Università di Pisa
Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e
Agro-ambientali
Corso di Laurea Magistrale in
Produzioni Agroalimentari e Gestione dell’Agroecosistema
curriculum – Agricoltura biologica e multifunzionale
Elaborato finale:
“Studio sugli effetti sinergici tra compost e biochar nel miglioramento
della qualità del suolo”
Indice
1. L’importanza della fertilizzazione organica nei suoli agrari
51.1 Proprietà agronomiche della sostanza organica 7
2. L’ammendante compostato: il Compost
192.1 Scenario produttivo commerciale europeo e italiano 19 2.2 Fasi biologiche della produzione del compost 22 2.3 Come il compost influenza le proprietà del suolo e la crescita delle piante 24
3. L’Humus di lombrico o Vermicompost
363.1 Metodologia di produzione del vermicompost: il vermicompostaggio 36 3.2 Effetti del vermicompost su la crescita delle piante 49
4. Il biochar e il suo potere fertilizzante
55 4.1 Materie prime per la produzione di biochar 554.2 Metodologie di produzione del biochar 56
4.3 Caratteristiche del biochar 57
4.4 Effetti ammendanti del biochar nel suolo 66
4.5 Sinergismo tra biochar e compost 76
5. Parte sperimentale
795.1 Scopo della tesi 79
5.2 Materiali e metodi 79
5.3 Risultati e discussione 91
6. Conclusioni
110
L’importanza della fertilizzazione organica nei suoli agrari
Il contenuto in sostanza organica del suolo è uno dei migliori indicatori della fertilità del terreno in quanto è l’unica proprietà legata sia alle caratteristiche fisiche che a quelle chimiche e biologiche, nonché al flusso potenziale di elementi all’interfaccia suolo-radice. La sostanza organica va a includere tutte le componenti organiche, viventi e non viventi, presenti in qualsiasi forma nel suolo. Le componenti viventi possono essere ricondotte agli organismi che entrano a far parte della macro, meso e microfauna e flora del suolo e che vengono generalmente accomunati col termine “biomassa”. La componente non vivente della sostanza organica è composta da: sostanza organica di apporto fresca, ovvero non ancora decomposta; la sostanza organica in via di decomposizione e parzialmente decomposta, che comprende i prodotti semplici della decomposizione ed i residui recalcitranti della stessa, i quali appartengono tuttavia a classi ben definite di composti organici; e, infine, le sostanze umiche o humus, che comprendono i composti organici di resintesi/ricombinazione, e rappresentano il materiale organico di neoformazione tipico del sistema suolo. Sono proprio, in massima parte, le sostanze umiche a conferire tutta una serie di caratteristiche al suolo che lo rendono agronomicamente fertile.
L’humus può essere considerato come un materiale di colore scuro, variabile dal bruno al nero, costituito da composti derivati dal disfacimento dei residui organici che arrivano al suolo, senza la possibilità d’individuare l’organizzazione cellulare degli originari tessuti vegetali o animali. E’ un complesso di composti molto resistenti alla disgregazione biotica e, quando associato a costituenti minerali, può resistere nel suolo per centinaia di anni.
L’humus è caratterizzato, inoltre, da dimensioni colloidali, da un’elevata area superficiale specifica, da superfici cariche negativamente, ed è idoneo nell’adsorbire e scambiare ioni e molecole, ha un’attitudine alla chelazione di elementi in traccia, possiede una capacità di ritenzione idrica di quattro – cinque volte maggiore rispetto alle argille e possiede attività pseudo-ormonale con conseguente possibilità di stimolare molti processi fisiologici (nutrizione vegetale, proliferazione radicale, accrescimento).
Il processo di formazione dell’humus è caratterizzato da complicate e ancora non ben precisate azioni biotiche e abiotiche, da meccanismi di resintesi, di policondensazione o d’auto aggregazione, che attraverso tappe intermedie ancora oggi non completamente chiarite, genera macromolecole di neogenesi, di natura chimica molto complessa e non ben definita, in continua evoluzione dinamica.
Fig. 1.1 Schematizzazione delle fasi principali del processo di formazione delle sostanze umiche.
Le principali frazioni, diverse per solubilità al variare del grado di reazione del mezzo, sono:
L’umina, frazione delle sostanze umiche insolubile a pH sia alcalino sia acido,
particolamente resistente alla degradazione microbica e con peso molecolare tra 105 e 106
Dalton. Studi asseriscono che può favorire nel suolo la capacità di trattenere l’acqua, il miglioramento dell’organizzazione strutturale, il mantenimento della stabilità della struttura, l’incremento della capacità di scambio cationico, l’aumento della fertilità in genere;
Gli acidi umici, insieme di acidi organici caratterizzati da struttura prevalentemente
aromatica, composta da nuclei iso e eterociclici a 5 o 6 atomi di carbonio ai quali, con frequenza di distribuzione variabile, in funzione del tipo di suolo e di substrato organico originario, sono fissate catene alifatiche, proteiche e polipeptidiche. Sono acidi solubili a valori di pH elevato, flocculando in condizioni acide. Il peso molecolare va da 104 a 105 Dalton;
Gli acidi fulvici sono solubili in acqua sia in condizioni di alcalinità che acidità.
Rispetto agli acidi umici, questi acidi sono caratterizzati da minore aromaticità, più numerose ramificazioni alifatiche, definite da più rilevanti quantità di gruppi funzionali carbossilici (-COOH) e idrossilici (-OH), più elevata reattività chimica, una capacità di scambio cationico variabile da 520 a 1120 cmol ∙ kg-1, un contenuto elevato di ossigeno,
una inferiore dimensione delle molecole e un peso molecolare tra 103 e 104 Dalton.
La sostanza organica rappresenta una delle più importanti risorse naturali del suolo contribuendo in maniera determinante alla sua fertilità e alla sua protezione da numerosi fattori di degrado e contaminazione. In particolare, la cosiddetta “fertilità organica” del suolo è attribuita alle molteplici e complesse funzioni dirette e indirette di fertilità esercitate dalla sostanza organica tramite il controllo della maggior parte dei processi e degli equilibri fisici, chimici e biologici coesistenti nel sistema suolo, assicurandone così la sua conservazione e lo sviluppo bilanciato di piante e microrganismi.
1.1 Proprietà agronomiche della sostanza organica
Le proprietà agronomiche della sostanza organica possono essere raggruppate in cinque categorie:
Influenza sulle proprietà fisiche
Le proprietà fisiche del suolo sono molto diversificate ma, in massima parte, tutte accomunate alla struttura del suolo, intesa come rapporto e disposizione reciproca tra le fasi solide, liquida e gassosa. Una struttura ottimale può perciò essere definita come quella che mantiene tutte le fasi in rapporti reciproci opportuni, in funzione delle esigenze dell’apparato radicale dei vegetali.
In un suolo con un basso contenuto in sostanza organica, un’aumento anche solo dell’1% può portare ad una diminuzione della densità apparente superiore al 30% a causa dell’aumento della porosità promosso dalla strutturazione e dall’aumento dell’attività biologica. L’azione cementante è esercitata da tutti i componenti della sostanza organica del suolo in senso lato, inclusi gli organismi viventi.
I principali meccanismi di azione con cui la sostanza organica influenza le proprietà fisiche del suolo sono riportati nella tabella sottostante.
Meccanismo Azione Classi della sostanza organica maggiormente coinvolte
Proprietà
strutturali Fisico, di tipo diretto Avvolgimento di particelle e grumi Ife, colonie batteriche, radici Il meccanismo persiste dopo la morte
Apertura di pori e cavità Molti organismi, compresa la pedofauna
Il meccanismo persiste dopo la morte
Fisico, di tipo
indiretto Disidratazione circostante del suolo Generalizzato Alterazione dei rapporti tra
costituenti solidi e fase liquida Principalmente la sostanza organica umificata (per le proprietà idrofobiche) Chimico Stabilizzazione di pareti, legami
tra particelle, penetrazione tra particelle o strati dei fillosilicati
Sostanza organica più o meno umificata (interazioni organo-minerali) Altre proprietà fisiche Influenza combinata su colore e ritenzione idrica
Modifica della temperatura del
suolo Sostanza organica umificata e non umificata
I meccanismi di tipo diretto sono rapportabili ad azioni di tipo fisico meccanico ad opera dell’apparato radicale delle specie vegetali, della comunità microbica e della pedofauna presente. Mentre l’avvolgimento delle particelle o dei grumi di suolo avviene tipicamente da parte di ife fungine, di alcuni tipi di colonie batteriche e dall’apparato radicale dei vegetali, l’apertura di pori e di cavità appare ancor più generalizzato, sebbene ad esso contribuisca la maggior parte della pedofauna. Basti prendere, ad esempio, il contributo delle varie specie di lombrichi che, tramite la loro attività trofica, realizzano profonde, più o meno continue, gallerie anastomizzate lungo tutto il profilo del suolo. Un notevole contributo nella formazione dei macro-aggregati è dato dalle micorrize, a causa dell’enorme estensione delle ife che formano una fitta rete attorno agli aggregati più piccoli, inglobandoli assieme in unità di maggiori dimensioni.
