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Il ruolo delle infrastrutture sportive nell'attuale modello di business delle società calcistiche: il caso dell'Allianz Stadium di Torino

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

Tesi di laurea

IL RUOLO DELLE INFRASTRUTTURE SPORTIVE

NELL’ATTUALE MODELLO DI BUSINESS DELLE

SOCIETÀ CALCISTICHE:

IL CASO DELL’ALLIANZ STADIUM DI TORINO

Relatore

Prof. Vincenzo Zarone

Candidato

Alessio Giovagnoli

(2)
(3)

INDICE

INTRODUZIONE

6

1 PRINCIPI E TECNICHE DI GESTIONE DELLO SPORT:

ASPETTI STORICI ED EVOLUTIVI

9

1.1 Evoluzione storica e diffusione dello sport management 9

1.1.1 Il sistema dei club 11

1.1.2 Il sistema delle leghe 16

1.1.3 I tornei professionistici 21

1.2 La nascita dello sport management come campo accademico 25

1.3 La linea temporale dello sport management 28

2 IL SETTORE DEL CALCIO: PECULIARITÀ, CONTESTO

COMPETITIVO E PROFILO INFRASTRUTTURALE

31

2.1 Cenni storici e organi di governo 31

2.1.1 Le origini del calcio 31

2.1.2 Gli organi di governo 33

2.2 Evoluzione e principali caratteristiche del calcio professionistico 35

2.3 La performance economica del calcio europeo 44

2.4 Analisi del contesto competitivo 48

2.4.1 L’analisi del sistema competitivo 48

2.4.2 I principali competitor a livello internazionale 51

(4)

2.5 Il profilo infrastrutturale nell’attuale modello di business

delle società calcistiche 57

2.5.1 Affluenza di pubblico e parametri economici di

riferimento nelle principali leghe europee 58 2.5.2 La gestione dell’impianto sportivo tra potenzialità

economiche e fattori limitanti 62 2.5.3 Gli investimenti nell’impiantistica sportiva 68

3 L’INVESTIMENTO DELLA JUVENTUS FOOTBALL CLUB

S.P.A. NEL NUOVO STADIO DI PROPRIETÀ

73

3.1 La società Juventus F.C. S.p.A. 73

3.1.1 La storia del club 73

3.1.2 Il profilo societario 78 3.1.3 La performance economico-finanziaria della società 81 3.2 Gli stadi precedenti utilizzati dalla Juventus 89 3.3 Il progetto “Stadium”: un nuovo modello di stadio in Italia 90 3.3.1 Inaugurazione dello Stadium 92 3.3.2 Le caratteristiche tecniche dell’Allianz Stadium 93 3.3.3 Juventus Premium Club 94 3.3.4 Aree e strutture adiacenti all’Allianz Stadium 94 3.4 L’investimento nello stadio e la sua copertura finanziaria 98 3.4.1 Accordo con Sportfive 98 3.4.2 Accordo con Nordiconad 99 3.4.3 Finanziamenti concessi dall’Istituto per il Credito

Sportivo 99

4 LA GESTIONE DIRETTA DELL’ALLIANZ STADIUM

E L’IMPATTO SULLE PERFORMANCE AZIENDALI

101

4.1 Il matchday all’Allianz Stadium 101 4.1.1 Il giorno precedente alla gara 101 4.1.2 Il giorno della gara (matchday) 102

(5)

4.1.3 Staff e personale impiegato 103 4.2 La sostenibilità ambientale dello stadio e il rapporto con il

territorio 105 4.2.1 L’impatto ambientale dello stadio 105

4.2.2 Il Life Cycle Assessment (LCA) di una partita

di campionato 106

4.3 La dimensione economica dello stadio 108 4.3.1 La dinamica dei ricavi da gare 108 4.3.2 Il beneficio economico derivante dal nuovo stadio 110 4.4 Gestire la domanda e la capacità tramite lo yield management 115 4.4.1 Cosa è lo yield management 115 4.4.2 Lo yield management applicato all’Allianz Stadium 116

CONCLUSIONI

120

Bibliografia

123

(6)

INTRODUZIONE

A partire dalla metà degli anni Novanta il mondo dello sport, e in particolare quello del calcio professionistico, è stato interessato da profondi e radicali cambiamenti, che ne hanno segnato l’esistenza e le dinamiche tuttora in atto. I cambiamenti hanno riguardato la sfera del raggiungimento di determinate prestazione sportive e al contempo sono emerse problematiche di tipo giuridico e regolamentare, ma soprattutto si è andata sempre più diffondendo la disciplina della gestione sportiva, che nel mondo anglosassone viene definita con il termine sport management, al fine di coniugare i risultati sportivi con le necessarie e adeguate conoscenze gestionali. Proprio questa irreversibile trasformazione del mondo sportivo e la sua integrazione con le pratiche gestionali, sia quelle tipiche di altri settori economici, sia quelle riferibili allo sport business, sono alla base del presente lavoro.

Nello specifico, l’elaborato si pone l’obiettivo di comprendere meglio il ruolo che ancora oggi hanno, o possono avere, le infrastrutture sportive all’interno del modello di business sviluppato dalle società di calcio professionistiche. Alla luce delle nuove fonti di ricavo che si sono prospettate per le società di calcio, primi fra tutti i proventi derivanti dai diritti televisivi e quelli derivanti dalle sponsorizzazioni commerciali, i ricavi derivanti dalla partita, ovvero il matchday, risultano in declino rispetto ai precedenti, con un impatto sempre minore sui bilanci dei principali club europei. Tuttavia l’impianto sportivo è il luogo in cui si svolge l’evento sportivo vero e proprio e ne rappresenta il cuore del busi-ness. Tale elemento fa sì che non si può pensare che l’impiantistica sportiva possa passare in secondo piano. Per di più, tramite una gestione accurata dell’impianto stesso e delle altre infrastrutture ad esso correlate, le società hanno la possibilità di sviluppare ulteriori ed importanti fonti di guadagno, che vanno dalla vendita dei diritti di titolazione dello stadio (naming right), allo sfruttamento economico e commerciale dell’area stadio nel suo complesso. Nel corso della trattazione viene fornita una disamina della situazione infrastrutturale a livello europeo, con una particolare attenzione rivolta al contesto ita-liano. Viene poi preso in esame il caso specifico dell’Allianz Stadium di Torino, ovvero l’innovativo e multifunzionale stadio di proprietà della Juventus, sorto sulle ceneri del vecchio Stadio delle Alpi, finito di costruire nell’estate 2011 e aperto al pubblico a partire dall’inizio della stagione calcistica 2011/2012. Lo scopo è quello di comprendere se tale importante investimento immobiliare stia effettivamente portando dei benefici al club bianconero, facendo ricorso ai tipici strumenti di analisi economico-finanziaria e più in

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generale tramite un approccio economico-aziendale. Viene poi proposta un’analisi della gestione della domanda e della capacità tramite la metodologia di yield management. In questo caso lo scopo è quello di vedere, partendo da alcune assunzioni di base, se la so-cietà ha ancora la possibilità di agire sui ricavi derivanti dal matchday e attraverso quali modalità.

Al fine di presentare al meglio quanto appena descritto, la trattazione è stata suddivisa in quattro capitoli.

Il primo capitolo tratta gli aspetti di gestione sportiva, sia sotto il profilo storico ed evo-lutivo, sia per quanto riguarda la nascita e la diffusione del campo accademico dello sport management, traendo ispirazione dalla letteratura in materia. Tale parte, per quanto intro-duttiva, può risultare utile per approfondire le conoscenze sulla tematica in questione e sul modo in cui questa si sta evolvendo nelle realtà più avanzate.

Il secondo capitolo è incentrato sul settore del calcio professionistico, con un excursus storico sulla nascita e diffusione del gioco del calcio e una breve descrizione dei principali organi che lo governano. Il tema principale è rappresentato dall’evoluzione del modello di business sviluppato dai club e dalle principali leghe europee e dal modo in cui si veri-fica la competizione all’interno del settore, attraverso un’analisi delle principali fonti di ricavo e del valore d’impresa dei top club europei. Alla luce di ciò, possiamo valutare meglio quale è il ruolo e l’importanza delle infrastrutture sportive, in quanto fattore fon-damentale e imprescindibile per lo sviluppo del business del calcio.

Il terzo capitolo prende in esame l’investimento effettuato dalla Juventus Football Club nel nuovo stadio di proprietà (Allianz Stadium) e nelle aree ad esso limitrofe. Si tratta di un investimento ambizioso e piuttosto complesso, il più rilevante nell’ultracentenaria sto-ria del club, che ha necessitato di trovare le relative e adeguate fonti di copertura finan-ziaria.

