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Implementazione della Virtual Crack Closure Technique in Straus7

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(1)

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE

Corso di laurea magistrale in Ingegneria delle Costruzioni Civili

Implementazione della Virtual Crack Closure Technique

in Straus7

Tesi di laurea magistrale

Relatore:

Prof. Ing. Paolo S. VALVO

Laureando: Matteo IOZZI

(2)

INDICE

INDICE ... I PREFAZIONE ... VI INTRODUZIONE ... VII RINGRAZIAMENTI ... VIII IMPLEMENTAZIONE DELLA VIRTUAL CRACK CLOSURE TECHNIQUE IN STRAUS7 ... IX

CAPITOLO 1 MECCANICA DELLA FRATTURA ... 1

1.1 Introduzione ... 1

1.2 Meccanica della Frattura Elastica Lineare ... 3

1.2.1 Criterio energetico di Griffith... 7

1.2.2 Il tasso di rilascio dell’energia ... 8

1.2.3 Modi di frattura I/II/III ... 10

1.3 La Delaminazione nei compositi ... 11

1.3.1 I materiali compositi ... 11

1.3.2 Origini della delaminazione nei compositi ... 12

1.3.3 L’importanza dei danni e difetti nelle strutture composite ... 13

1.3.4 Caratterizzazione sperimentale della resistenza alla delaminazione ... 17

CAPITOLO 2 VIRTUAL CRACK CLOSURE TECHNIQUE ... 21

2.1 VCCT- 2D ... 21 2.1.1 Premessa ... 21 2.1.2 VCCT – Standard ... 21 2.1.3 VCCT – Modificata (Revised) ... 27 2.1.3.1 Proposta del 2012 ... 27 2.1.3.2 Proposta del 2015 ... 30

(3)

Indice II 2.2 VCCT- 3D ... 35 2.2.1 Premessa ... 35 2.2.2 VCCT - Standard ... 36 2.2.3 VCCT – Modificata (Revised) ... 40 CAPITOLO 3 STRAUS7-API ... 43 3.1 Introduzione a Straus7 ... 43

3.2 API per Straus7 – Application Programming Interface ... 44

3.2.1 Introduzione ... 44

3.2.2 Funzionalità base ... 45

3.2.3 Utilizzatori finali ... 46

3.2.4 Il Toolkit delle API di Straus7 ... 47

3.2.5 Utilizzo dell’API Straus7 ... 48

3.2.6 Collegamento all’API con Visual Basic e VBA ... 49

3.2.6.1 Stringhe API ... 49 3.2.6.2 Array API ... 50 3.2.6.3 API Boolean. ... 50 3.3 API Utilizzate ... 51 3.3.1 St7Init ... 51 3.3.2 St7OpenFile ... 51 3.3.3 St7NewFile ... 51 3.3.4 St7CloseFile ... 52 3.3.5 St7SaveFile ... 52 3.3.6 St7OpenResultFile ... 53 3.3.7 St7CloseResultFile ... 53 3.3.8 St7SetToolOptions ... 54 3.3.9 St7SetUnits ... 55 3.3.10 St7SetNodeXYZ ... 55 3.3.11 St7SetElementConnection ... 56 3.3.12 St7SetNodeRestraint6 ... 57 3.3.13 St7SetNodeForce3 ... 57 3.3.14 St7NewPlateProperty... 58 3.3.15 St7SetPlateThickness ... 58

(4)

3.3.16 St7SetPlateIsotropicMaterial... 59

3.3.17 St7SetPlateOrthotropicMaterial ... 59

3.3.18 St7RunSolver ... 60

3.3.19 St7GetNodeResult ... 61

CAPITOLO 4 EXCEL - MACRO ... 62

4.1 Introduzione ... 62

4.2 Struttura del foglio Excel ... 63

4.3 Concezione modello geometrico ... 64

4.4 Generazione Automatica dei Nodi(Excel) ... 74

4.5 Generazione Automatica delle Plate (Excel) ... 86

4.6 Generazione del Modello Geometrico su Straus7(API) ... 96

4.7 Definizione delle Proprietà del Modello su Straus7(API) ... 108

4.8 Definizione dei Vincoli del Modello su Straus7(API) ... 112

4.9 Definizione casi di carico-1 del Modello Geometrico su Straus7(API) ... 114

4.10 Definizione casi di carico-2 del Modello Geometrico su Straus7(API) ... 119

4.11 Definizione casi di carico-3 del Modello Geometrico su Straus7(API) ... 122

4.11.1 Macro utilizzata nell’applicazione 1 ... 122

4.11.2 Macro utilizzata nell’applicazione 2 ... 125

4.11.3 Macro utilizzata nell’applicazione 3 ... 128

4.12 Definizione casi di carico-4 del Modello Geometrico su Straus7(API) ... 130

4.12.1 Macro utilizzata nell’applicazione 1 ... 130

4.12.2 Macro utilizzata nell’applicazione 3 ... 133

4.13 Definizione degli errori ... 136

4.14 Lancio dell’analisi per un singolo caso (RUN ONE) ... 140

4.15 Lancio dell’analisi simulando l’estensione della frattura (RUN ) ... 141

CAPITOLO 5 APPLICAZIONE ALLO STUDIO DELLA DELAMINAZIONE ... 145

5.1 Introduzione ... 145

(5)

Indice IV

5.2.1 Premessa ... 145

5.2.2 Uso del foglio con singola iterazione (RUN ONE) ... 149

5.2.3 Elaborazione dei dati con Excel (RUN ONE) ... 152

5.2.4 Risultati (RUN ONE) ... 158

5.2.5 Uso del foglio con estensione della delaminazione (RUN) ... 167

5.2.6 Elaborazione dei dati con Excel (RUN) ... 169

5.2.7 Risultati (RUN) ... 170

5.3 Applicazione 2- ADCB- Ortotropo ... 174

5.3.1 Premessa ... 174

5.3.2 Uso del foglio con singola iterazione (RUN ONE) ... 175

5.3.3 Elaborazione dei dati con Excel (RUN ONE) ... 175

5.3.4 Uso del foglio con estensione della delaminazione (RUN) .... 179

5.3.5 Elaborazione dei dati con Excel (RUN) ... 180

5.3.6 Risultati (RUN) ... 182

5.4 Applicazione 3- DCB - UBM - Ortotropo ... 186

5.4.1 Premessa ... 186

5.4.2 Uso del foglio con singola iterazione (RUN ONE) ... 187

5.4.3 Elaborazione dei dati con Excel (RUN ONE) ... 187

5.4.4 Uso del foglio con estensione della delaminazione (RUN) .... 193

5.4.5 Elaborazione dei dati con Excel (RUN) ... 194

5.4.6 Risultati (RUN) ... 196

CAPITOLO 6 CONCLUSIONI E APPLICAZIONI FUTURE ... 211

BIBLIOGRAFIA ... 213

ALLEGATO I ... 216

ALLEGATO II ... 245

ALLEGATO III ... 275

(6)

PREFAZIONE

Il lavoro di questa tesi nasce dall’esigenza di implementare la tecnica della chiusura virtuale della fessura (Virtual crack closure technique, VCCT) modificata, introdotta da Valvo (2015), nel software agli elementi finiti Straus7, e successivamente applicare il foglio di calcolo a problemi della meccanica della frattura. Per raggiungere questo scopo si sono sfruttate le API (Application Programming Interface) di Straus7 e per richiamare tali funzioni si sono utilizzate le Macro di Microsoft Excel. È stato necessario l’apprendimento del linguaggio di programmazione Visual Basic e il funzionamento delle API.

L’obiettivo principale ha comportato la creazione di un foglio di calcolo che autonomamente generasse il modello, analizzasse il problema ed elaborasse i risultati dell’analisi per ottenere i parametri caratterizzanti la propagazione della frattura..

Le difficoltà iniziali sono state riscontrate durante la progettazione della parte del foglio di calcolo dedicata alla creazione della geometria del modello, perché essa doveva essere parametrica in modo che fosse facilmente modificabile.

Successivamente è stato ottenuto un foglio di calcolo funzionante e ottimizzato nei tempi di esecuzione rispetto allo svolgimento manuale.

