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Intensificazione dello scambio termico per effetto di campi acustici

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Academic year: 2021

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Abstract

Nel presente elaborato si analizzano gli effetti che i campi acustici hanno sullo scambio termico convettivo. Nella prima parte viene fornito un quadro teorico sull’argomento dell’intensificazione dello scambio termico convettivo a mezzo di ultrasuoni. Dopo una breve introduzione teorica sulle onde acustiche, vengono descritti i metodi di generazione delle onde acustiche maggiormente utilizzate in questo settore: gli ultrasuoni. Quindi vengono descritti i principali meccanismi di interazione tra il fenomeno acustico e il fenomeno termo-fluido-dinamico, con un approfondimento sulla cavitazione acustica. Nella seconda parte del lavoro vengono analizzati diversi lavori di carattere sperimentale presenti in letteratura. La ricerca in questo settore ha seguito due filoni principali: uno che studia il fenomeno di base in configurazioni geometriche ed idrodinamiche semplici, cercando di isolare i singoli fenomeni di interazione tra scambio termico e campi acustici e uno che studia l’applicazione dei campi acustici agli scambiatori di calore e ad altri contesti specifici. Vengono analizzati alcuni lavori del primo filone e vengono tratte alcune conclusioni di carattere generale. Per quel che riguarda il secondo filone, vengono sottolineate alcune criticità sulle apparecchiature utilizzate e sui flussi di energia in gioco. Infine, nella terza parte, vengono proposte alcune idee per l’arrangiamento delle apparecchiature da utilizzare nella sperimentazione futura.

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Sommario

1 Introduzione ... 4

2 Campi acustici e metodi di generazione ... 5

2.1 Onde acustiche ... 5

2.2 Generazione dei campi ultrasonici ... 11

2.2.1 Trasduttori a gas ... 11

2.2.2 Trasduttori a liquido ... 12

2.2.3 Trasduttori elettromeccanici ... 13

2.3 Generazione dei campi ultrasonici nel campo dell’intensificazione dello scambio termico convettivo ... 17

2.4 Potenza acustica ... 24

2.4.1 Misura dell’ampiezza vibrazionale ... 25

2.4.2 Metodo calorimetrico e metodo elettrico ... 27

2.4.3 Modello per la stima delle potenze nel caso dei sistemi a sonda ………..29

3 Intensificazione dello scambio termico convettivo mediante l’utilizzo di campi acustici ... 31

3.1 Meccanismi di interazione tra scambio termico e campi acustici ………31

3.2 Approfondimento sulla cavitazione acustica ... 36

3.2.1 La soglia di cavitazione ... 37

3.2.2 Tipologie di cavitazione e ciclo di vita delle bolle ... 38

3.2.3 Parametri che influenzano la cavitazione ... 39

3.2.4 Effetti fisici della cavitazione ... 44

4 Analisi della letteratura ... 47

(3)

4.2 Fenomeno di base ... 48

4.2.1 Campi acustici sonori ... 48

4.2.2 Campi acustici ultrasonici ... 55

4.2.3 Conclusioni sull’analisi del fenomeno di base ... 59

4.3 Applicazioni in contesti specifici: introduzione ... 61

4.4 Raffreddamento di componenti elettronici ... 66

4.5 Scambiatori di calore: Intensificazione del coefficiente globale di scambio………68

4.5.2 Riepilogo sull’intensificazione dello scambio termico ... 77

4.5.3 Scambiatori di calore: Prevenzione/Eliminazione del fouling . 78 5 Proposte per nuove apparecchiature ... 84

7 Bibliografia ... 89

(4)

1 Introduzione

I campi acustici, in particolare gli ultrasuoni, sono utilizzati in molte applicazioni ingegneristiche per migliorare l’efficienza dei sistemi, per intensificare reazioni chimiche, per la saldatura di materie plastiche e di queste con altri materiali, per la pulizia di componenti meccanici ecc. Vengono inoltre utilizzati convenientemente nel campo della sonochimica[1], [2], [3]. La possibilità di utilizzare i campi acustici per intensificare lo scambio termico convettivo è stata presa in esame per la prima volta dalla comunità scientifica negli anni ’30 del ‘900. Negli anni ’50 e ’60 il tema dell’intensificazione dello scambio termico è stato affrontato anche da molti altri punti di vista: utilizzo di superfici alettate, utilizzo di superfici corrugate, applicazione di sistemi bifase. Mentre questi filoni di ricerca hanno avuto sviluppo ed applicazione immediata, nel caso dei campi acustici la ricerca ha avuto uno sviluppo più lento e meno esteso. Nei primi lavori sperimentali sono stati utilizzati dei campi sonori[4], [5]. In seguito, la ricerca si è orientata verso gli ultrasuoni, dal momento che l’utilizzo di campi sonori nelle future applicazioni avrebbe reso l’ambiente di utilizzo delle stesse inadatto al lavoro ed alla presenza umana[6]. I lavori presenti in letteratura si possono suddividere in due categorie: quelli che affrontano lo studio del fenomeno di base in configurazioni geometriche ed idrodinamiche semplici, cercando di isolare i singoli meccanismi di interazione tra scambio termico e campi acustici e quelli che studiano l’applicazione dei campi acustici agli scambiatori di calore e in altri contesti specifici. Un precedente lavoro di Franco e Bartoli [7] analizza la letteratura disponibile cercando di chiarire la fisica del fenomeno dal punto di vista della termodinamica applicata. Dopo aver analizzato alcuni lavori riguardanti il fenomeno di base, si prosegue l’analisi della letteratura ponendo l’accento sull’applicazione degli ultrasuoni agli scambiatori di calore e in altri contesti specifici. Si discutono alcuni limiti dell’approccio sperimentale seguito fino ad ora, proponendo delle idee per l’arrangiamento di apparecchiature sperimentali che li superino.

(5)

2 Campi acustici e metodi di generazione

2.1 Onde acustiche

Un’onda è un’oscillazione che, generata in un punto, si propaga nello spazio, trasportando energia senza trasportare materia. È un fenomeno esteso nello

spazio e variabile nel tempo. Molti fenomeni fisici hanno natura ondulatoria.

Perciò esiste una grande varietà di onde che differiscono sia per la natura della grandezza che oscilla, sia per la modalità con cui l’oscillazione avviene.

Si può introdurre una funzione d’onda, dipendente dal tempo e dallo spazio, che si occupa di descrivere matematicamente la grandezza che sta oscillando:

𝜓(𝒙, 𝑡) → 𝐹𝑢𝑛𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑′𝑜𝑛𝑑𝑎 (1)

Ci sono vari modi per classificare le onde, a seconda delle proprietà che si vogliono evidenziare:

• Periodicità:

1. Onde periodiche → onde dal tracciato regolare in cui è possibile identificare un periodo T:

𝜓(𝒙, 𝑡 + 𝑘 ∙ 𝑇) = 𝜓(𝒙, 𝑡) ∀𝑘 ∈ ℤ (2)

𝑓 =1

𝑇→ 𝑓𝑟𝑒𝑞𝑢𝑒𝑛𝑧𝑎 (3) 2. Onde aperiodiche: onde dal tracciato irregolare. • Necessità di un mezzo per la propagazione dell’onda:

1. Onde elettromagnetiche: combinazione di campi elettrici e campi magnetici variabili che si propagano nello spazio anche in assenza di un mezzo;

2. Onde meccaniche: propagazione di perturbazioni in un mezzo gassoso, liquido o solido con il trasporto di energia e di quantità di moto;

(6)

• Direzione di oscillazione:

1. Si parla di onda longitudinale quando la direzione di oscillazione coincide con quella di propagazione. È il caso di una molla che si comprime e si espande.

Figura 1 Esempio di onda longitudinale

2. Si parla di onda trasversale quando la direzione di oscillazione è perpendicolare a quella di propagazione dell’onda, come nel caso delle onde elettromagnetiche e dei moti ondosi marini.