Un secondo meccanismo di carattere fisico, però indiretto, è dovuto alla disidratazione dell’ambiente ad opera degli organismi viventi presenti, provocando contrazioni in molti minerali argillosi. In modo particolare, la sostanza organica non vivente, unico costituente idrofobo del suolo, che produce notevoli variazioni nei rapporti tra superfici e soluzione del suolo.
La stabilizzazione chimica della struttura avviene mediante i cementi di natura organica. Questa stabilizzazione può essere differenziata a più livelli d’azione: da quello macroscopico di stabilizzazione di un’intera superficie a quelli di tipo sub-molecolare, che possono interessare una porzione di molecola organica inserita tra due strati di fillosilicato.
La sostanza organica esercita infine un’influenza spesso assai marcata su alcune proprietà fisiche diverse da quelle strutturali. La sostanza organica umificata, per esempio, tende a conferire un colore scuro al suolo; quasi tutte le classi della sostanza organica incrementano nel contempo la ritenzione idrica. Il colore scuro aumenta l’assorbimento del calore derivante dall’irraggiamento solare; l’elevato calore specifico dell’acqua fa si che l’aumento di temperatura di un suolo umido sia più lento.
A causa della loro resistenza alla decomposizione, le sostanze umiche costituiscono degli agenti leganti molto stabili, prendendo parte direttamente alla formazione e alla stabilità dell’architettura della struttura. Indirettamente, intervengono nel processo di formazione degli aggregati o elementi strutturali, rappresentano una buona fonte d’energia per alcune entità biotiche che con i prodotti del loro metabolismo definiscono i processi biologici di aggregazione. Infatti, a titolo di esempio, le ife fungine rilasciano polisaccaridi e altri composti organici capaci di formare una rete gommosa che riesce a legare assieme particelle minerali o a cementare microaggregati; le micorrize producono una glicoproteina, denominata glomalina, che sembra agire come specifico agente cementante; alcuni batteri, durante la decomposizione dei residui vegetali, sintetizzano polisaccaridi e altre mucillaggini.
Altra capacità delle sostanze umiche è la capacità di incrementare la disponibilità di acqua nel suolo. Per l’elevata area superficiale e per le cariche elettriche che le contraddistinguono, le sostanze umiche si comportano come vere e proprie spugne, capaci di trattenere una quantità d’acqua pari a venti volte la propria massa.
Potere tampone
Le sostanze umiche hanno la capacità di opporsi alle variazioni di pH del suolo conseguente, in genere, all’aggiunta di acidi o basi.
La deprotonazione o la protonazione dei gruppi funzionali (R-OH) che caratterizzano le molecole delle diverse frazioni umiche definiscono prevalentemente i meccanismi dai quali dipende la capacità tampone della pedosfera.
Nel suolo, a valori di pH poco elevati, l’effetto dell’aggiunta di una base sarà neutralizzato dagli ioni H+ che si separano dai siti più acidi. Questi, in conseguenza della dissociazione,
saranno caricati negativamente [R-OH + OH- R-O- + H
2O] con conseguente aumento del
valore di capacità di scambio cationico.
Al contrario, per l’aggiunta di un acido gli stessi siti si protoneranno tamponando la diminuzione del grado di reazione dovuta all’aumentata concentrazione d’idrogenioni [R-OH + H+ R-OH
2+].
Le sostanze umiche possono inoltre tamponare le variazioni del pH del suolo rilasciando ioni Al3+ da complessi organici che li trattengono con diverso grado di forza. L’aumentata
presenza di una base provoca incremento del valore di pH del sistema e la conseguente liberazione di maggiore quantità di ioni Al3+.
Termoregolazione del suolo e limitazione della velocità di evaporazione dell’acqua
Le proprietà isolanti delle sostanze umiche riescono a mantenere uniforme, entro certi limiti, la temperatura del sulo, in particolare nel corso di improvvise e rapide modificazioni del clima.
Tenuto conto che l’humus trattiene notevoli quantità d’acqua e riduce, nello stesso tempo, le fluttuazioni termiche della pedosfera, negli strati più superficiali del suolo si creano condizioni per cui l’umidità presente ha minori possibilità di essere allontanata nell’atmosfera.
Funzioni nutrizionali
La sostanza organica contribuisce alla nutrizione delle piante in modo diretto e indiretto in quanto è riserva di elementi nutriviti e scorta di altri nutrienti a disposizione delle radici nonostante la loro forma non solubile.
Tutti gli elementi nutritivi presenti nella sostanza organica costituiscono una riserva potenzialmente assimilabile, soprattutto l’azoto, che potrebbe essere sufficiente a soddisfare le esigenze colturali per decine di anni.
Inoltre, la sostanza organica impedisce al ferro e a i metalli pesanti di precipitare chelandoli e complessandoli, riducendone la possibile fitotossicità e consentendone la permanenza in prossimità delle radici mantendoli biodisponibili, data la presenza di numerosi gruppi
funzionali che sono in grado di formare legami di coordinazione con questi elementi, come riportato nella tabella sottostante.
Difatti, la reazione di chelazione consente a leganti polidentati di occupare due o più posizioni nella sfera di un catione metallico con formazione di strutture ad anello più o meno stabili. Le sostanze umiche possono chelare alcuni cationi direttamente dalle superfici minerali, accellerando i processi di weathering. Maggiore è l’affinità del catione per gli acidi umici e fulvici, più facile è la sua rimozione dalla struttura cristallina.
Amminoacidi, acidi organici e altre sostanze chelanti presenti nelle secrezioni radicali possono strappare i metalli alla sostanza organica con relativa facilità, dato che le loro costanti di chelazione per i metalli sono di norma superiori a quelle della sostanza organica. Ne risulta la formazione di chelati solubili che sono facilmente assorbiti dalle radici come illustrato nell’immagine sottostante.
Fig. 1.2 Il meccanismo di assorbimento di un metallo chelato dalla sostanza organica (il ferro) da parte delle radici delle piante. Il ferro è instabile nella soluzione del suolo e tende a precipitare dando luogo a creazioni di Fe2O3 a meno che non venga impegnato in legami di chelazione (qui raffigurati da chele, o tenaglie) con la
sostanza organica. Le radici secernono sostanze chelanti (Che) in grado di asportare il ferro dalla sostanza organica e molto difficilmente dalle concrezioni; il terro chelato dalle sostanze contenute nelle secrezioni viene poi assorbito con facilità.
Un ulteriore meccanismo indiretto è quello di protezione dei fosfati, che formano con la sostanza organica legami tramite ponti di ferro e alluminio, come illustrato nell’immagine sottostante.
Fig. 1.3 Esempi di legami a ponte di ferro tra anioni fosforici e sostanza organica.
E’ stato visto che le secrezioni radicali prodotte da piante in condizioni di stress contengono elevate concentrazioni di sostanze chelanti. A queste sostanze si attribuisce la funzione di asportare dalla sostanza organica i metalli che fanno da ponte con i fostati, che passano pertanto in soluzione e divengono così assimilabili dalle radici.
La stabilizzazione della porosità dovuta ad una maggiore strutturazione del suolo causata dalla sostanza organica, mantiene elevata la superficie di contatto tra fasi solida e liquida, aumentando le possibilità di scambio degli elementi.
Un meccanismo particolare deriva dalla capacità di molte molecole organiche di penetrare negli spazi interstrato di buona parte dei fillosilicati. Il fenomeno è importante perché contrasta la segregazione di ioni utili per la nutrizione vegetale. Quando i fillosilicati interessati sono costituiti da idromiche (illiti), le molecole organiche riducono specificamente la fissazione degli ioni potassio e ammonio.
