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La valutazione delle performance negli enti pubblici; il caso della CCIAA della Maremma e del Tirreno.

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in

STRATEGIA, MANAGEMENT E

CONTROLLO

ELABORATO FINALE

La valutazione delle performance negli enti pubblici:

il caso della CCIAA della Maremma e del Tirreno.

CANDIDATO

Luca Ghidoni

RELATORE

Prof. Mario Nicoliello

CORRELATORE

Prof. Luca Anselmi

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1) Concetto di performance: aspetti definitori 1.1) La performance

1.2) La performance organizzativa 1.3) La performance individuale

CAPITOLO 2) L’evoluzione normativa del concetto di performance 2.1) Il contesto internazionale ed Italiano

2.1.1) Stati Uniti 2.1.2) Regno Unito

2.1.3) Il contesto Italiano che porta alla Riforma Brunetta 2.2) D. lgs. 27 Ottobre 2009, n.150 2.2.1) Struttura e contenuto 2.2.2) Analisi 2.3) D.P.R. 9 Maggio 2016, n.105 2.3.1) Struttura e contenuto 2.3.2) Analisi 2.4) D. lgs. 25 Maggio 2017, n.74 2.4.1) Struttura e contenuto 2.4.2) Analisi

CAPITOLO 3) Il ciclo della performance 3.1) Introduzione

3.1.1) Il Piano della performance

3.1.2) Il sistema di valutazione e misurazione della performance 3.1.3) La relazione sulla performance

3.2) La balanced scorecard

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CAPITOLO 4) Il caso della CCIAA della Maremma e del Tirreno 4.1) Introduzione

4.2) Attività e funzioni 4.3) Organizzazione

4.4) La Valutazione della Performance 4.4.1) Il ciclo della Performance 4.4.2) Documenti a sostegno

4.4.3) Misurazione e Valutazione della Performance Organizzativa 4.4.3.1) La principale metodologia adottata

4.4.3.2) Ulteriori metodologie a supporto 4.4.3.3) Rappresentazione grafica

4.4.4) Misurazione e Valutazione della Performance Individuale

4.4.4.1) Metodologia di valutazione della prestazione individuale del

Segretario Generale e dei Dirigenti

4.4.4.2) Metodologia di valutazione della prestazione individuale dei

Responsabili di Posizioni Organizzative

4.4.4.3) Metodologia di valutazione della prestazione individuale dei

Dipendenti

4.4.5) Considerazioni finali

CONCLUSIONI

Bibliografia

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Introduzione

Nell’elaborato vengono trattate le metodologie di valutazione e misurazione della Performance organizzativa ed individuale all’interno degli enti pubblici Italiani, nello specifico è analizzato il caso la Camera di Commercio della Maremma e del Tirreno.

Nel primo capitolo è affrontato il concetto di performance (sia in ambito generale sia riferita all’organizzazione e all’individuo) descrivendo la sua concezione odierna e come siamo arrivati ad essa, sottolineando il suo significato in ambito aziendale e soprattutto nel settore pubblico.

Nel secondo capitolo sono descritte alcune normative straniere che regolamentano le performance Pubbliche.

Successivamente è descritto il percorso Italiano che ha compiuto la normativa negli ultimi anni; partendo dalla situazione che ha richiesto l’emanazione della Riforma Brunetta passando per i decreti che l’hanno seguito cambiandone alcuni aspetti.

Nel terzo capitolo è delineato in maniera puntuale il Ciclo della Performance negli Enti Pubblici Italiani, introducendo e trattando i documenti più importanti e rappresentativi.

Viene introdotto e descritto uno strumento di supporto per la gestione strategica di grande successo, la Balanced Scorecard, poiché è anche lo strumento utilizzato dalla Camera di Commercio.

Nel quarto ed ultimo capitolo viene a trovarsi il caso dell’Ente Pubblico in esame, con la descrizione della relativa modalità di programmazione, misurazione, valutazione e rendicontazione della performance, sia organizzativa che individuale.

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Capitolo 1) Concetto di performance: aspetti

definitori

1.1) La Performance

Dal punto di vista etimologico la parola "performance" deriva dal francese antico “parfornir, parfurnir”, che significa completare, portare a termine. A partire dal 1300 è apparso anche in lingua inglese, “parfourmen”, con il significato di porre in essere, realizzare, ed assume la sua attuale "fisionomia" intorno al 1500 cominciando ad essere utilizzato in svariati contesti, da quello sportivo, a quello teatrale, musicale e aziendale . 1

Cercando di analizzare il significato di “performance” partiamo, innanzitutto, definendola come: espressione/rappresentazione di una porzione di realtà che altrimenti rimarrebbe inaccessibile al ragionamento e fa riferimento, come l'etimologia del termine insegna, ad una "realizzazione", "un'azione deliberata”. Gli elementi essenziali per poter parlare di performance, la cui presenza sembra accomunare ogni ambito di utilizzo del termine, sono dati dall'intenzione di ottenere un determinato risultato e dall'azione o sequenza di azioni mirate ad ottenerlo; questi sono i fondamenti che introducono alla comprensione del significato, ma sicuramente non lo esauriscono.

Come detto il contenuto della performance è sempre “l’esecuzione” della stessa proprio per questo la stessa parola porta a svariati contesti d’applicazione (a seconda se ci riferiamo a sport, musica, arte, economia…); tant’è che in letteratura è inteso come un concetto multidimensionale il quale non ha una definizione precisa che lo spieghi a pieno, ma una serie di significati anche diversi come: prestazione, esibizione, risultato, rendimento.

Infatti, a fronte di comunanza circa gli elementi di base, ci sono delle differenze circa i possibili contesti di applicazione e per questo motivo la performance può

L. Hinna, “Gestire e valutare la performance nella P.A. guida per una lettura manageriale del

1

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essere intesa “come un termine-contenitore, nel quale ciascuno inserisce i concetti che ritiene più attinenti lasciando al contesto l’onere di prendersi cura della definizione” . 2

Il termine performance si è ampiamente diffuso anche in campo economico-aziendale; lo ritroviamo sia nel mondo privato sia in quello pubblico e in moltissime discipline, dalla strategia d'impresa al controllo di gestione e così via. Il concetto, anche in campo prettamente aziendale, rimane dai contorni incerti e assume diverse sfaccettature poiché viene utilizzato in modo sostanzialmente indipendente e con intenti diversi da una disciplina all'altra, ottenendo molteplici definizioni.

La “ricerca” sulle performance aziendali, significa interrogarsi sui risultati verso cui le aziende sono proiettate e sulle loro determinanti, poiché lo scopo del management è proprio quello di individuare il collegamento tra risultati e i loro driver per capire come massimizzare efficacia ed efficienza nella gestione aziendale.

In mancanza di tale collegamento si disporrebbe di informazioni, per quanto interessanti, inutili a fini decisionali.

La massima espressione della performance può essere espressa dalla capacità della stessa, attraverso lo svolgimento dei processi organizzativi e gestionali, di generare valore nel tempo e questo è il risultato "ultimo" desiderato, verso il quale 3 si cercherà di muovere tutta l'organizzazione e in base al quale verranno fissati e valutati gli obiettivi delle singole componenti aziendali.

Per aiutarci a comprendere meglio l’enorme ampiezza di questo termine prendiamo come esempio le numerose definizioni che si trovano in letteratura riguardante la “performance manageriale”; dalle quali si deduce che la performance esprime svariati significati che vanno in base al pensiero degli autori stessi.

M. Lebas e K. Euske, “In business performaced measurement. Theory and practice”, Cambridge

2

University Press, pag.67 e seguenti, 2002.

A.Cariola, “La misurazione sistematica delle performance di impresa. Il ruolo della corporale

3

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Alcuni dei significati, che possono essere ricondotti a questo concetto, sono: i risultati, l’abilità dell’organizzazione nel raggiungere i risultati attesi, il potenziale di futuro raggiungimento dei risultati, il confronto tra i risultati dell’organizzazione e dei benchmark e la soddisfazione delle attese degli stakeholders che ruotano intorno ad un’organizzazione.

