5. PROPRIETA’ FISICHE E MECCANICHE DEI TERRENI
5.1 Tipi di terreno
I terreni sono un aggregato di particelle minerali che possono essere separate le une dalle altre tramite semplice azione meccanica, quale, per esempio, l’agitazione in acqua (LANCELLOTTA 2004).
Scopo di questo studio è caratterizzare, da un punto di vista geotecnico, le coperture detritiche dell’arenaria Macigno in modo da avere dei parametri medi ed estremi che siano rappresentativi di tali coperture. Una prima classificazione di questi terreni si può basare sul comportamento meccanico generale, desunto dalle caratteristiche litologiche, tenendo conto delle considerazioni espresse da AGI (1977), IAEG (1981), ESU (1977), ISRM (1978), CARRARA et alii (1987), CANUTI et alii (1992).
Terreni a prevalente comportamento coesivo
Sono terreni a granulometria fine (argille, argille limose, limi argillosi e limi) con deboli legami diagenetici che vengono facilmente distrutti per imbibizione con acqua. Il loro comportamento meccanico è strettamente controllato dal regime delle pressioni interstiziali, a causa della bassa permeabilità, che determina una resistenza al taglio di tipo coesivo in condizioni non drenate a breve termine e di tipo attrattivo-coesivo in condizioni drenate a lungo termine (CANUTI et alii, 1988).
La presenza di minerali argillosi determina processi di consolidazione/rigonfiamento in relazione alle variazioni dello stato di sollecitazione. L’isorientazione delle particelle argillose causa anche un marcato decadimento della resistenza con la deformazione al taglio verso condizioni residue.
Una semplice classificazione dei terreni coesivi può essere basata sulle caratteristiche granulometriche e sulla consistenza. Quest’ultima è una misura della durezza e della densità di un terreno, che possono essere considerate indici della sua resistenza e rigidezza. Questi terreni si possono distinguere in: depositi limoso-argillosi
poco consistenti, depositi argillosi mediamente consistenti, depositi limoso-argillosi consistenti e depositi superficiali a granulometria variabile a prevalente comportamento coesivo. A quest’ultima categoria appartengono i terreni a granulometria eterogenea con dominante componente pelitica, responsabile di un comportamento essenzialmente coesivo. La permeabilità è generalmente bassa, per cui il comportamento geomeccanico è fortemente influenzato dal regime delle pressioni interstiziali.
Terreni a prevalente comportamento granulare
Si tratta di terreni a granulometria grossolana (limi classati, sabbie, ghiaie, ciottolami) con deboli legami diagenetici. La permeabilità di solito è sufficientemente elevata da prevenire la generazione di eccessi di pressione neutra e la resistenza al taglio è generalmente di tipo attrattivo dilatante. La classificazione può essere basata sulla granulometria e sul grado di addensamento, che viene espresso in base al numero di colpi della prova penetrometrica standard SPT.
I terreni a prevalente comportamento granulare si dividono in: depositi sabbiosi sciolti, depositi sabbiosi moderatamente addensati, depositi sabbiosi addensati poco cementati, ghiaie e depositi superficiali incoerenti a granulometria variabile a prevalente comportamento granulare. Quest’ultimi sono costituiti da elementi a granulometria variabile, in cui prevale la componente a comportamento granulare (diametro > 0,6 mm); la resistenza al taglio e la permeabilità di tali depositi sono influenzate dalle percentuali relative fra le componenti coesive e granulari (CANUTI et alii, 1998).
Le coperture detritiche dell’arenaria Macigno, da un punto di vista litologico-tecnico, possono essere considerate dei terreni a granulometria variabile a prevalente comportamento granulare, per cui la loro resistenza al taglio è governata dall’angolo di attrito di picco.
5.2 Relazioni tra le fasi
Un elemento di volume di terreno, essendo di natura particellare, può essere considerato un sistema multifase, costituito da tre fasi distinte: solida (grani), gassosa e liquida (Fig. 5. 1). In Fig. 5.1(a) sono illustrate le tre fasi come generalmente si presentano in un volume di terreno naturale. Mentre nella Fig. 5.1(b) le fasi sono state separate l’una dall’altra per facilitare la derivazione delle relazioni tra esse intercorrenti; nella parte sinistra della figura sono indicati i volumi, a destra i pesi delle differenti fasi. Esistono importanti relazioni riguardanti i volumi ed i pesi, che ci danno informazioni sullo stato di addensamento delle particelle, dal quale dipendo proprietà meccaniche di rilevante interesse come la resistenza al taglio o la compressibilità.