Figura 2 Esempio di onda trasversale

• Forma del fronte d’onda (intendendo per fronte d’onda l’insieme dei punti che vibrano concordemente):

1. Sferiche: Il fronte d’onda è una sfera (nel caso di sorgente puntiforme o comunque di dimensioni trascurabili rispetto a quelle caratteristiche del problema); è il caso delle onde sonore e delle onde elettromagnetiche;

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2. Piane: Il fronte d’onda è un piano perpendicolare alla direzione di propagazione; si tratta di un’astrazione matematica che non corrisponde perfettamente ad alcun fenomeno fisico, ma può essere un’approssimazione accettabile a seconda della configurazione geometrica del problema in esame;

3. Circolari: Il fronte d’onda è una circonferenza, come nel caso delle onde prodotte sul pelo libero dell’acqua gettando un sasso in uno stagno;

Le onde che costituiscono i “campi acustici” descritti nel presente lavoro sono onde meccaniche periodiche longitudinali che si propagano in un mezzo

fluido. Le oscillazioni sono spostamenti delle particelle del mezzo intorno alla

posizione di riposo e lungo la direzione di propagazione dell’onda. Sono provocate dai movimenti vibratori di un determinato oggetto, chiamato sorgente, il quale trasmette il proprio movimento alle particelle adiacenti grazie alle proprietà meccaniche del mezzo; queste particelle, a loro volta, trasmettono il movimento alle particelle vicine e così via. In questo modo viene provocata una variazione locale di pressione che si propaga meccanicamente. L’onda, seppur periodica, può avere profilo sinusoidale oppure no. Tali onde vengono classificate in base alla loro frequenza e alla percezione che il sistema uditivo umano ha di tale frequenza:

1. Infrasuoni, se 𝑓 < 20 𝐻𝑧 2. Suoni, se 20 𝐻𝑧 < 𝑓 < 20 𝑘𝐻𝑧 3. Ultrasuoni, se 𝑓 > 20 𝑘𝐻𝑧

Figura 3 Classificazione in frequenza delle onde acustiche

(8)

Gli infrasuoni, che si trovano al di sotto della soglia di udibilità dell’orecchio umano, possono essere prodotti da fenomeni naturali come tuoni, vento, terremoti, eruzioni vulcaniche, ecc.; vengono inoltre utilizzati da alcuni animali per comunicare su lunghe distanze, in quanto essi sono caratterizzati dalla capacità di aggirare gli ostacoli e di propagarsi con poca dissipazione. Possono essere generati artificialmente mediante l’utilizzo di opportuni trasduttori meccanici e vengono emessi dai motori degli aerei e da molti dispositivi di uso comune come ad esempio i condizionatori. Il corpo umano produce normalmente infrasuoni: le fibre muscolari che scivolano l’una sull’altra per permettere il movimento producono suoni a 25 𝐻𝑧, al limite degli infrasuoni e difficilmente udibili; il cuore produce infrasuoni attorno ai 20 𝐻𝑧 e anche le orecchie producono infrasuoni. Alcuni studi hanno evidenziato come gli infrasuoni prodotti esternamente al corpo, interagendo con le onde infrasoniche prodotte al suo interno, possano produrre nell’uomo malessere, sensazione di affaticamento e di dolore e disturbi del sonno[8]. Se l’intensità degli infrasuoni esterni è elevata e la loro frequenza è compresa tra 0.5 e 10 𝐻𝑧, possono andare a mettere in vibrazione il vestibolo (parte del labirinto auricolare, nell’orecchio interno), producendo vertigini e nausea. Poiché non sono coscientemente percepiti, non è infrequente che gli individui che vengono investiti da un fascio infrasonico avvertano un vago effetto di sensazione soprannaturale, in associazione agli eventi che si stanno svolgendo. Per tutti questi motivi, nel contesto dell’intensificazione dello scambio termico, in vista della sua applicazione agli scambiatori di calore, gli infrasuoni non vengono presi in esame.

Anche un’esposizione prolungata ad onde sonore può produrre effetti negativi sulla salute umana (che verranno brevemente descritti nel seguito), sia uditivi che non[6]. La banda di frequenze più adatta per l’applicazione dei campi acustici allo scambio termico in tutti gli ambienti in cui è presente l’uomo è perciò quella degli ultrasuoni. I primi studi sull’argomento hanno però riguardato campi sonori (Vedi paragrafo 4.2.1).

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Gli ultrasuoni possono essere suddivisi a loro volta in:

1. Ultrasuoni a bassa frequenza, se 20 𝑘𝐻𝑧 < 𝑓 < 100 𝑘𝐻𝑧 2. Ultrasuoni ad alta frequenza, se 100 𝑘𝐻𝑧 < 𝑓 < 20 𝑀𝐻𝑧 3. Ultrasuoni ad altissima frequenza, se 20 𝑀𝐻𝑧 < 𝑓 < 100 𝑀𝐻𝑧 Le applicazioni degli ultrasuoni si possono suddividere in:

• Applicazioni ad elevata intensità, per le quali la potenza acustica supera i 10 𝑊 (pulizia a ultrasuoni, sonochimica, …)

• Applicazioni a bassa intensità, per le quali la potenza acustica è inferiore ai 10 𝑊 (diagnostica medica, sensoristica, microscopia, NDE, …)

Le applicazioni ad alta intensità utilizzano generalmente le frequenze minori, mentre le applicazioni a bassa intensità usano le frequenze maggiori. Mentre nel caso della frequenza la classificazione è rigorosa, nel caso delle potenze incide molto il contesto. Il problema della potenza verrà affrontato nel paragrafo 2.4. Oltre alla frequenza, un parametro importante per valutare un’onda meccanica periodica longitudinale che si propaga in un mezzo fluido, ovvero un’onda di pressione, è l’ampiezza delle oscillazioni di pressione. Nel caso di un profilo sinusoidale, la valutazione è semplice:

{ 𝑝𝑡𝑜𝑡 = ⏞𝑝̃ 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑓𝑙𝑢𝑖𝑑𝑜 𝑖𝑛 𝑎𝑠𝑠𝑒𝑛𝑧𝑎 𝑑𝑖 𝑜𝑛𝑑𝑒 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 + 𝐴 sin(𝜔𝑡 + 𝜗0) 𝐴 = (𝑝𝑚𝑎𝑥 − 𝑝̃) → 𝐴𝑚𝑝𝑖𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙′𝑜𝑛𝑑𝑎 𝑠𝑜𝑛𝑜𝑟𝑎 (4)

Per generalizzare a profili non necessariamente sinusoidali si può utilizzare il Livello di Pressione Sonora (𝑆𝑜𝑢𝑛𝑑 𝑃𝑟𝑒𝑠𝑠𝑢𝑟𝑒 𝐿𝑒𝑣𝑒𝑙 → 𝑆𝑃𝐿):

{ 𝑆𝑃𝐿 = 10 log10(𝑝𝑒𝑓𝑓 𝑝0 ) 2 = 20 log10(𝑝𝑒𝑓𝑓 𝑝0 ) 𝑑𝐵 𝑝𝑒𝑓𝑓 = √1 𝑇∫ 𝑝2(𝑡)𝑑𝑡 𝑇 0 → 𝑉𝑎𝑙𝑜𝑟𝑒 𝑒𝑓𝑓𝑖𝑐𝑎𝑐𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙′𝑜𝑛𝑑𝑎 𝑑𝑖 𝑝𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝0 → 𝑃𝑟𝑒𝑠𝑠𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑓𝑒𝑟𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 (5)

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Il Livello di Pressione Sonora è stato definito inizialmente per le onde sonore che si propagano in aria, ponendo 𝑝0 = 2 ∙ 10−5 𝑃𝑎, scelta convenzionalmente

come pressione sonora corrispondente alla soglia di udibilità. A titolo di esempio, vengono riportati alcuni valori indicativi di suoni o rumori:

Sorgente Camera anecoica Soglia dell’udibile Ambiente domestico Sirena Soglia del dolore Colpo di pistola a 1𝑚 𝒅𝑩𝑺𝑷𝑳 -9 0 50 120 130 140

Tabella 1 Livelli di pressione sonora di alcuni suoni

La soglia considerata critica per evitare danni all’udito in seguito ad un’esposizione prolungata è di 𝟗𝟎 𝒅𝑩. Quella considerata critica per i danni in seguito ad una breve esposizione è 𝟏𝟐𝟎 𝒅𝑩. La soglia del dolore è definita dalla massima intensità sonora che l’orecchio è in grado di percepire e oltre la quale il suono viene sostituito da una sensazione di dolore. L’Organizzazione Mondiale della sanità fissa però valori medi da non superare per evitare una serie di disturbi correlati (problemi del sonno e della concentrazione, insorgenza di stress, stati ansiosi e irritabilità, disturbi dell’apparato cardiocircolatorio, disturbi digestivi e respiratori). Essa fissa a 𝟒𝟎 𝒅𝑩 la soglia notturna da non superare[9] e fissa tutta una serie di linee guida per le soglie di rumore legate ai trasporti[10].

Un altro parametro fondamentale collegato all’ampiezza delle onde acustiche è l’intensità acustica. Si supponga che le onde passino attraverso una finestra immaginaria di area unitaria posta perpendicolarmente rispetto alla direzione di propagazione delle onde stesse. L’intensità acustica è definita come l’energia che attraversa la finestra nell’unità di tempo:

𝐼 =

𝐸

(∆𝑡 ; ∆𝐴𝑁)

∆𝑡 ∙ ∆𝐴

𝑁

→ 𝐼𝑛𝑡𝑒𝑛𝑠𝑖𝑡𝑎 𝑎𝑐𝑢𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 [

𝑊

(11)

2.2 Generazione dei campi ultrasonici

La storia degli ultrasuoni è una parte della storia dell’acustica. La prima testimonianza risale a Pitagora, che nel VI secolo A.C. studiò i suoni emessi da corde di strumenti musicali di differente lunghezza. Nel 1638 Galileo contribuì con i propri studi allo sviluppo dell’acustica. In seguito, un grande apporto fu dato da molti fisici e matematici che durante il 17° e il 18° secolo fondarono le prime basi dello sviluppo della scienza acustica. Bisogna però arrivare al 19° secolo per assistere allo sviluppo di tecniche di generazione degli ultrasuoni.

