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La comunicazione empatica: impatto di un seminario euristico-esperienziale sulla percezione dell'empatia nello studente infermiere

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Academic year: 2021

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Scuola di Medicina

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN SCIENZE

INFERMIERISTICHE ED OSTETRICHE

Presidente: prof. Lorenzo Ghiadoni

La comunicazione empatica

:

Impatto di un seminario euristico-esperienziale sulla percezione

dell’empatia nello studente infermiere

Relatore

Dott. Nicola Pagnucci

Candidato

Dott. Fabio Giannelli

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

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1

INDICE

1. INTRODUZIONE ... 3

2. COMUNICARE IN SANITÀ OGGI ... 8

2.1 Comunicare ... 8

2.2 Empatizzare ... 11

2.3 La comunicazione empatica ... 12

2.4 La relazione d’aiuto ... 14

3. APPRENDERE PER COMUNICARE ... 16

3.1 Il modello Kalamazoo ... 17

3.2 Jefferson Scales of Empathy ... 21

4. L’INTERVENTO FORMATIVO ... 22

4.1 Il Seminario ... 22

4.2 Prima giornata ... 25

4.2.1 Presentazione del Seminario ... 26

4.2.2 La percezione del corpo ... 26

4.2.3 Effetti e dinamiche della comunicazione non verbale ... 27

4.2.4 Effetti e dinamiche della comunicazione verbale e paraverbale ... 30

4.2.5 Incongruenze tra comunicazione non verbale, verbale e paraverbale ... 30

4.2.6 L’ascolto selettivo, L’ascolto riflessivo e l’ascolto attivo ... 31

4.3 Seconda giornata ... 31

4.3.1 L’empatia ... 32

4.3.2 Le strategie comunicative ... 34

4.3.3 Le dinamiche relazionali... 34

4.3.4 Il mimetismo ... 35

4.3.5 L’assertività e le strategie assertive ... 35

4.3.6 La comunicazione empatica ... 36

4.3.7 Strutturazione della relazione d’aiuto ... 36

4.3.8 Simulazioni e discussioni ... 36

5. LO STUDIO ... 37

5.1 Metodi ... 38

5.1.1 Progettazione dello studio ... 38

5.1.2 I Partecipanti ... 38

5.1.3 Impostazione dello studio e periodo ... 39

5.2 Analisi dei dati ... 41

5.3 Risultati ... 41

5.3.1 Questionario JSE-HPS... 41

5.3.2 Questionario di gradimento ... 60

5.4 Discussione ... 67

6. CONCLUSIONI ... 73

6.1 Limiti dello studio ... 76

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BIBLIOGRAFIA ... 77 ALLEGATO 1 ... 81

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1. INTRODUZIONE

La professione infermieristica si basa si, sull’applicazione corretta e basata sull’evidenza scientifica di tecniche e procedure, ma si è andata però sempre più acquisendo una maggiore consapevolezza sull’importanza della comunicazione che per anni è stata considerata un processo “spontaneo”, affidato alle capacità ed alla sensibilità del singolo infermiere.

Oggi, tutto ciò non basta. Alla professione infermieristica dobbiamo associare necessariamente la conoscenza delle tecniche di comunicazione.

Come afferma Paul Watzlawick, uno dei padri della moderna comunicazione,

“comunicare diversamente significa cambiare la realtà. Considerare la competenza comunicativa come un proprio dovere professionale, dunque, cambia il volto professionale stesso degli infermieri, perché cambia il loro atteggiamento nei confronti dei pazienti”.

Infatti, la tendenza della professione infermieristica nel XXI secolo, non è semplicemente la capacità di eseguire correttamente una serie di procedure di routine come prelevare un campione di sangue o medicare una ferita o somministrare farmaci. L’assistenza infermieristica è un processo olistico che prende in considerazione non solo le caratteristiche patologiche ma anche quelle psicologiche, socioculturali e ambientali di una malattia, il suo vissuto ed il suo trattamento. La comunicazione è parte integrante della professione infermieristica ed è uno dei valori fondamentali di questa professione. È ampiamente dimostrato che la costruzione ed il mantenimento di una buona relazione con il paziente sono un aspetto essenziale del processo di cura e di guarigione. Le capacità comunicative sono fondamentali nella pratica infermieristica. I pazienti trascorrono più tempo a comunicare con gli infermieri che con qualsiasi altro operatore sanitario (Wloszczak-Stubzda, 2013).

Quindi, compito fondamentale degli infermieri è conoscere e soddisfare le esigenze sia fisiche che psicologico-sociali degli individui (Ozcan, 2018). Una

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comunicazione efficace è componente essenziale dell’assistenza infermieristica ed ha un’importanza fondamentale nella sua pratica (McCabe, 2004).

Altri studi, a sostegno di quanto succitato, confermano che una comunicazione efficace è parte inscindibile di un’assistenza infermieristica di qualità (McGilton, 2006 e Anoosheh. 2009) e che una comunicazione empatica ed efficace aumenta la soddisfazione dei pazienti che comunque si aspettano che l’infermiere abbia capacità empatiche e buone capacità comunicative (Staniszewska, 1999).

Quindi, la comunicazione efficace è componente importante da includere nel piano assistenziale del paziente (Tobiano, 2015).

I vantaggi di una comunicazione strategica ed efficace risultano quindi essere molteplici e contribuiscono al benessere generale dei pazienti (Gattellari, 2001 e Uitterhoeve, 2009 e Vogel, 2009). Contrariamente, una comunicazione inefficace può produrre ansia, maggior incertezza e insoddisfazione nelle cure e tassi elevati di depressione (Hagerty, 2005 e Jin, 2008 e Martin, 2005 e Caughlin, 2011).

L’interazione tra infermiere e paziente è sostanzialmente una relazione d’aiuto e l’empatia è la componente principale di questo processo (Ward et al., 2009).

In altre parole, l’empatia è un concetto che può essere definito come il riconoscimento degli stati emotivi dell’altro che richiede una comprensione dei propri bisogni. È una delle componenti umanistiche più frequentemente menzionata nel “prendersi cura” dell’altro (Dokmen, 1997 e Raynolds, 1999).

Quindi l’empatia è un concetto complesso in cui le diverse dimensioni dell’individuo (emotiva, morale, cognitiva e comportamentale), lavorano all’unisono (Stepien, 2006). È vero, i pazienti, data la complessità del concetto, potrebbero non essere in grado di descrivere il concetto di empatia, ma dobbiamo considerare il fatto che sono perfettamente in grado di determinare se sono strati trattati con empatia (Brunero, 2010).

Quindi, un approccio empatico in ambito clinico, aumenta la qualità delle cure ed ha un impatto positivo sul processo di guarigione del paziente (Bengu, 2005).

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Tuttavia, studi hanno dimostrato che, una mancanza di empatia può interferire negativamente con processi di diagnosi, trattamento e cura del paziente (Oz, 2011 e Ward et al. 2009).

L’empatia quindi è il nucleo delle interazioni infermiere-paziente, ma comunicare con empatia richiede formazione e pratica (Ward, 2016).

Lo sviluppo delle capacità comunicative e la comunicazione empatica è fondamentale in particolar modo per gli studenti di infermieristica perché, queste abilità contribuiscono direttamente alla soddisfazione ed al miglioramento dei risultati sanitari del paziente (Ward, 2016).

Ad oggi, tuttavia, la comunicazione tra infermieri e pazienti non è sempre ottimale (Donovan, 2011 e Goodwin, 2013 e Richardson, 2015). Infatti, nonostante sia stato ampiamente dimostrato quanto l’empatia sia estremamente importante nell’assistenza infermieristica, diversi studi dimostrano che gli infermieri hanno abilità empatico-comunicative basse (Ancel, 2006). Infatti, da uno studio descrittivo è emerso che l’88,1% degli studenti infermieri aveva scarse competenze nella comunicazione sia clinica che interpersonale (Xie et al. 2013)

Addestrare qualcuno ad acquisire abilità empatiche non è un processo facile, ma fattibile (Yu, 20089).