Il quarto e ultimo capitolo tratta della gestione dell’Allianz Stadium da parte della Juven-tus, sia da un punto di vista organizzativo, sia sotto l’aspetto gestionale e di impatto sulle performance aziendali. Per quanto riguarda il punto di vista organizzativo, vengono de-scritte le attività e le operazioni tipiche che si svolgono durante il matchday allo Stadium, in una partita di campionato. Per calcolare l’impatto sulle performance aziendali sono stati presi i dati di bilancio pubblicati dalla società, opportunamente riclassificati, al fine di riuscire a stimare il reddito incrementale generato dallo stadio e il beneficio economico apportato rispetto al precedente Stadio Olimpico di Torino. Altro tema importante trattato è quello dell’impatto ambientale dello stadio e il legame con il territorio di origine, data

(8)

anche la crescente importanza che sta assumendo il tema della sostenibilità ambientale e più in generale quello della responsabilità sociale d’impresa. Al termine del capitolo viene effettuato uno studio che mette in risalto come la domanda da parte degli spettatori e la limitata capacità di posti disponibili all’interno dello stadio possa essere gestita attraverso una metodologia di yield management, ovvero di massimizzazione del rendimento eco-nomico.

(9)

CAPITOLO 1

PRINCIPI E TECNICHE DI GESTIONE DELLO SPORT:

ASPETTI STORICI ED EVOLUTIVI

1.1

Evoluzione storica e diffusione dello sport management

“L’industria dello sport ha avuto un crescente impatto sull’economia globale negli ultimi vent’anni, investendo in infrastrutture pubbliche, mobilizzando risorse e creando nuovi lavori e professioni. Oggi è uno dei settori professionali con il maggior impulso econo-mico, creando opportunità per molte persone che aspirano ad un futuro nel mondo dello sport. Lo Sport Management è un campo di insegnamento riguardante gli aspetti di busi-ness dello sport”.1

La definizione del Johan Cruyff Institute sopra riportata è solo una delle tante riguardanti l’industria sportiva e la disciplina dello sport management, ma già da questa risulta evi-dente quanto il settore economico dello sport sia oggi caratterizzato da una sempre mag-giore complessità e da specifiche pratiche manageriali, di business ed anche giuridiche.2

Di conseguenza anche il modo in cui questa industria è organizzata è a sua volta unico. L’organizzazione dello sport, d’altra parte, si è sviluppata nel corso degli ultimi 150 anni circa e continua ad evolversi anno dopo anno.

Questo primo paragrafo ha come obiettivo l’analisi della nascita e la successiva diffusione delle moderne strutture e pratiche di sport management; in particolare l’attenzione sarà rivolta sulla struttura dei club, delle leghe e dei tornei professionistici. Questi infatti rap-presentano la base su cui poi si è sviluppata la struttura della maggior parte degli sport moderni.

Lo sport management è nato e si è diffuso in risposta ai vari e profondi cambiamenti sociali, politici, economici e culturali che si sono verificati nel corso del tempo. I manager dello sport devono prendere atto di questi cambiamenti e necessitano di essere creativi ed innovativi nel modo in cui gestiscono le loro organizzazioni sportive; infatti con il passare del tempo ci si è resi conto che non esiste una struttura di management ottimale o adatta

1 Traduzione in italiano da: https://johancruyffinstitute.com/en/sport%20management.

2 Per approfondimenti su ciascuna di queste tematiche, si vedano tra gli altri: L.P. Masteralexis, C.A. Barr,

M.A. Hums, Principles and practice of sport management, quinta edizione, Boston, Jones & Bartlett Lear-ning, 2015; R. Wilson, Managing sport finance, London, Routledge, 2011; A. Guardamagna, Diritto dello sport, Milano, Utet Giuridica, 2009.

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a qualsiasi situazione (del tipo one catch-all), anzi l’evoluzione storica ci suggerisce che le organizzazioni di successo sono quelle più flessibili e quelle che meglio si adattano ai cambiamenti della società.

Gli eventi che hanno dato luogo al mondo dello sport e alla relativa industria sportiva sono moltissimi ed è praticamente impossibile delineare una sequenza temporale che rie-sca ad includerli tutti; tuttavia alla fine del presente capitolo viene fornita una linea del tempo che cerca di racchiudere le date di fondazione delle principali organizzazioni spor-tive, nonché un numero di “prime volte” nella storia dello sport, in termini di eventi. Altri due temi importanti di questo excursus storico sullo sport management sono: lealtà sportiva ed inclusione sociale. Infatti lo sport dei giorni d’oggi richiede, o almeno do-vrebbe richiedere, un gioco onesto e pulito; per gli atleti diventa fondamentale il rispetto delle “regole del gioco” e chi infrange tali regole viene spesso sospeso o, nei casi più gravi, escluso dal mondo dello sport. Quindi diventa cruciale la percezione di uno sforzo onesto, il quale è alla base di qualsiasi organizzazione di sport moderno.

Da ciò deriva anche l’importanza del fair play e dell’uguaglianza di competizione. Nonostante ciò, le disparità tra squadre e leghe rimangono e in alcuni casi sono anche piuttosto marcate. Anzi c’è spesso una contrapposizione tra una inclusione democratica e una regolamentazione dei partecipanti ad una lega, ad un torneo o semplicemente ad una singola gara, data dalla necessità di ogni forma organizzata di sport di avere delle regole che circoscrivano a chi è permesso partecipare ad una competizione, come ad esempio requisiti di età, di genere o di cittadinanza. Stabilire chi può partecipare e chi invece è escluso dalla partecipazione richiede sia una comprensione delle specificità di uno sport, sia una più ampia comprensione delle istanze sociali in un dato periodo; infatti ciò che può sembrare “giusto” in un particolare momento storico, può non esserlo in un altro e deriva spesso da credenze sociali. A titolo di esempio, fino a qualche tempo fa sarebbe stato impensabile per una donna partecipare ad una lega professionistica di calcio, base-ball o basketbase-ball3 oppure competere con uomini nei tornei di golf della Professional Gol-fers’ Association (PGA).4 Storicamente i gruppi con maggior influenza e potere sociale

hanno definito i limiti di partecipazione, solitamente a vantaggio dei loro benefici.

3 La prima FIFA Women’s World Cup si è disputata nel 1991, mentre la Women’s National Basketball

Association (WNBA) è stata fondata nel 1997.

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Le nozioni sull’onestà del gioco e su chi ha diritto di partecipare, o anche solo assistere, ad eventi sportivi è cambiata nel corso del tempo, così il management dello sport ha sem-pre avuto la necessità di adattarsi ai cambiamenti avvenuti nella società.

1.1.1 Il sistema dei club5

L’Inghilterra può essere considerata il luogo di nascita dello sport moderno e dello sport management; l’ampia influenza della cultura sportiva inglese è dovuta alla potenza dell’Impero Britannico nel XVIII e XIX secolo, infatti la Gran Bretagna aveva colonie in tutto il mondo e portò lo sport in ciascuna di esse. La continua influenza delle tradizioni sportive britanniche continuò ben oltre il termine del suo impero, tanto è vero che perfino gli sport che sono nati al di fuori del Regno Unito, come basketball e golf, inizialmente adottarono la struttura organizzativa degli sport inglesi.

Nel corso del XVIII secolo, l’aristocrazia inglese, composta da nobili e proprietari terrieri, iniziò a riunirsi in club (o circoli) sportivi; l’appartenenza ai club inizialmente era limitata solo ai membri dell’alta società. I primi club organizzavano semplicemente singoli eventi o competizioni annuali, le quali riuscivano a riunire i soci al fine di partecipare a questi eventi sociali.

A partire dal XIX secolo, i club stabilirono delle regole per gli incontri e per la risoluzione di eventuali controversie che si sarebbero create. Le corse a cavallo furono uno dei primi sport ad essere trasformati dal sistema di gestione dei club ed altri sport inglesi, come cricket, rugby e calcio, allo stesso modo adottarono una struttura similare di club

mana-gement. In ogni caso le corse a cavallo restano il primo esempio di gestione dei club

sportivi e poniamo brevemente la nostra attenzione su tali eventi sportivi.

