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Analisi di inquinanti organici persistenti in campioni di sabbia litoranea

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Academic year: 2021

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U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

C

HIMICA

Analisi di inquinanti organici persistenti in campioni di sabbia

litoranea

Relatore: Prof. Alessio Ceccarini

Controrelatore: Prof. Giorgio Valentini

Candidato: Vittoria Bernardini

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Sommario

1. Introduzione ... - 1 -

1.1 Inquinamento dell’ambiente costiero e delle spiagge ... - 1 -

1.2 Stato dell’arte ... - 2 -

1.3 Le microplastiche disperse nell’ambiente. ... - 4 -

1.4 Inquinamento marino in Toscana ... - 6 -

1.4.1 Rifiuti spiaggiati ... - 6 -

1.4.2 Rifiuti sul fondale marino ... - 7 -

1.5 Le plastiche come veicoli per la diffusione di microinquinanti organici e metalli ... - 7 -

1.6 Gli inquinanti organici persistenti (Persistent Orgnic Pollutants - POPs) ... - 10 -

1.6.1 Pesticidi organoclorurati (OCPs) ... - 12 -

1.6.2 Policlorobifenili (PCBs) ... - 13 -

1.6.3. Idrocarburi policiclici aromatici (PHAs) ... - 14 -

1.7 Inquinanti legati alla produzione di materiale plastico ... - 15 -

1.7.1 Policloronaftaleni (PCNs) ... - 16 -

1.7.2. Polibromodifenileteri (PBDEs) ... - 16 -

2. Obiettivo del lavoro di tesi ... - 18 -

3. Materiali e Metodi ... - 19 -

3.1 Solventi e soluzioni standard ... - 19 -

3.2 Metodi di analisi GC-MS/MS ... - 19 -

3.2.1 Analisi qualitativa: modalità Total Ion Current (TIC)... - 20 -

3.2.2 Analisi quantitativa: Multiple reaction monitoring (MRM) ... - 21 -

3.3 Curve di calibrazione ... - 21 -

4. Analisi dei campioni reali... - 32 -

4.1 Campionamento ... - 32 -

4.2 Pretrattamento dei campioni di sabbia e plastiche prima delle estrazioni con solventi. - 34 - 4.3 Procedure di estrazione dei campioni analizzati ... - 34 -

4.3.1 Estrazione in bottiglia di vetro a temperatura ambiente ... - 35 -

4.3.2 Estrazioni in beuta con riscaldamento a riflusso di solvente e trattamento ultrasonico - 36 - 4.3.3 Estrazione in estrattore solido liquido con solvente a riflusso e trattamento ultrasonico ... - 37 -

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4.4 Procedura di recupero e purificazione ... - 38 -

4.4.1 Glass SPE Tube ... - 38 -

4.4.2 Cartucce Florisil ... - 39 -

4.5 Preparazione della soluzione campione ... - 39 -

4.6 Sviluppo dei metodi di analisi ... - 40 -

4.7 Valutazione dell'accuratezza del metodo. ... - 41 -

4.8 Valutazione della riproducibilità dell’estrazione... - 42 -

5. Risultati e Discussione ... - 43 -

5.1 Ottimizzazione della procedura di estrazione... - 43 -

5.2 Limite di rivelabilità ... - 45 -

5.4 Recuperi del metodo ... - 48 -

5.5 Analisi dei 16 campioni di sabbia ... - 49 -

5.6 Analisi di campioni di materiali plastici ... - 53 -

6. Conclusioni... - 62 - Bibliografia... - 64 - Appendice... - 67 - Appendice A ... - 67 - Appendice B ... - 71 - Appendice C ... - 75 - Appendice D ... - 81 -

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1. INTRODUZIONE

1.1 Inquinamento dell’ambiente costiero e delle spiagge

Le spiagge e gli ambienti costieri sono sistemi complessi e dinamici, costantemente modellati sia da processi naturali che dagli interventi dell’uomo. I fattori naturali includono le onde, le maree, il vento e le tempeste. La variabilità temporale e spaziale dei processi naturali sugli ambienti costieri controlla fortemente l’evoluzione della morfologia della spiaggia. Gli interventi dell’uomo sono, da un lato, volti a contrastare la normale evoluzione delle coste e, dall’altro, sono responsabili dell’apporto di inquinanti. [1] Più in generale, la diffusione ambientale di inquinanti di natura antropica può essere associata ad uno schema generale che prevede una sorgente di inquinamento, il trasporto e il recettore ambientale. Secondo questo schema generale le spiagge marine possono essere classificate come un recettore di inquinanti. Una spiaggia può ricevere diverse tipologie di inquinanti trasportati secondo vari vettori ambientali. Il vettore intuitivamente più evidente è il moto ondoso responsabile del trasporto degli inquinanti presenti e diffusi nel corpo idrico antistante la spiaggia. A questo vettore si aggiunge il processo di trasporto associato alla formazione dell’aerosol marino. I fenomeni sono comunque particolarmente complessi ed influenzati da svariati fattori. Nel caso del trasporto marino, si deve considerare il trasporto “normale” legato alle fluttuazioni delle maree, nella linea di costa, e un trasporto più intenso da associare, invece, alle mareggiate. In questo caso la veicolazione di inquinanti sulla terraferma è evidentemente integrata dal trasporto tramite aerosol. L’intensità del moto ondoso e del vento possono determinare inoltre una zonizzazione longitudinale delle concentrazioni degli inquinanti. Tale zonizzazione risulta evidente se si considerano le caratteristiche orografiche che generalmente sono associate alle spiagge marine rispetto all’accumulo di detriti spiaggiati.

I fenomeni di diffusione e di accumulo di inquinanti, nel caso delle spiagge, come del resto in generale per tutti i recettori ambientali, sono influenzati dalle condizioni ambientali. Nelle spiagge ad esempio si può ipotizzare che eventuali idrocarburi leggeri trasportati sia dagli strati superficiali delle acque marine, sia veicolati tramite aerosol, potrebbero non accumularsi a causa dell’evaporazione indotta dalle alte temperature che la sabbia può raggiungere in particolare durante la stagione estiva.

Oltre ai processi di scambio acqua/ aria/ suolo, nel caso delle spiagge si aggiunge anche l’immissione diretta di contaminanti prodotti dalle attività turistiche e di balneazione.

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La linea di costa rappresenta, quindi, una zona di transizione in cui il contatto tra l’ambiente marino acquatico e l’ambiente terrestre promuove una complessità di processi di diffusione, accumulo e trasformazione di materiali e composti di origine antropica, che sono causa del degrado ambientale delle spiagge sempre più evidente e potenzialmente pericoloso. A livello scientifico, l’inquinamento degli ambienti costieri terrestri è assai meno studiato dell’inquinamento marino acquatico e il presente elaborato di tesi costituisce un contributo alla caratterizzazione chimica dell’inquinamento di sabbie litoranee da composti organici persistenti.

1.2 Stato dell’arte

Negli ultimi decenni sono stati condotti molti studi sulle proprietà fisiche e la composizione chimica del microlayer (sea-surface microlayer, SML) superficiale del mare e sul ruolo di questo sui processi di scambio all'interfaccia mare-aria. Il microstrato superficiale è costituito da sostanze organiche naturali con proprietà tensioattive che si addensano sulla superficie marina. Il microstrato marino mostra caratteristiche idrofobiche responsabili della preconcentrazione di una vasta gamma di contaminanti naturali oltre alla possibile associazione con particelle galleggianti. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato che le concentrazioni di lipidi, tensioattivi ed inquinanti organici riscontrate nel microlayer sono significativamente più alte rispetto a quelle misurate nell’acqua campionata sotto la superficie. [2] L’aerosol marino, generato dal vento e dal moto ondoso, risulta essere particolarmente ricco nella componente associata al microstrato e, conseguentemente, particolarmente efficiente nel trasporto dei microinquinanti diffusi in mare. Le caratteristiche chimico-fisiche del microlayer sono variabili nel tempo e nello spazio, rendendo difficile una completa comprensione del ruolo del SML nel trasporto dei contaminanti. [3] In letteratura sono presenti numerosi articoli riguardanti la determinazione degli inquinanti organici su campioni di microlayer, in particolare gli inquinanti maggiormente analizzati sono gli idrocarburi policiclici aromatici (Polycyclic aromatic hydrocarbons PAHs), policlorobifenili (polychlorinated biphenyls PCBs), pesticidi organoclorurati (Organochloride pesticides OCPs) e polibromodifeleteri (Polybrominated diphenyl ethers PBDEs). I PAHs mostrano un accumulo preferenziale nella fase particellare del microlayer, e la concentrazione sul particolato è notevolmente superiore a quella nella fase disciolta. In entrambe le fasi i contaminanti più abbondantisono sono i PAHs con pesi molecolari più bassi. In particolare il Fluorantene, il Fenantrene e il Pirene predominano nei filtrati mentre il Benzofluorantene ed il Benzopirene predominano nel particolato. [4] Nel 2001 sono state eseguite delle analisi sul microlayer campionato nel porto di Livorno e lungo la costa, tutti i campioni hanno mostrato concentrazioni relativamente alte di PAHs, le concentrazioni totali variavano da 0,8 µg/l a 154 µg/l (porto di Livorno). [2] Per i PCBs è stato visto che i bifenili più clorurati (hexa, epta e

