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Effetti del livello socio-culturale familiare sul comportamento adattivo di bambini in eta prescolare.

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Academic year: 2021

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INDICE

RIASSUNTO 3 INTRODUZIONE 5 1) COMPORTAMENTO ADATTIVO 6 1.1 Definizione 6 1.2 Storia 6 1.3 Caratteristiche 8 1.4 Strumenti di misura 11 1.5 Vineland-II 14 1.5.1 Obiettivo 15

1.5.2 Caratteristiche e organizzazione delle scale 16

1.5.3 Somministrazione 17 1.5.4 Standardizzazione americana 18 1.5.5 Proprietà psicometriche 18 2) LIVELLO SOCIO-CULTURALE 23 2.1 Definizione 23 2.2 Status socio-economico 23

2.2.1 Scala delle categorie professionali 27

2.3 Capitale culturale 28

2.3.1 Questionario sugli Interessi Culturali 30

2.4 Capitale sociale 31

2.4.1 Scala Capitale Sociale Personale 34

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2 3) RICERCA 41 3.1 Obiettivi 41 3.2 Metodo 41 3.2.1 Partecipanti 41 3.2.2 Strumenti 43

3.2.2.1 Scala Desiderabilità Sociale 44

3.2.3 Procedura 45

3.3 Risultati 48

3.4 Discussione 59

BIBLIOGRAFIA 64

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RIASSUNTO

Obiettivo. La presente indagine ha avuto l’obiettivo di indagare l’effetto degli indicatori di livello socio-culturale status socio-economico, tipo di professione, capitale culturale e capitale sociale di madre e padre sulle varie dimensioni di comportamento adattivo comunicazione, abilità del vivere quotidiano, socializzazione di un gruppo di bambini in età prescolare.

Metodo. Entrambi i genitori hanno compilato questionari specifici per rilevare i vari indicatori di livello socio-culturale. Inoltre, sono state compilate le scale Vineland-II con uno dei due genitori per indagare le dimensioni di comportamento adattivo del figlio. Quindi con opportuni metodi di analisi dei dati è stato indagato se gli indicatori di livello socio-culturale avevano effetti statisticamente significativi sui punteggi grezzi nelle scale, sub-scale e Scala Composta delle Vineland-II.

Risultati. E’ emerso che il livello d’istruzione della madre influenza positivamente la sub-scala Motorie Grossolane, mentre il livello d’istruzione del padre la scala Comunicazione e le sue scale Ricezione ed Espressione, le sub-scale Domestico (Abilità del vivere quotidiano) e Regole sociali (Socializzazione). Il tipo di professione del padre ha un effetto positivo sulle sub-scale Ricezione ed Espressione. Il capitale culturale della madre influenza positivamente la scala Abilità del vivere quotidiano e la sua sub-scala Personale. Il capitale sociale della madre influenza positivamente la sub-scala della Socializzazione Gioco e tempo libero.

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4 Conclusione: I risultati indicano che i diversi indicatori di livello socio-culturale familiare di madre e padre determinano effetti differenti sulle varie dimensioni di comportamento adattivo dei propri figli.

Parole chiave:

Comportamento adattivo, Vineland-II, Status socio-economico, Capitale culturale, Capitale sociale.

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5

INTRODUZIONE

Ciascun individuo è chiamato a rispondere a specifiche richieste ed aspettative che provengono dalla società e cultura di appartenenza, per potersi relazionare con le altre persone e per raggiungere gli obiettivi di autonomia ed indipendenza previsti per la sua età. Allo stesso tempo, ognuno di noi possiede un diverso background familiare da cui derivano diverse condizioni economiche, culturali e sociali che influenzano il funzionamento adattivo dei bambini e degli adulti. Per questo, l’obiettivo della presente ricerca è stato quello d’indagare il legame esistente tra il costrutto di livello socio-culturale e quello di comportamento adattivo.

Nel primo capitolo, viene fornita la definizione di comportamento adattivo e successivamente viene delineato il suo percorso storico, le sue caratteristiche e gli strumenti maggiormente utilizzati per la sua misurazione. In modo particolare, le Vineland-II, le scale che sono state utilizzate per la rilevazione del comportamento adattivo dei bambini durante la fase della ricerca.

Nel secondo capitolo, vengono descritti i vari indicatori di livello socio-culturale: status socio-economico (istruzione e professione), capitale culturale, capitale sociale e gli strumenti utilizzati per la loro valutazione. Inoltre, una parte è dedicata alla rassegna delle diverse ricerche condotte per indagare l’influenza del livello socio-culturale sul comportamento adattivo.

Il terzo capitolo è quello dedicato alla Ricerca, in cui sono stati descritti gli obiettivi, il metodo e i risultati ottenuti con le indagini statistiche.

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6 CAPITOLO 1

COMPORTAMENTO ADATTIVO

1.1 Definizione

Autori come Itard e Haslan nel 1819, Seguin nel 1837, Voisin nel 1943, Howe nel 1858 e Goddard nel 1914, parlando di ritardo mentale, menzionavano già abilità simili a quelle adattive parlando di competenza sociale, abilità, capacità di badare a sé nella vita quotidiana ed adattabilità all’ambiente (Horton, 1966), ma è l’American Association on Intellectual and Developmental Disabilities (AAIDD; Schalock, Borthwick-Duffy, Bradley, Buntinx, Coulter, Craig et al., 2010) nel 2010 ad elaborare la più recente definizione di comportamento adattivo (CA) descrivendolo come l’insieme delle abilità concettuali, sociali e pratiche che sono apprese e messe in atto dalle persone nella loro vita quotidiana.

1.2 Storia

Il concetto di CA si è sviluppato in modo più ampio quando nel 1959 l’American Association on Mental Deficiency (AAMD, ora, AAIDD), con la sesta edizione del manuale di definizione e classificazione, lo ha inserito nella definizione di ritardo mentale (ora denominato disabilità intellettiva) rappresentando una svolta rispetto agli anni precedenti. Quest’ultima è considerata come un funzionamento intellettivo inferiore alla media che trae la sua origine nel periodo evolutivo che si accompagna a inadeguatezza del CA (Heber, 1961). Con la nuova prospettiva, un bambino con basso QI ma con un buon funzionamento adattivo, non era più considerato affetto da disabilità intellettiva.

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7 Nei successivi anni Settanta, Grossman (1973, p.11) definisce il CA come “l’efficacia e il grado con cui l’individuo raggiunge gli standard d’indipendenza personale e responsabilità propri dell’età e del gruppo culturale di appartenenza”. Nello stesso periodo aumentò l’interesse per la tutela dei diritti degli individui con disabilità intellettiva e della loro integrazione nella comunità, in particolare nella scuola ordinaria. Un esempio congruente a tale interesse è la legge 33, approvata dal Senato della California nel 1971, nella quale era previsto che prima dell’assegnazione a classi di istruzione speciale, i bambini fossero valutati anche in base al CA. Alla fine degli anni Settanta, l’interesse per il CA si allargò all’ambito di ricerca (Nihira, 1999). L’attenzione nei confronti di questo argomento continuò anche nei successivi anni Ottanta, ciò è dimostrato dal fatto che si moltiplicarono gli strumenti per la sua valutazione, tanto che in uno studio condotto da Meyers, Nihira e Zetlin (1979) vennero indicate ben 136 checklist e scale di CA.

Durante gli anni Ottanta, le misure di valutazione del CA continuarono a rappresentare uno strumento efficace per sviluppare programmi educativi, che permettessero agli individui con disabilità di vivere in ambienti meno restrittivi e per individuare programmi di transizione per un inserimento nella comunità (Silverman, Silver, Sersen, Lubin & Schewartz, 1986). Contemporaneamente all’amplificazione dell’interesse rivolto al CA iniziarono ad emergere anche opinioni negative rispetto al costrutto; ricercatori come Zigler, Balla e Hodapp (1984) ritenevano le sue nozioni troppo vaghe e di validità discutibile per gli scopi classificatori.