Inoltre non può essere non citato il contributo fondamentale della sostanza organica nell’incrementare la capacità di scambio cationico, che si traduce in un notevole aumento del potere di ritenzione del suolo nei confronti di tutti i cationi.
Funzioni derivanti dalle attività enzimatiche
Nel suolo si realizzano numerose attività enzimatiche rapportabili a quattro categorie principali: idrolasi, liasi, ossido-reduttasi e transferasi. Per comprendere la loro importanza agronomica per la fertilità del suolo, basti pensare al fatto che il più diffuso dei concimi azotati, l’urea, non potrebbe essere impiegato se il suolo non possedesse un’attività ureasica, cioè un’enzima capace di catalizzare l’idrolisi dell’urea in NH4+ e in CO2.
E’ comprovato da moltissimi studi la presenza di sostanze enzimatiche adsorbite dalla sostanza organica presente nel suolo. A titolo di esempio, l’esistenza della ureasi allo stato extracellulare si spiega con il fatto che i due composti vengono assorbiti con difficoltà dagli organismi viventi, mentre il prodotto azotato che deriva dalla loro idrolisi viene assorbito assai velocemente. Lo stesso discorso vale per una serie di altre sostanze, prime tra tutte quelle ad alto peso molecolare. Un esempio è costituito dagli acidi nucleici e da altre macromolecole fosforate, che non potrebbero essere assimilate se non fossero rapidamente idrolizzate dalla fosfatasi.
Gli enzimi presenti nel suolo possono essere distinti in funzione del fatto che esercitino la loro funzione all’interno o all’esterno delle cellule microbiche. Gli enzimi endocellulari sono quelli sintetizzati e contenuti all’interno della cellula; essi assolvono alle più svariate
funzioni metaboliche ma possono operare solo su substrati presenti nelle cellule stesse. Gli esoenzimi, invece, vengono sintetizzati per operare al di fuori della struttura cellulare, con la funzione di modificare substrati che non possono passare attraverso la plasmalemma perché ad elevato peso molecolare. Per questo si tratta, in genere, di idrolasi di vario tipo (cellulasi, proteasi, ecc..) che hanno funzione di ridurre le macromolecole in frammenti piccoli e solubili, utilizzabili direttamente dalle cellule (es. ioni PO42-) o che possono passare
attraverso le membrane per essere ulteriormente trasformati (cellobiosio, glucosio).
Il suolo accumula le attività enzimatiche sia degli eso- che degli endo-enzimi attraverso processi di stabilizzazione che li rendono maggiormente resistenti all’azione delle proteasi nonché alla denaturazione da agenti fisici (temperatura). Gli enzimi stabilizzati, chiamati anche “enzimi accumulati” corrispondono a quelle attività enzimatiche misurabili nel suolo che non sono associate alla proliferazione di microrganismi. La stabilizzazione avviene soprattutto attraverso l’interazione con le argille e le sostanze umiche. L’interazione con le argille avviene principalmente attraverso l’attrazione elettrostatica tra cariche opposte e la formazione di ponti a idrogeno, ma anche con la formazione di legami covalenti. Nella formazione di quest’ultimi legami sono coinvolti i gruppi funzionali terminali degli enzimi (amminici, carbossilici, solfidrilici, fenolici) che non fanno parte dei siti attivi e che non sono essenziali per il mantenimento della struttura terziaria dell’organizzazione molecolare proteica. L’interazione con le sostanze umiche oltre ad essere basata sull’interazione elettrostatica, sulla formazione di ponti a idrogeno e di legami basati su interazioni di tipo Van Der Waals, viene anche stabilizzata da interazione con gruppi idrofobici presenti sulle molecole umiche.
La stabilizzazione degli enzimi sarebbe quindi dovuta ad una stabilizzazione della struttura proteica operata dalla formazione dei legami di interazione. Nel caso della resistenza dimostrata nei confronti delle proteasi, sarebbe probabilmente dovuta da una parte all’immobilizzazione dell’enzima che non è più nella soluzione ma adsorbito dalla componente argillosa, dall’altra al fatto che l’enzima risulterebbe ricoperto da una “maglia” di sostanze umiche che permetterebbero al substrato di diffondere fino al sito attivo, ma impedirebbero ad una macromolecola come la proteasi di avvicinarsi all’enzima ed idrolizzarlo.
I processi di stabilizzazione rendono gli enzimi meno soggetti alla degradazione microbica e l’attività dell’enzima risulta ridotta o completamente annullata. Tuttavia, la temporanea variazione del pH del suolo può indebolire i legami covalenti con conseguente messa in libertà degli enzimi. Quando, però, alcuni componenti del materiale umico reagiscono con
gli enzimi questi vengono completamente immobilizzati. Per esempio, è stato accertato che i complessi degli enzimi con i fenoli si possono legare alle particelle argillose con ulteriore diminuzione dell’attività catalitica.
I processi di stabilizzazione degli enzimi riescono a limitare l’attività di potenziali patogeni vegetali. Infatti, immobilizzate dal materiale umico, le entità enzimatiche capaci di annullare le difese della pianta non sono più in grado di favorire lo sviluppo di possibili infezioni radicali.
L’andamento dell’attività enzimatica diminuisce all’aumentare della profondità seguendo l’andamento della sostanza organica e comunque, la maggior parte delle attività enzimatiche del suolo sono correlate con il contenuto di carbonio organico, di argilla, di azoto e di biomassa microbica.
Influenza delle sostanze umiche sulla crescita e lo sviluppo delle piante
L’energia messa a disposizione delle entità biotiche, l’influenza sulla disponibilità idrica, la capacità di favorire l’aggregazione di particelle terrose, il ruolo svolto per il rilascio di nutrienti da strutture minerali e per l’aumento della disponibilità dei micronutrienti sono i fattori che, direttamente, accrescono la fertilità del suolo e influenzano, indirettamente, la crescita e lo sviluppo delle piante.
Sbilanciamenti nutrizionali causati da apporti eccessivi di fertilizzanti, in particolare quelli riguardanti N e P, in terreni poveri di sostanza organica possono provocare una maggiore suscettibilità ad alcune malattie e favorire l’attacco da parte di patogeni e parassiti. Queste disfunzioni sarebbero evitate, in agricoltura biologica, o tamponate dal più completo contributo nutrizionale della sostanza organica prevista nei terreni condotti con questa tipologia di conduzione.
Ad esempio, la concentrazione di amminoacidi liberi nei tessuti vegetali aumenta in presenza di rapporti N:K o N:P troppo elevati e carenza di zolfo e di ferro. Infatti, mentre l’azoto è utilizzato nella sintesi degli amminoacidi e di altre molecole semplici, per la successiva sintesi delle proteine sono necessari lo zolfo e, in particolare, il potassio che è anche necessario nell’attivazione dell’enzima responsabile della sintesi dell’amido. Di conseguenza, lo sbilanciamento nutrizionale tra N e K provoca l’accumulo di amminoacidi, ammidi, zuccheri semplici e nitrati nei tessuti. Questo accumulo rende le piante più suscettibili all’attacco di fitofagi, stimolandone la velocità di sviluppo e l’ovideposizione in
ambiente e riducendo contemporaneamente l’efficacia di alcuni composti prodotti dalle piante per l’autodifesa, tipo gli inibitori di proteasi.
La presenza e buona disponibilità di sostanza organica per i microrganismi del suolo e per tutti i componenti della complessa catena alimentare della pedofauna contribuisce a limitare gli sbilancimenti nutritivi, esercitando un’azione tampone sugli effetti negativi citati.
Le molecole umiche di peso molecolare non elevato possono influire sul metabolismo vegetale entrando nelle cellule radicali ed esplicando attività ormonali.
Alcune sostante in grado di stimolare l’accrescimento delle piante (auxine, gibberelline, citochinine, etilene, acido abscissico e siderofori) sono tra le sostanze prodotte dai microrganismi del suolo, date dalla disgregazione delle macromolecole umiche, e sono capaci di indurre molte modificazioni nell’attività biochimica delle membrane e dei diversi componenti citoplasmatici delle cellule vegetali. Difatti, la disgregazione della struttura supramolecolare che caratterizza le sostanze umiche rende disponibili nella rizosfera piccole molecole caratterizzate da attività di tipo ormonale capaci di stimolare lo sviluppo vegetale. Questa azione fisiologica positiva può andarsi a esplicare in varie tipi di sviluppo vegetale, andando così a essere distinta in cinque gruppi principali come riportato in tabella.