Vediamoli adesso più nel dettaglio.

Risultati siano essi pianificati, ossia performance attese, o raggiunti. La performance è considerata espressione di "eventi", non c'è nessun giudizio su di essi (raggiungere il milione di fatturato è un indicatore di performance, fornisce un informazione, ma non è di per sé positivo o negativo).

L’abilità dell'organizzazione nel raggiungere i risultati attesi. Tale concetto richiama all'efficacia e all'efficienza delle operazioni e per certi aspetti ricorda l’approccio per obiettivi (Etzioni, 1964), che parte dal presupposto che ogni organizzazione persegue degli obiettivi precisi e la performance è definita dalla capacità di realizzazione di tali obiettivi. Non si tratta quindi della misurazione puntuale di un evento, ma di un confronto tra obiettivi e risultati e tra risorse e risultati. La critica maggiormente mossa a quest'impostazione risulta essere l'impossibilità di fare confronti tra performance di aziende diverse in quanto ognuna di esse è caratterizzata da obiettivi peculiari, ad hoc (Murphy et al., 1996).

Il potenziale di futuro raggiungimento di risultati. In questo caso la performance è mirata a riflettere la sostenibilità della gestione aziendale nel medio-lungo termine, ossia la presenza di risorse materiali e immateriali in grado di creare le condizioni per uno sviluppo duraturo dell'attività. Tali risorse anziché perdere valore nel tempo, hanno la capacità di rigenerarsi garantendo continuità d’azione.

Il confronto tra risultati dell'organizzazione e dei benchmark, ovvero dei parametri comuni a più aziende. Sono riscontrabili analogie con l’approccio sistematico (Georgopolous e Tannenbaum, 1957; Yuchtman e Seashore, 1967, Steers, 1975) che individua la necessità di riferire la performance aziendale al simultaneo raggiungimento di molteplici obiettivi generali, ambientali o organizzativi adottati come standard (medi o ideali). A differenza dell’approccio per obiettivi, richiamato precedentemente, il concetto di performance non riesce a cogliere le specificità aziendali.

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La soddisfazione delle attese degli stakeholder che ruotano intorno ad un’organizzazione. Quest'altro modello interpretativo è stato individuato da Murphy e altri autori (Murphy e al., 1996). Secondo tale visione l'organizzazione opera come un sistema aperto che deve coinvolgere tutti gli stakeholder puntando a garantire la soddisfazione delle loro aspettative. La valutazione sul grado di raggiungimento di queste ultime definisce la performance. Questo punto di vista si distingue dai precedenti per il fatto di riconoscere alla performance il carattere della multidimensionalità. La stessa informazione può essere in questo caso soggetta a molteplici valutazioni, ognuna delle quali legata allo specifico soggetto che la effettua (Monteduro, 2010). All'interno della stessa organizzazione si possono individuare performance positive e performance negative; non solo, le performance positive per taluni possono essere negative per altri e viceversa.

Concludendo, da quanto visto finora il termine performance può essere interpretato come risultato, abilità nel raggiungerlo, capacità e possibilità di soddisfare le attese attuali e future.

Tuttavia molti autori (Brumback 1988; Lebas e Euske 2002; Armstrong 2006; Monteduro 2010) sottolineano che il concetto di performance in ambito manageriale non racchiude solo la rappresentazione statica di un evento, ma è un concetto dinamico, che include, oltre all'esito finale (un risultato), anche l'insieme di azioni e decisioni che hanno permesso di ottenerlo.

Il management, com'è noto, ha l'obiettivo di influire sulla realtà e di incidere sulle variabili aziendali attraverso la gestione dei processi logici, fisici e motivazionali si vuol fare in modo che vengano raggiunti nel miglior modo possibile gli obiettivi strategici prefissati.

Parlare di performance significa quindi parlare simultaneamente del risultato raggiunto e del processo di ottenimento del risultato ed è analizzando il come si è raggiunto un determinato risultato che si ottengono le informazioni necessarie per comprendere cosa è possibile fare per migliorare tale risultato.

Nelle amministrazioni pubbliche italiane il concetto di performance odierno è stato introdotto dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, che ha disciplinato il

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Ciclo della performance, la quale è un concetto centrale della Riforma e come detto può assumere una pluralità di significati.

Tuttavia, la performance nelle P.A. non può essere valutata esclusivamente con i criteri tipici degli studi economici (efficienza, efficacia, economicità), ma occorre ampliare il set di criteri di valutazione allo scopo di considerare ulteriori aspetti altrettanto importanti, come l’equità dell’azione collettiva, la legalità e la legittimità dei comportamenti, la pubblicità degli atti compiuti, ecc.

A tal proposito, numerosi autori sono convinti che il giudizio sulla P.A. deve essere espresso nella misura in cui essa è in grado di generare “valore pubblico”.

L’analisi della performance del settore pubblico non è certo agevole, poiché i criteri da prendere in esame sono molteplici in virtù delle peculiarità del settore infatti secondo Hood , i criteri in questione possono essere ricondotti 4 principalmente a tre tipologie:

• I “criteri di prodotto” (efficacia ed efficienza): i quali consentono di esprimere un giudizio sulla rispondenza dei beni/servizi pubblici erogati alle esigenze degli utenti e sulle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche.

• I “criteri di processo”, che permettono di focalizzare l’attenzione sul grado di imparzialità, equità, legittimità e trasparenza dei processi amministrativi.

• I “criteri di regime”, che sono funzionali ad un’analisi del grado di “affidabilità” e “determinatezza decisionale” del soggetto pubblico nel gestire situazioni di crisi e di emergenza.

Dalle considerazioni appena viste emerge come la performance, anche nel suo significato interno al settore pubblico, sia un concetto multidimensionale e complesso.

La performance non è un concetto unitario, all’interno di un significato preciso e inconfondibile, piuttosto deve essere vista come un insieme di informazioni sui risultati di varia importanza per le diverse parti interessate .5

C.Hood, “A public management for all seasons?”, Public Administration, pag.3-18, 1991.

4

T.Bovaird, “The political economy of performance measurement”, in “Organizational performance

5

and measurement in the public sector: toward service, effort and accomplished reporting”, pag.147, 1996.

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Comunque il significato finale che viene dato a questo termine, anche nel settore pubblico, abbraccia il concetto della performance intesa quasi esclusivamente come esito finale dell’attivazione di un “processo produttivo”.

A conferma di questa focalizzazione sui risultati finali erogati dagli enti, si vanno ad inserire le riforme del settore pubblico degli ultimi 20 anni; si veda a tal proposito il Government Performance and Results Act del 1993 (Stati Uniti), il Comprehensive Performance Assessment del 2003 (Regno Unito) e la Riforma Brunetta del 2009 (Italia).

Infatti, la necessità di riduzione degli sprechi e il miglioramento della qualità dei servizi pubblici, i quali sono stati il motore per le riforme nazionali, hanno reso necessaria l’introduzione di logiche manageriali nella gestione aziendale tese a migliorarne l’efficienza e l’efficacia rendendo così lo stato sempre più vicino ad un’azienda.

Intesa in questi termini, la performance può essere misurata e valutata da due prospettive: ampiezza e profondità.

Con l’ampiezza si intende la multidimensionalità del contenuto, considerato all’interno della cosiddetta “catena del valore” rappresentabile in termini di input, processi, output e outcome.

Con la profondità si intende la dimensione verticale, ovvero i soggetti che sono coinvolti nelle politiche pubbliche; dal singolo dipendente all’area organizzativa, dall’ente nella sua unitarietà all’intero gruppo pubblico.

Analizzando nello specifico in contesto Italiano il concetto di performance è ricollegabile al contributo (risultato e modalità di raggiungimento del risultato) che un soggetto (organizzazione, unità organizzativa, gruppo di individui, singolo individuo) apporta attraverso la propria azione al raggiungimento delle finalità e degli obiettivi e, in ultima istanza, alla soddisfazione dei bisogni per i quali l’organizzazione è stata costituita.