Studi, hanno dimostrato che gli infermieri che hanno ricevuto una formazione sulle abilità empatiche e comunicative, hanno gestito in modo migliore le relazioni con pazienti, loro familiari e l’altro personale sanitario. Ciò indica l’importanza di integrare, con corsi sulle abilità comunicative, il percorso formativo infermieristico. Fino ad oggi, raramente troviamo corsi atti a promuovere abilità empatiche e comunicative durante il percorso di laurea (Namdar et al. 2009). Di conseguenza, nonostante la sua dimostrata importanza, la maggior parte degli studenti infermieri non ha appreso né l’importanza né una formazione in merito alla comunicazione empatica prima di entrare nel mondo sanitario (Xie et al. 2013).

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Alla luce di quanto suddetto, l’importanza e la necessità di arricchire il percorso di studi infermieristici con corsi volti a sviluppare abilità empatiche e comunicative, sarebbe auspicabile.

A sostegno di questa affermazione ci vengono incontro alcuni studi che appunto asseriscono che la formazione alla comunicazione empatica migliora le interazioni con i pazienti ed i loro famigliari (Pattillo, 2013).

L’empatia è un’abilità osservabile ed insegnabile, e che può essere appresa e sviluppata attraverso l’educazione e la pratica. Ecco perché durante il percorso di studi universitari dovrebbe essere trasmessa agli studenti l’importanza della relazione empatica e delle abilità comunicative di base (Ancel 2005 e Hojat, 2007). In uno studio viene anche affermato che se gli infermieri avessero voluto avere successo nel loro lavoro, avrebbero dovuto apprendere le tecniche comunicativo-relazioni e la loro corretta applicazione nei vari campi dell’assistenza infermieristica (Kourkouta, 2014).

Un altro studio pone anche l’attenzione sull’importanza della formazione in ambito comunicativo dei tutor infermieristici, al fine di promuovere una profonda comprensione della comunicazione terapeutica negli studenti, così che possano iniziare a stabilire una comunicazione efficacie già durante i tirocini (Figueiredo, 2013 e Grant, 2014).

Una comunicazione efficacie, quindi, è un principio fondamentale pe l’assistenza infermieristica ed alcuni esperti del settore hanno proprio indicato questo aspetto come il “cuore” della professione (Namdar et al., 2006). Quindi è indispensabile sviluppare le capacità empatiche e le abilità comunicative nei futuri infermieri. (Xie at al., 2013)

Da un’analisi della letteratura, in parte succitata, quindi emerge come la comunicazione e l’empatia, che è parte intrinseca della stessa, abbia fondamentale importanza sia dal punto di vista formativo che professionale dell’infermiere.

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Ma ad oggi, il percorso formativo dell’infermiere, fornisce elementi sufficienti che portino lo studente a sviluppare e prendere consapevolezza delle abilità empatiche indispensabili ad attuare una comunicazione efficacie col paziente?

La risposta purtroppo è no, o meglio, se lo fa non lo fa in modo sufficiente. Questa considerazione, che inizialmente poteva essere solo appannaggio di una realtà percepita, invece è risultata realtà oggettiva e generalizzata a livello internazionale, come emerge da un’analisi della letteratura disponibile.

Quindi l’idea è cercare, almeno in parte, di colmare questa carenza formativa attraverso un seminario dedicato alla comunicazione empatica e valutare l’impatto che questo intervento possa avere sugli studenti.

Questo scaturisce dalla profonda convinzione dello scrivente, condivisa anche da chi mi supporta e mi guida in questo lavoro, che nella professione infermieristica bisogna imparare ad assistere prima con le “parole” e successivamente con le “azioni”.

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2. COMUNICARE IN SANITÀ OGGI

2.1 Comunicare

Comunicare è un processo di interazione sociale, infatti si ha comunicazione quando qualcuno trasmette qualcosa ad un altro ed esistono vari tipi di comunicazione: la comunicazione verbale, non-verbale e para-verbale…

Ma non è mia intenzione, in questo capitolo, di soffermarmi sulla teoria della comunicazione, in quanto esula dal contesto di questo studio che ha come obiettivo quello di verificare se il miglioramento delle abilità comunicative ed empatiche degli studenti infermieri, migliora la loro percezione dell’empatia; quindi, in questo capitolo incentrerò l’attenzione sull’importanza della comunicazione in ambito sanitario.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una sempre più marcata implementazione della professione infermieristica, mirata sì al soddisfacimento dei bisogni di cura del paziente, ma anche al coinvolgimento e soddisfacimento delle esigenze psico-sociali del paziente stesso. Ed è proprio il coinvolgimento emotivo e psicologico del paziente che sta alla base del processo assistenziale dell’infermiere di “oggi”.

Numerosi studi sostengono quanto succitato, come ad esempio già nel 1996, Naish J., dopo uno studio svolto sulla percezione di pazienti relativa alla capacità comunicativa degli infermieri, concludeva sostenendo che “una comunicazione

efficace è ritenuta, dai pazienti e loro familiari, una delle abilità primarie dell’infermiere stesso”.

Un altro studio del 2004, condotto da Catherine McCabe, e che indagava anche questo la percezione dei pazienti relativamente le abilità comunicative degli infermieri trae le seguenti considerazione: “gli infermieri risultano avere mancanza

di comunicazione, mancanza di partecipazione alla malattia, mancanza di empatia e approccio troppo amichevole.”

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Potrei andare avanti menzionando almeno un’altra ventina di studi che dimostrino come sia importante la comunicazione tra infermiere-paziente-familiare e come queste abilità siano carenti ad oggi, e nel percorso formativo e nella professionalità dell’infermiere. La cura del corpo non può prescindere dalla cura della persona.

Il “prendersi cura”, oggi, è infatti un prendersi cura in modo olistico, considerando il paziente ed il suo contesto di vita come un corpo associato alla persona; quindi il panorama assistenziale comprende si, la cura del corpo, ma includendo inevitabilmente le esigenze di quel corpo legate alla psico-emotività dell’individuo al quale appartiene.

L’unico strumento che l’infermiere ha per comprendere l’emotività del paziente è la comunicazione, ma quella consapevole, incentrata cioè su un costrutto teorico e pratico assimilato dall’operatore sanitario.

L’importanza di comprendere l’emotività è dettata dal fatto che questa è la via d’accesso per capire i pensieri e le preoccupazioni che abitano la mente del paziente o dei suoi familiari e quindi instaurare, con lui e con loro, un rapporto di fiducia e collaborazione.

Ma l’infermiere oggi è formato per far fronte a questo? purtroppo sembra di no.

Nel 2000, Reynolds WJ, in uno studio volto a percepire le capacità comunicative dell’infermiere, enunciava che, “la comunicazione sia estremamente

importante nell'assistenza infermieristica, ci sono stati diversi studi che suggeriscono che gli infermieri hanno abilità comunicative basse o intermedie”.

Ma perché la comunicazione è così importante? Perché comunicare in modo efficace col paziente, e spesso col suo contesto familiare, ci porta a rispettarlo e a rispondere alle sue preferenze, esigenze ed ai suoi valori così che questi entrino a far parte in modo importante nel suo percorso terapeutico-assistenziale, garantendone libertà decisionali e maggiore coinvolgimento nei processi assistenziali (Newell S., 2015).

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Tutto questo non è solo appannaggio di chi eroga assistenza, ma i pazienti e i familiari stessi si auspicano e, in un certo senso, si aspettano che gli infermieri abbiano buone abilità comunicative. Ma abbiamo visto che la realtà non è questa, infatti numerosi studi dimostrano come una carenza di abilità comunicative del personale sanitario possa avere effetti dannosi sul paziente e sui loro familiari aumentando i livelli di incertezza, ansia, depressione, insoddisfazione delle cure a non aderenza al percorso terapeutico-assistenziale compromettendo cosi, inevitabilmente, una scarsa qualità della vita (Donovan-kicken E., 2011; Jin J, 2008; Hagerty RG., 2005).

È evidente quindi, che oggi la professione infermieristica debba essere basata sì su competenze tecniche ma anche su abilità comunicative e inevitabilmente la formazione del futuro infermiere deve comprendere l’introduzione di insegnamenti che ne migliorino le loro competenza.