Processo Possibile livello di azione
Nutrizione vegetale Influenza specifica su attività enzimatiche deputate all’assorbimento radicale (permeasi)
Proliferazione delle
radici Influenza sulla divisione cellulare (a livello di duplicazione ?) Accrescimento Influenza prevalente sulla distensione (a livello di trascrizione,
traduzione e biosintesi proteica?)
Senescenza Il processo fisiologico potrebbe essere ostacolato da uno stimolo della biosintesi proteica
Aspecifico Stimolo o inibizione della respirazione, della fotosintesi, ecc…
Il primo gruppo può essere riferito all’influenza su enzimi, come la permeasi, specificamente deputati all’assorbimento degli elementi nutritivi. Interessanti dati in tal senso, per esempio, sono stati riportati per le permeasi dei solfati. E’ stato visto che frazioni umiche di bassa dimensione molecolare, definibili come biostimolanti naturali, modificano l’architettura delle radici, possono penetrare agevolmente e attivare molti parametri del metabolismo vegetale.
L’incremento dell ‘assorbimento dei macronutrienti più significativi costituisce uno degli aspetti più significativi dell’azione delle sostanze umiche sulla crescita delle piante. L’azione delle frazioni bioattive sull’assorbimento di ioni nitrato, solfato e fostato appare essere selettiva e quantitativamente legata alla concentrazione delle sostanze umiche al pH del mezzo.
Chen e Aviad, 1990, riportano una serie di effetti diretti delle sotanze umiche sulla crescita delle piante, sintetizzate nella tabella sottostante:
Effetto sulla crescita delle piante Sostanza umica Concentrazione (mg ∙ L-1)
Aumento dell’assorbimento dell’acqua e incremento
della germinabilità dei semi Acido umico 1 – 100
Stimolazione della radicazione e dell’accrescimento delle radici
Acidi umici e
fulvici 50 – 300
Maggiore allungamento delle cellule radicali Acido umico 5 – 25 Maggiore crescita degli steli e delle radici delle piante Acidi umici e fulvici 50 – 300
Un secondo gruppo comprende le attività che si traducono in uno stimolo della divisione cellulare. Il livello d’azione delle sostanze umiche viene attribuito generalmente alla duplicazione del DNA e sembra plausibile introdurre in questo gruppo alcuni dati relativi alla proliferazione delle radici.
Quando il livello di azione viene attribuito all’influenza delle sostanze umiche su trascrizione, traduzione e biosintesi proteica, l’attività può essere inquadrata in un terzo gruppo riguardante la crescita dei tessuti essenzialmente per distensione cellulare.
Alle sostanze umiche è stata attribuita anche un’azione di ritardo delle manifestazioni della senescenza, che potrebbe dipendere da uno stimolo della biosintesi proteica, e numerose altre azioni che appaiono però del tutto aspecifiche.
Degradazione e inattivazione di sostanze tossiche
Le sostanze umiche possono favorire la degradazione o l’inattivazione di composti caratterizzati da elevata tossicità, quali la nicotina, le aflatossine, gli antibiotici e la gran parte dei pesticidi organici.
La presenza sulle ampie superfici specifiche delle sostanze umiche di numerosi gruppi funzionali (-OH, -NH2, -NHR, -CONH2, -COOH e -+NR3) favorisce l’immobilizzazione e la
conseguente riduzione dell’efficacia di molti pesticidi. Legami a idrogeno o protonazione (aggiunta do uno H+ ad un gruppo amminico –NH2) contribuiscono ad incrementare
L’ammendante compostato: il Compost
Il processo di compostaggio è la decomposizione e stabilizzazione biologica della sostanza organica derivata da piante, animali o da attività antropiche attraverso l’azione di diverse specie di microrganismi in condizioni aerobiche. Il prodotto finale di questo processo biologico è una sostanza simile all’humus, caratterizzata da una struttura molto stabile, senza microrganismi potenzialmente patogeni e di semi di piante infestanti, che può essere applicata al suolo come ammendante. Sebbene ci siano studi che accertano che la pratica del compostaggio fosse già conosciuta all’epoca dell’antico Egitto e all’interno delle popolazioni pre-Colombiane, la ricerca scientifica si è interessata a questo materiale solo negli ultimi quarant’anni.
Nel tempo sono stati sviluppati molteplici sistemi e metodi di compostaggio passando dalla progettazione di piccole compostiere domestiche ad uso hobbistico che producono minimi quantitativi di compost, alle compostiere di media entità, gestite da agricoltori, per il loro fabbisogno lavorativo, fino ai reattori in larga scala (spesso utilizzati per lo smaltimento della frazione organica del residuo solido urbano – F.O.R.S.U.) che vengono progettati e strutturati per i produttori di compost in ambito professionale. Al di la delle differenti tecnologie di compostaggio, i suoi aspetti a livello fisico, chimico e biologico rimangono gli stessi. Questo concerne, ad esempio, il fatto di poter usufruire di differenti matrici organiche di partenza, in funzione della loro composizione fisico-chimica, capacità di degradazione, umidità relativa e altre caratteristiche intrinseche della matrice, a prescindere dalla tecnica di compostaggio utilizzata (Haug, 1993; Bidlingmaier et al., 2000).
2.1 Scenario produttivo commerciale Europeo e Italiano
La produzione di compost a livello europeo ha subito negli ultimi anni un costante incremento, grazie soprattutto all’estendersi della separazione dello scarto organico come priorità operativa nei sistemi integrati di gestione dei rifiuti organici. Il caso più eclatante è costituito dalla Germania che, a partire dalla metà degli anni ’80, ha esteso la separazione alla fonte del “rifiuto biologico”. Ciò ha fatto si che divenisse il paese in Europa con il maggior numero di impianti, un mercato consolidato a una certificazione di prodotto che stà
spingendo tutti gli operatori ad adeguarsi ai criteri di qualità imposti sia al processo che al prodotto.
A livello europeo si stima una produzione annua di compost (in Italia “Ammendante Compostato” così come definito dall’All.
2 del D.Lgs. n. 217/06, nell’UE “Quality Compost”) di circa 10,2 milioni di tonnellate, pari approssimativamente a 20 milioni di m3. Nei 27 paesi dell’UE il 90%
del compost prodotto proviene da soli 7 paesi (vedi immagine a fianco). Come si vede nella tabella sottostante, la destinazione prevalente del compost rimane il settore agricolo, che prevede l’impiego di compost come ammendante
al fine di reintegrare il contenuto in sostanza organica del suolo.
Settore Quote di mercato %
Agricoltura 45 – 78 Orticoltura 3 – 15 Paesaggistica 6 – 20 Terricci/substrati 10 – 15 Recupero ambientale 2 – 10 Giardinaggio hobbistico 12 – 20 Export 6 – 7
La produzione annuale di compost in Italia (stima riferita al 2006) è di ca. 1.200.000 t anno-1;
tali quantitativi sono interamente collocati sul mercato dei fertilizzanti in modo diversificato. Vediamo lo sbocco in alcuni settori e gli aspetti che caratterizzano la commercializzazione:
- il florovivaismo, ovvero la cessione di compost sfuso all’industria dei fertilizzanti che confeziona (in miscela con torbe e altro) e vende all’utenza hobbistica presso la GDO e la GDS. E’ da sempre considerato il settore più interessante sia per i prezzi conseguiti che per la necessità di prodotti nazionali alternativi alle torbe. Al giorno d’oggi, a
livello nazionale si assiste ad una sostanziale contrazione della qualità relativa di compost che è destinato a questo settore analogamente a quanto succede a livello europeo. Il compost destinato alla produzione di substrati per il florovivaismo è pari al 25% del quantitativo totale prodotto ed è ben superiore alla media europea che si attesta attorno al 15%. In termini assoluti ciò si traduce in un volume di compost, destinato alla produzione di terricci per l’hobbistica e ad altri fertilizzanti organici a ca. 300.000 t anno-1;
- La vendita la minuto presso l’impianto, interessa quantitativi non rilevanti di compost consegnato sfuso (in purezza o in miscela) all’hobbista o al giardiniere che si avvale di un approvigionamento di ammendante in vicinanza ai siti d’impiego;
- Lo sbocco commerciale prevalente, che sta assumendo una importanza sempre crescente è rappresetato dal conferimento del compost presso aziende agricole per impiego come ammendante al fine di ripristinare la fertilità del suolo agrario.