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Pertanto, il suo significato si lega strettamente all’esecuzione di un’azione, ai risultati della stessa e alle modalità di rappresentazione e, come tale, si presta ad essere misurata e gestita .6

In realtà nel testo non è presente una vera è propria definizione di questo concetto, ma non per questo non si può non notare la sua centralità all’interno della riforma anche se non era presente, come detto, una definizione precisa; a confermare questa importanza del concetto, nella riforma, prendiamo ad esempio il lavoro di due autori , i quali calcolano che nelle 52 pagine del Decreto brunetta 7 la parola ricorra 109 volte, praticamente due volte a pagina.

Il legislatore è stato costretto l’anno successivo ad emanare una direttiva che contenesse una definizione univoca di tale parola per non lasciare ombra di dubbio su questo concetto.

Come visto nella definizione odierna, che troviamo nel contesto pubblico, sono individuabili due differenti tipi di performance: una organizzativa ed una individuale.

1.2) La Performance organizzativa

La performance organizzativa è l’insieme dei risultati attesi, rappresentati in termini quantitativi con indicatori e target e permette di programmare, misurare e valutare come l’organizzazione utilizza le risorse umane, economico-finanziarie, strumentali a disposizione in modo razionale (efficienza) per erogare servizi adeguati alle attese degli utenti (efficacia), al fine ultimo di creare valore pubblico, ovvero di migliorare il livello di benessere sociale ed economico degli utenti e degli stakeholders (impatto).

Infatti è già da tempo che gli studiosi hanno capito che “lo scopo di misurare le prestazioni aziendali non è quello di stabilire il livello di prestazioni di

Delibera CIVIT n.89, “Indirizzi in materia di parametri e modelli di riferimento del sistema di

6

misurazione e valutazione della performance”, 2010.

L. Hinna e F. Monteduro, “Misurazione, valutazione e trasparenza delle performance nella riforma

7

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un’organizzazione, ma di consentire all’organizzazione di ottenere risultati migliori” (Strydom 2002).

Questa moderna definizione è avvalorata dal mutamento della sua misurazione, avvenuto negli ultimi anni, passando dall’essere un semplice processo di valutazione (Neely 1999) a diventare un complesso processo di valutazione a livello di organizzazione che è essenziale per la ricerca delle migliori prestazioni possibili (Hough 2008) .8

Per questo è declinata attraverso obiettivi di mantenimento e miglioramento dei livelli dei servizi erogati, di diretta derivazione dagli obiettivi strategici ed è misurata attraverso un set di indicatori. 


Come detto la performance organizzativa è complessa ed articolata e composta da una molteplicità di elementi che servono a rappresentarla.

Non ci si focalizza solamente sui costi o sugli indicatori di efficacia, ma si analizzano le politiche da attuare, i piani ed i programmi elaborati ed il livello di soddisfazione dell’utenza; per meglio comprendere questa multidimensionalità, analizziamo l'articolo 8 del decreto n.150 del 2009: 9

• Le finalità ultime dell'azienda pubblica. Alla lettera (a) viene apprezzata la variabile dell'outcome finale. Alla lettera (c) viene apprezzata invece la variabile dell'outcome intermedio poiché la norma fa riferimento al grado di soddisfazione dei destinatari di attività e servizi.

H.Mills e C.Gerber e M.terblanche-Smit, “Risk governance e control: financial markets e

8

institutions.”, pag. 7, 2016.

1.Il Sistema di misurazione e valutazione della performance organizzativa concerne:

9

  a) l'attuazione di politiche e il conseguimento di obiettivi collegati ai bisogni e alle esigenze della collettività;

b) l'attuazione di piani e programmi, ovvero la misurazione dell'effettivo grado di attuazione dei medesimi, nel rispetto delle fasi e dei tempi previsti, degli standard qualitativi e quantitativi definiti, del livello previsto di assorbimento delle risorse;

  c) la rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari delle attività e dei servizi anche attraverso modalità interattive;

  d) la modernizzazione e il miglioramento qualitativo dell'organizzazione e delle competenze professionali e la capacità di attuazione di piani e programmi;

  e) lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, i soggetti interessati, gli utenti e i destinatari dei servizi, anche attraverso lo sviluppo di forme di partecipazione e collaborazione;   f) l'efficienza nell'impiego delle risorse, con particolare riferimento al contenimento ed alla riduzione dei costi, nonche' all'ottimizzazione dei tempi dei procedimenti amministrativi;   g) la qualità e la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati;

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• I risultati dell'azione pubblica. Alla lettera (b) vengono apprezzate la variabile dell'output e la dimensione dell'efficacia interna, si considerano infatti il grado di attuazione di piani, il rispetto di tempi e gli standard quantitativi, qualitativi e di costo predefiniti. Alla lettera (g) si considera inoltre la quantità e la qualità delle prestazioni e dei servizi erogati.

• Lo sviluppo dell'organizzazione. Gli ambiti della performance organizzativa comprendono, alla lettera (d), l'ammodernamento e il miglioramento qualitativo dell'organizzazione (anche in termini di pari opportunità, come si precisa alla lettera (h) e delle competenze professionali e la capacità di attuare piani e programmi.

• L'ottimizzazione nella gestione delle risorse. La lettera (f) contempla la dimensione dell'efficienza nell'impiego delle risorse, riferendosi in particolar modo al contenimento ed alla riduzione dei costi e dei tempi dei procedimenti amministrativi.

• Le relazioni con gli stakeholder. La lettera (e), la quale, tra le dimensioni rilevanti della performance organizzativa, indica la quantità e la qualità delle relazioni con i cittadini, i soggetti interessati, gli utenti e i destinatari dei servizi e promuove lo sviluppo di forme di partecipazione e collaborazione con gli stakeholder.

La lettura (o meglio la sua analisi per aree di azione) dell’articolo ci fa capire che la performance organizzativa non si rileva semplicemente attraverso uno o più indicatori, dal momento che ha una valenza multidimensionale che presuppone l’analisi di una serie di aspetti per avere una visione d’insieme su ciò che è realmente accaduto e grazie alla loro misurazione la direzione è in grado di raccogliere informazioni per affrontare le carenze e adeguare di conseguenza la strategia organizzativa fissando obiettivi strategici (Managementor 2007).

1.3) La Performance individuale

La performance individuale misura il contributo fornito dal singolo individuo, in termini di risultato e di comportamenti nel raggiungimento degli obiettivi dell’amministrazione; a seconda del ruolo e della posizione organizzativa ricoperti

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dall’individuo all’interno dell’amministrazione, tale contributo potrà essere misurato prendendo in considerazione i risultati di performance organizzativa della struttura cui appartiene o che dirige, con pesi diversi sulla base del ruolo e delle responsabilità.

La valutazione della performance individuale costituisce un meccanismo operativo di gestione del personale teso ad allineare i comportamenti individuali agli obiettivi dell’azienda nella sua globalità.

Per questo fra la performance organizzativa (vista nel paragrafo precedente), che interessa tutto l’ente, e la performance individuale che si riferisce invece ai dirigenti e alle posizioni organizzative che godono di adeguata autonomia, vi deve essere uno stretto legame e una coerenza che interesserà:

• L’aspetto temporale relativo alle due tipologie di valutazioni.

• Il fatto che il valutato abbia concretamente la possibilità di intervenire sugli elementi per i quali viene espresso il giudizio.

Affinché questo avvenga è necessario che gli obiettivi vengano definiti in maniera rigorosa e precisa e con il coinvolgimento dei soggetti interessati alla performance individuale.

La performance organizzativa deve pertanto essere “tradotta” nella performance individuale (bisogna seguire un vero e proprio percorso di “traduzione”) sulla base di percorsi predefiniti che possano agevolare il raggiungimento degli obiettivi prefissati; ovviamente gli obiettivi prefissati dovranno essere accompagnati dai relativi indicatori per precisare e quantificare ciò che si intende realizzare .10

Di pari passo con l’evoluzione della performance individuale è andata la sua valutazione la quale, è uno strumento di direzione del personale difficile da attuare, non per la sua complessità tecnica quanto piuttosto per la sua “facilità”. Tutti noi, se abbiamo un minimo di esperienza, sappiamo valutare il lavoro di chi ci sta attorno, o quanto meno possiamo confrontarci su questo tema con i colleghi.

