico non era associata a recidiva del tumore dopo la resezione. I dati che supportano il ruolo dell’AFP mRNA come fattore predittivo della recidiva di HCC sono ancora inconcludenti. Toso e altri hanno ipotizzato che le strategie per diminuire l’attecchimento di cellule tumorali circolanti potrebbe abbassare il rischio di recidiva.

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1.1.C AFP-L3%

L’AFP-L3 è un’isoforma dell’AFP ed è stata considerata come un marcatore aggiuntivo per la diagnosi di HCC. Tale biomarcatore inoltre sembra che sia capace di predire la prognosi: infatti, alti livelli di AFP-L3% sono stati correlati a scarsi risultati dopo la TACE e ad un rischio più alto di recidiva dopo ablazione locale ed epatectomia. In accordo con gli studi di Kobayashi, i valori di AFP-L3% sono utili nel predire l’outcome dei pazienti con valori sierici di AFP normali; inoltre Kusaba ha dimostrato che le cellule neoplastiche dell’HCC che esprimevano AFP-L3% hanno mostrato una tendenza all’invasione vascolare precoce e alla metastatizzazione intraepatica. Chaiteerakij e altri hanno rilevato che l’AFP-L3% era significativamente associata a recidiva del tumore in un gruppo di 127 pazienti con HCC sottoposti a trapianto. In maniera interessante, l’HR aumentava da 2.6 a 4.5 quando questo parametro è aggiunto ai criteri di Milano. Nonostante ciò, ci sono ancora poche evidenze per sostenere l’importanza prognostica dell’AFP-L3% nel contesto del trapianto di fegato.

1.1.D Altri marcatori

Altri marcatori dell’HCC dopo resezione epatica, trattamenti loco-regionali o trapianto di fegato, sono stati citati nella letteratura medica ma il loro potenziale ruolo prognostico nella popolazione trapiantata deve essere ancora ben definito. Un particolare marcatore degno di essere menzionato è il Glipicano 3 (GPC3), che è una glicoproteina di membrana coinvolta nella regolazione del ciclo cellulare e che è stata rilevata nei pazienti con HCC. Nonostante non ci sia ancora un accordo unanime su questo, alti livelli di GPC3 nel tessuto tumorale dopo resezione curativa o trapianto sembrano condurre a prognosi peggiore sia in termini di sopravvivenza libera da malattia sia di sopravvivenza globale.

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In aggiunta, è stato trovato un nesso tra l’alta espressione di GPC3 e l’alto grado tumorale (moderatamente o scarsamente differenziato), TNM avanzato (stadio III e IV), invasione vascolare, multifocalità e presenza di metastasi nei pazienti con HCC. Alcuni studi hanno dimostrato che un’alta espressione di GPC3 è associata anche alla presenza di tumori più grandi (5 cm o più); alcuni autori hanno proposto come cut-off il valore di 3.5 x 10^-2.

Un altro importante marcatore è l’hTERT mRNA (human telomerase reverse

transcriptase). Numerosi studi hanno dimostrato che l’alta espressione di

h-TERT mRNA è un indicatore prognostico di scarso risultato nei pazienti con HCC. Il potere prognostico di h-TERT mRNA è stato valutato anche in ambito trapiantologico: pazienti con HCC con alti livelli di h-TERT mRNA andavano incontro ad una più alta recidiva del tumore e a minori tassi di sopravvivenza rispetto ai pazienti senza h-TERT mRNA nel sangue periferico. Alcuni studi hanno proposto di validare il potere prognostico dell’h-TERT mRNA poiché non vi è consenso unanime.

Alti livelli di alfa-1 fucosidasi (AFU) e di TGF-B1 sembrano essere associati a una prognosi peggiore nei pazienti con HCC, anche se ulteriori studi sono necessari al fine di valutare l’importanza dei suddetti marcatori dopo trapianto di fegato.

1.1.E Marcatori infiammatori sistemici

L’infiammazione sistemica dell’ospite è un altro fattore che è stato valutato come parametro per stimare l’aggressività del tumore. Macrofagi, citochine e chemochine proinfiammatorie, prodotte dal microambiente tumorale, sembrano essere fattori responsabili della progressione del tumore considerata la loro abilità di indurre metastatizzazione e di inibire l’apoptosi, facilitando quindi l’angiogenesi e il danno al DNA. Alti livelli di neutrofili sono in grado di aumentare la propensione per l’invasione vascolare e la metastatizzazione

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aumentando la produzione di VEGF; al contrario un basso livello di linfociti sembra essere responsabile di una compromessa immunosorveglianza contro

lo sviluppo e la progressione della malattia. Il rapporto neutrofili-linfociti (NLR) è un marcatore sierico d’infiammazione che

ha suscitato notevole interesse in quanto risulta essere un predittore di recidiva e di scarsa prognosi in pazienti con metastasi epatiche da carcinoma colorettale. Halazun e altri hanno dimostrato che l’NLR è un predittore dell’outcome nei pazienti trapiantati per HCC; essi hanno riportato che i pazienti con HCC che soddisfano i criteri di Milano con NLR > 5 avevano una sopravvivenza libera da recidiva (RFS) significativamente peggiore e tassi di sopravvivenza minori rispetto ai pazienti con NLR < 5. Una recente metanalisi, che ha valutato il significato prognostico dell’NLR nei pazienti con HCC, ha confermato inoltre che alti livelli di NLR sono associati ad una scarsa sopravvivenza globale (OS) e sopravvivenza libera da malattia (DFS) dei pazienti trapiantati. In particolare, gli indici prognostici convenzionali come l’invasione vascolare, presenza di tumori multipli e AFP > 400 ng/mL sono stati messi in correlazione con i valori di NLR. Malgrado risultati discordanti, i dati rivelati finora suggeriscono che l’NLR può contribuire al processo di selezione dei pazienti con HCC per il trapianto; ulteriori dati sono necessari per confermare l’efficacia del marcatore.

