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2 IL SETTORE DEL CALCIO: PECULIARITÀ, CONTESTO

2.2 Evoluzione e principali caratteristiche del calcio

In questo secondo paragrafo vengono descritte alcune delle principali caratteristiche ri- guardanti il calcio professionistico, le quali hanno segnato l’evoluzione del settore in que- stione e hanno contribuito in maniera determinante al passaggio da un sistema di calcio professionistico orientato quasi esclusivamente ai risultati sportivi e senza uno scopo di lucro soggettivo,45 ad un calcio nel quale gli aspetti sportivi sono inevitabilmente legati a

quelli economici, cioè un sistema di calcio che può essere definito profit-oriented.46 Le

caratteristiche di seguito descritte hanno quindi lo scopo di mettere in mostra le peculia- rità riferibili esclusivamente a tale settore, distinguendolo così, nei suoi tratti essenziali, da altri settori economici.

44 Situazione aggiornata al mese di luglio 2017.

45 In Italia ciò avveniva per espressa previsione di legge (art.10, comma 2, della Legge 23 marzo 1981,

n.91), la quale vietava alle società sportive la distribuzione degli eventuali utili conseguiti e ne disponeva il loro reinvestimento nell’ambito dell’attività sportiva.

La “sentenza Bosman”

Una svolta epocale nel settore del calcio si ha nel 1995 con la cosiddetta “sentenza Bo- sman”.47 Il giocatore belga Jean-Marc Bosman del Royal Football Club de Liège aveva il

proprio contratto scaduto nel 1990 e intendeva cambiare squadra trasferendosi alla squa- dra francese del Dunkerque. La squadra belga del R.F.C. Liège però rifiutò il trasferi- mento del giocatore, considerando la contropartita in denaro offerta dal club francese non soddisfacente, inoltre l’ingaggio di Bosman venne ridotto ed il giocatore si ritrovò fuori dalla rosa della prima squadra. Il giocatore portò il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo e denunciò una restrizione al commercio. Il 15 di- cembre 1995 la Corte stabilì, in base all’art. 39 del Trattato CEE,48 che il sistema fino ad

allora adottato costituiva effettivamente una restrizione alla libera circolazione dei lavo- ratori. A Bosman e agli altri calciatori dell’Unione Europea fu così permesso di trasferirsi gratuitamente al termine del loro contratto di prestazione sportiva, nel caso di trasferi- mento tra club entrambi appartenenti ad una federazione calcistica dell’Unione Europea. Inoltre la sentenza della Corte stabilì che un calciatore può firmare un pre-contratto con un altro club, anche a titolo gratuito, se il contratto attuale ha una durata residua inferiore o uguale a sei mesi. La “sentenza Bosman” ha inoltre proibito alle leghe calcistiche na- zionali degli stati dell’Unione Europea, ed anche all’UEFA, di porre un tetto al numero di calciatori stranieri, qualora ciò rappresentasse una discriminazione per gli atleti citta- dini dell’Unione Europea. In tal senso, fu possibile imporre limitazioni soltanto ai calcia- tori extracomunitari, cioè appartenenti a stati non facenti parte dell'UE.

Le conseguenze di questo provvedimento sono notevoli non solo dal punto di vista spor- tivo, ma anche per quel che concerne gli aspetti legislativi ed economici del calcio. In Italia la sentenza provoca la dichiarazione di illegittimità: 49

a) dell’indennità di preparazione e promozione per il trasferimento di un giocatore giunto a fine contratto;

b) del limite riguardante il numero di giocatori comunitari da schierare in campo nelle competizioni europee.

47 Si veda: S. Bastianon, L'Europa e lo Sport: Profili giuridici, economici e sociali. Vent'anni della sentenza

Bosman 1995-2015, Torino, Giappichelli, 2016, p. 136.

48 Art. 39, commi 1 e 2 del Trattato CEE: “La libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità

è assicurata. Essa implica l'abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l'impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro”.

49 Si veda: M. Nicoliello, Stato dell’arte e prospettive dell’azienda calcio in Italia: un approccio economico

L’abolizione dell’indennità di preparazione e promozione ha creato notevoli problemi alle società calcistiche che avevano iscritto in bilancio degli importi corrispondenti ai premi che si attendevano di incassare, qualora il giocatore, giunto alla naturale conclu- sione del contratto, avesse concordato il trasferimento ad altra società. Venendo meno tale premio per effetto della sentenza citata, le società si sono viste appesantire notevol- mente i propri bilanci.