R.Ruffini L.Bottone e R.Giovannetti, “Il performance management negli enti locali. Logiche e

10

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Quando però questa attività diventa istituzionale, passa dalla prassi alla forma, le cose si complicano.

Il motivo è che gli strumenti con cui fare questo lavoro sono pochi e le variabili che costituiscono la performance individuale molte, e tale complessità può essere gestita solo con buone doti manageriale e un uso intelligente dei pochi strumenti a disposizione . 
11

Come detto la valutazione della performance è un argomento non così facile come si potrebbe pensare, questo anche a causa delle varie possibili finalità che si vogliono assegnare a questo sistema.

La “multi-finalità” della valutazione delle performance individuali è stata bene evidenziata, già in passato, da Peck (1984) il quale, sulla base di un’indagine quantitativa, ha individuato gli obiettivi di questi strumenti, riconducibili in:

• Definire gli aumenti per il merito.

• Predisporre una base di feedback sulla performance. • Pianificare gli obiettivi per la performance.

• Individuare esigenze di training e sviluppo. • Individuare possibilità di promozione.

• Individuare i dipendenti con specifiche attitudini.

Altri autori (Condrey 2005; McClelland 1998; Boyatzis e Saatcioglu 2008; Kikpatrick 2006.), in modo simile, hanno individuato varie finalità perseguibili con i sistemi di valutazione individuali, le quali, possono essere ridistribuite sostanzialmente in due “macro” aree fondamentali:

Valutare i risultati attraverso l’attribuzione di obiettivi secondo logiche di performance management. Questo aspetto è fondamentale per la gestione

dell’azione manageriale che ha la necessità di programmare l’azione organizzativa e diffonderne la sua esecuzione a tutti gli operatori, e ciò avviene meglio se si riesce a focalizzare specifici obiettivi che siano realisticamente misurabili e valutabili.

R.Ruffini, “La valutazione della performance individuale nelle pubbliche amministrazioni”,

11

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Valutare le capacità/competenze delle persone. Un aspetto fondamentale

dell’azione manageriale in quanto non solo chi dirige deve sapere valorizzare le persone per quello che sanno fare, ma deve anche operare costantemente sullo sviluppo delle persone, sollecitandole continuamente a fare meglio attraverso occasioni di sviluppo delle conoscenze e delle capacità.

I sistemi di valutazione del personale sono uno strumento centrale e fondamentale dell’ampia azione manageriale se accettiamo l’idea fondante di management intesa come l’attività che è volta a dirigere gli altri verso obiettivi comuni.

Da qui una prima evidente giustificazione del fatto che questo strumento è lo strumento tra i più citati e dei quali più si preoccupano coloro che hanno compiti di direzione in qualsiasi tipo di organizzazione.

Questi due aspetti tuttavia sono talmente ovvi da poter essere considerati azioni naturali del management; sono, in altri termini, costantemente adottati da chi dirige, seppure in modo informale.

Tale affermazione è in parte vera e in parte falsa; infatti, se è vero che il bravo dirigente definisce obiettivi e fa crescere le persone, in realtà, se tali aspetti non sono formalizzati all’interno del sistema aziendale, non possono funzionare in modo sufficientemente valido.

Per formalizzarli occorre di conseguenza collegarli al sistema premiante, vale a dire alla retribuzione che, alla fine, costituisce uno dei legami fondanti tra individuo e azienda.

Pur essendo consequenziale alla valutazione, la retribuzione variabile è quindi uno degli aspetti tipici e ineludibili del sistema di valutazione e, in quanto tale, ottiene spesso un’attenzione molto forte dalle persone.

Da notare, per inciso, che nelle finalità analizzate da Peck (viste qui sopra), non vi era quella di motivare poiché se è ovvio che incentivi monetari spingono il possibile beneficiario ad attivarsi per ottenere il premio, questa attivazione ha carattere specifico e momentaneo, nel senso che, se cessa la retribuzione, cessa anche l’azione del soggetto potenziale beneficiario.

La motivazione reale è invece un sistema molto più complesso e articolato e, in particolare, ha la capacità, per un periodo di tempo significativo, di autorigenerarsi

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nell’individuo, e quindi non è correlata con logiche di stimolo/risposta, ma con processi psicologici assai più complessi.

L’aumento di retribuzione quindi, se ben gestito, non genera, normalmente, effetti di motivazione forti e di lungo periodo. Tuttavia, essendo un aspetto del rapporto di lavoro, se si sbaglia a dare un aumento di merito, ovvero se non è chiaro per tutti nel contesto aziendale il rapporto che esiste tra merito individuale e ricompensa ricevuta, allora, tale aspetto induce ovvi problemi, tensioni e conflitti tra i diversi componenti dell’azienda.

Ma è ovvio che, come diceva Melchiorre Gioia, ognuno ha in testa un suo concetto di merito e la piena trasparenza dei sistemi di valutazione è molto difficile da ottenere.

La sensazione che deriva da tutto ciò per gli operatori è quindi quella di un sistema che rischia di “rendere poco” e di “costare molto” dal punto di vista organizzativo. Anche per questo spesso i sistemi di valutazione sono fonte di interesse e preoccupazione diffusi, di cui molti parlano anche se con poca riflessione . 12

R.Ruffini, “La valutazione della performance individuale nelle pubbliche amministrazioni”,

12

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Capitolo 2) L’evoluzione normativa del concetto di

performance

2.1) Il contesto internazionale ed il contesto Italiano

Come già accennato nel capitolo precedente, il concetto di performance, con tutto quello che la riguarda, è stato un argomento molto discusso negli ultimi anni in tutte le amministrazioni pubbliche dei paese più industrializzate.

Molti di questi paesi hanno emanato leggi per regolamentare al meglio questa questione; oltre alla situazione italiana, che verrà analizzata a partire dal paragrafo successivo, osserviamo alcune riforme di altri paesi, precedenti a quella italiana.

2.1.1) Stati Uniti

Alla base della “rivoluzione” attuata negli Stati Uniti c’è l’idea di fondo secondo cui è impossibile coordinare e controllare efficacemente un insieme di attività diverse e ingentissime risorse finanziarie senza ricorrere a sistemi e criteri di organizzazione delle attività basati su programmazione di medio periodo delle proprie attività, fissazione di obiettivi strategici e di produzione, misurazione degli stessi e verifica continua del loro andamento e, al termine, dell’effettivo conseguimento.

La prima grande “rivoluzione” nel settore publico Americano si ha negli anni 60 con il presidente Kennedy il quale affida a McNamara il ministero della difesa. McNamara importo, al Ministero, il Planing Programming Budgeting System (P.P.B.S.) il quale consisteva in un nuovo sistema di bilancio per la programmazione e la pianificazione usato per la gestione delle risorse, il quale prevede le logiche manageriali delle grandi industri portate nel settore pubblico.

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La “pietra miliare” dell’introduzione del concetto di performance nel settore pubblico Americano è la riforma elaborata dal Vice-Presidente U.S.A. Al Gore, proposta da Bill Clinton e promulgata dal Congresso nell’anno 1993 con il nome di Government Performance and Results Act (GPRA), la quale includeva cinque principali focus: la pianificazione strategica, il piano della performance, la flessibilità manageriale, la rendicontazione della performance e il performance budgeting.

Il GPRA individua anche l’Office of Management and Budget (O.M.B.), cioè un ufficio federale incaricato della supervisione dei piani strategici e dei piani annuali in occasione della presentazione al Congresso del Bilancio federale.

Con il GPRA si è inteso quindi creare un cambiamento culturale attraverso l’introduzione di sistemi di misurazione e valutazione efficaci e creare maggiore trasparenza dell’azione amministrativa rispetto ai cittadini.