Sono in fase di valutazione altri marcatori prognostici legati al processo infiammatorio. In un’analisi retrospettiva condotta su 181 pazienti con HCC in lista d’attesa per il trapianto, Lai e altri hanno dimostrato che il rapporto piastrine-linfociti (PLR) > 150 era più efficace dell’NLR come predittore del rischio di recidiva di HCC post-trapianto e che poteva essere utilizzato per stratificare i pazienti per la sopravvivenza libera dal tumore; inoltre l’utilità del PLR è stata recentemente confermata da uno studio cinese, tuttavia un

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accordo unanime deve essere ancora raggiunto. Alcuni hanno ipotizzato che la risposta infiammatoria sia implicata nella

malnutrizione correlata al cancro. L’indice prognostico nutrizionale (PNI) è stato proposto come ulteriore marcatore di infiammazione e di prognosi HCC-correlata. Chan e altri hanno dimostrato che il PNI è un indice prognostico indipendente di OS e DFS dopo resezione chirurgica effettuata su pazienti allo stadio 0/A del BCLC, ma il suo potenziale ruolo nel trapianto di fegato non è stato ancora accertato. Poiché ogni singolo biomarcatore non ha un potere prognostico sufficiente, sono stati compiuti dei tentativi mirati a valutare la prognosi utilizzando una combinazione di più marcatori tra quelli su menzionati. Toyoda e altri ad esempio hanno sviluppato sulla popolazione asiatica il cosiddetto score BALAD che è basato su 5 marcatori sierici tra cui AFP, AFP-L3% e DCP. Il potere predittivo di tale sistema di stadiazione è simile a quello del sistema BCLC. Anche se tale modello è stato recentemente validato sulla popolazione britannica, esso deve essere validato in ambito trapiantologico. In uno studio retrospettivo condotto su 185 pazienti con HCC sottoposti a epatectomia, Kiriyama ha dimostrato che la triplice positività ai marcatori tumorali per HCC (AFP, AFP-L3% e DCP) era associata alla peggior prognosi e a caratteristiche di maggior invasività nei reperti anatomopatologici. Come considerazione finale, le ricerche sull’espressione plasmatica di miRNA sta stimolando l’interesse in considerazione del potenziale ruolo dell’espressione di miRNA nella stratificazione della prognosi dell’HCC.

1.2. Caratteristiche radiologiche: il ruolo della PET con 18F-FDG

Gli studi d’imaging morfologico si sono dimostrati efficaci predittori dell’outcome dopo OLT. Mentre sia i criteri di Milano sia i criteri dell’University

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di tumori identificati radiologicamente, studi di imaging funzionale sembrano essere in grado di fornire persino ulteriori informazioni riguardanti il tumore. La PET con 18F-FDG valuta la grandezza del tumore ed il metabolismo basati sul volume tumorale calcolato e sui massimi valori di captazione standardizzati. Il differente rapporto tra glucosio-6-fosfatasi ed esochinasi nel fegato normale e nelle cellule neoplastiche ha come conseguenza un aumentato accumulo di

18F-FDG nelle lesioni primitive di HCC. Mentre la PET con 18F-FDG ha dimostrato una sensibilità subottimale

nell’identificazione di nuove lesioni di HCC (<50%), ci sono degli studi che mettono in evidenza la sua utilità nell’identificare la presenza di metastasi extraepatiche, nel fornire informazioni riguardo la prognosi dell’HCC e nel predire la recidiva del tumore dopo il trapianto. La sua capacità come predittore della prognosi e della recidiva del tumore è stata dimostrata da Kornberg nel 2009, il quale ha condotto un’analisi retrospettiva su 42 pazienti trapiantati; i suoi risultati hanno dimostrato che i pazienti con PET+ avevano una DFS (35%) a 3 anni significativamente peggiore e un più alto tasso di recidiva (RR 50%) rispetto ai pazienti con PET- (DFS=93%, RR=3.8%). Lo stesso gruppo di ricerca ha dimostrato che i pazienti con HCC che soddisfavano i criteri di Milano e con non avidità delle lesioni alla PET ottenevano un’eccellente DFS dopo il trapianto (>80% a 5 anni di follow-up). Inoltre, l’avida captazione di 18F-FDG era ritenuta essere un predittore indipendente del tumore correlato al drop

out dalla lista d’attesa. Tali risultati confermano i potenziali vantaggi di questa

tecnica in ambito trapiantologico. Per quanto riguarda i risultati biologici, Yang e altri hanno dimostrato che HCC

PET+ (maggior captazione di 18F-FDG da parte delle lesioni) erano significativamente associati a fattori prognostici peggiori come AFP >200 ng/mL e a invasione vascolare. Allo stesso modo Kornberg ha dimostrato che

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la positività alla PET era un predittore indipendente d’invasione microvascolare.

Inoltre, è stato documentato che la captazione di 18F-FDG nei pazienti con HCC variava in accordo con il grado di differenziazione del tumore. Infatti, i tumori ben differenziati e moderatamente differenziati presentano un metabolismo del 18F-FDG che è simile al normale tessuto epatico, mentre quelli scarsamente differenziati presentano un aumentato metabolismo. Attualmente sono in fase di studio nuovi traccianti come 18F-Fluorocolina,11C-Colina e 11C-Acetato con lo scopo di migliorare la sensibilità e la specificità della PET nella identificazione dell’HCC e delle sue metastasi.