Ma saper comunicare in modo strutturato e consapevole, all’infermiere non basta. Anche un buon venditore ha padronanza delle buone tecniche di comunicazione che utilizza per convincere il cliente a comprare un determinato prodotto, ma l’infermiere deve inevitabilmente associare a queste tecniche una buona “dose” d’empatia.

2.2 Empatizzare

L’empatia è la capacità di mettersi nei panni dell’altro e di sentire ciò che sente l’altro, astenendosi da giudizi di qualsiasi tipo e accogliendo i vissuti e i sentimenti dell’altro.

L’importanza dell’empatia nei processi di cura e assistenziali dei pazienti è stata riconosciuta da anni (Spiro et al., 1993 e Hojat, 2007), e il suo valore aggiunto alla professione infermieristica è virtualmente sinonimo della professione stessa (Smith & Leir, 2008).

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Già Peplau, uno dei primi teorici dell’infermieristica ad esplorare la comunicazione tra infermiere e paziente, descrive l’empatia come “fondamento

della connessione umana essenziale per la salute e la relazione infermiere-paziente che traspare nella pratica infermieristica”.

Sull’importanza dell’empatia, all’interno della relazione infermiere-paziente, si sono espressi diversi autori enunciando, ad esempio, che l’empatia è considerata una delle abilità di maggiore importanza dell’infermiere (McCarthy & Russell, 2009); oppure, altri, hanno definito l’empatia come un attributo dell’infermiere prevalentemente cognitivo che coinvolge la sua capacita di comprendere le esperienze, le preoccupazioni e le prospettive del paziente che devono però essere combinate con la capacità di comunicare questa comprensione da parte dell’infermiere stesso (Hojat, 2007).

Indipendentemente, quindi, dai dettami dell’attuale paradigma sull’organizzazione e fornitura dell’assistenza infermieristica, che possono sembrare enfatizzare la cura sulla cura, l’empatia deve essere al centro di tutte le relazioni tra infermiere-paziente-familiari anche se sembra sempre più difficile garantire che ciò avvenga.

Ora, è vero che l’empatia sia caratteristica innata in alcune persone ed in altre meno, e che per alcuni diventi quindi spontaneo empatizzare col proprio interlocutore in certi tipi di relazioni, ma in sanità, ed in particolar modo nei processi terapeutico-assistenziali, non possiamo esimerci da annoverare l’empatia tra le abilità di tutti gli operatori sanitari.

Quindi nasce spontaneo il chiedersi se l’empatia, nell’infermiere, possa essere insegnata; o meglio se nell’infermiere possa essere implementata la consapevolezza dell’empatia come strumento di cura.

Per rispondere a questo quesito ci vengono incontro alcuni studi che asseriscono che l'empatia è un'abilità osservabile e insegnabile. In altre parole, l'empatia è stata accettata come un'abilità o un comportamento abile che può essere appreso e sviluppato attraverso l'educazione e la pratica. Ecco perché durante gli anni di istruzione universitaria, agli studenti infermieri dovrebbe essere insegnata

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l'importanza delle relazioni empatiche con i loro pazienti e prevedere che acquisiranno anche le capacità di comunicazione di base” (Ançel, 2005; Dökmen, 1997; Hojat, 2007; Norfolk et al., 2007; Öz, 200; Reynolds et al., 1999; Stepien & Baernstein, 2006; Wikström, 2003).

In base a quanto detto, nel panorama infermieristico internazionale si sono sviluppati, in alcune realtà formative, interventi mirati a migliorare le abilità empatiche degli studenti infermieri con risultati davvero interessanti ed incoraggianti nel perseguire tali esempi.

Uno studio, ad esempio, ha dimostrato che gli studenti che hanno ricevuto un'istruzione mirata sulle abilità empatiche hanno comunicato meglio con i pazienti, i loro familiari e altro personale (Xie et al., 2013).

Alla luce di quanto detto quindi, diventa impensabile scindere nell’infermiere le tecniche comunicative dalle abilità empatiche dando forma a quella che è la

comunicazione empatica.

2.3 La comunicazione empatica

Come già detto, la comunicazione è trasmette informazioni a qualcuno attraverso il linguaggio, la gestualità e l’espressività; le tecniche comunicative predispongono l’emittente (colui che comunica) a trasmettere il messaggio in modo chiaro, in modo tale che l’informazione non arrivi al destinatario (colui che riceve e decodifica il messaggio) in modo distorto.

Quindi, l’apprendimento delle tecniche comunicative fa sì che l’emittente ponga attenzione, durante la comunicazione, nella scelta delle parole, nella costruzione della frase, nella gestualità e posizione del corpo, nell’espressività e nel tono della voce. Tutte queste accortezze fanno sì che il messaggio arrivi al destinatario nel modo più chiaro ed inequivocabile possibile. E sappiamo bene quanto questo sia importante in ambito sanitario; il “modo” con cui comunichiamo qualcosa ad un pazienze, non solo può far sì che il messaggio sia frainteso, ma, cosa

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ancora più importante, può suscitare reazioni emotive diverse nel destinatario stesso.

Per poter porre l’attenzione sulle reazioni emotive del nostro interlocutore, e quindi modulare la comunicazione in modo da evitare che queste siano inappropriate rispetto al messaggio che vogliamo trasmettere o per far sì che queste siano commisurate al messaggio stesso, ci vengono in aiuto le abilità empatiche.

Certo, alcuni hanno abilità empatiche e riescono in modo spontaneo, ma spesso non strutturato, a relazionarsi empaticamente con il proprio interlocutore, altri invece devono sviluppare o comunque migliorare le proprie abilità empatiche; come abbiamo detto, apprendere o sviluppare abilità empatiche attraverso percorsi formativi è possibile.

Per meglio chiarire quanto suddetto voglio riportare un esempio che udii in un corso e che, esula sì dal contesto sanitario, ma ritengo molto esplicativo.

Un giorno un frate andò dal Padre Superiore e gli disse:

- “Padre, mentre prego, posso fumare una sigaretta?”

Il Padre Superiore, indignato, rispose al frate in malo modo dicendo:

- “Ma come ti permetti di pensare una cosa del genere! Certo che non puoi fumare una sigaretta mentre preghi! Quando si prega si prega e basta!”

Il giorno seguente un altro frate andò dal Padre Superiore e gli disse:

- “Padre, mentre fumo una sigaretta, posso pregare?”

Il Padre Superiore, positivamente colpito dalla domanda del frate, rispose con entusiasmo dicendo:

- “Caro Fratello, la tua domanda ti fa onore nella fede, certo che puoi pregare mentre fumi una sigaretta, ogni momento è buono per pregare!”

Questo a dimostrazione di come, uno stesso messaggio, che rappresenta una identica situazione, in quanto il pregare mentre si fuma una sigaretta non è assolutamente diverso da fumare una sigaretta mentre si prega, susciti nel

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destinatario una decodifica e una percezione emotiva diversa in base a come venga strutturato il messaggio.

Quindi, il giusto connubio tra comunicazione ed empatia; o meglio il giusto connubio tra tecniche comunicative e abilità empatiche da origine alla cosiddetta comunicazione empatica.

La comunicazione empatica, quindi, non è altro che l’abilità di saper comunicare in modo tecnicamente corretto, percependo l’emotività del destinatario e quindi modulando l’informazione rispettandone le aspettative emotive e il suo vissuto, senza giudicare.

Avere abilità nella comunicazione empatica significa sperimentare in prima persona che cos’è l’empatia, prenderne familiarità, imparare ad ascoltare in modo attivo, conoscere e prendere consapevolezza col proprio corpo e della propria espressività, imparare ad accettare incondizionatamente astenendosi dal giudicare, prendere consapevolezza dell’assertività e padronanza di sé e del messaggio che si vuol trasmettere.

Ed è proprio la comunicazione empatica, della quale secondo me tutti gli operatori sanitari dovrebbero averne consapevolezza, che sta alla base della costruzione di una buona relazione d’aiuto.

2.4 La relazione d’aiuto

Una relazione è un processo di interazione fra due o più unità distinte che origina una forma di legame del quale esse diventano parte.