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otta-CB) sono principalmente adsorbiti sulle particelle sospese sul microlayer mentre quelli a più basso peso molecolare si ritrovano preferenzialmente disciolti nel microlayer. [4] In letteratura i dati sulle concentrazioni di PBDEs in campioni di acqua marina sono abbastanza rari. In uno studio condotto nel 2006 sono stati determinati i principali PBDEs presenti sul microlayer ed è stata tentata una descrizione dei fenomeni che regolano il loro accumulo in tale matrice. In teoria il decabromodifeniletere (BDE 209) dovrebbe essere il congenero predominante nel microlayer ma a causa della sua labilità e della possibilità di subire sia debromurazione fotolitica che degradazione metabolica, la sua presenza nell’ambiente è difficilmente rivelabile. In generale i congeneri tri, tetra e pentabromurati dei BDEs si ritrovano principalmente disciolti nel microlayer. [5]

Una buona conoscenza della composizione organica, sia nel particolato che nella fase disciolta, del microlayer è importante per comprendere meglio il ruolo di questi composti nei processi ambientali. Diversi studi hanno dimostrato che, in generale, la fase particellare è più ricca di composti organici, sia naturali che di origine antropica, rispetto alla fase disciolta. [6]

L’apporto di sostanze inquinanti nelle regioni marine non avviene soltanto mediante il trasporto su lunghe distanze dell’aria inquinata, ma anche il mare contribuisce direttamente al rilascio di sostanze chimiche dalla superficie dell'acqua attraverso l’aerosol sollevato e trasportato dal vento. Inoltre, l’atmosfera marina è ricca di ozono e di altre sostanze radicaliche ossidanti, in grado di decomporre specie gassose reattive e favorire la formazione di aerosol secondari. Gli aerosol marini sono miscele complesse di sostanze chimiche, tra cui specie organiche che hanno ricevuto crescente interesse, grazie al loro impatto sulle tendenze del clima globale, sulla chimica dell'atmosfera e sui cicli biogeochimici dei nutrienti, come ad esempio gli inquinanti organici persistenti. Le analisi dell’aerosol campionato nel Mar Mediterraneo centrale hanno confermato che sono presenti composti organici come i n-alcani, gli idrocarburi policiclici aromatici e altri composti organici polari adsorbiti sulle particelle in sospensione. [7] Le sostanze chimiche presenti nel microlayer vengono trasferite nell’atmosfera mediante l’aerosol marino e l’adsorbimento su particelle di piccole dimensioni, che possono essere coinvolte nel trasporto su lunghe distanze degli inquinanti. [2]

Lo studio della contaminazione chimica o batterica nelle acque marine e nei sedimenti è un approccio molto comune per valutare l'inquinamento marino e i rischi ad esso associati. Tuttavia, studi sulla qualità delle sabbie delle spiagge sono ancora poco descritti in letteratura. Dal punto di vista ambientale, la conoscenza dei livelli di contaminazione potrebbe portare non solo alla valutazione delle tendenze di accumulo dei contaminanti, ma anche ad una valutazione

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In uno studio condotto da Galgani ed Ellerbrakenel 2011 sono stati analizzati campioni di sabbia, raccolti a Marsiglia (zona urbana) e a Manara in Corsica, per verificare la presenza e determinare la concentrazione degli idrocarburi policiclici aromatici. La concentrazione totale di PAHs nel campione urbano era 539 µg/kg su peso secco (dwt). Le concentrazioni dei singoli PAHs erano comprese tra 1,52 (ACE) e 101 µg/kg dwt (PHE). Nel campione di sabbia raccolto a La Marana, erano presenti tre PAHs (ACE, BAP, IPY), con un totale di 1,56 µg/Kg dwt. [8] In un altro studio finalizzato alla quantificazione di alcune famiglie di inquinanti organici nella zona sopralitorale sono state utilizzate come bioindicatori le pulci della sabbia (Talitrus saltator, Montagu 1808). [9] Oltre alla contaminazione delle pulci l'articolo riporta i valori di contaminazione della sabbia per i soli PBDE. Il campionamento è stato eseguito prelevando un’aliquota di sabbia con profondità massima di 4 cm, non viene riportata la superficie di campionamento. I risultati ottenuti dall’analisi GC-MS/MS, ovvero le concentrazioni di PBDEs nelle pulci della sabbia variano tra 21,3 ng/g e 33,8 ng/g, mentre per la sabbia sono comprese tra 0,6 ng/g e 13,9 ng/g. Non sono stati analizzati tutti i congeneri dei polibromodifenileteri ma soltanto sette (BDE 28, 47, 99, 100, 153, 154, 209). [10]

1.3 Le microplastiche disperse nell’ambiente.

I primi report sulla presenza di rifiuti plastici negli oceani risalgono a circa il 1970 come descritto in uno studio di Carpenter e Anderson [11], ma solo nei decenni successivi, con l'accumulo di dati sulle conseguenze ecologiche di questi detriti, l'argomento ha ricevuto crescente interesse. [12] La maggior parte degli studi si sono concentrati sugli effetti dell’ingestione di rifiuti plastici da parte di mammiferi marini e cetacei. L’ingestione di materiali plastici è ampiamente documentata anche per diverse specie di uccelli marini e tartarughe. [13]

La produzione mondiale di materie plastiche è notevolmente aumentata dopo lo sviluppo di polimeri sintetici avvenuto verso la metà del ventesimo secolo. [14] La produzione annua di materiali plastici è aumentata significativamente da 1,5 milioni di tonnellate nel 1950 a una stima di 299 milioni di tonnellate nel 2013. [15] Il loro basso costo, l’eccellente proprietà di fungere da barriera per l’ossigeno e l’umidità, la bio-inerzia e il basso peso specifico ne fanno un ottimo materiale per gli imballaggi. Una stima sommaria attesta che circa 75-80 tonnellate annue di materiali plastici utilizzati per gli imballaggi finiscono negli oceani. I materiali plastici possono essere suddivisi in cinque grandi classi in base al polimero che li costituisce: polietilene (PE), polipropilene (PP), polistirene (PS), polietilene tereftalato (PET), cloruro di polivinile (PVC). [12]

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L’inquinamento da macroplastiche, generalmente definite come detriti aventi una dimensione maggiore di 25 mm, è un problema globale ed è percepito come una delle più gravi forme di inquinamento delle coste, degli oceani e delle acque dolci. Negli ultimi anni è stato studiato anche l’inquinamento da microplastiche, un problema emergente a causa della loro presenza ubiquitaria nell’ambiente marino. [16]

Il termine microplastiche è stato definito da vari ricercatori, ad esempio le microplastiche sono particelle appena visibili in grado di passare attraverso un setaccio con maglie da 500 µm ma non attraverso uno con maglie da 67 µm, mentre le particelle con dimensioni più grandi vengono chiamate mesoplastiche. [17] Recentemente le microplastiche sono state definite come le particelle con dimensioni inferiori ai 5 mm. [12]

Le origini delle microplastiche disperse in ambiente possono essere ricondotte a due fonti principali:

• Microplastiche primarie: le microplastiche primarie sono definite come manufatti in plastica dalle dimensioni microscopiche. [18] La maggior parte delle microplastiche primarie ritrovate in ambiente marino derivano da prodotti per l’industria e per uso domestico come ad esempio detergenti e cosmetici per il viso. [19] Sebbene i moderni impianti di trattamento delle acque reflue siano in grado di rimuovere fino al 99% delle microplastiche, quelle rilasciate attraverso gli effluenti sono ancora significative a causa della loro enorme quantità. Le microplastiche entrano quindi facilmente nell'ambiente marino e possono accumularsi.

• Microplastiche secondarie: le microplastiche secondarie derivano dalla frammentazione di grandi oggetti di plastica in particelle più piccole, questo avviene sia in mare aperto che sulle coste. I materiali plastici hanno tempi di degradazione generalmente molto lunghi, possono variare nell’intervallo mesi-centinaia di anni, anche se questi valori sono ancora incerti perché le plastiche convenzionali sono state prodotte in massa da circa soli 60 anni.

Ormai è affermato che la frammentazione degli oggetti in plastica che avviene nell’ambiente è il risultato di vari processi fisici, biologici e chimici che riducono l'integrità strutturale dei detriti plastici. La degradazione è una trasformazione chimica che riduce drasticamente il peso molecolare medio del polimero. Poiché la resistenza meccanica dei materiali plastici dipende dal loro elevato peso molecolare, la degradazione inevitabilmente indebolisce il materiale. La degradazione è generalmente classificata in base all’agente che la causa:

• biodegradazione, dovuta all’azione di microorganismi, generalmente batteri; • fotodegradazione, dovuta all’azione della luce;

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• idrolisi, reazione con l’acqua.

