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Cistite pseudomembranosa: aspetti clinici ed ecografici

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

“Cistite pseudomembranosa: aspetti clinici ed

ecografici”

Candidato: Camilla Madarena

Relatore: Prof.ssa Simonetta Citi

Correlatore: Dott.ssa Tina Pelligra

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Alla Mia Famiglia

Tutta La Mia Vita

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3 INDICE Riassunto ... 5 Abstract ... 5 PARTE GENERALE ... 6 Introduzione ... 7 Eziopatogenesi ... 9 Segni clinici ... 12 Riscontri diagnostici... 14 Cistite batterica ... 15

Cistite batterica sporadica ... 16

Cistite batterica ricorrente ... 17

Linee guida ISCAID (International Society for Companion Animal Infectious Diseases) ... 18

Cistite batterica sporadica ... 19

Diagnosi ... 19

Trattamento ... 20

Cistite batterica ricorrente ... 22

Diagnosi ... 22

Trattamento ... 24

Follow-up ... 25

Prevenzione ... 25

Infezioni non batteriche del tratto urinario... 26

Infezioni fungine del tratto urinario ... 27

Infezioni virali del tratto urinario ... 28

Complicanze delle infezioni batteriche del tratto urinario ... 30

Cistite Polipoide... 30

Cistite enfisematosa ... 31

Urolitiasi di fosfato d'ammonio magnesiaco (struvite) ... 31

Pielonefrite ... 32

Cistite Pseudomembranosa ... 33

Ecografia e semeiotica della cistite pseudomembranosa ... 41

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4 INTRODUZIONE ... 47 MATERIALI E METODI ... 48 Criteri di inclusione ... 48 Esame ecografico ... 48 Esame urine ... 50 Esami ematici ... 50 Terapia ... 50 Follow up ... 51 RISULTATI ... 52 Esame ecografico ... 53 Esami ematici ... 62 Profilo Biochimico ... 63

Esame delle urine ... 63

Urinocoltura ... 64

Clinica ... 66

DISCUSSIONE ... 70

CONCLUSIONI ... 75

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RIASSUNTO

La cistite batterica è una condizione infiammatoria in cui segni clinici aspecifici (pollachiuria, disuria, stranguria, ematuria) si accompagnano a un riscontro oggettivo di ematuria, piuria e/o proteinuria all’esame dell’urina e del sedimento urinario. Una corretta gestione terapeutica dell’infezione è importante nella prevenzione delle complicanze. Se la cistite va incontro a cronicizzazione (per infezioni persistenti/ricorrenti, o trattamento non adeguato) può, infatti, portare a forme più complesse, tra cui la cistite pseudomembranosa, una complicanza molto rara in cui i segni clinici classici si accompagnano ad un quadro istopatologico caratteristico caratterizzato da ulcerazione estesa della parete vescicale con formazione di abbondante essudato fibrinoso, liberazione di tessuto necrotico e coaguli ematici. Tutto ciò si traduce in un quadro ecografico singolare rappresentato da ispessimento parietale diffuso e dalla presenza di molteplici setti iperecogeni che compartimentalizzano il lume vescicale. Ciononostante, tale condizione è poco descritta in medicina veterinaria e la sua gestione clinica ancora controversa. In questo studio si riporta l’esperienza del reparto di Diagnostica per Immagini del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell'Università di Pisa ed i risultati ottenuti in un'analisi retrospettiva monocentrica eseguita su 23 pazienti con riscontri ecografici riconducibili a cistite pseudomembranosa.

Parole chiave: cane, gatto, cistite pseudomembranosa, ecografia, antibiotici, chirurgia

ABSTRACT

Bacterial cystitis is an inflammatory condition in which nonspecific clinical signs (pollakiuria, dysuria, stranguria, hematuria) are accompanied by an objective finding of hematuria, pyuria and/or proteinuria upon examination of urine and urinary sediment. Proper therapeutic management of the infection is important in the prevention of complications. If cystitis becomes chronic (due to persistent/recurrent infections, or inadequate treatment) it can, in fact, lead to more complex forms, including pseudomembranous cystitis, a very rare complication in which the classic clinical signs are accompanied by characteristic histopathological findings represented by extensive ulceration of the bladder wall and the formation of abundant fibrinous exudates, with the release of necrotic tissue and blood clots. All this translates into peculiar ultrasound findings of diffuse parietal thickening and multiple hyperechoic septa that compartmentalize the bladder lumen. Nevertheless, this condition is poorly described in veterinary medicine and its clinical management is still controversial. This study reports the experience of the Diagnostic Imaging Section of the Department of Veterinary Sciences of the University of Pisa and the results obtained in a single centre retrospective analysis performed on 23 patients with ultrasound findings attributable to pseudomembranous cystitis.

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PARTE GENERALE

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Introduzione

Quando si verifica una diminuzione (temporanea o permanente) dei meccanismi di difesa dell’ospite che permette ad un numero sufficiente di batteri (ma anche virus o funghi) di aderire, moltiplicarsi e persistere in un settore del tratto urinario, si sviluppa un’infezione delle vie urinarie (UTI). Questa infezione può prevalere in una singola sede e portare a pielonefrite (rene), ureterite (uretere), cistite (vescica), uretrite (uretra), prostatite (prostata), vaginite (vagina), oppure può presentarsi in due o più distretti (Pressler e Bartges, 2016). La conoscenza del distretto infetto è importante per determinare il tipo di prescrizione e la durata del trattamento antibiotico, fornire raccomandazioni per il monitoraggio futuro e individuare eventuali ulteriori indicazioni necessarie per il trattamento (per es. in cani maschi con la prostatite da sterilizzazione). Non sempre però le UTI producono obbligatoriamente segni clinici.

L’incidenza delle UTI batteriche è diversa nelle specie. Le UTI batteriche colpiscono meno comunemente i gatti rispetto ai cani; infatti, una percentuale inferiore al 10% di gatti con segni di malattia del tratto urinario inferiore ha una coltura urinaria aerobica positiva nei campioni raccolti mediante cistocentesi (Pressler e Bartges, 2016). Questa patologia varia anche con l’età con un’incidenza crescente al suo aumentare (si verifica più spesso in gatti con età superiore ai 10 anni). Nei cani invece si stima che le UTI batteriche interessino il 14% di tutti i cani nel corso della loro vita, con una percentuale maggiore in quelli di sesso femminile. Molto meno comuni rispetto alle UTI batteriche sono le UTI fungine che rappresentano meno dell’1% di tutte le UTI nei cani e nei gatti e meno del 2% delle UTI ricorrenti o resistenti nei cani. Per quanto riguarda le UTI virali non si conosce la loro prevalenza ma si pensa che le patologie delle vie urinarie inferiori del gatto abbiano questa eziologia (Pressler e Bartges, 2016).

In generale le UTI devono essere trattate con agenti antimicrobici; tuttavia lo stato di difesa dell’ospite è importante nel loro sviluppo. La patogenesi sembra, infatti, essere rappresentata dalla perdita dell’equilibrio tra l’agente infettivo uropatogeno e la resistenza dell’ospite. Lo stato del meccanismo di difesa dell’ospite è, per quanto detto in precedenza, importante nel trattamento e nella prevenzione di queste infezioni.

Per comprendere le UTI è necessario fissare dei concetti generali. Si definisce UTI l’aderenza, moltiplicazione e persistenza di un agente infettivo a livello dell’apparato urogenitale. Questa infezione può avvenire per infezioni ascendenti, conseguentemente a contaminazioni dei genitali esterni da parte di microrganismi fecali o cutanei, oppure coinvolgere batteri normalmente

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8 presenti nel tratto distale urogenitale (Pressler e Bartges, 2016). Molti processi patologici provocano segni clinici come disuria, pollachiuria o ematuria accompagnati da un riscontro oggettivo di ematuria, piuria e/o proteinuria all’esame dell’urina (dipstick) e del sedimento urinario. Queste condizioni da sole o in associazione tra loro non indicano né la sede del processo morboso nel settore dell’apparato urogenitale né l’eziologia. Altri definizioni generali che è importante chiarire per meglio comprendere le UTI sono:

 La microbiuria; ovvero la presenza di microrganismi (comunemente batteri) nelle urine.  La batteriuria; è un termine più specifico rispetto al precedente ed identifica la presenza di

batteri nelle urine, che può derivare dalla contaminazione del campione. Questa contaminazione può essere dovuta alla metodica di raccolta dell’urina, oppure essere successiva alla raccolta. Nelle suddette circostanze il numero di batteri è generalmente basso così come il numero di leucociti riscontrati all’esame del sedimento urinario (Pressler e Bartges, 2016). Per questi motivi è importante sottolineare come la presenza di batteri nell’urina non indica necessariamente una UTI, che deve essere associata ad una batteriuria significativa che dipende dalla specie (cane o gatto) e dal metodo di raccolta (Tabella 1).