Esistono varie forme di relazione, come ad esempio le relazioni amorose, le relazioni familiari, le relazioni amicali ecc., il tipo di relazione che si sviluppa in ambito sanitario, tra operatore sanitario e paziente e/o il suo contesto familiare prende il nome di relazione d’aiuto.

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Carl Rogers (1902-1987), psicologo americano, fondatore dell’approccio basato sulla persona, definisce la relazione d’aiuto come “un “incontro” tra due

persone, di cui una si trova in condizioni di sofferenza, confusione, conflitto e/o disabilità dinanzi ad un problema che deve gestire, l’altra è dotata di un grado “superiore” di adattamento, competenza e abilità rispetto allo stesso problema”.

In una relazione d’aiuto, quindi, chi è dotato di un grado “superiore” di adattamento, per poter gestire al meglio la relazione deve essere dotato di capacità relazionale.

Ma cosa si intende per capacità relazionale? Giorgio Blandino, professore di psicologia dinamica dell’università di Torino, la definisce come “la capacità di gestire

l’incontro con l’altro in tutto il suo divenire e di gestire la sofferenza emotiva che lo accompagna. Specificatamente si tratta delle capacità di sentire, di essere presenti nella relazione, di saper entrare in contatto con l’utente, comprenderne le richieste, i bisogni, il punto di vista. Non si tratta tanto di capire razionalmente, quanto di "sentire"; questo è il senso dell’espressione “essere in contatto”: con l’interlocutore e con sé stessi”.

Da un’analisi della definizione di Blandino si evince come sia importante per l’operatore sanitario avere capacità relazionali che poi non sono altro che espressione della comunicazione empatica. Infatti nella definizione troviamo tutte quelle caratteristiche che la comunicazione empatica racchiude in sé.

Questo ha conferma di quanto sia importante per l’infermiere, oggetto di questo studio, acquisire quelle competenze necessarie per affrontare e sostenere una relazione d’aiuto, essendo questa parte integrante del percorso assistenziale del paziente.

Come già detto, oggi, queste abilità non possono più essere lasciate al caso, affidandoci alla speranza di trovare sensibilità e abilità innate in qualche infermiere, ma l’implementazione delle conoscenze relative alla comunicazione empatica devono entrare a far parte e del percorso formativo e della vita professionale dell’infermiere al fine di gestire al meglio e in modo uniforme le relazioni con i pazienti ed il relativo contesto socio-familiare.

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3. APPRENDERE PER COMUNICARE

Come abbiamo già detto, l’importanza della comunicazione in ambito sanitario è di fondamentale importanza e presenta risvolti assistenziali, nei confronti dei pazienti e loro familiari, di indiscutibile rilevanza.

Purtroppo come emerge da molti studi, alcuni succitati, il percorso formativo del futuro infermiere è carente dal punto di vista formativo in ambito relazionale.

Perché apprendere e non insegnare? Perché la comunicazione non è insegnabile, insegnabile è il teorema di Pitagora o il calcolo della derivata di un’equazione data, ma per imparare a comunicare dobbiamo apprendere.

Apprendere appunto è definito come un cambiamento del comportamento o della percezione come risultato dell’esperienza. Il cambiamento può avvenire sotto vari punti di vista, come fisico, psicologico, attitudinale o emotivo.

L’obiettivo di questa tesi è quello di valutare l’efficacia di un intervento formativo sulla comunicazione empatica, rivolto agli studenti del terso anno del percorso di studi universitari in Infermieristica, nel migliorare le loro abilità empatiche.

In ragione di quanto suddetto, nella strutturazione dell’evento formativo, sfociato poi nella realizzazione di un Seminario sulla comunicazione empatica, è stata posta proprio l’attenzione sul fare apprendere agli studenti a comunicare e non sull’”insegnare” agli studenti a comunicare. Da questa considerazione ne è scaturita la strategia pedagogica da adottare, mirata principalmente a far sperimentare e a far percepire in prima persona sia le tecniche comunicative che la percezione dell’empatia per poi coniugarle per dar forma alla comunicazione empatica.

Il percorso formativo che ne è scaturito è stato quindi un Seminario, basato su un percorso euristico-esperienziale, dal titolo: “LA COMUNICAZIONE EMPATICA: CONSAPEVOLEZZA E STRATEGIE”.

Perché la scelta di un percorso euristico-esperienziale? Perché lascia molto spazio allo studente di apprendere facendo esperienza diretta. È un metodo di

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approccio alla soluzione di un problema che non segue un classico percorso didattico, ma che si affida all’intuito e allo stato temporaneo delle circostanze al fine di generare nuova conoscenza; sia attraverso una metodologia che mette al centro del processo di apprendimento l’individuo e consente di sviluppare le potenzialità e modificare il sistema di atteggiamenti e comportamenti sia personali che di gruppo.

Oltre ad aver posto l’attenzione sulla metodologia, abbiamo anche cercato di strutturare l’intervento formativo basandosi su metodologie comunicative di comprovata efficacia. Dopo aver valutato vari strumenti relativi alla comunicazione, come ad esempio il protocollo SPIKES, tra i maggiormente usati in sanità e incentrato però più sulla comunicazione-medico che sulla formazione in materia di comunicazione, la scelta è ricaduta su un modello specifico relativo alla didattica in materia di comunicazione in ambito sanitario che fornisse anche strumenti relativi alla valutazione delle abilità comunicative; il modello Kalamazoo.

3.1 Il modello Kalamazoo

Il modello Kalamazoo trova le sue origini nel maggio del 1999, quando un gruppo di 21 esperti di tecniche di formazione in medicina, si riunirono in una conferenza a Kalamazoo, città del Michigan, dalla quale poi ha preso il nome il modello, con lo scopo principale di indentificare ed articolare specificamente modi e metodi per facilitare l’insegnamento e la valutazione di un’efficacie comunicazione in ambito sanitario.

Questa conferenza nasce con lo scopo di portare la pratica clinico-assistenziale da una “cura incentrata sulla malattia”, come era nella maggior parte dei casi la pratica medica del tempo, e forse in alcuni casi lo è ancora oggi, ad una “cura

incentrata sulla persona”; già nel 1984, McWhinney proponeva una modalità nuova

di approccio verso la persona malata, che doveva essere sempre considerata nella sua globalità di mente e corpo e asseriva quanto fosse importante il colloquio col paziente per comprenderne quanto la malattia provochi sofferenza nella sfera esistenziale del

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paziente e questo non deve essere solo appannaggio della percezione che il professionista sanitario ha della malattia stessa e delle sue relative problematiche organiche.

Dopo tre giorni di lavori, la conferenza, presidiata da 21 esperti del settore, ha redatto un documento, appunto il “modello Kalamazoo” ne quale venivano delineate le modalità per rendere più agevole l’insegnamento, il miglioramento e la valutazione della comunicazione in ambito sanitario.

Il gruppo di esperti convenne sulla necessità di individuare un set di pochi elementi essenziali della comunicazione proponendosi tre obiettivi:

1. Individuare una breve lista di elementi qualificanti la comunicazione efficacie in diversi contesti clinici;

2. Fornire esempi concreti di competenze specifiche;

3. Garantire che quanto prodotto dal congresso fosse basato sull’evidenza e appropriato per le attività di insegnamento, miglioramento e valutazione della comunicazione in ambito sanitario.

I tre obiettivi del modello Kalamazoo, secondo la conferenza, possono essere conseguiti attraverso un apprendimento per compiti mirati, metodo avvalorato da molte evidenze ed efficacie per la formazione in materia di comunicazione. Apprendere per compiti, permette allo studente di individuare ed adottare le abilità e le strategie di comunicazione che sente più consone alla sua personalità e di interagire quindi con i pazienti in una modalità non stereotipata ma bensì molto flessibile.

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Il modello Kalamazoo infatti impronta la comunicazione col paziente su un set di sette elementi essenziali, quali:

1. Costruzione della relazione; 2. Apertura del colloquio; 3. Raccolta delle informazioni;

4. Comprensione della prospettiva del paziente e/o familiare; 5. Condividere le informazioni;

6. Raggiungere un accordo; 7. Concludere il colloquio.

Ovviamente, ogni punto degli elementi essenziali della comunicazione in sanità riportati dal modello Kalamazoo è ampliamente discusso e supportato da teorie sulle strategie comunicative mirate ad offrire allo studente un completo baglio strumentale per affrontare al meglio una relazione con paziente e/o familiare, cosa della quale non entro nel merito onde evitare di dilungarmi in argomenti non aderenti a questo lavoro.