Le prime corse erano degli eventi locali, spesso associati ai periodi di vacanza o di vendita dei cavalli. Dalla metà del XVIII secolo, tali eventi iniziarono a riscuotere un ampio se-guito nell’aristocrazia inglese e le corse venivano organizzate da gruppi locali di proprie-tari di cavalli, per lo più allo scopo di mostrare agli invitati i loro migliori cavalli ed elevare così il proprio prestigio sociale. A questo livello l’organizzazione era di fatto ba-sata unicamente su un sistema volontario di management, controllato dagli stessi uomini che possedevano i cavalli e le tenute fondiarie. Nonostante l’estrema stratificazione so-ciale di quel periodo, le corse di cavalli avevano un’ampia e diversificata audience, infatti

5 Il presente paragrafo, così come i successivi sul sistema delle leghe e dei tornei professionistici, sono

ripresi e adattati da: L.P. Masteralexis, C.A. Barr, M.A. Hums, Principles and practice of sport manage-ment, quinta edizione, Boston, Jones & Bartlett Learning, 2015, pp. 4-18.

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tutti i livelli della società inglese assistevano alle corse ed i proprietari, in continuità con la tradizione ed al fine di intrattenere le masse, decisero di non introdurre alcuna tariffa per poter assistere agli eventi. Inoltre, seppur importanti per il prestigio dei proprietari dei cavalli, le corse raramente rappresentavano il loro business principale; per questo motivo le corse di cavalli e lo sport rimasero nettamente separati dalla crescente economia capi-talista dell’epoca. Questo sistema dava alle corse stesse un aspetto di onestà, fondamen-tale per la diffusione dello sport tra il pubblico, il quale amava la velocità e le corse in quanto tali, nella sua essenza più pura, lontana dagli scopi economici, religiosi o politici e questo rappresentava uno straordinario fenomeno moderno.6

Tale sistema continuò a governare con successo il mondo dello sport, almeno fino a quando i club sportivi rimasero locali, ma presto entrarono in gioco altri fattori, i quali richiedevano la necessità di una gestione più sistematica dello sport; infatti c’era un cre-scente desiderio, da parte dei proprietari, di allevare ed allenare i più veloci cavalli d’In-ghilterra ed accanto a questo iniziò a diffondersi il sistema delle scommesse. A partire dal 1830 circa, i proprietari di cavalli ebbero la possibilità, grazie allo sviluppo del sistema di trasporto ferroviario, di competere a livello nazionale, ma ciò comportava una nuova situazione da gestire in modo sistematico per gli organizzatori delle corse, i quali adesso neanche avevano più una conoscenza diretta dei partecipanti alle gare.

Le scommesse sulle corse iniziarono a diventare popolari in ogni classe sociale e ciò di-venne presto un’importante forma di intrattenimento, oltre al fatto che gli scommettitori con una buona conoscenza dei cavalli avevano una certa abilità nel prevedere chi avrebbe vinto le gare.

Le scommesse, a quel tempo, rappresentavano anche una forma di controllo sulla lealtà della competizione, infatti il pubblico che assisteva alla gara poteva facilmente controllare se vi fossero accordi tra i fantini e nel caso ci fosse un sospetto su alcuni di essi, aveva la possibilità di punirli, spesso anche fisicamente.

Nel periodo successivo poi vi furono tutta una serie di innovazioni come le corse ad “han-dicap”, le gare cronometrate, le corse con lunghezza standardizzata oppure l’aggiunta di pesi ai cavalli; tutto ciò incrementò l’interesse del pubblico verso lo sport e crebbe anche il numero e la complessità del sistema delle scommesse. Come risultato, i metodi conven-zionali fino a quel momento utilizzati, non erano più adatti a regolare in modo adeguato il mondo dello sport. Emerse allora l’importanza del modello di governance dei club, i

(13)

quali avevano la responsabilità di risolvere le controversie, stabilire le regole, determinare le partecipazioni, designare gli ufficiali di gara e punire i partecipanti che non rispettavano le regole del gioco.7 Il più importante tra i club inglesi era il Jockey Club, istituito intorno al 1750 nella cittadina di Newmarket. Poco più tardi rispetto al Jockey Club nacquero e si diffusero numerosi altri club di diverse discipline sportive, come il Marylebone Cricket Club (1788) o anche la Pugilist Society (1814). Perfino sport come football e rugby, che si organizzarono più tardi, inizialmente adottarono la struttura organizzativa tipica dei club.

La struttura dei club può essere anche considerata come il fondamento per i moderni Gio-chi Olimpici, i quali nacquero proprio all’apice del successo del sistema dei club. I Giochi dell’antica Grecia invece facevano parte, almeno inizialmente, di un’ampia ce-rimonia religiosa ed erano visti e partecipati solo da parte di liberi cittadini greci, di sesso maschile e fisicamente abili. I Giochi nacquero nel 776 a.C. e si svolsero ogni quattro anni e senza interruzioni per oltre mille anni, diventando nel tempo un raduno internazio-nale di atleti. I Giochi durarono fino al 393 d.C., sebbene furono tenuti in diverse forme fino al 521 d.C.8

Passarono quasi 15 secoli prima che i Giochi Olimpici fossero ripristinati in un’altra e diversa forma. Infatti il 1896 è l’anno in cui nacquero ufficialmente i moderni Giochi Olimpici, sebbene prima di questa data, manifestazioni e rivisitazioni dei Giochi erano già state organizzate ad un livello locale in Inghilterra.9

La conferenza con cui vennero fondati i moderni Giochi Olimpici fu tenuta nel 1894; Pierre de Coubertin, pedagogista e storico francese; William Sloane, professore dell’Uni-versità di Princeton e Charles Herbert, segretario della Amateur Athletics Association,10 erano le persone principali dietro l’organizzazione della conferenza istitutiva dei Giochi, che loro denominarono “congresso internazionale atletico”.11 Il congresso fu partecipato

da più di 70 persone, rappresentanti di 37 club e associazioni amatoriali, provenienti da

7 A tal proposito, si veda: W. Vamplew, Pay up and play the game: Professional sport in Britain,

1875-1914, Cambridge, Cambridge University Press, 1989.

8 Fonte: Ministero della Cultura-Segretariato generale per lo sport, Greek athletics: A historical overview,

Atene, 1998.

9 D. Young, The Modern Olympics: A struggle for revival, Baltimore, Johns Hopkins University Press,

1996.

10 E’ una federazione sportiva inglese, oggi denominata Amateur Athletics Association of England, istituita

nel 1880. Si tratta del più antico organo nazionale al mondo che disciplina l’atletica leggera.

11 Al termine di tale congresso venne fondato il Comitato Olimpico Internazionale, noto anche come CIO

(dalle iniziali del nome originale francese: Comité International Olympique), la cui prima presidenza fu affidata al greco Dimitrios Vikelas.

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13 differenti nazioni. L’obiettivo primario del congresso era stabilire il significato e l’ap-plicazione del dilettantismo. De Coubertin, mosso da uno spirito olimpico derivante da quello inglese, da una visione tipica dell’epoca vittoriana dello sviluppo della persona tramite lo sport e dall’influenza di un movimento internazionale di pace, propose al con-gresso che i Giochi si tenessero ogni quattro anni, in Paesi scelti a rotazione e che i par-tecipanti dovessero essere degli atleti “cavalieri”, i quali dovevano competere con grazia ed eleganza per l’onore del proprio club o Paese di appartenenza; propose inoltre che i primi Giochi si svolgessero a Parigi nel 1900; tuttavia i partecipanti al congresso erano così entusiasti all’idea di rivivere da subito lo spirito dei Giochi Olimpici che votarono per una prima edizione da svolgersi ad Atene nel 1896.

I primi Giochi Olimpici moderni del 1896 furono un evento di nove giorni di gara e vi presero parte 311 atleti provenienti da 13 nazioni; i partecipanti erano esclusivamente dilettanti, la maggior parte dei quali studenti o membri dei club di atletica, poiché il con-cetto dei team nazionali non era ancora del tutto emerso. Gli spettatori riempirono il nuovo stadio Panathinaiko di Atene per assistere ai Giochi, i quali comprendevano nove discipline sportive: ciclismo, scherma, ginnastica, tennis, tiro a segno, nuoto, atletica, sol-levamento pesi e lotta greco-romana.12 Nei Giochi Olimpici successivi (Parigi 1900, St.

Louis 1904), la popolarità della manifestazione risultò essere in declino, in quanto oscu-rata dalle Esposizioni Universali del tempo.13 La vera crescita dei Giochi, in termini di

partecipanti e pubblico avvenne, non sorprendentemente, quando Londra ospitò i Giochi della IV Olimpiade nel 1908.

La struttura attuale dei club

Molti sport ed eventi contemporanei, tra cui l’atletica statunitense ed il calcio europeo, hanno le loro radici organizzative nel sistema dei club sportivi. Tale sistema, sebbene stia scomparendo nell’organizzazione dello sport d’élite, risulta essere ancora oggi un modo piuttosto comune per organizzare lo sport e le attività ludico-ricreative.