Occorreva quindi intervenire a livello legislativo con un provvedimento che mitigasse gli effetti negativi della sentenza e si arrivò così all’emanazione del Decreto Legge 20 set- tembre 1996 n. 485, recante disposizioni urgenti per le società sportive professionisti- che,50 conosciuto come “decreto spalma-perdite”, il quale concesse alle società la possi- bilità di diluire in tre esercizi la svalutazione del valore iscritto in bilancio dell’indennità di preparazione e promozione che non sarebbe più stata incassata. Il risultato che si in- tendeva raggiungere era quello di non appesantire il primo bilancio post-decreto e con- sentire così di spalmare la perdita in più anni. Al posto dell’indennità di preparazione e promozione, la nuova norma introduce il premio di addestramento e formazione tecnica e l’art.4 del sopraccitato D.L. 485/96 stabilisce che “l’atto costitutivo deve provvedere che una quota parte degli utili, non inferiori al dieci per cento, sia destinata a scuole gio- vanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva”.

Andando oltre il recepimento della “sentenza Bosman”, il D.L. 485/96 introduce anche un’importantissima novità: fa ufficialmente confluire le società sportive nell’ambito delle società di capitali consentendo loro di perseguire finalità lucrative soggettive, al contrario di quanto fino ad allora stabiliva la Legge 23 marzo 1981, n. 91. Lo scopo di lucro sanci- sce il passaggio del mondo del calcio professionistico ad un sistema business-oriented e si dà così il via libera alla diversificazione delle fonti di guadagno. L’introduzione dello scopo di lucro implica la necessità di remunerare il capitale investito, attraverso l’indivi- duazione di politiche d’impresa volte a fronteggiare i costi, a mantenere l’equilibrio fi- nanziario e a garantire la solidità patrimoniale della società nel medio-lungo termine.51 Per quanto riguarda il secondo aspetto sulle conseguenze della “sentenza Bosman”, cioè l’abolizione del limite riguardante il numero di giocatori comunitari da schierare in campo nelle competizioni europee, dalla figura 2.3 si può osservare, sull’asse delle y, come tale

50 Convertito, con alcune modifiche, nella Legge 18 novembre 1996, n. 586, pubblicata nella “Gazzetta

Ufficiale” n.272 del 20 novembre 1996.

51 F. Rubino, Un approccio manageriale alla gestione delle società di calcio, Milano, Franco Angeli, 2004,

provvedimento produca l’incremento esponenziale del numero di calciatori comunitari non italiani tesserati dalle società di Serie A.52 Nello specifico si è passati da soli 17 gio-

catori comunitari nella stagione 1989/1990 e 24 nel 1994/1995, cioè la stagione prece- dente alla “sentenza Bosman”, ai 164 comunitari tesserati nel corso dell’ultima stagione 2016/2017, evidenziando come in tutto il periodo successivo alla sentenza il dato sia cre- sciuto in maniera considerevole, ad eccezione di un periodo di stabilità tra inizio e metà degli anni Duemila.

Figura 2.3 – Calciatori comunitari non italiani tesserati dalle società di Serie A

Fonte: elaborazione su dati transfermarkt

Diritti televisivi

Un aspetto peculiare del settore è rappresentato dai diritti televisivi, i cui relativi introiti sono ad oggi una delle principali fonti di entrate per le società calcistiche professionisti- che. Per quanto riguarda l’Italia nel 1980 si ha la nascita dei “diritti televisivi in vendita” e nel 1993 viene importato l’istituto giuridico anglosassone dei “diritti televisivi criptati” e la conseguente nascita della pay-tv, cioè la televisione privata fruibile dai telespettatori dietro pagamento di una somma di denaro al provider televisivo.53 Il boom dei diritti te-

52 Per giocatori comunitari non italiani si intendono i giocatori provenienti dagli altri Paesi membri

dell’Unione Europea, dalla Svizzera (per via di un accordo bilaterale) e da Paesi extra UE aderenti allo Spazio Economico Europeo. Per le normative in tema di tesseramento di calciatori stranieri, si rimanda alle Norme Organizzative Interne della FIGC, artt. 40 e 40-bis.

53 Viene di fatto scisso il precedente istituto del 1980 dei “diritti televisivi in vendita” e a partire dal 1993

si hanno “diritti criptati” e “diritti in chiaro”.