Nel tempo sono state ideate principalmente tre tipologie di trasduttori ultrasonici[2]:

1. A gas 2. A liquido

3. Elettromeccanici

2.2.1 Trasduttori a gas

Si tratta, in sostanza, di fischietti ad alta frequenza (i fischietti per cani “silenziosi” ne sono un esempio). La storia della generazione degli ultrasuoni mediante l’utilizzo di fischietti risale al lavoro di F. Galton nel 19° secolo. Egli era interessato alla determinazione della soglia dell’udito umano. Produsse un fischietto che generava suoni di frequenza nota. Egli fu capace di determinare che il limite dell’udito umano si aggirava approssimativamente attorno ai 18 kHz. Il fischietto di Galton era stato costruito a partire da un tubo di ottone con un diametro interno di circa 2 mm. Produceva onde sonore immettendo un getto di gas in una cavità risonante

attraverso un orifizio. Le dimensioni della cavità potevano essere modificate muovendo un pistone. In questo modo veniva alterato il “pitch”, ovvero la

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Un’altra tipologia di trasduttori ultrasonici a gas sono le sirene. Quando un oggetto solido viene fatto passare rapidamente avanti e indietro attraverso un getto di gas ad alta pressione con un moto alternato di frequenza 𝑓, esso interagisce con il flusso e produce un suono della stessa frequenza. Un esempio di sirena può essere il seguente: un ugello viene posizionato in modo da incidere sulla superficie interna di un cilindro sulla cui superficie laterale sono stati praticati dei fori regolarmente cadenzati. Quando il cilindro viene posto in rotazione il getto di gas che fuoriesce dall’ugello incontra alternativamente la superficie interna del cilindro o uno dei fori della serie. Il pitch del suono generato da questo dispositivo dipende dalla velocità di rotazione del cilindro.

Nessuno dei due tipi di trasduttore a gas si presta ad essere applicato nell’intensificazione dello scambio termico convettivo nel caso in cui i fluidi in gioco siano dei liquidi, dal momento che il trasferimento di energia acustica da un gas ad un liquido non è efficiente.

2.2.2 Trasduttori a liquido

Non sono altro che “fischietti a liquido” che generano la cavitazione grazie al moto di un liquido. Vengono utilizzati per omogeneizzare dei miscugli eterogenei di liquidi immiscibili e trovano quindi applicazione per lo più nelle industrie alimentari. Il materiale da processare viene forzato ad alta velocità da una pompa attraverso uno speciale orifizio dal quale esso esce sotto forma di getto che impatta su una lama di acciaio. L’interazione del flusso con la lama d’acciaio, la fa vibrare. Si genera un campo

ultrasonico che induce la

cavitazione, la quale a sua volta favorisce il miscelamento. La geometria della lama, la distanza tra orifizio e lama e altri

parametri geometrici sono

attentamente studiati per

ottimizzare il miscelamento.

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2.2.3 Trasduttori elettromeccanici

Questa tipologia è la più utilizzata ed è quella che si presta maggiormente all’utilizzo nell’intensificazione dello scambio termico convettivo. Sebbene siano più costosi dei trasduttori meccanici, sono di gran lunga i più versatili. Le due tipologie principali di trasduttori elettromeccanici si basano sull’effetto piezoelettrico e sull’effetto magnetostrittivo.

Trasduttori Magnetostrittivi

La magnetostrizione fu scoperta da Joule. È un fenomeno fisico che consiste nella variazione dimensionale di un oggetto in materiale ferromagnetico a seguito della variazione del campo magnetico nel quale esso è immerso. Alcuni materiali, come ad esempio il Nickel, riducono le proprie dimensioni (magnetostrizione) quando vengono posti in un campo magnetico, e ritornano alle dimensioni normali quando il campo viene rimosso. Quando il

campo magnetico è applicato come una serie di brevi impulsi il risultato è che il metallo vibra alla stessa frequenza con cui sono applicati gli impulsi. Le bobine di rame che generano il campo magnetico sono avvolte al nucleo di materiale magnetostrittivo (normalmente un metallo laminato o una lega).

I maggiori vantaggi dei sistemi magnetostrittivi sono la loro estrema robustezza, la loro durevolezza e la possibilità di operare con grandi potenze (infatti storicamente sono stati i primi trasduttori ad essere utilizzati su scala industriale per generare ultrasuoni ad elevate potenze).

Essi presentano due svantaggi:

1. Il limite superiore del range di frequenze si attesta attorno ai 100 𝑘𝐻𝑧. Oltre questo limite il metallo non riesce a rispondere prontamente all’effetto magnetostrittivo;

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2. Le perdite energetiche dovute al riscaldamento sono significative. L’efficienza energetica ne risente e i trasduttori magnetostrittivi utilizzati per periodi di tempo estesi devono essere raffreddati; Questi svantaggi hanno dato spinta allo sviluppo dei trasduttori piezoelettrici, dal momento che sono più efficienti e operano in un range di frequenze più esteso. Soprattutto in un contesto di laboratorio i trasduttori piezoelettrici risultano la scelta migliore.

Ultimamente però, dato che stanno prendendo piede diverse applicazioni industriali della sonochimica, in particolare quelle che richiedono un utilizzo continuo ad alte temperature e con grandi potenze in gioco, i trasduttori magnetostrittivi stanno riacquistando considerazione.

Nel corso degli anni l’efficienza di questi trasduttori è aumentata grazie soprattutto alla ricerca di materiali migliori per il nucleo. Dalle leghe a base di Nickel utilizzate inizialmente si è passati a leghe di Cobalto/Ferro e, più recentemente, Alluminio/Ferro, con piccole quantità di Cromo. Uno degli ultimi sviluppi è stata l’introduzione di un nuovo materiale chiamato Terfinol-D, una lega di terre rare che permette di ottenere trasduttori magnetostrittivi con pesi e ingombri minori dei trasduttori magnetostrittivi convenzionali e potenze maggiori dei piezoelettrici. Rimane però il limite superiore delle frequenze (pari a 70 kHz in questo caso).

Trasduttori piezoelettrici

Si tratta del tipo di trasduttore più comunemente utilizzato sia per la generazione che per la ricezione di ultrasuoni. Viene prodotto utilizzando materiali che manifestano il fenomeno detto “effetto piezoelettrico”, scoperto nel 1880 dai fratelli Curie. L’effetto piezoelettrico diretto consiste nella generazione di un campo elettrico all’interno di un campione del materiale a seguito dell’applicazione di una pressione alle sue estremità. Sfruttando questo effetto si possono captare segnali ultrasonici. Per generare ultrasuoni ci si deve avvalere dell’effetto piezoelettrico inverso che consiste quindi nella variazione

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dimensionale del materiale a seguito di una variazione del campo elettrico nel quale esso è immerso. Quest’ultimo fenomeno è l’analogo elettrico della magnetostrizione.

Il quarzo è stato il primo materiale utilizzato in dispositivi come il SONAR, pur non essendo particolarmente adatto a causa delle sue caratteristiche meccaniche, infatti è abbastanza fragile e difficile da lavorare alle macchine. I trasduttori moderni si basano su ceramiche contenenti materiali piezoelettrici. Questi materiali non possono essere ottenuti in forma di grandi cristalli (cosa che avviene per il Terfinol-D) e perciò vengono macinati assieme a dei leganti e sinterizzati sotto pressione a temperature superiori a 1000 °𝐶. Oggi le ceramiche più comunemente utilizzate come materiale piezoelettrico sono le pzt (Piombo – Zirconati – Titanati). La forma più comune è un disco con un buco centrale. In un trasduttore la consuetudine è quella di fissare insieme una o più coppie di questi dischi piezoelettrici tra due blocchi di metallo che servono sia a proteggere i delicati materiali cristallini dei dischi, sia a prevenire un loro surriscaldamento (agendo quindi come dissipatori). Il risultante “sandwich” è un’unità durevole generalmente lunga la metà della lunghezza d’onda degli ultrasuoni generati (o multipli interi di 𝜆/2). L’ampiezza (picco – picco) delle onde generate da questo sistema è normalmente dell’ordine di 10 − 20 𝜇𝑚.

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Se utilizzati per lunghi periodi di tempo e ad elevate temperature, i dispositivi piezoelettrici devono essere raffreddati. Infatti, in tali condizioni i materiali ceramici si degradano.