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8 Negli anni Novanta, il focus di interesse degli studi è stato rivolto alla natura, allo sviluppo e alla struttura fattoriale del CA (Thompson, McGrew & Bruininks, 1999; Widaman, Borthwick–Duffy & Little, 1991). Le altre ricerche condotte indagavano la relazione del CA con altre dimensioni, come l’intelligenza concettuale e le abilità sociali (Greenspan, 1997). Infine, altri studi si sono concentrati sui pattern tipici di CA di individui con disturbi specifici ad esempio la sindrome di Down o l’autismo (Loveland & Kelley, 1991). A partire dal 2000, l’attenzione degli studi sul funzionamento adattivo si è ampliata ulteriormente, un esempio riguarda la comprensione dell’influenza della cultura (Bornstein, Giusti, Leach & Venuti, 2005) e dell’ambiente (Greenfield, Iruka & Munis, 2004) sul CA. In questi anni sono anche state predisposte nuove scale di valutazione come ad esempio le Vineland Adaptive Behavior Scale II (Sparrow, Cicchetti & Balla, 2005).

1.3 Caratteristiche

Nella letteratura scientifica vi è accordo nel sostenere che il CA è:

Multidimensionale e gerarchico. Heber (1959) aveva inizialmente ipotizzato che il CA fosse composto da tre fattori primari: maturazione, apprendimento e adattamento sociale. Successivamente, sono state proposte soluzioni alternative. Nel 1992, l’AAIDD (Luckasson, Coulter, Polloway, Reiss, Schalock, Snell et al., 1992) ha individuato dieci distinte abilità adattive: comunicazione, autoaccudimento, vita domestica, abilità sociali, utilizzo delle risorse della comunità, autodeterminazione, salute e sicurezza, scuola, tempo libero, lavoro. Successivamente, nel 1999, l’AAIDD (Heal & Tassé, 1999) ne ha

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9 proposte dodici: abilità espressive, abilità recettive, lettura/scrittura, calcolo, cura di sé, cura della propria salute, sicurezza, abilità domestiche, uso dei servizi della comunità, relazione con gli altri, gestione del tempo libero, abilità professionali. Attualmente, grazie alle indagini empiriche (fattoriali esplorative e confermative) condotte sul CA è emerso che le abilità adattive possono essere ricondotte alle tre dimensioni primarie (Thompson et al., 1999) incluse nella definizione del 2010, ossia abilità concettuali, sociali e pratiche.

Le abilità concettuali comprendono: linguaggio, lettura e scrittura, comprensione dei concetti di denaro, tempo e numeri. Le abilità sociali includono: abilità interpersonali, responsabilità sociale, rispetto delle regole e delle leggi, autostima, cautela ed evitamento di situazioni sociali pericolose, scaltrezza e non raggirabilità. Infine, le abilità pratiche contengono: cura della persona, della propria salute e della casa, rispetto delle regole di sicurezza, abilità al lavoro, rispetto delle scadenze quotidiane, uso del denaro, del telefono e dei mezzi di trasporto.

Età - specifico. I comportamenti attesi, per ciascun individuo, dipendono dalla sua età. Il CA si sviluppa in età evolutiva, raggiunge un plateau in età adulta e poi declina in età avanzata (Harrison, 1990; Widaman et al., 1991).

Contesto-specifico. Per ogni età, i livelli di CA adeguati dipendono dalle aspettative dell’ambiente in cui l’individuo vive (Barclay, Drotar, Favell, Foxx, Gardner, Iwata et al., 1996; Bornstein et al., 2005). La valutazione del CA è sempre specifica al contesto in cui esso si manifesta. Uno studio, condotto sugli abitanti dell’Alto Adige sull’influenza della cultura sul CA (Taverna, Bornstein, Putnick & Axia, 2011), conferma questo elemento. In questa ricerca è stato

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10 confrontato il comportamento quotidiano dei bambini italiani con quello dei bambini austro-tedeschi. Nonostante questi due gruppi etnici convivano nella stessa area geografica hanno mantenuto i propri patrimoni culturali distinti. In particolare, i bambini austro-tedeschi sembrano avere migliori prestazioni rispetto ai bambini italiani nella sub-scala Espressione della scala Comunicazione, in tutte le sub-scale della scala Abilità del vivere quotidiano e nelle sub-scale della scala Socializzazione delle Vineland-II. Gli autori di questo studio ipotizzano che le madri italiane tendono a “scoraggiare” la messa in atto di alcuni comportamenti autonomi da parte dei propri figli (ad esempio, quello di esplorare l’ambiente che li circonda). Contrariamente, le madri tedesche tenderebbero a promuovere una precoce autonomia nei propri figli.

L’influenza che la cultura ha sul comportamento dell’individuo viene sottolineata ulteriormente, dalle definizioni di disabilità intellettiva dell’AAIDD del 1992 e del 2002 (Wehmeyer, 2003).

Performance tipica. Il CA riguarda le attività che l’individuo svolge abitualmente e non quelle che potrebbe svolgere (Barclay et al., 1996). Vari fattori possono impedire la messa in atto delle abilità apprese, ad esempio, mancanza di opportunità, demotivazione, limitazioni fisiche o disagi psicopatologici.

Modificabile e di natura evolutiva. Riguarda attività che possono modificarsi nel tempo, migliorando o peggiorando a seconda degli eventi (Sparrow et al., 2005). Con lo sviluppo, il CA tende a migliorare perché si arricchisce di nuove esperienze di vita. Alcuni eventi possono determinare dei cambiamenti nel comportamento dell’individuo, come ad esempio, gli interventi

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11 riabilitativi/educativi, le modifiche dell’ambiente e i traumi di natura fisica o psicologica.

1.4 Strumenti di misura

L’inclusione del CA nella definizione operativa di disabilità intellettiva (Heber, 1959) ha creato la necessità di individuare strumenti per misurare tale costrutto. Agli inizi degli anni Sessanta, l’unico test disponibile erano le Vineland Social Maturity Scales (VSMS) pubblicate da Edgar Doll nel 1936, ma esse non erano considerate uno strumento rigoroso per la misurazione del CA, per questo vennero sviluppate altre scale di misura quali l’Adaptive Behavior Checklist (Nihira, Foster, Shellhaas & Leland, 1968). Le successive revisioni di questa scala hanno portato alla costruzione di quella che oggi è conosciuta come AAMR Adaptive Behavior Scale-School, Second Edition (ABS-S:2; Lambert, Leland & Nihira, 1993). Gli strumenti di valutazione del CA hanno raggiunto la loro massima diffusione negli anni Ottanta per poi continuare a svilupparsi sempre più nel corso del tempo, tanto che oggi se ne contano circa 200. Queste scale, sebbene condividano molti elementi comuni, differiscono tra loro in termini di contenuto, profondità ed ambito d’azione (Spreat, Roszkowski & Isett, 1983). Nello specifico, sono state sviluppate scale di CA anche per scopi diversi rispetto alla diagnosi della disabilità intellettiva, come ad esempio, l’individuazione di programmi di intervento individualizzati e la valutazione dell’efficacia di tali programmi. Considerata l’ampiezza concettuale del CA, non è realistico pensare che lo stesso strumento possa essere utilizzato per ottenere una diagnosi o

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12 classificazione della disabilità intellettiva o per pianificare programmi riabilitativi individualizzati (Otto, McMenemy & Smith, 1973).

Gli strumenti ritenuti più validi per la diagnosi del CA comprendono l’ ABS – S:2 (Lambert et al., 1993), l’Adaptive Behavior Assessment System – Second Edition (ABAS – II; Harrison & Oakland, 2003), le Scales of Independent Behavior – Revised (SIB – R; Bruininks, Woodcock, Weatherman & Hill, 1996) e le Vineland-II. Le ABS – S:2 vengono utilizzate per individui di età compresa tra 3 e 21 anni. Sono suddivise in due sezioni: una dedicata alla valutazione del CA e l’altra per i comportamenti maladattivi. I punteggi forniti da questo strumento consentono di valutare tre domini del CA: autosufficienza personale, responsabilità personale e sociale, autosufficienza all’interno della comunità.

L’ABAS – II è costituita da tre scale che fornisco i punteggi dei tre domini adattivi: abilità concettuali, sociali e pratiche per individui di età compresa tra 0 e 89 anni. Permette inoltre di assegnare punteggi per le abilità specifiche raggruppate in 10 aree di competenze pratiche quotidiane necessarie per rispondere alle richieste dell’ambiente (comunicazione, uso della comunità, abilità accademiche, vita domestica, salute e sicurezza, tempo libero, autodeterminazione, abilità sociali e lavoro). Sono state create cinque forme di ABAS – II: due parent/ caregiver forms (una per soggetti d’età compresa tra 0 e 5 anni e una per quelli tra i 5 e 21 anni), due teacher forms (una per valutare i bambini che hanno tra i 2 e 5 anni e l’altra per la fascia evolutiva superiore tra i 5 e 21 anni) e una adult form (utilizzata con soggetti tra i 16 e 89 anni). La forma per i soggetti adulti può essere direttamente compilata dalla persona valutata, oppure da un’altra persona, come uno dei genitori dell’individuo.