Il modello generato dal foglio di calcolo è costituito da una mesh più fitta nell’intorno dell’apice della fessura e una mesh più diradata nelle altre zone.

In definitiva è stato possibile ottenere i valori dei tassi di rilascio dell’energia e degli spostamenti dell’apice della fessura alla progressione della stessa in modelli bidimensionali. La tecnica sviluppata, inoltre, può essere estesa a problemi tridimensionali, ma tale estensione è rimandata a studi futuri.

(7)

Introduzione VII

INTRODUZIONE

La presente tesi è divisa in 6 capitoli. Nel primo viene introdotta la teoria della meccanica della frattura, con un richiamo al criterio energetico di Griffith, il tasso di rilascio dell’energia e la delaminazione nei materiali compositi.

Nel secondo capitolo viene introdotta la tecnica della chiusura virtuale della fessura, per problemi sia bidimensionali che tridimensionali, che permette di calcolare il tasso di rilascio dell’energia mediante il metodo agli elementi finiti.

Successivamente, nel terzo capitolo si affronta l’argomento inerente le API del programma Straus7 e le relative funzioni di richiamo utilizzate nella presente tesi.

Nel quarto capitolo, invece, vengono descritte le Macro create per l’utilizzo del foglio di calcolo, quali: la generazione automatica dei nodi, l’importazione in Straus7, l’inserimento dei vincoli e dei carichi, il lancio dell’analisi e la lettura dei risultati.

In seguito, nel capitolo 5 sono esposti i problemi della meccanica della frattura affrontati utilizzando il foglio di calcolo creato e le relative modifiche fatte per l’elaborazione dei dati nelle singole applicazioni approntate.

Il sesto capitolo comprende le conclusioni e un cenno sui possibili sviluppi futuri.

Infine, seguono gli allegati delle Macro scritte per ogni singola applicazione.

(8)

RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare il professore Ing. Paolo S. Valvo, relatore di questa tesi di laurea, per avermi indirizzato e guidato con grande disponibilità e continuità durante il percorso di svolgimento di questo elaborato.

Un ringraziamento particolare alla società HSH SRL per avermi concesso la licenza del software Straus7, strumento indispensabile per il completo svolgimento della tesi.

Ringrazio i miei genitori per il supporto e l’incoraggiamento che mi hanno sempre dimostrato durante questi anni, e la mia ragazza che non mi ha mai fatto mancare il suo appoggio pur essendo fisicamente lontano. Infine ringrazio gli amici che mi sono stati vicino e i colleghi di università per aver condiviso con me soddisfazioni e fatiche.

(9)

Ringraziamenti IX

Implementazione della Virtual Crack Closure

Technique in Straus7

Il software è una grande combinazione tra arte e ingegneria (Bill Gates)

(10)

Capitolo 1

MECCANICA DELLA FRATTURA

Sommario. Il presente capitolo introduce i concetti classici della meccanica della frattura tra cui il criterio energetico di Griffith e le problematiche della delaminazione nei materiali compositi.

Summary. This chapter introduces the classic concepts of fracture mechanics, including the

Griffith energetic criterioh and the issues of the delamination in composite materials.

1.1

Introduzione

I materiali strutturali vengono catalogati in base alle caratteristiche della curva tensione – deformazione, in due categorie: materiali duttili e materiali fragili. I primi mostrano ampi tratti non lineari all’interno del diagramma prima di raggiungere la rottura. I secondi invece si rompono in modo improvviso quando la risposta è sempre nella fase elastica. Questa classificazione dipende da fattori ambientali, quali la temperatura. Se non altrimenti specificato ci si riferisce al comportamento alla temperatura di normale esercizio della struttura o temperatura ambiente.

Una seconda caratteristica che li distingue è il rapporto tra la resistenza a trazione e quella a compressione. Per i materiali duttili, tale rapporto è vicino all’unità, mentre per i fragili esso si presenta molto inferiore.

Le differenze di comportamento dipendono in buona parte dai meccanismi microscopici di danneggiamento e di frattura, che, nei vari materiali, si presentano notevolmente diversi. La scala del danneggiamento dipende dalla regolarità del solido e quindi dalla dimensione delle eterogeneità in esso presenti.

(11)

Capitolo 1 2

In aggiunta ai materiali da costruzione tradizionali, sono oggi sempre più utilizzati nuovi materiali altamente eterogenei ed anisotropi, poiché rinforzati da fibre e/o composti da più lamine.

Questi materiali vengono definiti compositi e possono essere a matrice polimerica, metallica, ceramica o cementizia. In essi i meccanismi di danneggiamento possono essere essenzialmente due:

- sfilamento delle fibre

- delaminazione (scollamento degli strati).

Un materiale si frattura quando la tensione e il lavoro applicati a livello atomico sono sufficienti per rompere i legami che tengono uniti gli atomi. È possibile stimare la resistenza di coesione a livello atomico idealizzando il legame forza – spostamento come metà del periodo di un’onda sinusoidale.

=

(

)

(1.1)

dove λ è la distanza definita in Figura 1.1

Figura 1.1 – Forze applicate come una funzione di separazione degli atomi – Anderson, 2005

Per piccoli spostamenti, il legame forza – spostamento è lineare

=

(1.2)

(12)

=

(1.3)

Moltiplicando entrambi i membri dell’equazione della rigidezza del legame, per il numero di legami atomici per unità di area e per la lunghezza x0 ( distanza di equilibrio tra gli atomi) :

=

(1.4)

Assumendo λ approssimativamente uguale a x0 allora:

(1.5)

L’energia di superficie,

γ

s per unità di area è uguale alla metà

dell’energia di frattura,

w

f e può essere stimata come segue:

=

=

(1.6)

1.2

Meccanica della Frattura Elastica Lineare

L’approccio alla meccanica della frattura ha tre importanti variabili: - Tensione applicata

- Dimensione del difetto

- Tenacità della frattura (è una proprietà del materiale)

La meccanica della frattura definisce la combinazione critica di queste tre variabili, e la quantifica. Ci sono due approcci per l’analisi della frattura: uno è il criterio energetico e l’altro è il metodo di intensificazione degli sforzi. Il metodo energetico indica che l’estensione della frattura avviene quando l’energia disponibile per la crescita della fessura è sufficiente da superare la resistenza del materiale. Per resistenza del materiale si considera l’energia di superfice, il lavoro plastico, o altri tipi di energia associati con la propagazione della fessura.

Originariamente fu Griffith a proporre il criterio energetico per la frattura, ma Irwin fu il primo ad aver sviluppato la presente versione di questo approccio. Il tasso di rilascio dell’energia (energy release rate), G, per un

(13)

Capitolo 1 4

materiale elastico, è definito come la quantità di energia potenziale cambiata con l’area di frattura.

Il tasso di rilascio dell’energia è uguale al tasso di rilascio dell’energia critica( Gc ) nel momento in cui si verifica la fessurazione. Tale energia critica

è una misura della tenacità della frattura. Per una fessura di lunghezza 2a in una piastra infinita soggetta a una tensione di trazione, il G è dato da:

=

(1.7)

dove E è il modulo di Young, σ è la tensione applicata ad una distanza molto grande rispetto a dove si trova la frattura, e “a” è metà della lunghezza della fessura.

Per G = Gc:

! =

"

(1.8)

dove σf è la tensione di crisi che varia con

.

Il tasso di rilascio dell’energia G è la forza di propagazione per la fessura, mentre Gc è la resistenza del materiale alla frattura. La forza di snervamento non dipende dalle dimensioni del provino, purchè il materiale di cui è composto sia omogeneo.

Una delle assunzioni fondamentali della meccanica della frattura è che la tenacità della frattura (Gc) è indipendente dalla dimensione e dalla geometria del corpo fessurato.

Il metodo di intensificazione degli sforzi definisce che ogni componente di tensione è proporzionale ad una singola costante KI. Se si conosce questa

costante è possibile calcolare l’intera distribuzione di tensioni con le equazioni seguenti.

