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Il consolidamento dei terreni di fondazione

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INGEGNERI - numero 3 | luglio-settembre 2015

> CONSOLIDAMENTO

Il consolidamento dei terreni di fondazione

Analisi delle tecnologie e dei procedimenti più diffusi

di Sonia Lupica Spagnolo* e Andrea Nino Consiglio**

Il consolidamento del suolo de-riva dalla meccanica dei terre-ni, disciplina che studia e ana-lizza la risposta del suolo in se-guito all’applicazione di carichi. Così come in un solido elastico, anche nel terreno è possibile definire lo stato tensionale e la sua distribuzione, la quale di-pende dalla rigidità della fon-dazione e dalle proprietà elasti-che del terreno stesso. La questione del consolidamen-to dei terreni assume un ruolo di fondamentale importanza nella progettazione di struttu-re e infrastruttustruttu-re. Si tratta di un ramo dell’ingegneria geo-tecnica in continua evoluzio-ne, all’interno del quale sono numerose le innovazioni tec-nologiche e gli studi che negli ultimi decenni hanno contribu-ito alla risoluzione dei problemi legati all’insufficiente resisten-za dei terreni.

L’idea di iniettare nel sottosuo-lo o nelle murature una misce-la di acqua e cemento per riem-pire vuoti ed aumentare la re-sistenza del terreno è vecchia di oltre 200 anni: già nel 1802, infatti, un ingegnere francese Charles Berigny (1772-1842) uti-lizzò la tecnica dell’iniezione in pressione di boiacca per conso-lidare le murature nel porto di Dieppe (1).

L’incremento della capacità

por-tante di un terreno di fondazio-ne viefondazio-ne effettuato in situ; in relazione alle esigenze econo-miche e temporali dell’opera da realizzare il progettista può ef-fettuare una scelta tra le diver-se tecniche di consolidamento a disposizione, tecniche che han-no effetti sullo stato del terre-no (grado di addensamento e condizioni tensionali agenti) e sulla sua costituzione (insieme delle componenti fisico-chimi-che fisico-chimi-che costituiscono il terreno consolidato). Tra le più diffuse la vibroflottazione, l’installazio-ne di dreni verticali, l’idroperfo-razione (jet grouting), la vibro-compattazione e le iniezioni. Occorre sempre tenere presen-te che quespresen-te presen-tecniche produco-no un miglioramento comples-sivo del terreno di partenza e che eventuali disomogeneità locali del prodotto risultante so-no insite in qualunque sistema di miglioramento dei terreni. La vibroflottazione è un proce-dimento relativamente recente che consente di aumentare la capacità portante di un terre-no incoerente. Con questo me-todo viene influenzata la sub-sidenza, cioè l’assestamento del terreno, grazie ad una sua densificazione in seguito a vi-brazioni o a colpi. L’apparec-chiatura consiste essenzialmen-te in un lungo tubo di circa 40 cm di diametro nella cui parte finale sono collocati il motore oleodinamico e la massa

eccen-trica. Per l’impiego, l’attrezzo viene tenuto sospeso dal brac-cio di una gru e appena è ap-poggiato sul terreno viene fat-to uscire un forte getfat-to d’ac-qua dal foro. Per il peso pro-prio e per l’azione dell’acqua la macchina affonda nel terre-no formando intorterre-no a sé un cratere. In questo foro viene di continuo immesso il materiale (sabbia, ghiaia e pietrisco) con il quale si formano delle colon-ne granulari compatte. Il forte flusso d’acqua facilita l’aspor-tazione del materiale rimaneg-giato e tiene pulito il materiale di riempimento. L’effetto della vibroflottazione consiste quin-di nell’aumento della densità relativa del terreno e, di con-seguenza, della sua capacità portante.

Nel caso in cui sia necessario trasmettere le sollecitazioni su terreni compressibili satu-ri, specialmente se sono inte-ressate estese aree di carico, si deve ricorrere al consolida-mento preventivo del terreno. Una delle tecniche più idonee è il ricorso a rilevati di preca-rico, previa installazione nel terreno di dreni verticali. Con il precarico, infatti, si riesce a riprodurre sul terreno lo stato di sollecitazione che verrà tra-smesso all’opera; essendo pe-rò i terreni interessati a que-sto trattamento caratterizzati da un elevato contenuto d’ac-qua e da basse permeabilità,