17 24 56 56 86 141 164 0 30 60 90 120 150 180 1989/90 1994/95 1999/00 2004/05 2009/10 2014/15 2016/17

levisivi in Italia avviene nella stagione 1999/2000 con l’introduzione dei diritti sogget- tivi;54 da quel momento non è più la Lega Calcio a trattare con le televisioni, ma ciascuna

società di calcio, che può gestire in autonomia i diritti televisivi delle gare casalinghe. Questo modello è rimasto sostanzialmente invariato fino alla stagione 2010/2011, quando l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 9 gennaio 2008 n. 9 (la cosiddetta “legge Me- landri-Gentiloni”), fa tornare la Serie A alla vendita centralizzata dei diritti televisivi: le televisioni tornano a trattare non più con le singole società ma direttamente con la Lega Nazionale Professionisti Serie A (LNPA), quale organizzatore della competizione; la ri- partizione delle risorse derivanti dalla cessione di tali diritti viene effettuata secondo le seguenti modalità:55

 il 40% dei ricavi viene ripartito in parti uguali tra tutte le società sportive parteci- panti al campionato di Serie A;

 il 30% dei ricavi viene ripartito in base ai risultati sportivi conseguiti dalle società sportive partecipanti al campionato di Serie A. Di tale percentuale:

 il 10% dei ricavi è ripartito in base ai risultati storici, cioè in base ai risul- tati conseguiti a partire dalla stagione sportiva 1946/1947,

 il 15% dei ricavi è ripartito in base ai risultati sportivi conseguiti nelle ultime cinque stagioni,

 il 5% dei ricavi è ripartito in base al risultato conseguito nell’ultima com- petizione sportiva;

 il 30% dei ricavi viene ripartito in base al bacino di utenza; nella misura del 25% sulla base dei sostenitori e nella misura del 5% sulla base della popolazione del comune di riferimento.

A seguito dell’entrata in vigore di tale normativa è stato anche modificato l’intero sistema di mutualità che, a partire dalla stagione sportiva 2010/2011, non prevede più il ricono- scimento alle squadre ospitate del 20% dei diritti radiotelevisivi.56

54 I provvedimenti n. 6869 del 10 febbraio 1999 e n. 7340 del 1° luglio 1999, emessi dall’Autorità Garante

della Concorrenza e del Mercato (Agcm), impongono alla Lega Calcio di sospendere la vendita collettiva dei diritti televisivi dell’intero campionato e di passare alla negoziazione individuale.

55 Sulla base di quanto stabilito dall’art. 26 del D. Lgs. 9/2008, pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale” n. 27

del 1° febbraio 2008.

56 Inoltre per quanto riguarda il sistema di mutualità, in base all’art. 22 del già citato D. Lgs. 9/2008, la

LNPA a partire dal 2010/2011 deve destinare una quota non inferiore al 4% dei ricavi da diritti televisivi allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, al sostegno degli investimenti per la sicu- rezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, e al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche. L’art. 24 stabilisce inoltre che una

Pare evidente che il nuovo sistema di ripartizione dei diritti televisivi, che rimangono ad oggi la principale fonte di ricavo per le società di calcio italiane,57 è stato concepito con

l’intento di riequilibrare le entrate tra piccoli e grandi club ed accrescere così la competi- tività del campionato.58 Allo stato attuale delle cose, dopo sette stagioni sportive dalla sua entrata in vigore, i ricavi da diritti televisivi sono aumentati sensibilmente,59 ma le dispa- rità economiche tra i vari club rimangono evidenti e anche la competitività del campio- nato di Serie A non pare aver finora risentito di particolari benefici.60 Nella stagione 2015/2016, la società con i maggiori introiti da diritti tv (Juventus) ha ottenuto dalla LNPA 116,6 milioni di euro, mentre la squadra con i minori introiti (Frosinone) ha rice- vuto 20,2 milioni di euro.61 Una differenza quindi in termini di ricavi di oltre 96 milioni di euro, con un rapporto tra prima e ultima (cosiddetto rapporto first to last) pari a 5,77:1. A conclusione di ciò, appare quantomeno opportuno rivedere i criteri di distribuzione dei proventi tv all’interno della Serie A, in modo da ottenere un sostanziale riequilibrio eco- nomico e competitivo.

A titolo di esempio, nella Premier League inglese i diritti tv “domestici” vengono distri- buiti per il 50% in parti uguali tra i club, per il 25% in base al numero di gare trasmesse in diretta (la cosiddetta facility fee), per il restante 25% in base al piazzamento in classifica al termine del campionato (merit fee); per quanto concerne i ricavi derivanti dai diritti internazionali, invece, vige una ripartizione in maniera eguale tra i 20 club partecipanti alla Premier League. Seguendo questi criteri di ripartizione, nel 2015/2016 la Premier League è risultato essere il campionato più “equo” tra le top league europee, con un rap- porto first to last pari a 1,4:1.62

quota annua non inferiore al 6% deve essere destinata alle società sportive delle categorie professionistiche inferiori.