Il cambio di passo indotto dal GPRA nel lavoro amministrativo delle Agenzie federali si può sinteticamente descrivere nelle regole fondamentali di programmazione, misurazione e controllo introdotte. La legge prevede che le agenzie debbano costruire un piano strategico degli obiettivi da conseguire a seguito dei programmi del governo, questi piani devono coprire un periodo di cinque anni (successivamente definito con “non meno dei quattro anni seguenti all’anno finanziario in cui viene presentato”) e vengono aggiornati ogni tre anni, includendo: la specificazione della mission di ciascun Dipartimento; i conseguenti processi operativi ritenuti necessari per raggiungere queste finalità; gli obiettivi e i traguardi relativi ai risultati dell’azione amministrativa; la valutazione e revisione di questo i obiettivi con l’indicazione per ciascuno di essi di idonei indicatori di performance e una rassegna dei contesti ambientali esterni che condizionano il conseguimento dei fini generali.

In aggiunta al Piano strategico pluriennale, ciascuna Agenzia sottopone all’attenzione dell’O.M.P., del Congresso e del popolo americano , altri due

(21)

documenti: l’Agency Performance Plan (A.P.P. “Piano di performance annuale”) e l’Agency Performance Update (A.P.U. “Relazione sulla performance”) .13

Risulta abbastanza evidente la finalità dei due ultimi documenti: con l’A.P.P. si collega strettamente l’approvazione dei budget presentati dall’Agenzie alle proposte di bilancio che l’O.M.B. suggerirà al Presidente degli Stati Uniti e consente all’O.M.B. un oculato controllo della spesa federale, ottenuto attraverso la giustificazione con definiti programmi di attività di ciascuna posta di bilancio presentata da un’Agenzia.

Con l’A.P.U., invece, vengono manifestati a tutti gli stakeholders (in prima istanza al Congresso degli Stati Uniti poiché ha la funzione di controllo del potere esecutivo) i risultati delle performance di ciascuna Amministrazione pubblica federale.

Le evoluzioni successive del GPRA del 1993 mostrano la serietà con la quale negli Stati Uniti si procede all’attuazione delle riforme della pubblica amministrazione e di come le linee generali delle disposizioni emanate siano perseguite negli anni e possibilmente migliorate.

La GPRA, infatti, incontra nei suoi primi anni di vita notevoli resistenze e difficoltà di applicazione, legate non solo alla naturale diffidenza che esse generavano in “mondi amministrativi” abituati fino allora a diverse e più comode modalità di lavoro, ma anche oggettive difficoltà di comprensione e di “assorbimento” nel sistema, legate alla novità dei suoi contenuti.

Tali difficoltà sono positivamente gestite dagli Organi federali cui è stata affidata dalla legge la gestione e promozione del nuovo sistema emanando delle leggi assestanti e correttive.

Nel 2004 l’introduzione del “Pay for Performance Compensazione System” che responsabilizza direttamente i dirigenti rispetto agli obiettivi di performance attesi e conseguiti, modulando la loro retribuzione in relazione agli stessi risultati.

Nel 2010, invece, l’introduzione del “GPRA Modernition Act” approvato dal congresso degli stati uniti il quale introduce alcuni correttivi per aumentare l’efficacia del GPRA del 1993.

F.Archibugi, “La valutazione della performance nell’esperienza federale Usa”, intervento al

13

seminario su “La relazione e la conferenza annuale sulle prestazioni della P.A.” al CNEL, pag.7-9, 2012.

(22)

Dalle legge del 1993 e le riforme visionate emerge una pubblica amministrazione federale che assume su di sé le cadenze e i modi di attività manageriali, orientati a risultati sempre più sfidanti, ma non è un’amministrazione privatizzata, bensì un’amministrazione pubblica che tale rimane sfidando le forme di managerialità privata, nel contesto di un’operatività completamente gestita e controllata dalla mano pubblica .14

2.1.2) Regno Unito

Nel Regno Unito, nel 1999, viene emanato il “Local Government Act", il quale è il primo atto legislativo che da il via alla ricerca del miglior modo in cui poter erogare, da parte delle amministrazioni, i servizi ai cittadini, cercando di raggiungere gli standard minimi prefissati dal governo centrale; stabilisce per gli enti locali l’obbligo di:

• sviluppare una strategia che definisca gli obiettivi da raggiungere, i mezzi da impiegare e i criteri per la misurazione dei progressi;

• pubblicare con cadenza annuale un “Best Value Performance Plan" in cui siano riportati i risultati dell’attività di monitoraggio della performance e definite le priorità future;

• implementare un programma di “Best Value Reviews” che controlli nell’arco di cinque anni lo stato di tutti i servizi offerti dagli enti;

• sottoporre le B.V.R. e i B.V.P.P. all’ispezione esterna dell’Audit Commission.

La disciplina del Best Value, prevede che dalla entrata in vigore del nuovo sistema tutte le funzioni delle Autorità locali debbano essere sottoposte ad ispezioni da parte della “Audit Commission”, la quale è posto a valutare le prestazioni di ogni amministrazione, ma sempre ferma restando la validità delle azioni di controllo già esercitate dai diversi ispettorati esistenti.

G.Beato, “La valutazione delle politiche pubbliche e delle performance nelle amministrazioni

14

(23)

Il Best Value non è riuscito però a stimolare la costruzione di capacità manageriale nelle autorità locali, infatti, circa due terzi degli enti britannici non hanno implementato in modo soddisfacente il nuovo sistema dei controlli; tali enti hanno prodotto, si una mole ingente di “recensioni dei servizi”, ma si tratta di documenti poco ambiziosi, impegnati più a giustificare i livelli di performance esistenti che a riconoscere la necessità di modificare pratiche e assetti organizzativi . 15

Per cercare di migliorare questa situazione, nel 2002, viene ideato un nuovo approccio di ispezione, il “Comprensive Performance Assessment”, il quale non solo si focalizza sulla capacità manageriale dell’ente nel suo complesso, ma è anche associato al riconoscimento di maggiore autonomia per gli enti performanti e all’intervento del governo centrale a sostegno degli enti affetti da deficit del proprio sistema di performance.

Con il nuovo sistema si assegnano punteggi in base al livello di performance erogata per i servizi, all’utilizzo delle risorse finanziarie e corporate assessment costituiscono la base per il calcolo del valore aggregato della performance dell’ente che variava da «eccellente», «buono», «adeguato», «debole», fino a «scarso»; nel 2005 il risultato esposto con una delle quattro parole viene sostituito da una classificazione più numerica, le “stelle” (da 0 stelle=performance scarsa fino a 4 stelle=performance eccellente).

I risultati sono di dominio pubblico, pubblicati sul sito dedicato, in modo che possano essere visibile da tutti; infatti attraverso la pubblicazione dei dati, il C.P.A. non offre solo una misura della performance giudicabile singolarmente da ogni soggetto interessato, ma opera anche come uno stimolo per la crescita della performance conquistando l’attenzione dei leader sia politici che amministrativi che collaborano per il miglioramento continuo dei livelli di performance del proprio ente.

Inoltre, il C.P.A. può essere visto anche come indicatore della capacità dei manager negli enti, poiché in base ai risultati raggiunti dall’amministrazione può spingere i vertici politici a promuovere il turnover dei vertici dell’ente in oggetto.

Dipartimento della Funzione Pubblica, “La public governance in Europa. (5 Regno Unito)”,

15

(24)

Alla sua introduzione l’applicazione della metodologia C.P.A. è riservata solo agli enti di dimensioni più grandi; nel 2003 / 2004, viene esteso anche agli enti più piccoli sviluppando un approccio proporzionato rispetto alle attività di tali enti che poneva maggiore enfasi sull’autovalutazione, successivamente il C.P.A., per gli enti di piccole dimensioni, diventa obbligatorio solo per gli enti con risultati di performance non il linea con le aspettative.

Nella netta crescita dei livelli di performance rilevata negli enti locali, innescata dalle politiche di riforma, si va a inserire un nuovo sistema di controlli.

Il nuovo regime di performance management risulta da una strategia di riforma già definita dall’Audit Commission che mira a ridurre radicalmente il sovraccarico regolativo imposto al governo locale concedendo anche maggiore autonomia agli enti locali nella definizione delle priorità strategiche da perseguire.