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13 Le SIB – R sono una revisione della precedente versione SIB (Bruininks et al., 1984). Possono essere utilizzate per valutare il CA di individui di età compresa tra i 3 mesi e 80 anni. Sono state sviluppate tre forme di questo strumento: Early Development (3 mesi – 8 anni), Comprehensive Form (3 mesi – 80 anni) e Short Form. Le SIB-R Comprehensive Form contengono due sezioni: una per la valutazione del CA e una per i comportamenti maladattivi. Consentono di ottenere punteggi in quattro domini: abilità motorie, sociali e di comunicazione, abilità di vita personale e di vita comunitaria. La Short Form e Early Development comprendono 40 item, tratti dalla versione completa dello strumento. Essa può essere somministrata come questionario o come intervista a una persona che conosca in modo adeguato l’individuo da valutare oppure, in alcuni casi, può essere direttamente compilata dalla persona interessata.

Le Vineland-II sono la più recente revisione delle VSMS create da Doll nel 1936 e poi revisionate da Sparrow et al. (1984, VABS). La revisione delle VSMS in VABS ha comportato una riduzione delle aree di valutazione, dalle otto originarie della VSMS a quattro (comunicazione, abilità quotidiane, socializzazione e abilità motorie). Le VABS possono essere compilate per soggetti con sviluppo tipico o con disabilità. Di queste sono state pubblicate tre versioni: una forma completa, una forma breve e una versione specifica per la scuola. Le prime due vengono compilate intervistando una persona che conosce in modo dettagliato l’individuo da valutare, mentre la versione scolastica può essere compilata come questionario da parte dell’insegnante.

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14 1.5 Vineland– II

Nella presente ricerca sono state utilizzate le Vineland-II Survey Interview Form (Sparrow et al., 2005), il cui adattamento e standardizzazione sulla popolazione italiana è stata realizzata da Balboni, Belacchi, Bonichini e Coscarelli (in stampa).

Le Vineland-II presentano varie novità rispetto alla precedente versione VABS tra cui l’ampliamento del range di età da 0-18 a 0-90 anni. Inoltre sono stati aggiunti nuovi item riguardanti la valutazione dei bambini molto piccoli e degli adulti. In particolare, i cambiamenti più evidenti comprendono le sub-scale Ricezione ed Espressione della scala Comunicazione, consentendo una misurazione della compromissione qualitativa della comunicazione che è associata ai disturbi dello spettro autistico. In tutte le sub-scale della scala Abilità del vivere quotidiano (Personale, Domestico, Comunità) sono stati inseriti più item per valutare l’autonomia. In questo modo è possibile determinare se l’individuo con deficit di CA possa vivere o meno in un ambiente meno restrittivo possibile. Nelle sub-scale Relazioni interpersonali, Gioco e Tempo libero, del dominio Socializzazione, sono stati aggiunti item che consentono di valutare la capacità di un individuo di comprendere e utilizzare la comunicazione non verbale nelle proprie relazioni interpersonali. In questo modo è possibile individuare eventuali compromissioni qualitative dell’interazione sociale, che è una caratteristica tipica dei soggetti con autismo. Infine, gli item che sono stati inseriti nella versione delle Vineland-II permettono di misurare la credulità, l’ingenuità sociale, la capacità di riconoscere ed evitare vittimizzazione; tutte caratteristiche riscontrate nell’identificazione e classificazione di disabilità intellettiva lieve.

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15 Sono disponibili tre versioni delle Vineland-II: due Survey forms (la Survey Interview Form e la Parent/Caregiver Rating Form), Expanded Interview Form e Teacher Rating Form.

Le due Survey forms sono rivolte a soggetti dalla nascita ai 90 anni e sono composte da 383 item, i quali indagano 4 domini di CA Comunicazione, Abilità del vivere quotidiano, Socializzazione e Abilità motorie. Quest’ultimo dominio non è compreso nel costrutto teorico del CA, ma è considerato necessario per l’espressione di alcune abilità adattive e quindi valutato. Entrambe le forme includono un’area per il comportamento disadattivo che valuta i comportamenti problematici. Ciò che differenzia le due forme è la modalità di compilazione: la prima viene compilata come intervista semi – strutturata a un genitore o caregiver; la seconda è direttamente compilata dal genitore o caregiver.

La Expanded Interview Form consente una valutazione più completa del CA nei suoi 4 domini e fornisce una base per la programmazione di trattamenti educativi e riabilitativi individualizzati.

La Teacher Rating Form offre una valutazione del CA osservabile all’interno dell’ambiente scolastico, utilizzando la forma del questionario compilato direttamente dall’insegnante.

1.5.1 Obiettivo

Le Vineland-II possono essere utilizzate ogni qualvolta è richiesta una valutazione del funzionamento quotidiano di un individuo, relativo a quelle attività che deve svolgere per rispondere alle richieste di autonomia personale e responsabilità sociale per individui di pari età e contesto culturale. Il loro impiego

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16 è destinato a valutazioni diagnostiche in campo educativo e clinico, al monitoraggio di progressi e programmazione di interventi riabilitativi, a progetti di ricerca riguardanti gli effetti di trattamenti clinici sul funzionamento adattivo. Le Vineland-II sono indicate per la diagnosi e classificazione della disabilità intellettiva, ma il loro impiego non è limitato a questo ambito. Sono infatti progettate per aiutare nella diagnosi clinica di una serie di disturbi e disabilità, quali ad esempio i disturbi dello spettro autistico, disturbi di origine genetica, ritardo dello sviluppo, disturbi emotivi e comportamentali.

1.5.2 Caratteristiche e organizzazione delle scale

Le Vineland-II non richiedono la partecipazione diretta dell’individuo valutato, ma prevedono una valutazione indiretta del CA con un’intervista semi-strutturata ad una persona che conosca in modo adeguato il soggetto della valutazione. Con questa modalità è possibile svolgere delle valutazioni anche nei casi in cui le somministrazioni di test sono molto complesse (ad esempio, nei casi di disabilità intellettiva grave o quando il soggetto è affetto da gravi deficit sensoriali e motori). Inoltre consentono di confrontare il CA manifestato dall’individuo in contesti diversi (ad esempio, nel contesto domestico e scolastico intervistando la madre e l’insegnante).

Le Vineland-II comprendono 4 scale e 11 sub-scale: a) Comunicazione, con le rispettive sub-scale Ricezione, Espressione, Scrittura; b) Abilità del vivere quotidiano, con le sub-scale Personale, Domestico, Comunità; c) Socializzazione, con le sub-scale Relazioni Interpersonali, Gioco e Tempo Libero, Regole Sociali; d) Abilità Motorie, con le sub-scale Grossolane e Fini.

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17 Le Vineland-II sono utilizzate per individui da 0 a 90 anni, ad eccezione delle sub-scale Domestico, Comunità e Regole Sociali che possono essere usate per individui da un anno di età, della sub-scala Scrittura riguardante abilità che si sviluppano dal terzo anno di età in poi ed infine delle sub-scale Fini e Grossolane sono utilizzabili dagli 0 ai 7 anni e dai 50 ai 90 anni di età, tranne nei casi di disabilità per i quali la Abilità Motorie deve essere sempre compilata.

1.5.3 Somministrazione

L’intervistato deve essere una persona adulta che abbia familiarità con il comportamento quotidiano dell’individuo valutato e che sia in grado di indicare quanto spesso e come esso metta in atto un determinato comportamento, in modo autonomo e senza che gli venga suggerito di farlo, di conseguenza dovrebbe avere avuto l’opportunità di osservarne il CA dell’individuo in una grande varietà di contesti ambientali. Se l’individuo vive con la famiglia d’origine l’intervistato ideale è un genitore, se vive con il proprio nucleo familiare l’intervistato può essere il partner, un figlio o un amico ed infine se l’individuo vive in un istituto o comunità la persona più indicata a rispondere è l’operatore professionale. La compilazione deve essere realizzata da uno psicologo o altro professionista con formazione all’utilizzo dei test ed in particolare delle scale in oggetto.