Questi trasduttori sono molto efficienti: 𝜂 > 95 %. Con 𝜂 si intende l’efficienza di conversione tra l’energia elettrica in ingresso e l’energia vibrazionale trasmessa ai capi dei blocchi di metallo. L’efficienza di trasmissione ad un mezzo specifico (un liquido, …) dell’energia in ingresso ad un trasduttore quando esso è installato in un sistema oscillante può essere assai diversa (vedi paragrafo sulla potenza acustica) in dipendenza dal metodo di installazione, dalla correttezza dell’accoppiamento, ecc.

In dipendenza dalle dimensioni, possono essere usati in tutto il range delle frequenze ultrasoniche (da 20 𝑘𝐻𝑧 a molti 𝑀𝐻𝑧). Nel campo della diagnostica medica, che utilizza frequenze al di sopra dei 5 𝑀𝐻𝑧, sono l’unica scelta possibile.

(17)

2.3 Generazione dei campi ultrasonici nel campo dell’intensificazione

dello scambio termico convettivo

Nel settore dell’intensificazione dello scambio termico convettivo a mezzo di ultrasuoni, vengono usati principalmente dei trasduttori piezoelettrici. Uno dei motivi è che, per adesso, si parla di applicazioni di laboratorio e questi trasduttori si prestano particolarmente per questo tipo di utilizzo.

In tale contesto ci sono due possibilità per imporre un campo acustico nella regione nella quale avviene lo scambio termico[7]:

1. Utilizzare un trasduttore per cedere energia vibrazionale direttamente al fluido (in tal caso si parla di un sistema eccitato

acusticamente) nella regione di controllo.

2. Utilizzare un trasduttore accoppiato con una delle superfici della regione di controllo; in questo caso sarà la superficie a trasmettere, a sua volta, l’energia vibrazionale al fluido (si parla in questo caso di un sistema eccitato meccanicamente)

In entrambi i casi le vibrazioni generate dalle ceramiche piezoelettriche sono trasmesse ai fluidi mediante una superficie emittente. Il collegamento del trasduttore e della superficie emittente per costruire un sistema oscillante completo non è un compito semplice, dal momento che un accoppiamento non perfettamente aderente dovuto alla rugosità delle superfici può causare grandi perdite energetiche. Il campo acustico all’interno della regione di controllo dipende fortemente dalla geometria complessiva e dal posizionamento del trasduttore, dallo spessore delle pareti dell’eventuale vasca, dalla sua struttura ecc. Perciò sono richiesti calcoli precisi e raffinamenti per ottenere le prestazioni ottimali. Un parametro importante per l’accoppiamento ultrasonico è l’impedenza acustica 𝑍 dei materiali. L’impedenza acustica dipende dalla densità 𝜌, dalla velocità del suono 𝑐𝑠 e dal modulo elastico 𝐾 del materiale, secondo la seguente

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𝑍 = 𝜌𝑐𝑠 = (𝜌𝑍)

1 2 (7)

L’impedenza acustica dell’acqua è quasi sei ordini di grandezza più grande di quella dell’aria e 2 − 5 volte minore di quella della maggior parte dei solidi. Questo rende conto delle perdite energetiche nel caso di un accoppiamento non perfettamente aderente e della criticità della scelta del materiale del trasduttore.

Le proprietà meccaniche del trasduttore limitano l’ampiezza delle oscillazioni che possono essere prodotte dal dispositivo. Per superare tale limite spesso i trasduttori vengono collegati ad un risonatore appositamente progettato. A tal proposito, in figura 8 si può osservare un moderno sistema di generazione di ultrasuoni utilizzato per la saldatura ad ultrasuoni[11].

Figura 8 Sistema di generazione di ultrasuoni utilizzato nella saldatura

Il sistema è costituito da:

1. Generatore elettrico di potenza

2. Attuatore pneumatico o azionamenti (per avvicinare l’estremità vibrante con l’oggetto da saldare)

3. Catena di amplificazione della vibrazione comprensiva di trasduttore (Converter), risonatore (booster) e sonotrodo.

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Il generatore elettrico converte la potenza elettrica di rete in potenza utile all’alimentazione del convertitore ad ultrasuoni. La catena di amplificazione della vibrazione è la parte più importante del sistema in quanto deve essere progettata tenendo conto di vari fenomeni vibratori che si sviluppano al suo interno. È un sistema molto complesso, costruito per operare ad una certa frequenza risonante scelta come frequenza di lavoro per il saldatore. Sia il booster che il sonotrodo hanno la funzione di aumentare l’ampiezza dell’oscillazione, mantenendo la frequenza di risonanza dell’intero sistema esattamente coincidente con la frequenza di risonanza alla quale opera il trasduttore piezoelettrico. Il sonotrodo è l’ultimo anello della catena, trasmette l’energia vibrazionale ai materiali da saldare ed ha caratteristiche specifiche richieste per questa particolare applicazione.

Nel settore della sonochimica, più sovrapponibile a quello in esame nel presente lavoro di quanto non lo sia la saldatura ad ultrasuoni, sono stati ideati sistemi oscillanti analoghi, ma pensati per trasmettere l’energia vibrazionale a dei liquidi che costituiscono i solventi in cui far avvenire delle reazioni chimiche. Un esempio è costituito dal SONITUBE, un’apparecchiatura prodotta dall’azienda francese SYNETUDE.

Anche in questo caso il sonotrodo è l’ultimo anello della catena e ha la funzione di convogliare l’energia vibrazionale nel materiale oggetto dell’applicazione (in questo caso dei liquidi). E coincide quindi con la superficie emittente di cui si è

parlato ad inizio paragrafo. Si tratta di un tubo entro il quale vengono fatti fluire i liquidi che vanno a costituire i solventi nei quali si vogliono far avvenire reazioni in presenza di ultrasuoni per studiare come questi le modifichino. Nel presente

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lavoro verranno analizzati alcuni articoli i cui autori hanno utilizzato questa apparecchiatura per costruire dei rudimentali scambiatori di calore (shell and

tubes e tubo – tubo) vibranti.

Negli esperimenti sull’intensificazione dello scambio termico mediante campi acustici vengono spesso utilizzate le vasche per la pulizia ad ultrasuoni. In esse i trasduttori piezoelettrici vengono solitamente posti sotto la camera nella quale vengono posti gli oggetti da pulire. In questo caso sono le pareti della camera ad assolvere il compito del sonotrodo.

Come si vedrà nel seguito, alle basse frequenze ed alte potenze il fenomeno della cavitazione si presenta con maggiore intensità che in altre condizioni e perciò provoca dei seri problemi di erosione della superficie emittente. Questo riduce la vita del trasduttore e contamina il fluido con le particelle abrase.

Tutto ciò può essere evitato utilizzando un liquido di accoppiamento per trasmettere l’energia dal trasduttore al fluido. Si parla in questo caso di “sonotrodi a coppa”. Lo svantaggio è che questo riduce l’efficienza del trasferimento

energetico a causa delle perdite nel liquido di accoppiamento. Figura 12 Sonotrodo a coppa Figura 10 Vasca per la pulizia ad

ultrasuoni

Figura 11 Disposizione dei trasduttori sul fondo della camera

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Nello studio dell’accoppiamento dei sistemi di generazione di ultrasuoni con i fluidi si deve tener conto del fenomeno dell’attenuazione. Si prenda in considerazione, per fissare le idee, il caso di un sistema a sonda (sistema eccitato

acusticamente in cui il sonotrodo non è un

tubo o una vasca, ma un blocco oblungo di dimensione varia).

Il campo acustico nelle immediate vicinanze dell’emettitore (campo di prossimità) è essenzialmente un’onda piana. L’estensione del campo in prossimità dipende dal diametro del trasduttore 𝐷 e dalla lunghezza d’onda 𝜆, in accordo con le seguenti equazioni (valide nel range di frequenze 20 − 40 𝑘𝐻𝑧): 𝑁𝑑 = 𝐷 2 4𝜆 (8) 𝜑 = 2 ∙ sin−1(1.22 ∙𝜆 𝐷) (9)

Perciò il trasduttore emetterà un’onda quasi sferica se il diametro del trasduttore è piccolo.