La ragione per cui la scelta è ricaduto proprio su questo modello è perché esso nasce dalle esperienze maturate nella sperimentazione di altri 5 modelli relativi alla comunicazione in ambito clinico e cerca di utilizzare gli elementi dimostratisi più validi di ciascuno di essi:

• Bayer Institute for Health Care Communication E4 Model • Modello a tre funzioni / Lista di controllo per l'intervista • The Calgary — Cambridge Observation Guide

• Metodo clinico centrato sul paziente

• SEGUE Framework per l'insegnamento e la valutazione delle capacità di comunicazione

Inoltre, il modello Kalamazoo propone anche strumenti di valutazione oggettiva dell’efficacia della comunicazione.

(21)

20

Per la valutazione delle abilità empatiche negli studenti di infermieristica che hanno frequentato il seminario è stata utilizzata la JSE (Jefferson Scales of Empathy).

3.2 Jefferson Scales of Empathy

Nel 1999, un gruppo di ricercatori della Sidney Kimmel Medical College at

Thomas Jefferson University di Philadelphia – USA, hanno iniziato uno studio mirato

alla creazione di uno strumento utile a valutare l’empatia tra i professionisti della salute. Tale esigenza nasce dalla necessità di avere uno strumento che possa aiutare nella ricerca per condurre indagini sui livelli di empatia, sulle relative variazioni legate ad anni di servizio o a reperti di assegnazione o per misurare lo sviluppo dell’empatia durante il percorso di formazione.

Da questa esigenza, i ricercatori della Thomas Jefferson University, dalla quale prende appunto il nome la Jefferson Scale of Empathy (JSE), hanno sviluppato questo strumento per la misurazione dell’empatia. Inizialmente lo strumento nasce per valutare le abilità empatiche negli studenti di medicina, successivamente viene modificato anche per creare una versione per gli studenti delle professioni sanitarie.

Ad oggi, le versioni validate e usate ormai quasi a livello internazionale sono tre, e precisamente:

• Versione JSE-HP per medici e professionisti sanitari • Versione JSE-S per studenti di medicina

• Versione JSE-HPS per studenti delle professioni sanitarie

Le versioni tra loro sono molto simili, contengono solo piccole modifiche per rendere gli elementi del questionario appropriati al target da valutare e tutte e tre sono validate in lingua italiana.

La nostra scelta, ovviamente è ricaduta sulla versione JSE-HPS (vedi figura 1) in quanto dovevamo valutare le abilità empatiche negli studenti del 3° anno del corso di Laure in Infermieristica dell’Università di Pisa.

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21

Il questionario è composto da 20 affermazioni alle quali viene chiesto allo studente di esprimere con una scala che va da 1 a 7 se in disaccordo o in accordo con l’affermazione, dove con il valore 1 si è completamente in disaccordo e con il valore 7 si è completamente in accordo.

Nel questionario, tra le 20 affermazioni date, 10 sono formulate in positivamente e gli altri 10 sono formulati negativamente. Gli elementi formulati positivamente saranno valutati direttamente secondo i loro pesi Likert, mentre gli elementi formulati negativamente verranno valutati con punteggio inverso.

La JSF-HPS, fornisce un risultato compreso tra 20 e 140 punti, dove all’aumentare del risultato equivale una maggiore abilità empatica dello studente.

(23)

22

4. L’INTERVENTO FORMATIVO

L’intervento formativo offerto agli studenti del terzo anno del Corso di Laurea in Infermieristica dell’università di Pisa è stato strutturato, come già detto, seguendo una metodologia didattica euristico-esperienziale, restando aderenti, per quanto riguarda gli aspetti teorici relativi alla comunicazione, al modello Kalamazoo; per quanto riguarda invece l’esperienza relativa all’empatia sono state applicate metodologie di interazione e sperimentazione della stessa derivate dall’esperienza del docente, “esperto di comunicazione ipnotica”, titolo conseguito presso il CIICS (Centro Italiano di Ipnosi Clinico-Sperimentale) di Torino nel 2007.

Durante la progettazione dell’evento formativo è stata tenuta particolare attenzione nel cercare il massimo coinvolgimento possibile degli studenti e il limitare al minimo la didattica teorica. L’obiettivo cardine nella progettazione dell’intervento formativo è stato quello di fornire agli studenti spunti teorici sui quali poi lavorare, prevalentemente in gruppo, per apprendere appunto in modo euristico, e fare diretta esperienza delle varie tematiche relative alla comunicazione ed alla percezione dell’empatia.

Il risultato finale del lavoro di progettazione è sfociato in un Seminario dal titolo: “LA COMUNICAZIONE EMPATICA:CONSAPEVOLEZZA E STRATEGIE”

4.1 Il Seminario

Il seminario presentato agli studenti è stato della durata di 2 giornate, otto ore per giorno – dalle 09:30 alle 13:30 e dalle 14:30 alle 18:30 – per un totale di 16 ore. Vista la tipologia del Seminario, era impensabile far partecipare tutti e 120 gli studenti contemporaneamente, quindi sono state effettuate 3 edizioni che prevedevano, per ogni edizione, la presenza di 40 partecipanti.

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Il Seminario è stato presentato agli studenti attraverso un pieghevole che ne illustrava sia la metodologia che il programma didattico (vedi figura 2).

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La scelta dei 40 studenti che avrebbero partecipato al seminario è stata effettuata con una funzione di EXCEL in modo da assegnare la presenza ad ogni edizione in modo casuale, come vedremo in dettaglio nel capitolo relativo ai metodi dello studio.

Il programma didattico del seminario è strato strutturato in modo da introdurre, passo dopo passo, gli aspetti sia della comunicazione che della percezione empatica, per raggiungere, al temine del seminario, l’acquisizione e delle tecniche comunicative e delle abilità empatiche necessarie per gestire una relazione d’aiuto.

In dettaglio, il programma è stato così strutturato: • PRIMA GIORNATA

o Presentazione del seminario o La percezione del corpo

o Effetti e dinamiche della comunicazione non verbale

o Effetti e dinamiche della comunicazione verbale e paraverbale o Incongruenze tra comunicazione non verbale, verbale e

paraverbale

o L’ascolto selettivo, l’ascolto riflessivo e l’ascolto attivo • SECONDA GIORNATA

o L’empatia

o Le strategie comunicative o Le dinamiche relazionali o Il mimetismo

o L’assertività e le strategie assertive o La comunicazione empatica

o Strutturazione della relazione d’aiuto o Simulazioni e discussioni

Andiamo ad analizzare i punti salenti di ogni argomento trattato nel programma in modo da far capire al lettore come è stato approcciato didatticamente ogni aspetto.

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25

4.2 Prima giornata

Come abbiamo visto, la scelta dei partecipanti ad ogni edizione è avvenuta, volutamente, in modo causale, ma per limitare ancora di più che si formassero in aula coppie o piccoli gruppi di persone che avessero maggiore confidenza o amicizia tra loro è stata adottata un’ulteriore strategia. Quindi, anche l’ingresso in aula è stato organizzato in modo casuale, utilizzando un group playing (o playgroup), “la fila dei numeri” (vedi figura 3); che consiste nel far scegliere a ciascuno studente, in modo casuale da un sacchetto, un cartoncino tra i 40 presenti, riportante un numero casuale compreso tra 1 e 6.000.000. Gli studenti non possono visualizzare il numero riportato sul cartellino pescato fino al “VIA” del conduttore (in questo caso il docente). Una volta che tutti gli studenti hanno pescato il cartellino, il conduttore spiega loro che hanno tre minuti per formare una fila indiana disponendosi in ordine crescente in base al numero che hanno pescato. In questo ordine poi gli studenti entreranno in aula, mantenendo lo stesso ordine della fila indiana ottenuta, sedendosi su sedie posizionate a ferro di cavallo.