L’intervista deve essere condotta ponendo inizialmente delle domande generali che vengono successivamente approfondite con domande più specifiche, in modo da ottenere informazioni più dettagliate. L’intervistatore deve assegnare un punteggio ad ogni item pari a 0, 1 o 2: 2 se il soggetto svolge l’attività in modo soddisfacente e senza che gli venga suggerito di farlo, 1 se il soggetto svolge

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18 l’attività in modo parziale o saltuario, 0 se non la realizza mai senza aiuto e senza suggerimento.

1.5.4 Standardizzazione americana

Le Vineland-II sono state standardizzate con un campione di 3695 persone, rappresentativo della popolazione americana. Il campione normativo era suddiviso in 20 gruppi di età diversa, compresa tra zero e 90 anni, con predominanza di individui in età evolutiva. Tale scelta deriva dalla considerazione che il CA si sviluppa più rapidamente in età giovanile. Ogni gruppo d’età era selezionato per essere equamente diviso tra maschi e femmine e rappresentativo della popolazione degli Stati Uniti per area geografica, status socio-economico e razza/etnia. Il campione normativo comprendeva anche individui con le seguenti disabilità in percentuale simile a quella della popolazione americana: ADHD, autismo (verbale e non verbale), disturbi emotivi e comportamentali, sordità, disturbi specifici dell’apprendimento, disabilità intellettiva (lieve, moderata, grave ed estrema) e deficit visivi.

1.5.5 Proprietà psicometriche

L’attendibilità si riferisce al grado di precisione con cui il test misura il costrutto indagato, cioè il grado con cui il test fornisce misure indipendenti da errori casuali di misurazione. Per le Vineland-II Survey Interview Form sono stati valutati tre tipi diversi di attendibilità: la coerenza interna (grado di correlazione tra due metà equivalenti degli item di una scala, split-half), l’attendibilità test-retest (stabilità dei dati conseguiti in due somministrazioni differite) e

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19 l’attendibilità inter-interviewer (grado di accordo fra due valutazioni svolte da due somministratori indipendenti).

Nello specifico per la valutazione della coerenza interna delle Vineland-II è stato utilizzato il metodo dello split-half. Gli item delle sottoscale sono stati suddivisi in due metà simili per contenuto e per difficoltà, in modo da ottenere due forme parallele del sottodominio. La relazione tra i punteggi delle due metà è stata calcolata con la correlazione r di Pearson, corretta con la formula di Spearman-Brown, in modo da stimare l’affidabilità della coerenza interna del sottodominio. Complessivamente, le stime di affidabilità dei sottodomini sono moderate o alte, con un valore uguale o superiore a .75. L’affidabilità delle sub-scale tende ad essere più alta per i bambini e per le persone con età compresa tra i 72 e 90 anni, e più bassa per individui con età compresa tra 32 e 71 anni. I coefficienti di affidabilità delle scale risultano essere molto alti, con valori compresi tra .80 e .90.

Per la valutazione dell’attendibilità test-retest delle Vineland-II è stato condotto uno studio con 414 individui del campione di standardizzazione, per i quali sono state realizzate due compilazioni distinte a distanza di tempo (tra i 13 e i 34 giorni). In questo caso è stato utilizzato il coefficiente di correlazione intraclasse. L’attendibilità complessiva delle scale rispecchia quella dei sotto-domini, dai quali risultano valori medi compresi tra .88 e .92, ad esclusione del gruppo di individui con età compresa tra 14 e 21 anni (la cui è pari a .76), mentre per il Comportamento Adattivo Composito l’attendibilità è di circa .90 in ogni gruppo d’età, eccetto per il gruppo di adolescenti (dove il valore è di .83).

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20 Per la valutazione degli effetti legati alla variabilità dell’esaminatore, è stato condotto uno studio relativo all’attendibilità inter-interviewer, in cui sono state intervistate 148 persone alle quali sono state somministrate le Vineland-II in due momenti diversi e da due esaminatori distinti. Da questo tipo di indagine emergono delle differenze in base alla fascia d’età esaminata: dalla nascita ai 6 anni e dai 7 ai 18 anni. Nel primo gruppo l’attendibilità tra esaminatori per il Comportamento Adattivo Composito è di .87, mentre il secondo è di .74. Confrontando questi risultati con quelli dello studio condotto per l’attendibilità test-retest, si osserva che sono più bassi. Ciò significa che esiste un moderato effetto dell’esaminatore sui punteggi della Survey Interview Form.

La validità si riferisce alla capacità di un test di misurare effettivamente ciò che si propone di misurare. Il Manuale delle Vineland-II riporta evidenze relative alla validità di contenuto e alla validità di costrutto. La validità di contenuto è provata dallo stretto legame teorico ed empirico tra il contenuto del test e il comportamento o le competenze che sono importanti per il funzionamento adattivo. Questo strumento è stato costruito includendo un campione rappresentativo dei comportamenti per i quattro domini del CA (Comunicazione, Abilità Quotidiane, Socializzazione e Abilità Motorie). Una prova a sostegno della validità di contenuto deriva da un’indagine sul funzionamento degli item, condotta con la Item Response Theory. I risultati ottenuti confermano che gli item appartengono alle scale e sub-scale a cui sono stati assegnati e che gli item seguono le sequenze evolutive che sono teoricamente attese per le diverse fasce d’età.

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21 Per la valutazione della validità di costrutto sono state utilizzate diverse procedure: il confronto tra gruppi di diversa età, l’omogeneità del test, l’analisi fattoriale e la validità convergente. Dalla ricerca condotta con il metodo del confronto tra gruppi di età diversa è emerso che le medie dei punteggi grezzi del gruppo di standardizzazione nelle sub-scale, sono in accordo con i percorsi evolutivi del funzionamento adattivo. Emerge infatti una rapida acquisizione delle abilità nei primi 5 anni, che tende a permanere fino alla tarda adolescenza ma con una minore rapidità, tanto da divenire costante nell’età adulta e in declino dopo i 60 anni. Il metodo dell’omogeneità del test consente di rilevare se la magnitudo dei coefficienti di intercorrelazione tra i punteggi nelle scale e nelle sub-scale sono di magnitudo moderata (ossia abbastanza alta per garantire che le scale misurano aspetti diversi dello stesso costrutto, ma non eccessivamente alta da indicare una sovrapposizione delle caratteristiche valutate dalle varie scale dello strumento). Dalle indagini realizzate, i coefficienti di intercorrelazioni fra le sub-scale Vineland-II di ogni scala e fra le sub-scale Vineland-II sono emerse di magnitudo moderata. Si può sostenere che il test è omogeneo e che la sua organizzazione in scale e sub-scale distinte è giustificata. L’analisi fattoriale confermativa è un metodo adeguato per valutare se le variabili osservate (attraverso gli item delle sub-scale) siano riconducibili a dei fattori primari (corrispondenti alle scale), in quanto le Vineland-II hanno una struttura gerarchica costituita da: sub-scale, scale e un dominio composito globale. Nello specifico, per i bambini fino a 6 anni di età, per i quali l’apprendimento di varie abilità adattive è consentita grazie ad una progressiva acquisizione di competenze motorie, il dominio Comportamento adattivo composito è basato su una struttura a

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22 4 fattori (rispettivamente le scale Comunicazione, Abilità del vivere quotidiano, Socializzazione e Abilità motorie) che sono a loro volta determinati dagli item raggruppati nelle 11 sub-scale delle VIneland-II. Per gli individui con età uguale o superiore ai 7 anni invece, il Comportamento adattivo composito è riconducibile ad una struttura a 3 fattori (Comunicazione, Abilità del vivere quotidiano e Socializzazione). Ciò che risulta dagli studi di analisi fattoriale è che le variabili osservate sono in accordo con il modello a 4 fattori ipotizzato dagli autori per valutare il CA, rispetto al modello che prevede un unico fattore. Infine il quarto metodo è quello basato sulla validità convergente che si riferisce al grado di accordo tra due misurazioni dello stesso costrutto svolte con metodi diversi. Emerge una correlazione tra i punteggi delle Vineland-II e quelli di altre scale di CA, come le VABS. I coefficienti di correlazione riscontrati nei gruppi di bambini tra 3 e 6 anni sono elevati, superiori a .85. La correlazione delle Vineland-II con le ABAS-II risulta uguale a .70 per un gruppo di bambini dalla nascita ai 5 anni. Un ulteriore confronto è stato svolto con strumenti che misurano un costrutto diverso dal CA, come le Wechsler Intelligence Scale-III, per adulti e bambini. In questo caso le correlazioni sono molto basse ed indicano che i test d’intelligenza e le valutazioni di CA misurano abilità e comportamenti diversi.