Da questo punto (𝑁𝑑) in avanti l’intensità acustica si ridurrà all’aumentare

della distanza per due ragioni:

• Distribuzione geometrica della potenza (in assenza di dissipazione, la potenza associata alla perturbazione si manterrà costante, ma si disporrà su una superficie sempre più grande all’aumentare della distanza della sorgente): l’intensità acustica diminuisce allontanandosi dalla sorgente (ma il suo integrale di superficie

Figura 13 Esempi di sonotrodi per sistemi a sonda

(22)

calcolato sul fronte d’onda rimane inalterato, perché è proprio la potenza associata alla perturbazione);

• Assorbimento: a causa di vari fenomeni (attriti, trasformazione molecolare – come nel caso delle reazioni chimiche oggetto di studio della sonochimica – ecc.), anche nell’ipotesi di assenza di distribuzione geometrica della potenza (si immagini il caso ideale di un’onda piana che si mantiene della solita forma e dimensione), l’intensità acustica decresce con la distanza 𝑑. La funzione che descrive questo tipo di attenuazione contiene informazioni sul mezzo (coefficiente di assorbimento, 𝛼) e sugli ultrasuoni utilizzati (frequenza, 𝑓, intensità acustica iniziale del fascio di ultrasuoni, 𝐼0) è

la seguente:

𝐼𝑑 = 𝐼0∙ exp(−2𝛼𝑑) (10)

Il coefficiente di assorbimento 𝛼 è il risultato di vari contributi: tiene conto di tutti i fenomeni di interferenza tra mezzo e onde acustiche. Va menzionato il fatto che il rapporto 𝛼/𝑓2 è costante per la maggior parte dei liquidi e dei range di temperatura comunemente utilizzati nella sonochimica e con cui si ha a che fare nella diagnostica medica (a titolo di esempio, il rapporto 𝛼/𝑓2 per l’acqua è 21.5 × 10−17𝑚−1𝑠2).

Ciò ha ricadute molto importanti dal punto di vista pratico: il coefficiente di assorbimento è direttamente proporzionale al quadrato della frequenza. Al crescere della frequenza quindi decresce molto velocemente la profondità di penetrazione. Ad esempio, per 200 𝑘𝐻𝑧, la profondità di penetrazione alla quale l’intensità ultrasonica è ridotta alla metà di quella iniziale è 1/100 di quella che si ha per 𝑓 = 20 𝑘𝐻𝑧. In altre parole, per raggiungere la stessa intensità alla stessa distanza dall’emettitore ultrasonico, più è alta la frequenza utilizzata, più potenza è necessaria. Questo spiega perché nelle comunicazioni sottomarine vengono utilizzate le basse

(23)

frequenze. Anche nel settore dell’intensificazione dello scambio convettivo ci si può basare sull’assunzione della costanza di 𝛼/𝑓2 per avere un’idea qualitativa di ciò che avviene a frequenze diverse. Anche in fluidi diversi dai liquidi (gas e fluidi bifase).

(24)

2.4 Potenza acustica

Come descritto nel paragrafo precedente, un trasduttore ultrasonico trasforma l’energia elettrica in energia meccanica. Questa energia meccanica viene successivamente trasmessa al fluido. Non tutta l’energia però viene trasferita utilmente. Parte di essa viene persa durante la conversione all’interno del trasduttore e durante la trasmissione all’interno della catena di amplificazione di oscillazione. Nei sistemi con sonotrodi a coppa poi si hanno anche le perdite di trasmissione nel liquido di accoppiamento. La maggior parte dei sistemi commerciali fornisce potenza in base alla richiesta. Questo significa che la potenza nominale del generatore non può essere utilizzata come un’indicazione della potenza acustica dal momento che la potenza trasferita dipende dal tipo di emettitore e dal suo posizionamento. Avere un’unità da 500 𝑊 non significa che lo strumento fornisca quella potenza ultrasonica in ogni sistema quando opera ai suoi settaggi massimi[2]. Ci sono tre approcci che permettono una stima approssimativa della potenza acustica generata:

1. Misurazione dell’ampiezza delle oscillazioni e utilizzo di un modello matematico che colleghi l’ampiezza alla potenza (sistemi a sonda); 2. Misurazione della potenza acustica (determinazione calorimetrica) in

uscita dal trasduttore;

3. Misurazione della potenza elettrica in ingresso al trasduttore (determinazione elettrica);

Tutti e tre gli approcci sono stati pensati per applicazioni in cui il mezzo sia un liquido. Infatti, sono stati sviluppati nel campo della sonochimica, in cui il mezzo è la soluzione acquosa (o comunque liquida) in cui vengono fatte avvenire le reazioni. Il secondo ed il terzo si possono però applicare convenientemente anche ai mezzi gassosi. Il terzo si può applicare anche ai fluidi bifase (in quanto si basa solamente su misure di grandezze elettriche a monte della conversione della potenza elettrica in potenza vibrazionale).

(25)

2.4.1 Misura dell’ampiezza vibrazionale

Quando le onde acustiche viaggiano a velocità 𝑐𝑠 in un mezzo liquido di

densità 𝜌, trasportano energia. Il flusso di energia è caratterizzato dall’intensità acustica 𝐼.

Si definisce adesso un’altra grandezza legata all’energia del fascio acustico: la densità di energia acustica. La densità di energia acustica è l’energia per unità di volume del mezzo ed è legata all’intensità acustica da:

𝑊 = 𝐼

𝑐𝑠 [ 𝐽

𝑚3] (11)

La densità di energia è costituita da due contributi: uno cinetico e uno potenziale. Se riferiamo l’energia cinetica a potenziale del mezzo all’unità di volume, otteniamo proprio questi due contributi:

𝑤

𝑘𝑖𝑛

=

1 2

𝜌𝑢

2

; 𝑤

𝑝𝑜𝑡

=

𝑝2 2𝜌𝑐𝑠2

(

12

)

Nell’espressione sopra 𝑢 è la velocità delle particelle nel mezzo e 𝑝 è il valore 𝑅𝑀𝑆 della pressione acustica. Dalla conoscenza dell’impedenza acustica specifica:

𝑍 = 𝑝 𝑢 = 𝜌𝑐𝑠 (13) Si deduce che: 𝑊 = 𝑤𝑘𝑖𝑛+ 𝑤𝑝𝑜𝑡 = 𝑝 2 𝜌𝑐𝑠2 (14) Perciò: 𝐼 = 𝑝 2 𝜌𝑐𝑠 (15)

Supponendo l’onda sinusoidale, il valore RMS è legato all’ampiezza dell’onda di pressione, 𝑝̂, dalla relazione:

𝑝 = 𝑝̂

(26)

Perciò, si ottiene:

𝐼 = 𝑝̂

2

2𝜌𝑐𝑠2 (17)

Le equazioni sin qui riportate valgono per delle onde che viaggiano in un liquido. Per delle onde stazionarie la densità di energia e l’intensità acustica sono espresse, rispettivamente, da:

𝑊𝑠𝑡𝑎𝑛𝑑 = 2

𝑝2

𝜌𝑐𝑠2 ; 𝐼𝑠𝑡𝑎𝑛𝑑 = 2

𝑝2

𝜌𝑐𝑠 (18)

A titolo di esempio, si consideri un’onda piana con un’ampiezza 𝑝̂ = 105 𝑃𝑎 (= 1 𝑎𝑡𝑚) che si propaga in acqua. L’intensità acustica corrispondente, calcolata grazie all’equazione è pari a 0.34 𝑊/𝑐𝑚2. Moltiplicando questo valore per la superficie della sezione frontale del sonotrodo (vedi figura 13), si ottiene la potenza acustica rilasciata al liquido.

Questo approccio prevede la misura diretta dell’ampiezza delle oscillazioni della punta del sonotrodo, ovvero dell’effettivo moto meccanico trasmesso al liquido nel quale la sonda è immersa. La misura può essere ottenuta in modo semplice osservando la vibrazione ultrasonica mediante un microscopio metallurgico. Una piccola macchia di vernice ad alluminio viene piazzata sulla superficie di una sonda e viene messa a fuoco con il microscopio. Accendendo il generatore di ultrasuoni la macchia posta in rapida oscillazione appare come una “sbavatura” la cui lunghezza corrisponde all’ampiezza delle oscillazioni. Nel caso in cui non sia possibile applicare questo metodo (liquido non trasparente, reazioni che producono colorazioni – nel settore della sonochimica –) è disponibile anche un metodo elettromeccanico che permette di ottenere l’ampiezza utilizzando un estensimetro posizionato sul sonotrodo.

La misura dell’ampiezza delle oscillazioni della punta del sonotrodo fornisce, nell’ipotesi di accoppiamento perfetto tra questa e il liquido (liquido perfettamente aderente alla superficie frontale del sonotrodo durante tutta la durata delle oscillazioni), l’ampiezza dell’oscillazione delle particelle

(27)

immediatamente adiacenti, ∆𝑠. Si può quindi risalire all’ampiezza delle onde di pressione generate con la seguente relazione:

𝑝̂ = 𝜌𝑐𝑠2𝜋𝑓∆𝑠 (19)

2.4.2 Metodo calorimetrico e metodo elettrico

Come si vedrà, nei liquidi, uno dei fenomeni più importanti che si manifestano a seguito dell’applicazione di un campo ultrasonico è la cavitazione. Fenomeni fortemente non lineari come la cavitazione causano la distorsione delle onde di pressione, con la produzione di molte componenti armoniche e subarmoniche, rendendo la misura della pressione acustica difficoltosa. Frequentemente, quindi, anche nel caso dei sistemi a sonda, si opta per la determinazione calorimetrica dell’energia complessivamente rilasciata nel mezzo.