=

$%

√ &

cos

*

+1 − sin

*

sin

0*

1

(1.9)

22

=

√ &$%

cos

*

+1 + sin

*

sin

0*

1

(14)

Figura 1.2 – Tensioni vicino all’apice della fessurain un materiale elastico – Anderson, 2005

Tale costante è chiamata fattore di intensificazione degli sforzi, ed è completamente caratterizzata dalla condizione dell’apice della fessura in un materiale elastico lineare. Se si assume che il materiale vada in crisi localmente per alcune combinazioni critiche di tensioni e deformazioni, ne consegue che deve verificarsi una frattura con il fattore di intensificazione degli sforzi critico KIc . Quindi KIc è una misura alternativa della tenacità della

frattura.

Per la piastra in Figura 1.3:

5

6

= √78

(1.10)

La crisi avviene per KI = KIc . In questo caso, KI è la forza di

(15)

Capitolo 1 6

Figura 1.3 – Frattura attraverso lo spessore in una pistra infinita soggetta a sforzo di trazione a distanza – Anderson, 2005

Come per Gc la proprietà di similitudine si può applicare a KIc, quest’ultimo

è una proprietà del materiale indipendente dalle dimensioni.

Comparando i risultati dell’equazioni (1.7) e (1.10) in una relazione tra KI e

G:

=

$%

(1.11)

Quindi, il criterio energetico e il metodo di intensificazione delle tensioni per la meccanica della frattura sono essenzialmente equivalenti per materiali elastici lineari.

(16)

1.2.1 Criterio energetico di Griffith

Nel 1920, Griffith applicò la prima legge della termodinamica alla formazione della frattura. La frattura si può formare solo se tale processo causa un decremento o uno stato costante dell’energia totale. Quindi, le condizioni critiche per la frattura possono essere definite come il punto dove la crescita della frattura si verifica sotto le condizioni di equilibrio, con nessun cambiamento netto nell’energia totale.

Prendiamo in considerazione una piastra di dimensioni infinite soggetta a una tensione uniassiale costante, σ, in cui è presente una fessura di lunghezza 2a. Assumendo che la larghezza della piastra sia molto maggiore di 2a e che le condizioni di sforzo piano siano predominanti. Affinchè si presenti un incremento delle dimensioni della frattura, deve essere disponibile una sufficiente energia potenziale nella piastra, per superare l’energia superficiale del materiale. L’equilibrio energetico di Griffith per un incremento nell’area della frattura dA, sotto le condizioni di equilibrio, può essere espresso nel seguente modo:

9 9:

=

9; 9:

+

9< 9:

= 0

(1.12)

o

9;9:

=

9<9:

(1.13)

dove E = energia totale

Π = energia potenziale somma di, un’ energia di deformazione interna e di un energia potenziale delle forze esterne

Ws = lavoro richiesto per creare nuove superfici

Viene illustrata la piastra fessurata in Figura 1.3. Griffith utilizza l’analisi degli sforzi di Inglis che mostra

(17)

Capitolo 1 8

dove > è l’energia potenziale di una piastra senza fessura e B è lo spessore della piastra. La formazione della frattura necessita la creazione di due superfici, quindi si calcola Ws (il lavoro richiesto per creare nuove superfici) come:

@ = 48B

(1.15)

dove è l’energia superficiale del materiale. Quindi

9;9:

=

(1.16)

e

9<

9:

= 2

(1.17)

Eguagliando la (1.16) e (1.17) e risolvendo per una tensione di frattura, si ottiene:

D

=

E F

G

( 1.18)

È importante sottolineare la distinzione tra l’area di frattura e l’area della nuova superfice. L’area di frattura viene definita come l’area proiettata della frattura (2aB), ma poiché una frattura comprende due facce che si sovrappongono, l’area della nuova superfice è 2A.

1.2.2 Il tasso di rilascio dell’energia

Nel 1956, Irwin propose un approccio energetico per le fessure che è essenzialmente equivalente al modello di Griffith, con la differenza che l’approccio di Irwin è formulato in un modo più coerente per risolvere i problemi di ingegneria. Irwin definì il tasso di rilascio dell’energia G, come una misura dell’energia disponibile per un incremento dell’estensione della fessura:

= −

9;9:

(1.19)

Il termine tasso, usato in questo contesto, non si riferisce a una derivata rispetto al tempo; G è il tasso di variazione dell’energia potenziale

(18)

con l’area di frattura. Poiché la G è ottenuta dalla derivata di un potenziale, che è anche chiamata la forza di estensione della frattura.

In accordo con la (1.16) per una piastra larga nello stato di tensione piano con una frattura di lunghezza 2a, il tasso di rilascio dell’energia è dato da:

=

(1.20)

L’estensione della frattura si verifica quando G raggiunge il valore critico:

=

9<9:

= 2H

D

(1.21)

dove Gc è una misura della tenacità della frattura del materiale.

L’energia potenziale di un corpo elastico, Π, è definita così:

> = I − J

(1.22)

dove U è l’energia di sforzo immagazzinata nel corpo e F è il lavoro fatto dalle forze esterne.

Considerando una piastra fessurata soggetta ad un carico P, poichè tale carico è fissato, la struttura è detta a carico controllato.

J = ∆ e I = L ∆∆ = 2 ∆ perciò > = −I e

=

? 9M9 N

=

N? 9∆9: N

(1.23)

Quando lo spostamento è fisso, la piastra è a spostamento controllato;

F = 0 e

(19)

Capitolo 1 10

quindi

= −

? 9M9 ∆

= −

? 9N9 ∆

(1.24)

È conveniente ora introdurre la cedevolezza, che è l’inverso della rigidezza della piastra.

O =

N

(1.25)

Sostituendo la (1.25) nella (1.23) e (1.24) si mostra per il carico controllato e lo spostamento controllato:

=

N?9P9:

(1.26)

Perciò il tasso di rilascio dell’energia è definito in (1.19), ed è lo stesso per controllo di forza o spostamento.

1.2.3 Modi di frattura I/II/III

Un concetto fondamentale della teoria della meccanica della frattura è quello della tenacità di frattura come una proprietà del materiale.

In generale, ci sono tre modi di frattura: l'apertura (Modo I), scorrimento nel piano (Modo II), e scorrimento trasversale (Modo III).

(20)

1.3

La Delaminazione nei compositi

1.3.1 I materiali compositi

Un materiale composito, è un materiale costituito dall’unione di due o più costituenti generalmente distinti in:

- Matrice - Fibre

- Additivi o cariche

Il concetto chiave dei compositi è quello di unire due o più materiali con caratteristiche diverse, che da soli non hanno un grande pregio ma che insieme acquistano nuove utili proprietà.

Generalmente questi materiali sono impiegati sotto forma di corpi bidimensionali, lastre o gusci. Per quanto riguarda il loro comportamento meccanico e l’impiego strutturale, si possono dividere in:

- Compositi a fibra corta: le fibre sono disperse aleatoriamente in una matrice isotropa; il comportamento meccanico macroscopico è globalmente isotropo.

- Compositi a fibra lunga: le fibre sono disposte in modo ordinato e orientato in una matrice isotropa; il comportamento meccanico macroscopico è globalmente anisotropo.

Successivamente questi materiali vengono assemblati per costituire dei macro-materiali compositi che sono essenzialmente di due tipi:

- Laminati: sono ottenuti per sovrapposizione di lamine in composito diversamente orientate; il comportamento meccanico macroscopico deve essere progettato.

- Sandwich: sono pannelli concepiti per impieghi in flessione; generalmente il comportamento macroscopico è isotropo nel piano.

I principali costituenti dei compositi a matrice organica sono la matrice e le fibre. Queste due, a loro volta, sono generalemnte dei tipi seguenti:

(21)

Capitolo 1 12 - Resine epossidiche - Resine poliuretaniche - Resine poliammidiche - Resine fenoliche  Fibre: - Vetro - Carbonio

I Laminati sono ottenuti per sovrapposizione di lamine, in genere a rinforzo unidirezionale o tessuto, disposte secondo differenti orientazioni. In genere l’assemblaggio delle lamine avviene per polimerizzazione dell’insieme e avvolte per incollaggio (per esempio per il legno compensato). I laminati vengono utlizzati, come materiali strutturali, laddove ci sia la necessità da un lato di elevate le prestazioni meccaniche in termini di rigidezza, resistenza, comportamento alla fessurazione e dall’altro di limitare il peso.