Tabella 1

Interpretazione dell'urocoltura quantitativa nel cane e nel gatto* (da Pressler e Bartges, 2016)

Tipo di campione

Significativo Sospetto Contaminante

cane gatto cane gatto cane gatto

Cistocentesi ≥ 1000 ≥ 1000 100-1000 100-1000 ≤ 100 ≤ 100 Cateterizzazione ≥ 10.000 ≥ 1000 1000-10.000 100-1000 ≤ 1000 ≤ 100 Flusso minzionale centrale ≥ 100.000† ≥ 10.000 10.000-90.000 1000-10.000 ≤ 10.000 ≤ 1000 Compressione manuale ≥ 100.000† ≥ 10.000 10.000-90.000 1000-10.000 ≤ 10.000 ≤ 1000

*I valori sono espressi in unità formanti colonie per millilitro di urina (UFC/ml). Si tratta di

dati generali. Occasionalmente le UTI batteriche si possono individuare anche se i microrganismi sono più scarsi (ovvero nei casi di falsi negativi).

Poiché il livello di contaminazione dei campioni del flusso minzionale centrale possono

presentare valori di 10.000 UFC/ml o superiori (cioè, falsi positivi), evitarne l'impiego nelle colture diagnostiche di routine.

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9 Si definisce, invece, batteriuria asintomatica una batteriuria significativa che non è accompagnata da segni clinici di UTI; generalmente riscontrata in animali con sistematiche violazioni della difesa dell’ospite che causano immunodeficienza o poliuria. Questo solitamente si verifica quando queste difese sono compromesse, come in caso di patologie endocrine (quali diabete mellito o ipertiroidismo), insufficienza renale cronica e per eccesso di glucocorticoidi (Pressler e Bartges, 2016).

 La funguria; si definisce come la presenza di funghi nelle urine. Al contrario delle precedenti la presenza di questi microrganismi nell’apparato urogenitale, dove di norma non sono presenti, identifica la presenza di infezione anche in assenza di segni clinici. Alcune specie di lieviti possono abitare comunemente la mucosa genitale, la pelle ed il tratto gastrointestinale.  La piuria; questo è un termine generico che indica la presenza di leucociti nelle urine. Questa viene definita tale se si riscontrano oltre 3-5 leucociti (neutrofili) per campo in un sedimento urinario allestito su un’aliquota da 5ml di urina raccolta per cistocentesi oppure la presenza di 5-10 leucociti per campo in un sedimento urinario allestito da un’aliquota di 5ml di urina raccolta per cateterizzazione o minzione spontanea. Un’infiammazione derivante da varie altre cause di malattia del tratto urinario inferiore (per es., neoplasia) può determinare una piuria, per questo non si deve identificare la piuria come sinonimo di UTI (Pressler e Bartges, 2016).

Eziopatogenesi

Nell’eziopatogenesi della UTI possono intervenire vari fattori:

a) Normali difese dell’ospite. Come detto in precedenza le UTI derivano prevalentemente dalla migrazione ascendente di microrganismi patogeni del tratto distale urogenitale ad altre sedi sterili. I genitali esterni e l’uretra distale dei cani hanno una loro popolazione residente di batteri che generalmente inibisce l’aderenza o la moltiplicazione di questi patogeni (Barsanti, 2006). Quando si riscontra una deficienza dei meccanismi di difesa dell’ospite questi stessi batteri possono diventare uropatogeni (Tabella 2).

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Tabella 2

Batteri individuati nel tratto urogenitale di cani maschio e femmina normali (da Pressler e Bartges, 2016)

Genere Uretra distale del maschio Prepuzio Vagina Acinetobacter + + Batterioidi + Bacillo + + Citrobacter + Corynebacterium + + + Enterococcus + Enterobacter + Escherichia + + + Flavobacterium + + + Haemophilus + + + Klebsiella + + + Micrococcus + Moraxella + + Mycoplasma + + + Neisseria + Pasteurella + + Proteus + + Pseudomonas + Staphylococcus + + + Streptococcus + + + Ureaplasma + + +

I meccanismi di resistenza dell’ospite si possono suddividere in fattori di resistenza naturali intriseci e fattori di resistenza acquisiti o indotti dall’insorgenza di una UTI (Tabella 3). I meccanismi di difesa locali dell’ospite rappresentano la difesa iniziale nella prevenzione delle infezioni ascendenti; le difese sistemiche, invece, prevengono lo spostamento dei patogeni per via ematogena da e verso le vie urinarie (Osborne e Lees, 1995) . I meccanismi di difesa sembrano, inoltre, essere diversi nel caso di infezioni delle vie urinarie superiori o inferiori. Alla luce di quanto detto è utile in tutti i cani e i gatti maschi, e nei cani femmine giovani o anziane una valutazione clinica patologica e di diagnostica per immagini per identificare possibili malattie concomitanti (Pressler e Bartges, 2016).

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Tabella 3

Difese naturali e acquisite per le vie urinarie (da Pressler e Bartges, 2016) 1. Minzione normale

a. Volume urinario adeguato b. Minzione spontanea frequente c. Minzione spontanea completa d. Continenza urinaria

2. Strutture anatomiche

a. Zone ad elevata pressione uretrale b. Caratteristiche superficiali dell'urotelio c. Peristalsi uretrale

d. Secrezioni prostatiche (frazione antibatterica e immunoglobuline) e. Lunghezza dell'uretrale

f. Valvole ureterovescicali a cerniera g. Peristalsi ureterale

h. Cellule mesangiali glomerulari: possibili funzioni fagocitiche e presentanti l'antigene

i. Flusso ematico e irrorazione renale ampi 3. Barriere difensive della mucosa

a. Produzione di anticorpi

b. Strato superficiale di glicosaminoglicani

c. Proprietà antimicrobiche intrinseche della mucosa d. Esfoliazione delle cellule uroteliali

e. Interferenza batterica da parte di microbi commensali del tratto distale urogenitale f. Immunità mucosa: recettori toll-like, ecc.

4. Proprietà antimicrobiche dell'urina

a. Urine a pH estremamente alto o basso b. Iperosmolarità

c. Elevata concentrazione di urea d. Acidi organici

e. Carboidrati a basso peso molecolare f. Mucoproteine di Tamm-Horsfall

g. Peptidi di difesa dell'ospite (per es., difensine) 5. Immunocompetenza sistemica

a. Immunità cellulo-mediata b. Immunità umorale-mediata

b) Fattori microbici. E’ importante sottolineare come non tutti i microbi (soprattutto per quanto riguarda i batteri) sono patogeni. Un esempio è mostrato dall’Escherichia coli che sappiamo avere centinaia di sierotipi diversi di cui solo 20 provocano la maggior parte delle UTI batteriche. I batteri che però risultano non essere patogeni in un animale possono diventarlo

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12 in un soggetto con difese alterate (come spiegato in precedenza). La virulenza di E. coli è stata ampiamente studiata per la sua importante prevalenza come uropatogeno dell’uomo, del cane e del gatto, mentre è più scarsa la conoscenza dell’uropatogenicità di altri batteri. Un singolo uropatogeno può presentare più fattori di virulenza e l’assenza di uno di essi può non essere associata ad una diminuzione dell’uropatogenicità dello stesso (Pressler e Bartges, 2016). Ugualmente i ceppi di E. coli isolati da cani con UTI persistenti possono o meno avere uno o più fattori di virulenza e la persistenza non è correlata all’acquisizione di nuovi fattori. c) Vie di infezione. Abbiamo visto in precedenza come la maggior parte delle UTI si riscontra conseguentemente ad una migrazione dei patogeni per via ascendente attraverso l’apparato genitale all’uretra e quindi alla vescica per poi arrivare agli ureteri e da qui ad uno o entrambi i reni. Coerentemente con quanto detto i principali serbatoi di infezione sono i batteri rettali, perineali e genitali. Questo tipo di migrazione si basa principalmente sul meccanismo del moto browniano [moto disordinato di particelle sufficientemente piccole (dell’ordine del micrometro) da non sottostare alle forze di gravità, presenti in fluidi o sospensioni fluide o gassose]. L’instaurarsi di una UTI dipende dal numero e dalla virulenza dei microbi e dalla loro interazione con le difese dell’ospite (Pressler e Bartges, 2016). I microbi, infatti, non possono solo accedere alle vie urinarie ma devono anche aderire e colonizzare la superficie uroteliale. La diffusione ematogena causata da una infezione sistemica è di più raro riscontro rispetto alla via di infezione ascendente. Un’infezione ascendente dei reni può colpire il parenchima renale (nefrite) ma più frequentemente interessa la pelvi renale (pielonefrite). Modelli di laboratorio di pielonefrite suggeriscono che una ostruzione urinaria o traumi possano aumentare il rischio di diffusione ematogena del tratto urinario interferendo con la microcircolazione renale. Inoltre, un’ostruzione uretrale o una qualunque causa di cistite può determinare un reflusso vescico-uretrale, e conseguentemente la disseminazione dell’urina nella pelvi renale (Pressler e Bartges, 2016). Segni clinici

Le UTI che colpiscono cani e gatti possono anche essere asintomatiche. I segni clinici della patologia sono variabili e dipendono:

 Dall’interazione di virulenza;  Dal numero di uropatogeni;

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13  Dalla risposta compensatoria dell’organismo all’infezione;

 Dalla durata dell’infezione;

 Dalla sede(i) interessate dall’infezione (Tabella 4).