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23 CAPITOLO 2

LIVELLO SOCIO-CULTURALE

2.1 Definizione

Il livello socio-culturale (LSC) è da sempre oggetto di ampia discussione (Bornestein & Bradley, 2003) in quanto dalla letteratura emerge come esso non sia sempre utilizzato per indicare lo stesso insieme di informazioni, ma spesso identificato esclusivamente con il concetto di status socio-economico (SES). Secondo una delle definizioni più condivise esso è l’insieme di attitudini, interessi, conoscenze e comportamenti che dipendono dalle risorse culturali, sociali ed economiche di un individuo e che caratterizzano il suo modo di vivere nella società (Lamont & Lareau, 1988). Le sue dimensioni sono il SES, il capitale culturale ed il capitale sociale e può essere rilevato sia per singola persona che per nucleo familiare.

2.2 Status socio-economico

Il SES indica la posizione della persona o della famiglia all’interno di un sistema sociale gerarchicamente organizzato, in quanto il prestigio professionale, il grado di istruzione, le risorse economiche, il potere e l’accesso alle informazioni, non sono distribuiti in modo uniforme (Bornstein et al., 2003) ovvero, non tutti possono accedervi allo stesso modo. Si ottiene così una stratificazione sociale non legata esclusivamente al fattore economico, ma a molteplici dimensioni come quelle precedentemente indicate.

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24 La misurazione del SES di un individuo, famiglia o gruppo è rilevata da un punteggio prodotto da scale o questionari che valutano tre tipi di indicatori: l’istruzione, il tipo di professione ed il reddito (Krieger, Williams & Moss, 1997; Liberatos, Link & Kelsey, 1988; Smith & Graham, 1995; White, 1982). Questi indicatori vengono utilizzati singolarmente o insieme.

Analizzando singolarmente questi tre elementi si nota che l’istruzione è quello maggiormente utilizzato perché è piuttosto stabile durante l’età adulta (Gellis, Lichstein, Scarinci, Durrence, Tatlor, Bush et al., 2005) ed inoltre la sua misurazione risulta abbastanza semplice.

Il tipo di professione descrive la capacità delle persone di essere produttive nella società (Bornstein, Hahn, Suwalsky & Haynes, 2003). Anche questo indicatore è abbastanza stabile durante l’età adulta (Hauser, 1994; Hollingshead, 1975; Otto, 1975), ma è più probabile riscontare difficoltà nella sua misurazione in particolare per le donne (Enwistle & Astone, 1994). In primo luogo perché la scelta del tipo di occupazione si distribuisce in modo diverso tra i due sessi ed in secondo luogo perché le casalinghe non percepiscono alcuna retribuzione.

Rispetto ai precedenti, il reddito è quello meno affidabile, perché modificabile nel tempo (Hauser, 1994) e ritenuto un’informazione riservata (Entwisle et al., 1994; Hauser, 1994), infatti l’individuo è sempre più suscettibile nel far conoscere il proprio reddito per paura di apparire benestante o al contrario povero.

Per individuare il livello d’istruzione e il tipo di professione, Smith et al. (1995) sostengono che ci sono quattro diverse strategie, tre delle quali permettono la misurazione a livello familiare ed una utilizzabile a livello

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25 individuale. Per quanto riguarda il primo livello il SES può essere rilevato valutando quello dell’individuo con maggiore responsabilità di sostentamento, o quello con il SES di livello superiore oppure rilevando il SES di entrambi i membri adulti (del nucleo familiare) in una unica scala. Nel secondo livello invece vengono valutati solo gli indicatori di SES del singolo, indipendentemente dal fatto che viva da solo o con la propria famiglia. Una problematica legata a queste strategie di rilevazione degli indicatori di SES è che queste non sono utilizzabili con le famiglie atipiche, come quelle uniparentali o quelle allargate (Entwisle et al., 1994), ad oggi più frequenti nella nostra società. Alcune ricerche hanno evidenziato che nel caso di SES familiare, i diversi indicatori (livello d’istruzione, tipo di professione e reddito) dei membri adulti della famiglia possono avere rilevanza diversa a seconda del costrutto indagato (Buchmann, 2002; Gallo & Matthews, 2003; Smith et al., 1995).

In relazione a quanto sostenuto precedentemente, sono state sviluppate diverse scale di misura del SES tra cui, il Four-Factor Index of Social Status (Hollingshead Index, HI; Hollingshead, 1975) considerato una misurazione oggettiva e standardizzata del SES di un individuo o di una famiglia. Esso rileva stato civile, genere, livello d’istruzione (con una scala a sette punti) ed il tipo di professione (con una scala a nove punti), dei membri adulti che compongono il nucleo familiare.

Nelle famiglie in cui lavora un unico coniuge, devono essere rilevati esclusivamente i suoi indicatori di SES, mentre in quelle formate da una sola persona adulta, si devono seguire regole diverse in base al suo stato civile e alla sua occupazione. Se la persona adulta non è mai stata sposata o è vedova ed ha un

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26 impiego, oppure è divorziata/separata e sia lei che il coniuge hanno un lavoro a tempo pieno, si devono rilevare solo il suo livello di istruzione e il tipo di professione. Al contrario, nei casi in cui la persona adulta è divorziata/separata oppure vedova ma non ha un lavoro, è necessario rilevare gli indicatori del coniuge separato (da cui riceve assegni di mantenimento) oppure del coniuge defunto (da cui derivano risorse finanziarie ereditate). Infine per calcolare il SES di persone in pensione si utilizzano i dati riferiti al lavoro svolto prima del pensionamento (Coscarelli, Balboni & Cubelli, 2008).

Sono state predisposte varie scale per valutare il tipo di professione come ad esempio il Socioeconomic Index of Occupations (Duncan, 1961) che indaga il prestigio occupazionale attraverso una somma ponderata del reddito e del livello d’istruzione (espresso in anni) che sono associati alle varie professioni. Ganzeboom e Treiman (1996) descrivono proprio la modalità per costruire gli strumenti che valutano il tipo di professione: bisogna individuare tutti i tipi di professioni esistenti attraverso il censimento, per poi raggrupparle in un numero ridotto di categorie. Quest’ultime possono essere organizzate in base alle misure di prestigio attribuito a ciascuna categoria come avviene nella Standard International Occupational Prestige Scales (SIOPS; Treiman, 1977) e nell’ International Socio-Economic Index Occupational Status (ISEI; Ganzeboom, De Graaf & Treiman, 1992) oppure, ordinate in categorie nominali come l’ Erikson and Goldhorpe’s class Categories (EPG; Erikson, Goldthorpe & Portocarero, 1979). Nei casi in cui non sia disponibile una scala oggettiva delle professioni, queste sono classificate in base ai dati dell’ultimo censimento realizzato (Donlan, Donlan, Watson, McInees & Bent, 1995; Ryan, Tracey & Rounds, 1996).

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27 2.2.1 Scala delle categorie professionali

In questa ricerca è stata utilizzata la Scala delle categorie professionali elaborata da Meraviglia e Accornero (2007), i quali hanno ripreso il lavoro di Lillo e Schizzerotto che nel 1985 avevano sviluppato una scala in grado di ordinare tutte le categorie occupazionali in base al punteggio di desiderabilità sociale, ossia il prestigio associato alle varie professioni.

Il procedimento utilizzato da Lillo e Schizzerotto è consistito nel chiedere a 2000 soggetti provenienti da 160 comuni italiani, con età compresa tra 25 e 65 anni, di genere maschile e femminile, di ordinare un numero limitato di professioni. In base a tale ordine è stato calcolato un punteggio, che esprimeva il livello di desiderabilità di una specifica occupazione rispetto a tutte le altre. Per organizzare le occupazioni professionali in categorie, gli autori hanno deciso di stabilire 5 criteri ordinatori: il controllo sulle risorse, il livello d’istruzione richiesto per lo svolgimento dell’occupazione, il grado di estensione del controllo sulle risorse/della supervisione, competenza tecnico professionale connessa all’occupazione, settore di attività.