Lo scopo di questo group playing, oltre che a creare una disposizione casuale degli studenti in aula, introduce l’importanza della comunicazione di gruppo come elemento di risoluzione di un problema dato e stimola, fin da subito, la socializzazione del gruppo.

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26

È stato interessante vedere, in tutte e tre le edizioni, come fin da subito gli studenti hanno percepito la “sfida”, organizzandosi per risolvere, entro il tempo stabilito, il problema dato; l’individuazione di team leader in modo spontaneo è avvenuta quasi immediatamente e il buon lavoro di gruppo ha portato alla soluzione del problema nei tempi dati.

4.2.1 Presentazione del Seminario

In questa fase, dopo la presentazione di ciascun partecipante al quale, oltre al proprio nome e cognome veniva chiesto di esprimere quale fosse il suo stato d’animo in quel momento e che aspettative avesse dal Seminario, venivano di seguito illustrate le tematiche affrontate durante l’evento formativo specificando, con particolare attenzione, quale fosse la strategia pedagogica applicata.

In questa fase, veniva comunicato agli studenti che il punto cardine del seminario sarebbero stati loro, coinvolti in prima persona, nello sperimentare sia la comunicazione che l’empatia.

4.2.2 La percezione del corpo

Questo argomento ha voluto focalizzare l’attenzione degli studenti sull’importanza della propria percezione del corpo.

L’elemento di riflessione che è stato posto ai partecipanti è stato:

“La percezione del proprio corpo non è altro che una rappresentazione mentale di esso, tutta nostra, molto soggettiva. Infatti nella maggior parte dei casi, la nostra rappresentazione non corrisponde affatto a quello che è la rappresentazione reale, a quello che, in poche parole, viene percepito dall’esterno.”

Per far sperimentare agli studenti quanto detto è stata condotta un’esperienza di rilassamento collettivo con conseguente suggestione ipnotica, sfruttando il principio

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27

del monoidealismo plastico1, al fine di far percepire quanto fosse spesso poco realistica la propicezione del corpo.

L’esperienza proposta, denominata “il secchiello con la sabbia”, consiste nel far immaginare loro, dopo una tecnica di rilassamento collettivo ad occhi chiusi, di avere due secchielli, uno in ciascuna mano, e di immaginare che in uno di essi venisse introdotta sabbia e che il secchiello diventasse sempre più pesante. Alla fine dell’esperienza veniva chiesto agli studenti di rimanere immobili e di aprire gli occhi. Con stupore, essi, constatavano che il braccio, dove immaginavano il secchiello con la sabbia, fosse più basso rispetto all’altro, senza che loro ne avessero avuto la percezione.

L’effetto di questa esperienza era quello di far prendere consapevolezza di come spesso, anche se involontariamente, la nostra percezione del corpo sia distorta rispetto alla realtà.

Successivamente sono stati proposti agli studenti altri due group playing sulla percezione del corpo, uno relativo alla connessione corpo-mente e uno relativo alla percezione del movimento del corpo. Il primo mirava a far percepire allo studente come la mente poteva influenzare l’espressione corporea e il secondo come spesso la percezione del movimento del corpo viene percepito in modo distorto a livello mentale.

4.2.3 Effetti e dinamiche della comunicazione non verbale

Nell’affrontare le dinamiche della comunicazione non verbale, abbiamo voluto sottolineare il primo principio della comunicazione e cioè, come espresso dalla scuola di Palo Alto, il concetto dell’impossibilità di non comunicare. Uno studente, preso casualmente, è stato fatto uscire e gli è stato detto di rientrare, seduto al centro dell’aula e di non comunicare niente. Agli altri studenti, presenti in aula, è stato chiesto di esprimere cosa lui stesse comunicando (vedi figura 4). La percezione degli studenti in

1 Capacità di modellare, a livello mentale, un’unica idea, attraverso tecniche ipnotiche.

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28

aula è stata varia, chi percepiva disagio, chi ansia, chi imbarazzo, chi rabbia… ma nessuno ha sostenuto che lo studente non stesse comunicando.

Presa consapevolezza del primo assioma sulla comunicazione, agli studenti sono state fatte vedere immagini di posture del corpo come espressione di stati d’animo. Al termine della presentazione gli studenti sono stati coinvolti nel “gioco dei mimi” (vedi figura 5)

Figura 4 - impossibile non comunicare (immagine estratta dal seminario)

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29

È un gioco? Si! banale? Forse! ma crea la giusta percezione nello studente di quanto col corpo si possa esprime senza usare le parole, creando si, divertimento e ilarità, ma al contempo generando consapevolezza di quanto il corpo giochi un ruolo predominate nella comunicazione.

Un altro aspetto della comunicazione non verbale affrontato durante il seminario è stato quello relativo alla “distorsione” del messaggio corporeo, e precisamente far percepire come, un messaggio espresso dal corpo possa essere frainteso e distorto quando percepito da un’altra persona, anche perché, l’espressione corporea lascia nell’interlocutore un’espressione del messaggio. (vedi figura 6).

L’esperienza proposta ha suscitato sia un importante coinvolgimento degli studenti che, con estremo divertimento hanno percepito quanto, anche il messaggio non verbale lasci un’impronta soggettiva nel destinatario, e come questa possa essere, talvolta, percepita in modo distorto.

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30

4.2.4 Effetti e dinamiche della comunicazione verbale e

paraverbale

In questa fase del seminario, sono state affrontate le problematiche relative alla comunicazione verbale e paraverbale ponendo l’attenzione sull’importanza nella scelta delle parole in base al contesto ad al livello culturale dell’interlocutore, inoltre è stata posta l’attenzione sull’importanza della costruzione della frase.

Successivamente è stato introdotto il peso che ha l’espressione facciale, il volume e il tono della voce nella comunicazione e che, se non associate correttamente al verbale, possono creare distorsioni nel messaggio.

4.2.5 Incongruenze tra comunicazione non verbale, verbale e

paraverbale

L’argomento è stato affrontato spiegando come il corretto connubio tra comunicazione non verbale, verbale e paraverbale sia fondamentale per la corretta trasmissione del messaggio e come se, anche solo uno dei tre elementi è incongruente rispetto agli altri, si creano distorsioni del messaggio. È stato fatto presente inoltre di quanto questo sia importante in quanto, solo il 7% dell’efficacia comunicativa è rappresentata dalla comunicazione verbale, e quando il messaggio verbale discorda dal non verbale e dal paraverbale in genere risulta veritiera, per il destinatario, l’impressione percepita dal non verbale e dal paraverbale.

Per far sperimentare questo aspetto della comunicazione, gli studenti sono stati divisi in 5 gruppi di 8 studenti ciascuno ed è stato chiesto loro di ideare “scenette”, dove ci fossero all’interno incongruenze tra comunicazione verbale, non verbale e paraverbale. Ideate le scenette sono state rappresentate da ciascun gruppo e il resto della classe doveva individuarne le incongruenze (vedi figura 7).

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4.2.6 L’ascolto selettivo, l’ascolto riflessivo e l’ascolto attivo

Come argomento conclusivo della prima giornata è stato affrontato il problema dell’ascolto dando agli studenti le nozioni di ascolto selettivo e di ascolto riflessivo, focalizzando poi l’attenzione sull’ascolto attivo, le sue dinamiche e sull’importanza che esso gioca in ambito comunicativo.

4.3 Seconda giornata

Mentre nella prima giornata sono stati affrontanti argomenti inerenti alla teoria della comunicazione, giusto per fornire strumenti utili in tal senso, nella seconda giornata abbiamo cercato di unire questi strumenti al fine di gestire in modo consapevole e strutturato una relazione d’aiuto, fornire elementi strategici per una miglior gestione delle dinamiche relazionali entrando così nel vivo di quello che è la comunicazione empatica

(33)

32

Infatti, la prima parte della mattinata della seconda giornata è stata improntata proprio sulla consapevolezza e sulla percezione dell’empatia.

4.3.1 L’empatia

Questo aspetto, fondamentale, del seminario è stato trattato cercando di non dare definizioni o spiegare che cos’è l’empatia, ma la strategia pedagogica adottata è stata puramente di carattere euristico, cercando di portare lo studente a fare esperienza diretta dell’empatia.