I Sandwich sono la generalizzazione della trave a doppio T al caso bidimensionale. Il concetto è quello classico di mettere il materiale resistente a flessione dove è necessario, all’esterno, e riempire la parte centrale con un materiale leggero ( schiume solide, reticoli a nidi d’ape , balsa), preposto a trasmettere gli sforzi di taglio. I pannelli sandwich sono dunque utilizzati nei casi in cui è imperativo mantenere la leggerezza nelle strutture sollecitate a flessione.

1.3.2 Origini della delaminazione nei compositi

Le delaminazioni, cioè fratture interlaminari e i difetti tipo le fessurazioni, sono comuni per le strutture composite, un po’ come le fratture causate dalla fatica sono comuni nelle strutture metalliche.

Esistono due tipi di delaminazione dipendenti dalla loro posizione nell’elemento strutturale. Le delaminazioni interne (Internal) (Figura 1.5-(a)), situate entro il volume del materiale. Inoltre, le delaminazioni ai bordi in elementi spessi sono piuttosto simili alle fessure studiate nella meccanica della frattura classica. Le delaminazioni superficiali (near-surface) Figura

(22)

1.5-(b), situate vicino alla superfice di un elemento strutturale sono un tipo speciale di difetto simile alla frattura. Il comportamento della delaminazione superficiale è, di regola, accompagnato dal loro cedimento; infatti dovrà essere presa in considerazione oltre alla crescita della delaminazione e al danno interlaminare anche la stabilità considerata dal punto di vista della teoria della stabilità elastica.

Nelle strutture composite oltre alle delaminazioni singole, si possono formare delle fratture multiple (multiple cracking), Figura 1.5-(c), senza la separazione delle lamine.

Figura 1.5 – Tre tipi di delaminazione – Bolotin, 1996

Sebbene gli studi intensivi nella meccanica delle delaminazioni sono state avviate nel 1980, il contesto storico risale a molto prima. Obreimoff ha dedicato un articolo alla valutazione dell’energia superficiale di scissione della mica1. Alcuni anni più tardi, Stewart et al. (1987) hanno analizzato le prorpietà meccaniche dei muscoli del corpo che sono anch’esse sono simili ad un materiale laminato naturale. Riferendosi direttamente alle strutture composite i primi a considerare i problemi delle delaminazioni sono stati Kulkarni e Frederick (1973) e Kachanov (1975).

1.3.3 L’importanza dei danni e difetti nelle strutture composite

I compositi stanno trovando ampio uso in varie applicazioni strutturali. Infatti, essi offrono un notevole risparmio di peso e hanno particolari proprietà

1Le miche sono un gruppo di minerali appartenente ai fillosilicati. Non essendo un composito, ma un laminato naturale estremamente anisotropo, la mica presenta un comportamento meccanico simile a molti moderni materiali compositi.

(23)

Capitolo 1 14

meccaniche. Come i metalli, questi materiali sono sensibili agli intagli e perdono gran parte della loro integrità strutturale in caso di danneggiamento.

L’esito favorevole dato dall’esperienza relativa alla progettazione di strutture metalliche non può essere direttamente trasferito alla progettazione strutturale di compositi a causa del coinvolgimento di differenti meccanismi di collasso nei materiali compositi. La progettazione delle strutture di materiale composito differisce da quelle metalliche a causa della disomogeneità e l'anisotropia intrinseca dei compositi. Inoltre, questi due fattori complicano la valutazione del danneggiamento.

I danni possono essere causati durante il processo produttivo e durante il servizio. Ad esempio, nelle strutture aeronautiche, il danno di servizio può derivare dall'impatto di detriti sulla pista, e di grandine, collisioni con volatili e con veicoli di servizio a terra, ecc.

In molti casi, i danni causati da molti impatti possono non essere visibili o faticamente individuabili a vista sulla superfice, ma possono significativamente ridurre la resistenza dei componenti.

I difetti di fabbricazione possono essere sotto forma di delaminazione e vuoti dovuti alla laminazione impropria e l’indurimento o possono essere introdotti da danni dalla lavorazione dei componenti per i fori di fissaggio ecc.

In un composito laminato, ci sono due modi di collasso principali: la delaminazione e il distacco. La delaminazione (Delamination) fa riferimento alla separazione degli strati in un laminato sotto l’influenza di un carico di servizio. Il distacco (Debond), nelle strutture composite in cui tra i laminati vi è frapposto uno strato coesivo, consiste in una separazione accidentale dello strato coesivo a livello macroscopico che si verifica durante il processo di fabbricazione.

L’incollaggio è diventato un metodo di giunzione ampiamente utilizzato, in particolare per componenti strutturali compositi a causa dei loro vantaggi rispetto al fissaggio meccanico. Nell’incollaggio le sollecitazioni sono distribuite sull’intera aerea di contatto e non sono presenti

(24)

concentrazioni di sollecitazione come avviene nell’intorno dei fori di fissaggio.

Figura 1.6 – Illustrazione della Delaminazione e il distacco – Senthil, 2013

A causa della geometria e del carico generale anche l’instabilità è uno dei più importanti criteri di collasso in particolare quando la struttura è sottoposta a compressione nel piano. Qualunque sia il meccanismo

presente, delaminazione/distacco, esso può portare ad un collasso prematuro delle strutture, causando la perdita improvvisa della capacità portante del pannello. Quando un pannello composito con difetti viene sottoposto a compressione nel piano, in generale si può manifestare instabilità globale. Invece, l’instabilità locale dei sublaminati si manifesta spesso in

corrispondenza della zona difettosa. L’instabilità in modalità mista, è una combinazione di instabilità locale e globale. Il difetto, in queste condizioni, può crescere o meno, ma resta il fatto che la riduzione della capacità di resistere al carico di compressione è dovuto alla perdita di rigidità della zona difettosa. Tale riduzione dipende dalla dimensione, forma e posizione del difetto sulla struttura composta.

(25)

Capitolo 1 16

Figura 1.7 – Influenza dei difetti nei pannelli compositi sottoposti a compressione nel piano – Senthil, 2013

Considerando che la normale pratica di ispezione si basa principalmente su controlli visivi, è quindi possibile che i danni interni (principalmente delaminazioni) causate impatti a bassa energia possano non essere rilevati durante la vita di una struttura. Pertanto è necessario stabilire criteri di progettazione di intolleranza di danno per strutture composite, al fine di garantire che la crescita dei danni non visibili non degradi il valore della resistenza sotto il carico di progetto massimo durante la vita della struttura.

La delaminazione, indirettamente, influenza il collasso finale della struttura condizionando così la sua vita, poiché essa può influenzare le prestazioni strutturali. Il suo comportamento deve essere accuratamente compreso ed è necessario sviluppare tecniche per il ritardo o la prevenzione. Alcuni degli approcci per la prevenzione o il ritardo nella delaminazione sono: migliorare l’indurimento delle resine correnti, sviluppare nuove resine più resistenti, interlaccio adesivo, intreccio, tessitura 3-D, ecc.

Anche comprendere l’effetto dei difetti è importante per una corretta progettazione e per un utilizzo in sicurezza dei materiali compositi fibrorinforzati. La sicurezza è garantita progettando i requisiti in modo che

(26)

non sia permesso al danno di crescere e ridurre la resistenza residua statica della struttura sotto un valore specificato, ad esempio quella corrispondente al carico massimo sperimentato in servizio.

Vedi Garg (1988) e Senthil (2013).

1.3.4 Caratterizzazione sperimentale della resistenza alla

delaminazione

Uno dei più comuni modi in cui le strutture composte vanno in crisi è la delaminazione. L'anisotropia e l'eterogeneità dei laminati compositi e l'esistenza di diversi piani di debolezza significa che possono essere presenti tutte e tre i modi nella parte anteriore alla propagazione della delaminazione.