Fig. 5. 1 - Relazione tra le fasi. Volume di terreno nel suo assetto naturale (a) e
volume di terreno con le fasi separate (b) (da LAMBE et alii, 1997).
La porosità n è definita come il rapporto tra il volume dei vuoti Vv e il volume
totale V, ed è usualmente espressa in percentuale
n = Vv / V (5.1)
L’indice dei vuoti e, è il rapporto tra il volume dei vuoti Vv e il volume della fase
solida Vs
e = Vv / Vs (5.2)
In base alle loro definizioni, la porosità e l’indice dei vuoti sono legati dalle seguenti relazioni
n = e/(1+e) (5.3)
Il grado di saturazione S, espresso in percentuale, indica la frazione del volume dei vuoti occupata dall’acqua
S = Vw/Vv (5.5)
quindi un valore di S = 0 indica un terreno secco. S = 100% indica un terreno saturo, un valore compreso tra lo 0 e il 100% indica un terreno parzialmente saturo.
La relazione più utile tra i pesi delle fasi di un elemento di terreno è rappresentata dal contenuto d’acqua w, definito come il rapporto fra il peso dell’acqua
Ww e il peso della fase solida Ws
w = Ww / Ws (5.6)
esso è nullo per un terreno secco ed è usualmente inferiore al 100%. Per un terreno argilloso è solitamente compreso tra il 20% e il 70%.
Il peso di volume dell’acqua, il peso di volume delle particelle solide e il peso di volume totale sono definiti dalle relazioni seguenti
γw = Ww /Vw (5.7)
γs = Ws /Vs (5.8)
γt = W/V (5.9)
se il terreno è saturo il peso di volume viene indicato con γsat. Il peso dell’unità di
volume del terreno alleggerito è definito dalla relazione seguente:
γ’ = γt – γw (5.11)
Si ha poi il peso specifico dei grani Gs, definito come il rapporto tra il peso di
volume delle particelle solide ed il peso di volume dell’acqua
Gs = γs/γw (5.12)
Nella Tab. 5.1 sono riportati valori tipici del peso di volume dei terreni saturi, espressi in KN/m3, per diverse composizioni granulometriche.
Composizione granulometrica Valori di γsat (KN/m3)
Ghiaie e sabbie 18,5 – 21,5
Sabbie 17,0 – 20,5
Sabbie limose 16,5 – 20,0
Limi 16,5 – 21,0
Argille 16,5 – 22,0
Lo stato di addensamento di un terreno a grana grossa (sabbie e ghiaie) può essere convenientemente descritto dalla densità relativa DR, definita come segue:
DR = (emax – e0) / (emax - emin) = (γd max /γd) · [( γd - γd min) / (γd max - γd min)] (5.13)
essendo:
e0 = indice dei vuoti del terreno in situ
γd = peso di volume secco del terreno in situ
emax, emin = rispettivamente, indice dei vuoti massimo e minimo ottenibile in
laboratorio su campioni rimaneggiati
γd max, γd min = rispettivamente, peso di volume secco massimo e minimo
ottenibile in laboratorio su campioni rimaneggiati
Una classificazione dei terreni in base alla densità relativa è indicata in Tab. 5.2. Densità relativa DR (%) Descrizione
0 – 15 di densità molto bassa
15 – 35 scarsamente addensato
35 – 65 mediamente addensato
65 – 85 Addensato
85 – 100 molto addensato
Tab. 5.2 – Classificazione dei terreni in base alla densità relativa.
Il grado di addensamento dipende: dalla forma dei grani, dalla granulometria, dall’azione di carichi esterni o di vibrazioni e dal sistema di deposizione delle particelle. All’aumentare della densità relativa aumentano i punti di contatto tra le particelle e il grado di mutuo incastro e quindi aumenta la resistenza al taglio e diminuisce la compressibilità.
5.3 Identificazione e classificazione dei terreni
Con il termine identificazione si intende un’operazione che ha come finalità la descrizione di un campione di terra mediante osservazioni dirette e prove semplici e immediate (LANCELLOTTA 2004); l’identificazione può essere fatta in cantiere su campioni estratti da scavi o perforazioni di sondaggio. La Fig. 5.2 riporta i principali criteri di identificazione dei terreni.