Per i polimeri comunemente presenti nell’inquinamento marino il fenomeno di frammentazione avviene principalmente mediante fotodegradazione causata prevalentemente dalla componente UV della luce solare. La degradazione una volta iniziata può procedere mediante processi termo-ossidativi senza necessità di una costante esposizione alla radiazione ultravioletta. Le reazioni di degradazione sono autocatalitiche e procedono finché è presente ossigeno nel sistema, queste portano alla diminuzione del peso molecolare del polimero e ad un aumento dei gruppi funzionali ricchi di ossigeno. Gli altri meccanismi di degradazione, biodegradazione ed idrolisi, comparati con la degradazione indotta dalla luce solare risultano di diversi ordini di grandezza più lenti.

La spiaggia può essere considerato un ambiente ottimale per la frammentazione della plastica dato che sono possibili intensi fenomeni di degradazione fisico-chimica e meccanica. [15]

1.4 Inquinamento marino in Toscana

La Direttiva 2008/56/CE sulla Strategia per l'ambiente marino, da tempo attuata anche in Toscana, ha promosso un approccio integrato per la protezione dell'ambiente marino attraverso specifiche azioni che consentano il raggiungimento, entro il 2020, del buono stato ambientale delle acque marine. Da qui l'importanza della raccolta delle informazioni sullo stato di tali ambienti, con particolare riferimento ai rifiuti marini presenti sia a livello della colonna d'acqua (Modulo 2- Microplastiche) sia a livello delle spiagge (Modulo 4- Rifiuti Spiaggiati). Le informazioni utili a riguardo sono quelle inerenti le tipologie, le quantità, i possibili andamenti temporali e le eventuali fonti.

1.4.1 Rifiuti spiaggiati

Nel 2013 sono state svolte da ARPAT, in Toscana, due campagne per il censimento dei rifiuti spiaggiati: una in tarda primavera-inizio estate e una in autunno in accordo con le linee guida OSPAR [20]; è stata poi effettuata una campagna primaverile nel 2014. Sono stati individuati cinque punti di campionamento nelle spiagge delle province di Lucca, Pisa, Livorno e Grosseto. I rifiuti spiaggiati sono stati suddivisi in categorie principali quali plastica, legno, vetro, metallo, ceramica, tessuti, sanitari, gomma e carta. Per quanto riguarda la maggior parte delle zone campionate, in entrambe le stagioni, il rifiuto predominante è rappresentato dalla plastica. Unica eccezione è Marina di Vecchiano (Pisa) in cui, nella stagione primaverile predominano materiali a base di cellulosa, rappresentata principalmente da filtri di sigarette. In generale, comunque, durante il campionamento primaverile è stato registrato un numero di rifiuti superiore rispetto a

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quello registrato in autunno anche se, in linea di massima, non si hanno importanti variazioni nella composizione e nelle tipologie.

1.4.2 Rifiuti sul fondale marino

ARPAT ha effettuato nell’estate del 2013 la campagna di ricerca scientifica per il campionamento di rifiuti sul fondo marino nell’area compresa tra la Liguria e il Lazio: è risultata una quantità totale di rifiuti in tutta la campagna pari a circa 5000 kg/kmq e una media di rifiuti pescati per cala pari a circa 2 kg/kmq. Il materiale rinvenuto è stato suddiviso in due tipologie: quelli di natura antropica e quelli di natura non antropica. In particolare i quantitativi maggiori, pari al 68% del peso totale sono dovuti a rifiuti di natura non antropica, per l’esattezza legno naturale. Analizzando invece la sola componente di origine antropica il 38% è rappresentato da plastica (sacchetti, bottiglie, involucri, ecc.), il 25% è costituito da oggetti metallici (bidoni, latte di vernici, ecc.), mentre circa il 10% del peso totale è rappresentato da vetro e 1-3% rappresentato da attrezzature da pesca.

1.5 Le plastiche come veicoli per la diffusione di microinquinanti organici e metalli

Tra i maggiori componenti dei rifiuti plastici dispersi in ambiente marino si possono considerare i così detti pellet. I pellet di plastica sono granuli di piccole dimensioni (diametro di alcuni millimetri) che generalmente hanno la forma di un cilindro o di un disco. Rappresentano la forma principale delle materie prime polimeriche nelle industrie di trasformazione in cui vengono fusi e trasformati nei prodotti termoplastici finali. I pellet possono essere involontariamente rilasciati nell'ambiente, sia durante la produzione sia durante il trasporto, mediante il deflusso delle acque superficiali vengono trasportati verso l'oceano. A causa della loro persistenza ambientale, sono distribuiti ampiamente nel mare e si ritrovarono sulle spiagge e sulla superficie dell'acqua in tutto il mondo. I pellet possono agire come trasportatori di sostanze chimiche tossiche nell’ambiente marino. [21] In letteratura sono reperibili limitate informazioni riguardanti la natura e le possibili origini delle sostanze chimiche adsorbite sui pellet di plastica. Il primo studio finalizzato alla determinazione degli inquinanti organici persistenti nei pellet di plastica risale al 1972. [11]

Nel 2005 è stato invece messo a punto un programma di monitoraggio globale dell’inquinamento negli oceani, chiamato International Pellet Watch (IPW) che si concentra principalmente sugli inquinanti organici persistenti (POPs), come PCBs e pesticidi organoclorurati. L’IPW si basa sul fatto che i POPs sono in grado di accumularsi nei pellet di

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plastica per adsorbimento, questo fenomeno di accumulo si verifica anche per i frammenti di plastica. [22]

I pellet di plastica e più in generale i detriti di materiali plastici presenti come inquinanti nell’ambiente marino posso veicolare due tipi di microinquinanti organici:

• inquinanti come additivi e derivati; • inquinanti adsorbiti.

Gli inquinanti del primo tipo comprendono i prodotti di degradazione dei polimeri stessi e gli additivi per materie plastiche, antiossidanti, stabilizzanti e ritardanti di fiamma come ad esempio policloronaftaleni (PCNs) e polibromodifenileteri (PBDEs). Un altro tipo di microinquinanti presente nei detriti plastici sono quelli adsorbiti dall’acqua di mare a causa della loro idrofobicità, come ad esempio i policlorobifenili (PCBs), il dicloro-difenil dicloroetilene (DDE, prodotto di degradazione dei pesticidi organoclorurati), e gli idrocarburi policiclici aromatici (PAHs). [21]

Sono noti diversi fattori che influiscono sull’adsorbimento degli inquinanti organici persistenti sui materiali plastici, questi includono: la natura fisica e chimica dell’inquinante, la natura chimica e fisica del materiale adsorbente, la concentrazione dell’inquinante a contatto con il sistema adsorbente, le caratteristiche della fase a contatto con l’adsorbente, la temperatura dell’ambiente e il tempo di contatto tra il sistema adsorbente e l’inquinante. [23]

In uno studio condotto nel 2005, sono stati studiati alcuni dei fenomeni che influiscono sull’adsorbimento dei PCBs su matrici polimeriche, in particolare lo studio focalizza l’attenzione su tre polimeri, polietilene (PE), polivinilcloruro (PVC) e polistirene (PS). La Figura 1 mostra i coefficienti di diffusione dei PCBs nel polietilene, nel PVC e nel polistirene. Il polietilene mostra i coefficienti di diffusione maggiori per tutti i congeneri, il PVC mostra coefficienti più elevati per i PCBs da tri a epta clorurati se confrontato con il polistirene, la presenza dei congeneri nona e deca clorurati non è stata rilevata nel PVC. In generale, tutte e tre le materie plastiche hanno mostrato coefficienti di adsorbimento più elevati per i congeneri a basso peso molecolare piuttosto che per quelli ad alto peso molecolare.

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Figura 1. Coefficienti di diffusione dei PCBs nel polietilene, nel PVC e nel polistirene. [23]

Un aumento del peso molecolare per questa classe di composti corrisponde ad un aumento del grado di clorurazione, è stato visto che all’aumentare del numero di atomi di cloro sulla molecola corrisponde una riduzione della capacità di diffusione dei PCBs nelle matrici polimeriche. Questa scoperta è stata confermata da Chern et al., [24] essi hanno scoperto che la dimensione, la geometria e il volume delle macromolecole possono essere i fattori più importanti nel determinare la capacità del contaminante ad essere adsorbito su matrici polimeriche, anche la natura della matrice polimerica influisce sulla diffusione di una specie chimica che si trova a contatto con il polimero stesso. Questo è stato dimostrato studiando la struttura molecolare del PVC e confrontandola con quella del polietilene, la presenza degli atomi di cloro nella struttura polimerica del PVC introduce un'influenza polare, con conseguente aumento della densità coesiva, creando forze di attrazione tra le singole catene di PVC. La maggiore densità provoca una riduzione del suo volume libero rispetto al polietilene, che non ha atomi di cloro. Se la maggiore densità di PVC riduce il volume libero, allora sarà più difficile per una potenziale specie migratoria diffondere attraverso la matrice polimerica. [24]