Alcuni club hanno ancora oggi il loro scopo principale nel servire la loro ampia

member-ship e gestire un’impresa d’élite sportiva. Molti dei principali club calcistici europei sono

12 Fonte: Ministero della Cultura-Segretariato generale per lo sport, Greek athletics: A historical overview,

Atene, 1998.

13 In particolare, i Giochi della III Olimpiade di St. Louis, videro addirittura una diminuzione nel numero

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un esempio dell’odierna club governance, mentre alcuni club come ad esempio Olympia-kos o PanathinaiOlympia-kos, forniscono anche delle attività ricreative ai loro membri, oltre ov-viamente alla gestione dei rispettivi team sportivi. I club inoltre spesso organizzano e gestiscono un proprio settore giovanile e delle vere e proprie academy,14 attività ricreative per gli adulti ed eventi sociali, come cene e balli per intrattenere i loro soci. Molti dei principali club sportivi europei sono seguiti da milioni di appassionati e fan, così rara-mente hanno delle difficoltà ad attrarre spettatori per i loro incontri.

La struttura manageriale dei club sportivi elitari è stata così lentamente rimpiazzata da altre strutture di sport management. Chiaramente i Giochi Olimpici sono decisamente cambiati rispetto alle loro prime edizioni; adesso assomigliano molto più alla struttura dei tornei professionistici, che vedremo più avanti in questo capitolo. Probabilmente il più importante cambiamento è stata la decisione di ammettere ai Giochi anche gli atleti pro-fessionisti. A partire dagli anni ’70 del secolo scorso infatti i requisiti di dilettantismo sono stati gradualmente estromessi dalla Carta Olimpica.15 Dopo le Olimpiadi di Seul 1988, il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) decise che gli atleti professionisti sa-rebbero stati ammessi a partecipare ai Giochi Olimpici. Al giorno d’oggi, quindi, una volta eliminato anche il requisito di dilettantismo, rimane ben poco del principio di sport cavalleresco dei primi Giochi dell’era moderna, così come erano stati pensati ed istituiti con il congresso del 1894.

I club calcistici europei, uno dei primi esempi del sistema di club management, sono a loro volta inevitabilmente e drasticamente cambiati nel corso del tempo ed oggi assomi-gliano sempre più al sistema delle leghe, come vedremo meglio in seguito. L’emergente sistema di sport management dei club europei ha infatti il suo fondamento nel sistema statunitense delle leghe professionistiche.

Il sistema delle leghe negli USA iniziò a svilupparsi quando il sistema inglese dei club si dimostrò poco adatto alla situazione economica e culturale degli Stati Uniti del XIX se-colo.

14 Per un approfondimento della tematica in questione, si veda, tra gli altri: F. Montanari, G. Silvestri, F.

Bof, L. Pancalli, Il management del calcio: la partita più lunga, Milano, Franco Angeli, 2008.

15 La Carta Olimpica è un documento ufficiale, approvato dal CIO, che contiene un insieme di regole e

linee guida per l'organizzazione dei Giochi Olimpici e il governo del movimento olimpico, codificandone i princìpi fondamentali. Per un approfondimento si consulti la pagina internet: https://www.olym-pic.org/olympic-studies-centre/collections/official-publications/olympic-charters.

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1.1.2 Il sistema delle leghe

Agli inizi del XIX secolo, negli Stati Uniti, gli appassionati di sport provarono a svilup-pare il sistema dei club, così come era avvenuto in Inghilterra, ma andarono incontro ad un successo ben più limitato. Infatti i club formatisi nel corso del secolo non riuscirono ad entrare pienamente nella cultura americana, come invece avevano fatto i club in Gran Bretagna e, più in generale, in tutta Europa.

Mentre i club europei enfatizzavano il ruolo dello sport, al fine di attrarre la popolazione ed avere così un’ampia base di associati e appartenenti ai club, i più prestigiosi club sta-tunitensi erano essenzialmente dei social club, i quali neanche sentivano la necessità di sponsorizzare gli eventi sportivi. I club di atletica, invece, iniziarono ad ottenere prestigio solo verso la fine del XIX secolo, quando il sistema delle leghe profit-oriented iniziava a svilupparsi nel panorama culturale statunitense. Anche le corse a cavallo negli USA non ottennero lo stesso successo che in Europa; uno degli ostacoli era dovuto alla mancanza di una tradizione da parte dell’aristocrazia nelle corse. Un altro fattore limitante era il peso politico dell’integralismo religioso, il quale periodicamente limitava o proibiva le scommesse sui cavalli.

Iniziò però a svilupparsi un tipo di sport tipicamente americano: le corse al trotto. Il suc-cesso della struttura delle leghe, che è oggi largamente dominante negli Stati Uniti, e non solo, ebbe proprio origine dai successi e dai fallimenti delle corse al trotto del XIX secolo. Per questo motivo risulta utile capire la transizione tra il sistema dei club e quello delle leghe.

Le corse al trotto del XIX secolo erano considerate lo sport della gente comune, infatti le prime corse ebbero luogo in strade cittadine e bastava avere un cavallo e una carrozza per poter partecipare. Certamente questo tipo di gare era molto più inclusivo delle tradizionali corse al galoppo ed era relativamente poco costoso possedere e mantenere un cavallo, il quale non doveva necessariamente provenire da un particolare allevamento; inoltre i ca-valli impiegati nelle corse, erano quelli che il giorno trainavano le carrozze.16 La

popola-rità di tali corse crebbe ed iniziarono a svolgersi anche sulle piste ovali, che erano state costruite appositamente per le corse al galoppo. I proprietari dei tracciati, il cui business era in declino, erano desiderosi di affittare i loro tracciati agli organizzatori di corse al trotto. I promotori di tali corse iniziarono ad offrire denaro ai partecipanti, il quale era

16 M. Adelman, A sporting time: New York City and the rise of modern athletics, 1820-70, Urbana,

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stato raccolto tramite le entrate derivanti dai biglietti d’ingresso e pagarono l’affitto dei tracciati attraverso l’aumento dei prezzi dei biglietti stessi.

Le corse al trotto mancavano della tradizione aristocratica ed elitaria delle corse al ga-loppo inglesi, e proprio per questo motivo il pubblico iniziò ad ammirare questo sport ed era disposto a pagare delle tariffe per sussidiare gli eventi. I promotori iniziarono a fare affidamento sull’interesse del pubblico e la partecipazione era in forte crescita, tanto che divenne presto lo sport più popolare negli USA. Inoltre le corse al trotto potevano contare su un minore affaticamento dei cavalli, dato che le corse erano in pratica degli sprint, questo portò ad avere un numero maggiore di gare ed eventi rispetto alle corse tradizio-nali.17 Era diverso anche il sistema di management: i proprietari dei circuiti e i promotori delle gare gestivano interamente lo sport e, a differenza del Jockey Club, economicamente dipendevano molto dai ricavi delle corse. Così i promotori cercarono di mettere insieme i migliori cavalli per competere nelle stesse gare, al fine di accrescere ulteriormente l’in-teresse degli spettatori. Questo desiderio di intensificare la competizione comportò però una serie di problemi; innanzitutto i potenziali concorrenti cercarono di aumentare le loro possibilità di vittoria evitando le corse con altri cavalli più titolati. Di conseguenza i pro-motori degli eventi cercarono di incentivare la partecipazione dei migliori trottatori, of-frendo ai loro proprietari una percentuale sui ricavi delle corse; questo portò alcuni par-tecipanti e promotori a combinare le gare, al fine di promuovere e creare domanda per gli eventi futuri. Quindi le vittorie dei trottatori iniziarono ad essere oggetto di negoziazioni e le notizie si diffusero rapidamente tra il pubblico. Ovviamente questa prassi violava i princìpi di onestà, i quali sono fondamentali per il successo di uno sport. Le corse al trotto persero così il loro fascino e gli organizzatori ed i partecipanti alle gare, a differenza dei membri del Jockey Club, non avevano la giusta reputazione per convincere il pubblico che le loro gare fossero legittime. In definitiva gli spettatori persero la fede nell’integrità di questo sport e le corse al trotto persero così la loro popolarità e la loro audience. Tut-tavia gli appassionati di sport e i manager si convinsero che era fondamentale sviluppare e ridefinire un sistema di sport management. Come risultato si arrivò alla struttura delle leghe profit-oriented ed il baseball fu in assoluto il primo sport ad implementare questo tipo di struttura.