il sovraccarico produce in una prima fase un incremento della pressione interstiziale che gra-dualmente si dissipa con conse-guente cedimento del terreno e un corrispondente incremen-to delle caratteristiche mecca-niche dello stesso. I tempi di consolidamento, a causa del-la bassa permeabilità, risulte-rebbero molto elevati, per cui si abbina al precarico un siste-ma di dreni verticali, che han-no lo scopo di ridurre conside-revolmente il percorso dell’ac-qua in pressione facendo esau-rire il fenomeno di consolida-mento in poco tempo. Il trattamento dei terreni me-diante jet grouting avviene in-vece con l’iniezione ad alta ve-locità di una o più miscele flui-de che rimaneggiano e cemen-tano il terreno in sede. Nella sua applicazione tradizionale, con questa tecnica si realizza-no volumi di terrerealizza-no trattato approssimativamente cilindrici. Il jet grouting ha avuto uno svi-luppo vorticoso negli ultimi de-cenni ed è senza dubbio la tec-nica di consolidamento più no-ta e diffusa nella pratica profes-sionale nazionale, sia per la sua versatilità sia per il contributo che le aziende italiane hanno fornito al suo sviluppo. Si trat-ta di una tecnica di consolida-mento particolarmente flessibi-le e adattabiflessibi-le a diversi impie-ghi anche per la possibilità di eseguire colonne con qualsiasi inclinazione.

La vibrocompattazione viene eseguita mediante l’infissione di colonne metalliche di piccolo dia-metro (18 cm) che vengono suc-cessivamente riempite di calce-struzzo magro. Tale sistema, im-piegato in terreni sciolti ha un duplice scopo: l’addensamento dei grani mediante la vibrazio-ne e l’aumento della densità ot-tenuta con il riempimento delle impronte lasciate dalle colonne. Tecniche di consolidamento me-diante iniezione di resine (2)

so-no utilizzate con successo quan-do le cause di cedimento diffe-renziale verticale delle struttu-re di fondazione sono connesse ad alterazioni naturali del terre-no di fondazione o ad un erro-re di progettazione dell’opera. Le iniezioni sono concentrate nel volume di terreno maggior-mente interessato dalle tensio-ni indotte dai carichi in super-ficie, ovvero il bulbo di pressio-ne significativo descritto dalla teoria di Boussinesq (3). La gran

parte dei cedimenti sono infatti quasi sempre scontati nei primi strati di terreno sottostanti al piano di posa della fondazione. Si tratta di una modalità di in-tervento che ha riscontrato un forte incremento di successo ne-gli ultimi anni, soprattutto gra-zie allo sviluppo di nuovi mate-riali e metodologie studiati ap-positamente per questo cam-po di applicazione. I primi in-terventi risalgono infatti già al-la seconda metà degli anni Cin-quanta negli Stati Uniti per il ri-empimento di cavità e per il sol-levamento di strutture di fon-dazione; negli anni Novanta in Europa si sono utilizzati dappri-ma per il sollevamento delle pa-vimentazioni depresse e succes-sivamente per il consolidamen-to delle fondazioni. Oggi sono disponibili sul mercato diver-se applicazioni, differenti per prodotto di iniezione e criteri di progetto. Tra quelle note e più diffuse le tecniche di conso-lidamento mediante iniezione a diffusione di resina nel terreno e quelle miste, che collegano la resina iniettata nel terreno ad un elemento strutturale por-tante connesso alla fondazio-ne esistente per il

trasferimen-to del carico più in profondità. L’interesse suscitato da questo tipo d’intervento è dovuto so-prattutto all’estrema efficacia del trattamento che risulta ri-solutivo anche a lungo termi-ne. Si tratta inoltre di un inter-vento poco invasivo, per il qua-le è garantita la massima com-patibilità ambientale. Non so-no infine da sottovalutare alcu-ni aspetti pratici che riconosco-no alla tecnica evidenti vantag-gi come la rapidità, l’assenza di vibrazioni, la flessibilità dell’in-tervento e la possibilità di ope-rare in qualunque spazio con mezzi poco ingombranti. La fi-nalità delle tecniche di consoli-damento con resine espanden-ti è quella di eliminare le cause dei cedimenti delle fondazioni attraverso l’iniezione nel ter-reno di un materiale polimeri-co espandente. Tali trattamen-ti di iniezione sono rivoltrattamen-ti a ri-solvere tutte quelle problema-tiche che implicano cedimento verticale con abbassamento del terreno e conseguente danneg-giamento di edifici e strutture. È evidente che negli anni le tec-niche di consolidamento dei terreni hanno avuto un notevo-le sviluppo permettendo ai pro-gettisti di trovare efficaci solu-zioni ad importanti sfide inge-gneristiche ed assicurando la possibilità di ottenere un livello prestazionale del suolo efficien-te soprattutto a lungo efficien-termine. Note bibliografiche

1. GLOSSOP R., MAYER A., Grouts and drilling muds in en-gineering practice, Symposium ISSMFE, Londra 1963.

2. DOMINIJANNI A., MANASSE-RO M., Consolidamento dei ter-reni con resine espandenti. Gui-da alla progettazione, McGraw-Hill Companies, 2014

3. SANSONI R., Sulla distribuzio-ne delle tensioni distribuzio-nel sottosuo-lo, Asfalti, Bitumi, Catrami, nn. 1 e 2, 1948. *: ingegnere edile, dipartimento ABC Politecnico di Milano **: ingegnere civile, dipartimento DICA Politecnico di Milano