Nello specifico, il primo criterio consente di distinguere coloro che possiedono il controllo sulle risorse umane, materiali o intellettuali (come imprenditori e liberi professionisti) dai lavoratori dipendenti. Il secondo criterio fa riferimento al titolo di studio conseguito dall’individuo e permette di separare i liberi professionisti (per i quali è necessaria la laurea), gli imprenditori, i lavoratori autonomi, i dipendenti manuali e i dipendenti non manuali. Il terzo criterio consente di svolgere una duplice distinzione: quella tra lavoratori autonomi e imprenditori e quella tra dipendenti che hanno o meno un ruolo di

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28 supervisione su altri lavoratori. Il quarto criterio, quello relativo alla competenza tecnico-professionale, riguarda esclusivamente la categoria dei lavoratori dipendenti e consente di classificare i professionisti alle dipendenze, impiegati intermedi, impiegati con mansioni di routine, lavoratori manuali qualificati e non qualificati. Il quinto ed ultimo criterio fa riferimento al settore di attività in cui è svolta l’occupazione.

Il procedimento messo in atto da Meraviglia e Accornero consente di ridurre le 686 occupazioni ottenute inizialmente a 110 categorie.

2.3 Capitale culturale

L’origine di tale costrutto va individuata nell’ambito economico, ma successivamente è stato introdotto anche in ambito sociologico, grazie a Bourdieu (1973) che ha proposto il concetto di capitale culturale per spiegare la disparità nei risultati scolastici di bambini appartenenti a classi sociali diverse. Nello specifico, è stato definito come la conoscenza di codici culturali che sono importanti per la società in cui vive l’individuo e la messa in atto di comportamenti abituali (come la lettura di libri e la partecipazione a concerti) che non sono obbligatoriamente legati alle attività lavorative e di sostentamento (Teachman, 1987; Lamont et al., 1988).

Il capitale culturale può essere rilevato per singolo individuo, membri adulti del nucleo familiare o per comunità. Per molto tempo infatti, il capitale culturale è stato considerato come caratteristica di un unico individuo, ma in seguito alcuni autori lo hanno definito a livello di comunità. Ad esempio Gould (2001) ha osservato che quando una comunità condivide la vita culturale

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29 (attraverso riti, celebrazioni e dialogo) va a consolidare le relazioni tra i suoi membri, di conseguenza la loro reciproca influenza.

A livello individuale e familiare, gli indicatori più utilizzati comprendono la partecipazione ad attività culturali (ad esempio, rassegne letterarie e musicali), la frequentazione di musei (Buchmann, 2002), la partecipazione ad attività politiche (Menezes, Mendes, Ferreira, Marques, Monteiro, Gaio et al., 2003) e la presenza nella propria abitazione di libri e cd musicali (Menezes et al., 2003; Teachman, 1987).

Le caratteristiche della comunità, in cui l’individuo o la famiglia vive, influenzano il loro capitale culturale. Per questo, alcuni ricercatori (Gump, Matthews & Raikkonen, 1999) sostengono che per ottenere una valida misura del LSC, non basta rilevare il livello individuale o familiare, ma bisogna disporre di indicatori delle risorse che offre la comunità di appartenenza. Un esempio di risorse di sostegno che la comunità può offrire ai suoi membri sono state indicate da Leventhal e Brooks-Gunn (2000). Esse comprendono tre tipologie di sostegno: risorse istituzionali (intese come qualità dei centri culturali come musei e biblioteche), luoghi di aggregazione (come parchi e centri d’incontro), attività sociali e ricreative, servizi (scuole, centri medici) ed opportunità di lavoro.

È opportuno precisare che gli indicatori di capitale culturale devono essere selezionati in base al gruppo sociale di riferimento ed al significato che essi assumono nella popolazione a cui appartiene l’individuo o il nucleo familiare valutato. Questi elementi possono perciò cambiare da una società all’altra (De Graff, De Graff & Kraaykamp, 2000) e quindi non è possibile generalizzarli alle varie tipologie di comunità.

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30 Non vi è mai stato un grande accordo tra i ricercatori su quante e quali siano le dimensioni del costrutto capitale culturale, per questo sono pochi i questionari predisposti per la sua valutazione.

Tra quelli disponibili il Cultural Capital Survey Questions (Sullivan, 2001, 2007) indaga la partecipazione ad attività culturali (visite a gallerie d’arte, musei, concerti di musica classica e balletti), il tipo e numero di libri e giornali letti ed inoltre prevede una prova di conoscenza culturale extrascolastica.

In questa ricerca è stato utilizzato il Questionario sugli Interessi Culturali, (Coscarelli, Balboni e Cubelli, 2011).

2.3.1 Questionario sugli Interessi Culturali

È stato predisposto a partire dal questionario di Bianchi, Balboni e Cubelli, nel 2003. Riguarda l’approccio dell’individuo verso la cultura; in particolare le sue abitudini di lettura, possesso di libri e oggetti tecnologici, conoscenza di lingue straniere, frequentazione di cinema, teatri, musei e partecipazioni a convegni o seminari, la produzione di opere artistiche e frequenza di corsi, la partecipazione a gruppi sociali, religiosi, politici, ricreativi e il tempo ad essi dedicato. Si compone di 20 item a scelta multipla e richiede circa 10 minuti di compilazione. Questo strumento è caratterizzato da una buona attendibilità e validità di costrutto (Coscarelli, 2007). La coerenza interna è stata indagata con il metodo Alfa di Cronbach da cui risulta un coefficiente pari a .78 che attesta una discreta omogeneità degli item. La validità di costrutto è stata indagata con il metodo dell’analisi fattoriale. Sono emersi 3 fattori denominati: Alta cultura, Attività polito-sociale e Cultura di base. Il primo fattore riguarda gli interessi delle

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31 persone con alto livello socio-culturale, il secondo fattore si riferisce invece alla partecipazione ad attività politiche, culturali e di volontariato, mentre il terzo ed ultimo fattore comprende gli interessi culturali generici. L’Alfa di Cronbach, dei primi due fattori è alta e pari a .80 per Alta cultura e .78 per Attività politico-sociale, quella della Cultura di base è invece pari a .49.

Per la versione rielaborata nel 2011 è stato condotto un field-test con l’obiettivo di verificare la chiarezza delle domande e delle istruzioni fornite dallo strumento, la capacità del questionario di descrivere gli interessi culturali nel modo più completo possibile e l’applicabilità della scala di risposta per tutti gli item somministrati (Coscarelli et al., 2011; Magnani, 2011).

2.4 Capitale sociale

Il concetto di capitale sociale è stato introdotto da Bourdieu (1980) e fa riferimento alle risorse derivanti dalle relazioni con le altre persone. Si riferisce quindi alla capacità dell’individuo o della famiglia di ottenere dei benefici dalle relazioni con i componenti delle strutture sociali di appartenenza (Bagnasco, Piselli, Pizzorno & Triglia, 2001; Baron, Field & Schuller, 2000; Portes, 1988). Di Nicola (2006) attribuisce al capitale sociale due significati diversi: il primo è inteso come metafora di appartenenza ad una comunità culturale ed il secondo come metafora del vantaggio. Nell’ambito della sociologia, il capitale sociale è inoltre assimilato a quello di rete sociale (White, 2001). Le diverse definizioni del costrutto hanno creato problemi per il suo studio (Donati, 2006), per questo, dal 1970, si sono sviluppati due grandi filoni di ricerca: secondo l’approccio individualistico o secondo quello olistico. Nel primo caso, il capitale sociale è

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32 osservato dal punto di vista del singolo individuo, con l’obiettivo di spiegare i suoi comportamenti nella vita sociale. Nel secondo caso invece è considerato come un bene pubblico e quindi osservato dal punto di vista di un’entità collettiva (ad esempio una comunità locale, una collettività politica, religiosa o culturale) alla quale viene attribuito il comportamento del singolo nella sua vita sociale. Anche se questi due approcci vengono teorizzati in modo separato (micro e macro) di fatto vengono usati insieme. Per molti autori, la natura del capitale sociale è quella di una risorsa attivata da individui (livello micro) che giocano in un contesto strutturale vincolato (livello macro) (Donati, 2007).