17 In particolare, le corse al galoppo tradizionali erano disputate su una distanza di 4 miglia, quindi i cavalli

potevano gareggiare solo poche volte all’anno, mentre le corse al trotto, essendo degli sprint, potevano svolgersi anche più volte nello stesso pomeriggio; questo certamente faceva accrescere la reputazione dei cavalli e il seguito da parte del pubblico.

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Inizialmente il baseball era organizzato secondo il sistema dei club, i leader dei club de-finivano le regole, affittavano i campi da gioco ed invitavano altri club ad incontrarsi e giocare. Le leghe che si erano appena costituite, incoraggiarono la parità di competizione e cercarono di regolare la partecipazione tra gli appartenenti ad una stessa classe sociale. Solo i migliori team, come ad esempio i Cincinnati Red Stockings del 1869-1870, erano in grado di mantenere elevato l’interesse dei propri fan. Il team di Cincinnati fu il primo ad essere composto da soli giocatori professionisti ed i viaggi della squadra per sfidare i team dell’Est degli Stati Uniti attirarono migliaia di tifosi; questo permise al team di gua-dagnare abbastanza per pagare i salari dei giocatori e le spese per le trasferte stesse. Nei primi anni ’70 dell’Ottocento ci fu una frattura tra i team: quelli che pagavano i loro giocatori entrarono in conflitto con quelli che invece non lo facevano. Entrambe le tipo-logie di club continuarono a coesistere, ma vi era una sempre più crescente differenza di classe e di etnia tra i partecipanti.

Nel 1871 un gruppo di squadre professionistiche formò la National Association of Pro-fessional Baseball Players, distaccandosi così dal sistema dilettantistico; ogni club che poteva permettersi di pagare i propri giocatori, poteva unirsi all’associazione. La crea-zione e la sopravvivenza di questa lega però, come avveniva con il sistema dei club, era ancora largamente dipendente dai suoi più ricchi soci e di conseguenza c’era una man-canza di stabilità. In sostanza gli interessi finanziari dei singoli club erano ancora domi-nanti rispetto agli interessi di qualsiasi associazione tra club.

Nel 1876, William Hulbert subentrò nella gestione della National Association, che rinominò National League of Professional Baseball Players. Hulbert divenne noto come lo “Zar del baseball”, per la sua forte leadership ed il suo ruolo come figura principale nello sviluppo dello sport management negli USA. Era fortemente convinto che i team di baseball sarebbero diventati economicamente stabili, solo se gestiti come delle vere e proprie aziende; i team avrebbero dovuto competere l’uno contro l’altro senza colludere, a differenza di quanto era avvenuto in precedenza nelle corse di cavalli.

I primi club della lega si riunirono in una assemblea che si tenne nella città di New York ed emerse la necessità che l’autorità rimanesse all’interno di una lega, invece che in una incerta e non ben definita associazione di club. Hulbert inoltre intuì che, fino a quando non ci fossero state delle stringenti regole sull’onestà di competizione, i proprietari dei team sarebbero stati tentati dal desiderio di colludere. Un’altra novità attribuita ad Hulbert fu quella di strutturare la lega in modo da costringere i proprietari dei team a prendersi

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anche dei rischi finanziari, con l’obbligo di completare l’intera stagione ed evitare di ter-minarla nel momento in cui il team iniziava ad andare incontro a perdite di denaro, come invece era consuetudine in quel periodo. I proprietari erano in questo modo obbligati a rispettare il programma stabilito dalla lega e avrebbero certamente avuto dei benefici nel mettere insieme una squadra competitiva. Questo perché lo sport del baseball non poteva permettersi di vedere la propria credibilità inficiata dal sospetto sull’onestà di competi-zione di squadre e giocatori. I sostenitori avrebbero sempre voluto vedere la loro squadra impegnata in una competizione leale contro altri team.

Un altro aspetto da sottolineare è che il baseball si sviluppò durante l’epoca vittoriana ed alcuni segmenti della popolazione seguivano delle rigorose convenzioni culturali, in par-ticolare molti seguivano confessioni religiose che proibivano il gioco d’azzardo e il con-sumo di bevande alcoliche. Hulbert, al fine di andare incontro a questo ampio segmento di mercato, decise di proibire le scommesse sulle partite della National League, fu inoltre proibito di giocare la domenica e di vendere birre nei campi di baseball; i team che in-frangevano queste limitazioni, venivano immediatamente espulsi dalla lega.

I prezzi dei biglietti delle partite, sempre su decisione di Hulbert, aumentarono sensibil-mente, per scoraggiare la presenza della working-class ed al contempo accrescere l’inte-resse di “migliori” classi sociali.18

I giocatori, la maggior parte dei quali immigrati appartenenti proprio alla working-class, inizialmente beneficiarono della nozione vittoriana secondo la quale un corpo atletico e robusto è allo stesso tempo significativo di un altrettanto forte carattere morale. Tuttavia alla base della cultura vittoriana dell’epoca c’era anche la nozione di distinzione biologica tra gruppi etnici e raziali, così la National League, in maniera non del tutto sorprendente, decise di escludere i giocatori afroamericani.

Una volta stabilizzata la solida struttura della lega e l’apparenza di un gioco onesto, c’era ancora bisogno di creare un mercato per il gioco del baseball.

Si rivelò abbastanza semplice attrarre spettatori per le gare più importanti e per le sfide tra squadre rivali, ma l’obiettivo era quello di attrarre pubblico anche per le altre gare della regular season. Questo “dilemma” fu ulteriormente complicato dal fatto che molti dei club indipendenti, cioè non affiliati alla National League, erano in grado di mettere in

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campo delle squadre molto competitive.19 La soluzione apportata da Hulbert nel 1876 fu

quella di proporre, agli appassionati di questo sport, le partite della National League non come dei singoli eventi, ma come un insieme di gare, cioè un vero e proprio campionato. Inoltre, per essere un business di successo ed apparire come una lega competitiva, anche le principali squadre dovevano perdere una parte delle loro partite. Le regole della Natio-nal League sembravano disegnate proprio per questo scopo.

Hulbert mantenne la sua lega piuttosto piccola, limitando la partecipazione a sole otto squadre; la lega era piccola abbastanza per assicurare che nessun team fosse così lontano dalle prime posizioni e quindi dalla vittoria del campionato.

Altre significative innovazioni apportate da Hulbert a questo sport influenzarono note-volmente la storia e lo sviluppo dello sport management. Ad esempio fu introdotta una regola che imponeva ai proprietari dei team di rispettare un contratto di un anno con cia-scun giocatore. Questa pratica, oltre ad aiutare a distribuire i giocatori di talento in ma-niera più uniforme, ebbe anche l’effetto di tenere bassi i salari dei giocatori. Un altro effetto da non sottovalutare è che il rispetto di questi contratti, portava i giocatori a rima-nere più stabilmente all’interno di un team, andando così a rafforzare la percezione di una squadra locale e di conseguenza aumentava anche la fan loyalty.

Da un punto di vista “mediatico” invece, la stampa locale, al fine di attirare l’attenzione dei lettori, iniziava a dare risalto al gioco del baseball; in breve tempo iniziò a diffondersi la cultura della “squadra della città”. La National League, a sua volta, contribuì allo svi-luppo di questo concetto, vietando la presenza di team provenienti dalla stessa città, o comunque da città limitrofe. Fu anche proibita la disputa di incontri tra team della Natio-nal League ad altre squadre locali, questo per evitare che si creassero dei club indipen-denti proprio nelle città dove erano presenti i team di National League.

Nel Nord America, così come in altre parti del mondo, tutt’oggi continua a persistere il concetto della squadra appartenente alla città, questo spesso vale sia per le cosiddette

major league americane,20 ma anche per leghe minori.

Tornando alla National League del tempo, le squadre partecipavano anche ad una primi-tiva suddivisione dei ricavi: alla squadra di casa era richiesto di condividere i ricavi della

19 Negli anni ’70 dell’Ottocento, le squadre di National League persero oltre la metà delle partite disputate

contro club indipendenti, così come viene riportato in: E. M. Leifer, Making the majors: The transformation of team sports in America, Cambridge, Harvard University Press, 1995.

20 Per major league si intendono: Major League Baseball (MLB), National Football League (NFL), National

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partita con la squadra ospite. Questa regola permetteva così, anche alle squadre con gio-catori dotati di minor talento, di ottenere denaro quando giocavano in trasferta. La suddi-visione dei ricavi da gare redistribuì la ricchezza all’interno della lega e permise ai team, da un punto di vista economico, di competere per l’acquisto dei migliori giocatori.