Inoltre, ciascun modo presenta una diversa tenacità di frattura. Negli scorsi decenni è stato fatto un grande lavoro per ideare tecniche sperimentali idonee per caratterizzare la resistenza alla delaminazione (Carlsson et al. 2014) di Modo I, Modo II, Modo III e nei modi misti.

Per il modo I viene considerato il provino “ trave a doppia mensola ” ( Double Cantilever Beam) (DCB) ( Figura 1.8) e per il modo II un provino a “ flessione con intaglio all’estremità ” (End Notch Flexure) (ENF) (Figura 1.9) e un provino “ caricato sull’estremità divisa ” (End Loaded Split) (ELS) (Figura 1.10).

(27)

Capitolo 1 18

Figura 1.9 – Provino a “ flessione con intaglio all’estremità ” (ENF) – Tay, 2003

Figura 1.10 – Provino “ caricato sull’estremità divisa “ (ELS) – Tay, 2003

Un test più recente è il 4ENF (Figura 1.11), che è simile al ENF, ma caricato con 4 punti di flessione, proposto da Martin e Davidson (1999).

Figura 1.11 – Provino a flessione su quattro punti con intaglio alla fine (4ENF) – Tay, 2003

Quando due o più modi di frattura sono presenti contemporaneamente, la tenacità a frattura può essere diversa da quella dei modi puri.

Ad esempio, la tenacità della frattura Modo II di molti composti epossidici fragili è notevolmente superiore rispetto alla corrispondente in Modo I, i valori di tenacità della frattura in modo misto sono compresi tra le quantità di Modo I e Modo II.

(28)

Oltre alla ENF e ELS, negli anni ’80 del novecento, sono stati usati diversi metodi di prova per caratterizzare il Modo II e la tenacità della frattura in modo misto, sfortunatamente, queste prove producevano valori di tenacità in modo II che differevano molto tra loro anche a parità di materiale.

Successivamente, uno degli sviluppi più significativi nella caratterizzazione della tenacità della frattura in modalità mista è stato il test della “ flessione in modalità mista “ (Mixed – Mode Bending) (MMB) ( Figura 1.12), introdotto da Reeder e Crews (1990).

Figura 1.12 – Provino a “ flessione in modalità mista “ (MMB) – Tay, 2003

Per la caratterizzazione del Modo III c’è stato meno lavoro rispetto al Modo I e al Modo II, anche se, il provino della “ torsione con fessura sul bordo “ ( Edge Crack Torsion ) (ECT) (Figura 1.13), è stato ampiamente usato.

Li et al. (1997) hanno eseguito esperimenti e un’analisi 3D agli elementi finiti dell’ECT e hanno dimostrato che il collasso dominante si presenta in Modo III, con il Modo II trascurabile all’estremità del provino vicino ai punti di applicazione del carico.

(29)

Capitolo 1 20

Figura 1.13 – Provino con “ torsione con fessura sul bordo “ (ECT) – Tay, 2003

La Figura 1.14 mostra che per laminati di grafite in matrice epossidica, i valori della tenacità della frattura del Modo III sono generalmente più alti di quelli per i Modi I e Modi II.

Figura 1.14 – Comparazione della tenacità di frattura nei tre modi per laminati alla grafite epossidici – Tay, 2003

(30)

Capitolo 2

VIRTUAL CRACK CLOSURE TECHNIQUE

Sommario. Il presente capitolo introduce la tecnica della chiusura virtuale della fessura (virtual crack closure technique) per problemi bidimensionali e tridimensionali.

Summary. This chapter introduces the virtual crack closure technique for two-dimensional

and three-dimensional problems.

2.1

VCCT- 2D

2.1.1 Premessa

Il metodo degli elementi finiti è diventato una tecnica molto utile per risolvere i problemi di meccanica della frattura elastica lineare.

Gli approcci alla meccanica della frattura mediante gli elementi finiti possono essere distinti in metodi diretti e metodi indiretti. Nei metodi diretti, i fattori di intensificazione degli sforzi sono calcolati direttamente dalla soluzione. Nei metodi indiretti, viene calcolato un tasso di rilascio di energia e i fattori di intensificazione degli sforzi vengono ricavati di conseguenza.

La tecnica della chiusura virtuale della fessura (VCCT) si basa sull’implementazione numerica dell’integrale della chiusura della fessura di Irwin (Irwin 1958). I primi a proporla per problemi bidimensionali sono stati Rybicki e Kanninen (1977). Successivamente la tecnica è stata estesa ai problemi tridimensionali da Shivakumar et al. (1988).

2.1.2 VCCT – Standard

La VCCT è un metodo consolidato per il calcolo del tasso di rilascio dell’energia G, nei problemi di meccanica della frattura mediante il metodo degli elementi finiti (FEM).

(31)

Capitolo 2 22

La VCCT non si limita a calcolare solo il tasso di rilascio dell’energia, ma anche i suoi contributi GI, GII, e GIII, associati alle tre modalità di frattura classica (Krueger 2004). Nel presente paragrafo tratteremo la VCCT Standard applicata ad un problema bidimensionale di elasticità lineare. Considerando a tale scopo un corpo isotropo e omogeneo di spessore B, soggetto a una frattura rettilinea di lunghezza “a”, con definiti carichi e condizioni cinematiche a contorno.

Il modello agli elementi finiti si suppone ottenuto con una discretizzazione composta da elementi a 4 nodi. È stato considerato un riferimento Cartesiano, Oxyz, con gli assi x e y rispettivamente parallelo e ortogonale alla direzione della fessura. Inoltre sono stati definiti i nodi A1,B1,C1…A2,B2,C2 (Figura 2.1) posizionati rispettivamente sulla superficie al di sotto e al di sopra della frattura.

Irwin osservò che l’energia dissipata da un’estensione virtuale della frattura è uguale al lavoro che dovrebbe essere fatto per chiudere la frattura dalle forze che erano applicate sulla nuova superfice prima dell’estensione della fessura.

Figura 2.1 – A sinistra: corpo continuo fessurato ; A destra: mesh agli elementi finiti nell’intorno dell’apice della fessura –Valvo, 2012

(32)

Il tasso di rilascio dell’energia, G, è definito come l’energia potenziale totale dissipata dal sistema per unità di area di una nuova superficie creata dalla crescita della frattura.

= QRS

∆ →

2∆8 [L

1

V

( )∆H( − ∆8)

+ L 4

V

( )∆W( − ∆8)

]

(2.1)

dove σz e τzx sono rispettivamente le componenti degli sforzi normali e

tangenziali agenti sul piano della frattura, e ∆u e ∆w sono rispettivamente gli spostamenti relativi tra la superficie della frattura lungo la direzione x e z che si verificano quando la frattura è estesa di una lunghezza ∆a.

Nei problemi piani, la frattura generalemente propaga sotto condizioni di modo misto I/II, questo significa che sono coinvolti entrambi i modi di frattura di opening (I) e sliding (II). Il tasso di rilascio dell’energia può essere diviso come segue:

=

6

+

66

(2.2)

dove GI e GII sono i contributi modali di G, relativi ai modi di frattura I e II. In questo caso i contributi modali sono dati dai due addendi in

equazione (2.1).

6

= QRS

∆ → ∆

[

∆ V

( )∆H( − ∆8)

(2.3)

66

= L 4

V

( )∆W( − ∆8)

]

Sostituendo le espressioni per il campo delle tensioni e degli spostamenti derivanti dalla teoria di elasticità ( per condizioni di stato tensionale piano) in (2.3) otteniamo

(33)

Capitolo 2 24

dove KI e KII sono i fattori di intensificazione degli sforzi rispettivamente

per i modi I e II, e E è il modulo di Young del materiale. Nell’ambito del modello agli elementi finiti, il concetto di Irwin si traduce nella seguente espressione del tasso di rilascio dell’energia:

=

?∆

(Y ∆W + Z ∆H ) (2.5)

dove Xc e Zc sono le forze interne agenti all’apice della fessurarispettivamente lungo le direzioni x e z, e ∆uc e ∆wc sono i

corrispondenti spostamenti relativi che si verificano quando la frattura è estesa di una lunghezza ∆a.