Fig. 5. 2 – Definizione del tipo di terreno (FERRINI et alii, 1998).
La classificazione è invece un’operazione che consiste nella collocazione di campioni di terra in classi, nell’ambito delle quali si riscontra un comportamento meccanico simile (LANCELLOTTA, 2004). I parametri di riferimento sono: le dimensioni, la forma e la composizione mineralogica delle particelle. Le dimensioni e la
forma delle particelle, unitamente alla loro distribuzione, definiscono la tessitura dei terreni, per la quale questi ultimi sono suddivisi in terreni a grana fine e in terreni a grana grossa. Il comportamento meccanico dei terreni a grana grossa (sabbia e ghiaia) è correlabile alla distribuzione granulometrica delle particelle che lo compongono.
La dimensione delle particelle (variabile da più di 100 mm a meno di 0,001 mm) si colloca in un intervallo che interessa più ordini di grandezza, per cui la distribuzione granulometrica è solitamente rappresentata in funzione del logaritmo del diametro medio dei grani. Per ottenere le varie frazioni granulometriche di un campione di terra di circa 500 g si adoperano setacci standardizzati, misurando la frazione trattenuta da ciascun setaccio. I risultati sono riportati in un diagramma di frequenza cumulativa, che sull’asse delle ascisse presenta il diametro equivalente delle particelle (definito dall’apertura dei setacci), e sull’asse delle ordinate la percentuale (in peso) delle particelle con diametro inferiore (Fig. 5.3).
Fig. 5.3 – Esempi di curve granulometriche (da Tanzini, 2001).
Per i materiali più fini si ricorre all’analisi per sedimentazione, basata sulla legge di Stokes, che determina la velocità di sedimentazione di una particella sferica in funzione del suo diametro, della sua densità e del tipo di fluido in cui è posta.
Sulla base della distribuzione granulometrica, viene definito il coefficiente di uniformità Cu e di curvatura Cc:
Cu = D60 / D10 (5.14)
Dove D10, D30 e D60 rappresentano i diametri delle particelle corrispondenti ad
una percentuale di passante pari rispettivamente al 10%, 30% e 60%. Le sabbie e le ghiaie vengono definite ben assortite se il coefficiente di uniformità risulta maggiore rispettivamente di 4 o 6, purché il coefficiente di curvatura stia nei limiti compresi tra 1 e 3.
La Fig. 5.4 riporta alcuni sistemi di classificazione basati sulla distribuzione granulometrica delle particelle, con l’avvertenza che la setacciatura è praticabile solo per materiali trattenuti dal setaccio ASTM 200, con apertura di 0,075 mm.
Fig. 5.4 – Sistemi di classificazione basati sulle dimensioni delle particelle (da LANCELLOTTA, 2004).
Secondo la convenzione suggerita dall’AGI (1977) il nome della terra è quello della classe granulometrica dominante, alla quale si fa seguire la denominazione della frazione secondaria secondo il seguente schema:
− preceduta dalla preposizione “con” se è compresa tra il 50 e il 25 % (es. limo con sabbia);
− seguita dal suffisso “- oso” se compresa fra il 25 e il 10 % (es. limo sabbioso); − seguita dal suffisso “- oso” e preceduta da “debolmente” se compresa fra il 10 e
5.4 La resistenza al taglio dei terreni granulari
La resistenza al taglio di un materiale è la resistenza alla rottura che il materiale è in grado di opporre se sottoposto a sforzi di taglio. Essa è collegata al comportamento meccanico dei terreni in condizione di carichi usuali, nei quali si sviluppano tensioni di taglio sopportate interamente dallo scheletro solido, e tensioni normali risultanti dalla somma di due componenti: quella che agisce sullo scheletro solido e quella trasmessa al fluido interstiziale. Solo quella parte di sforzo normale totale che è supportata dallo scheletro solido controlla il comportamento meccanico dei mezzi granulari. TERZAGHI (1936) introduce il principio degli sforzi efficaci (σ’), la cui equazione semplificata, riferita ad un piano posto ad una certa profondità z dalla superficie è:
σ’ = σ – u (5.16)
dove σ è lo sforzo totale agente sul piano e u è la pressione dell’acqua interstiziale (pressione nutra) alla stessa profondità.