A partire dal 2009, infatti, il “Comprehensive Area Assessment” ha preso il posto del C.P.A.. Il C.A.A. ha perseguito nuovi obiettivi quali:

• la focalizzazione sugli outcome e sulle priorità locali;

• l’identificazione dei rischi di calo della performance in futuro piuttosto che la misurazione dei livelli di performance raggiunti in passato;

• la riduzione del carico regolativo attraverso il coordinamento delle ispezioni affidato alla Audit Commission.


Il C.A.A. non fa più ricorso alla pubblicazione di un ranking che distribuisce gli enti locali lungo una scala ordinale di performance che va da scarso a eccellente, invece, lascia disaggregati i valori misurati lungo le molteplici dimensioni prese in considerazione dalle ispezioni e ha impiegato dei rapporti in forma narrativa su risultati, criticità e prospettive di crescita della performance delle diverse aree. Per segnalare le “best and worst practices" rilevate in ogni area di interesse, il C.A.A., fa ricorso a bandierine verdi e rosse; i rapporti, come nella versione precedente, rimangono consultabili sul sito web di competenza dove sono pubblicati anche tutti: i punteggi, indicatori e bandierine associate dalle ispezioni a ciascuna autorità locale.

(25)

Bisogna comunque dire che questa ultima riforma ha riscontrato dei difetti dal momento che; non ha ridotto le ispezioni per le amministrazioni più performanti ne ha concesso un’adeguata flessibilità manageriale, agli enti, rispetto al governo centrale ed allo stesso tempo ha anche diminuito l’interesse politico e dei cittadini sui risultati pubblicati poiché ha reso meno intuitiva la lettura dei risultati inserendo i punteggi per ogni voce valutata.16

2.1.3) Il contesto Italiano che porta alla Riforma Brunetta

Il tema della performance nelle amministrazioni pubbliche e dei sistemi da adottare per la loro misurazione è stato, ed è tutt’ora un argomento al centro dell’opinione pubblica da molti anni . 17

Nel 2008 il legislatore propone un Piano Industriale con l’obbiettivo di mettere in 18 relazione la dimensione quantitativa e qualitativa della Pubblica Amministrazione con la struttura dell’impresa privata sottolineando il presunto deficit in termini di efficienza e di efficacia del servizio pubblico; per questo nasce la necessità di far cominciare un processo di profondo risanamento, ristrutturazione e cambiamento dell’apparato Pubblico nel suo intero complesso.

I presupposti del cambiamento sono individuabili: nella la valorizzazione delle risorse umane presenti al suo interno; nei livelli retributivi medi (da allineare al settore privato) e nella produttività ed efficienza dei singoli dipendenti nonché delle organizzazioni, da allineare alle migliori prassi dei Paesi più sviluppati nonché agli indici di funzionamento del settore privato.

Il Piano Industriale delinea, anche, le linee guida di carattere culturale, tra le quali si trova l’estrema necessità di un passaggio dalla cultura del procedimento a

P.Adami e A.Natalini, “Istituzioni locali, performance, trasparenza. Il controllo di gestione in Italia

16

e nel Regno Unito”, Donzelli editore, pag.86-96, 2011.

S.Nuti, “Misurazione e valutazione della performance: principi, struttura e metodi” estratto dal

17

“Piano industriale della Pubblica amministrazione, il nuovo testo unico sul pubblico impiego”, Il Sole 24 Ore, 2010.

28 maggio 2008, “Piano Industriale” per la riforma della P.A.

(26)

quella del provvedimento, in cui gli elementi fondamentali risultano essere i risultati e le responsabilità, nonché l’importanza delle risorse umane, delle sue competenze professionali, delle sue capacità relazionali e organizzative.

Inoltre si è dovuto mettere in evidenza la mancanza di una vera figura datoriale a cui fosse possibile imputare eventuali errori o mancanze nell’azione amministrativa, al pari di quanto avviene nella realtà imprenditoriale del settore privato.

Pertanto alla base della profonda riorganizzazione delle Amministrazioni Pubbliche si è posto l’introduzione di innovativi sistemi di selezione, valutazione e gestione del personale ispirati alla trasparenza e al merito, al fine di premiare chi lavora e sanzionare chi invece non fa il proprio dovere: l’obiettivo è stato dunque quello di elevare, nel medio periodo, la produttività e di conseguenza la qualità dei servizi cercando di allinearsi agli standard di quelli offerti dai privati.

“Solo una pubblica amministrazione meritocratica può avere la credibilità e la forza per immettere meritocrazia negli altri fondamentali motori dell’ascensore sociale e delle pari opportunità. Uno straordinario miglioramento del livello di servizio pubblico deve essere uno dei pilastri della nuova politica del merito” .19

Il provvedimento normativo più rappresentativo di questo Piano Industriale appena visto è sicuramente il D.lgs. n. 150/2009, che analizzeremo nel prossimo paragrafo.

Successivamente andremo a richiamare altri due atti normativi, d.P.R. 105/2016 e il D.lgs. n. 74/2017, che vanno ad aggiornare il decreto del 2009 e ci aiutano ad avere un quadro più completo della situazione odierna nel settore Pubblico Italiano, riguardante la vasta materia delle Performance e della loro misurazione.

“Valutazione dei Pubblici dipendenti: performance, merito e premi nella Riforma Brunetta”,

19

(27)

2.2) D. lgs. 27 Ottobre 2009, n.150

Il 27 Ottobre del 2009 è stato pubblicato il D. lgs. n. 150 (conosciuto anche con il nome di “Riforma Brunetta”, dal nome del suo promotore), attuativo della legge delega n. 15/2009 del 4 Marzo dello stesso anno, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

2.2.1) Struttura e contenuto

Il D.lgs. è strutturato in 74 articoli raggruppati in 5 titoli:

• Titolo 1: Principi generali (art.1). Qui sono presentate oggetto e finalità del testo normativo, ed è la chiave interpretativa dell’intero provvedimento.

• Titolo 2: Misurazione, valutazione e trasparenza della performance (art. 2-16). Viene esplicitato il significato e le attività legate alla misurazione, valutazione e trasparenza della performance. In esso viene stabilito un sistema unificato di gestione della performance e si individuano quattro principali attori: tre interni all’amministrazione ed uno esterno. Essi sono il vertice politico amministrativo, la dirigenza, l’Organismo indipendente di valutazione (OIV) e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle pubbliche amministrazioni (CIVIT),( la quale responsabilità è stata rimbalzata più volte negli anni…).

• Titolo 3: Merito e premi (art. 17-31). Qui si tratta del riconoscimento del merito dei lavoratori e la distribuzione dei premi, intesi come strumento di valorizzazione ed incentivazione della produttività e qualità del lavoro. L’intento del decreto è di arrestare la generale tendenza di distribuzione a pioggia dei benefici. Ciò nel concreto si traduce nell’istituzione di un criterio di selettività nell’elargizione di incentivi economici ed avanzamenti di carriera.

• Titolo 4: Nuove norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle

amministrazioni pubbliche (art. 32-73). Qui si modella la disciplina della dirigenza

pubblica. L’intento è quello di ridisegnare le responsabilità ed i poteri delle figure di vertice per realizzare due grandi obiettivi: il primo è quello di coinvolgere il dirigente nella fase di identificazione degli obiettivi e risorse necessarie

(28)

all’azione amministrativa al fine di garantire la piena e coerente attuazione dell’indirizzo politico in ambito amministrativo; il secondo è di favorire il riconoscimento di meriti e demeriti per rafforzare la distinzione fra funzioni di indirizzo e controllo, spettanti agli organi di governo, e funzione di gestione spettanti alla dirigenza.

• Titolo 5: Norme finali e transitorie (art 74). Nell’ultimo titolo si illustrano le norme finali e transitorie esplicitando quali soggetti abbiano potestà legislativa su quali ambiti.

Il D.lgs. n. 150/2009 traduce in norme giuridiche vincolanti ed imperative i principi contenuti nella legge delega del 4 marzo 2009 n. 15 , la quale prevede una 20 profonda correzione degli elementi più rilevanti nel contesto della disciplina del lavoro presso le pubbliche amministrazioni.