La maggior parte degli studi di laboratorio riguardanti i meccanismi che portano all’adsorbimento degli inquinanti organici persistenti su materiali plastici dispersi nell’ambiente marino è concorde nell’affermare che la capacità dei modelli matematici sviluppati per predire le concentrazioni degli inquinanti adsorbiti su campioni reali di plastica sia molto limitata. Nell’ambiente marino, le concentrazioni di inquinanti chimici cambiano nel tempo a seconda delle fonti e delle differenze ambientali come ad esempio la temperatura, inoltre i rifiuti plastici permangono nell’ambiente per periodi di tempo indeterminati. Durante la permanenza in mare

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questi subiscono processi di degradazione, che ne aumentano la superficie, probabilmente portando ad un maggiore assorbimento di contaminanti nel corso del tempo, aumentando quindi la capacità di adsorbimento degli inquinanti organici persistenti. [25]

1.6 Gli inquinanti organici persistenti (Persistent Orgnic Pollutants - POPs)

I POPs sono composti organici di origine quasi esclusivamente antropica che possiedono una particolare combinazione di proprietà fisiche e chimiche tali che, una volta rilasciati nell'ambiente, rimangono intatti per periodi di tempo eccezionalmente lunghi in cui resistono alla degradazione chimica e biologica. Le proprietà chimico-fisiche sono determinate dalla struttura della molecola e dalla natura degli atomi presenti e le caratteristiche dei POPs sono: possibilità di trasporto su lunghe distanze, persistenza, bioaccumulo ma, soprattutto, elevata tossicità. I POPs diffondono in ambiente su lunghe distanze anche se, in genere si tratta di composti poco volatili. Il trasporto atmosferico rappresenta il principale meccanismo di trasporto dei POPs su scala globale. Essi evaporano nelle zone più calde del pianeta e vengono trasportati per via atmosferica, infine condensano e si accumulano nelle regioni più fredde (Figura 2). [26] La persistenza, espressa dal tempo di emivita indica la propensione di una sostanza a resistere alla degradazione chimica e biologica. Il termine bioaccumulo indica il processo per cui una sostanza chimica viene accumulata nei tessuti di un organismo attraverso tutte le possibili vie di assorbimento ed è quantificato dal fattore di bioaccumulo, definito come il rapporto tra la concentrazione nell’organismo e la concentrazione nell’ambiente esterno. Un valido descrittore della capacità di una sostanza organica non polare di subire bioaccumulo è stato identificato nel coefficiente di ripartizione ottanolo-acqua (KOW) che quantifica la partizione di una sostanza in un solvente organico (n-ottanolo) rispetto all’acqua e riflette l’assorbimento preferenziale della sostanza nelle sostanze lipidiche degli organismi viventi.

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I POPs sono presenti nell’atmosfera come vapori o adsorbiti sul particolato atmosferico e vengono trasferiti sulla superficie dei terreni mediante processi di deposizione secca, fenomeno principale, o tramite le precipitazioni atmosferiche che assorbono le sostanze presenti nella fase gassosa (deposizione umida). Nel 2001, i rappresentanti di 92 paesi hanno firmato la Convenzione di Stoccolma (SC) sui POPs per ridurre e/o eliminare il rilascio degli inquinanti organici persistenti nell’ambiente. La SC è entrata in vigore tre anni dopo e identifica 22 POPs, di cui 12 POPs chiamati anche la "sporca dozzina"; da quando la Convenzione è stata adottata sono stati aggiunti più di 10 inquinanti organici persistenti. I 22 POPs sono elencati in Tabella 1, per le sostanze chimiche presenti nell'allegato A della convenzione è stata vietata sia la produzione che l'uso, per quelle elencate nell'allegato B è stata limitatala produzione e l’uso. Gli inquinanti organici prodotti involontariamente sono elencati nell'allegato C.

Tabella 1. Lista degli inquinanti organici persistenti (POPs) identificati dalla Convenzione di Stoccolma. Persistent organic pollutants (POPs) regulated under the Stockholm Convention Annex POPs included

A

Aldrin, chlordane, dieldrin, heptachlor, hexachlorobenzene, mirex, endrin, chlordecone, toxaphene, lindane, hexa- and penta-bromodiphenyl ethers , tetra- and penta-bromodiphenyl ethers, polychlorinated biphenyls (PCBs), α- and β-hexachlorocyclohexane, α- and β-endosulfans, pentachlorobenzene, hexabromobiphenyl

B DDT, perfluorooctane sulfonic acid and its salts (PFOS) and perfluorooctane sulfonyl fluoride(PFOSF)

C

Polychlorinated dibenzo-p-dioxins (PCDDs), polychlorinated dibenzofurans (PCDFs), polychlorinated biphenyls (PCBs), pentachlorobenzene, hexachlorobenzene

Chemicals currently under review

Hexabromocyclododecane (HBCD), short-chained chlorinated paraffins, chlorinated naphthalenes, hexachlorobutadiene, pentachlorophenol

Gli inquinanti organici persistenti che fanno parte della “sporca dozzina” comprendono composti che in passato sono stati prodotti industrialmente (Aldrin, Endrin, Chlordane, DDT, Dieldrin, Heptachlor, Mirex, Toxaphene, Hexachlorobenzene e Policlorobifenili) e composti inquinanti prodotti involontariamente dall’attività umana (Policlorodibenzo-p-diossine e Policlorodibenzofurani). Oltre a questi, anche gli idrocarburi policiclici aromatici (PAHs) sono classificati come composti organici persistenti, e si formano come sottoprodotti nelle reazioni di combustione dei composti organici. [27] Benché i PAHs siano prodotti anche da eventi naturali

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(incendi ed eruzioni vulcaniche) la loro presenza in ambiente è quasi esclusivamente imputabile all’impatto antropico.

Come risultato della loro emissione nell'ambiente, i POPs sono ampiamente distribuiti su vaste regioni del pianeta, compreso aree ben lontane dalle sorgenti di emissione. Questa vasta contaminazione ambientale ha provocato l'esposizione prolungata di molte specie viventi, compreso l’uomo, ai loro effetti tossici. I POPs si concentrano negli organismi viventi attraverso un processo chiamato bioaccumulo, non essendo solubili in acqua gli inquinanti organici persistenti vengono facilmente assorbiti dai tessuti adiposi, dove le concentrazioni possono raggiungere livelli fino a 70.000 volte superiori rispetto a quelli presenti nell’ambiente. Gli effetti dei POPs sulla salute possono includere il cancro, allergie e ipersensibilità, danni al sistema nervoso centrale e periferico, disordini riproduttivi, e deficit del sistema immunitario. Alcuni POPs sono considerati anche come interferenti endocrini, che, alterando il sistema ormonale, possono danneggiare il sistema riproduttivo e immunitario degli individui esposti, nonché la loro prole; possono anche avere effetti sullo sviluppo.

1.6.1 Pesticidi organoclorurati (OCPs)

I pesticidi (Figura 3) sono prodotti chimici o sostanze biologiche utilizzate per controllare le infestazioni di parassiti e funghi in agricoltura. Essi possono essere suddivisi in varie categorie in base all’uso e alla struttura chimica:

• organoclorurati (esaclorobenzene, DDT, lindani, aldrin, dieldrin, clordano, endrin, eptacloro, isodrin);

• organofosfati (endosulfan, dimetoato, paration, chloropyrifos, malation, fention); • fungicidi (vinclozolin, procymidone, metalaxyl, iprodione, fludioxonil);

• erbicidi, aniline (alaclor, oxadixyl, benfluralin, trifluralin, metolaclor, pendimetalin);

• erbicidi, triazine (oxadiazon, atrazina, tertbutilazina, propazina, simazina, esazinone, terbutrin).

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Figura 3. Esempi di strutture di pesticidi, Esaclorobenzene, DDT e Atrazina.

I pesticidi considerati più dannosi per l’uomo e l’ambiente sono gli organoclorurati (ormai vietati dalla Convenzione di Stoccolma) tra questi, particolarmente nocivi sono l’esaclorobenzene, il DDT e i lindani. I pesticidi organoclorurati (OCPs) sono stati ampiamente utilizzati in agricoltura dal 1950 al 1970, alcuni sono stati utilizzati più di altri, e alcuni, come il lindano e l’endosulfan, sono ancora in uso. Gli OCPs comprendono un gruppo eterogeneo di sostanze chimiche, ma tendono a condividere alcune caratteristiche e funzioni strutturali, in genere hanno una struttura ciclica alifatica o aromatica, che è fortemente sostituita con atomi di cloro. La maggior parte degli OCPs sono scarsamente solubili in acqua, semivolatili e tendono a persistere nell'ambiente. I pesticidi organoclorurati possono percorrere lunghe distanze attraverso il trasporto atmosferico e successivamente depositarsi sul suolo e nell'acqua, in modo da essere ritrovati a centinaia di miglia dal loro punto di utilizzo. Circa l'80% dei pesticidi utilizzati in agricoltura si disperde nell'ambiente mediante processi di volatilizzazione, deflusso, infiltrazione, il restante si ritrova lungo la catena alimentare. [28] Poiché sono molecole non polari, tendono a dissolversi facilmente in sostanze organiche apolari, nei sedimenti o nei tessuti degli esseri viventi, in particolare nei pesci ed altri organismi a quatici. Il fenomeno di accumulo può avvenire anche nelle piante, negli uccelli e negli animali. Le loro concentrazioni tendono ad aumentare di alcuni ordini di grandezza man mano che salgono attraverso la catena alimentare, soprattutto quando raggiungono organismi superiori. [29]

1.6.2 Policlorobifenili (PCBs)

I policlorobifenili (Figura 4) sono tra gli inquinanti organici persistenti più studiati, sono una classe di composti chimici in cui da due a massimo dieci atomi di cloro sono attaccati ad una molecola bifenile. Esistono 209 congeneri diversi per i PCB, molti sono resistenti alla degradazione, questo consente loro di persistere nell'ambiente per lungo tempo. Queste sostanze chimiche sono state ampiamente utilizzate nei processi industriali dal 1930 fino alla fine del 1970, come fluidi di scambio termico, per la produzione dell'acciaio, come plastificanti in prodotti a base di gomma naturale e sintetica, come materiali isolanti e come ritardanti di fiamma.

