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Pandemia e professione forense, contro gli antichi mali grandi riforme

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Academic year: 2021

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PRIMO PIANO / EDITORIALE / AVVOCATI

12 GUIDA AL DIRITTO - IL SOLE 24 ORE N. 40 - 10 OTTOBRE 2020

Pandemia e professione forense,

contro gli antichi mali grandi riforme

L’avvento funesto del Covid-19 ha avuto almeno un pregio: mettere a nudo, amplificandole, le disfunzioni della giustizia italiana. Le quali non certificano solo l’incapacità del sistema di fare fronte alle nuove sfi-de sfi-della pansfi-demia. Denotano un sistema profondamente inasfi-deguato e strutturalmente incapace di rispondere ai grandi cambiamenti socioeco-nomici che ci attendono.

Anche la professione forense soffre di mali atavici, tutti noti e irrisol-ti. Per citarne solo alcuni: inadeguata selezione all’accesso, eccessiva nu-merosità degli iscritti (molti dei quali solo virtuali), mancanza di struttu-re professionali adeguate alla competizione internazionale, ridotto cam-po di operatività, legato quasi del tutto al contenzioso (con ricavi in ca-duta libera), mancata promozione di sistemi alternativi al processo statuale.

A queste, antiche piaghe della condizione professionale, si aggiungo-no tutte le altre disfunzioni legate alla giurisdizione, tra le quali: irragio-nevole durata dei processi, moltiplicazione dei riti, ostacoli burocratici e amministrativi, scarso utilizzo delle nuove tecnologie, ecc.

Già perché la professione forense, più di altre professioni intellettuali, è stretta nella morsa tra Stato e mercato e soffre i vizi di entrambi, i quali si riverberano invariabilmente su qualità, quantità e remunerazio-ne dei servizi professionali, determinando, da ultimo, condizioni di di-sagio economico-sociale davvero drammatiche e una fuga dalla profes-sione di inedita magnitudine.

Raramente ci si chiede, infatti, se la crisi del debito, l’ipertrofia norma-tiva, le politiche di austerity (che colpiscono tutti i settori produttivi) hanno effetto sulla professione forense.

Si è anche tardato a comprendere quanto l’avvento della pandemia Covid-19 avrebbe inciso sulla condizione degli avvocati, sulla loro inter-locuzione con la giurisdizione, la Pa, e sui rapporti con i loro clienti. An-cor meno si è compreso come la somma di tutte le avversità intervenute, dal lato pubblico e da quello privato, su un sistema già fragile e inade-guato, rischi di produrre alla Professione danni irreparabili, se non si provvede, quanto prima, alla loro risoluzione.

Vediamole nel dettaglio alcune di queste ataviche disfunzioni.

Accesso. L’esame di abilitazione, ormai alle porte, rischia di incepparsi ancor prima di partire non essendo stata introdotta, a oggi, alcuna de-roga ai meccanismi ordinari, mentre i contagi da Covid-19 sono in con-tinua crescita. La pandemia impatta infatti su un sistema abilitativo che, pur con tutti i correttivi varati nel tempo, notoriamente non funziona. E gli esiti della scorsa tornata (pre-Covid) lo dimostrano ampiamente, con bocciature, nel distretto di Napoli, quasi al 70 per cento. L’esame-con-corso (pur previsto dalla Costituzione, articolo 33, comma 5) risulta in-fatti tutto sbilanciato sulla parte finale, anonima e burocratica, rispetto al resto del percorso formativo teorico-pratico, ancora poco valorizzato (quando non svolto in modo fittizio) e senza alcuna incidenza sulla va-lutazione finale. Bene ha fatto quindi Aiga, con un recente comunicato, a metterlo in evidenza.

Occorrerebbe cambiare radicalmente rotta introducendo cambiamenti epocali, come sarebbe un esame di accesso alla magistratura (magari in formato ridotto) riservato solo chi è già abilitato ed esercita attivamente la professione forense da almeno cinque anni. Un simile, nuovo scena-IL TEMA DELLA SETTIMANA

L’unico pregio che ha avuto il Covid-19 è quello di aver messo a nudo le disfunzioni della giustizia italiana. Che rispecchiano un sistema inadeguato e incapace di rispondere ai grandi cambiamenti

socioeconomici. Per il professor Aldo Berlinguer questi mali atavici non risparmiano la professione forense, imbrigliata in problemi noti e irrisolti. L’inadeguata selezione all’accesso, la mancata promozione di sistemi alternativi al processo statuale, l’irragionevole durata dei processi, lo scarso utilizzo delle nuove tecnologie. L’auspicio è che si metta mano a riforme epocali e a una reale semplificazione di riti, procedure e dinamiche operative. Aldo Berlinguer