La struttura attuale delle leghe

La strategia di successo della National League, così come descritta sopra, sembra piutto-sto semplice se comparata con le strategie di business utilizzate dalle odierne leghe spor-tive professionistiche, le quali si basano, tra le altre cose, su naming right, diritti televisivi, concessioni di licenze. Tuttavia lo straordinario successo commerciale delle attuali leghe professionistiche, in particolare quelle nordamericane, è ancora strettamente legato al consolidamento del “gioco di lega”, con una forte centralizzazione del controllo e della regolamentazione. Il sistema delle leghe è in larga parte disegnato per incoraggiare la fiducia di tifosi e appassionati nella lealtà delle squadre, il loro operare in un sistema competitivo con eguale possibilità di successo, fuori e dentro al campo.

Il pubblico di riferimento è cambiato nel corso del tempo; la necessità di vedere il proprio team in maniera indipendente rispetto agli altri è via via diminuita. Le leghe nordameri-cane nate più di recente, come la WNBA o la Major League Soccer (MLS) hanno da subito sperimentato una struttura di lega vista come un’entità singola, in cui ciascun team è di fatto di proprietà e gestito dalla lega stessa. La percezione dei tifosi sull’onestà di competizione è ora focalizzato più sui giocatori, piuttosto che sulla struttura proprietaria. Il sistema delle leghe ha inevitabilmente subìto delle trasformazioni nel corso del tempo ed è oggi un tema centrale quando facciamo riferimento allo sport management, ma no-nostante questo è importante sottolineare che ad oggi ci sono alcuni sport non strutturati secondo questo sistema. In particolare facciamo riferimento a sport come golf e tennis, i quali si sono sviluppati e continuano ad operare utilizzando una diversa struttura organiz-zativa. Si tratta dell’organizzazione in tornei sportivi professionistici, i quali hanno le loro origini nel sistema dei club. Infatti furono proprio i club privati a sponsorizzare i primi tornei, a beneficio degli appartenenti ai circoli.

1.1.3 I tornei professionistici

Verso la fine dell’Ottocento, i club privati finanziarono i primi tornei professionisti, a diretto beneficio dei propri membri. Gli atleti professionisti di solito erano dei dipendenti

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dei club, con il compito di insegnare il gioco agli altri soci, ma spesso erano esclusi dalla partecipazione ai tornei. Così i professionisti di alcuni sport, tra cui il golf, in assenza di una ricca sponsorizzazione dei tornei, dovettero trovare forme di sostegno finanziario al-ternative, che potessero permettergli di competere nei tornei.

Molti dei primi giocatori di golf professionisti erano europei, portati negli Stati Uniti dai circoli sportivi per aiutare a progettare, costruire e prendersi cura dei campi da golf e per spiegare i punti fondamentali del gioco ai membri dei club. Il golf, per sua stessa natura, si prestava molto ad essere un tipo di gioco esclusivo, destinato all’alta società, pretta-mente di sesso maschile. I primi giocatori di golf, seppur tecnicapretta-mente dei professionisti, avevano caratteristiche ancora molto differenti dagli odierni giocatori della Professional Golfers’ Association (PGA) o della Ladies Professional Golf Association (LPGA). Infatti i primi professionisti erano principalmente gli istruttori dei vari club, i quali ottenevano denaro extra dalla partecipazione alle manifestazioni. I produttori di materiale per il golf assunsero i più conosciuti professionisti come rappresentanti, al fine di aiutare a pubbli-cizzare il gioco e i loro brand in occasione degli eventi sportivi.

All’inizio degli anni ‘30 del Novecento ci furono vari tentativi per organizzare una lega professionistica di golf, ma nessuno di questi tentativi ebbe l’esito sperato. I professionisti vedevano le leghe come associazioni poco stabili, quindi più rischiose rispetto alla parte-cipazione alle singole manifestazioni o ai clinic; inoltre spesso quando decidevano di competere, lo facevano per ottenere premi che erano stati messi in palio da loro stessi. I tornei professionistici non trovarono un’adeguata stabilità fino a quando non furono tro-vati degli sponsor che potessero mettere in palio dei premi in denaro. Un tipo di torneo, che in ultima analisi fallì, era quello che prevedeva la generazione di profitti, per i pro-prietari dei club, derivanti dai ricavi dei biglietti venduti per assistere alle gare. Nella prima metà del XX secolo, i ricavi derivanti dagli spettatori rappresentavano la principale fonte di entrate per la maggior parte degli sport. Seguendo i precedenti approcci del mondo della boxe e dei proprietari delle squadre di baseball, i proprietari dei country club iniziarono loro stessi a produrre eventi di golf, vendendo i biglietti per le manifestazioni e gestendo le concessioni.

I tornei privati però andarono incontro ad enormi difficoltà nel diffondersi tra il pubblico; questo era conseguenza diretta del modo in cui lo sport si era sviluppato fino a quel mo-mento. I proprietari individuali di campi da golf erano rari; i club erano sia di proprietà dei soci che pubblici. Sebbene ci fosse un consorzio di proprietari di campi da golf, come avveniva anche nel baseball, i giocatori non erano però sotto il controllo diretto di una

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squadra o di un’associazione, ma piuttosto operavano in modo indipendente. I giocatori di golf, infatti, non avevano bisogno di team, manager o promotori, così come fino ad allora era avvenuto in altri ambiti sportivi e questo rendeva molto più complesso il loro controllo.

Fred Corcoran può essere considerato l’ideatore dei tornei professionistici di golf. Cor-coran riuscì a comprendere le specificità e l’unicità del golf: infatti a differenza degli altri sport, che operavano dal basso verso l’alto, il golf era un gioco upside-down, nel quale “i giocatori devono pagare per giocare ed utilizzano strutture costruite per i proprietari ama-toriali, i quali occasionalmente accettano di aprire i cancelli”.21 Per gestire questo tipo di sport, Corcoran prese ispirazione dai dirigenti pubblicitari ed utilizzò i tornei di golf nello stesso modo in cui i giornali utilizzavano le notizie, per vendere spazi pubblicitari. Cor-coran non promosse mai il golf come uno sport per intrattenere le masse e, nella sua idea, il golf doveva essere un mezzo attraverso il quale promuovere la visibilità di una celebrità, di un politico, di una organizzazione benefica o anche di una città; in pratica doveva es-sere uno sport che aiutasse a guadagnare prestigio. Tutto questo portò i tornei professio-nistici di golf ad essere meno dipendenti dalla vendita dei biglietti rispetto ad altri sport, e allo stesso tempo più dipendenti dalle sponsorizzazioni da parte di aziende e comunità locali.

Nel 1937, un consorzio di produttori di attrezzature per il golf assunse Corcoran come direttore dei tornei per il circuito PGA. Egli lavorò nell’associazione per oltre un decen-nio, trovando accordi con club pubblici e privati per l’organizzazione di tornei professio-nistici.22

Corcoran riuscì a far confluire i giocatori all’interno di associazioni, introdusse delle re-gole riguardanti sia l’aspetto del gioco, sia l’ammissibilità dei giocatori ai tornei. Uno dei principali contributi di Corcoran fu la creazione di tornei autosufficienti dal punto di vista finanziario. Prima del 1937, infatti, la PGA era riuscita a pagare i premi in denaro ai giocatori grazie alle entrate derivanti dall’applicazione di tariffe per l’iscrizione ai tornei, ed aveva trovato accordi con le comunità locali per finanziare i tornei. Corcoran, il quale aveva trascorso dieci anni organizzando tornei amatoriali nel Massachusetts, ebbe la ca-pacità di capire le potenzialità, in termini economici, che un torneo avrebbe potuto

21 Traduzione in italiano da: F. Corcoran, Unplayable lies, New York, Meredith Press, 1965, p. 246. 22 Successivamente, nel 1949, il consorzio assunse nuovamente Corcoran, per organizzare i tour golfistici

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rare per la collettività. Fu abile nel convincere le varie comunità ad assumersi la respon-sabilità di offrire premi in denaro ai giocatori, dimostrando come i ricavi generati da 70 golfisti professionisti, i quali cenano nei ristoranti e dormono negli alberghi, sarebbero stati almeno tre volte superiori ai premi da pagare.23 Corcoran rafforzò poi la crescita del golf, trovando accordi con famose star del mondo del cinema e della musica, come ad esempio Bing Crosby, il quale era anche un imprenditore sportivo, che coniugò i tornei delle celebrità con quelli dei professionisti, raccogliendo soldi in beneficienza. Questa combinazione dei due aspetti, cioè dei tornei e della raccolta fondi, risultò di grande suc-cesso: golfisti dilettanti, celebrità e comunità locali iniziarono a pagare esorbitanti tariffe per partecipare. Nonostante i fondi fossero raccolti per beneficienza, generavano anche un ritorno positivo per l’immagine del golf professionistico, risultando il nucleo finanzia-rio intorno al quale sono stati poi costruiti i principali tornei di golf. In questo modo, Corcoran riuscì a trasformare eventi potenzialmente molto costosi, anche sotto il punto di vista del capitale umano impiegato, in eventi organizzati sostenendo bassissimi costi.