1.3. Istologia: la biopsia epatica pre-trapianto

Come detto precedentemente, l’invasione microvascolare è un assodato fattore prognostico indipendente di recidiva di HCC dopo il trapianto. Una forte correlazione tra l’invasione microvascolare e il grado istologico dell’HCC è stata infatti ben evidenziata da numerosi autori, e un altro grado istologico del tumore è un predittore indipendente di invasione microvascolare. In aggiunta, Tamura ha riportato che il grado di differenziazione istologica rappresenta un predittore indipendente della sopravvivenza dopo il trapianto poiché un basso grado istologico aumenta il tasso di sopravvivenza a 3 anni sia nei pazienti con una lesione piccola (< 5cm) che in quelli con una lesione più grande (> 5cm). Uno studio condotto da Cillo e altri su 145 pazienti con HCC ha mostrato che vi è un tasso di recidiva del tumore dopo il trapianto molto basso quando è effettuato un protocollo di selezione basato sul grading della neoplasia valutato con la biopsia epatica pre-trapianto. Infatti, quando HCC di grado 3 erano esclusi dal trapianto, la sopravvivenza libera da recidiva a 5 anni era del 92% e nessun paziente con tumore > 5cm aveva avuto una recidiva. DuBay e altri

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hanno studiato 294 pazienti con HCC per 8 anni, periodo durante il quale essi hanno gradualmente testato e sviluppato un protocollo di selezione per il trapianto. Le loro conclusioni hanno mostrato come risultato il graduale discostamento dai criteri di Milano verso un sistema basato sulla biopsia (criteri estesi di Toronto). Una comparazione tra due periodi dello studio ha confermato che l’esclusione dei tumori scarsamente differenziati, indipendentemente dalle caratteristiche macromorfologiche (criteri di Milano),

permetteva di raggiungere tassi di sopravvivenza eccellenti. Lo studio di un singolo centro (Pawlik et al.), tuttavia, non ha confermato il

potere prognostico indipendente della biopsia pre-trapianto per l’outcome post-trapianto. Mentre il grado tumorale associato a invasione vascolare non era significativo, il grado del tumore all’esame patologico finale è dimostrato essere un affidabile predittore dell’invasione vascolare e dell’outcome. La disparità tra l’istologia preoperatoria e l’analisi finale del campione chirurgico potrebbe essere spiegata col fatto che possono coesistere aree con tumori ben e moderatamente differenziati adiacenti ad aree con tumori scarsamente differenziati. Errori di campionamento devono essere, tuttavia, sempre presi in considerazione. Più generalmente, mentre la lettura della biopsia è strettamente legata alla qualità del campione tissutale, il grado istologico è soggetto alla variabilità dell’osservatore. Malgrado l’esistenza del sistema di gradazione di Edmonson e Steiner, e sebbene sia stato proposto un sistema di gradazione automatizzato, il grading dell’HCC rimane ancora visivo, qualitativo e soggettivo. Certamente la variabilità dell’osservatore è rilevante statisticamente per i tumori moderatamente e ben differenziati, di conseguenza la mancanza di concordanza pone chiaramente dei limiti alla diffusione dell’utilizzo di un protocollo di selezione per il trapianto basato sul grading per i pazienti con HCC. Dall’altro lato, se si va oltre la possibilità di risultati falsi negativi, virtualmente tutte le biopsie G3 nei pazienti con HCC si riferiscono a

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tumori realmente scarsamente differenziati, e tutti i tumori di alto grado si dimostrano strettamente correlati ad un outcome peggiore dopo il trapianto. L’esclusione di questi pazienti dalla lista trapianti potrebbe contribuire alla riduzione della prevalenza di pazienti con HCC aggressivi e questo, certamente, porterebbe a risultati migliori in termini di sopravvivenza globale post-trapianto, come’è stato riportato da uno studio canadese e uno italiano condotto da Cillo.

Biopsie multiple con agoaspirato (fine needle aspiration biopsies, FNABs) non sono tuttavia raccomandate per i tassi di complicanze che variano da 0.75% a 13.6%; sono stati anche descritti casi di sanguinamento in 1/500 biopsie e in un range variabile da 1/2500 a 1/10000 biopsie è stato necessario il ricovero

urgente e il ricorso a trasfusioni di sangue. La biopsia core needle (core needle biopsy, CNB) sotto guida ecografica

permette di esaminare direttamente l’area che deve essere campionata. Essa si è dimostrata essere una procedura sicura e praticabile e uno strumento estremamente promettente in ambito trapiantologico; possono essere ottenuti campioni bioptici e un’alta accuratezza diagnostica, e allo stesso tempo l’HCC

può essere trattato (downstaging) potenzialmente ripetutamente. Mentre le attuali linee guida non includono la biopsia epatica nella diagnosi

dell’HCC tipico, poiché vi è la tendenza a caratterizzare le lesioni neoplastiche in relazione alle loro caratteristiche molecolari, la biopsia presumibilmente giocherà un ruolo chiave nel prossimo futuro.

1.4. Risposta alla terapia

La risposta alla terapia loco-regionale nei candidati all’OLT con HCC è stata intensamente studiata negli ultimi 10-15 anni. A dispetto del fatto che ci sia

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scarsità di trial clinici randomizzati riguardanti il downstaging e le terapie ponte (bridging), la maggior parte dei centri mondiali adotta terapie loco-regionali prima o dopo l’inserimento del paziente in lista d’attesa.