Tabella 4

Alterazioni che consentono di individuare le infezioni delle vie urinarie (da Pressler e Bartges, 2016) Sede dell'infezione Anamnesi Riscontri dell'esame clinico Riscontri di laboratorio Indagini di diagnostica per immagini Vie urinarie inferiori Disuria, pollachiuria Incontinenza da urgenza

Segni di alterazione del riflesso del detrusore (incontinenza da traboccamento, elevato volume residuo) Ematuria macroscopica alla fine della minzione Urine torbide con odore caratteristico

Assenza di segni sistemici

Cateterizzazione o cistotomia recente

Vescica piccola, dolente, ispessita

Masse palpabili in uretra o vescica Flaccidità della parete vescicale, elevato volume residuo Riflesso alla minzione alterato

± Palpazione di uroliti

CBC (esame

emocromocitometrico completo): normale Analisi delle urine: piuria, ematuria, proteinuria, batteriuria Urocoltura: batteriuria significativa

Reni nella norma Alterazioni strutturali delle vie urinarie inferiori ± Urocistoliti e/o ureteroliti ± Ispessimento della parete vescicale e irregolarità della mucosa ± Cistite enfisematosa Vie urinarie superiori Poliuria, polidipsia ± Segni di infezione sistemica ± Insufficienza renale ± Alterazioni individuali

± Febbre e altri segni di infezione sistemica ± Dolore addominale (renale)

Rene(i) nella norma o ipertrofici

CBC: ± leucocitosi Analisi delle urine: piuria, ematuria, proteinuria, batteriuria, leucociti o cilindri granulari Alterazioni nella concentrazione urinaria ± Azotemia e altri riscontri di insufficienza renale Renomegalia ± Alterazioni nella forma del rene ± Nefroliti, ureteroliti ± Dilatazione pelvica renale, dilatazione dei diverticoli pelvici ± Evidenza di ostruzione dell'efflusso Prostatite acuta o ascesso prostatico Scolo uretrale indipendente dalla minzione Segni di infezione sistemica ± Riluttanza a urinare o defecare

± Febbre e altri segni di infezione sistemica ± Prostata e/o addome dolete

± Prostatomegalia o asimmetria prostatica

CBC: ± leucocitosi Analisi delle urine: piuria, ematuria, proteinuria, batteriuria Citologia prostatica: infiammazione e infezione ± Bordi craniali prostatici indistinti ± Prostatomegalia ± Cisti prostatiche ± Reflusso del mezzo di contrasto nella prostata Prostatite

cronica

Infezioni ricorrenti delle vie urinarie Scolo uretrale indipendente dalla minzione ± Disuria Spesso assenza di alterazioni rilevabili ± Prostatomegalia o asimmetria prostatica CBC: normale Analisi delle urine: piuria, ematuria, proteinuria, batteriuria ± Prostatomegalia ± Cisti prostatiche ± Mineralizzazione prostatica

Si possono riscontrare pollachiuria, stranguria, disuria e minzione inappropriata. Per quanto riguarda l’interessamento delle vie urinarie superiori gli animali possono mostrare dolore

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14 localizzato a uno o entrambi i reni, ematuria, poliuria, setticemia o insufficienza renale. Nelle UTI associate a fattori predisponenti (per es., endocrinopatie o neoplasie della vescica) predomina la clinica associata a questa condizione. L’incontinenza urinaria può essere osservata nella UTI bassa, causata probabilmente della iperriflessività indotta dall’infiammazione del detrusore e/o dalla uretrite. Non bisogna mai escludere, in animali d’affezione con incontinenza urinaria prima del tempo di una (possibile) infezione, la possibilità di avere ureteri ectopici, incompetenza del meccanismo dello sfintere uretrale o incontinenza da eccessiva emissione derivante da una malattia neurologica o da una poliuria, che predispongono allo sviluppo di una UTI batterica (Pressler e Bartges, 2016).

Anomalie causate direttamente dalla UTI non sono frequenti. Saltuariamente si può presentare uno scolo purulento dai genitali esterni, soprattutto in cani di sesso femminile. Animali con UTI sospette o confermate devono essere studiati approfonditamente per valutare eventuali fattori predisponenti a livello dei genitali esterni. Nei cani di sesso femminile si possono riscontrare anomalie anatomiche della vulva, grave dermatite peri-vulvare o stenosi vaginale che possono accentuare il rischio di UTI; in presenza di soggetti con infezione ricorrente è importante effettuare esami vaginali manuali. Un crescente rischio di UTI si riscontra anche in gatti maschi con uretrotomie perineali (Pressler e Bartges, 2016).

Riscontri diagnostici

Per quanto riguarda i risultati di laboratorio in corso di UTI, le infezioni che non sono ascendenti verso i reni non comportano un alterazione dell’esame emocromocitometrico completo (CBC) o del profilo ematochimico; se, al contrario, si riscontrano delle variazioni, queste sono probabilmente riferibili ad un processo morboso sistemico concomitante che ha predisposto all’instaurarsi di una infezione (Pressler e Bartges, 2016). In cani e gatti che invece presentano una pielonefrite si possono riscontrare dei cambiamenti clinico patologici accordabili con una setticemia – con il riscontro di una deviazione a sinistra e leucocitosi – o una insufficienza renale. Per inibizione lipopolisaccaridica dell’attività ormonale antidiuretica a livello del tubulo renale, in animali con pielonefrite si può osservare anche poliuria e polidipsia nonostante un danno minimo a livello del nefrone.

Frequentemente in cani e gatti colpiti da UTI i riscontri delle indagini di diagnostica per immagini sono normali (Pressler e Bartges, 2016).

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15 Con la radiografia addominale possiamo evidenziare la presenza di uroliti, nefromegalia o ipotrofia renale o altri difetti predisponenti la UTI. Tra questi ultimi in alcuni cani si può osservare la dislocazione pelvica della vescica urinaria (anche detta vescica pelvica), che può essere associata ad incontinenza urinaria e può predisporre all’insorgenza di una UTI anche se non in tutti i cani. Ulteriore reperto riscontrabile in diagnostica per immagini è l’ispessimento diffuso della parete della vescica che possono presentare cani e gatti con altre complicanze della cistite batterica cronica, tipo la cistite enfisematosa.

Ancora più sensibile rispetto la sola radiografia addominale, anche se più invasiva, è la

radiografia con mezzo di contrasto, eseguita quando all’esame radiografico in bianco non si

riscontrano alterazioni. Si usano due diverse tecniche per valutare le vie urinarie superiori o inferiori. Nella valutazione delle vie urinarie superiori è possibile ricorrere a urografia discendente mentre per le vie urinarie inferiori si preferisce l’utilizzo di cistouretrografia con mezzo di contrasto, cistografia a doppio contrasto e vaginouretrografia (Pressler e Bartges, 2016).

L’ecografia è generalmente utilizzata per valutare l’architettura della maggior parte del tratto urinario, ma con questa tecnica non è possibile visualizzare l’uretra pelvica.

La cistoscopia, infine, può mettere in evidenza superfici della mucosa vescicale lisce, “rigonfiamenti” mucosi in rilievo che sono presumibilmente follicoli linfoidi e/o difterici, friabili o emorragici. L’utilizzo di questa tecnica non è esente da svantaggi che comprendono il requisito dell’anestesia generale per eseguire la procedura, un possibile trauma al tratto urogenitale inferiore e conseguentemente anche contaminazione, nonché la difficoltà di eseguire la procedura in alcuni animali, soprattutto nei gatti maschi. Inoltre, la cistouretroscopia richiede l’insufflazione della vescica con soluzione fisiologica che può, teoricamente, causare un reflusso vescicouretrale e quindi, pielonefrite. Per ovviare a questo problema si preferisce, se possibile, tentare la risoluzione della UTI prima di eseguire la cistoscopia (Pressler e Bartges, 2016).