Gli obiettivi di fondo, possono essere focalizzati in alcuni punti:

• Assicurare standard qualitativi elevati nei servizi resi ai cittadini e quindi incentivare la qualità della prestazione lavorativa.

• Migliorare l’organizzazione del lavoro all’interno delle pubbliche amministrazioni; • Introdurre una cultura dominante di valutazione della performance del personale

e dei dirigenti.

• Riconoscere meriti e demeriti del personale pubblico.

• Rafforzare l’autonomia, la responsabilità ed i poteri della dirigenza pubblica. • Incrementare l’efficienza del lavoro pubblico e contrastare la scarsa produttività

e l’assenteismo.

• Promuovere la trasparenza dell’operato delle amministrazioni pubbliche a garanzia e tutela della legalità.

Vediamo adesso di soffermarci, più nel dettaglio, su alcuni degli aspetti riconducibili al processo valutativo introdotti originariamente dal D.lgs. n. 150/2009.

Legge Delega 4 Marzo 2009 n.15 “Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della

20

produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla corte dei conti”

(29)

Per quanto riguarda gli obbiettivi (articolo 1) sono quelli di riorganizzare l’intera disciplina del lavoro alle dipendenze di tutte le amministrazioni pubbliche, valorizzando la produttività, di impiegati e dirigenti, e merito e punendo, con sanzioni e meno soldi in busta paga, gli assenteisti e i “fannulloni”.

Le performance, punto cardine della Riforma, devono essere costantemente valutate e misurate, per tenere sotto controllo il polso della situazione, anche al fine di riconoscere premi e scatti di carriera. Ogni amministrazione deve rendere pubblici i giudizi assegnati ai propri uffici. L’intera operazione, dalla valutazione alla pubblicazione dei voti, deve essere “a costo zero”; si devono utilizzare, cioè, risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili “a legislazione vigente”.

Bisogna precisare anche che la Riforma Brunetta prevede il realizzarsi di un collegamento tra la performance individuale (tesa ad allineare i comportamenti individuali agli obiettivi dell’azienda) e la performance organizzativa, con la conseguenza che non si possono erogare incentivi al personale, se la qualità dei servizi non è delle migliori, se le condizioni economiche e finanziarie dell’Ente non lo permettono o se si registrano comportamenti organizzativi inadeguati da parte dei singoli dipendenti.

La previsione normativa del collegamento tra performance organizzativa e individuale costituisce il tentativo per attuare, una volta per tutte, una seria “gestione delle risorse umane”, piuttosto che una formale “amministrazione del personale” .21

In conseguenza allo sviluppo deIla performance assume una grande importanza “il merito” (articoli da 16 a 19) che individua i soggetti i quali hanno svolto un miglior lavoro; il merito del personale pubblico viene valorizzato con sistemi premianti come denaro, carriera e con logiche meritocratiche.

Viene dato un freno, quindi, agli incentivi “a pioggia” (molto ricorrenti prima della riforma), come pure, alla distribuzione dei premi collegati alla performance in assenza di verifiche e attestazioni sui sistemi di misurazione e valutazione i quali avevano provocato negli anni uno spreco smisurato di risorse.

L.Hinna e G.Valotti, “Gestire e valutare le performance nella P.A. Guida per una lettura

21

(30)

Di pari passo con l’introduzione del concetto di performance viene introdotto, anche, il concetto di “ciclo della performance”.

Il ciclo non è altro che un percorso il quale deve essere seguito da coloro che operano all’interno delle singole amministrazioni pubbliche, passando dall’analisi della situazione di partenza all’identificazione degli obiettivi di miglioramento con il supporto anche dei vari stakeholder interni ed esterni, dall’assegnazione delle risorse utili al conseguimento degli obiettivi (collegamento con il ciclo finanziario) fino alla misurazione e alla valutazione dei risultati globali (performance organizzativa) e dei singoli (performance individuale).

Le amministrazioni sono tenute a redigere due documenti dove vengono descritti gli obiettivi ed i risultati raggiunti (articoli 10 e 11, comma 5).

Il Piano delle performance è da presentare ogni anno, da parte di ciascuna amministrazione, entro il 31 gennaio e racchiude tutte le informazione su obiettivi e risultati di tutti gli impiegati. Se non viene adottato, l’amministrazione inadempiente non potrà erogare la retribuzione di risultato ai dirigenti responsabili e non potrà procedere all’assunzione di personale o al conferimento di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati.

Bisogna successivamente fare una relazione, entro il 30 giugno dell’anno successivo, che evidenzi come una sorta di consuntivo dell’anno oggetto di valutazione, le performance organizzative e individuali, con rilevazione di eventuali scostamenti rispetto agli obiettivi e alle risorse programmate e il bilancio di genere realizzato.

Entrambi i documenti dovranno essere trasmessi alla Commissione di valutazione, alle associazioni dei consumatori e utenti, ai centri di ricerca e a ogni altro osservatore qualificato.

Nella nuova Amministrazione, ideata dal ministro Brunetta, uffici e impiegati pubblici sono valutati da quattro organi (art.12): la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche; gli organismi indipendenti di valutazione; l’organo di indirizzo politico-amministrativo; i singoli dirigenti.

Gli organismi indipendenti di valutazione (OIV), all’interno di ogni amministrazione, sostituiscono, di volta in volta, i servizi di controllo interno. Sono nominati, per 3

(31)

anni, dall’organo di indirizzo politico-amministrativo e l’incarico è rinnovabile per una sola volta. Ogni organismo è composto da 3 componenti e ha il compito, tra l’altro, di garantire la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, anche al fine di corrispondere i premi.

L’organo di indirizzo politico amministrativo, invece, ha il compito in particolare di promuovere la cultura della responsabilità per il miglioramento della performance, del merito, della trasparenza e dell’integrità dell’azione svolta da ciascun operatore.

Per quanto riguarda la trasparenza, che come detto assume un ruolo di grande rilievo nel decreto, troviamo l’art.11.

Anche la trasparenza è un elemento imprescindibile della riforma, poiché senza di essa il cittadino/utente non è informato su come e quanto viene realizzato dalla Pubblica Amministrazione e, quindi, non è possibilitato ad esercitare nessun tipo giudizio o pressione sulle amministrazioni.

Ogni amministrazione deve, per questo, pubblicare sul proprio sito internet in un’apposita sezione, predisposta per una consultazione facile ed immediata, tutte le informazioni legate alle valutazione e al merito; dalle retribuzioni e i curricula dei dirigenti, all’ammontare complessivo dei premi collegati alle performance, agli incarichi, retribuiti e non, conferiti ai dipendenti pubblici.

Nell’articolo si parla anche del programma triennale per la trasparenza, il quale deve essere fatto in collaborazione con le associazioni di utenti e consumatori, e aggiornato annualmente. In caso contrario, è fatto divieto all’amministrazione inadempiente di erogare la retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti.

Le ricompense sono trattate dall’art. 20 al 26 trattano le modalità per valorizzare merito e professionalità; in totale sono previsti 6 premi.

Si parte dal bonus annuale delle eccellenze, cui concorrono tutti gli impiegati collocatisi nella fascia meritocratica alta; c’è, poi, il premio annuale per l’innovazione (di valore pari all’ammontare del bonus eccellenti), che viene assegnato al miglior progetto realizzato nell’anno, in grado di produrre un significativo cambiamento dei servizi offerti o dei processi interni di lavoro, con un

(32)

elevato impatto sulla performance dell’organizzazione. Accanto a questi 2 premi, ci sono, anche, le progressioni economiche (sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi e nei limiti delle risorse disponibili), e gli scatti di carriera, con cui le amministrazioni possono ricoprire, con personale interno, posti disponibili (nella riserva, però, del 50 per cento).