In principio, il calcolo delle forze e degli spostamenti nell’equazione (2.4) necessita l’esecuzione di due analisi:

- Step 1: si calcolano le forze sull’apice della fessura

Y = Y

( )

= −Y

( )

(2.6)

Z = Z

( )

= −Z

( )

tramite l’analisi di una mesh con la lunghezza della fessura “a”; - Step 2 : si calcolano gli spostamenti relativi dell’apice della

fessura

∆W = W

( )

−W

( )

(2.7)

∆H = H

( )

−H

( )

tramite l’analisi di una mesh nella quale la frattura ha una lunghezza di “a + ∆a”, con un estensione virtuale della frattura simulata dal rilascio dei vincoli di connessione dei nodi dell’apice della fessura C1 e C2;

Nel caso in cui ∆a << a, è possibile usare con buona approssimazione un unico passaggio. Di conseguenza, eseguendo un’analisi su una mesh con lunghezza della fessura di “a”, gli spostamenti relativi dell’apice della fessurasono approssimativamente corrispondenti alle quantità valutate nei nodi, B1 e B2, immediatamente precedenti l’apice della fessura.

(34)

∆W ≅ ∆W

?

= W

?( )

− W

?( )

(2.8)

∆H ≅ ∆H

?

= H

?( )

− H

?( )

È doveroso fare due osservazioni. In primo luogo, nella formulazione originale di Irwin la frattura è inserita in un mezzo infinito, quindi la fessura appartiene ad un asse di simmetria del problema. In secondo luogo, l’equazione (2.4) mostra che GI e GII,in accordo con i loro significati fisici,

sono definite quantità positive ( essi sono nulli solo quando il fattore di intensificazione degli sforzi è zero). La VCCT Standard in analogia con l’equazione (2.3) definisce i contributi modali di G come:

6

=

\ ∆]?∆ ^

66

=

_ ∆`?∆ ^

(2.9)

Tuttavia le equazioni (2.9) non definiscono GI e GII come quantità

positive. Infatti, esse prevedono un campo di valori negativi per GI eGII

quando le forze nodali Xc o Zc si rilevano essere opposte in direzione rispetto

ai corrispondenti spostamenti relativi ∆uc o ∆wc.

Gli spostamenti relativi prodotti dall’estensione della frattura sono uguali in modulo agli spostamenti relativi prodotti dall’applicazione delle forze all’apice della fessura. Quindi, considerata la linearità del modello:

∆W = a Y + a

V

Z

(2.10)

∆H = a

V

Y + a

VV

Z

dove fxx, fxz, fzx efzz sono i coefficienti di flessibilità.

Considerazioni energetiche implicano che fxx efzz siano quantità

maggiori di zero, mentre fxz ( = fzx dal teorema virtuale di reciprocità di

Betti) ha segno indefinito.

L’equazione (2.10) mostra che quando fxz è diverso da zero (

circostanza che si verifica nel caso in cui la frattura è asimmetrica) c’è accoppiamento tra le forze dell’apice della frattura in direzione z e lo spostamento relativo in direzione x, e viceversa, tra le forze in direzione x e

(35)

Capitolo 2 26

lo spostamento relativo in direzione z. Questo accoppiamento svanisce solo se fxz è zero (nel caso in cui la frattura è simmetrica). Nella formulazione del

continuo, si manifesta analogamente per geometrie con fessura asimmetrica, un accoppiamento tra gli sforzi normali e quelli tangenziali, σz e τzx e gli

spostamenti relativi, ∆u e ∆w.

Invertendo l’equazione (2.10), le forze dell’apice della fessura posso essere scritte in funzione degli spostamenti relativi.

Y =

∆W +

V

∆H

(2.11)

Z =

V

∆W +

VV

∆H

dove

=

Dbb DccDbbdDcb

VV

=

Dcc DccDbbdDcb

(2.12)

V

=

V

= −

DccDDbbcbdDcb

sono i coefficienti di rigidezza.

Sostituendo l’equazione (2.10) nell’equazione (2.5), si ricava il tasso di rilascio dell’energia sotto forma di funzione quadratica (definita positiva) delle forze all’apice della fessura.

=

?∆

(a Y + 2a

V

Y Z + a

VV

Z ) (2.13)

Similmente sostituendo l’equazione (2.10) in (2.9), si rivacano le espressioni dei contributi modali come funzioni delle forze dell’apice della frattura.

6

=

?∆

(a

VV

Z + a

V

Y Z )

(2.14

)

66

=

2B∆8 (a Y + a

1

V

Y Z )

Secondo, la VCCT standard, i termini non negativi dipendenti da fzz efxx sono

associati rispettivamente a GI e GII, mentre il termine fxz, è ugualmente

(36)

definito nel segno, ne consegue che i contributi GI e GII calcolati non sono

definiti positivi.

2.1.3 VCCT – Modificata (Revised)

Nel paragrafo 2.1.2 è stato introdotto il metodo della VCCT Standard e posta l’attenzione sull’incoerenza fisica dei risultati derivanti da GI e GII.

Qui di seguito verranno esposte alcune proposte di modifica introdotte da Valvo (2012 ; 2015), allo scopo di evitare i problemi della tecnica standard.

2.1.3.1 Proposta del 2012

Come primo tentativo di ottenere un partizionamento delle modalità di frattura fisicamente coerente, Valvo (2012) propose un metodo che definisce i contributi modali come associati alla quantità di lavoro svolto in un processo di chiusura dell’estensione della fessura in due step.

Nel primo step, corrispondente al modo di frattura I, lo spostamento relativo dell’apice in direzione z, ∆wc , è chiuso completamente

dall’applicazione di una forza Zc(I) nella stessa direzione. Allo stesso tempo

una forza nulla, Xc(I) = 0, è applicata in direzione x, ma a causa

dell’accoppiamento, lo spostamento relativo all’apice in direzione x, ∆uc , è

parzialmente chiuso ( se fxz > 0) o ulteriormente aperto ( se fxz < 0) , da una

quantità ∆uc(I).

Nel secondo step, corrispondente alla modalità di frattura II, lo spostamento relativo all’apice della fessura residua in direzione x, ∆uc(II) =

∆uc - ∆uc(I), è chiuso dall’applicazione di una forza, Xc(II)= Xc e Zc(II) = Zc-

Zc(I).

Usando l’equazione (2.10) , le forze all’apice della fessurache sono applicate nello step (I) sono:

Y

(6)

= 0 Z

(6)

=

∆]D

bb

=

Dcb

Dbb

Y + Z

(2.15

)

Queste forze produco degli spostamenti relativi, come di seguito:

(37)

Capitolo 2 28

In virtù dell’equ. (2.15) in presenza di fxz diverso da zero, Zc(I)

differisce dalla forza dell’apice della fessuraZc.

Le forze applicate nel secondo step sono:

Y

(66)

= Y − Y

(6)

= Y − 0 = Y (2. 17

)

Z

(66)

= Z − Z

(6)

= −

Dcb

Dbb

Y

Usando l’equ. (2.10), (2.15), (2.16) e (2.17) i conseguenti spostamenti relativi sono:

∆W

(66)

= ∆W − ∆W

(6)

= ga −

a

a

V

VV

h Y

∆H

(66)

= 0

(2.18)

Pertanto, nello step II, lo spostamento relativo residuo in direzione x è stato cancellato, mentre nella direzione z non viene prodotto nessun spostamento.

Figura 2.2 – a) step I, chiusura dello spostamento relativo dell’apice della fessura nella direzione z (modo I) ; b) step II, chiusura dello spostamento relativo dell’apice della fessura nella direzione z (modo II) – Valvo, 2012

Quindi in accordo con la VCCT modificata, i contributi dei modi I e II del tasso di rilascio dell’energia sono:

6

=

\

(%)∆](%)

?∆

66

=

_(%%)∆`(%%)

?∆

(2.19)

Sostituendo le equ. da (2.15) a (2.18) in (2.19) e richiamando (2.12) che sono i coefficienti di rigidezza, si ottengono

(38)

6

=

?∆ Dbb

(a

V

Y + a

VV

Z ) =

?∆ ∆]Dbb

(2.20)

66

=

2B∆8 ga −

1

a

a

V

VV

h (Y ) =

1

2B∆8

Y

sommando questi due contributi si ottengono le stesse espressioni di (2.13) e (2.14).