57 In base al Report Calcio 2017, pubblicato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC), in collabo-

razione con Agenzia di Ricerche e Legislazione (AREL) e PricewaterhouseCoopers (PwC), i ricavi da diritti televisivi hanno un’incidenza del 46% sul valore della produzione aggregato delle società di Serie A (dato riferito alla stagione 2015/2016).

58 A tal proposito, si consulti: M. Pierini, “Diritti tv e competitive balance nel calcio professionistico ita-

liano”, in Rivista di Diritto ed Economia dello Sport, vol. 7, fasc. 2, 2011, pp.87-113.

59 In particolare, in base ai dati pubblicati annualmente dalla FIGC, tale fonte di ricavo ammontava a 999,4

milioni di euro nel 2009/2010, cioè l’ultima stagione di vendita individuale dei diritti, mentre ammonta a 1.119,4 milioni di euro nella stagione 2015/2016 (+12%). Le cifre sono al lordo della componente di mu- tualità e delle commissioni pagate a Infront, cioè l’advisor della LNPA.

60 Nelle ultime sette stagioni sportive, nelle prime tre posizioni della classifica finale della Serie A, si

sono alternate solamente sette squadre.

61 Fonte: bilanci d’esercizio delle società calcistiche di Serie A.

62 Premier League payments to clubs in 2015/2016, disponibile all’indirizzo internet: https://www.prem-

Le sponsorizzazioni

Un altro aspetto che si ritiene opportuno approfondire è quello relativo alle sponsorizza- zioni, le quali hanno visto crescere notevolmente il loro valore economico nel corso dell’ultimo decennio.63 Il concetto di sponsor non è però nuovo nel mondo dello sport e

deriva dal verbo latino spondere, che significa “promettere solennemente”; quindi spon- sorizzare qualcosa o qualcuno significa sostenere un evento, un'attività, una persona o un'organizzazione, finanziariamente oppure attraverso la fornitura di prodotti o servizi. La sponsorizzazione può pertanto consistere in un accordo che preveda pubblicità in cam- bio dell'impegno a finanziare un ente o un evento popolare. Per esempio, un'azienda può fornire divise e accessori a un atleta o a una squadra sportiva in cambio dell'esposizione del proprio marchio sugli stessi. In tal modo lo sponsor ne guadagna in popolarità, mentre il soggetto sponsorizzato (sponsee) può guadagnare consistenti somme di denaro.

A seconda dei diversi accordi con le società, gli sponsor si distinguono secondo un ordine di rilevanza in:64

 sponsor ufficiale (o main sponsor), rappresentato dalla società che acquista il di- ritto di apporre il proprio marchio sulla maglia da gioco e sugli altri materiali tecnici e non;

 sponsor tecnico (o kit supplier), rappresentato dall’azienda che fornisce alla squa- dra l’abbigliamento sportivo e altri articoli relativi all’attività sportiva e al tempo libero;

 fornitori ufficiali, ossia le aziende produttrici di beni e servizi destinati alle società e ai loro sostenitori, che solitamente acquisiscono l’esclusiva nella fornitura del prodotto o servizio richiesto.

Per quanto riguarda il mercato dei kit supplier dei club partecipanti alle massime divisioni europee, esso presenta un elevato livello di concentrazione, in quanto tre soli brand, cioè Nike, Adidas, e Puma, sponsorizzano quasi la metà dei club (49%).65

Il mercato relativo ai main sponsor, risulta invece molto meno concentrato rispetto al precedente, infatti solo il 6% degli sponsor appare sulle maglie da gioco di più di un club

63 A livello europeo, in base ai dati UEFA, il giro d’affari nelle massime divisioni è passato dai 2,3 mi-

liardi di euro del 2006 ai 4,1 miliardi di euro del 2015 (+78%).

64 Rubino F., Un approccio manageriale alle gestione delle società di calcio, Milano, Franco Angeli, 2004,

p. 38.

65 Nello specifico, Nike sponsorizza il 21% dei club, Adidas il 19% e Puma il 9%. Fonte: The European

partecipante alle massime divisioni, rappresentando in totale il 13% delle società calcisti- che. Le aziende che invece sponsorizzano in maniera univoca un singolo club rappresen- tano il 78% del totale; il restante 9% di squadre, all’inizio della stagione 2015/2016, ri- sultava essere senza uno sponsor principale. Tra gli sponsor “condivisi”, il più presente è Emirates Airlines, il quale sponsorizza 6 club europei (tra cui Real Madrid, Paris-Saint Germain, Arsenal e Milan), appartenenti ad altrettante diverse nazioni. Soltanto altri 4 sponsor sono presenti in più di una nazione: Kia (3 club in 2 Paesi), Gazprom, Intersport e Red Bull (un club in 2 Paesi ciascuno).