Il capitale sociale può essere misurato rispetto alla famiglia o alla comunità di riferimento (Vieno & Santiello, 2006). Gli indicatori a livello familiare riguardano la struttura della famiglia e la qualità delle relazioni tra i suoi membri e quindi le risorse ad esse associate. Per la struttura è indagato il numero di genitori (biologici e non), fratelli, sorelle e nonni che abitano nella stessa casa (Enwistle et al., 1994). Per le relazioni sono stati indagati il rapporto genitori-figli, gli stimoli presenti nell’abitazione e il supporto sociale ed emotivo ricevuto (Gottfried, Gottfried, Bathurst, Guerin & Parramore, 2003). Coleman (1988) afferma infatti che il capitale sociale “nella” famiglia assume un importante funzione nella creazione del capitale umano della progenie.

Gli indicatori a livello di comunità comprendono le caratteristiche del vicinato: come la densità della popolazione e il livello medio di istruzione (Gellis et al., 2005), reddito e tipo di occupazione (Hudson, 2005), tasso di disoccupazione, numero di crimini commesso in un anno e percentuale di bambini nati da madri single (Gump et al., 1999).

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33 L’eterogeneità del concetto di capitale sociale ha dato origine a diverse metodologie di rilevazione empirica in base agli indicatori selezionati (a livello familiare e a livello di comunità).

Per rilevare il capitale sociale di bambini a livello familiare possono essere utilizzati due strumenti standardizzati: la Home Observation for Measurement of the Environment Scales (HOME; Caldwell & Bradley, 1984) e la Family Environment Scale (FES; Moos & Moos, 1989; adattamento italiano di Cusinato & Cristante, 1993). La prima indaga la stimolazione cognitiva all’interno della casa, la ricchezza di esperienza, il coinvolgimento prenatale, il supporto sociale/emotivo e le caratteristiche del contesto fisico (Gottfried et al., 2003). La seconda analizza invece 10 dimensioni riguardanti la qualità delle relazioni familiari, l’organizzazione familiare e le attività svolte.

A livello di comunità, gli indicatori da rilevare possono essere la percezione della qualità del vicinato e del supporto sociale ricevuto. Nel primo caso alcuni esempi di scale sono la Neighborhood Cohesion Instrument (NCI; Buckner, 1998) e la scala dei Rapporti di Vicinato (Prezza & Pacilli, 2002); nel secondo caso la Multidimensional Scale of Perceived Social Support (MSPSS; Zimet, Dahlem, Zimet & Farley, 1988).

Alcuni ricercatori hanno proposto e analizzato vari strumenti per valutare il capitale sociale. L’Arabic Social Capital Scale di Looman e Farrag (2009), adattamento della versione inglese della stessa, indaga la percezione di supporto che il rispondente può ricevere dalla propria famiglia e dalla comunità di appartenenza.

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34 Un ulteriore strumento per la valutazione del costrutto è la Personal Social Capital Scale (Chen, Stanton, Gong, Fang & Li, 2009) costituita da 10 item a loro volta suddivisi in 42 sub-item, misurati su una scala Likert a 5 punti. Questi item analizzano due diverse dimensioni del capitale sociale: il bonding capital e il bridging capital. La prima è riferita alle relazioni che si formano tra persone in modo informale (tra amici, conoscenti, vicini di casa), mentre la seconda riguarda le relazioni formali che si instaurano tra persone di diverso tipo, attraverso i gruppi e le organizzazioni di varia tipologia (culturali, sociali, economici e politici).

L’attendibilità è risultata adeguata calcolando la correlazione item totale e l’Alfa di Cronbach. La validità di costrutto è stata valutata con vari metodi tra cui quello dei gruppi contrapposti. In accordo con la letteratura, i punteggi ottenuti dagli uomini, dalle persone più istruite e dagli abitanti dei centri rurali sono più elevati rispetto a quelli delle donne, delle persone meno istruite e degli abitanti dei centri urbani. Infine la validità predittiva è stata confermata attraverso la relazione tra il punteggio ottenuto nella scala e le misure di accumulazione del capitale sociale, come le abilità sociali, il supporto sociale ricevuto, il contatto e la collaborazione con le altre persone.

2.4.1 Scala Capitale Sociale Personale

In questa ricerca è stato utilizzato l’adattamento italiano della Personal Social Capital Scale (Chen et al., 2009; adattamento di Balboni, Coscarelli, Magnani e Cubelli, 2011).

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35 Come la versione proposta da Chen et al. (2009) è costituita da 10 item suddivisi in 54 sub-item a cui si risponde su scala Likert a 5 punti, che indagano le relazioni sociali informali (nucleo familiare, parenti, amici, vicini di casa e conoscenti) e quelle formali (adesione ad associazioni di diversa tipologia: economiche, sociali/politiche, religiose, culturali e ricreative).

L’adattamento italiano della scala è stato sottoposto a molteplici field test, in modo da rendere le istruzioni di compilazione, la formulazione delle domande e l’applicabilità della scala di risposta a ciascuna domanda, più chiare possibili. Inoltre, i field test effettuati hanno permesso di predisporre anche una versione per gli adolescenti che è uguale a quella per gli adulti, tranne per i tipi di gruppi e associazioni proposti (ad esempio sono state inserite le associazioni rivolte alla salvaguardia dell’ambiente, giovanili, studentesche e compagnie di recitazione, danza, arte e musicali).

2.5 Studi sul livello socio-culturale e comportamento adattivo

In letteratura non è possibile riscontrare studi attinenti all’influenza del LSC in tutte le sue dimensioni sul CA dei bambini e degli adolescenti ad esclusione dei lavori svolti da Magnani (2011) e Caponi (2013).

Nella ricerca condotta dalla Caponi, l’obiettivo generale è stato quello di indagare gli effetti dei diversi indicatori di LSC sullo sviluppo del CA di un gruppo di 64 bambini con sviluppo tipico, di età compresa tra 3 e 10 anni. Il LSC è stato rilevato attraverso questionari specifici per i suoi vari indicatori: la Scale di Capitale Sociale Personale, il Questionario sugli Interessi Culturali ed una apposita scheda socio anagrafica per individuare il livello d’istruzione e il tipo di

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36 professione dei genitori. Il CA è stato invece valutato attraverso la compilazione delle Vineland-II somministrata come intervista semi-strutturata a uno dei due genitori. Per indagare gli effetti di ciascuna variabile di LSC (livello d’istruzione, tipo di professione, interessi culturali e capitale sociale) dei genitori sulle dimensioni del CA dei propri figli (comunicazione, abilità del vivere quotidiano e socializzazione), il campione di partecipanti è stato suddiviso per ciascun indicatore di LSC in due gruppi con livello di indicatore basso e alto. Dai risultati ottenuti da questa indagine è emerso che i bambini di famiglie con Basso capitale culturale hanno un punteggio più basso di quelli con famiglie con Alto capitale culturale nella sub-scala Regole Sociali della scala Socializzazione delle Vineland-II.

Magnani invece si è posta l’obiettivo di valutare l’influenza dei medesimi indicatori di LSC sul CA di 101 adolescenti con sviluppo tipico, di età compresa tra 11 e 19 anni, frequentanti la scuola media inferiore e superiore. Nello specifico è stato analizzato se ci fossero differenze nelle prestazioni degli studenti nelle dimensioni comunicazione, vita quotidiana e socializzazione del CA rilevato con le Vineland-II, in base al SES, al capitale culturale e capitale sociale della propria famiglia ed alle dimensioni della città di domicilio. Per quanto riguarda i partecipanti delle scuole medie inferiori, è stata rilevata una differenza statisticamente significativa del CA in base al diverso LSC familiare (Basso, Medio, Alto) posseduto. Nello specifico, è emersa un’influenza della variabile istruzione sulla sub-scala Domestico, per la quale il gruppo di studenti con livello dell’indicatore Medio ha ottenuto punteggi più alti dei gruppi con livello dell’indicatore Basso e Alto. Dalle analisi condotte è emerso inoltre un effetto

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37 della variabile professione sulla sub-scala Personale, in questo caso il punteggio più alto è stato riscontrato nel gruppo con livello dell’indicatore Medio. Infine, è stata individuata un’influenza della variabile interessi culturali sulla sub-scala Espressione, anche in questo caso i punteggi più alti sono quelli ottenuti del gruppo con livello d’indicatore Medio. Per gli studenti delle scuole medie superiori è emerso un effetto della variabile professione e della variabile interessi culturali sulla sub-scala Domestico, per entrambe le variabili, i punteggi più elevati sono riscontrati nel gruppo con livello dell’indicatore Alto.