Cistite batterica

In passato, la definizione di UTI “semplice non complicata” o “complicata” è stata utilizzata per descrivere la cistite batterica in cani e gatti (Weese et al., 2011); tuttavia, mancava una chiara comprensione del significato di tali categorie. Inoltre, a differenza degli esseri umani in cui le infezioni del tratto urinario non complicate sono comunemente identificate in alcune popolazioni

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16 (in particolare donne giovani, sane e sessualmente attive), non è chiaro se la malattia “non complicata” si manifesti veramente nei cani o se vi sia un fattore di rischio sottostante nella maggior parte dei casi. Nonostante l'importanza di questa condizione, mancano dati con livello di evidenza elevato sul suo eventuale trattamento antimicrobico (Jessen et al., 2015).

Nei gatti, invece, la cistite batterica è stata spesso definita come una UTI "complicata" a causa della frequente presenza di comorbidità e dell'aumentata incidenza nei gatti anziani. Tuttavia, la presenza di comorbidità non implica di per sé un'infezione più complicata e non ci sono prove che suggeriscano che la cistite batterica che si manifesta sporadicamente sia più "complicata" da gestire nei gatti che nei cani. La considerazione più importante quando ci si avvicina a un felino con evidenza di segni del tratto urinario inferiore (LUTS) è la consapevolezza che la maggior parte dei gatti (in particolare i gatti giovani) con LUTS non ha cistite batterica (Buffington et al., 1997; Lekcharoensuk et al., 2001; Sævik et al., 2011); la cistite idiopatica felina o urolitiasi è molto più comune in questa popolazione. È necessaria un'attenzione particolare per confermare la diagnosi ed evitare un trattamento eccessivo con antimicrobici in soggetti con condizioni non batteriche.

Nel 2019 l’International Society for Companion Animal Infectious Diseases (ISCAID) ha effettuato una revisione ed ampliamento delle linee guida per la diagnosi e la gestione delle infezioni batteriche del tratto urinario in cani e gatti (Weese et al., 2019). Nel documento, la precedente suddivisione tra UTI “semplice non complicata” o “complicata” è stata sostituita dalla classificazione in cistite batterica sporadica e ricorrente.

Cistite batterica sporadica

La cistite batterica sporadica ("UTI semplice non complicata") è una condizione comune nei cani e occasionalmente riscontrata nei gatti, in cui un'infezione batterica della vescica provoca infiammazione e segni clinici corrispondenti (pollachiuria, disuria, stranguria, ematuria o una combinazione di questi segni). Il termine di cistite sporadica è stato anche utilizzato per descrivere l’infezione in:

1. femmine sane non gravide o maschi castrati, mentre sembra essere rara nei cani maschi integri in cui la prostatite batterica deve essere considerata in presenza di segni delle basse vie urinarie;

2. animali che non presentano anomalie anatomiche e funzionali del tratto urinario o comorbidità rilevanti (ad esempio endocrinopatie, malattia del disco intervertebrale);

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17 3. animali che hanno avuto meno di tre episodi noti o sospetti di cistite batterica nei 12 mesi

precedenti.

Tuttavia, gli animali con anomalie del tratto urinario o comorbidità possono sviluppare cistite sporadica e non necessariamente essere a rischio sostanzialmente aumentato di complicanze o recidive o avere infezioni più difficili da trattare.

Cistite batterica ricorrente

In medicina umana, la cistite batterica recidivante implica una diagnosi di tre o più episodi di cistite batterica clinicamente accertata nei 12 mesi precedenti, o due o più episodi nei 6 mesi precedenti (Arnold et al., 2016a, 2016b; Foxman, 1990). Questa definizione è stata adottata anche in medicina veterinaria. La cistite ricorrente può derivare da un'infezione ricorrente o persistente, o da una reinfezione. Una corretta valutazione della causa scatenante rappresenta un momento fondamentale nella gestione clinica delle recidive, in quanto può essere utile per determinare il piano diagnostico (ad es. valutazione di un focolaio di infezione, motivazioni alla base di un’aumentata suscettibilità a infezioni ripetute).

Come detto in precedenza le infezioni provocate da E. coli sono le più comuni con una frequenza da un terzo alla metà dei microrganismi isolati nelle urine. Subito dopo l’E. coli la seconda categoria per importanza degli uropatogeni è quella dei Gram-positivi. Stafilococchi, streptococchi ed enterococchi costituiscono da un quarto a un terzo degli organismi isolati. Il restante quarto o terzo di UTI batteriche è provocato da Proteus, Klebsiella, Pasteurella, Pseudomonas e Corynebacterium. I batteri che provocano le UTI sono simili nel cane e nel gatto; i gatti possono essere infettati con un unico ceppo di Staphylococcus (S. felis). Il ruolo del Mycoplasma spp. o Ureaplasma spp. nelle UTI dei cani e dei gatti non è, invece, chiaro. Questo è stato isolato dall’urina di cani con segni clinici di UTI con una presenza inferiore al 5% dei campioni; anche nei gatti l’associazione con la patologia è controversa. Generalmente nelle UTI batteriche dei cani, e con frequenza simile nei gatti, viene isolato un singolo batterio patogeno (75%), meno frequentemente sono riscontrate co-infezioni causate da due (20%) o tre (5%) specie.

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Linee guida ISCAID (International Society for Companion Animal Infectious Diseases)

per la diagnosi e la gestione delle infezioni batteriche del tratto urinario in cani e gatti

Dato che le infezioni batteriche delle vie urinarie sono una causa comune di morbilità nei cani e nei gatti, esse rappresentano una delle principali motivazioni per la prescrizione di terapia antibiotica. Questa, se inappropriata, può a sua volta causare una serie di problemi correlati non solo alla salute dell’animale (ad es. inefficacia terapeutica, sviluppo di resistenza antimicrobica), ma anche di tipo economico (ad es. necessità di trattamenti ripetuti o prolungati), di salute pubblica (come nel caso della resistenza antimicrobica) e dal punto di vista di regolamentazione (ad es. uso di antimicrobici).

Nella medicina umana, esistono numerose linee guida nazionali o internazionali sull'uso di antimicrobici sviluppate con l’intento specifico di fornire al clinico una guida per la gestione di varie malattie infettive – incluse le infezioni del tratto urinario (UTI) – (Nicolle et al., 2005; Warren et al., 1999) e la cui implementazione a livello ospedaliero migliora significativamente le pratiche di prescrizione, da sole o come parte di un più ampio programma di gestione antimicrobica (Deuster et al., 2010; Metjian et al., 2008; Toth et al., 2010).

Anche in ambito veterinario si è sentita l’esigenza di redigere delle linee guida specifiche; tuttavia ci si è ben presto accorti della scarsità di dati oggettivi (in particolare dati con un elevato livello di evidenza come quelli ottenuti in trial clinici controllati e randomizzati) utili a guidare le raccomandazioni sul trattamento antimicrobico. Le raccomandazioni attualmente disponibili sono state pubblicate nel 2019, anno in cui l'Antimicrobial Guidelines Working Group della International Society for Companion Animal Infectious Diseases (ISCAID) ha effettuato una revisione ed ampliamento della linea guida precedente (Weese et al., 2011) basata sui progressi nel campo dalla pubblicazione della versione iniziale (Weese et al., 2019). Raccomandazioni specifiche sono state raggiunte attraverso un processo iterativo basato sui dati disponibili della medicina veterinaria e umana. A seguito di questo processo, la bozza delle linee guida è stata sottoposta a un gruppo di esperti per ulteriori commenti, discussione e approvazione finali. Eventuali opinioni dissenzienti hanno portato a ulteriori discussioni da parte del gruppo di lavoro.

Come per tutte le linee guida, queste dovrebbero essere interpretate come raccomandazioni generali – non come standard di cura – coerenti con la buona pratica clinica e appropriate per la maggior parte dei casi, ma che non possono comprendere l'ampia gamma di situazioni che si riscontrano nella pratica clinica. Piuttosto, dovrebbero essere considerati la base del processo

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19 decisionale, sempre tenendo in considerazione l’eventuale indicazione ad approcci diversi o aggiuntivi, o la presenza di differenze regionali (ad es. tassi di resistenza antimicrobica, disponibilità antimicrobica, regolamenti di prescrizione).