In questo caso viene valutato il salto entalpico del liquido in assenza di

scambio termico. Si possono avere sistemi chiusi o sistemi aperti (sistemi fluenti):

➢ In un sistema chiuso (ad esempio una vasca ad ultrasuoni), quando un liquido di massa 𝑀 [𝑘𝑔] è irradiato con ultrasuoni, la temperatura nel liquido aumenta a causa dell’assorbimento dell’energia ultrasonica. La potenza acustica 𝑃𝑎 è ottenuta dall’incremento di

temperatura ∆𝑇 che si verifica durante l’intervallo di tempo in cui il campo acustico è applicato (∆𝑡), utilizzando il calore specifico a pressione costante del liquido nel range di temperatura in esame (𝑐𝑝):

𝑃𝑎 = (∆𝑇

∆𝑡) 𝑀𝑐𝑝 (20)

La temperatura viene generalmente misurata con una termocoppia di tipo K (a base di leghe di Alluminio e Cromo contenenti Nichel). L’assenza di scambio termico viene assicurata non accendendo il riscaldatore tipicamente presente nelle apparecchiature sperimentali ricavate a partire dalle vasche per la pulizia ad ultrasuoni.

(28)

➢ Nel caso di un sistema aperto, ad esempio uno scambiatore tubo – tubo in cui le vibrazioni sono assorbite quasi esclusivamente da uno dei due liquidi, il salto entalpico viene calcolato a partire dalle misure della temperatura di ingresso ed uscita di quel liquido e della portata:

𝑃𝑎 = 𝑚̇𝑐𝑝∆𝑇 (21)

L’assenza di scambio termico tra i due fluidi viene assicurata annullando la portata del liquido che non riceve la potenza ultrasonica.

Talvolta viene utilizzata la potenza elettrica in ingresso al trasduttore come misura della potenza acustica dissipata nel liquido. La potenza elettrica in ingresso viene ottenuta utilizzando un wattmetro.

In figura 15 viene mostrato un sistema sperimentale chiuso, ideato per le misure calorimetriche e per le misurazioni delle potenze elettriche.

In figura 16 si può osservare un tipico andamento della temperatura in un sistema chiuso, durante l’irradiazione di acqua (𝑀 = 0.326 𝑘𝑔) con ultrasuoni a 116 𝑘𝐻𝑧. A partire da un minuto dopo l’accensione del sistema, l’incremento di temperatura è all’incirca lineare. Il coefficiente angolare della retta è

𝑚 =

∆𝑇

∆𝑡

.

Perciò, una volta tracciato un grafico di questo tipo, si può ottenere la potenza acustica rilasciata. In questo caso:

𝐼 = 37 − 36 120 − 80 𝐾 𝑠 × 0.326 𝑘𝑔 × 4200 𝐽 𝐾 ∙ 𝑘𝑔= 34 𝑊 ≈ 30 𝑊

Figura 15 Determinazione calorimetrica ed elettrica della potenza

(29)

In figura vengono confrontate le potenze misurate con i metodi calorimetrico ed elettrico nel caso di acqua satura d’aria e di acqua degassata:

Figura 16 Potenza elettrica e acustica in un sistema chiuso

Le potenze elettriche sono indicate dai simboli vuoti sia nel caso dell’acqua satura che nel caso di acqua degassata. Parte della potenza acustica viene persa sottoforma di perdite termiche nel trasduttore. L’efficienza della conversione energia elettrica – energia acustica varia dal 50 al 90 % a seconda della tensione in ingresso e del metodo di installazione del trasduttore. L’efficienza della

conversione diminuisce all’aumentare della tensione applicata. Dato che le

misurazioni calorimetriche richiedono più tempo delle misurazioni elettriche, la potenza elettrica viene spesso utilizzata per ottenere un valore approssimato di quella acustica. Bisogna comunque tenere sempre a mente la differenza che esiste tra le due.

2.4.3 Modello per la stima delle potenze nel caso dei sistemi a sonda

La modellizzazione matematica riportata nelle pagine precedenti, assieme all’efficienza di conversione energia elettrica – energia acustica, permette di

(30)

costruire un semplice modello che può essere validato con i dati presenti in letteratura:

• A partire dalle misurazioni dell’ampiezza delle oscillazioni della superficie emittente, facendo l’ipotesi di accoppiamento perfetto tra questa e il fluido adiacente, si calcola l’ampiezza delle onde di pressione trasmesse al fluido e quindi, mediante le equazioni, la potenza acustica.

• Si risale alla potenza elettrica in ingresso alla sezione di conversione tramite l’efficienza di conversione, ottenendo come stima un range di valori:

𝑃𝑒𝑙 = 𝑃𝑎

[0.5 ÷ 0.9] = [1. 1̅ ÷ 2] ∙ 𝑃𝑎 (22)

È auspicabile disporre di una stima più precisa dell’efficienza di conversione, magari proveniente da precedenti valutazioni sperimentali.

(31)

3 Intensificazione dello scambio termico convettivo

mediante l’utilizzo di campi acustici

3.1 Meccanismi di interazione tra scambio termico e campi acustici

Franco e Bartoli [7] hanno effettuato una revisione del materiale presente in letteratura cercando di spiegare i meccanismi di interazione tra campi acustici e scambio convettivo dal punto di vista della termodinamica applicata.

Viene evidenziato come tutti i meccanismi siano riconducibili ad alcune modifiche fondamentali apportate dall’eccitazione vibrazionale all’andamento temporale delle variabili termo-fluido-dinamiche.

Si supponga infatti che un sistema abbia raggiunto una condizione di lavoro caratterizzata da un flusso laminare stazionario. Indicando con 𝜓 la generica variabile scalare termo-fluido dinamica (temperatura, pressione, una componente della velocità, ecc.) in un punto generico 𝑥⃗ del dominio, l’andamento tipico di 𝜓(𝑡) in assenza e in presenza di campi acustici è il seguente:

(32)

Le due modifiche fondamentali nell’andamento di 𝜓(𝑡) sono: 1. Un valor medio generalmente diverso.

2. Un’oscillazione periodica del valore della variabile 𝜓, generalmente approssimabile a sinusoidale (ma non sempre)

Nel caso in cui la condizione operativa del sistema prima dell’applicazione del campo acustico sia caratterizzata invece

da un flusso turbolento

stazionario, si avrebbe un andamento analogo, ma con le fluttuazioni aleatorie tipiche del regime turbolento. In questo caso oltre alla modifica del valor medio

e alla comparsa di una

componente oscillante, si ha una modifica delle oscillazioni aleatorie. Questa terza modifica non è stata ancora completamente compresa e comunque non sembra avere un peso significativo nell’alterazione dello scambio termico convettivo.

Si possono distinguere 6 diversi meccanismi di alterazione dello scambio termico per tre differenti mezzi:

1. Gas e miscele di gas; 2. Liquidi;

3. Fluidi bifase;

Nel caso del mezzo gassoso la letteratura riporta tre meccanismi principali che alterano lo scambio termico convettivo: la dissipazione termo-viscosa del campo acustico, le correnti acustiche (acoustic streaming) e l’alterazione acustica dello strato limite.

(33)

La dissipazione termo-viscosa del

campo acustico si spiega con la seconda

modifica fondamentale delle variabili 𝑇(𝑡) e 𝑣⃗(𝑡). L’oscillazione periodica della temperatura (a seguito dell’oscillazione della pressione) al passaggio delle onde acustiche produce zone a temperatura

diversa e di conseguenza una

propagazione di calore ciclica, con produzione di entropia (e conseguente distruzione si exergia). Nel caso della velocità, la sua oscillazione causa azioni di frizione cicliche, con una distruzione di exergia. Si ha quindi una continua diffusione e trasformazione dell’energia meccanica organizzata del trasduttore in energia interna disorganizzata; ci si aspetta quindi un riscaldamento del gas. Questo fenomeno non è altro che l’attenuazione descritta nel paragrafo 2.3: a causa della dissipazione, l’intensità acustica trasportata dalle onde si riduce allontanandosi dalla sorgente. Ciò si riflette sull’andamento spaziale delle singole variabili termo-fluido-dinamiche. Le onde acustiche provocano oscillazioni temporali e spaziali della generica variabile 𝜓, ma, a causa dell’attenuazione, l’ampiezza delle oscillazioni decresce all’aumentare della distanza 𝑑 dalla sorgente. Mentre dal punto di vista temporale l’andamento delle variabili termo-fluido-dinamico che è rappresentato nelle figure 17 e 18, dal punto di vista spaziale, avviene ciò che è rappresentato nella figura 19. L’attenuazione non è perciò un vero e proprio meccanismo di alterazione dello scambio termico, ma un fenomeno indesiderato.