> BUILDING INFORMATION MODELING

I futuri BIM Manager per la digitalizzazione in edilizia

Intervista a Mario Caputi, condirettore del Master della scuola F.lli Pesenti/Politecnico di Milano

a cura di Mauro Ferrarini

Sull’innovazione, oggi, le azien-de guidano e le università se-guono. Non va bene: occorre cambiare. È molto diretto, Ma-rio Caputi managing director di in2it (Corporate Real Estate Ma-nagement & ICT) e condiretto-re del master di I e II livello per la formazione di BIM Manager, che partirà a marzo 2016, orga-nizzato dal Politecnico di Mila-no presso la Scuola F.lli Pesenti con la collaborazione di in2it, Autodesk e Harpaceas. Abbiamo raggiunto Caputi per chiedergli ulteriori informazio-ni sul tema della digitalizzazio-ne della filiera delle costruzioni, che è uno dei principali obiet-tivi di in2it: massimizzare l’ef-fetto delle nuove tecnologie ai processi di business e, in parti-colare, nella filiera integrata del Corporate Real Estate.

“Siamo consapevoli”, attacca Caputi, “che l’ICT andrà a rivo-luzionarne processi, sistemi e

risorse e richiederà competen-ze sempre più specialistiche”. Mauro Ferrarini. Ma i tradizio-nali corsi di laurea in ingegne-ria non preparano già profes-sionisti preparati? C’è bisogno per forza di un master di spe-cializzazione?

Mario Caputi. Oggi a trainare l’innovazione del settore del-le costruzioni sono soprattut-to le aziende. Spiace dirlo, ma il mondo accademico (in gene-rale e non necessariamente ri-ferendolo solo al settore E&C) sembra in ritardo e “segue” in-vece di “guidare”. Detto que-sto, per realizzare in maniera completa il processo di digita-lizzazione della filiera dell’edili-zia (dal committente ai proget-tisti, dal costruttore ai fornitori fino ad arrivare al facility mana-gement) occorre chiaramente possedere una forte competen-za nel campo tecnico ma serve anche avere una profonda co-noscenza nell’ICT.

Attualmente i corsi di laurea

in-segnano la parte tecnica. Man-ca, o è largamente insufficien-te, la parte rivolta all’Informa-tion Communicaall’Informa-tion Techno-logy. Il master per la formazio-ne di BIM Manager colma que-sta lacuna.

Mauro Ferrarini. Ma quando ar-riveremo, secondo lei, a vedere la rivoluzione del BIM nelle co-struzioni?

Mario Caputi. In Italia c’è anco-ra un po’ di stanco-rada da fare, ma ritengo che possa essere vero-simile pensare di entrare nell’e-ra dell’edilizia digitale entro i prossimi 5 anni.

Mauro Ferrarini. Per allora il nostro Paese avrà “fame” di fi-gure professionali come quel-la del BIM Manager. Intanto, ci può dire qualcosa di più su que-sto profilo?

Mario Caputi. Come ho det-to, le nuove tecnologie, i nuo-vi software, l’Internet delle co-se (IoT), la project collaboration e il cantiere 2.0 richiedono una profonda conoscenze delle due

industrie (filiera immobiliare e filiera ICT) oltre a capacità di gestione integrata della com-messa. Il BIM Manager sarà co-lui che saprà gestire questi sce-nari, coordinando le varie figu-re coinvolte nel processo edili-zio e della successiva manuten-zione e/o facendo da “ponte” per introdurre alla metodologia BIM le aziende che non se ne so-no ancora avvicinate.

Mauro Ferrarini. Quella che ini-zierà a marzo 2016 sarà la secon-da edizione del master. A que-sto punto siamo curiosi di sape-re che “fine hanno fatto” gli studenti che hanno seguito la prima edizione e quali sono gli sbocchi sul mercato del lavoro. Mario Caputi. La prima edizione ha visto la partecipazione di 21 studenti in aula e circa 15 a di-stanza, tramite l’apposita piat-taforma per l’apprendimento a distanza. Questi ultimi era-no perlopiù professionisti già introdotti nel mondo del lavo-ro che hanno seguito il master

per acquisire un vantaggio com-petitivo nella loro attività. Dei 21 studenti presenti alle lezio-ni frontali e ai laboratori pres-so il Politecnico, venti hanno ri-cevuto una richiesta di stage da parte di aziende ed enti ancora prima che finissero i corsi. Per quanto riguarda gli

sboc-chi sul mercato, quelli natura-li per una figura come quella del BIM Manager sono gli studi di progettazione e le società di architettura e ingegneria; i ge-neral contractor e non trascure-rei neppure gli enti pubblici, co-me regioni, comuni ed anche il provveditorato alle oo.pp.

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