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Figura 4. Struttura dei PCBs.

Le proprietà chimico fisiche di questa classe di composti variano molto a seconda del grado di clorurazione, i congeneri meno clorurati sono ad esempio presenti nell'atmosfera come composti gassosi mentre il decaclorobifenile è completamente adsorbito sulle particelle atmosferiche. [30] Nell’ambiente si accumulano nella componente organica dei suoli ed entrano nella catena alimentare concentrandosi soprattutto nella parte lipidica degli alimenti. Salendo lungo la catena alimentare raggiungono l’uomo che li assume soprattutto attraverso il consumo di grassi animali. La tossicità dei PCB, dimostrata su animali di laboratorio e sull’uomo in seguito a esposizione occupazionale e accidentale, si manifesta con disordini cutanei, perdita di peso, danni epatici, disfunzioni endocrine e riproduttive. [31]

1.6.3. Idrocarburi policiclici aromatici (PHAs)

I PAHs (Figura 5) sono costituiti da due o più anelli benzilici condensati a formare strutture planari, contenenti solo atomi di carbonio e idrogeno. Sono noti PAHs con un numero d’anelli variabile da 2 a 7 che, secondo la posizione in cui è avvenuta la condensazione, si presentano sotto forma di diversi isomeri, sono usualmente suddivisi in funzione del peso molecolare e del numero di atomi che comprendono, PAHs leggeri (2-3 anelli condensati) e PAHs pesanti (4-6 anelli). I PAHs puri sono di solito colorati, a temperatura ambiente si presentano come solidi cristallini. Le proprietà chimico-fisiche sono legate ai sistemi coniugati degli elettroni π e variano piuttosto regolarmente con il numero degli anelli e il peso molecolare. La tensione di vapore dei PAHs diminuisce con l'aumento del peso molecolare, sono altamente lipofili e quindi solubili in solventi organici, la solubilità in acqua diminuisce all’aumentare del numero di anelli. Altre caratteristiche di questa classe di composti sono: la sensibilità alla luce e la resistenza al calore. [32]

I PAHs si formano durante la combustione incompleta o la pirolisi di materiale organico contenente carbonio, come carbone, legno, prodotti petroliferi e rifiuti.In atmosfera i PAHs più pesanti sono prevalentemente adsorbiti sul particolato, mentre i PAHs leggeri tendono a rimanere allo stato gassoso.

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Figura 5. Esempi di strutture di PAHs, Fenantrene, Fluorantene e Perilene

Dal 1950 in poi sono state promosse iniziative per la riduzione delle emissioni di PAHs e in tempi più recenti, con l'introduzione di una legislazione molto più restrittiva per quanto riguarda le concentrazioni ammissibili di PAHs (in particolare il benzo[a]pirene -BaP) in aria, in combinazione con la normativa che vieta la combustione incontrollata di rifiuti industriali e scarti agricoli, la presenza di questi composti nell'aria ha continuato a ridursi. Inoltre, il declino delle acciaierie in gran parte dell'Europa occidentale ha contribuito a questa diminuzione, anche se molte di queste fonti di PAHs si sono spostate verso l'Europa orientale, l’Asia e il Medio Oriente. [33] I PAHs sono ampiamente distribuiti in atmosfera e sono stati uno dei primi inquinanti atmosferici designato come sospetto cancerogeno; all’aumentare del peso molecolare, la cancerogenicità degli IPA aumenta con riduzione della tossicità acuta. I composti che presentano il fattore di rischio più elevato per la salute umana sono il benzo[a]antracene, il benzo[a]pirene e il dibenzo[ah]antracene. [34]

1.7 Inquinanti legati alla produzione di materiale plastico

I polimeri di sintesi possono essere usati in forma pura, ma più spesso vengono addizionati con varie sostanze allo scopo di facilitarne la lavorazione, di migliorarne le caratteristiche di impiego, e di abbassare il costo delle loro applicazioni e di contenere i processi di degradazione ambientale. Gli additivi presenti nei materiali plastici possono essere ad esempio: plasticizzanti, stabilizzanti, antiossidanti, coloranti, pigmenti e ritardanti di fiamma. L'infiammabilità di molte materie plastiche, richiede l'aggiunta di prodotti atti a impedire o rallentare la combustione dei manufatti, si tratta in genere di derivati alogenati, generalmente clorurati, o fosfati organici, il cui meccanismo di azione è ancora incerto. I prodotti più frequentemente impiegati sono costituiti da paraffine clorurate o da prodotti ciclici clorurati. I policloronaftaleni (PCNs) e i polibromodifenileteri (PBDEs) sono stati ampiamente utilizzati come ritardanti di fiamma, I PBDEs sono considerati inquinanti organici persistenti dal 2009 mentre i PCNs sono contemplati nella convenzione di Stoccolma come sostanze chimiche in fase di revisione. [35] La loro presenza in ambiente marino è ampiamente documentata e numerosi studi sono stati condotti sugli effetti che queste sostanze possono avere sulla salute umana. [36][37][38]

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1.7.1 Policloronaftaleni (PCNs)

I policloronaftaleni (Figura 6) sono un gruppo di composti costituiti da due anelli aromatici fusi dove uno massimo otto atomi di idrogeno sono stati sostituiti con atomi di cloro, esistono 75 congeneri. [39]

Figura 6. Struttura generale dei PCNs.

I PCNs sono molecole planari, con proprietà chimiche e fisiche simili a quelle dei policlorobifenili (PCBs), le due classi di composti hanno infatti applicazioni simili, ad esempio possono essere utilizzate come fluidi dielettrici, additivi dell'olio motore, isolanti e preservanti del legno. Oltre alle formulazioni commerciali i PCNs si formano durante la combustione dei rifiuti solidi e sono presenti come sottoprodotti nelle miscele tecniche di PCBs. I policloronaftaleni come i PCBs sono inquinanti organici persistenti, lipofili e tendono ad accumularsi nei tessuti adiposi entrando così nella catena alimentare. [36] La presenza dei congeneri dei PCNs è stata rilevata in tutti i comparti ambientali, aria, acqua, sedimenti e biota in molte zone del mondo tra cui l’Artico e l’Antartico. [39][38][40]

I policloronaftaleni hanno una bassa solubilità in acqua, e possono essere facilmente adsorbiti su particelle, suoli e sedimenti, i PCNs con un alto grado di clorurazione presentano una maggior tendenza all’assorbimento rispetto a quelli meno clorurati. I PCNs possono essere assorbiti per via orale, per inalazione e per via dermica, i principali organi più soggetti al processo di bioaccumulo sono il fegato, i reni e i polmoni oltre al tessuto adiposo. [41]

1.7.2. Polibromodifenileteri (PBDEs)

I polibromodifenileteri (Figura 7) sono composti sintetici utilizzati come additivi in particolare come ritardanti di fiamma nella maggior parte dei prodotti commerciali e domestici in plastica. Il legame carbonio-bromo relativamente debole è termicamente labile, l’energia termica favorisce il rilascio di radicali bromo che intercettano i radicali al carbonio rallentando il processo di combustione, riducendo inoltre la produzione di calore e di monossido di carbonio. [42] La produzione di PBDEs è iniziata nel 1970, ha coinciso con la messa al bando della produzione e dell'uso dei PCBs. [43] Industrialmente sono prodotti mediante reazioni di

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bromurazione di eteri di difenile, ottenendo così miscele di eteri di difenile contenenti tetra, penta, epta, octa-, e deca-congeneri in varie percentuali.

Figura 7. Struttura generale PBDEs.