È importante sottolineare inoltre, in aggiunta a queste figure, le sempre più numerose imprese che utilizzano il marchio del club per le attività di merchandising, ovvero la com- mercializzazione di prodotti o servizi di utilizzo quotidiano come ad esempio magliette, sciarpe, portachiavi, ma anche carte di credito, con il nome o il marchio della società di calcio.66

In riferimento al calcio italiano, le sponsorizzazioni sono una pratica commerciale relativa a squadre di club e nazionali, oltreché campionati, coppe e singoli giocatori, permessa e regolamentata dalla fine degli anni ‘70, ma che già nei decenni precedenti aveva visto numerosi tentativi di applicazione.67 La prima sponsorizzazione ammessa, nel 1978, era

quella che permetteva alle squadre di calcio di applicare sulle maglie il marchio dell’azienda produttrice dell’abbigliamento sportivo. Nel 1981 venne poi pubblicato un documento che conteneva le regole per le sponsorizzazioni, con dei precisi limiti riguar- danti la grandezza e il testo delle scritte da poter apporre sulle maglie. Si trattava tuttavia di primordiali accordi di sponsorizzazione, i quali avevano una modesta entità econo- mica.68

Con il passare del tempo si sono aperti nuovi e interessanti scenari alle imprese che uti- lizzano il calcio per pubblicizzare i propri marchi, in larga parte dovuti al moltiplicarsi delle trasmissioni televisive a livello nazionale e internazionale.

66 Per approfondimenti sulla tematica del merchandising, si consulti, tra gli altri: U. Lago, A. Baroncelli,

S. Szymansky, Il business del calcio: successi sportivi e rovesci finanziari, Milano, Egea, 2004, p. 75.

67 Tra i più importanti dei quali, si possono menzionare le pratiche di abbinamento del nome di un’azienda

alla denominazione societaria di un club sportivo, avvenute in particolar modo negli anni ‘50, come quelle tra il Vicenza e la Lanerossi, il Monza e la Simmenthal, il Ravenna e la Sarom, il Torino e la Talmone. Negli anni successivi la FIGC vietò tali abbinamenti, tollerando solo quello del Vicenza, in quanto la La- nerossi era anche proprietaria della società calcistica.

68 Nella stagione 1981/1982 si andava dai 150 milioni di lire delle società più piccole ai 900 milioni della

Juventus. Nel complesso i ricavi da sponsor della Serie A raggiungevano i 6 miliardi di lire; mentre oggi superano i 400 milioni di euro. Fonte: Report Calcio, FIGC, 2017.

Al giorno d’oggi gli sponsor delle società di calcio, in particolare di quelle appartenenti all’élite calcistica europea, sono le grandi multinazionali, desiderose di veder legato il proprio nome a quello dei grandi club impegnati nelle competizioni internazionali. Inoltre le multinazionali gareggiano tra di loro anche per legare il proprio nome ai principali eventi sportivi, tra i più importanti dei quali la UEFA Champions League e la FIFA World Cup.

Financial Fair Play (FFP)

Nel settembre 2009 il Comitato Esecutivo della UEFA ha approvato l’introduzione di un nuovo sistema di licenze per l’ammissione delle società calcistiche alle competizioni per club da essa organizzate (UEFA Champions League, UEFA Europa League e UEFA Su- percup). In base a tale sistema, sono ammesse a partecipare alle competizioni europee solo le società calcistiche che, oltre ad aver conseguito il prescritto titolo sportivo, dimo- strano di essere in possesso di una serie di requisiti di natura sportiva, legale, infrastrut- turale, organizzativa ed economico-finanziaria, ottenendo in tal modo la concessione della cosiddetta “Licenza UEFA”.69

Il manuale delle Licenze UEFA incorpora anche le Financial Fair Play Regulations, ba- sate sul principio del break-even result, secondo il quale i club possono partecipare alle competizioni organizzate dall’UEFA solo se dimostrano equilibrio tra i ricavi generati e i costi sostenuti. Di seguito vengono elencati i principali parametri di carattere econo- mico-finanziario e patrimoniale formalizzati dall’UEFA per l’ammissione alle competi- zioni. A partire dalla stagione sportiva 2013/2014 ciascun club deve presentare:

 bilancio certificato da revisore indipendente attestante la continuità aziendale

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