L’ammendante compostato risulta essere costituito per il 79%, pari a 920.000 t, da Ammendante Compostato Misto (ACM) e per il 21% da Ammendante Compostato Verde (ACV); considerando che gli scarti organici trattati sono dell’ordine di 3,2 milioni di t anno-1,
la resa media al compostaggio risulta essere pari al 37%.
La tendenza del singolo fabbricante di fertilizzanti è quella di diversificare l’offerta ovvero di proporre materiali con caratteristiche diverse per i vari ambiti d’impiego; l’evoluzione delle conoscenze sul prodotto e la risposta degli utilizzatori finali sembrano evidenziare una tendenza verso una diversificazione della domanda nei confronti del compost.
Se il compost da scarti verdi è accettato e impiegato come miglioratore del suolo e come componente dei substrati per il florovivaismo hobbistico, il compost da scarti alimentari e agroindustriali mostra impieghi più diversificati:
- da una parte esistono produttori di compost da scarti alimentari che, al fine di minimizzare i costi di trattamento e gli investimenti di marketing, adottano la tecnica di produzione di compost per destinazioni estensive a prezzi molto bassi (0 – 10 € t -1);
- dall’altra alcune aziende produttrici di compost da scarti alimentari avviano programmi di valorizzazione agronomica intervenendo sia in fase produttiva che di promozione al fine di proporre un prodotto specifico interessante per diversi settori agricoli (10 – 50 € t-1).
Questo trend è comune a tutti i paesi europei, Italia compresa, dove il compost ha assunto lo status di mezzo tecnico per l’agricoltura e dove i quantitativi prodotti sono sempre crescenti. E’ interessante notare che in 15 anni la produzione di compost è passata da 100.000 t ∙ anno-1
alle attuali 1,2 milioni t ∙ anno-1. Tale repentino incremento ha determinato la necessità di
approfondire le caratteristiche tecniche di questo nuovo mezzo produttivo al fine di caratterizzare meglio una serie di prodotti compostati, le cui proprietà e contenuti sono dipendenti dalla matrice trattata negli impianti, dalla tecnologia adottata e dalla tecnica con la quale si gestiscono le varie fasi del processo.
2.2 Fasi biologiche della produzione del compost
Il processo di compostaggio attraversa quattro fasi di processo in funzione della temperatura che si viene ad instaurare nel cumulo di sostanza organica e della stabilità microbica di quest’ultima. Le fasi, in ordine di sviluppo, sono: mesofila, termofila, fredda e di maturazione del compost (vedi figura 2.1). La durata di ogni fase dipende da tutta una serie di caratteristiche iniziali della matrice organica che possono essere individuate principalmente nella composizione chimica, nel contenuto in acqua, nella presenza di ossigeno e nella composizione delle popolazioni microbiche (Neklyudov et al., 2006; Smith e Collins, 2007),
Fig. 2.1 Fasi durante il processo di compostaggio in funzione del tempo, dell’apparizione e successione delle specie microbiche del compost e della temperatura (Fischer e Glaser, 2012 )
Durante la fase mesofila, i substrati ricchi in C più facilmente degradabili sono rapidamente metabolizzati da parte di molte tipologie di microrganismi: batteri, attinobatteri e funghi. Le specie di questi gruppi preferiscono temperature moderate che vanno dai 15 ai 40°C. Nel mentre le popolazioni microbiche incrementano la loro biomassa, si ha un incremento della temperatura causata dal loro metabolismo. Andando a rimescolare la massa organica si ha un’areazione della stessa con un decremento temporaneo della temperatura, originando così un ulteriore (e maggiormente rapida) decomposizione di sostanza organica non ancora intaccata dai microrganismi. Logicamente, nel momento in cui si ha la degradazione di questa “nuova” sostanza organica da degradare, si avrà nuovamente l’incremento della temperatura del cumulo.
Durante la fase termofila, le temperatura raggiunge e supera i 40°C andando così a favorire principalmente attinobatteri e batteri termofili (in particolar modo del genere Bacillus). In questa fase si ha una forte azione della comunità fungina del cumulo, difatti è la fase in cui si ha il maggiore tasso di degradazione delle pareti cellulari vegetali e della lignina con la graduale eliminazione dei substrati carboniosi più difficili da degradare e con la formazione di molecole ad alto peso molecolare (sostanze umiche) dovute a processi di condensazione e successiva polimerizzazione.
Quando i substrati carboniosi più labili alla degradazione incominciano a diminuire, si ha una graduale diminuzione della temperatura andando così verso la fase fredda. In questa fase gli attinobatteri hanno un’elevata importanza nella degradazione della sostanza organica del cumulo, perché perseguono il processo di formazione delle sostanze umiche e la produzione di ulteriori sostanze microbiche (Smith e Collins, 2007).
La fase finale di maturazione del compost è caratterizzata dal mantenimento di una bassa temperatura (25°C circa) e da una bassa areazione del cumulo. Durante questa fase prosegue la degradazione dei substrati carboniosi più stabili e si incominciano a riscontrare organismi appartenenti alla meso e macrofauna. Gli organismi di questa fase hanno una influenza molto positiva sulla maturazione del compost come sulla soppressione di microrganismi patogeni per le piante (e per l’uomo) e la metabolizzazione di composti fitotossici (Gottschall, 1984; Haug, 1993). E’ proprio in questa fase che si ha l’incremento della qualità del compost. Comparandolo alla matrice organica di base, il compost finale detiene generalmente un basso rapporto C/N (15 – 20) e elevati valori del pH (Smith e Collins, 2007). Può contenere considerevoli quantitativi di elementi disponibili per la nutrizione delle piante come i nitrati. Inoltre si ha una forte riduzione di maleodori dovuti alla scomparsa di certe molecole organiche (Haug, 1993). La caratteristica più importante è la natura della sostanza organica
che lo compone, cioè molecole di elevato peso molecolare, molto stabili, appartenenti alla famiglia delle sostanze umiche (Smith e Collins, 2007).
2.3 Come il compost influenza le proprietà del suolo e la crescita delle
piante
Numerose pubblicazioni evidenziano i benefici multipli delle applicazioni del compost al suolo. Gli effetti spaziano su tutti i parametri di fertilità del suolo, dalla stabilizzazione della struttura di questo all’effetto fitosanitario del compost sulle piante. La matrice organica di partenza, il grado di maturazione e la qualità del compost possono influenzare fortemente e migliorare le proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo. La sua applicazione al suolo va a influenzare parametri sia nel breve termine (ad esempio, l’incremento della biomassa microbica) che nel lungo termine come l’incremento e la preservazione della frazione stabile del pool di sostanza organica del suolo (Amlinger et al., 2007).
La sostanza organica è di essenziale importanza per mantenere inalterata la qualità del suolo e per incrementare le condizioni fisiche, chimiche e biologiche del sistema. Mentre la frazione stabile della sostanza organica del suolo è caratterizzata da composti difficilmente degradabili, il che le permette di apportare una serie di benefici riscontrabile nel lungo periodo sul miglioramento e conservazione del suolo, la frazione labile della sostanza organica provvede nel mettere a disposizione substrati facilmente accessibili per gli organismi del suolo e nutrienti per la crescita delle piante (Termorshuizen et al., 2005). La fauna del suolo, in modo particolare i lombrichi (Lumbricidae) influenzano positivamente una serie ampia di proprietà fisico-chimiche del suolo. Questi effetti positivi sono causati specialmente dalla loro attività trofica, dalla loro etologia, dal bioturbamento e dalla produzione di deiezioni composte da complessi organo-minerali. Ciò è di fondamentale importanza per la formazione della frazione stabile del pool di sostanza organica presente nel suolo.
Sebbene sia molto importante mantenere elevati livelli del contenuto in sostanza organica nel suolo, nell’ultimo secolo si è avuto una forte riduzione di questa componete in tutto il pianeta. A quanto pare ciò può essere rapportato anche all’attività agricola intensiva che si è andata sviluppando dalla fine del secondo conflitto mondiale (se non prima) ad oggi (Lal, 2009). Questa riduzione è dovuta a molteplici ragioni che però possono essere riportabili a due elementi essenziali: l’intensivizzazione dei sistemi colturali legati a lavorazioni del suolo
più impattanti e profonde e all’incremento della produzione e utilizzo dei concimi minerali. Ciò ha portato ad un decremento delle applicazioni di sostanza organica al suolo (riduzione delle letamazioni, disaccoppiamento produzione vegetale e animale con specializzazione delle imprese agricole), ovvero l’elemento principale per mantenimento di livelli accettabili di questa (Termorshuizen et al., 2005).