L’acoustic streaming consiste nell’alterazione delle traiettorie del flusso di fluido, con un cambiamento nel miscelamento del fluido e una conseguente alterazione dello scambio termico (in linea di principio può causare anche una diminuzione dello scambio termico). Questo fenomeno è associato quindi alla modifica del valor medio di 𝑣⃗(𝑡).

Figura 19 Attenuazione dell'andamento spaziale della generica variabile 𝜓

(34)

L’alterazione acustica dello strato limite termico è causata dall’oscillazione della componente della velocità perpendicolare alla porzione di parete interessata dallo scambio termico convettivo. Quindi è associata alla seconda modifica fondamentale. Dato che il flusso termico convettivo è proporzionale all’inverso dello spessore dello strato limite:

𝑄̇ ∝ 1 𝛿𝑆𝐿

; 𝑦 = 𝑄̇; 𝑥 = 𝛿𝑆𝐿 ⟹ 𝑦 = 1 𝑥 (23)

Supponendo che la compressione e l’espansione producano una deformazione analoga dello stesso, si deduce che questo fenomeno comporti un aumento dello scambio termico medio. Infatti il valor medio 𝑦𝑀 della funzione 𝑦 =

1/𝑥 in un intervallo simmetrico [𝑥𝑀− 𝑎 , 𝑥𝑀 + 𝑎 ] è più grande di 𝑦(𝑥𝑀).

Nel caso di mezzo liquido, sono presenti tutti e tre i meccanismi appena descritti, ma con una minore importanza dell’alterazione acustica dello strato limite termico a causa dell’incompressibilità del fluido. Si presentano però due fenomeni aggiuntivi: la cavitazione acustica vaporosa e la cavitazione acustica gassosa.

La cavitazione acustica vaporosa è associata alla seconda modifica fondamentale delle variabili 𝑃(𝑡) e 𝑇(𝑡). Disegnando nel diagramma 𝑃 − 𝑇 le traiettorie dello stato termodinamico attorno allo stato di equilibrio (che si ha in assenza di campi acustici), si zcomprende che se la loro ampiezza è abbastanza grande, il fluido entra localmente nella zona del vapore. A quel punto si formano delle bolle di vapore, crescono per qualche ciclo

di rarefazione e compressione e poi implodono violentemente, causando onde

Figura 20 Traiettorie dello stato termodinamico di un liquido in presenza di campi acustici

(35)

d’urto e getti. Se ciò avviene in prossimità dello strato limite termico, produce un forte miscelamento interno ad esso, con conseguente alterazione dello scambio termico.

Anche la cavitazione acustica gassosa è associata all’oscillazione di 𝑃(𝑡) e 𝑇(𝑡). Ma la curva limite oltre la quale la cavitazione si manifesta, in questo caso non è la curva di equilibrio liquido – vapore. Fissate le condizioni termodinamiche, esiste una concentrazione massima di gas (in

𝑔/𝑙) che può essere disciolto nel liquido.

Quindi, fissata la concentrazione di gas disciolta nel liquido, esiste una curva al di sopra della quale il gas è completamente disciolto nel liquido e si ha una singola fase; al di sotto di tale curva, il gas si

separa. Quando l’ampiezza delle

traiettorie di oscillazione è abbastanza grande, il fluido può scendere localmente al di sotto della curva limite. Si separano delle bolle di gas, crescono e poi implodono violentemente, con effetti analoghi a quelli descritti nel caso della cavitazione vaporosa.

Il caso del fluido bifase (liquido in ebollizione) è il più complicato. Infatti sono

presenti tutti e cinque i fenomeni descritti fino ad ora insieme ad un altro: il rilascio acustico di bolle di vapore. Tale fenomeno è associato alla seconda modifica fondamentale. L’oscillazione degli elementi del tensore degli sforzi in vicinanza della parte di parete interessata dallo scambio convettivo genera delle vibrazioni periodiche che facilitano il rilascio delle bolle da essa. In questo modo la superficie riscaldante rilascia una maggior quantità di calore latente, con un conseguente aumento complessivo dello scambio convettivo.

Figura 22 Collasso delle bolle cavitazionali in prossimità dello strato limite termico

Figura 21 Curva limite per l'inizio della cavitazione acustica gassosa

(36)

3.2 Approfondimento sulla cavitazione acustica

La cavitazione acustica è uno dei meccanismi di interazione tra fenomeno acustico e fenomeno termo-fluido-dinamico più importanti dal punto di vista delle applicazioni. Risulta perciò importante approfondire la natura della cavitazione e la dipendenza delle sue caratteristiche da quelle del campo acustico applicato.

(37)

La cavitazione è la produzione di micro-bolle in un liquido. Queste bolle si formano quando si genera una grande depressione nel liquido (fino a scendere al di sotto della tensione di vapore). Ciò si può ottenere agendo sul flussaggio (cavitazione idrodinamica) o mediante l’utilizzo degli ultrasuoni (cavitazione

acustica). D’altra parte, la cavitazione può essere provocata anche immettendo

localmente in un liquido una grande quantità di energia, per esempio con un laser. Nel campo della sonochimica il verificarsi della cavitazione è condizione necessaria per osservare effetti significativi degli ultrasuoni sulla chimica del sistema, perché in questo modo si produce una concentrazione dell’energia ultrasonica che altrimenti sarebbe troppo dispersa per interferire con la materia al livello molecolare.

Il primo a osservare la cavitazione acustica fu Langevin, durante i suoi studi pionieristici nel campo degli ultrasuoni. Nel paragrafo 3.2, l’insorgere della cavitazione è stato descritto da un punto di vista termodinamico. Dal punto di vista delle molecole del mezzo, si può fornire la seguente descrizione: come le altre onde acustiche, gli ultrasuoni comprimono e allungano alternativamente la struttura molecolare del mezzo attraverso il quale si propagano. Perciò la distanza tra le molecole in un liquido varierà mentre le molecole oscillano attorno alla loro posizione media. Se viene applicata una depressione sufficientemente grande al liquido (ovvero una pressione particolarmente bassa in fase di rarefazione), la distanza tra le molecole può superare la distanza molecolare critica necessaria per mantenere il liquido integro. Quando questo avviene, il liquido si rompe e si creano dei vuoti, cioè si creano le bolle di cavitazione. Questo punto di rottura è chiamato “soglia di cavitazione”.

3.2.1 La soglia di cavitazione

Si immagini di applicare un campo ultrasonico a bassa potenza ad un liquido e di incrementare la potenza gradualmente. Ad un certo punto comincerà a manifestarsi il fenomeno della cavitazione. Il raggiungimento di questa soglia è accompagnato da un rumore tipico delle effervescenze. I calcoli teorici mostrano

(38)

che per l’acqua pura è richiesta un’energia molto elevata per produrre la cavitazione. Nella pratica la cavitazione richiede energie acustiche considerevolmente inferiori a causa della presenza di punti deboli nel liquido che abbassano la sua resistenza alla trazione. I punti deboli includono la presenza di nuclei di gas sottoforma di gas disciolto, piccole bolle di gas sospese o piccole particelle in sospensione. Per studiare la vera soglia di cavitazione di un liquido è necessario usare un liquido filtrato e degassato. Nella professione medica, nella quale l’utilizzo delle tecniche di scansione ad ultrasuoni è largamente diffuso, mantenere le intensità di scansione al di sotto della soglia di cavitazione è di importanza vitale. Infatti, la cavitazione può attivare nel corpo delle reazioni chimiche non volute e potenzialmente rischiose. Nel caso della sonochimica invece, come già affermato, si ha tutto l’interesse a mantenersi al di sopra di questa soglia. Quindi, sia per ragioni chimiche che mediche, c’è un notevole interesse nella determinazione del punto esatto in cui la cavitazione avviene in un mezzo liquido, in particolar modo nei mezzi acquosi.

3.2.2 Tipologie di cavitazione e ciclo di vita delle bolle

Nell’analisi dei fenomeni di alterazione dello scambio termico convettivo nei liquidi si è descritta la cavitazione in modo molto sintetico, presentando il collasso delle bolle come unico comportamento possibile delle stesse. In realtà ci sono due tipologie di cavitazione: stabile e transitoria. Le cavità stabili sono quelle che oscillano attorno ad una posizione di equilibrio per un tempo di vita di parecchi cicli. Le cavità transitorie generalmente esistono per pochi cicli durante i quali si espandono fino a raggiungere almeno il doppio delle loro dimensioni iniziali e infine collassano violentemente. Il fenomeno della cavitazione comincia durante la fase di rarefazione, se si è al di sopra della soglia di cavitazione. Le bolle oscillano in dimensione guidate dal ciclo di rarefazione/compressione. Vengono sottoposte a oscillazioni di ampiezza abbastanza grande che sono governate dalla compressibilità del vapore e del gas contenuti al loro interno. Comunque, il raggio medio delle bolle non è costante a causa della cosiddetta diffusione rettificata,

(39)

ovvero il passaggio di gas o vapore dal bulk del liquido all’interno delle bolle. La diffusione rettificata dipende da due contributi:

1. Effetto area: durante la fase di compressione la pressione del gas dentro la bolla è più grande che all’equilibrio e perciò il gas diffonde fuori dalla bolla. Durante l’espansione avviene il contrario. Però in questo caso la superficie è maggiore e quindi c’è un aumento netto della quantità di gas all’interno della bolla perché il flusso diffusivo è proporzionale alla superficie.