La resezione, l’ablazione (sia percutanea sia laparoscopica), o la TACE da sola o insieme ad altre terapie, che sono le strategie terapeutiche più largamente utilizzate, hanno lo scopo di ridurre il tasso di esclusione mentre il paziente è in lista d’attesa e/o il tasso di recidiva dopo il trapianto. Sebbene le strategie di

downstaging siano focalizzate sulla riduzione della massa tumorale fino a

quando il paziente rientra nei criteri di Milano, è largamente accettato che una risposta prolungata alle terapie di downstaging può essere essa stessa considerata un criterio di selezione che rispecchia il comportamento biologico del tumore e predice relativamente il basso rischio di recidiva dopo il trapianto. Analogamente, come dimostrato da numerosi studi, la buona risposta alle terapie ponte può servire come marker surrogato della biologia favorevole del tumore.

Millonig e altri hanno dimostrato che pazienti con completa risposta alla TACE avevano una sopravvivenza a 1-,2- e 5 anni rispettivamente dell’89.1%, 85.1% e 85.1% rispetto a 68.6%, 51.4% e 51.4% dei pazienti non-responder. Analoghi risultati sono stati ottenuti da Cillo et al. per quanto riguarda la recidiva dopo il trapianto nei pazienti che erano stati stratificati in responder e non-responder alla terapia pre-trapianto per HCC; la probabilità di recidiva di HCC era maggiore nel gruppo dei non-responder. Otto et al. hanno effettuato uno studio su 136 pazienti con HCC sottoposti a TACE e valutati durante il periodo d’attesa del trapianto secondo i criteri RECIST (response evaluation criteria in

solid tumors); essi hanno riportato un tasso di sopravvivenza priva di recidiva a

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92% nel gruppo senza progressione. La risposta alla terapia aveva anche una maggior predittività sull’outcome rispetto ai criteri di Milano.

Una stretta correlazione tra l’aggressività del tumore e l’outcome era stata anche trovata quando veniva riscontrata la progressione o la non-progressione all’esame anatomopatologico. A tal proposito Ho et al. hanno valutato il trattamento loco-regionale pre-trapianto in 86 pazienti con HCC suddividendo la popolazione in 3 sottogruppi in relazione al grado di necrosi del tumore all’esame patologico (gruppo 1= 10-50%; gruppo 2= 50-90%; gruppo 3= > 90%). I pazienti con un elevato tasso di necrosi dopo la terapia avevano una sopravvivenza maggiore e avevano un tasso di recidiva significativamente inferiore rispetto a quello degli altri 2 gruppi. Infine, quando la risposta alla terapia era stata integrata con livelli di AFP superiori, il suo potere predittivo della prognosi in termini di RFS e OS era aumentato. L’assenza di progressione della massa tumorale e dell’AFP ha permesso d’identificare un sottogruppo di pazienti con prognosi eccellente, indipendentemente dai criteri convenzionali. Per quanto riguarda il downstaging, alcuni studi hanno dimostrato che l’outcome dei pazienti con HCC sottoposti a retrostadiazione era simile a quello dei pazienti che soddisfacevano i criteri di Milano. Ravaioli e altri hanno riportato una RFS a 3 anni nei pazienti entro i criteri di Milano e nei pazienti retrostadiati rispettivamente del 83% e del 75%. Yao e altri hanno recentemente riportato risultati a lungo termine dopo il trapianto in pazienti con HCC retrostadiati allo stadio T2 e hanno comparato i loro dati con quelli dei pazienti entro i criteri di Milano: dopo 5 anni la sopravvivenza post-trapianto e la DFS erano rispettivamente 77.8% e 90.8% nel gruppo dei pazienti retrostadiati contro 81% e 88% nel gruppo dei pazienti allo stadio T2. Poiché la probabilità cumulativa di drop out a 2 anni era di 34.2% nel gruppo di pazienti

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retrostadiati contro il 25.6% nel gruppo di riceventi allo stadio T2, questo suggerisce che la retrostadiazione ha un impatto importante sulla biologia del tumore. In maniera interessante, la prevalenza dell’invasione microvascolare e la scarsa differenziazione del tumore erano simili nei 2 gruppi quando le

caratteristiche patologiche finali venivano comparate. Tali risultati forniscono un’ulteriore evidenza che non-responsività dell’HCC

potrebbe nascondere una biologia aggressiva, mentre quelli responsivi potrebbero rispecchiare un comportamento meno aggressivo. Allo stesso tempo, essi enfatizzano l’importanza della risposta alla terapia come un indice dell’aggressività biologica del tumore e la necessità di sviluppare delle linee guida standardizzate per valutarla. Numerosi studi suggeriscono l’utilizzo dei criteri mRECIST, che rappresentano la versione modificata dei criteri RECIST per la valutazione della risposta alla terapia nei tumori solidi. Rispetto ai criteri convenzionali, quelli modificati includono una valutazione oncologica della sopravvivenza del tumore e si focalizzano sulla riduzione del volume tumorale vitale, definito da aree più intense all’imaging; inoltre criteri standardizzati potrebbero aiutare a migliorare l’omogeneità nella valutazione della risposta alla terapia.

Ci sono ancora, tuttavia, delle limitazioni che riguardano l’affidabilità e la riproducibilità dell’mRECIST. Poiché la valutazione del tumore è soggettiva, la sua accuratezza dipende sia dall’abilità del tecnico sia dalla qualità dell’immagine; oltretutto i suoi criteri sono applicabili soltanto ad HCC con caratteristiche tipiche perché la valutazione degli HCC con caratteristiche atipiche è incerta. Infine shunt vascolari e altre alterazioni (specialmente per le forme infiltranti) possono alterare l’enhancement e quindi portare a errori d’interpretazione. Pertanto, alcuni autori suggeriscono la misurazione delle