Per mantenere la produttività agricola dei suoli, nel lungo tempo, è essenziale che la sostanza organica del suolo sia mantenuta con continui apporti di residui organici e ammendanti. I tassi di riproduzione della sostanza organica al suolo (tasso di umificazione), in ordine crescente, sono riportati nella tabella sottostante. I molteplici fattori che consentono l’incremento della frazione stabile della sostanza organica nel suolo (oltre al tasso di umificazione) sono anche la quantità e il tipo di sostanza organica apportata e le proprietà fisico chimiche biologiche del suolo stesso come il tipo di suolo e il suo contenuto in materiali argillosi. Un compost maturo incrementa la sostanza organica del suolo in quantitativi più elevati rispetto a un compost fresco a causa del suo elevato livello di C stabile (Bundesgütegemeinschaft Kompost e. V. [BGK] & Bundesforschungsanstalt für Landwirtschaft [FAL], 2006). Vi sono poche prove sperimentali che indicano differenze sostanziali nell’incremento di sostanza organica derivante da diverse fonti di C con parametri chimici simili (letame e compost), ma è stato visto che con i materiali compostati si ha un leggero incremento nelle sostanze umiche presenti (Amlinger et al., 2007).
Tipologia ammendanti S.O. (%) C organico (%) (%) K.i. TOC (Mg ∙ haIncremento in -1)
Letame fresco, residui vegetali 90 5 15 0.4
Fanghi di depurazione, paglie e liquami 75 44 20-30 0.5 Compost fresco, letame maturo,
digestato solido 50 50 35-45 1.0
Compost maturo 36 50 >50 1.3
Parametri riguardanti la sostanza organica (S.O.) di diversi ammendanti organici quando vengono applicati al suolo in quantitativi pari a 10Mg ha-1 anno-1 ([BGK] & [FAL], 2006) Coefficiente isoumico (K.i.); Carbonio
organico totale (TOC)
Influenza sulle proprietà fisiche
Riduzione della densità apparente: il compost va a influenzare la struttura del suolo in diversi modi attraverso il decremento della densità apparente attraverso l’apporto e la miscelazione di sostanza organica, caratterizzata da bassa densità, con la frazione minerale
del suolo. Questo effetto positivo è stato dimostrato in molti casi ed è tipicamente associato con un incremento della porosità dovuta alle interazioni tra le frazioni organiche e inorganiche (Amlinger er al., 2007).
Incremento della stabilità degli aggregati: in generale, la struttura del suolo è definita dalla dimensione e dalla distribuzione spaziale delle particelle, degli aggregati e dai pori nel suolo. Il volume delle particelle solide e dei pori vanno a influenzare il contenuto in aria e la capacità di penetrazione dell’apparato radicale nel suolo. Nella maggior parte dei casi la struttura dei suoli è compatta, spesso sfavorevole per la crescita delle piante. Tramite l’incorporazione del compost nel suolo, la stabilità degli aggregati aumenta (in particolar modo in suoli a tessitura predominante argillosa e sabbiosa). Possono esserci effetti positivi in questo senso con l’apporto di compost maturo sia per quanto riguarda la presenza di sostanze umiche (che promuovono la generazione di microaggregati tramite le loro capacità colloidali), sia per la presenza di molecole organiche con basso peso molecolare (che promuovono, invece, la generazione di macroaggregati). I macroaggregati sono principalmente stabilizzati da parte delle ife fungine, dei peli radicali, da radici di piccole dimensioni e da microrganismi in quanto possiedono un’elevata porzione di C facilmente degradabili come polisaccaridi (Amlinger et al., 2007). Di conseguenza, l’importanza di composti organici difficilmente degradabili per la stabilizzazione dei microaggregati incrementa col tempo dei periodi di trasformazione della sostanza organica nell’ordine di pochi a diverse migliaia di anni (Kong et al., 2005; Lützow et al., 2008; Marschner & Flessa, 2006). In questo senso, le strutture aromatiche dei composti organici sembrano avere un ruolo importante nella stabilizzazione dei microaggregati dell’ordine di dimensione pari a 2 – 20 μm ma anche tra i 20 – 250 μm grazie ai ponti costruiti dai cationi polivalenti con i minerali argillosi (Tisdall e Oades, 1982). Bisogna anche considerare che i minerali argillosi, il capillizio radicale, la rete di ife fungine come le sostanze gelatinose colloidali ricche in polisaccaridi generate dall’apparato radicale e da diverse specie di microrganismi, contribuiscono significativamente nella formazione di microaggregati.
Inoltre, la capacità aggregante e la porosità del suolo sono associate nell’incrementare l’area di superficie specifica “attiva”. Ciò, insieme alle più elevate interazioni che possono verificarsi con i microrganismi del suolo e alle altre caratteristiche biologiche di questo, sono requisiti essenziali per un’ottima formazione della struttura del suolo (Amlinger et al., 2007).
Incremento della porosità e della conduttività idrica: La conduttività idrica è il tasso di percolazione nel suolo per unità di tempo e superficie. Essa dipende dalla tensione superficiale del contenuto in acqua e dal numero, dimensione e forma dei pori del suolo (distribuzione della dimensione dei pori). La sostanza organica apportata dal compost va a incrementare la conduttività dell’acqua nel suolo (Carter et al., 2004) attraverso l’attività trofica degli macrooganismi che, attratti dalla composizione di questa, scavano nel suolo contribuendo nella formazione dei macropori e tramite la strutturazione del suolo. Un incremento della conduttività idrica è fortemente importante per certe tipologie di terreno, specialmente se a tessitura prevalentemente argillosa.
Incremento della capacità di campo, della microporosità e incremento della ritenzione idrica: La capacità di campo è definita come il quantitativo di acqua che un suolo saturo può ritenere resistendo alla forza di gravità dopo 2 – 3 giorni. Essa è principalmente influenzata dal volume e dalla distribuzione della dimensione dei pori perché solo i pori che possiedono un diametro al di sotto dei 50 μm possono ritenere l’acqua e contrastare l’effetto della gravità tramite la loro capacità capillare. Tuttavia, le forze adesive dei pori con un diametro al di sotto degli 0.2 μm sono così elevate che l’acqua non è disponibile per le piante. La capacità di campo e la capacità di ritenzione idrica sono generalmente influenzate dalle dimensione delle particelle e dalla struttura e dal contenuto di sostanza organica. Diversi studi confermano un significativo, positivo impatto degli ammendanti sulla capacità di campo dei suoli (Evanylo et al. 2008; Tejada et al, 2006; Carter et al., 2004). Fra l’altro uno dei fenomeni che influenzano maggiormente la formazione della microporosità è dato dalla componente biotica della sostanza organica come, ad esempio, le gallerie generate dall’attività di piccoli animali o dalle radici delle piante. Questo è importante per i suoli con basse porzione di mesopori. In questo senso, il compost va a incrementare la porzione di meso e macropori perché si ha un incremento dell’aggregazione e stabilizzazione del suolo dovuto all’incremento degli organismi dello stesso (Liu et al., 2007). In più, la sostanza organica è capace di incrementare da 3 a 20 volte la ritenzione di acqua in comparazione al suo peso. Considerando questi effetti, un incremento del carbonio organico totale (TOC) dallo 0.05 al 3% risulta in una duplicazione in capacità di ritenzione idrica (Hudson, 1994).
Incremento dell’aereazione del suolo: la porzione di aria nel suolo risulta dalla differenza tra il volume totale dei pori e i pori occupati dall’acqua. (Amlinger et al., 2007). La permeabilità e lo scambio di aria nel suolo è soprattutto dipendente dai pori con diametro > 50 μm.
Mentre i suoli sabbiosi sono caratterizzati da un’elevata porzione di macropori risultando, quindi, fortemente arieggiati, i suoli argillosi o fortemente compatti hanno pochi macropori, il che va a creare degli scompensi nella disponibilità in ossigeno. La sostanza organica applicata tramite il compost possiede un significativo effetto migliorante sulla struttura del suolo e sulla sua stabilizzazione, stimolando la formazione della macroporosità, specialmente da parte di radici e gallerie animali.