La collocazione, per 3 anni di fila, o per 5 anni anche non consecutivi, nella fascia di merito alta costituisce titolo prioritario per far scattare le progressioni. Professionalità sviluppata sul campo (e attestata nel giudizio di valutazione), poi, può portare il dipendente pubblico all’assegnazione di incarichi e responsabilità superiori; infine, ogni amministrazione può valorizzare le risorse mandandole a lavorare, per un certo periodo, in altri enti, anche esteri, oppure, promuovendo l’accesso privilegiato a percorsi di alta formazione.

Dall’articolo 27 viene descritto un ulteriore premio, il premio di efficienza, dal quale viene previsto che una quota, fino al 30% dei risparmi sui costi di funzionamento, sia destinata in misura fino a 2/3 a premiare, secondo criteri generali definiti dalla contrattazione collettiva integrativa, il personale coinvolto e per la parte residua a incrementare le somme disponibili per la contrattazione stessa.

Non da ultimo vanno considerati gli standard di qualità previsti per ogni ente/ amministrazione i quali, devono essere definiti in modo annuale con direttive del presidente del Consiglio dei ministri su proposta della Commissione per la valutazione. Per i servizi di Regioni ed Enti locali si deve provvedere con atti d’indirizzo, i quali devono essere adottati d’intesa con la conferenza unificata.

2.2.2) Analisi

La riforma seppur introducendo numerose novità si pone in ottica di continuità rispetto alle riforme Italiane del ventennio precedente (a partire dagli anni 90’ si sono succedute molte leggi, decreti e riforme), andando a rafforzare la natura

(33)

aziendale degli apparati pubblici ed andando in parte ad esaltare anche strumenti già previsti dal legislatore, ma mai entrati a pieno regime . 22

In passato infatti, l’attenzione delle altre riforme si era sempre posta sullo sviluppo di strumenti gestionali formali, strumenti tecnici non coordinati, privi di ogni collegamento e consequenzialità nel tempo. 


E’ possibile dunque affermare che il principale difetto delle precedenti atti normativi è da ricondurre principalmente all’assenza di riforme manageriali e culturali e al notevole peso assegnato all’applicazione formale delle norme, 23 rispetto ad un mancato impatto sostanziale delle riforme sull’assetto organizzativo delle pubbliche amministrazioni.

La riforma nasce, oltre che dai difetti strutturali, proprio dall’insoddisfazione dei cittadini per i risultati raggiunti fino a quel momento, i cui principi fondanti (economicità, trasparenza, orientamento alla misurazione, alla valutazione, alla rendicontazione dei risultati…) sembrano non essere riusciti a permeare nella cultura delle amministrazioni pubbliche e ad incidere in modo effettivo sui comportamenti di chi lavora al suo interno.

Nella percezione comune, le pubbliche amministrazioni, sono un ambiente inefficiente, lento, incompetente, attento più alla all’apparenza che alla realtà ed oltre ai cittadini che sono i maggiori “clienti” anche gli stessi dipendenti lamentano un clima poco dinamico, poco competitivo, in cui lassismi e favoritismi si scontrano, con un'eccessiva imposizione di vincoli e senza nessuna valorizzazione del lavoro svolto.

A questo fine, la riforma cerca di ottenere un miglioramento della prestazione e gestione pubblica nel suo complesso attraverso l'implementazione di “Sistemi di Performance” completi (un ciclo delle performance ben delineato e strutturato congiuntamente ad una buona valorizzazione del lavoro individuale) ed un rafforzamento della rendicontazione dei risultati delle amministrazioni pubbliche ed

D'Aries e Nonini si riferivano in particolare agli strumenti previsti dal d.lgs. n. 77/1995, l'

22

“Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali”, ripresi poi dal Tuel (Testo unico degli enti locali).

L.Hinna e G.Valotti, “Gestire e valutare le performance nella P.A.”, Maggiori Editore, pag.81,

23

(34)

enti ai cittadini; si punta ad introdurre e implementare quegli strumenti aziendali poco utilizzati dalla normativa italiana, ma fondamentali per poter fare un passo in avanti come: performance integrate, organi di accompagnamento e supporto, customer satisfaction , qualità dei servizi.24

C’è inoltre l'esigenza di colmare le carenze in campo aziendale, riscontrate all'interno degli ambienti pubblici, attraverso una più specifica definizione degli strumenti esistenti e del collegamento tra gli stessi.

I diversi portatori di interesse rappresentano parte integrante della catena del valore delle amministrazioni pubbliche e vengono, inseriti nei diversi processi. In questo modo, ad esempio, i dipendenti pubblici diventano i principali attori del processo riformatore, condividendo e adottando i diversi valori; i cittadini e gli utenti dei servizi erogati si trasformano in soggetti che, avendo accesso ai risultati, esercitano pressione sul raggiungimento dei risultati pianificati e degli outcome dell’azione pubblica.

La normativa, come detto in precedenza, nasce dall’esigenza di introdurre un cambiamento radicale nel settore del lavoro Pubblico, la quale è una grande azienda che produce beni e servizi fondamentali per il cittadino, ora nelle vesti di cliente finale.

Proprio per attenuare questo malcontento dei cittadini il decreto, innanzitutto, è intervenuto sulla disciplina degli incarichi dirigenziali, per togliere l’idea comune che non ci sia meritocrazia nelle amministrazioni statali.

Il legislatore, infatti, consapevole delle criticità emerse in passato nella gestione degli incarichi dirigenziali e della situazione di precarietà della dirigenza, ha voluto porre dei limiti alla discrezionalità dei vertici politici nella scelta dei dirigenti cui conferire gli incarichi mediante l’introduzione di criteri da rispettare per l’attribuzione degli stessi.

La riforma, infatti, prova a limitare lo “spoil system" esclusivamente sul lato degli incarichi dirigenziali, incentrandosi sulla procedura per l’affidamento e revoca degli

E’ la percezione del cliente che il sistema di offerta di un’azienda ha raggiunto o superato le

24

proprie aspettative relativamente all’insieme di benefici e costi per lui rilevanti ai fini dell’acquisto e della fruizione di quel sistema offerto.

(35)

incarichi, il cui scopo è, appunto, quello di evitare scelte dettate solo dalla fiducia . 25

Venendo ai concetti chiave presenti all’interno del testo di legge, questi, possono essere ricondotti ad alcune fondamentali macro-aree sono la valutazione dei risultati, alla premialità e alla trasparenza.

Una delle principali difficoltà della P.A. Italiana attiene alla insufficiente attività di misurazione della performance e al successivo mancato utilizzo dei dati che emergono dal processo di misurazione; ciò è dovuto in parte alla costruzione di sistemi di misurazione non idonei allo scopo, in quanto non rispondenti ai canoni della “validità”, “legittimità” e “funzionalità” .26

Per giungere ai giusti risultati, è evidente come il momento della valutazione debba porsi quale parte integrante di un processo continuo ed essere un valido strumento per mettere a conoscenza il lavoratore delle aspettative che l’amministrazione ha nei suoi confronti.

Non esistono modelli di valutazione validi per tutte le strutture in modo assoluto, ciascuna amministrazione deve adottare le tecniche più adeguate in base alle proprie caratteristiche organizzative, alle proprie funzioni e obiettivi nonché in base ai contenuti professionali del personale.

A questo proposito, la Riforma Brunetta cerca di intervenire allo scopo di migliorare la qualità della misurazione dei risultati, infatti, si rende necessario ampliare l’oggetto della misurazione, troppo spesso incentrato sulla dimensione degli input, ovverosia delle risorse finanziarie raccolte e spese da ogni ente.

Alla luce delle richiamate esigenze del settore pubblico italiano, la legge si pone l’obiettivo di delineare un efficace processo di misurazione utile a valutare e, quindi, a premiare il merito.

Altro elemento cardine della riforma è rappresentato dalla trasparenza, infatti nel corso dei vari processi di modifica che hanno interessato le pubbliche

L.Olivieri, “Il nuovo ordinamento del lavoro pubblico. Il d.lgs. 150/2009 commentato dopo la

25

manovra Monti”, Edizione Maggioli, pag.12, 2012.

G.Bouckaert, “Measurement and meaningful management”, Public Productivity and Management

26

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