Professore ordinario di Diritto comparato

presso l’Università di Cagliari

In anteprima sul web il numero della settimana all’indirizzo www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com

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PRIMO PIANO / EDITORIALE / AVVOCATI

N. 40 - 10 OTTOBRE 2020 GUIDA AL DIRITTO - IL SOLE 24 ORE 13

L’attività forense è troppo orientata al contenzioso. E questo costituisce causa ed effetto del cortocircuito giudiziario

rio contribuirebbe infatti a risolverebbe alcuni problemi atavici, tra cui: la crescente antinomia tra ceti forense e giudiziario; la scarsa esperienza, sul campo, dei neo magistrati (anche una maggiore età anagrafica non guasterebbe) e, perché no, la rarefazione (complice anche la Politica na-zionale) del garantismo.

Riserve legali. L’attività forense è troppo orientata al contenzioso. E questo costituisce causa ed effetto del cortocircuito giudiziario. Occorre incentivare l’attività consulenziale in vari modi, ad esempio ampliando il novero delle scritture private sottoposte ad autenticazione e consen-tendo agli avvocati di esperirla assicurando la validità dell’atto. Ormai molti Paesi hanno introdotto soluzioni simili (inclusa la Francia con leg-ge 331/2011) mentre da noi abbiamo raccolto solo fallimenti (come av-venuto col Dl Concorrenza nel 2015) o flebili speranze (una simile pro-posta è contenuta nel Ddl AC2491 del 20 novembre 2017, fermo in Parla-mento). Com’è noto i notai vantano con orgoglio la nota frase, ascritta a Francesco Carnelutti: “tanto più notaio, tanto meno giudice”. Non è for-se arrivato il momento di estenderla anche gli avvocati?

Adr. L’introduzione della mediazione obbligatoria è stata erroneamen-te percepita come un vulnus alle prerogative dell’Avvocatura mentre quest’ultima avrebbe potuto rendersi protagonista del cambiamento e della sua gestione. Anche l’arbitrato (o altre Adr negoziali miste) potreb-be essere maggiormente utilizzato se il ceto forense (e magari notarile) collaborasse nel diffondere le relative clausole negli atti tra privati.

Le riforme calate dall’alto, come quella, pur coraggiosa, che ha intro-dotto l’arbitrato cosiddetto “deflattivo” (articolo 1 del decreto legge n. 132/2014) non producono effetti se non applicate dai professionisti. D’altro canto, pretendere che la giurisdizione risolva tutte le liti è pia il-lusione. Dalla giurisdizione fuggono tutti, compresi i magistrati, basta vedere le centinaia di nuove richieste di prepensionamento da parte di chi ha appena raggiunto la soglia di anzianità funzionale (ossia 40 anni di servizio).

Il perché è stato ben riassunto in un’intervista del Consigliere del Csm Antonio Lepre a fine 2019: «I nodi della giustizia si cronicizzano anziché sciogliersi... l’abnorme domanda di giustizia... impedisce letteralmente al magistrato di lavorare sulla qualità della decisione. Si è costretti a segui-re solo la logica della massima quantità. Che appunto è criterio inconci-liabile con l’idea di rendere sul serio giustizia».

Società professionali. Non sono ancora decollate, nonostante le leggi istitutive delle Stp (183/2011) e Sta (247/2012) siano non più recentissi-me.

Le ragioni sono varie, tra cui l’incertezza nei rapporti tra le due nor-mative (solo in parte dipanata da Cassazione, sezioni Unite 19282/2018), la tradizionale propensione all’esercizio individuale (anche nell’impresa), la diffidenza tra ceti professionali. Occorrerebbe incenti-vare l’aggregazione, anche sul piano fiscale, non dissuaderla.

Digitalizzazione. La pandemia ha costretto legislatore, ministero e uf-fici giudiziari ad accelerare i processi di modernizzazione telematica av-viati negli anni scorsi. Alcune, recenti acquisizioni verranno stabilizzate ma non dovranno costituire intralcio al diritto di difesa e alla cognizio-ne del giudice.

Da ultimo, il decreto semplificazioni contiene alcune novità sull’ag-giornamento dei registri dei domicili digitali e sulla pubblicità dei riferi-menti telematici delle Pa. Anche per i professionisti si intensificano ob-blighi e sanzioni in caso di mancata rintracciabilità telematica. Del resto, l’annuale rapporto Censis, solo cinque anni fa, rivelava un dato allar-mante: oltre il 70% degli avvocati non aveva un sito web.

La pandemia non è finita e altre sfide epocali (come dice Richard Sus-skind) ci attendono all’orizzonte.

Occorre semplificare riti, regole, rapporti e elaborare una visione del domani. Altrimenti avremo una giustizia ancor più denegata e un’ulte-riore fuga dalla stessa, senza ritorno.

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