Inizialmente è stato fatto vedere un cortometraggio animato dal titolo “Il valore dell’empatia - mouse for sale” che offriva, in modo saliente, spunti di riflessione su questo tema (vedi figura 8).

Dopo la visione del video, agli studenti è stato chiesto di esprimere le loro impressioni e considerazioni sulle emozioni che il cortometraggio avesse in loro suscitato.

Personalmente ho riscontrato, oltre all’interesse mostrato, un coinvolgimento emotivo, forse inaspettato da parte degli studenti, unito all’individuazione di tutti gli aspetti rilevanti che il cortometraggio esprimeva relativamente all’empatia.

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33

Finito il momento di discussione relativo al video, gli studenti sono stati divisi in coppie formate secondo un criterio specifico. Ad uno studente veniva chiesto di scegliere lo studente che conosceva meno o con il quale avesse meno confidenza. In questo modo si sono formate le coppie, alle quali è stato dato circa 20 minuti di tempo per parlare. Uno dei due doveva raccontare all’altro un episodio della sua vita emotivamente coinvolgente, e l’altro, applicando le tecniche dell’ascolto attivo, doveva semplicemente ascoltare. La scelta di chi doveva raccontarsi e di chi doveva ascoltare era lasciata, come libera scelta, alla coppia di studenti.

Rientrati in aula, gli studenti che si erano raccontati sedevano su sedie poste in cerchio, e dietro di loro, in piedi, si collocava il compagno che aveva ascoltato. Questo dava origine al “cerchio dell’empatia” (vedi figura 9).

Lo studente che era in “modalità” di ascolto, doveva esprimere l’emotività percepita dal compagno che si era raccontato, e chi si era raccontato doveva dare conferma o meno dell’interpretazione data. Il fatto che nella disposizione fisica, chi aveva ascoltato, fosse dietro al relativo compagno, era perché non venisse condizionato dagli sguardi o dall’espressività di chi si era raccontato, ma parlasse in modo libero e senza condizionamenti.

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34

È stato uno dei momenti più belli e significativi del seminario, l’atmosfera che si respirava durante l’esperienza era impregnata di silenzio, attenzione e coinvolgimento. Anche gli studenti hanno espresso un parere favorevole dell’esperienza fatta e, molti di loro, hanno asserito che è stata sia istruttiva che emotivamente coinvolgente. Il coinvolgimento degli studenti è stato tale che ha dato origine anche a momenti di commozione e di profonda riflessione… insomma, in quel cerchio, si respirava l’empatia.

4.3.2 Le strategie comunicative

In questa parte del seminario, agli studenti sono state forniti elementi di strategie in ambito comunicativo e, per sottolineare l’impatto che ha la comunicazione non verbale, sono stati mostrati loro due spezzoni di film, prima senza audio chiedendo successivamente loro cosa avessero percepito vedendo solo le immagini; successivamente sono stati riprodotti gli stessi spezzoni di film con l’audio che, confermava esattamente le situazioni e gli stati d’animo degli attori, percepite dagli studenti.

4.3.3 Le dinamiche relazionali

Questo argomento, che inizia in pratica a mettere insieme tutti i punti trattati, è stato presentato agli studenti fornendo loro il concetto di relazione, con particolare riferimento alla relazione d’aiuto e successivamente sono stati fatti vedere loro due spezzoni tratti dal film “La forza della mente – 2001” relativi a due colloqui in ambito sanitario; il primo spezzone è relativo alla comunicazione, da parte del medico, della diagnosi di cancro alla paziente e dell’iter diagnostico-terapeutico che avrebbe dovuto seguire, il secondo spezzone relativo al colloquio dell’infermiera di turno di notte con la paziente che ormai consapevole dell’esito infausto della malattia.

Dopo la visione delle parti del film, gli studenti sono stati divisi in 8 gruppi di 5 studenti ciascuno e, in base al percorso fatto durante il seminario, dovevano individuare i punti di forza e i punti di debolezza degli aspetti comunicativo-relazionali

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35

visionati. Successivamente è stato chiesto a ciascun gruppo di esporre il lavoro svolto e praticamente tutti i gruppi di lavoro avevano individuato sia gli aspetti negativi che quelli positivi relativi sia alle tecniche comunicative che alle dinamiche relazionali, cogliendo sfumature e aspetti da me, forse, inaspettati.

4.3.4 Il mimetismo

L’argomento è stato introdotto agli studenti facendo vedere loro un video dove veniva usata questa tecnica e chiedendo loro di cercare di capire quale strategia stesse usando l’emittente nei confronti del destinatario. L’importanza di introdurre questa tecnica è scaturita dal fatto che spesso, in sanità, è difficile instaurare una relazione d’aiuto basata sull’empatia, vuoi per lo stato d’animo del paziente e/o dei familiari, sia perché spesso il setting non aiuta e quindi, avere strumenti che possono portare la relazione più su un piano empatico sono, ad avviso dello scrivente, utili.

Il mimetismo non è altro che rispecchiare comportamenti, tono della voce, velocità dell’eloquio e del linguaggio del nostro interlocutore. Secondo alcuni studi, il mimetismo è alla base di una relazione terapeutica efficacie (Fioretto F. at al., 2015).

4.3.5 L’assertività e le strategie assertive

Questo argomento è stato affrontato fornendo agli studenti il concetto di assertività e relativamente il concetto e le strategie della comunicazione assertiva, specificando quanto essa trovi spazio nella relazione d’aiuto.

Agli studenti è strato mostrato un video relativo alla comunicazione passiva e successivamente lo stesso video, però improntato sulla comunicazione assertiva. Successivamente è stato chiesto loro di trovare le differenze sostanziali tra il primo e il secondo video.

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36

4.3.6 La comunicazione empatica

Questo argomento è stato trattato esclusivamente con strategia pedagogica esclusivamente esperienziale, cioè, è stato chiesto agli studenti, suddivisi in gruppi, di elaborare una definizione, e relativa motivazione, di comunicazione empatica in base all’esperienza fatta fino a quel momento del seminario. Praticamente il concetto di comunicazione empatica scaturiva coniugando tutti gli elementi sperimentati durante il seminario.

Il risultato è stato che tutti i gruppi avevano percepito il concetto di comunicazione empatica motivandolo efficacemente.

4.3.7 Strutturazione della relazione d’aiuto

In questa sessione del seminario sono stati forniti agli studenti gli elementi per strutturare una relazione d’aiuto seguendo lo schema del modello Kalamazoo.

4.3.8 Simulazioni e discussioni

Questa parte del seminario ha visto coinvolti gli studenti per gran parete del pomeriggio della seconda giornata. Sono stati formati 5 gruppi di lavoro e a ciascun gruppo è stato chiesto di creare scenari che prevedessero la necessità di instaurare una relazione d’aiuto da sottoporre successivamente ad uno o più studenti degli altri gruppi (Vedi figura 10). Il tempo dato loro per la creazione degli scenari era di un’ora.

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37

5. LO STUDIO

Come già anticipatamente detto e ampliamente sostenuto nell’introduzione (vedi capitolo 1) oggi, nel percorso formativo dell’infermiere si da poco spazio agli aspetti comunicativo-relazionali della professione stessa. Considerando che la professione infermieristica si basa spesso sulla comunicazione e che questa, talvolta, diventa l’unica fonte d’aiuto per il paziente, questo gap formativo assume rilevante importanza.

A nostro avviso quindi, un infermiere in possesso di un bagaglio culturale mirato non solo all’aspetto “tecnico” della professione, ma anche a quello comunicativo-relazionale, aumenterebbe la sua professionalità e permetterebbe al futuro infermiere di intervenire in quegli aspetti assistenziali nei quali, il supporto emotivo diventa parte essenziale del processo di cura.

Da queste considerazioni nasce l’idea dello studio e cioè, strutturare e proporre agli studenti infermieri, un evento formativo mirato a colmare, anche se in parte, gli aspetti comunicativo-relazionali del futuro professionista e verificare l’impatto che questo avrebbe avuto sulla percezione dell’empatia da parte dello studente stesso.