Il criterio di Mohr-Coulomb è il criterio maggiormente utilizzato per descrivere la modalità di rottura dei terreni sottoposti a sforzi di taglio, ed è dato dalla relazione:
τ = c + σ tanφ (5.17) dove:
τ = sforzo di taglio sul piano di rottura all’istante di rottura (corrisponde alla resistenza al taglio del materiale)
σ = tensione totale normale al piano di rottura all’istante di rottura c = coesione apparente
φ = angolo di resistenza al taglio
Poiché la resistenza al taglio è fortemente influenzata dalle condizioni di drenaggio durante l’applicazione del carico, dobbiamo tenere conto del principio degli sforzi efficaci (σ’); la resistenza al taglio quindi può essere espressa in termini di pressioni efficaci:
τ = c’ + σ’ tanφ’ = c’ + (σ – u) tanφ’ (5.18) dove φ’ e c’ sono i parametri della resistenza al taglio per pressioni efficaci.
Per un terreno parzialmente saturo, la resistenza al taglio può essere espressa come (FREDLUND et alii, 1978):
τ = c’ + (σ – uw) tanφ’ + (uw – ua) tan φ’’ (5.19)
dove:
ua = pressione dell’aria nei pori
uw = pressione dell’acqua interstiziale
φ’’ = proprietà del terreno che riflette l’influenza della suzione (uw – ua) sulla
resistenza al taglio
I terreni incoerenti (sabbie e ghiaie) hanno un inviluppo di rottura in termini di tensioni efficaci che passa per l’origine (c’=0) e che per basse tensioni può essere considerato rettilineo, mentre per elevate tensioni risulta curvilineo. Prove di laboratorio effettuate con tensioni efficaci di consolidazione superiori a 700 kPa mostrano come l’inviluppo di rottura sia curvilineo (Fig. 5.5). Le elevate tensioni normali causano la rottura dei grani, nei punti di contatto, e di conseguenza si ha una riduzione dell’angolo di resistenza al taglio.
Fig. 5.5 – Inviluppo di rottura per terreni incoerenti (da WU,
1996; parzialmente modificata).
Le sabbie dense sottoposte a prove di taglio, inizialmente si dilatano (incremento di volume) (Fig. 5.6b; Fig. 5.7) e forniscono elevati valori di resistenza al taglio (resistenza di picco); proseguendo nella deformazione la resistenza cala fino a raggiungere uno stato stazionario nel quale il terreno si deforma a volume costante (Fig. 5.8). Le sabbie sciolte, invece, si contraggono durante l’intera prova di taglio (Fig. 5.6°; Fig. 5.7) e la resistenza cresce fino a raggiungere un valore costante, corrispondente ad una deformazione a volume costante (Fig. 5.8).
Fig. 5.6 – comportamento di un campione di sabbia sciolta (a) e di sabbia densa (b) sottoposti a prove di
taglio, (da LANCELLOTTA, 1987).
A parità di tensioni di confinamento, la condizione di volume costante raggiunta al termine della prova di taglio è la stessa indipendentemente dalla densità iniziale del campione (sabbia densa o sciolta). Tale condizione è detta di stato critico ed i corrispondenti parametri di resistenza al taglio sono detti parametri allo stato critico (Fig. 5.9, Fig. 5.10).
Fig. 5.8 – Andamento dello sforzo deviatorico
all’aumentare della deformazione assiale (da DAS, 1983).
Fig. 5.7 –Variazione di volume di una sabbia
densa e di una sabbia sciolta all’aumentare della deformazione (da DAS, 1983).
Il valore dell’angolo di attrito di picco (φ’) dipende da numerosi fattori. Il valore di φ’ aumenta all’aumentare della densità relativa; a parità di densità relativa dipende dalla distribuzione granulometrica del materiale e dalla forma delle particelle. Ad esempio il valore di φ’ per un materiale ben graduato risulta maggiore, anche di numerosi gradi, rispetto a quello di un materiale uniforme. Analogamente un materiale costituito da particelle di forma angolare ha un valore di φ’ superiore a quello di un terreno costituito da particelle arrotondate.
Fig. 5.10– Valori caratteristici dell’angolo di attrito
di picco (φ’p) e dell’angolo di attrito allo stato critico (φ’cv) per diversi tipi di suoli (da DAS, 1983).
Fig. 5.9 – Andamento dell’angolo di attrito di
picco (φ’p) e dell’angolo di attrito allo stato critico (φ’cs) in termini di tensioni efficaci (da GRAHAM, 1984).