Strutturalmente sono simili ai policlorobifenili (PCB) ed anche per i PBDEs, infatti, sono possibili 209 congeneri suddivisi in 10 gruppi da mono- a deca-BDE. Sono composti piuttosto stabili caratterizzati da temperature di ebollizione comprese tra 310 e 425 °C e da basse tensioni di vapore; sono inoltre sostanze molto lipofile la cui solubilità in acqua è estremamente bassa e diminuisce con l’aumentare del grado di bromurazione. Il coefficiente di ripartizione n-ottanolo acqua (log Kow) varia tra 4,3 e 9,9. [42]

Per quanto riguarda i PBDEs, l'elevato volume di produzione e la somiglianza strutturale con altri contaminanti ambientali ben noti come i bifenilipoliclorurati (PCBs) sono le due ragioni principali di preoccupazione del loro impatto ambientale e sanitario. I polibromodifenileteri si possono accumulare nel biota ed i livelli più alti di inquinamento della fauna selvatica si trovano nell’ambiente acquatico. [44] Studi tossicologici hanno mostrano che i PBDEs sono associabili a deficit di sviluppo neurale, disturbi degli ormoni tiroidei e risultano potenzialmente cancerogeni per gli esseri umani, ed alcuni congeneri con un basso grado di bromurazione possono anche portare a problemi dello sviluppo, avendo effetti immunologici ed endocrinologici sui bambini. [43] La direttiva 2011/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, relativa ai rifiuti (in appresso, "la direttiva RoHS 2"), è entrata in vigore il 21 luglio 2011. Detta direttiva limita l'uso di talune sostanze pericolose (piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati, eteri di difenile polibromurato). [45]

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2. OBIETTIVO DEL LAVORO DI TESI

Sulla base di quanto esposto precedentemente il principale obiettivo del presente lavoro di tesi è l’ottimizzazione di un metodo analitico per la quantificazione, in campioni di sabbia marina, di contaminanti organici appartenenti alle seguenti famiglie: idrocarburi policiclici aromatici; policlorobifenili; pesticidi organoclorurati; policlorobifenili; polibromodifenileteri. Il metodo analitico ottimizzato è stato applicato all’analisi di campioni di sabbia proveniente dal litorale pisano. Parallelamente è stata valutata anche la capacità di accumulo di detti inquinanti da parte di detriti di materiale plastico spiaggiati raccolti nella stessa area di campionamento.

I campioni di sabbia litoranea analizzati sono stati anche oggetto di studio di una precedente tesi volta alla valutazione del contenuto di materiale plastico finemente disperso. [46] La possibilità di incrociare i dati raccolti dai due lavori ha messo in evidenza un ruolo importante dell’inquinamento da microplastiche mostrando significative correlazioni tra la contaminazione osservata sui detriti spiaggiati e quella presente nella sabbia.

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3. MATERIALI E METODI

3.1 Solventi e soluzioni standard

Estrazione: i solventi utilizzati per le estrazioni dei campioni di sabbia sono stati n-Esano (ROMIL-SpSTM Super Purity Solvent, grado di purezza 95%)e Acetone (ROMIL-SpSTM Super Purity Solvent).

Preparazione del campione: l’isoottano utilizzato per la preparazione del campione era della marca Rield-de Haën (iso-Octan PESTANAL®).

Metodi e quantificazione: per la messa a punto dei metodi e per la quantificazione degli analiti nei campioni di sabbia sono state utilizzate le seguenti soluzioni standard certificate:

Soluzione stock Wellington L429-PAR, PAHs nativi (Tabella 1 Appendice A);

 Soluzione stock Wellington L429-IS, standard interno per i PAHs (Tabella 2 Appendice A);

 Standard certificato SRM NIST 2262, PCBs nativi (Tabella 3 Appendice A);  Soluzione stock Wellington MBP-C; PCBs marcati 13C (Tabella 4 Appendice A);  Soluzione EC-4058 Cambridge Isotope Laboratories, Inc., PCBs marcati 13C (Tabella 4

Appendice A);

 Soluzione stock Wellington BFR-PAR, PBDE nativi soluzione nonano/toluene (Tabella 5 Appendice A);

 Soluzione stock Wellington PCN-MXA, PCN nativi (Tabella 6 Appendice A);  Soluzione stock Wellington PCN-MXC, PCN nativi (Tabella 7 Appendice A).

3.2 Metodi di analisi GC-MS/MS

Le determinazioni qualitative e quantitative sono state eseguite con gas cromatografo Agilent7890B dotato di auto campionatore, interfacciato a uno spettrometro di massa a triplo quadrupolo AgilentMS 7010 mediante sorgente a ionizzazione elettronica (EI) impiegando con elio come fase mobile al flusso di 1,2 ml/min e con colonna cromatografica Agilent HP-5MS (5% fenile e 95% metile polisilossano, 30 m, 0,25 mm, 0,25 μm film). Il volume di iniezione di ogni campione è stato di 2 µl.

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Il sistema di iniezione ha operato in modalità splitless con un programma di temperatura che prevede l’iniezione alla temperatura di 80 °C ed un riscaldamento alla velocità di 600 °C/min fino alla temperatura di 280 °C mantenuta per 10 minuti.

3.2.1 Analisi qualitativa: modalità Total Ion Current (TIC)

Al fine di attribuire i tempi di ritenzione per i composti analizzati le soluzioni standard sono state analizzate acquisendo il cromatogramma in modalità TIC. Lo spettrometro di massa ha operato in modalità di ionizzazione positiva con i parametri di acquisizione riportati in Tabella 2.

Tabella 2.Parametri strumentali dello spettrometro di massa modalità di lavoro TIC.

Parametro

Valore

PAHs, PCBs, OCPs PCNs, PBDEs

Solvent delay (min) 4,5 7

Start mass 50 50

End mass 550 960

Scan time (ms) 332 500

Temperatura della sorgente (°C) 280 280

Flusso quench gas He (ml/min) 4 2,25

Voltaggio del filamento (eV) 70 70

Gain elettromoltiplicatore 20 20

La separazione cromatografia è stata effettuata in gradiente di temperatura utilizzando quattro diversi programmi di riscaldamento del forno:

Idrocarburi policiclici aromatici (PAHs) e Policlorobifenili (PCBs): la colonna è stata mantenuta ad una temperatura di 70°C. Successivamente all’iniezione del campione è stata applicata una rampa di temperatura: 50°C/min fino ad una temperatura di 150°C, questa è stata mantenuta costante per 2 min poi 5°C/min fino ad una temperatura di 310°C mantenuta per 10 min. Pesticidi organoclorurati (OCPs) e PCBs: la colonna è stata mantenuta ad una temperatura di 70°C. Successivamente all’iniezione del campione è stata applicata una rampa di temperatura: 25°C/min fino ad una temperatura di 150°C, 3°C/min fino ad una temperatura di 200°C poi 8°C/min fino ad arrivare a 280°C, questa temperatura viene mantenuta per 10 min.

Policloronaftaleni (PCNs): la colonna è stata mantenuta ad una temperatura di 80°C. Successivamente all’iniezione del campione è stata applicata una rampa di temperatura:

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10°C/min fino ad una temperatura di 300°C, questa temperatura viene mantenuta costante per 15 min. Dopo la corsa cromatografica la colonna viene termostatata a 300°C.

Polibromodifenileteri (PBDEs): la colonna è stata mantenuta ad una temperatura di 70°C. Successivamente all’iniezione del campione è stata applicata una rampa di temperatura: 30°C/min fino ad una temperatura di 200°C, 6°C/min fino a 280°C, questa temperatura viene mantenuta costante per 15 min poi 6°C/min fino ad una temperatura di 300°C mantenuta per 10 minuti. Dopo la corsa cromatografica la colonna viene termostatata a 300°C.

I tempi di ritenzione per ciascun programma di temperatura sono riportati nelle Tabelle da 1 a 5 dell’appendice C.

3.2.2 Analisi quantitativa: Multiple reaction monitoring (MRM)

L’analisi quantitativa è stata effettuata utilizzando, per lo spettrometro di massa, le impostazioni generali descritte nella Tabella 3. In modalità MRM per ciascun analita sono state individuate e monitorate le frammentazioni ione precursore-ione prodotto, secondo quanto riportato nelle Tabelle da 1 a 5 dell’Appendice C.

Le transizioni utilizzate sono risultate in accordo sia con quanto suggerito dai manuali operativi della ditta Agilent sia con quanto suggerito dalle schede tecniche allegate alle soluzioni standard.

Tabella 3. Parametri strumentali dello spettrometro di massa modalità di lavoro MRM.

Parametro

Valore

PAHs, PCBs, OCPs PCNs, PBDEs

Solvent delay (min) 4,5 7

Temperatura della sorgente (°C) 280 280

Flusso quench gas He (ml/min) 4 2,25

Flusso collision gas N2 (ml/min) 1,5 1,5

Voltaggio del filamento (eV) 70 70

Gain elettromoltiplicatore 20 20

3.3 Curve di calibrazione

La quantificazione degli analiti è stata effettuata attraverso il metodo delle curve di calibrazione esterne. Le soluzioni standard per le rette di calibrazione sono state preparate per diluizione successive partendo da soluzioni certificate di riferimento.

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Le concentrazioni espresse in ng/l delle soluzioni utilizzate per la costruzione per le curve di calibrazione degli analiti appartenenti alla classe dei PAHs e dei PCBs sono riportate in dettaglio nell’Appendice B Tabella 1 e variano nei seguenti intervalli di concentrazione 1,18 ng/ml e 0,006 ng/ml per i PAHs e 1,18 ng/ml e 0,002 ng/ml per i PCB. Le concentrazioni espresse in ng/ml delle soluzioni utilizzate per la costruzione delle curve di calibrazione degli analiti appartenenti alla classe degli OCPs e dei PCNs sono riportate in dettaglio nell’Appendice B Tabella 2 e 3 e variano nei seguenti intervalli di concentrazione 1,18 ng/ml e 0,002 ng/ml per gli OCPs e 2,588 ng/ml e 0,009 ng/ml per i PCNs.