Riduzione dell’erosione del suolo e del ruscellamento superficiale dell’acqua: La riduzione dell’erosione è dovuta principalmente al fatto che si ha un incremento della struttura del suolo dovuta all’azione del compost il quale va ad incrementare il tasso di infiltrazione dell’acqua, il volume dei pori ed incrementa la stabilità tramite l’aggregazione delle particelle di suolo (Diacono e Montemurro, 2010). E’ stato dimostrato che vi sono delle chiare correlazioni tra l’incremento della sostanza organica del suolo e la riduzione della densità apparente, la perdita di suolo e il ruscellamento superficiale (Amlinger et al.,2007). L’effetto del compost sul decremento dell’erosione del suolo è stato quantificato in dettaglio da Strauss (2003). Con applicazioni di compost al suolo per la durata di cinque anni si è avuto una diminuzione dell’erosione pari al 67%, del ruscellamento superficiale pari al 60%, l’8% in meno nel parametro della densità apparente e un 21% in più di contenuto in sostanza organica in comparazione col controllo. Risultati simili sono stati osservati in Hartmann (2003) in un esperimento condotto nella galleria del vento in cui ha testato la resilienza delle applicazioni di compost dopo che i terreni ammendati (due tipologie) erano stati oggetto dell’azione erosiva del vento: tramite l’incorporazione del compost, la perdità di particelle di suolo superficiali è stata ridotta fino a un massimo del 61% per un podzol e del 71% per un luvisol.
Incremento della temperatura del suolo: la temperatura del suolo va a influenzare i tassi di reazione dei processi di crescita chimici, metabolici e biologici degli organismi. Mentre le fluttuazioni di temperatura dipendono principalmente dall’andamento climatico, l’adsorbimento energetico proveniente dalla radiazione può essere influenzato dal colore del corpo irradiato. I composti che possiedo colorazioni scure adsorbono fortemente la radiazione e risultano, così, poveri in albedo (tasso di riflessione della radiazione luminosa da una fonte di radiazione luminosa). Così, suoli con elevati livelli di adsorbimento della radiazione luminosa (quindi scuri) si scaldano più velocemente rispetto a terreni con colori più chiari (Stöppler-Zimmer et al., 1993). La sostanza organica presenta tipiche colorazioni
scure e, quindi, il compost può incrementare la temperatura del suolo. Questa caratteristica può andare ad incrementare la germinazione dei semi, specialmente nelle stagioni post invernali come la primavera. Tuttavia, nel momento in cui le temperature incrementano in estate, i terreni molto scuri possono estremamente incrementare la propria temperatura. Come risultato, il suolo può essere soggetto ad un elevato tasso di evaporazione della risorsa idrica, andando cosi a influenzare negativamente la crescita delle piante e la biologia del suolo. In questi casi, un sistema interessante è l’utilizzo di pacciamature sui terreni che, oltre a ridurre le fluttuazioni di temperatura al suolo, riescono a ombreggiare il suolo e a evitare così la dispersione di acqua per evaporazione.
Influenza sulle proprietà chimiche
Incremento del livello di elementi nutritivi: il compost contiene significative quantità di nutrienti per le piante: N, P, K, Ca, Mg e S e un ampio spettro di micronutrienti (Seiberth e Kick, 1969; Bischoff, 1988; Lenzen, 1989; Haug, 1993; Smith e Collins, 2007). Il compost può essere definito come un fertilizzante organico con nutrienti multipli (Hartmann, 2003; Amlinger et al., 2007). Inoltre possiede parametri chimici piuttosto interessanti come il rapporto C/N, il pH e la conducibilità elettrica che dipendono fondamentalmente dalla matrice organica di partenza e dalle condizioni in cui avviene il processo di compostaggio. Tramite appropriate miscele di matrici organiche si possono andare così a produrre dei compost con elevati quantitativi di sostanze umiche e di elementi nutritivi andando così a utilizzarli al posto di fertilizzanti minerali.
Tipo di compost TOC TN ratio pH Total P C/N Total K Total Ca Total Mg Reference
g ∙ kg-1 s.s. g ∙ kg-1 s.s.
F.O.R.S.U. 368 21.7 17 4.9 et.al 1997 Elkind Letame 330 22 15 9.4 3.9 23.2 9.1 4.8 Kimetu et al. 2008 Cippato 394 14.3 28 7.4 3.5 Lamey et al. 2008 Segatura 490 1.1 446 5.2 0.1 0.4 1.5 0.1 Kimetu et al. 2008 Residui vegetali
(paglie) 358 1.0 138 8.3 4.0
Beck-Fris et al. 2001
di Colza 457 1.9 24 6.3 1.1 Yuan et al. 2011 di Riso 412 8.7 47 6.8 1.1 Yuan et al. 2011 di Soia 440 23.8 18 6.3 0.9 Yuan et al. 2011 di Pisello 436 35.0 12 6.3 4.6 Yuan et al. 2011
Proprietà chimiche di alcune matrici di partenza per il processo di compostaggio
Tuttavia, il contenuto totale di un nutriente nel compost non è completamente disponibile per la nutrizione delle piante. Questo è dato dall’esistenza e dalla differenza di intensità delle varie forme legate alla matrice organica la quale risulta, quindi, una parziale immobilizzazione dei nutrienti. Questa condizione rende difficile calcolare gli effetti fertilizzanti e, quindi, stimare un bilancio dei nutrienti nel breve periodo (Becker et al., 1995). D’altra parte, l’effetto fertilizzante avviene nel lungo periodo in quanto la degradazione della sostanza organica rilascia in modo lento e graduale i nutrienti delle piante (Smith e Collins, 2007). Perciò, con il compost si ha una maggiore protezione delle sostanze nutritive dai fenomeni di lisciviazione se comparati con i fertilizzanti minerali. In modo particolare la fertilizzazione azotata è limitata a causa dei lenti tassi di mineralizzazione e dalla immobilizzazione microbica (Kehres, 1992, Vogtmann et al., 1991).
Incremento della capacità di scambio cationico: La capacità di scambio cationico è uno dei maggiori parametri indicatori per la valutazione della fertilità del terreno, in modo particolare per la capacità di ritenzione dei nutrienti e la prevenzione della perdita di questi tramite lisciviazione. Kögel-Knabner et al. (1996), Kahle & Belau (1998) e Ouedraogo et al. (2001) riportano che il compost riesce ad incrementare la capacità di scambio cationico tramite l’immissione di sostanza organica, in quanto ricca di gruppi funzionali. Amlinger et al. (2007) asseriscono che la sostanza organica all’interno del suolo contribuisce nell’incrementare la capacità di scambio dal 20 al 70%. In termini assoluti, la capacità di scambio della sostanza organica varia da 300 a 1400 cmol ∙ kg-1 essendo quindi la più alta
capacità di scambio tra i materiali adsorbenti.
Incremento del pH e effetto tampone: il pH del suolo è un parametro del suolo molto importante per le colture agrarie in quanto le piante e gli organismi del suolo esplicano le
loro attività vitali in maniera potenziale alla reattività del suolo. Inoltre, il pH influisce sulla disponibilità di nutrienti nel suolo. E’ stato visto che il compost tende ad incrementare il pH del suolo in quanto possiede delle notevoli concentrazioni di cationi alcalini quali Ca, Mg e K i quali vengono liberati dalla sostanza organica grazie ai processi di mineralizzazione. Conseguentemente, le applicazioni regolari del compost riescono a mantenere valori di pH nel suolo, come dimostrato in bibliografia (Kögel-Knabner et al., 1996; Diez & Krauss, 1997; Kahle & Belau, 1998; Stamatiadis et al., 1999; Ouedraogo et al., 2001).
Riduzione e immobilizzazione di molecole organiche di sintesi (pesticidi) e di sostanze organiche inquinanti persistenti (POPs): Sostanze organiche pesticide e POPs possono essere degradate o immobilizzate sia durante il processo di compostaggio che tramite le caratteristiche adsorbenti e microbiologiche del compost maturo. E’ stato visto, per esempio, che i policlorobifenili (PCB) possono essere degradati fino al 45% della loro concentrazione iniziale durante il processo di compostaggio (Amlinger et al., 2007). Altre sostanze riscontrabili nei fanghi di depurazione come l’akylbenzene solfonato (LAS), i Nonyfenoli (NPE) e il Di (2-ethylhexyl) ftalato (DEHP), sono degradati completamente in condizioni ossidative (Amlinger et al., 2007). D’altra parte, i tassi di degradazione del composti organici alogenati e delle molecole pesticide sono assai più elevate nel compost rispetto alle condizioni del suolo, in special modo durante la fase mesofila del processo di compostaggio (Amlinger et al., 2007). Anche i tassi di mineralizzazione dei POPs (in particolar modo gli idrocarburi policiclici aromatici) sono assai più elevati se si ammenda il terreno col compost. Ciò è anche dovuto all’elevata concentrazione di molecole organiche umificate che, tramite il loro elevato potere adsorbente, riescono a immobilizzare i POPs così da ridurne la disponibilità e riducendone, quindi, il potenziale tossigeno.