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variazioni di AFP insieme alle caratteristiche radiologiche per ottenere una

valutazione oggettiva della risposta alla terapia. Tuttavia, un potenziale inconveniente delle terapie ponte e di downstaging è la

de-differenziazione del tumore. Kojiro e altri hanno dimostrato che tumori con cambiamenti sarcomatoidi erano più frequenti nei pazienti che erano stati sottoposti a TACE prima del trapianto rispetto a quelli che non erano stati trattati. Modifiche sarcomatoidi sono state riscontrate anche nei pazienti che erano stati sottoposti ad ablazione con radiofrequenza. Zen e altri hanno riportato che solo i tumori pretrattati hanno mostrato una dedifferenziazione verso un fenotipo di tipo biliare quando essi hanno analizzato i reperti anatomopatologici; inoltre Yamamoto e altri hanno riportato un alto tasso di recidiva dopo ablazione con radiofrequenza (RFA) nei tumori che avevano caratteristiche biologiche di aggressività. Pressione selettiva verso cellule resistenti, cambiamenti fenotipici adattativi e l’espressione della proteina normalmente indotta dall’ipossia potrebbero spiegare i cambiamenti istopatologici indotti dalla terapia.

1.4.A Prova del tempo

Una completa o parziale risposta alla terapia non garantisce che essa sia stabile nel tempo e una rapida recidiva del tumore dopo la risposta potrebbe rilevare una biologia aggressiva del tumore che controindicherebbe il trapianto. Non solo la valutazione della risposta alla terapia, ma anche il decorso che segue quella risposta (o più generalmente il tasso di crescita totale del tumore) sono considerazioni importanti quando i pazienti con HCC sono in fase di valutazione per il trapianto per quanto riguarda la cosiddetta prova del tempo (test of time). Avendo ottenuto buoni risultati quando i tumori erano valutati in tempi ravvicinati per 8 mesi dal tempo dell’ablazione fino al giorno dell’inserimento in lista per il trapianto, Roberts e altri hanno proposto la

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programmazione del periodo d’attesa successivo alle procedure di retrostadiazione per valutare il comportamento del tumore. Toso e altri hanno posto l’attenzione sull’importanza del periodo di osservazione tra l’entrata in un programma di downstaging e l’inserimento nella lista d’attesa per il trapianto e hanno suggerito di utilizzare un periodo di almeno 6 mesi come minima prova di tempo. Cescon e altri, invece, hanno proposto di utilizzare un periodo d’attesa di 3 mesi con re-stadiazione alla fine di esso per verificare il nuovo stato. A dispetto dell’inconveniente di dover aspettare e dell’aumentato rischio intrinseco di esclusione dalla lista d’attesa, la prova del tempo sembra essere un efficace marker surrogato dell’aggressività del tumore che potrebbe essere integrato con gli altri strumenti prognostici statici (istologia, studi morfologici e risposta alla terapia). Ulteriori studi, utilizzando valutazioni di risposta standardizzate e periodi omogenei, sono necessari per valutare il vero potenziale del parametro.

1.5 Tempo di raddoppiamento del volume

Nel 1961 Schwartz propose un approccio biomatematico alla crescita clinica del tumore e la formula che egli delineò per calcolare il tempo di raddoppiamento del volume (doubling time, DT) è la seguente:

DT = t ln2/(lnV2-lnV1)

dove t è l’intervallo di tempo tra le misurazioni e V2 e V1 sono i volumi del tumore identificati all’imaging, rispettivamente alla fine e all’inizio dell’intervallo di tempo. Studi successivi hanno descritto un’ampia variabilità nel DT con valori che variavano in un range compreso da <30 giorni a 600 giorni. L’assunzione che differenti velocità di crescita riflettano differenti comportamenti del tumore ha condotto i ricercatori a cercare delle correlazioni

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tra il DT dell’HCC e le altre caratteristiche del tumore o del paziente. La stretta relazione tra DT e prognosi è stata recentemente studiata da Villa e altri in uno studio prospettivo su 78 pazienti con HCC diagnosticato di recente. Quando la popolazione dello studio era stata divisa in quartili rispetto al tasso di crescita dell’HCC, erano stati riscontrati profili di sopravvivenza differenti che dipendevano dalla velocità del DT del tumore: il 25% dei pazienti mostravano un DT minore o uguale a 53 giorni e avevano una prognosi significativamente peggiore dei pazienti che avevano un DT negli altri quartili, indipendentemente

dal trattamento stabilito. È stato dimostrato che i parametri macromorfologici statici come il diametro

iniziale del tumore e le caratteristiche ecografiche sono correlati al DT; tuttavia, in maniera ancor più interessante, il DT sembra essere correlato alla differenziazione del tumore, all’attività mitotica, all’invasione vascolare e agli indici diretti d’aggressività biologica. Nakajima e altri hanno studiato 34 pazienti con HCC di piccole dimensioni, utilizzando alcuni marcatori di divisione cellulare come Ki-67 e Apo-I e il loro grado istologico per classificare i tumori in a lenta, moderata e rapida crescita. Essi hanno concluso che più rapida era la crescita del tumore, maggiore era la produzione di cellule e meno differenziato era il tumore. Inoltre si è visto che i livelli di AFP erano correlati alla velocità di crescita del tumore e tale risultato ha confermato la relazione tra il DT e l’aggressività biologica. In aggiunta, l’influenza diretta del DT sull’outcome dopo la chirurgia è stata anche dimostrata. Okazaki e altri hanno messo in evidenza gli scarsi risultati dopo epatectomia in quei pazienti il cui DT era corto. Analogamente, Cucchetti et al. hanno calcolato che il tasso di recidiva a 3 anni dopo resezione epatica era significativamente più alto nei pazienti con DT <100 giorni rispetto a quelli con DT >100. Anche se non ci sono dati sull’effetto del DT nell’outcome post-trapianto, gli studi summenzionati dimostrano

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chiaramente che la velocità di crescita del tumore è espressione fedele della sua intrinseca aggressività. Quindi sembra ragionevole, anche se non ci sono studi che lo provino, che i tumori a rapida crescita abbiano una prognosi peggiore dopo il trapianto.