Nelle Figure 8 e 9 sono riportati due esempi di curve di calibrazione mentre in Tabella 4 sono riassunti i parametri di regressione (pendenza, intercetta e coefficiente di correlazione) per il totale dei PAHs analizzati.

Figura 8.Curva di calibrazione per il Phenanthrene.

Figura 9. Curva di calibrazione per l’Anthracene.

0 100000 200000 300000 400000 500000 600000 700000 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 Ar ea Concentrazione [µg/ml]

Phenanthrene

0 50000 100000 150000 200000 250000 300000 350000 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 Ar ea Concentrazione [µg/ml]

Anthracene

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Tabella 4.Parametri di regressione delle curve di calibrazione dei PAHs.

Figura 10Composto Pendenza Intercetta R2

Acenaphthene 148302 32510 0,9697 Acenaphthylene 126764 18514 0,9807 Anthracene 225912 54322 0,9012 Benz[a]anthracene 456795 44464 0,9924 Benzo[a]pyrene 392597 99873 0,9469 Benzo[b]fluoranthene 476118 38482 0,9918 Benzo[e]pyrene 839219 150993 0,9706 Benzo[g,h,i]perylene 100942 17348 0,9919 Benzo[k]fluoranthene 645090 104330 0,9769 Crysene 298903 5748 0,9631 Dibenz[a,h]anthracene 77154 2045 0,9879 Fluoranthene 155254 19978 0,9851 Fluorene 1300532 477025 0,9886 Perylene 257052 141465 0,9175 Phenanthrene 379047 183374 0,9943 Pyrene 178913 21514 0,9884

Nelle Figure 11 e 12 sono riportati due esempi di le curve di calibrazione mentre in Tabella 5 sono riassunti i parametri di regressione per il totale degli analiti indagati appartenenti alla famiglia dei PCBs.

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Figura 11. Curva di calibrazione del 2,2',3,5',6-Pentachlorobiphenyl (PCB 95).

Figura 12. Curva di calibrazione del 2,2',4,5,5'-Pentachlorobiphenyl (PCB 101).

0 500000 1000000 1500000 2000000 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 Ar ea Concentrazione [µg/mL]

2,2',3,5',6-Pentachlorobiphenyl (PCB 95)

-100000 0 100000 200000 300000 400000 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 Ar ea Concentrazione [µg/mL]

2,2',4,5,5'-Pentachlorobiphenyl (PCB 101)

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Tabella 5. Parametri di regressione per le curve di calibrazione dei PCBs.

Composto Pendenza Intercetta R2

2,2',3,3',4,4',5,5',6-Nonachlorobiphenyl (PCB 206) 91211 1710 0,9967 2,2',3,3',4,4',5,5'-Octachlorobiphenyl (PCB 194) 120587 2959 0,9977 2,2',3,3',4,4',5,6-Octachlorobiphenyl (PCB 195) 75577 2488 0,9921 2,2',3,3',4,4',5-Heptachlorobiphenyl (PCB 170) 132429 356 0,9971 2,2',3,3',4,4'-Hexachlorobiphenyl (PCB 128) 273376 1859 0,9988 2,2',3,3',4,5,5',6'-Octachlorobiphenyl (PCB 199) 102127 3063 0,9938 2,2',3,3',4,6'-Hexachlorobiphenyl (PCB 132) 346758 1960 0,9991 2,2',3,4,4',5,5'-Heptachlorobiphenyl (PCB 180) 80851 787 0,9884 2,2',3,4,4',5'-Hexachlorobiphenyl (PCB 138) 354575 -901 0,9995 2,2',3,4',5,5',6-Heptachlorobiphenyl (PCB 187) 176918 1561 0,9986 2,2',3,4',5',6-Hexachlorobiphenyl (PCB 149) 450011 2702 0,9980 2,2',3,4,6'-Pentachlorobiphenyl (PCB 89) 994166 2418 0,9973 2,2',3,5,5',6-Hexachlorobiphenyl (PCB 151) 463917 3865 0,9967 2,2',3,5',6-Pentachlorobiphenyl (PCB 95) 1924755 5068 0,9996 2,2',3,5'-Tetrachlorobiphenyl (PCB 44) 778111 10272 0,9994 2,2',4,4',5,5'-Hexachlorobiphenyl (PCB 153) 414721 7173 0,9993 2,2',4,4',5-Pentachlorobiphenyl (PCB 99) 418350 102888 0,9970 2,2',4,5,5'-Pentachlorobiphenyl (PCB 101) 296007 -8922 0,9626 2,2',5,5'-Tetrachlorobiphenyl (PCB 52) 917224 14241 0,9978 2,2',5-Trichlorobiphenyl (PCB 18) 386493 4934 0,9994 2,3,3',4,4',5-Hexachlorobiphenyl (PCB 156) 452018 -294 0,9992 2,3,3',4,4',6-Hexachlorobiphenyl (PCB 158) 790157 3154 0,9985 2,3,3',4,4'-Pentachlorobiphenyl (PCB 105) 210600 6681 0,9976 2,3,3',4',6-Pentachlorobiphenyl (PCB 110) 505028 1753 0,9988 2,3,3',5',6-Pentachlorobiphenyl (PCB 113) 433862 1370 0,9992 2,3',4,4',5-Pentachlorobiphenyl (PCB 118) 236098 5892 0,9950 2,3',4',5-Tetrachlorobiphenyl (PCB 70) 894925 7611 0,9986 2',3,4-Trichlorobiphenyl (PCB 33) 505156 -1183 0,9769 2,4,4'-Trichlorobiphenyl (PCB 28) 505288 -2248 0,9779 2,4',5-Trichlorobiphenyl (PCB 31) 1202340 4228 0,9992 4,4'-Dichlorobiphenyl (PCB 15) 1003730 11401 0,9982 Decachlorobiphenyl (PCB 209) 126587 1448 0,9993

Nelle figure 13 e 14 sono riportati due esempi di le curve di calibrazione degli OCPs mentre in Tabella 6 sono riassunti i parametri di regressione per il totale degli analiti indagati.

(29)

Figura 13. Curva di calibrazione del DDE o,p.

Figura 14. Curva di calibrazione del DDT p,p’.

0 200000 400000 600000 800000 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 A re a Concentrazione [µg/mL]

DDE o,p

0 5000 10000 15000 20000 25000 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1

DDT-p,p'

(30)

Tabella 6. Parametri di regressione per le curve di calibrazione degli OCPs.

Composto Pendenza Intercetta R2

Alachlor 140726 2698 0,9953

Aldrin 100592 305 0,9966

Atrazine 67673 -310 0,9969

Atrazine-desethyl 49148 -1364 0,9862

Benfluralin 129986 1235 0,9979

BHC-alpha (benzene hexachloride) 266377 1559 0,9986

BHC-beta 268273 -544 0,9995

BHC-delta 299451 722 0,9988

BHC-gamma (Lindane, gamma HCH) 187349 1510 0,9977

Chlordane-cis (alpha) 9963 379 0,9258 Chlorpyrifos 195680 -2531 0,9413 Chlorpyrifos-methyl 207158 1272 0,9992 DDD-o,p' 997743 6619 0,9976 DDD-p,p' 914761 -800 0,9987 DDE o,p 798604 7938 0,9997 DDE-p,p' 618883 8022 0,9996 DDT-o,p' 71906 4195 0,9744 DDT-p,p' 2282 22829 0,9518 Dieldrin 71482 1382 0,9885 Dimethoate 34331 -670 0,9825

Endosulfan I (alpha isomer) 26182 -89 0,9956

Endosulfan II (beta isomer) 45030 308 0,9947

Endosulfan sulfate 124521 1375 0,9975 Endrin 25699 3305 0,9836 Ethion 91096 4056 0,9868 Fenthion 177230 -2200 0,9919 Fludioxonil 65438 -670 0,9761 Heptachlor 112695 -1996 0,9975

Heptachlor endo-epoxide (isomer A) 58628 380 0,9901

Heptachlor endo-epoxide (isomer B) 87878 -977 0,9958

Hexachlorobenzene 389176 2632 0,9996 Hexazinone 46004 816 0,9385 Iprodione 41187 624 0,9733 Isodrin 113832 1938 0,9930 Malathion 91734 4178 0,9949 Metalaxyl 23165 4662 0,9304

Metolachlor, S- (unresolved isomer) 403138 14460 0,9932

Oxadiazon 281065 5018 0,9985

Oxadixyl 41771 1150 0,9982

(31)

Segue Parathion 32022 1041 0,9770 Pendimethalin (Penoxaline) 34099 -164 0,9864 Procymidone 11109 616 0,9625 Propazine 185147 6638 0,9971 Simazine 68733 3767 0,9859 Terbuthylazine 122644 6785 0,9851 Terbuthylazine-desethyl 192842 2562 0,9990 Terbutryn 163255 3905 0,9963 Trifluralin 134973 925 0,9986 Vinclozolin 133626 1058 0,9925

Nelle Figure 15 e 16 sono riportati due esempi di le curve di calibrazione mentre in Tabella 7 sono riassunti i parametri di regressione per il totale dei PCNs analizzati.