La struttura attuale dei tornei professionistici

La struttura dei tornei professionistici appena descritta, si può oggi ritrovare nel golf stesso, nel tennis, nell’atletica ed in manifestazioni multidisciplinari, come i Giochi Olim-pici e ParalimOlim-pici, ma anche il triathlon. Proprio come era stato proposto da Corcoran, i promotori degli odierni tour non vendono l’evento come un mero intrattenimento per gli spettatori, ma come una manifestazione in cui i partecipanti, le aziende e le comunità locali possono acquisire un’enorme esposizione mediatica. La conciliazione di tornei pro-fessionistici ed amatoriali, l’intrattenimento e i festeggiamenti sia prima che dopo i tornei, i posti in tribuna per assistere alle gare, rappresentano oggi il focus dell’interazione e le modalità attraverso le quali gli eventi stessi possono essere venduti. Sebbene le comunità, i politici, le radio, le star del cinema e della musica abbiano ottenuto un loro ritorno dall’investimento nei tornei, le aziende di attrezzature sportive sono quelle che maggior-mente ne hanno tratto beneficio; oggi i tornei di golf sono di fatto diventati una “celebra-zione aziendale” di sé stessi e dei propri prodotti.

Associazioni, come la già citata PGA, sono viste come gruppi privati, i quali stabiliscono le proprie regole sull’ammissibilità dei partecipanti ai tornei. Tuttavia al giorno d’oggi

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anche queste associazioni non possono essere così esclusive come se si trattasse di club privati.24

Oggi c’è inoltre un’altra tendenza in atto, che sta spingendo la gestione dei tornei lontano dalle associazioni private non profit; infatti sempre più i tornei vengono creati da agenzie di marketing o dai media televisivi,25 così come anche da associazioni di giocatori. Quanto visto finora in questo primo capitolo è principalmente focalizzato sugli aspetti storici degli sport professionistici, nondimeno la cosiddetta “industria sportiva” include anche molti altri segmenti rispetto a quelli appena esaminati. Quello che però è importante sottolineare è che i concetti di base e i fondamenti dello sport management possono poi essere applicati anche agli altri segmenti di sport che intendiamo analizzare, come ad esempio le attività sportive giovanili, le attività ludiche e ricreative e molte altre ancora.

1.2

La nascita dello sport management come campo accademico

Nel precedente paragrafo è stata esaminata la nascita e l’evoluzione dell’industria spor-tiva, ma è evidente che per sostenere questo tipo di crescita, il settore sportivo si è dovuto basare, almeno inizialmente, sulle caratteristiche di business derivanti da altri settori eco-nomici. I primi manager dello sport, alcuni dei quali descritti in questo capitolo, raggiun-sero le loro posizioni di vertice nello sport management in quanto in possesso di un ampio bagaglio culturale o professionale in ambito sportivo, o in alternativa un background nel mondo degli affari. Solo in rarissimi casi vi era una combinazione tra i due aspetti. Al giorno d’oggi, invece, questa combinazione tra sport e business è senza dubbio fonda-mentale per avere successo nel campo della gestione sportiva.

Il campo accademico dello sport management si è sviluppato proprio in risposta a questa esigenza. In questo paragrafo vediamo come è venuta a crearsi questa disciplina e cosa è che la rende unica rispetto ad altri settori economici.

I club sportivi, le leghe e i tornei professionistici sono tre delle principali strutture ad oggi utilizzate per gestire, governare ed organizzare qualsiasi attività sportiva. Infatti i sistemi

24 Ad esempio, nel 2001, il golfista statunitense Casey Martin, affetto da una malattia congenita alla gamba

destra, sfidò le regole di partecipazione stabilite dalla PGA, la quale fu obbligata dalla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti a soddisfare la richiesta del giocatore di poter competere utilizzando un’auto da golf, la cosiddetta “golf cart”.

25 Ad esempio, gli X Games sono una serie di eventi commerciali, incentrati sugli sport estremi, organizzati

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di management delle principali leghe professionistiche, così come i circoli privati dilet-tantistici, si basano sulla struttura descritta in precedenza, apportando modifiche e varia-zioni a seconda dei casi specifici e delle caratteristiche di ciascuno sport.

Ciò che è certo però, è il fatto che lo sport management odierno appare molto più com-plesso rispetto ai suoi antecedenti storici. Per di più, la crescente popolarità di nuovi ed emergenti sport come le arti marziali miste, i giochi virtuali, il BASE26 jumping, così come la crescente forza dei media globali, in particolare i social network, stanno favo-rendo l’evoluzione di nuove strutture di gestione dello sport.

La continua crescita dell’industria sportiva e la sua importanza per numerosi sponsor ed istituzioni, hanno creato la domanda per lo studio sistematico di tecniche e pratiche di sport management. Dalla fine degli anni ’60 del secolo scorso, il campo accademico dello sport management si è focalizzato sulle specifiche problematiche con le quali si è dovuto confrontare chiunque operasse attivamente nel business dello sport.

Dal momento che le professioni relative al management dello sport hanno iniziato a cre-scere e prosperare, è risultato evidente che, sebbene vi siano delle similarità tra la gestione di un business tradizionale e quello sportivo, ci siano anche delle problematiche specifi-che, unicamente riferibili all’industria sportiva.

Il concetto di un indirizzo di studi riguardante lo sport management è generalmente ac-creditato a due persone: James G. Mason, un insegnante di educazione fisica della Uni-versity of Miami, e Walter O’Malley, proprietario dei Brooklyn Dodgers (oggi Los An-geles Dodgers) dal 1950 al 1979, i quali discussero l’idea per la prima volta nel 1957.27

Il primo corso universitario specialistico sullo sport management è stato istituito dalla Ohio University nel 1966 e si basava proprio sulle idee di Mason ed O’Malley.28 Poco

più tardi, il Biscayne College (oggi St. Thomas University) e la St. John’s University, introdussero corsi di sport management anche per gli studenti iscritti ai corsi di laurea di primo livello. Il secondo corso universitario specialistico, invece, fu introdotto dalla Uni-versity of Massachussets-Amherst nel 1971. Il numero di università e college statunitensi che proponevano programmi di sport management crebbe rapidamente.29 La crescita di

26 BASE è l’acronimo di “Buildings, Antennas, Span, Earth”. Si tratta di uno sport estremo, che consiste

nel lanciarsi nel vuoto da varie superfici, rilievi naturali, edifici o ponti, e atterrare mediante un paracadute.

27 L.P. Masteralexis, C.A. Barr, M.A. Hums, Principles and practice of sport management, quinta edizione,

Boston, Jones & Bartlett Learning, 2015, p. 21.

28 B. L. Parkhouse, B. G. Pitts, The management of sports: Its foundation and application, terza edizione,

New York, McGraw-Hill, 2001, pp. 2-14.

29 Nel 1985 la National Association for Sport and Physical Education (NASPE) ha dichiarato che i

pro-grammi e i corsi offerti erano già 83; al giorno d’oggi il numero negli Stati Uniti è cresciuto ad oltre 350, come si può vedere consultando il sito internet: http://www.nassm.com.

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questa “nuova” disciplina accademica fu dovuta alla necessità del settore sportivo di avere manager competenti e con una formazione qualificata in tale ambito, ma fu anche influen-zata dalla necessità delle varie università di attrarre studenti.

Data la rapida e costante crescita di questo campo accademico, la preoccupazione per i docenti di sport management era quella di formare studenti con un’adeguata preparazione per operare nell’industria sportiva. Il primo gruppo di studiosi e ricercatori ad esaminare questo tipo di problematica formò un’organizzazione denominata Sport Management Arts and Science Society (SMARTS), intrapresa presso la University of Massachusetts-Amherst. Questo gruppo ha posto le basi per la formazione dell’attuale organizzazione accademica chiamata North American Society for Sport Management (NASSM). Lo scopo della NASSM è di promuovere, stimolare ed incoraggiare lo studio, la ricerca e lo sviluppo professionale nell’area dello sport management, sia nei suoi aspetti teorici, che in quelli pratici.30

In passato, la NASSM e la NASPE monitoravano i piani di studio in sport management attraverso lo Sport Management Program Review Council (SMPRC). Attualmente l’or-gano attraverso il quale vengono accreditati i programmi è il Commission on Sport Ma-nagement Accreditation (COSMA).31

Le organizzazioni professionali, inoltre, esistono ed operano anche in numerose altre na-zioni al di fuori di Stati Uniti e Canada. Infatti la World Association for Sport Manage-ment (WASM), la quale è stata recenteManage-mente creata nel 2012,32 oltre alla già citata

NASSM, include la European Association for Sport Management (EASM), la Sport Ma-nagement Association of Australia and New Zealand (SMAANZ), la Asian Association for Sport Management (AASM), la Latin American Association for Sport Management (ALGEDE)33 e la African Sport Management Association (ASMA).