1.6. Considerazioni

Prevedere la recidiva di HCC post-trapianto sulla base delle dimensioni del tumore e del numero dei noduli può solamente sembrare semplicistico e impreciso alla luce della complessità della malattia. Recenti studi hanno confermato l’accuratezza predittiva di altri parametri usati per la valutazione del comportamento biologico dell’HCC, e in particolare, con riferimento alla progressione tumorale e alla risposta alla terapia. Modelli ripetibili, multiparametrici, e integrati sviluppati sulla base di ampi studi prognostici multicentrici sono senza dubbio la migliore strategia per migliorare la nostra capacità di selezionare nella maniera più appropriata i pazienti con HCC per l’OLT.

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Materiali e metodi

5.1. Contesto della ricerca

resentiamo i risultati di un’analisi retrospettiva condotta su pazienti adulti sottoposti a OLT per HCC presso la nostra istituzione con lo scopo di identificare i fattori correlati al rischio di recidiva tumorale post-trapianto.

5.2. Tipo di ricerca

Si tratta di un’analisi retrospettiva di un database prospetticamente raccolto. 5.3. Criteri d’inclusione

Sono stati inclusi nella presente analisi pazienti:

adulti (≥18 anni);

sottoposti a trapianto epatico primario da donatore cadavere;

 affetti da HCC quale indicazione principale a trapianto;

 sottoposti prima del trapianto a chemio-embolizzazione intraepatica trans-arteriosa (TACE) quale metodica di retrostadiazione o ponte;

 per i quali fosse disponibile un controllo radiologico post-TACE con tecnica di imaging con mezzo di contrasto (TC e/o RM);

 per i quali fosse disponibile l’esame istologico del fegato nativo e dati clinici. Radiology was reviewed and response to TACE assessed as per mRECIST criteria. The variables associated with the risk of HCC recurrence were identified and patients were further stratified according to number of risk factors.

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5. 4. Obiettivi dello studio

L’obiettivo primario dello studio è stato valutare l’impatto di variabili cliniche quali la stadiazione clinica pre-trapianto, i livelli ematici di AFP e la risposta al trattamento di downstaging sul rischio di recidiva neoplastica post-trapianto. I pazienti sono stati, pertanto, stratificati secondo le loro caratteristiche di imaging pre-trapianto entro o al di fuori dei criteri di Milano, mentre la risposta al downstaging è stata rivalutata a posteriori secondo i criteri mRECIST.

5.5. Variabili e loro misurazione

Le variabili prese in considerazione sono state: A. demografiche (età al trapianto, sesso, etnia)

B. antropometriche (altezza, peso, indice di massa corporea [body mass index (BMI)]

C. cliniche: indicazione al trapianto; intervallo dal trapianto (mesi); presenza di infezione virale (virus dell’epatite C (HCV); virus dell’epatite B (HBV); virus dell’immunodeficienza umana (HIV)); presenza di co-morbilità cardiovascolari, metaboliche e polmonari; complicanze post-trapianto (con particolare riguardo alle vascolari [arteriose e venose] e biliari);

D. specifiche: stadiazione dell’HCC secondo i criteri di Milano (con riferimento al numero dei noduli tumorali, al diametro massimo del nodulo di maggiori dimensioni e al diametro totale); data di recidiva HCC se presente (come data della diagnosi clinica o strumentale); sede della recidiva; stadio funzionale di malattia epatica (espresso come classe Child-Pugh e score Model for end-stage liver disease (MELD)) all’atto del trapianto; livello sierico di AFP prima del trapianto (prima della procedura di TACE e dopo la procedura di TACE, se disponibile); sopravvivenza globale (overall survival, OS) e sopravvivenza libera da malattia (recurrence-free survival, RFS);

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E. donatore: età, sesso, BMI;

F. immunosoppressive: tipo di trattamento immunosoppressivo post-trapianto, con riferimento a utilizzo, dosaggi e livelli ematici di anti-CD25 (basiliximab, SimulectTM, Novartis, Origgio (VA)); tacrolimus (PrografTM, Astellas, Assago (MI) o AdvagrafTM, Astellas, Assago (MI)); ciclosporina A (Sandimmun NeoralTM, Novartis, Origgio (VA)); micofenolato mofetile (CellCeptTM, Roche, Basilea, CH); micofenolato sodico (MyforticTM, Novartis, Origgio (VA)); azatioprina e steroidi;

G. radiologiche: tipo di downstaging (TACE convenzionale vs. selettiva); numero di sessioni di downstaging; tecnica di imaging impiegata per

Tutte le variabili sono state raccolte in un database elettronico (Excel per Microsoft, Windows, Seattle, WA, USA) ed espresse come medie ± deviazioni standard (DS); mediane; estremi; scarti interquartili o frequenze (%), secondo la loro distribuzione continua o categorica/nominale.

5.6 Analisi statistica

L’analisi statistica è stata condotta con il test chi-quadro per le variabili categoriche; con il t-test per le variabili continue a distribuzione normale; con il test di Mann-Whitney per le variabili continue a distribuzione parametrica; con il test di correlazione di Pearson (r), o con il test di Spearman (rho), o con il test di correlazione punto-biseriale (r), secondo la distribuzione delle variabili da correlare. La sopravvivenza globale (OS) e la sopravvivenza libera da recidiva (RFS) sono state calcolate mediante il metodo di Kaplan-Meier. Le variabili significativamente associate al rischio di recidiva all’analisi univariata sono state introdotte nell’analisi multivariata sec. Cox e successivamente i pazienti sono stati stratificati in base al numero di fattori di rischio presenti. Il livello di significatività statistica è stato fissato a 0.05.