Figura 15. Curva di calibrazione del PCN 2.

Figura 16. Curva di calibrazione del PCN 36.

0 100000 200000 300000 400000 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 A re a Concentrazione [µg/mL] PCN 2 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 0.35 0.4 0.45 0.5 A re a Concentrazione [µg/mL] PCN 36

(32)

Tabella 7. Parametri di regressione per le curve di calibrazione dei PCNs.

Composto Pendenza Intercetta R2

PCN 2 519475.9 852.9 0,9998 PCN 13 296998.4 1660.2 0,9997 PCN 28 47721.4 641.2 0,9955 PCN 36 54373.9 814.1 0,9848 PCN 46 56816.1 139.6 0,9957 PCN 48 40798.2 309.2 0,9986 PCN 50 79000.2 12.4 0,9993 PCN 52 59670.3 608.9 0,9987 PCN 53 58457.1 899.0 0,9860 PCN 66 22442.0 294.0 0,9968 PCN 69 21364.7 188.0 0,9965 PCN 72 28559.8 -99.5 0,9968 PCN 73 46735.2 462.6 0,9989 PCN 75 32250.2 369.9 0,9989 PCN6 437562.9 1777.5 0,9996

Le concentrazioni dei singoli PBDEs nelle soluzioni standard utilizzate per la costruzione delle curve di calibrazione sono riportate nella Tabella 4 dell’Appendice B, le concentrazioni sono comprese nell’intervallo 0,2641 µg/ml e 0,0013 µg/ml.

Nelle figure 17 e 18 sono riportati due esempi di le curve di calibrazione dei PBDEs mentre in Tabella 8 sono riassunti i parametri di regressione per il totale degli analiti indagati.

Figura 17. Curva di calibrazione BDE 126.

0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 A re a Concentrazione [µg/mL] BDE 126

(33)

Figura 18. Curva di calibrazione BDE 207. 0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25 0.3 BDE 207 Method

(34)

Tabella 8. Parametri di regressione delle curve di calibrazione per i PBDEs.

Composto Pendenza Intercetta R2

BDE 1 359424633 -138314 0,9911 BDE 10 515802249 41493 0,9941 BDE 100 9947803 -13479 0,9805 BDE 119 5101941 -4344 0,9888 BDE 126 1924590 257 0,9991 BDE 138 2170641 -2491 0,9675 BDE 139 698811 -3213 0,9915 BDE 140 3542989 -934 0,9941 BDE 15 134190902 -106036 0,9848 BDE 153 2986099 -6529 0,9742 BDE 154 5232803 -13216 0,9713 BDE 156 & 169 1369940 -3937 0,9941 BDE 17 48764927 -42087 0,9801 BDE 171 1525276 -2798 0,9920 BDE 180 1087538 -1392 0,9710 BDE 183 2851935 -9488 0,9871 BDE 184 2705695 -6183 0,9897 BDE 191 1620154 -2061 0,9901 BDE 197 621383 -2599 0,9850 BDE 2 107365355 122765 0,9833 BDE 201 862196 -200 0,9975 BDE 203 449366 -699 0,9904 BDE 204 823733 -2947 0,9729 BDE 207 137086 -3414 0,9604 BDE 208 256673 -5648 0,9710 BDE 28 46880819 -46081 0,9806 BDE 3 64173829 75856 0,9941 BDE 30 39323124 -8357 0,9945 BDE 47 16462569 -23941 0,9815 BDE 49 26183101 -35460 0,9870 BDE 66 27808369 -38299 0,9654 BDE 7 469881110 -148848 0,9883 BDE 71 29237945 -45296 0,9846 BDE 77 3533903 -168 0,9762 BDE 85 4974964 -8956 0,9780 BDE 99 18462641 -70182 0,9311

(35)

4. Analisi dei campioni reali

4.1 Campionamento

Il campionamento è stato effettuato il 4 marzo 2016 presso la spiaggia di Marina di Vecchiano (PI). Sono stati selezionati sedici punti di campionamento in un’area di circa 0,12 km2, nel momento del campionamento la spiaggia non era ancora stata sottoposta ai trattamenti di pulizia del periodo pre-balneare. I punti di campionamento individuano le seguenti zone costiere: retro duna (Zona D), berma di tempesta (Zona C), berma ordinaria (Zona B) e battigia (Zona A), per ciascun punto di campionamento è stato raccolto circa 1 kg di sabbia. I campioni sono stati raccolti mediante due diverse procedure di campionamento, una prevedeva l’utilizzo di una sessola in acciaio mentre per l’altra è stato eseguito un carotaggio della sabbia utilizzando un contenitore in vetro munito di coperchio (Figura 19).

Il 5 dicembre 2016 è stata condotta un’altra campagna di campionamento sulla spiaggia di Marina di Vecchiano, durante la quale sono stati raccolti tre campioni. Questo secondo campionamento è stato eseguito su uno dei punti di campionati durante la prima campagna del 4 marzo.

Figura 19. Campionamento mediante carotaggio.

Contestualmente al prelievo di campioni di sabbia sono stati raccolti, nella fascia di accumulo, frammenti e oggetti di plastica spiaggiati. In Tabella 9 è riportato l’elenco dei campioni completo delle coordinate geografiche mentre in Figura 20 è riportata la mappa dei punti di campionamento.

(36)

Figura 20. Punti di campionamento, Marina di Vecchiano. In nero sono riportati i campioni prelevati mediante

sessola, in rosso i campioni tipo carotaggio.

Tabella 9. Campioni di sabbia e frammenti/oggetti in plastica spiaggiati. Data

campionamento Sigla Coordinate Zona di campionamento

04 Marzo 2016 G3040006 43.80289 N-10.26223 E Battigia G3040008 43.80264 N-10.26232 E Battigia G3040009 43.80289 N-10.26225 E Battigia G3040013 43.80326 N-10.26215 E Battigia G3040005 43.80289 N-10.26238 E Berma ordinaria G3040007 43.80269 N-10.26246 E Berma ordinaria G3040010 43.80290 N-10.26246 E Berma ordinaria G3040014 43.80328 N-10.26227 E Berma ordinaria G3040003 43.80263 N-10.26305 E Berma di tempesta G3040004 43.80300 N-10.26288 E Berma di tempesta G3040011 43.80296 N-10.26282 E Berma di tempesta G3040015 43.80336 N-10.26264 E Berma di tempesta G3040001 43.80282 N-10.26381 E Retro duna G3040002 43.80274 N-10.26372 E Retro duna G3040012 43.80288 N-10.26369 E Retro duna G3040016 43.80374 N-10.26333 E Retro duna 05 Dicembre 2016 G12050001 43.80288 N-10.26369 E Retro duna G12050002 43.80288 N-10.26369 E Retro duna

(37)

4.2 Pretrattamento dei campioni di sabbia e plastiche prima delle estrazioni con

solventi

Il pretrattamento dei campioni di sabbia prevede una fase di omogeneizzazione e successiva setacciatura. La sabbia umida è stata setacciata mediante un setaccio

Giuliani

in acciaio inox con maglie da 2 mm all’interno di un contenitore anch’esso in acciaio inox e successivamente trasferita in contenitori di vetro chiusi ermeticamente, nei quali è stata conservata a temperatura ambiente fino al momento dell’analisi. Subito prima di procedere con le estrazioni un’aliquota di sabbia è stata pesata e seccata in stufa fino a costanza di peso, in modo da determinare la percentuale di umidità presente sul campione (Tabella 10).

Tabella 10. Percentuale di umidità presente nei campioni.

Zona A G3040008 5,9 Zona C G3040003 2,0 G3040006 8,7 G3040004 1,5 G3040009 5,8 G3040011 2,0 G3040013 3,2 G3040015 1,6 Zona B G3040007 2,7 Zona D G3040002 1,2 G3040005 2,6 G3040001 1,7 G3040010 2,7 G3040012 6,1 G3040014 1,4 G3040016 1,2 G12050001 0,6 G12050002 3,7

I campioni di plastiche, tal quali, sono stati pesati e sottoposti ad estrazione.

4.3 Procedure di estrazione dei campioni analizzati

Per le operazioni di estrazione degli analiti dalla sabbia è stato deciso di utilizzare come solventi acetone ed esano, questi solventi, infatti sono comunemente impiegati nell’analisi di sedimenti e terreni. L’acetone, in particolare, data la miscibilità con l’acqua permette l’estrazione senza la necessità di essiccare i campioni prima dell’analisi. Inoltre, per rendere il processo di estrazione più efficiente e, quindi, per velocizzare la procedura è stato utilizzato un bagno ad ultrasuoni. Non essendo disponibili metodiche validate per la matrice sabbia sono state sperimentate tre varianti del processo di estrazione.

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