Entrambe le ricerche hanno affrontato l’argomento da un punto di vista globale, mentre in letteratura è più facile riscontrare molteplici studi che analizzano l’influenza di singoli aspetti di LSC (SES, capitale sociale e capitale culturale) su singoli elementi del CA (comunicazione, abilità del vivere quotidiano, socializzazione e abilità motorie).

Tra gli indicatori di SES, uno dei più indagati è quello del livello d’istruzione dei genitori. Ad esempio, è stato analizzato l’effetto del livello di istruzione della madre sulle abilità comunicative di bambini, dai 2 ai 5 anni di età, misurate con le scala VABS Comunicazione e le sue sub-scale Ricezione ed Espressione. Nello specifico è emerso che l’educazione della madre non influenza in modo diretto le competenze comunicative del figlio, ma determina un effetto indiretto attraverso alcune esperienze di alfabetizzazione che la diade condivide (come la lettura di libri e di storie). Gli autori della ricerca ipotizzano infatti che tra i diversi percorsi per l’acquisizione del linguaggio ricettivo ed espressivo nei bambini piccoli, il contesto e le modalità d’interazione create dai genitori all’interno e all’esterno dell’ambiente domestico, sia più importante del diretto

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38 contatto tra il bambino e i materiali di lettura (Arterberry, Midgett, Putnik & Bornstein, 2007). In un altro lavoro condotto da Rowe (2008) è stata indagata la relazione tra il SES (rilevato dal livello d’istruzione dei genitori e dal reddito familiare) e lo sviluppo del vocabolario in un gruppo di bambini dai 2 anni e mezzo ai 3 anni e mezzo. Ciò che risulta dalle videoregistrazioni dei dialoghi genitori-figli e dal Peabody Picture Vocabolary Test è che il tipo di interazioni tra le diadi sono diverse in base al livello di SES familiare. Le madri con un SES più basso utilizzano un vocabolario meno eterogeneo e conversazioni più brevi rispetto a quelle con SES più alto. Rowe ipotizza che tale differenza sia dovuta alle conoscenze che i genitori hanno sullo sviluppo infantile, perché quelli di classe media tendono ad acquisire informazioni anche da risorse didattiche (come libri, riviste e corsi) mentre quelli con un background di livello più basso preferiscono avvalersi di consigli di amici e parenti. Altri autori hanno indagato gli effetti del SES (tipo di professione e livello d’istruzione dei genitori) sullo sviluppo delle funzioni motorie prassiche confrontando due gruppi di bambini con età compresa tra 3 e 5 anni provenienti da contesti familiari con SES diverso. Sono state rilevate performance migliori per il gruppo di bambini con SES più elevato nelle prove d’integrazione visuo-motoria, in quelle di sviluppo prassico e nella valutazione della forza di prensione (Bowman & Wallance, 1990).

Rispetto al capitale culturale, vari autori hanno studiato se quello dei genitori possa avere degli effetti sui risultati accademici dei figli. Ad esempio Tramonte e Willms (2010) hanno indagato gli effetti del capitale culturale sulle abilità di lettura di studenti di 15 anni di età di 28 nazioni diverse, utilizzando i dati raccolti dal programma 2000 PISA (Programme for International Student

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39 Assessment; OECD, 2001; 2003). Gli autori hanno distinto tra due forme di capitale culturale: quello statico (costituito da tutte le attività intellettuali e pratiche svolte dai genitori) e quello relazionale (che riguarda le interazioni culturali tra i bambini e i genitori). Dai risultati emerge che il capitale culturale relazionale influenza le capacità di lettura degli studenti più di quello statico. In un altro studio, condotto nei Paesi Bassi (De Graaf et al., 2000), è stato rilevato che le abitudini di lettura dei genitori influenzano il livello d’istruzione dei figli più che la loro partecipazione agli eventi culturali. Gli autori ipotizzano che nelle famiglie in cui i genitori leggono più spesso, l’atteggiamento dei figli nei confronti della lettura è più positivo favorendone le prestazioni in ambito scolastico.

Altri studi hanno riscontrato che il capitale culturale dei genitori determina un effetto indiretto sulle abilità linguistiche e sulle conoscenze culturali dei figli. Questa relazione viene mediata dal capitale culturale che gli studenti acquisiscono nel proprio contesto domestico (Scherger e Savage, 2010; Sullivan, 2001).

Lo sviluppo di ogni bambino è fortemente influenzato dalle condizioni dell’ambiente a cui è esposto e in cui cresce. Le condizioni del contesto di residenza svolgono un effetto indiretto (attraverso il SES familiare) e diretto, sui comportamenti dei bambini e degli adolescenti (Leventhal et al., 2000). Al riguardo, sono stati proposti tre modelli teorici che potrebbero spiegare come il contesto di residenza e le risorse che esso offre possono influenzare i bambini e i giovani.

Il modello delle risorse istituzionali indica che i fattori importanti per la salute e lo sviluppo includono: le attività di apprendimento (presenza di

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40 biblioteche, musei, centri di aggregazione familiare e programmi di alfabetizzazione), attività sociali e ricreative, cure rivolte all’infanzia, scuole (qualità, clima, norme e demografia della scuola), servizi di assistenza sanitaria e opportunità di lavoro. Il SES a livello di comunità (come il SES familiare) è infatti associato con l’accesso e la qualità delle risorse a cui è possibile attingere. Un SES comunitario più basso, fornisce risorse di qualità inferiore rispetto ai quartieri più benestanti.

Il modello delle relazioni evidenzia che gli effetti del contesto di residenza trasmessi ai bambini e ai giovani avviene attraverso i seguenti fattori: caratteristiche dei genitori (salute fisica e mentale, irritabilità e abilità di coping), rete di sostegno costituita da amici, parenti e legami all’interno del vicinato, comportamento dei genitori (calore, disciplina, sostegno e controllo fornito ai figli) e ambiente domestico (inteso come fornitura di esperienze stimolanti, ambiente fisico, presenza di routine familiari ed esposizione alla violenza).

Il modello delle norme e dell’efficacia collettiva deriva dalla teoria della disorganizzazione sociale (Shaw & McKay, 1942). I meccanismi di influenza della comunità di appartenenza sul comportamento del singolo individuo includono: l’efficacia collettiva, intesa come la capacità dei residenti di monitorare il comportamento degli altri nel rispetto delle norme sociali e mantenere l’ordine pubblico (Sampson, Raudenbush & Earls, 1997), le istituzioni formali e informali (meccanismi di regolazione che servono per supervisionare e monitorare), i pari (comportamento di gruppo e le sue norme) e le minacce fisiche (livello di violenza e disponibilità di sostanze illegali).

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41 CAPITOLO 3

RICERCA

3.1 Obiettivi

In letteratura, molteplici studi si sono concentrati ad indagare gli effetti di singoli indicatori di LSC su singoli aspetti di CA dimostrando come le caratteristiche del contesto di residenza determinano effetti diretti e indiretti sui comportamenti dei bambini e degli adolescenti (Leventhal et al., 2000). L’obiettivo generale di questa ricerca è quello di analizzare l’influenza di tutti gli indicatori di LSC familiare (livello di istruzione e tipo di professione, capitale culturale e capitale sociale) di madre e padre sulle varie aree di CA (Comunicazione, Abilità del Vivere Quotidiano, Socializzazione e Abilità Motorie) in un gruppo di bambini dai 3 ai 6 anni frequentanti la scuola d’infanzia. Si ipotizza che i diversi contesti di vita quotidiana e familiare, a cui i bambini sono esposti, possano determinare effetti differenti sulle loro prestazioni nelle varie dimensioni di CA.

3.2 Metodo 3.2.1 Partecipanti

I partecipanti alla ricerca erano bambini con sviluppo tipico, 51% maschi e 49% femmine, dai 3 ai 6 anni di età, (M[DS] = 4.45 [.87]). I bambini frequentavano l’asilo nido (2%) o la scuola d’infanzia (98%; 38.3% primo, 29.8% secondo e 29.8% terzo anno). Vivevano in Liguria, Toscana o Veneto. Tutti erano nati in Italia con entrambi i genitori di nazionalità italiana eccetto cinque che

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