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5.7 Protezione dei dati

La raccolta dati è stata eseguita in ottemperanza alle vigenti normative sulla protezione dei dati, previa anonimizzazione.

5.8 Finanziamenti

La presente ricerca non è stata finanziata da alcun promotore. Gli autori e partecipanti alla ricerca non hanno conflitti di interesse da dichiarare.

5.9 Sede della ricerca

La ricerca è stata condotta presso l’Unità operativa di Chirurgia epatica e trapianto di fegato dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana.

5.10 procedure dello studio e trattamento

I pazienti inclusi nel presente studio sono stati sottoposti a valutazione per trapianto di fegato secondo i protocolli in vigore presso la nostra Unità Operativa. La valutazione radiologica pre-trapianto, la procedura di TACE e la valutazione radiologica post-TACE sono state condotte presso il Dipartimento Immagini dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana. Una volta sottoposti a trapianto, i pazienti sono seguiti nel follow-up secondo i protocolli in vigore presso il nostro Centro trapianti di fegato. Nel primo mese dopo la dimissione sono sottoposti a un controllo ecografico e a esami ematochimici settimanali; gli esami ematochimici sono eseguiti ogni 15 giorni fino a 6 mesi dal trapianto e divengono mensili fino al primo anno. Dal secondo anno post-trapianto, i pazienti sono sottoposti a esami ematochimici ogni due-tre mesi fino ai 5 anni e semestrali successivamente. Un esame con tecnica di imaging (TC o RM) e una scintigrafia ossea sono eseguite presso la nostra istituzione o domiciliarmente una volta l’anno per tutta la durata del follow-up.

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Risultati

6. Caratteristiche cliniche

al 1 gennaio 1996 al 31 dicembre 2014, 1617 procedure di OLT sono state eseguite presso la nostra istituzione. Un totale di 570 pazienti è stato sottoposto a OLT per HCC nel contesto di un’epatopatia cronica di natura virale, autoimmune, dismetabolica o criptogenetica. Di essi, 316 (55,4%) sono stati sottoposti a

downstaging prima del trapianto mediante TACE; 107 (18,7%) sono stati esclusi per

mancanza di controllo radiologico post-TACE, istologia del fegato nativo o dati clinici incompleti, e 203 (35,6%) sono stati inclusi nella presente analisi retrospettiva. Centottantadue pazienti (89,6%) erano maschi e l’età mediana era di 57 anni [estremi 27-68]. Il follow-up mediano della presente popolazione è di 5,5 anni [estremi 1,0-13,6].

Le caratteristiche demografiche e cliniche della popolazione oggetto di studio sono illustrate in Tabb. 1 e 2. L’infezione da HCV era presente come causa dell’epatopatia cronica in 95 (46,7%) dei pazienti; l’infezione da HBV in 58 (28,6%); l’alcol in 22 (10,8%); la co-infezione HCV-HBV in 10 (4,9%); l’infezione HCV e l’alcol in 6 (2,9%) pazienti; l’infezione HBV e l’alcol in 2 (0,9%); la co-infezione HCV-HBV e l’alcol in un paziente (0,5%), mentre altre epatopatie erano presenti in 9 (4,4%) pazienti. Il tempo mediano [scarto interquartile (IQR)] di attesa in lista è stato di 3,9 [2,0-6,9] mesi, mentre lo score mediano [IQR] model for end-stage liver disease (MELD) è stato 8 [6-23].

Le caratteristiche radiologiche dell’HCC nella popolazione oggetto di studio sono rappresentate in Tab. 2. Il diametro mediano [IQR] della lesione di maggiori

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dimensioni era di 3,0 (2,0-3,6) cm.; il numero mediano [IQR] di lesioni era 2 (1-3); i pazienti al di fuori dei criteri di Milano erano 62 (30,5%); i pazienti al di fuori dei criteri UCSF erano 37 (18,2%).

Variabili

Età mediana (anni) [estremi] 57 (27-68)

Maschi 182 (89,6%) HCV 95 (46,7%) HBV 58 (28,6) Alcol 22 (10,8) HCV-HBV 10 (4,9%) HCV-alcol 6 (2,9%) HBV-alcol 2 (0,9%) HCV-HBV-alcol 1 (0,5%) Altro 9 (4,4%)

Tempo mediano di attesa in lista (medi) [IQR] 3,9 [2,0-6,9]

MELD ematochimico mediano [IQR] 8 [6-23]

Tabella 1: principali caratteristiche demografiche e cliniche della popolazione oggetto di

studio.

NOTE: HBV: virus dell’epatite B; HCV: virus dell’epatite C; IQR: scarto interquartile; MELD: model for end-stage liver disease score.

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Variabili

Diametro mediano della lesione maggiore [IQR] 3,0 [2,0-3,6]

Numero mediano di lesioni [IQR] 2 [1-3]

Milano-out 62 (30,5%)

UCSF-out 37 (18,2%)

Tabella 2: principali caratteristiche radiologiche della popolazione oggetto di studio.

NOTE: IQR: scarto interquartile; Milano-out: al di fuori dei criteri di Milano; criteri della UCSF:

University of California at San Francisco; UCSF-out: al di fuori dei criteri UCSF.

6.1. Risposta radiologica

La risposta radiologica secondo i criteri mRECIST è illustrata in Tab. 3. Una risposta completa è stata osservata in 74 (36,6%) pazienti; una risposta parziale in 80 (39,4%); una stabilità di malattia in 36 (17,7%), mentre una progressione neoplastica è stata osservata in 13 (6,4%). Variabili CR 74 (36,6%) PR 80 (39,4%) SD 36 (17,7%) PD 13 (6,4%)

Tabella 3: risposta al downstaging con TACE secondo i criteri mRECIST.