Dal momento che lo sport management ha una natura sempre più globale, le varie univer-sità stanno implementando specifici curricula praticamente in ogni Paese del mondo. Questo sta producendo sempre più manager di successo, anche al di fuori del Nord Ame-rica e poiché lo sport è in continua evoluzione, anche i diversi curricula continuano a

30 A tal proposito, per ulteriori approfondimenti sulla nascita e sugli obiettivi perseguiti dalla NASSM si

rimanda a: http://www.nassm.com/InfoAbout/NASSM/History.

31 Il COSMA è un organismo di accreditamento specializzato, il cui scopo è quello di riconoscere e

pro-muovere le eccellenze nell’istruzione dello sport management nei college e nelle università, attraverso una certificazione specializzata. Il primo programma è stato accreditato nel 2010. Si veda: www.cosmaweb.org.

32 La WASM ha preso il posto della International Sport Management Alliance, la quale era stata fondata

nel 1999. Si consulti: http://www.uia.org/s/or/en/1122278344.

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cambiare, andando incontro alle necessità di questa industria, che ad oggi può essere de-finita globale.

1.3

La linea temporale dello sport management

In questa parte finale del primo capitolo, come già accennato in precedenza, viene fornita una sequenza cronologica, che ha come obiettivo quello di mettere in evidenza gli eventi legati alla fondazione delle principali organizzazioni sportive e alle principali pratiche e tecniche di sport management, anche alla luce di quanto esposto finora. Inoltre questa sequenza temporale può risultare utile come riassunto delle tappe fondamentali dell’evo-luzione storica dello sport e della diffusione delle strutture di sport management. Chiara-mente non è l’unica linea del tempo possibile, ed anzi è praticaChiara-mente impossibile inclu-dere tutti gli eventi in un’unica sequenza temporale, infatti possono esserne create mol-tissime altre, in modo da tenere in considerazione ulteriori eventi, i quali potrebbero es-sere rimasti esclusi dalla presente trattazione.34

776 a.C. Primi Giochi dell’antica Grecia 393 d.C. Ultimi Giochi dell’antica Grecia 1750 Nasce il Jockey Club a Newmarket 1851 Prima America’s Cup

1857 Fondazione dello Sheffield Football Club, il primo club calcistico 1862 Fondazione del Notts County Football Club, la più antica società

calci-stica professionicalci-stica

1863 Fondazione della Football Association (FA)

1869 I Cincinnati Red Stocking diventano il primo club professionistico nel baseball

1871 Fondazione della National Association of Professional Baseball Players Fondazione della Rugby Football Union (RFU)

1872 Prima FA Cup, la più antica competizione calcistica

1883 Primo Home Championship nel rugby (oggi Torneo Sei Nazioni)

34 Una linea del tempo in parte simile a quella qui presentata, si può trovare nella già citata opera di L.P.

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1891 Nasce il basketball, l’inventore del gioco è James Naismith 1894 Fondazione del CIO

1896 Primi Giochi Olimpici dell’era moderna ad Atene 1900 Per la prima volta le donne competono alle Olimpiadi 1903 Primo Tour de France

Fondazione della MLB 1904 Fondazione della FIFA 1909 Primo Giro d’Italia

1911 Prima 500 Miglia di Indianapolis

1913 Fondazione della International Association of Atheltics (IAAF) 1916 Primo torneo PGA

Prima Copa América in Argentina, il più longevo torneo di calcio per nazioni

1917 Nasce la National Hockey League (NHL) 1920 Nasce la NFL

1923 Prima 24 Ore di Le Mans

1924 Primi Giochi Olimpici Invernali a Chamonix 1930 Prima FIFA World Cup in Uruguay

1935 Prima Vuelta a España 1946 Nasce la NBA

1950 Primo campionato mondiale di Formula 1 Nasce la LPGA

1951 Primi Giochi Asiatici a Nuova Delhi 1960 Primi Giochi Paralimpici a Roma 1967 Primo Super Bowl

1975 La MLB è la prima lega ad adottare la clausola di free agency

1985 Fondazione della North American Society for Sport Management (NASSM)

1987 Prima Rugby World Cup in Australia e Nuova Zelanda

1988 Il CIO decide di ammettere i giocatori professionistici ai Giochi Olim-pici

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1992 I giocatori NBA competono per la prima volta alle Olimpiadi di Barcel-lona

1993 Fondazione della European Association for Sport Management (EASM)

1994 Nella NFL entra in vigore il salary cap

1995 “Sentenza Bosman” della Corte di Giustizia Europea 1996 Primo Tri Nations (oggi The Rugby Championship) 1997 Nasce la WNBA

1998 “Scandalo Festina” legato al doping di squadra nel ciclismo 1999 Fondazione della World Anti-Doping Agency (WADA)

2001 Sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti sul “caso Martin” 2004 La NHL sospende l’attività per un’intera stagione a causa del lockout 2006 Presentazione della campagna “Say No to Racism” in occasione della

FIFA World Cup in Germania

2007 Barry Bonds, coinvolto nello “scandalo Balco”, diventa primatista di fuoricampo in MLB

2010 Il Sud Africa ospita la FIFA World Cup, la prima a disputarsi in Africa 2012 Le Olimpiadi di Londra sono le prime ad avere ogni nazione

parteci-pante rappresentata da almeno un atleta donna

Nasce la World Association for Sport Management (WASM)

Revoca dei 7 Tour de France vinti da Lance Armstrong, a seguito dell’inchiesta della USADA sull’utilizzo di pratiche dopanti

2014 L’ONU riconosce l’autonomia dello sport e la missione del CIO alla guida del Movimento Olimpico

2015 Arresto di 7 massimi dirigenti della FIFA, a seguito della maxi inchiesta internazionale sulla corruzione nel calcio

Prima edizione dei Giochi Europei a Baku

2016 Rio de Janeiro ospita i Giochi Olimpici, i primi a disputarsi in Sud Ame-rica

(31)

CAPITOLO 2

IL SETTORE DEL CALCIO: PECULIARITÀ, CONTESTO

COMPETITIVO E PROFILO INFRASTRUTTURALE

2.1

Cenni storici e organi di governo

2.1.1 Le origini del calcio

Il calcio può essere considerato il più antico e popolare gioco al mondo, ciò è principal-mente dovuto alla semplicità con cui lo si può praticare, in ogni luogo del mondo e nelle situazioni più diverse, anche in assenza di particolari attrezzature sportive. Proprio a causa della relativa semplicità del gioco è quasi impossibile delineare con esattezza le sue ori-gini storiche. Alcune fonti storiche fanno risalire la nascita di un primordiale gioco del calcio al tsu’ chu, praticato in Cina nel II e III secolo a.C. e al kemari (tuttora praticato) in Giappone, nato circa 500 o 600 anni dopo.35 Tuttavia già nel IV secolo a.C. in Grecia si giocava l’episciro, il quale prese poi il nome di harpastum in epoca Romana. Circa 700 anni più tardi invece, nel Medioevo, in Italia si diffuse il calcio fiorentino (o calcio in costume), il più antico antenato del calcio odierno.

La patria del calcio moderno può invece essere considerata l’Inghilterra, in particolare i college britannici. Il calcio, come altri sport, nacque essenzialmente come gioco d’élite, essendo praticato dai giovani che frequentavano le scuole più ricche e le università. A quel tempo le classi erano composte da dieci alunni, ai quali si aggiungeva il maestro: nacque così la consuetudine di giocare in undici.36 Ognuna delle scuole britanniche, però,

giocava secondo le proprie regole, le quali erano spesso molto diverse tra di loro. Nel 1848 Henry de Winton e John Charles Thring, dell’Università di Cambridge, propo-sero e ottennero di fare una riunione con i rappresentanti delle varie scuole e dei club inglesi, al fine di trovare un punto d’incontro. L’esito della riunione fu molto importante: vennero stabilite le prime basilari regole del gioco del football, dette anche “Regole di Cambridge”.

35 Fonte: http://www.fifa.com/about-fifa/who-we-are/the-game.

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