Allo scopo specifico di questo elaborato, prenderemo brevemente in esame le indicazioni ISCAID per la diagnosi e la gestione della cistite in cani e gatti.

Cistite batterica sporadica Diagnosi

La diagnosi clinica di cistite batterica sporadica si basa sulla presenza di sintomi del tratto urinario inferiore (LUTS), idealmente accompagnati da segni concomitanti a sostegno di un’infezione batterica (ad es. ematuria, piuria, batteriuria citologicamente evidente), e dal risultato dell’urinocoltura. L'esame delle urine (dipstick, gravità specifica delle urine ed esame citologico del sedimento) deve essere eseguito in tutti i casi sia per fornire prove a supporto sia per rilevare potenziali co-morbidità (ad es. glicosuria, cristalluria, ecc.). L'urinocoltura batterica aerobica è l’esame da preferire in tutti i casi di sospetta cistite batterica, ma la terapia empirica al posto della coltura può essere giustificata nei cani con sospetta cistite sporadica, in particolare negli animali con una precedente esposizione antimicrobica limitata, o in situazioni in cui i probabili agenti patogeni e modelli di suscettibilità siano prevedibili. Nei gatti, la diagnosi di cistite batterica deve essere confermata in tutti i casi da urinocoltura batterica aerobica a causa della bassa probabilità di cistite batterica nei gatti con LUTS. I campioni per l’urinocoltura devono essere raccolti mediante cistocentesi a meno che non vi sia una controindicazione (eventualità rara in animali con cistite sporadica) o si prevedano difficoltà significative nella raccolta del campione (ad es. da un cane grande e patologicamente obeso). La guida ecografica facilita la raccolta del campione mediante cistocentesi e offre anche l'opportunità di valutare la vescica per la presenza di anomalie come uroliti o masse. Se i campioni non possono essere processati immediatamente, devono essere refrigerati e processati per la coltura entro 24 ore dalla raccolta (Patterson et al., 2016).

La coltura dei campioni da minzione spontanea deve essere eseguita solo quando la cistocentesi è controindicata, data l’alta possibilità di falsi positivi o falsi negativi, e dovrebbe essere eseguita entro poche ore dalla raccolta (Sørensen et al., 2016). Nel caso di campioni da minzione spontanea bisogna sempre effettuare una valutazione quantitativa della:

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20 b) specie del batterio identificato (ad es. isolamento di uropatogeni comuni come

Enterobacteriaceae o stafilococchi coagulasi positivi) c) presenza di crescita pura.

Criteri simili dovrebbero essere applicati in caso di campioni raccolti tramite catetere urinario appena posizionato; tuttavia, i dati a disposizione sono insufficienti a fornire indicazioni univoche.

Infine, le linee guida raccomandano di prendere sempre in considerazione le potenziali co-morbidità (ad es. endocrinopatie, obesità, anomalie congenite del tratto urogenitale, patologie prostatiche, tumori vescicali, urolitiasi, terapie immunosoppressive concomitanti, fistole rettali, ecc.), anche se l’esecuzione di estesi test diagnostici non è generalmente indicata in risposta a un singolo episodio di cistite sporadica.

Trattamento

Nei cani, la decisione di iniziare la terapia antibiotica in attesa dei risultati dell’urinocoltura è alquanto ragionevole, mentre nei gatti il trattamento antibiotico dovrebbe essere sospeso in attesa del risultato dell'urinocoltura aerobica, per evitare l'uso non necessario di antimicrobici. Tuttavia, considerato che i segni clinici rappresentano la manifestazione di uno stato infiammatorio vescicale, si può prendere in considerazione la prescrizione di un ciclo iniziale di analgesici (ad es. FANS) e l'aggiunta di antimicrobici 3-4 giorni dopo se i segni clinici persistono o peggiorano. Tale atteggiamento trova fondamento in alcune osservazioni cliniche derivate dalla medicina umana – ed applicabili alla cistite spontanea in cani e gatti – che gli analgesici da soli possono avere un’efficacia sovrapponibile a quella degli antimicrobici in casi non complicati (Bleidorn et al., 2016; Gágyor et al., 2015). Indipendentemente da ciò, i FANS (da usare con cautela nei gatti) dovrebbero essere considerati durante il periodo iniziale di trattamento per migliorare la sintomatologia.

Per quanto riguarda le scelte empiriche ottimali, queste variano in base al patogeno e ai modelli di resistenza nel territorio. In generale, i dati di sorveglianza sui modelli di suscettibilità ai patogeni e sulla risposta clinica rappresentano un valido ausilio per guidare la terapia empirica ottimale. Se l'incidenza attesa del fallimento del trattamento per un dato antimicrobico aumenta, si deve prendere in considerazione un antimicrobico alternativo. Tuttavia, è necessario prestare attenzione quando si interpretano dati potenzialmente distorti, come i dati colturali ottenuti prevalentemente da campioni presentati da animali con cistite refrattaria o ricorrente.

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21 In generale, l'amoxicillina rappresenta una prima scelta ragionevole nella maggior parte delle regioni: se non prontamente disponibile, l'uso dell’associazione amoxicillina/ acido clavulanico è comunque ragionevole. Mancano, al momento, evidenze sperimentali sull’efficacia dell’acido clavulanico, che potrebbe non essere necessario (anche nelle infezioni da batteri produttori di beta-lattamasi) a causa delle elevate concentrazioni di amoxicillina che si ottengono nelle urine. Altre opzioni di primo livello sono rappresentate dall’associazione trimetoprim-sulfonamidi (trimetoprim-sulfadiazina, trimetoprim-sulfametossazolo), anche se possono associarsi ad una maggiore incidenza di eventi avversi, peraltro poco comuni con brevi cicli di terapia.

La nitrofurantoina, i fluorochinoloni e le cefalosporine di terza generazione devono, invece, essere riservati a quei casi di cistite sporadica in cui l’amoxicillina (con o senza acido clavulanico) o l’associazione trimetoprim-sulfonamide siano controindicati, sia sulla base dei risultati dell’urinocoltura e dei test di sensibilità sia per fattori legati al paziente. Questi farmaci, se pur efficaci, non sono solitamente necessari e il loro uso negli animali è sotto esame a causa delle preoccupazioni riguardanti il possibile sviluppo di antibiotico-resistenza o altre motivazioni di salute pubblica. Inoltre, la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha scoraggiato l'uso di routine dei fluorochinoloni per infezioni non complicate nell’uomo a causa di eventi avversi (ad es. danni alle articolazioni, ai tendini e ai nervi) (US FDA, 2016). Pertanto, si scoraggia l’uso di fluorochinoloni nella maggior parte dei casi di cistite sporadica quando esistono altre alternative.

Per quanto riguarda l’uso di terapie aggiuntive, quali l’estratto di mirtillo rosso, o il D-mannosio), al momento attuale non esistono prove sperimentali sulla reale utilità di tali sostanze nel trattamento della cistite sporadica.

Per quanto riguarda, invece, la durata del trattamento antibiotico, la versione precedente delle linee guida ISCAID raccomandava una durata di circa 7-10 giorni, basata soprattutto su studi di medicina umana. Tale raccomandazione era, tuttavia, accompagnata dall’avvertimento che un ciclo antibiotico di durata più breve potesse essere efficace. Nel periodo intercorso tra la prima versione e la revisione del 2019, studi sui cani hanno fornito un supporto circa l'efficacia di una terapia di più breve durata e, anche se ulteriori studi sono necessari per un confronto dettagliato dei diversi antimicrobici e relativi dosaggi, allo stato dell’arte la durata raccomandata della terapia è di 3–5 giorni. In ogni caso, l'infusione di farmaci (ad es. antibiotici, antinfiammatori) nella vescica tramite catetere urinario non è raccomandata a causa della mancanza di prove di efficacia e del potenziale di infezione iatrogena, trauma da cateterizzazione o irritazione della vescica da infusi.