2. Effetto mantello: la bolla è circondata da un mantello di liquido e gas il cui volume cambia nelle varie fasi del ciclo di rarefazione/compressione. Questo influenza il gradiente dei gas disciolti in tale mantello. Durante l’espansione il mantello liquido si contrae e il gradiente di concentrazione alle pareti della bolla aumenta. Perciò, il tasso di diffusione aumenta. Nella compressione la situazione si inverte. Quindi il contributo va nella stessa direzione del precedente.

Quindi la bolla cresce; ma non indefinitamente. C’è una dimensione di equilibrio (funzione della frequenza) per ogni bolla nel campo acustico. Per qualche ciclo la bolla ingloberà vapore e/o gas dal mezzo. Infine, verrà raggiunto un equilibrio. Successivamente la bolla può comportarsi in modo stabile o transitorio. Entrambi i tipi di cavitazione danno contributi non trascurabili al risultato complessivo.

3.2.3 Parametri che influenzano la cavitazione

(40)

• Parametri acustici (frequenza, intensità acustica e, nel caso di applicazione di ultrasuoni sottoforma di impulsi, caratteristiche degli impulsi).

• Parametri del liquido (viscosità, tensione superficiale, tensione di vapore, conducibilità termica, compressibilità, velocità del suono, materiali disciolti).

• Parametri esterni (bolle di gas, temperatura, pressione).

Parametri acustici

1. Frequenza

Se la frequenza del campo acustico applicato viene aumentata, la fase di rarefazione si accorcia e questo ha diverse conseguenze. In primo luogo, è necessario aumentare la potenza del fascio di ultrasuoni irradiato per ottenere la cavitazione nel sistema. Ad esempio, è necessaria 10 volte più potenza per ottenere la cavitazione a 400 𝑘𝐻𝑧 che a 10 𝑘𝐻𝑧. Questa è la ragione principale per cui le frequenze generalmente utilizzate per le applicazioni degli ultrasuoni ad elevata intensità si trovano nel range 20 − 40 𝑘𝐻𝑧. Quando la frequenza viene elevata fino ai 𝑀𝐻𝑧, diventa sempre più difficile produrre la cavitazione nei liquidi. Infatti, la produzione di una cavità in un liquido richiede un tempo finito per permettere alle molecole di separarsi. A frequenze così elevate la fase di rarefazione è molto breve e l’evento cavitazionale sempre più difficile da realizzare. Quando la fase di rarefazione dura meno del tempo necessario alla separazione delle molecole, la cavitazione diventa impossibile da produrre. C’è anche da dire che i trasduttori che operano a frequenze dell’ordine dei 𝑀𝐻𝑧, non sono meccanicamente capaci di generare potenze ultrasoniche molto elevate. In secondo luogo, all’aumentare della frequenza, e quindi al diminuire della durata del ciclo acustico, diminuiscono le dimensioni

(41)

delle bolle prodotte. E perciò si hanno collassi meno violenti. Dato che gli effetti della cavitazione sono dovuti alla capacità di concentrare l’energia acustica, andare ad agire sull’intensità del collasso cambia molto il risultato.

2. Intensità acustica

Come già descritto, l’intensità acustica deve superare un valore di soglia per indurre la cavitazione. Tale soglia cresce all’aumentare della frequenza. Nel paragrafo sulla potenza acustica si è visto come l’intensità del campo acustico sia direttamente collegata all’ampiezza della vibrazione della sorgente ultrasonica. In generale un aumento dell’intensità produce un aumento degli effetti di intensificazione dello scambio termico. Ma l’intensità non può essere aumentata indefinitamente perché il materiale del trasduttore potrebbe rompersi se i cambiamenti dimensionali diventassero troppo grandi. Inoltre, grandi ampiezze vibrazionali sono accompagnate da maggiori probabilità di disaccoppiamento tra fluido e superficie emittente, con conseguenti perdite di efficienza del trasferimento di potenza dalla sorgente al mezzo.

3. Caratteristiche degli impulsi

Nel caso di applicazione degli ultrasuoni sotto forma di impulsi la formazione di bolle viene alterata in misura maggiore o minore in funzione della larghezza degli impulsi (in genere un piccolo numero di cicli di rarefazione/compressione), della forma d’onda e dell’intervallo tra gli impulsi. L’effetto degli impulsi dipende in particolar modo dal rapporto tra larghezza degli impulsi e intervallo di ripetizione.

Parametri del liquido

Ci sono diversi parametri del solvente che possono influenzare la cavitazione. Tra questi:

(42)

1. Viscosità del solvente & Tensione superficiale

La formazione delle cavità in un liquido richiede che la depressione nella fase di rarefazione vinca le naturali forze coesive che agiscono nel liquido. Ci si aspetta quindi che nei liquidi viscosi e con alta tensione superficiale la cavitazione sia difficile da produrre, dato che in essi queste forze sono grandi.

2. Tensione di vapore

È più difficile indurre la cavitazione in un solvente a bassa tensione di vapore perché è richiesta una depressione maggiore per raggiungerla (dunque un’ampiezza ed una potenza acustiche maggiori). Un solvente più volatile facilita sicuramente la cavitazione e produce bolle piene di vapore, mentre nel primo caso le bolle contengono poco vapore. Avere bolle piene di vapore però significa avere collassi ammortizzati e perciò meno violenti.

Fattori esterni

1. Presenza di gas

È già stato menzionato il fatto che i gas disciolti, o la presenza di piccole bolle di gas, possono agire nel fluido come nuclei di origine della cavitazione abbassando la soglia di cavitazione. Gli ultrasuoni possono anche essere utilizzati per degassare un liquido. Quando un campo ultrasonico viene applicato ad un liquido, la presenza del gas promuove la cavitazione e il gas viene rimosso grazie ad essa (se la fuoriuscita del gas viene permessa dall’apparecchiatura). I manuali di istruzioni per l’uso delle vasche per la pulizia ad ultrasuoni suggeriscono sempre di far funzionare lo strumento “a vuoto” per un po’ di tempo (finché l’acqua nella vasca non viene degassata) prima di usarle per la pulizia. Questo perché la vasca non produce gli effetti cavitazionali ottimali se l’acqua non è degassata (essendo i collassi meno violenti perché ammortizzati dal gas presente nelle bolle).

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Molti gruppi di ricerca introducono volontariamente un gas facendolo gorgogliare all’interno del sistema con lo scopo di mantenere una cavitazione uniforme. In accordo con la teoria, l’energia sviluppata dal collasso di queste bolle riempite con gas è maggiore per i gas con il maggiore rapporto dei calori specifici 𝛾 =

𝐶𝑝

𝐶𝑣. Infatti, la temperatura a fine collasso nella bolla risulta

proporzionale a (𝛾 − 1). Per questa ragione i gas monoatomici sono preferiti a quelli diatomici. Aumentare il contenuto di gas di un liquido facilita la cavitazione, ma comporta una riduzione dell’intensità dell’onda d’urto rilasciata dal collasso delle bolle. Se viene utilizzato un gas solubile, questo provvede un gran numero di nuclei per la cavitazione. Maggiore è la solubilità del gas, maggiore è la quantità di questo che penetra nelle bolle e minore l’intensità dell’onda d’urto. Inoltre, minore è la conducibilità termica del gas, maggiore sarà il riscaldamento locale durante il collasso.

2. Temperatura esterna

All’aumentare della temperatura dell’ambiente, diminuiscono viscosità e tensione superficiale. Inoltre, aumenta la tensione di vapore. Perciò la soglia di cavitazione diminuisce ed è richiesta un’intensità acustica minore per indurla. Però, il collasso della bolla è meno violento, perché entra più vapore nella bolla. Quando la temperatura si avvicina a quella di ebollizione, si genera un gran numero di bolle contemporaneamente. Queste agiscono come una barriera rispetto alla trasmissione delle onde acustiche. Perciò se un liquido viene sottoposto all’azione di un campo acustico quando è all’ebollizione, non ci dovremmo aspettare grandi effetti di interazione con lo scambio termico.

3. Pressione esterna

All’aumentare della pressione esterna, è richiesta una depressione maggiore per iniziare la cavitazione. Di conseguenza la formazione di

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