Da qui è scaturita la nostra domanda di ricerca:

Un evento formativo sulla comunicazione empatica, migliora il livello di empatia percepita negli studenti di infermieristica?

Quindi la nostra popolazione indagata sono stati gli studenti di infermieristica; l’intervento somministrato è stato l’evento formativo e l’outcome, il miglioramento del livello di percezione dell’empatia negli studenti infermieri.

L’ipotesi dello studio è di tipo direzionale, in quanto siamo interessati ad una sola direzione del cambiamento e cioè, il miglioramento della percezione dell’empatia negli studenti d’infermieristica relativamente alla somministrazione dell’intervento formativo.

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38

5.1 Metodi

5.1.1 Progettazione dello studio

Questo studio sperimentale, non controllato, mirava ad esplorare i livelli di empatia prima e dopo la partecipazione ad un intervento formativo (vedi capitolo 4 –

pag. 22) degli studenti del terzo anno del Corso di Laurea in Infermieristica

dell’Università di Pisa, Polo Didattico di Pisa.

5.1.2 I Partecipanti

A tutti gli studenti iscritti al terzo anno del Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università di Pisa – Polo didattico di Pisa, è stata data la possibilità di partecipare al seminario in base ai nostri criteri di inclusione e di esclusione.

• Criteri di inclusione:

o Età maggiore di 18 anni

o Iscrizione al terzo anno di studi in infermieristica dell’Università di Pisa – Polo Didattico di Pisa

• Criteri di esclusione:

o non conclusione del tirocinio clinico del secondo anno di studi

Tutti gli studenti hanno soddisfatto i criteri d’inclusione e nessuno studente ha soddisfatto i criteri di esclusione, quindi l’arruolamento allo studio è stato del 100% dei candidati, per un totale di 122 studenti.

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La presentazione dello studio e del seminario è avvenuta circa un mese prima della sua realizzazione (dicembre 2019) in un incontro informativo svoltosi prima dell’inizio del laboratorio di interpretazione dell’ECG, nel quale venivano date le informazioni relative allo scopo ed alle caratteristiche del seminario e fornito loro il pieghevole illustrativo (vedi pag. 23).

Durante l’incontro gli studenti venivano inoltre informati che le ore del seminario sarebbero state riconosciute come ore di tirocinio clinico svolto.

La partecipazione all’evento formativo è stata del 100% dei candidati ammessi.

5.1.3 Impostazione dello studio e periodo

Lo studio in oggetto è stato realizzato nel periodo che va da novembre 2019 a gennaio 2020 e cioè durante il primo semestre dell’anno accademico.

Nel mese di novembre, in occasione dei laboratori professionalizzanti, a ciascuno studente è stato somministrato il questionario JSE-HPS (vedi paragrafo 3.2

– pag. 20) spiegando loro che era per uno studio senza però specificare quale fosse.

Le tre edizioni del seminario si sono svolte nei seguenti giorni: - prima edizione: 13-14 gennaio 2020

- seconda edizione: 20-21 gennaio 2020 - terza edizione: 27-28 gennaio 2020

La partecipazione alle prime 2 edizioni è stato di 41 studenti ciascuna e per la terza edizione il numero dei partecipanti è stato di 40.

La formazione dei tre gruppi è avvenuta in modo casuale utilizzando la funzione di EXCEL “CASUALE.TRA (X1;Xn)” che estrae casualmente un numero da un intervallo dato; in questo caso l’intervallo era tra 1 e 122.

I nominativi degli studenti erano riportati in ordine alfabetico in un elenco e rispettivamente numerati da 1 a 122. I primi 41 sorteggiati hanno partecipato alla prima

(41)

40

edizione, i secondi 41 alla seconda edizione e gli ultimi 40 rimasti hanno partecipato alla terza edizione. Agli studenti non è stata data la possibilità di interscambiarsi tra un’edizione e l’altra tranne alcuni rari casi (5 in totale) per comprovate esigenze e previa autorizzazione. Al termine di ogni edizione, agli studenti è stato somministrato nuovamente il questionario JSE-HPS ed inoltre un questionario di gradimento relativo al seminario.

Studenti reclutati per lo studio (122) Ottobre 2019 Somministrazione JSE-HPS Novembre 2019 Suddivisione studenti in 3 gruppi Dicembre 2019 Gruppo 1 41 studenti Gruppo 2 41 studenti Gruppo 3 40 studenti 1° edizione 13-14/01/2020 2° adizione 20-21/01/2020 3° edizione 27-28/01/2020 Somm. JSE-HPS e questionario di gradimento Somm. JSE-HPS e questionario di gradimento Somm. JSE-HPS e questionario di gradimento Presentazione seminario Dicembre 2019

Analisi dei dati

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41

5.2 Analisi dei dati

Abbiamo analizzato i dati utilizzando Microsoft Excel versione 16.42 (Licenza Microsoft 365 abbonamento UNIPI). Per le variabili nominali abbiamo eseguito analisi descrittive utilizzando frequenze assolute e frequenze relative espresse in percentuali. Le variabili ordinali sono state analizzate utilizzando mediane (MED) e intervalli interquartili (IQR). Per confrontare i risultati ottenuti è stato utilizzato il T

test a due code per dati appaiati.La significatività statistica è stata fissata a p < 0.05. I dati analizzati sono relativi ai questionari JSE-HPS somministrati prima e dopo la partecipazione degli studenti al seminario; inoltre verranno analizzati i dati relativi al questionario di gradimento dell’evento formativo.

5.3 Risultati

5.3.1 Questionario JSE-HPS

Iniziamo analizzando i risultati relativi al questionario JSE-HPS, volto a misurare soggettivamente il livello di empatia degli studenti rispettivamente alle somministrazioni dello stesso prima e dopo il seminario. Il questionario, essendo composto da 20 items, al fine di fornire un’interpretazione grafica dei dati ottenuti meglio interpretabile, gli stessi verranno analizzeremo a gruppi di 5.

I questionari somministrati, sia in fase pre-seminario che post-seminario, sono stati rispettivamente 122 per un totale di 244; di questi, ne sono stati analizzati:

• 112 tra quelli somministrati pre-seminario; 10 scartati perché incompleti;

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42

• 110 tra quelli somministrati post-seminario; 10 scartati perché incompleti e 2 non pervenuti.

I dati ottenuti sono stati riportati in tabelle comparative tra i dati raccolti pre-seminario e quelli raccolti post-seminario in modo da avere per ogni affermazione

proposta dal questionario un confronto immediato. Le tabelle riportano, per ogni item i seguenti dati:

• Item: numero dell’affermazione,

• Affermazione: affermazione proposta dal questionario allo studente, • Min: minimo valore ottenuto tra le risposte date

• Max: massimo valore ottenuto tra le risposte date

• Mediana: valore mediano ottenuto tra tutte le risposte date • IQR: range interquartile (range tra 3° quartile e 1° quartile)

Per la rappresentazione grafica dei risultati ottenuti è stata usata la tipologia di grafici box and whiskers.

Sotto ogni tabella saranno riportate le rappresentazioni grafiche dei dati riportati in tabella.

(44)

43

Tabella 1: item 1-5 della JSE-HPS

Min Max Mediana IQR Min Max Mediana IQR

1

La comprensione dello stato emotivo dei pazienti e dei loro familiari da parte dei professionisti sanitari non influisce sull'esito delle cure.

1 7 7 1 5 7 7 0

2

I pazienti si sentono meglio quando i professionisti sanitari comprendono i loro stati emotivi.

1 7 7 1 2 7 7 0

3 Per un prefessionista sanitario è difficile vedere le cose da un punto di vista dei pazienti 1 7 4 2 3 7 6 1,75

4

Nella realazionetra professionista sanitario e paziente la comprensione del linguaggio del corpo è tanto importante quanto la comunicazione verbale.

2 7 7 1 1 7 7 0

5

Il senso dell'umorismo del professionista sanitario contribuisce ad un migliore risultato clinico.

1 7 5 2 5 7 6 1

pre-seminario post-seminario Item affermazione

Grafico 1: items 1-5 HSE-HPS pre-seminario

Riferimenti

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