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22 La mancanza di risposta clinica entro 48 ore dall'avvio di antimicrobici appropriati dovrebbe richiedere ulteriori indagini per determinare se la cistite è effettivamente presente e identificare i fattori complicanti. In generale, la modifica empirica degli antimicrobici in risposta a una scarsa risposta iniziale al trattamento non è raccomandata. Se è stato documentato un fallimento clinico, è necessario determinarne la causa in quanto potrebbe essere improbabile che un farmaco diverso dia risultati migliori. Gli animali con fallimento clinico parziale o completo al trattamento devono essere riesaminati. Se i risultati della coltura iniziale indicano resistenza all'antimicrobico empirico scelto, il farmaco deve essere cambiato (a meno che non vi sia stata una buona risposta clinica). Ad eccezione di questi casi, o qualora venga documentata una scarsa compliance del proprietario, la prescrizione di un nuovo ciclo di antimicrobici in assenza di ulteriori indagini su il motivo del fallimento clinico non è raccomandato. Infine, l'analisi delle urine o l'urinocoltura post-trattamento non sono raccomandate per la cistite sporadica quando i segni clinici si sono risolti. Cistite batterica ricorrente

Diagnosi

Poiché la cistite ricorrente può essere associata a una causa sottostante (Tabella 5), l'identificazione e la gestione dei fattori di rischio e delle comorbidità è fondamentale per il successo terapeutico.

Tabella 5

Comorbidità che dovrebbero essere considerate in un cane o gatto con cistite batterica (da Weese et al, 2019)

Endocrinopatia Nefropatia Obesità

Anormale conformazione vulvare

Anomalie congenite del tratto urogenitale (es. uretere ectopico, anomalie del dotto mesonefrico) Malattia prostatica

Tumore alla vescica Cistite polipoide Urolitiasi

Terapia immunosoppressiva Fistola rettale

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23 Sebbene ciò non sia sempre possibile o gestibile in maniera efficace, è improbabile che la somministrazione ripetuta di antimicrobici possa fornire una cura a lungo termine, mentre può essere associata a resistenza antimicrobica, elevati costi di trattamento ed insorgenza di eventi avversi agli antimicrobici utilizzati. L’esecuzione di imaging diagnostico, ecografia o, eventualmente, cistoscopia possono essere presi in considerazione per indagare l’eventuale presenza di comorbidità e ottenere una biopsia della mucosa vescicale, se clinicamente indicato. Inoltre, se i segni clinici persistono nonostante le colture urinarie negative, è possibile ottenere biopsie della mucosa vescicale durante la cistoscopia da sottoporre a coltura e/o esame istologico per valutare la presenza di infezioni vescicali profonde o altre cause. Nel primo caso, la somministrazione di antimicrobici in grado di raggiungere concentrazioni adeguate nei tessuti (ad es. fluorochinoloni, cefalosporine, trimetoprim-sulfonamidi) può essere di beneficio, ma attualmente mancano prove a sostegno di questa affermazione.

Ulteriori raccomandazioni ai fini diagnostici presenti nelle linee guida ISCAID sono:

1. La coltura delle urine (idealmente da un campione raccolto tramite cistocentesi) dovrebbe essere eseguita in tutti gli animali con cistite ricorrente.

2. La prescrizione ripetuta di antimicrobici a pazienti che non hanno risposto completamente in passato, senza l'esplorazione delle cause sottostanti, dovrebbe essere evitata. È necessario stabilire un piano diagnostico per ogni animale con cistite ricorrente.

3. Se l'agente patogeno isolato dall'animale con infezione ricorrente è diverso dai precedenti organismi isolati, è probabile una reinfezione e dovrebbero essere intrapresi sforzi per identificare e affrontare eventuali fattori predisponenti.

4. Per le infezioni ricorrenti, refrattarie e persistenti, è importante essere certi che l'antimicrobico stia raggiungendo concentrazioni adeguate nella vescica per eliminare l'infezione. Deve essere eseguita una revisione dell'antimicrobico, della dose, del regime di dosaggio, del modello di suscettibilità antimicrobica dell'isolato e della compliance del cliente per determinare se è stata fornita una terapia iniziale appropriata. Se tutti tali fattori risultano adeguati, dovrebbe essere avviato l’iter diagnostico per identificare e trattare eventuali fattori predisponenti.

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24 Trattamento

Come per la cistite sporadica, anche nel caso della cistite ricorrente le linee guida 2011 raccomandavano lunghi periodi (4 settimane) di trattamento con antimicrobici (Weese et al., 2011). Tuttavia, la cistite ricorrente comprende un'ampia gamma di condizioni, da infezioni ripetute e relativamente semplici, che probabilmente rispondono rapidamente agli antimicrobici, a forme con marcata patologia vescicale che complica il trattamento, il che rende difficile stilare delle raccomandazioni generali per la durata del trattamento. In medicina umana, esistono numerose prove sperimentali a dimostrazione dell’efficacia della terapia a breve termine in entrambe le forme di cistite (Arnold et al., 2016b), tuttavia, non esistono prove su cani o gatti per sostenere o confutare tale osservazione in medicina veterinaria.

Sulla base delle linee guida ISCAID 2019, pertanto, la terapia a lungo termine non è automaticamente giustificata nei casi di cistite ricorrente, anche nei cani con comorbidità sottostanti come il diabete mellito, soprattutto in quei casi dovuti a reinfezione in cui è necessario prendere in considerazione periodi brevi (3-5 giorni). Cicli più lunghi (durata 7-14 giorni) possono essere ragionevoli nelle infezioni persistenti e potenzialmente ricorrenti, se si sospetta la presenza di fattori che inibiscono la risposta agli antimicrobici, come l'invasione della parete vescicale. In queste situazioni, dovrebbero essere evitati quei farmaci (ad esempio amoxicillina/acido clavulanico) che sono inefficaci contro Escherichia coli nei tessuti (Clinical and Laboratory Standards Institute, 2018).

Indipendentemente dalla durata ottimale, l'obiettivo principale è la cura clinica con il minimo rischio di eventi avversi (inclusa la resistenza antimicrobica) e l’eradicazione microbiologica è auspicabile ma non necessariamente realizzabile o necessaria per la risoluzione clinica a breve o lungo termine.

Come nel caso della cistite sporadica, a seconda della gravità dei segni clinici e della compliance del proprietario, il trattamento con FANS da solo potrebbe essere preso in considerazione in alternativa alla terapia empirica, in attesa dei risultati dell'urinocoltura. Nel caso in cui la scelta ricada su un antimicrobico empirico, la scelta del farmaco deve essere rivalutata non appena sono disponibili i risultati dell’urinocoltura e l’antimicrobico deve essere modificato nel caso in cui uno o più dei ceppi batterici isolati risultino resistenti al farmaco inizialmente selezionato. Tuttavia, se la cura clinica è documentata, è accettabile continuare con l'antimicrobico iniziale scelto.

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25 Follow-up

Allo stato dell’arte, la percentuale di guarigione clinica per la cistite ricorrente non è chiaramente documentata; il monitoraggio, inoltre, si basa fondamentalmente sulla risposta clinica, poiché mancano dati sulla risposta (microbiologica, citologica o ematologica) al trattamento. In generale, quando si utilizzano brevi periodi di trattamento (3-5 giorni), l’urinocoltura durante il trattamento non è raccomandata. Quando si utilizzano periodi di trattamento più lunghi, è ragionevole considerare l'urinocoltura dopo 5-7 giorni di trattamento; tuttavia, è necessario anticipare l'eventuale approccio in caso sia di positività sia di negatività. Una coltura positiva, infatti, indica la necessità di una valutazione della compliance e di ulteriori test diagnostici (non semplicemente un cambiamento nell'antimicrobico) per determinare il motivo della mancata eradicazione batterica. Un risultato negativo, invece, potrebbe essere utilizzato per determinare quando interrompere la terapia, ma non rappresenta di per sé una garanzia di cura microbiologica. L’urinocoltura – effettuata, idealmente, su campioni raccolti mediante cistocentesi – può anche essere presa in considerazione 5-7 giorni dopo la cessazione degli antimicrobici negli animali in cui è documentata la guarigione clinica, quale parte dell’iter diagnostico differenziale (ricaduta, reinfezione e infezione persistente) e per guidare potenziali test diagnostici futuri, ma non come un'indicazione della necessità di proseguire il trattamento nel caso di una positività persistente. Se la compliance del cliente è ritenuta adeguata, si dovrebbe prendere in considerazione il rinvio a uno specialista per esplorare i motivi della persistenza microbica o della rapida reinfezione.

Prevenzione

In medicina umana, è stato riportato che la profilassi antibiotica riduce i sintomi della cistite ricorrente nelle donne, sebbene i tassi di recidiva possano raggiungere il 95% una volta che gli antimicrobici sono stati interrotti (Albert et al., 2004). Uno studio recente ha evidenziato un effetto protettivo della profilassi antibiotica quotidiana in donne sane, a fronte, tuttavia, di un contemporaneo aumento della resistenza antimicrobica (Fisher et al., 2018). In medicina veterinaria, non esistono prove sperimentali di una simile efficacia, anche se una singola dose notturna di nitrofurantoina è stata utilizzata aneddoticamente nei cani per prevenire la cistite ricorrente.