In sintesi, la differenza tra la VCCT Standard e VCCT Modificata sta nella maniera in cui i modi di frattura sono ripartiti. L’equ. (2.20) mostra chiaramente che GI e GII, calcolate in accordo con la VCCT Modificata, sono

quantità non negative. Quindi, questo metodo in contrasto con il metodo Standard fornisce un partizionamento fisicamente coerente dei modi di frattura. Le condizioni di modo I rivelate dalla (2.20) sono, Xc= 0 e per il

modo II ∆wc = 0.

Riassumento, la VCCT Modificata, in cui GI e GII sono valori non

negativi, è stata ottenuta associando questi alle quantità di lavoro svolto da un sistema di forze energeticamente ortogonali, cioè che hanno un lavoro mutuo nullo. Poiché ci sono infinite coppie di diametri coniugati dell’ellisse di flessibilità dell’apice della fessura, tutte corrispondenti a due sistemi di forze energeticamente ortogonali, esistono infiniti modi per definire GI e GII come

quantità non negative.

Nella definizione adottata nell’equ. (2.20) (che per ottenere il modo pura I ( GII = 0) la forza tangenziale debba essere nulla e per il modo II (GI=

0) lo spostamento ∆w = 0), ne segue che esiste un campo dove il contributo GI viene da componenti normali di compressione della forza dell’apice della

(39)

Capitolo 2 30

2.1.3.2 Proposta del 2015

Per evitare l’inconveniente legato alle forze di chiusura di compressione, è stato fatto un ulteriore passo da Valvo (2015), che propone una diversa definizioni basata sul presupposto che la modalità pura I di frattura corrisponda a uno slittamento nullo dell’apice della fessura (∆u = 0). Ne consegue che GI e GII sono ancora associati alle quantità di lavoro svolto

da due sistemi di forze energeticamente ortogonali.

La modalità pura II corrisponde invece a una forza normale nulla dell’apice della fessura (Z = 0). Quindi, è possibile imporre GI = 0 quando Z

< 0 e ottenere una transizione “fluida” dell’intervallo di comportamento in modalità mista I/II a condizioni di modalità pura II.

Figura 2.3 – Tecnica di Chiusura Virtuale della frattura: a) le forze

all’apice della fessura ; b) gli spostamenti relativi all’apice della fessura – Valvo, 2015

Vengono in primo luogo, definiti il vettore degli spostamenti ∆s e il vettore delle forze r dell’apice della frattura.

∆ = (∆W ∆H)

i

j = (Y Z)

i

(2.21)

(40)

di conseguenza l’equ. (2.10) può essere scritta:

∆ = J j

(2.22)

d

ove

J = ka

a

a

V V

a

VV

l

(2.23)

è la matrice di flessibilità (simmetrica) per l’apice della fessura.

Figura 2.4 – Coefficienti di flessibilità: a) forze unitarie di direzione x ; b) forze unitarie in direzione z – Valvo, 2015

Con le eq. (2.22) e (2.23) l’espressi one del tasso di rilascio dell’energia diventa:

=

?∆ ji∆

=

?∆ jiJ j = ?∆

(Y Z) k

aa a m m amm

l

(

Y

Z)

(2.24)

La matrice J è definita positiva, ciò implica:

a > 0 detr

J

s = a a

VV

− a

V

> 0

(2.25)

In secondo luogo, come indicato precedentemente, viene presupposto che la modalità pura II corrisponda a una forza normale nulla all’apice della fessura

(41)

Capitolo 2 32

ZII = 0, invece applicando una forza tangenziale XII lo scorrimento ∆u viene

chiuso.

Pertanto dall’equazione (2.10):

Y

66

=

D∆`cc

= Y +

DDcbcc

Z Z

66

= 0

(2.26)

che producono gli spostamenti relativi,

∆W

66

= ∆W ∆H

66

=

DDcbcc

∆W

(2.27)

Nella modalità pura I, le forze residue dell’apice della fessura sono:

Y

6

= Y − Y

66

= −

DDcbcc

Z

(2.28)

Z

6

= Z − Z

66

= Z

Dai quali derivano gli spostamenti relativi,

∆W

6

= 0

(2.29)

∆H

6

= ∆H − ∆H

66

=

a (a a

1

VV

− a

V

)Z

L’equazione (2.27) mostra che nel primo step, il ∆u è completamente chiuso, mentre nella direzione z, ∆w, può essere parzialmente chiuso ( se fxz∆u < 0 )

o ulteriormente aperto ( se fxz∆u > 0 ).

Invece l’espressione (2.29) indica che nel secondo step, lo spostamento residuo nella direzione z, “∆w -∆wII “, è chiuso.

(42)

Figura 2.5 – Partizionamento dei modi di frattura: a) frattura completamente aperta ; b) contributo modo II, step I, spostamento di apertura residuo dell’apice della frattura; c) contributo modo I, frattura

completamente chiusa – Valvo, 2015

In base a quanto sopra, i contributi di modalità I e II di GI e GII corrispondono

rispettivamente alle quantità di lavoro svolto dal componente di forza ZI su

∆wI e da XII su ∆uII , e sono:

6

=

\%?∆ ∆]%

66

=

_%%?∆ ∆`%%

(2.30)

Sostituendo l’equazioni da (2.26) a (2.29) nella (2.30) le espressioni dei contributi modali sono:

(43)

Capitolo 2 34 66

=

?∆ Dcc

(a Y + a

V

Z)

(2.31)

L’espressione (2.31) richiamando anche la (2.25) mostra l’ipotesi sul partizionamento delle modalità di frattura che portano a calcolare le quantità non negative sia di GI che di GII .

Questo risultato può essere considerato come conseguenza dell’ortogonalità energetica dei sistemi di forze definito dalle (2.26) e (2.28).

Y

6

∆W

66

+ Z

6

∆H

66

= Y

66

∆W

6

+ Z

66

∆H

6

= 0

danno vita a un lavoro nullo.

È conveniente esprimere GI e GII come funzione degli spostamenti.

Invertendo (2.10) e sostituendo in (2.31) si ottengono:

6

=

?∆ Dcc(DcbDcc∆`dDDbbdDcccb∆])

(2.32)

66

=

?∆ ∆`Dcc

(2.33)

(44)

2.2

VCCT- 3D

2.2.1 Premessa

Per calcolare i tassi di rilascio dell’energia ( G ) e i fattori di intensificazione degli sforzi ( K ) dall’analisi agli elementi finiti di un corpo fessurato possiamo fare riferimento a tre metodi:

1- Il metodo della rigidità derivata, sviluppato da Parks (1974) e Hellen (1975)

2- Il metodo dello spostamento di apertura della fessura (COD) 3- Il metodo della forza

Dei tre metodi, il primo è probabilmente il più accurato, ma è complicato da applicare. Il metodo prevede il calcolo della variazione di rigidità di elementi finiti intorno al fronte della fessura. Il metodo COD è semplice, ma si basa sul presupposto che il campo vicino lo stato di sollecitazione è bidimensionale (2D) ed è, o un problema piano di tensione o un problema piano di deformazione. Il metodo della forza è anch’esso complicato da applicare e si basa su un campo di tensione singolare (2D) davanti al fronte della fessura. L’unico vantaggio del metodo della forza è che non è richiesta l’assunzione di un problema piano di tensione o un problema piano di deformazione per calcolare K.

Inoltre, sia il metodo COD, sia il metodo della forza richiedono l’uso di elementi singolari sul fronte della fessura. Pertanto è stato necessario sviluppare un metodo semplice e accurato per calcolare G o K usando elementi non singolari.

La tecnica della chiusura virtuale della frattura è stata proposta per prima per problemi bidimensionali da Rybicki e Kanninen (1977), e dopo è stata estesa a problemi tridimensionali (3D VCCT) da Shivakumar (1988).Quest’ultima tecnica è stata usata per calcolare G o K usando solo forze nodali e spostamenti da un analisi a elementi finiti standard.