NOTE: CR: risposta completa; PR: risposta parziale; SD: malattia stabile; PD: progressione di malattia.

6.2. Caratteristiche istologiche

Le caratteristiche anatomo-patologiche delle lesioni neoplastiche sono illustrate in Tabella 4. Il diametro mediano (IQR) massimo della lesione di maggiori dimensioni è stato di 2,7 (1,5-4,0) cm; il numero mediano (IQR) di lesioni è stato 1 (1-3); il tasso

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mediano (IQR) di necrosi è stato di 90 (50-100); l’infiltrazione microvascolare era presente in 48 (23,6%) pazienti.

Variabili

Diametro mediano [IQR] massimo della lesione di maggiori dimensioni

2,7 [1,5-4,0]

Numero mediano [IQR] di lesioni 1 [1-3]

Tasso mediano [IQR] di necrosi 90 (50-100)

Invasione microvascolare 48 (23,6%)

Tabella 4: caratteristiche istologiche dell’epatocarcinoma.

6.3. AFP

I livelli sierici mediani (IQR) di AFP pre-TACE erano di 20,9 (6,1-51,0) ng/mL. I livelli sierici mediani (IQR) di AFP pre-trapianto erano di 13,4 (5,6-37,5) ng/mL.

6.4. Recidiva di HCC

La recidiva di HCC è stata osservata in 22 (11,3%) pazienti (Tab. 5). L’intervallo mediano (IQR) tra il trapianto e la recidiva è stato di 18 mesi [12-60]. La recidiva è stata epatica in 9 (40,9%) pazienti; epatica in 7 (31,8%) ed epatica ed extra-epatica in 6 (27,3%).

Recidiva HCC

Epatica 9 (40,9%)

Extra-epatica 7 (31,8%)

Epatica ed extra-epatica 6 (27,3%)

Intervallo mediano [IQR] tra trapianto e recidiva di HCC

48 (23,6%)

Tabella 5: recidiva di HCC nella popolazione di studio.

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L’analisi multivariata (regressione sec. Cox) ha messo in evidenza che le variabili indipendenti correlate con il rischio di recidiva erano lo stadio di malattia neoplastica al di fuori dei criteri di Milano (HR 3,7; p=0,006); l’assenza di risposta o una risposta parziale al downstaging (HR 3,1; p=0,08) e un livello di AFP >200 ng/mL post-TACE (HR 2,4; p=0,09) (Tab. 6). Il tasso di recidiva di HCC a 5 anni dal trapianto era di 0%, 5,0% e 22,6% per I pazienti senza fattori di rischio (=44), 1 (=107) o 2-3 fattori di rischio (n=52), rispettivamente (p<0.0001) (Fig. 1).

Variabili HR p

Milano-out 3,7 0,006

No risposta/risposta parziale 3,1 0,08

AFP>200 ng/mL post-TACE 2,4 0,09

Tabella 6: recidiva di HCC nella popolazione di studio.

NOTE: AFP: alfa-fetoproteina; TACE: chemio-embolizzazione intra-epatica trans-arteriosa.

Fig. 1: Incidenza della recidiva di HCC post-trapianto di fegato sulla base della

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Discussione e conclusioni

7. Discussione e conclusioni

a presente esperienza costituisce una delle maggiori casistiche di downstaging dell’HCC prima dell’OLT. Essa riflette un’esperienza pluriennale iniziata nel 1996 e l’acquisizione di differenti strategie di trattamento dell’HCC che si sono succedute nell’arco di un così lungo periodo di tempo (1996-2014). L’armamentario disponibile alla fine degli anni Novanta per la retrostadiazione dell’HCC era caratterizzato dalla TACE, cui si sono succedute le tecniche di ablazione percutanea. Al fine di mantenere una certa uniformità nella popolazione oggetto di studio, abbiamo ritenuto di selezionare solo pazienti sottoposti a TACE e di escludere da tale studio i pazienti che avevano realizzato il downstaging con tecniche di ablazione percutanea.

Per quanto ampiamente impiegato nella pratica clinica prima dell’OLT, il downstaging non è suffragato da prove di evidenza di elevato livello. Esperienze internazionali, tuttavia, confermano che pazienti sottoposti a retrostadiazione presentano tassi inferiori di drop out dalla lista d’attesa e minore incidenza di recidiva post-trapianto. Se ciò sia imputabile a una più rigorosa selezione dei pazienti o alla retrostadiazione in sé non è facile poter stabilire con certezza.

La nostra esperienza conferma evidenze della letteratura internazionale emerse negli ultimi anni. Il rischio di recidiva di HCC post-trapianto è dipendente dalle caratteristiche morfo-biologiche della neoplasia. Alcune di queste sono catturate dalla stadiazione di Milano, mentre altre fanno riferimento alla risposta biologica, rappresentata dai livelli sierici di AFP e dalla risposta radiologica. Questo implica che la definizione prognostica richiede l’inclusione di elementi clinici – statici (=criteri di

(38)

Milano) e dinamici (=risposta radiologica), nell’attesa di poter identificare criteri biomolecolari e genetici da introdurre nella pratica clinica.

Una questione di non secondaria importanza discende dai lavori, come il nostro, sull’identificazione dei fattori di rischio di recidiva di HCC dopo OLT: se l’allocazione delle risorse donative – di per sé finite – debba essere indirizzata ai pazienti con maggiore o minore rischio. La risposta a tale domanda, tuttavia, richiede la partecipazione dei professionisti sanitari, dei pazienti e dei portatori d’interesse, poiché investe questioni di ordine medico, sociale ed etico.

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