Approcci alternativi per la prevenzione e il trattamento della cistite ricorrente analizzati in medicina umana e veterinaria includono l'uso di estratto di mirtillo rosso (McMurdo et al., 2009), succo di mirtillo (Stapleton et al., 2012), probiotici (Rodrigues et al., 2014; Stapleton et al., 2011),

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26 prodotti bioterapici vivi (come ceppi asintomatici di E. coli) (Darouiche et al., 2005; Hull et al., 2000; Segev et al., 2018), vaccini (Billips et al., 2009) e varie altre terapie alternative, quali la metenamina, il D-mannosio e i glicosaminoglicani somministrati per via intravescicale o orale (Mansour et al., 2014). In medicina umana, gli estratti di mirtillo rosso rappresentano l’approccio nutraceutico maggiormente investigato per prevenire le infezioni del tratto urinario nelle donne, con risultati tuttavia discordanti. Una recente meta-analisi, infatti, ha concluso che la somministrazione del prodotto a base di mirtillo rosso può ridurre il rischio di infezioni ricorrenti del tratto urinario in donne altrimenti sane, anche se sono necessari studi più ampi con un livello di evidenza più elevato (Fu et al., 2017). In medicina veterinaria, sono stati eseguiti pochi studi sui cani. In particolare, Chou et al. hanno dimostrato come l'estratto di mirtillo rosso sia in grado di impedire l'aderenza di ceppi di E. coli isolati dai cani alle cellule renali canine; nello stesso studio, sei cani con UTI ricorrente sono stati monitorati durante il trattamento con estratto di mirtillo rosso senza sviluppare recidive in un periodo di 2 mesi (Chou et al., 2016); mancava, tuttavia, una popolazione di controllo trattata con placebo. Tali dati non sono stati confermati da i risultati di uno studio prospettico randomizzato, controllato con placebo su 94 cani con ernia del disco toracolombare, in cui l'estratto di mirtillo rosso non sembra ridurre la prevalenza di batteriuria in un periodo di 6 settimane (Olby et al., 2017). I prodotti bioterapici vivi, al contrario, sembrano molto promettenti per il trattamento della cistite ricorrente: risultati preliminari sembrerebbero, infatti, riportare una risposta clinica completa (o quasi completa) in quattro cani su nove con cistite ricorrente in risposta all'instillazione di E. coli 2-12 (Segev et al., 2018).

Riassumendo, le raccomandazioni ISCAID 2019 indicano che:

1) La terapia antimicrobica profilattica per cani e gatti non è raccomandata.

2) Il trattamento con terapia a breve termine (durata di 3–5 giorni) idealmente basato su test di sensibilità è più appropriato per alleviare i segni clinici, con un focus sulla cura clinica piuttosto che microbiologica.

3) Non esistono prove sufficienti per raccomandare la somministrazione di prodotti a base di estratto di mirtillo rosso e altre terapie alternative al momento attuale.

Infezioni non batteriche del tratto urinario

Sulla base dell’eziopatogenesi, le infezioni non batteriche del tratto urinario si dividono in due grandi categorie, che saranno brevemente trattate nell’ambito di questo elaborato.

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Infezioni fungine del tratto urinario

Questa categoria di infezioni sono rare nei cani e nei gatti. La presenza di funghi nelle urine (funguria) può essere determinata da infezioni primarie del tratto urinario inferiore o può essere secondaria ad una disseminazione di questi agenti nell’urina negli animali con infezioni di tipo sistemico. I segni clinici sono aspecifici e non sono quindi distinguibili da altre cause di malattie del tratto urinario inferiore o da UTI batteriche; la diagnosi, solitamente, viene formulata mediante individuazione di elementi fungini nel corso dell’esame del sedimento urinario abituale o concentrato (Pressler e Bartges, 2016). Dopo l’identificazione di questi agenti sarebbe utile effettuare una coltura fungina specifica per riconoscere la specie infettante. Se sono presenti segni clinici sistemici concomitanti (ovvero, febbre, iperazotemia), dobbiamo pensare ad una UTI fungina secondaria.

L’agente che maggiormente ritroviamo in corso di UTI fungine secondarie è rappresentato da Candida spp., un residente commensale della mucosa genitale, delle vie respiratorie superiori e del tratto gastrointestinale dei cani e dei gatti. Le tre specie che vengono più comunemente identificate sono C. albicans (la più frequente), C. glabrata e C. tropicalis. Occasionalmente altri funghi ubiquitari come Aspergillus spp. e Cryptococcus spp. possono causare una UTI fungina primaria (Pressler e Bartges, 2016). Come si è visto in precedenza con la UTI batterica anche la UTI fungina si verifica per una temporanea o permanente rottura nella immunità sistemica o locale del tratto urinario inferiore. Le malattie concomitanti più comunemente identificate, nei due più importanti studi retrospettivi sulla UTI fungina nei cani e nei gatti, sono state il diabete mellito, le neoplasie del tratto urinario inferiore (carcinoma delle cellule di transizione, generalmente) e gli stomi del tratto urinario, comprendenti i tubi perineali (per uretrostomia prescrotale o per cistotomia). Una predisposizione alle UTI fungine (soprattutto da Candida) può essere legata anche ad altri fattori quali antibiotici o corticosteroidi somministrati per lunga durata (un mese), neoplasie non urogenitali e malattie urogenitali non da Candida. Per quanto detto in precedenza è ragionevole pensare che per il corretto trattamento delle UTI fungine dobbiamo correggere o controllare la causa o le cause predisponenti e somministrare farmaci antifungini. Nella maggior parte dei pazienti è consigliato l’utilizzo del fluconazolo come trattamento iniziale; questo per il suo alto margine di sicurezza, per la sensibilità della maggior parte dei ceppi di Candida spp. e per l’escrezione in concentrazioni elevate del farmaco attivo nell’urina. Non è comunemente usata l’amfotericina B, nonostante questa venga eliminata per via renale e raggiunga una elevata concentrazione nell’urina, a causa della somministrazione parenterale della stessa e della sua

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28 nefrotossicità (Pressler e Bartges, 2016). Possono essere utilizzati anche altri farmaci antifungini, itraconazolo e ketoconazolo, che non sono eliminati per via renale nella forma attiva. Il trattamento deve prevedere un minimo di 6-8 settimane di terapia antifungina e regolare monitoraggio durante e dopo la sospensione della terapia; trattando, quindi, sempre le UTI fungine come fossero infezioni complicate. Nel caso di mancata remissione clinica per insensibilità al fluconazolo, devono essere eseguiti nuovamente sia una coltura sia un antibiogramma. Alcuni isolati sensibili possono dare una risposta con la somministrazione intravescicale di clotrimazolo 1% o amfotericina B (Tabella 6).

Tabella 6

Protocollo intravescicale con clotrimazolo 1% per il trattamento di infezioni fungine del tratto urinario fluconazolo-resistenti nei cani e nei gatti (da Pressler e Bartges, 2016)

1. Cateterizzare e svuotare la vescica. I cateteri con palloncino sono preferiti nei cani in quanto impediscono lo svuotamento prematuro del farmaco in pazienti non anestetizzati; la maggior parte dei gatti tratterà il farmaco infuso se non verrà consentito loro l'accesso alla cassettina igienica.

2. Infondere 7,5-10 ml/kg di soluzione di clotrimazolo 1%; il volume dovrebbe essere determinato dalla palpazione della vescica durante l'infusione.

3. Il liquido dovrebbe essere trattenuto per un minimo di 15-30 minuti. 4. Ripetere l'infusione ogni 7 giorni per tre trattamenti.

5. Ripetere l'urinocoltura per i funghi 7 giorni dopo il terzo trattamento per stabilire se le infusioni aggiuntive o la terapia alternativa deve essere presa in considerazione.

6. La terapia con fluconazolo orale dovrebbe essere continuata per tutto il protocollo della infusione.

In ambito delle UTI fungine secondarie, causate dalla disseminazione degli organismi (fungini) nell’urina in pazienti con infezioni sistemiche, gli agenti più facilmente associati a questa disseminazione sono Aspergillus spp. nei cani (in particolare, nel pastore tedesco) e Cryptococcus spp. nei gatti. Questi soggetti devono essere trattati con farmaci antifungini seguendo gli standard consigliati per le infezioni sistemiche (Pressler e Bartges, 2016).