Immobilizzazione dei metalli pesanti: La sostanza organica immessa nel terreno tramite il compost è in grado di adsorbire i metalli pesanti e ridurne la loro solubilità diminuendone la tossicità. Al di là di alcuni minerali non cristallini con un elevata area di scambio, la sostanza organica del terreno possiede, probabilmente, la più elevata capacità adsorbente nei confronti dei metalli pesanti (Amlinger et al., 2007). La forza adsorbente su i metalli pesanti generalmente decresce in quest’ordine: Cr (III) > Pb (II) > Cu (II) > Ag (I) > Cd (II) = Co (II) = Li (II). D’altra parte, esistono correlazioni positive tra la solubilità di Cd, Cu, Zn, Pb e Ni e la sostanza organica di alcuni terreni presenti in USA (Holmgren et al., 1993). Le applicazioni di sostanza organica tramite il compost riescono a prevenire la mobilitazione dei
metalli pesanti anche per un lungo periodo di tempo dopo la cessazione delle applicazioni stesse (Leita et al., 2003). Per garantire la meno possibile immissione di questi inquinanti nel suolo, è essenziale che le matrici organiche siano esse stesse non inquinate da queste sostanze.
Influenza sulle proprietà biologiche
Uno dei più importanti effetti che ha il compost nel terreno è la promozione di un ambiente adeguato per la frazione biotica del suolo. In sintesi, il compost permette:
1) la presenza di C organico facilmente degradabile della sostanza organica come substrato trofico per gli organismi eterotrofi presenti (Blume, 1989);
2) l’ottimizzazione degli habitat tramite il miglioramento sia dei parametri fisici che di quelli chimici;
3) l’incremento di biomassa microbica diversificata (e quindi di biodiversità di specie) all’interno del suolo (Sahin, 1989; Werner et al., 1988).
Il compost possiede un effetto stimolante sia sulla comunità microbica presente sul substrato del compost sia su la comunità microbiota presente nel suolo. Due sono le frazioni della sostanza organica responsabili dell’attività microbica: i composti organici facilmente degradabili (pool labile di sostanza organica) che vanno ad incrementare l’attività microbica e la loro biomassa nel breve termine e i composti organici stabili che riescono a incrementare nel tempo la biomassa microbica.
Materiale Batteri
[106 ∙ g-1 dm]
Funghi [103 ∙ g-1 dm]
Suolo inquinato da pesticidi 19 6
Suolo bonificato 19 – 70 8 – 97
Suolo fertile 6 – 46 9 – 46
Compost verde maturo 417 155
Biomassa batterica e fungina del suolo (varie condizioni) e del compost (United States Environmental Protection Agency - Solid Waste and Emergency Response, 1998)
I microrganismi possiedono molteplici funzioni sia a livello ecologico che ambientale. Per quanto riguarda il compost, gli effetti possono essere qui sintetizzati come:
Degradazione e umificazione: Nel tempo, successioni di diversi organismi vanno intaccare gradualmente i composti organici presenti nella sostanza organica. Sebbene si
abbia un’iniziale rapida e facile degradazione dei composti organici, si ha un’ulteriore decomposizione e trasformazione delle molecole organiche più difficoltose da degradare con la loro riorganizzazione in composti simili alle sostanze umiche;
Mineralizzazione, immobilizzazione biologica e riciclo dei nutrienti: i microrganismi convertono le sostanze organiche con struttura complessa in composti inorganici a basso peso molecolare. Tramite il processo di mineralizzazione, i nutrienti sono rilasciati per la nutrizione delle piante e, così, gli elementi nutritivi rientrano all’interno delle riserve dei cicli biogeochimici. D’altra parte, gli organismi del suolo immobilizzano alcuni all’interno della loro biomassa. Ad esempio, l’N, sotto forma organica, è protetto dai fenomeni di lisciviazione.
Aggregazione: i microrganismi contribuiscono nella formazione e stabilizzazione degli aggregati tramite la sintesi di biofilm e essudati, cosi come tramite la loro biomassa viva e morta;
Degradazione e/o riduzione di molecole pesticide, POPs e composti fitotossici: diversi composti chimici potenzialmente fitotossici, tramite il metabolismo dei microrganismi, possono essere decomposti, trasformati o immobilizzati;
Soppressione di organismi patogeni e parassiti: La biodiversità microbica nel compost maturo ha dimostrato di possedere effetti soppressivi su diversi patogeni e parassiti potenzialmente dannosi sia per la salute delle piante che degli animali (e quindi dell’uomo) (Amlinger et al., 2007).
Andando a concludere, il compost crea un ambiente favorevole per la crescita delle piante in special modo andando a:
1) Promuovere la struttura porosa del suolo per ottimizzare la penetrazione delle radici; 2) Diminuire l’erodibilità del suolo tramite la formazione di aggregati stabili.
Conseguentemente, le radici delle piante sono meno esposte a potenziali danni causati dall’erosione dello strato superficiale del suolo e l’acqua può infiltrarsi meglio all’interno del terreno. Inoltre, lo scambio d’aria è facilitato in quanto si ha una minore compattazione del suolo e una diminuzione della formazione di crosta superficiale (Buchmann, 1972; Richter, 1979; Krieter, 1980; Fox, 1986; Löbbert & Reloe, 1991);
3) Incrementare le interazione tra l’apparato radicale delle piante, la fauna del suolo e i microrganismi preseti tramite l’incremento della superficie specifica (Amlinger et al., 2007);
4) Incrementare la percolazione. Ciò va a evitare fenomeni di ristagno idrico e, quindi, fenomeni di anaerobiosi che possono mettere in difficoltà la vivibilità delle piante e di una buona parte della frazione biotica del terreno. Inoltre, una maggiore percolazione va a diminuire i fenomeni di ruscellamento superficiale e, quindi, delle problematiche di erosione conseguenti;
5) Incrementare la capacità idrica massima e la ritenzione idrica, due parametri fondamentali per evitare problematiche di assenza d’acqua in periodi climatici sfavorevoli (Hartmann, 2003);
6) Rilasciare macro e micro nutrienti nel lungo periodo di tempo (Gottschall, 1984) a causa dei bassi tassi di mineralizzazione, l’elevato potere adsorbente e incrementando la capacità di immagazzinamento di nutrienti andando così a prevenire fenomeni di lisciviazione;
7) Incrementare l’effetto tampone del suolo, così da mantenere un ambiente adatto in cui si ha l’uniformità delle reazioni e delle condizioni adeguate per la crescita dele piante;
8) Promuovere la degradazione, riduzione e immobilizzazione di sostanze potenzialemte tossiche come sostanze pesticide, POPs, metalli pesanti e composti fitotossici che possono interferire sulla salute e la vita delle piante;
9) Incrementare la presenza di microrganismi del terreno simbionti e benefici tramite la costituzione di un habitat adeguato;
10) Proteggere le piante da organismi patogeni e parassiti tramite il suo potenziale antifitopatogeno (Hoitink, 1980; Nelson & Hoitink, 1983; Hoitink & Fahy, 1986; Blume, 1989; Hadar et al., 1992; Bidlingmaier et al., 2000);
Tramite i molteplici effetti positivi su le proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo, il compost contribuisce all’aumento della produttività delle colture e dei prodotti derivati (Amlinger et al., 2007). Prove a lungo termine hanno evidenziato come il compost possieda un effetto equilibratore su le fluttuazioni annuali/stagionali per quanto riguarda i parametri legati al bilancio dell’acqua, dell’aria e delle temperature del suolo, sulla disponibilità dei nutrienti e, così, delle rese colturali (Stöppler et al., 1993; Amlinger et al., 2007). Per queste ragioni, la pratica dell’ammendamento con compost dovrebbe dare rese colturali maggiori rispetto alla sola pratica della nutrizione minerale tramite concimazione. Dalla letteratura, si riscontra che i migliori risultati si riscontrano tramite l’applicazione di forti quantitativi di compost durante il primo anno colturale, per poi diminuire nel secondo e terzo anno con