(45)

Capitolo 2 36

2.2.2 VCCT - Standard

In questo paragrafo tratteremo la tecnica della chiusura virtuale della frattura standard estesa ad un corpo tridimensionale.

Esaminiamo il problema tridimensionale di un corpo fessurato composto da materiale elastico lineare con condizioni statiche e/o al contorno cinematiche prescritte. Si prende in considerazione in Figura 2.6, il modello agli elementi finiti, nel quale è stata circoscritta la mesh nelle vicinanze del fronte della fessura.

Figura 2.6 – Mesh elementi finiti del fronte della frattura con le forze all’apice della fessura( prima dell’avanzamento della fessura) – Valvo,

2014

La mesh è regolare ed è composta da elementi solidi di 8 nodi. In Figura 2.6 è presente un sistema di riferimento Cartesiano Oxyz, con gli assi x e y rispettivamente ortogonali e tangenti al fronte della frattura, e l’asse z è ortogonale al piano di frattura.

I nodi posizionati sulla superficie di frattura sono ordinati con le lettere A,B,C … in direzione dell’avanzamento della frattura (asse x). I pedici j-1, j , j+1,… definiscono l’ordine lungo il fronte della fessura asse y). Gli apici – e + corrispondono rispettivamente alle facce inferiore e superiore della fessura.

I nodi di fronte sulla superfice della frattura sono inizialmente uniti insieme da idonei vincoli interni, i quali progressivamente vengono rilasciati

(46)

per simulare la propagazione della frattura. Il fronte della fessura è inizialmente localizzato sulla linea di connessione dei nodi Cj-1 , Cj, Cj+1, ...

In coerenza con Irwin (1958), l’energia potenziale totale del sistema, spesa nella crescita della frattura per unità di area della nuova superficie creata, è uguale al lavoro fatto per chiudere la fessura da forze che erano applicate sulle facce della frattura precedentemente all’estensione di quest’ultima.

Figura 2.7 – Mesh elementi finiti del fronte della frattura con gli spostamenti relativi dell’apice della fessura( dopo l’avanzamento della

fessura) – Valvo, 2014

All’interno del modello adottato agli elementi finiti, il tasso di rilascio dell’energia al nodo j-th del fronte della fessura è ( Krueger 2004)

=

∆:t

(Y

u

∆W

u

+ v

u

∆w

u

+ Z

u

∆H

u

)

(2.34)

dove Xcj, Ycj e Zcj sono le forze all’apice della fessuraal nodo Cj nel sistema

di riferimento Oxyz, invece

∆u

cj

, ∆v

cj

e ∆w

cj sono gli spostamenti relativi

(47)

Capitolo 2 38

frattura avanza dal nodo Cj a Dj . Infine, ∆Aj, è l’area della superfice della

frattura in relazione al nodo Cj.

Adesso vengono definiti i vettori delle forze all’apice della fessura e il vettore degli spostamenti relativi del nodo Cj.

j = (Yu vu Zu)i

∆ = (∆W u ∆w u ∆H u)i

Gli spostamenti relativi causati dalla propagazione della frattura sono uguali in modulo (e in segno opposti) agli spostamenti relativi prodotti dall’applicazione delle forze all’apice della fessura. Quindi per un corpo elastico lineare è lecito scrivere:

∆ = J j

(2.35)

dove

J = x

a

a

2

a

a

222

a

a

2VV

a

V

a

2V

a

VV

y

(2.36)

è una matrice di flessibilità (simmetrica) e definita positiva. Gli elementi all’interno di (2.36) possono essere ottenuti tramite analisi preliminari ( Valvo 2012).

Con (2.35) e (2.36), la G può essere scritta come:

=

2∆z

1

u

j

i

∆ =

1

2∆z

u

j

i

J j =

=

∆: t (Y!{ v!{ Z!{

) x

f

}}

f

}~

f

}•

f

}~

f

~~

f

~•

f

}•

f

~•

f

••

y €

Y!{ v!{ Z!{

(2.37)

In accordo con la VCCT Standard (Krueger 2004), i contributi modali di G corrispondono semplicemente ai tre addendi in parentesi dell’equ. (2.34).

(48)

6 = 2∆z1 {Zu∆H u

(2.38)

66 =

2∆z

1

{Y u∆W u

66 =

2∆z

1

{vu∆wu

Le singole componenti del vettore degli spostamenti relativi (2.35) in funzione degli elementi componenti la matrice di flessibilità e il vettore delle forze agenti all’apice della fessura, sono rappresentate di seguito:

∆W u = a Yu+ a2vu+ aVZ u

(2.39)

∆wu = a2Yu+ a22vu+ a2VZu

∆H u = aVYu+ a2Vvu+ aVVZu

Sostituendo le (2.39) all’interno di (2.38), si ottengono le espressioni dei contributi modali di G in funzione delle forze dell’apice delle frattura e dei coefficienti della matrice di flessibilità, come segue:

6 = ∆:t(Z u aVV+ Y uZuaV+ vuZ ua2V) (2.40)

66 = 2∆z1

u(Y u a + Y uvua2+ Y uZuaV) 666 = 2∆z1

u(vu a22+ Y uvua2+ vuZua2V)

Facendo riferimento alla VCCT Standard, i termini non negativi dipendenti da fzz,fxx e fyy sono associati rispettivamente a GI,GII e GIII .

I termini fxy, fxz e fyz, sono, rispettivamente, ugualmente ripartiti in due

contributi modali, “GII e GIII” , “GI e GII” , ”GI e GIII”. Poiché questi termini

non sono definiti nel segno, ne consegue che i contributi GI ,GII e GIII calcolati

(49)

Capitolo 2 40

2.2.3 VCCT – Modificata (Revised)

Valvo (2015) ha mostrato che, in condizioni di frattura in modalità mista I/II, è possibile effettuare il partizionamento fisicamente coerente dei modi di frattura associando i contributi modali alle quantità di lavoro fatto da sistemi di forze energeticamente ortogonali. Inoltre, la decomposizione del vettore forza dell’apice della fessura,

r

c , in tali sistemi di forze corrisponde alla

decomposizione di Cholesky della matrici di flessibilità nella forma J = Ii‚ I

dove I è una matrice triangolare superiore unitaria e ‚ è una matrice diagonale.

Valvo (2014) ha quindi esteso questo approccio ai problemi di modi misti, I/II/III, ottenendo J = ƒff}}}~ ff~~}~ ff~•}• f}• f~• f•• „ = Ii‚ I =

(2.41)

⎣ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎡f1}~ 0 0 f}} 1 0 f}• f}} a a2V− a2aV a a22− a2 1⎦⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎤ ⎣ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎡f}} 0 0 0 f~~−af2 }} 0 0 0 aVV−afV }}− 1 a (a aa a2V22− a− a2a2V) ⎦⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎤ ⎣ ⎢ ⎢ ⎢ ⎢ ⎡1 f}~ f}} f}• f}} 0 1 a aa a2V− a2aV 22− a2 0 0 1 ⎦⎥ ⎥ ⎥ ⎥ ⎤

Il tasso di rilascio dell’energia diventa

=

∆:t

j

i

I

i

‚ I j =

∆:t

(j

(50)

dove

j

= €

j

j

666

j

666

• = Ij =

Y

u

+

••‘ •••

v

u

+

••’ •••

Z

u

v

u

+

DccDccD“bD““dDdDc“c“Dcb

Z

u

Z

u

(2.43)

è un vettore delle forze corretto all’apice della frattura. Le componenti del vettore

j

sono energeticamente ortogonali.

Invece gli elementi della matrice diagonale D sono:

a

6

= a

VV

Dcb••

Dcc(DccDccD“bD““dDdDc“c“Dcb) (2.44) a66 = a

a

666

= f

~~

a

f

2 }}

La matrice di flessibilità è definita positiva, ne segue quindi che fI, fII, fIII sono

coefficienti strettamente positivi. Perciò i contributi modali definiti in equ. (2.45) producono quantità non negative, come viene richiesto dal loro significato fisico.

6

=

∆:t

a

6

j

6

(2.45)

66

=

2∆z

1

u

a

66

j

66 666

=

2∆z

1

u

a

666

j

666

(51)

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