Infezioni virali del tratto urinario

Negli essere umani è ampiamente riconosciuto che i virus possono essere associati ad infezioni del tratto urinario. Un certo numero di agenti virali tra cui adenovirus, eritrovirus, herpesvirus, HIV, influenza virus e poliomavirus sono stati, infatti, associati a cistite emorragica e altri sintomi

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29 del tratto urinario inferiore in medicina umana (Sutcliffe et al., 2007). L’eziologia virale nei cani e nei gatti non è, invece, ancora molto conosciuta, anche se i virus sono stati a lungo implicati come agenti causali nell'eziopatogenesi di alcune forme di cistite idiopatica felina naturale (Fabricant, 1977; Kruger et al., 1996). Questa ipotesi è stata suggerita dall'isolamento di herpesvirus (herpesvirus bovino di tipo 4), retrovirus (FFV) e un calicivirus (feline calicivirus; FCV) dalle urine e dai tessuti ottenuti da gatti con infezioni delle basse vie urinarie (Kruger et al., 1990). Finora, però, i virus non sono stati implicati come agenti causali nella patogenesi dei disturbi del tratto urinario inferiore canino.

Le manifestazioni cliniche di UTI virali sono spesso indistinguibili da altre malattie del tratto urinario (infettive e non infettive). Sebbene le caratteristiche microscopiche delle UTI virali acute non siano state ben caratterizzate, le lesioni della vescica urinaria nei gatti con UTI indotta da calicivirus consistono in emorragie petecchiali della mucosa della vescica urinaria, ulcerazione uroteliale ed edema sottomucoso e infiammazione mononucleare (Kruger et al., 2007). Queste caratteristiche morfologiche non sono dissimili da quelle osservate nelle vesciche urinarie di un numero limitato di gatti con cistite idiopatica non ostruttiva (Lavelle et al., 2000; Reche e Hagiwara, 2001; Specht et al., 2003). Si sottolinea, tuttavia, che queste lesioni possono anche essere associate a qualsiasi processo infiammatorio e non sono patognomoniche per una diagnosi di UTI virale.

L'identificazione e la localizzazione dei virus all'interno del tratto urinario è un prerequisito essenziale per stabilire una relazione di causa-effetto dei virus con le malattie del tratto urinario. Poiché i segni clinici, i dati di laboratorio e l'esame microscopico dei tessuti non sono in grado di distinguere in modo affidabile la malattia indotta da virus da altri disturbi del tratto urinario, la diagnosi di UTI virale deve comprendere tecniche specializzate di campionamento, coltivazione e identificazione adatte a ciascun uropatogeno. L'esclusione di altre cause note di malattie delle vie urinarie superiori o inferiori dovrebbe precedere i tentativi di stabilire una diagnosi di UTI virale. In generale, i criteri diagnostici per le infezioni virali includono:

(1) isolamento e l'identificazione di agenti virali mediante test diagnostici basati sulla PCR (Murphy et al., 1999b), che consentono una rapida individuazione di molti agenti virali. Tuttavia, queste tecniche richiedono molto tempo, sono molto costose e l'urina è un substrato particolarmente difficile per l'amplificazione degli acidi nucleici (Scansen et al., 2005).

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30 (2) rilevamento e quantificazione di anticorpi virali specifici (Murphy et al., 1999b).

Il trattamento più efficace delle UTI virali risiede nella loro prevenzione attraverso l'uso di strategie di immunizzazione e pratiche di allevamento appropriate. Sebbene l'interesse per i chemioterapici antivirali e gli agenti biologici sia cresciuto notevolmente negli ultimi anni, gli agenti antivirali disponibili per l'uso clinico sono relativamente pochi e sono accompagnati da informazioni limitate sulla loro sicurezza ed efficacia (Hartmann, 2006).

Un'eccezione è rappresentata dalla somministrazione parenterale di FCV-specific antiviral phosphorodiamidate morpholino oligomers che è in grado di inibire efficacemente la replicazione del calicivirus, con ridotta diffusione virale, aumentata sopravvivenza e accelerato recupero clinico in gatti esposti a un ceppo virulento grave di FCV (Smith et al., 2008). Allo stesso modo, la somministrazione di anticorpi monoclonali chimerici anti-FCV topo-gatto è capace di ridurre sostanzialmente i segni clinici in gatti esposti a FCV virulento (Umehashi et al., 2002). Tuttavia, tali agenti antivirali non sono stati valutati nella pratica clinica e, in assenza di agenti antivirali sicuri ed efficaci, la gestione della UTI virale sospetta in cani e gatti è limitata a cure di supporto e sintomatiche per alleviare i segni clinici e ridurre al minimo le conseguenze dell'infezione.

Complicanze delle infezioni batteriche del tratto urinario

Se l'infezione vescicale va incontro a cronicizzazione (per infezioni persistenti/ricorrenti, o trattamento non adeguato) può portare a complicanze e aumentare il rischio di calcoli urinari. Tra le complicanze delle UTI batteriche possiamo annoverare la cistite polipoide, l’enfisematosa, l’urolitiasi da struvite, la pielonefrite e la cistite pseudomembranosa. Le prime saranno brevemente trattate nei paragrafi seguenti, mentre un capitolo separato sarà dedicato alla cistite pseudomembranosa, argomento specifico di questa dissertazione.

Cistite Polipoide

La cistite polipoide è una rara forma di cistite caratterizzata da infiammazione cronica e formazione di una o più masse polipoidi senza evidenza istopatologica di neoplasia. (Pressler e Bartges, 2016) Il microrganismo più comunemente associato allo sviluppo di cistite polipoide è il Proteus spp. (Pressler e Bartges, 2016). I polipi che si formano in seguito all’infezione cronica protrudono all’interno del lume vescicale e sono caratterizzati da proliferazione epiteliale e sviluppo di un abbondante core di tessuto connettivo densamente infiltrato da leucociti mononucleari (Maxie, 1993). La differenziazione macroscopica della cistite polipoide da una

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31 neoplasia della parete vescicale non è, pertanto, semplice. La localizzazione a livello dell'apice vescicale (i carcinomi a cellule di transizione si riscontrano più facilmente a livello del trigono vescicale), l’aspetto botrioide piuttosto che sfrangiato e la mancanza di vascolarizzazione grossolana possono indirizzare verso una diagnosi di cistite polipoide, ma l’esame istopatologico è, tuttavia, necessario per l’esclusione definitiva di un carcinoma a cellule di transizione.

La cistite polipoide dovrebbe essere trattata come UTI complicata in quanto rappresenta un nido di infezione batterica profonda. Una terapia antimicrobica prolungata nel tempo può determinare, in alcuni casi, una regressione delle lesioni. Con la cistectomia parziale (o la resezione estesa della mucosa e della sottomucosa) si è però osservata una più rapida risoluzione dei segni clinici e un più alto tasso di remissioni a lungo termine delle infezioni e che consente un trattamento antimicrobico di più breve durata (Pressler e Bartges, 2016; Wolfe 2010).

Cistite enfisematosa

La cistite enfisematosa è una condizione infiammatoria cronica della vescica caratterizzata dalla formazione di vescicole piene di gas all'interno della parete vescicale secondaria ad una infezione da batteri che fermentano il glucosio. Queste vescicole possono andare incontro a coalescenza, rottura e rilascio di gas all’interno del lume vescicale. Con maggior frequenza è sostenuta da una infezione da E. coli, tuttavia anche altri batteri sono stati isolati in casi sporadici di cistite enfisematosa, tra cui Proteus spp., Clostridium spp. ed Enterobacter aerogenes (Pressler e Bartges, 2016). La cistite enfisematosa si sviluppa più facilmente in cani e gatti con diabete mellito per l'elevata concentrazione di substrato fermentabile (Pressler e Bartges, 2016). Come già riferito in precedenza per la cistite polipoide anche nel caso della cistite enfisematosa il trattamento dovrebbe essere quello di una UTI complicata; inoltre, se è presente glicosuria deve essere iniziato un trattamento appropriato per la causa sottostante.

Urolitiasi di fosfato d'ammonio magnesiaco (struvite)

Staphylococcus spp., Proteus spp., e sporadicamente Corynebacterium spp., Klebsiella spp. e Ureaplasma spp. possono produrre ureasi. Questo enzima idrolizza l'urea in ammoniaca, che tampona gli ioni idrogeno dell'urina, formando ioni ammonio, con conseguente aumento sia del pH urinario sia del fosfato ionico sciolto. Quando è presente il magnesio, il fosfato di ammonio magnesiaco (struvite) può precipitare intorno ad un nido per formare uroliti (Pressler e Bartges, 2016). La formazione di calcoli di struvite dovrebbe essere considerata una forma di UTI complicata in quanto i batteri inglobati nella matrice dell'urolita sono difficilmente raggiungibili a

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